Sei sulla pagina 1di 4

LA DONNA ROMANA (Francesca Cenerini) 1.

La donna ideale: moglie e madre casta, pia,


laboriosa, frugale, obbediente, silenziosa. Il ritratto di una donna ideale lo possiamo ritrovare
nel cosiddetto “elogio di Claudia”, epigrafe sepolcrale risalente alla fine del II secolo a.C.
Rappresenta un messaggio specifico della condizione femminile in età romana. L’epigrafe
ricorda la defunta come una donna naturalmente bella che non ha bisogno di un sepolcro
sontuoso o dispendioso. “Straniero ho poco da dire:fermati e leggi. Questo è il sepolcro non
bello d’una donna che fu bella. I genitori la chiamarono Claudia. Amò il marito con tutto il
cuore. Mise al mondo 2 figli: uno lo lascia sulla terra, l’altro l’ha deposto sotto terra. Amabile
nel parlare, onesta nel portamento, custodì la casa, filò la lana. Ho finito, Và pure.” • “I genitori
la chiamarono Claudia”: Nome prettamente gentilizio, vale a dire il nome di famiglia.
L’onomastica maschile prevedeva 3 elementi cioè prenome, nomen e cognomen. Per quello
femminile ne bastava uno solo,ovvero il nome della gens di appartenenza (es. Claudia) unito
al cosiddetto patronimico, o nome del padre che ne attestava la nascita libera e non servile.
Le donne poi avevano un nome personale riservato all’uso domestico che generalmente si
riferivano alla successione temporale come Prima o Maxima, Secundia ecc. Alla fine dell’età
repubblicana si afferma l’uso pubblico per la donna del cognome. Quest’ultima è l’unica
differenza tra ingenua (nascita libera) e liberta (ex schiava). • “Amò il marito con tutto il cuore.
Mise al mondo 2 figli: uno lo lascia sulla terra, l’altro l’ha deposto sotto terra.” : Le due tappe
fondamentali per la vita di una donna sono il matrimonio e la maternità. Questo elogio ci
evidenzia come la mortalità infantile fosse un vero dramma della società. Il parto stesso era
considerato pericoloso. La moglie dell’imperatore Marco Aurelio, Faustina Minore, nel II sec.
D.C. partorì 12 o 13 figli, dove soltanto 6 raggiunsero l’età adulta. Testimonianze della mors
inmatura le abbiamo dai carmina epigrafici, poesie su pietra, a partire dell’età imperiale, che
accompagnavano le morti premature. I delicati erano giovanissimi schiavi particolarmente
apprezzati dai padroni per la loro bellezza e godevano di un trattamento privilegiato. Gli
alumni erano invece i bambini allevati a casa, spesso schiavi che usufruivano di maggiori
aspettativa di promozioni sociale. Il matrimonio romano aveva come scopo primario la
procreazione di figli legittimi destinati a diventare cives, ovvero cittadini romani. Le matrone
dovevano allattare personalmente i loro figli e spesso allattava anche i piccoli schiavi di casa
per instillare loro il senso leale di appartenenza alla famiglia. Si pensava che il latte materno
potesse contribuire a determinare l’aspetto fisico e il carattere del neonato e la tradizione
raccomandava che chi sceglieva una balia dovesse scegliere quella che aveva partorito un
bambino dello stesso sesso del lattante. • “Amabile nel parlare, onesta nel portamento,
custodì la casa, filò la lana.” Gli scrittori romani spesso fanno riferimento all’incapacità
femminile di controllare il buon uso della parola. (Ricorda l’episodio di Macrobio, rispetto la
madre del giovane Papirio). Macrobio associa il comportamento intemperante delle donne,
caratterizzate da un’ impudica insania, al presagio di avvenimenti funesti per lo stato. Il
modello ideale dovrebbe essere ispirato alla verecondia, in quanto pudore, da intendersi nel
senso piu ampio della parola. Il comportamento doveva essere conveniente e moderato. La
donna romana era caratterizzata anche dagli abiti che portava: tunica, stola( sopravveste
lunga fino ai piedi) e palla(mantello che copriva il capo). I vestiti come tutto l’ornatus
femminile avevano il compito di rappresentare lo status giuridico- sociale della donna. Ci fu
anche una polemica maschile contro l’eccessivo luxus femminile soprattutto contro il
desiderio smodato delle donne di possedere beni sempre piu costosi. Soltanto la Mater
familias poteva portare il tutulus, una acconciatura paragonata al luogo piu sicuro dellacitta.
Spesso altre critiche sono state fatte all’impossibilità di distinguere dall’abbigliamento di una
donna onesta da una prostituta. Il modo di pettinare i capelli subirà molto l’influsso della
moda. Anche la cosmesi subisce un’evoluzione al punto di diventare una materia letteraria
(Cosmetici femminili di Ovidio). Le donne di condizione inferiore invece indossavano una toga
scura oppure l’amiculum, corta e stretta sopravveste di lino trasparente,che rendevano
visibile il proprio declassamento morale e sociale. Il diritto romano equiparava le prostitute a
quelle donne che lavoravano a contatto ravvicinato con il pubblico come le locandiere, bariste
ecc. Anche la tintura dei capelli poteva avere un preciso significato di costume e fava come era
un modo popolare per indicare la donna di facili costumi. [Elogio Allia Potestas, databile tra il I
e II sec. d.C. dove in particolare notiamo le caratteristiche fisiche della defunta, la quale si era
presa cura del suo corpo. Era una liberta probabilmente amata dal suo patrono (Aulo Allio).]
Nell’ultima frase dell’epigrafe di Claudia sono descritte le uniche attività concesse ad una
donna perbene: faccende domestiche e filatura della lana. Episodio importante relativo a
Lucrezia moglie di Collatino. (pag 27). Importante è il valore emblematico della castitas
matronale. Possiamo dire che dunque lo spazio femminile è quello protetto, interno alla casa
come sostiene la “morale liviana” per cui il “privato è politico”. Per gli uomini romani la
divisione dei compiti è una questione di natura corrispondente alla volontà degli dei, dove i
liberi comportamenti femminili sono la causa primaria del degrado civico e morale della
società. Plinio il Vecchio considera la donna romana come un uomo incompiuto, debole e
vulnerabile la cui unica funzione p quella di procreare. Plutarco afferma alla fine del I sec d.C
che la donna saggia sposata deve custodire la casa e sottrarsi alla pubblica vista. Le parole
chiave della rappresentazione femminile sono poche: casta (rapporti sessuali all’interno del
matrimonio a fini procreativi), pia (dedicata alle pratiche del culto e al rispetto della traszione),
pudica (modesta e riservata), frugi (semplice e onesta), domi seda (che sta in casa), lanifica
(che sta al telaio). Cornelia, che visse nel II sec a.C.divenne ben presto l’icona del modello
femminile idealizzato della tradizione. Figlia di scipione l’Africano, moglie del console
Sempronio Gracco, ebbe dodici figli, dove soltanto 3 raggiunsero l’età adulta. Rimase vedova
nel 154 a.C. rifiutò proposte di matrimonio, si dedico alla famiglia e in particolare
all’educazione dei figli. Fu ricordata da cicerone per aver influenzato positivamente le abilità
retoriche dei figli. Giovenale : “una donna troppo colta è insopportabile, anziè meglio se non
capisce tutto quello che legge nei libri”. L’educazione femminile non aveva mai lo scopo di
preparare una donna a una carica o un ruolo pubblico ufficiale. 2. Lo status giuridico e le
capacità patrimoniali femminili fra repubblica e impero. Il matrimonio romano doveva
rispettare precise condizioni quali la monogamia e prevedeva un trasferimento di beni
economici dalla famiglia della donna al marito o al padre di questo. Il matrimonio
rappresentava un “rito di passaggio”, era un cambiamento di stato “fisiologico” e giuridico. Per
effettuare il matrimonio vi doveva essere, da parte di entrambi gli sposi, la capacità per
poterlo celebrare. Essa era determinata dalla loro età (12 per la donna,14 per l’uomo) e dalle
rispettive condizioni giuridiche. Si potevano sposare liberi cittadini, ma anche stranieri o
peregrini, in quest’ultimo caso si aveva un ottimo strumento di romanizzazione. Per quanto
riguarda gli schiavi invece, era consentito solo il contubernium, cioè la coabitazione soggetta
all’arbitrio del padrone degli schiavi. Quando una donna si sposava passava dal potere del
padre a quello del marito (matrimonio cum manum). 4. Donne di potere o il potere delle
donne Livia, moglie dell’imperatore Augusto è stata la vera fondatrice della dinastia giulio-
claudia. E’ figlia di Druso Claudiano e il primo marito è il cugino di Claudio Nerone. Ottaviano
poi sposa Livia nel 39 a.C. , anche se quest’ultima era incinta del precedente marito. Spesso le
fonti ci descrivono Livia con due ritratti, uno positivo ed uno negativo. Da una parte moglie
irreprensibile, dall’altra spietata donna di potere. Con il primo si attua una propaganda
Augustea, rappresentando la coppia come l’esempio di matrimonio perfetto. Si attuarono
molte leggi nel campo della famiglia, cercando anche di porre freno alla denatalità dei ceti
elevati. In realtà si cercava di porre un freno alle matrone romane che devono tornare ad
essere sessualmente attive con i propri mariti allo scopo di procreare figli legittimi. La
legislazione augustea obbligava gli uomini tra i 25 e i 60 anni di età e le donne tra i 20 e i 50
anni di sposarsi. Riconosceva altresì la validità dei matrimoni fra uomini liberi purchè non
appartenenti all’ordine senatorio, e le liberte, purche non probase (malfamate). Vi erano poi
anche gli incentivi per i matrimoni prolifici come i vantaggi nelle carriere pubbliche. Le leggi
augustee infine,stabilivano sanzioni ereditarie e patrimoniali per celibi e le nubili,per i vedovi e
i divorziati di ambo i sessi che non si risposavano, e per le coppie senza figli, nonché
condanne per gli adulteri, con lo scopo di moralizzare il costume sessuale. In età tiberiana, poi
si vieta ai sessantenni di sposarsi con donne di età inferiore ai cinquant’anni e alle
cinquantenni con uomini piu giovani di sessanta. Nel 18 a.C. con Leggi Giulie, Augusto
istituisce la cosiddetta quaestio de adulteris, cui affida alla pubblica sanzione criminale
l’adulterio. Oltre a quest’ultimo si perseguiva anche lo stuprum, ovvero illeciti di natura
sessuale. Questo perche la trasgressione sessuale e il mancato rispetto dei ruoli di genere e di
condizione giuridica e sociali erano ritenuti causa primaria della corruzione dei
comportamenti umani. Ovidio, per esempio, con l’esaltazione del “libero amore”, ovvero del
piacere sessuale fine a se stesso e senza scopi riproduttivi, suscitò un grande scandalo e fu il
pretesto per condannarlo in esilio a Tomi, sulMar Nero nell’8 d.C. Cornelia: fu elogiata da
Properzio in un lungo poema. Lei apparteneva per nascita e per matrimonio alla più altra
aristocrazia del tempo e venne descritta come univira, ovvero specchio di ogni virtù. La nobile
matrona vide realizzarsi nella maternità, il suo scopo della vita. Ancora nella metà del I sec
d.C.Plinio il Vecchio distingue due categorie di donne: quelle che danno piacere agli uomini e
quelle che assicurano la discendenza legittima della famiglia. Alcune nobildonne appartenenti
alla dinastia giulio-claudia vengono criticate per la loro condotta sessuale disinibita e per il
loro attaccamento al potere. In realta la figura della matrona è sempre finalizzata al
matrimonio, metre nel campo sessuale la donna conquista una maggiore libertà e si rende
necessaria l’adozione di pratiche per regolamentare le nascite, spesso in rapporto alle
relazioni adulterine. In ogni modo forme grossolane di contraccezione erano utilizzate
soprattutto dalle prostitute e dalle cortigiane mentre l’aborto era praticato da tutte le donne
che si trovavano nella condizione di non poter partorire figli per motivi economici o morali.
Nonostante ciò vie era una vera angoscia per gli “uteri vuoti” e quindi si ritorna al casalingo
modello ideale femminile di età repubblicana, in realtà con l’avvento del principato cambia
anche il ruolo femminile, perche cambia il centro del potere. Gia a partire dal II sec a.C.
vediamo la possibilità di interagire con uomini politici influenti alle donne facoltose che
esercitano una sorta di patronato nei confronti delle singole persone o di intere comunità
dello stato romani. La famiglia, tradizionalmente concepita, è al centro della politica sociale di
Augusto, dove è presente anche il vecchio concetto del controllo del comportamento
femminile in pubblico da parte dei parenti maschi. Non va tralasciato un aspetto fiscale della
legislazione augustea, sottolineato anche da Tacito, ovvero che queste leggi erano “emanate
per inasprire le sanzioni contro i celibi e arricchire le casse dello stato.” Figura di
Livia”all’interno della domus imperiale si prendevano importanti decisioni politiche, alle quali
Livia, poteva partecipare, oltrepassando il confine tra privato e pubblico, e inaugurando cosi
una nuova condizione femminile”. Il ruolo di Livia era stato paragonato a quello degli amici
principis, un consiglio di personaggi influenti a corte. Livia viene adottata da Augusto nel suo
testamento, da moglie diventa figlia. Nel 17 augusto adotta Caio e Lucio Cesari, figli naturali di
Giulia e di Agrippa. (leggi pag.97) Livia sarà poi definita Ulixem stolatam, “Ulisse in
gonnella”,esperta di intrighi e di inganni, anche se poi venne onorata come personificazione
divina della concordia in numerose citt

Potrebbero piacerti anche