MATRONAE
casta fuit domum servavit lana fecit
MATRONAE 1
una società fortemente maschilista
Seneca affermava: «I due sessi contribuiscono allo stesso modo alla vita comune, perché uno è
fatto per ubbidire e l’altro per comandare».
Da questa enunciazione è possibile farsi un’idea o addirittura comprendere quale fosse il ruolo
femminile all’interno dell’antica civiltà romana: ovvero di subordinazione all’uomo.
La subalternità della donna era chiarita dall’istituto della tutela, in quanto essa sanciva
categoricamente che la donna, dal punto di vista civile, non poteva esistere senza l’uomo.
La sua libertà personale era infatti assai limitata: dopo la nascita la sua sopravvivenza dipendeva
dalla volontà del pater familias, che decideva se allevarla e ne decideva lo sposo; e dopo il
matrimonio dipendeva dal marito, che la rappresentava in sede legale, e che poteva ripudiarla o
perfino ucciderla in caso colpe gravi.
Essendo in una condizione di minorità, la donna non poteva che adeguarsi, e seguire le regole
comportamentali che le venivano imposte per raggiungere e mantenere una condotta rispettabile.
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la matrona, ideale di donna
Dunque le donne romane si muovevano all’interno di una società fortemente maschilista e proprio
su tale mentalità era stato elaborato un modello ideale femminile molto preciso, quello della
buona matrona romana, che rimarrà pressappoco identico nel corso dell’intera storia di Roma.
Quali tratti caratteristici di donna perbene elogiavano quindi gli uomini romani?
L’obiettivo principale della matrona, una donna che possedeva la cittadinanza romana ed aveva
contratto un matrimonio romano con un uomo libero, era quello di “garantire la buona fama”, la
buona reputazione, e perciò il rispetto, di sé, del proprio marito e della propria famiglia.
Il posto che in prevalenza le era riservato era quello della
realtà domestica, con il compito di prendersi cura della
Domus, ovvero di gestire e amministrare bene la casa, dove
era fondamentale che si occupasse dell’arte di filare e
tessere la lana.
La matrona doveva inoltre onorare il principio della pietas,
ed essere cioè un’attenta osservatrice dei riti e dei culti del
gruppo familiare nonché del mos maiorum. Questo era un
valore molto importante, in quanto erano riconosciute
come missioni principali della donna la generazione dei
figli e la loro educazione agli ideali tradizionali del mos
maiorum.
Le matrone avevano dunque un peso importantissimo nel
forgiare uomini destinati ad avere una carriera politica
prestigiosa e gloriosa; esse erano uno strumento
fondamentale di trasmissione di una cultura, il cui
perpetuarsi era, in misura non trascurabile, affidato al loro
contributo.
A partire dall’allattamento, le donne si occupavano personalmente della propria prole senza
affidare questo compito a schiave o a balie a pagamento. Educavano direttamente i loro figli,
preparandoli al divenire cives romani, con tutto l’orgoglio che questo comportava, e, se lo
facevano, erano ricompensate dal tributo di un onore ( dignitas e decus).
Pertanto vi erano donne, appartenenti alle classi
sociali più alte, in grado di leggere e scrivere;
bisogna però precisare che una donna molto colta
era intollerabile, infatti l’istruzione femminile
romana non ha mai avuto un carattere pianificato
e organico, poiché le donne non erano destinate
ad accedere alla vita pubblica e politica.
Perciò, al di là del loro ruolo di madri, le donne erano soggette a molte limitazioni legali.
La matrona era difatti sottomessa alla tutela maschile per l’esercizio di qualunque atto giuridico e
legale. Tali limitazioni venivano giustificate da pretese qualità negative assegnate alla donna quali
l’ignoranza della legge e la debolezza mentale e fisica. Ad esempio la corruzione, che
accompagnava la gestione del denaro, era considerata particolarmente dannosa per le donne, e di
conseguenza esse non potevano fare testamento, in alcuni casi non ereditavano e non potevano
disporre dei propri beni in favore dei figli.
MATRONAE 3
Allo stesso modo le donne erano escluse dalla vita
politica. Non potevano votare nei comizi dove si
sceglievano i magistrati e gli era precluso l’accesso ai
compiti considerati esclusivamente maschili, gli officia
virilia. Inoltre secondo la mentalità romana, era bene
che una donna non parlasse dinanzi ad una platea di
ascoltatori e che in generale non si occupasse di
faccende pubbliche, compito non adatto al genere
femminile, data la propensione naturale delle donne di
essere eccessivamente curiose e incapaci di mantenere
un segreto.
Inoltre l’ordine patriarcale romano stabiliva che gli uomini avessero potere decisionale e di
controllo sulla sessualità e sulla capacità riproduttiva della donna. A questo scopo si applicavano
norme e leggi di estrema durezza. Ad esempio come Catone testimonia: "Se sorprendi
tua moglie in adulterio puoi ucciderla senza essere punito in giudizio; se sei stato tu a
commettere adulterio che ella non osi toccarti con un dito, non ne ha diritto.”
Secondo questi ideali, ovvero quelli della castitas e della fides, la matrona doveva
essere casta, cioè doveva avere rapporti sessuali solamente con il marito e solo per
garantire la sopravvivenza del gruppo familiare dello stesso. Si auspicava dunque
che tra marito e moglie dominassero lealtà, rispetto, fedeltà e devozione
incondizionata, in particolare da parte della sposa nei confronti dello sposo; ed era
onorata e apprezzata la donna univira ossia che si sia sposata una sola volta nella vita
e che quando sia rimasta vedova conservi per il resto dell’esistenza il lutto per il
defunto sposo.
Al fine di garantire tale controllo sulla donna, la matrona era educata a fare appello ai
valori del decorum, della frugalitas e della pudicitia.
Perciò i romani apprezzavano che una donna avesse un forte senso del pudore in
tutte le sue forme, anche nel prendere la parola. In generale si voleva che la moglie
tenesse una condotta il più possibile ritirata e riservata, che fosse onesta e semplice
nei modi e che avesse un senso del decoro.
Fedele ai valori del pudore, della riservatezza e
della modestia, la matrona romana doveva infine
curare l’intero ornatus (abbigliamento,
acconciature, gioielli e igiene personale), che dava
molte informazioni sullo status socio-economico e
giuridico degli individui.
Dovendo evitare atteggiamenti eccessivamente
provocatori, si evince come l’abbigliamento
matronale fosse concepito per coprire il più
possibile il corpo della donna dagli sguardi
estranei.
Al contrario, le matrone condannate per adulterio
portavano l’amiculum, una veste di lino stretta,
corta e trasparente. Non è difficile capire che si
trattava di una forma di degradazione morale e sociale mandando allo stesso tempo un messaggio
di disponibilità sessuale, al contrario della matrona che non poteva essere in alcun modo istigata
sessualmente.
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exempla
I modelli positivi avevano nell’antica Roma una fortissima valenza culturale, poiché erano un
riferimento collettivo, e in particolare in questo caso erano un exempla per ogni futura donna,
moglie e buona matrona.
Celebrate per coraggio e virtù sono state ad esempio:
CORNELIA
Madre dei due famosi Tiberio e Caio Gracco, fu un esempio virtuoso di
matrona romana che disprezzava gli ornamenti e la ricchezza, e si
vantava del fatto che i suoi unici gioielli fossero i suoi figli: “Haec
ornamenta mea”.
Cornelia fu una donna di eccezionale cultura e intelligenza: si racconta
che, rimasta vedova ancora giovane, avesse rifiutato un secondo
matrimonio addirittura con il re d'Egitto, Tolomeo VIII Evergete, per
potersi dedicare completamente all'educazione dei figli e seguirne la
carriera politica.
Cornelia fu dunque fedele al suo sposo e rimase costantemente al fianco
dei figli, supportandoli nel loro intenso e delicato programma di riforme
rivolto a sostenere i cittadini romani più poveri.
Divenne pertanto l’esempio di madre e matrona romana ideale, tanto che
addirittura, onore eccezionale, le fu eretta in età più tarda una statua di
bronzo nel Foro Romano.
La sua fu la prima statua di una donna esposta in pubblico a Roma.
AURELIA COTTA
Ella godeva di un’ottima reputazione in tutta Roma: descritta come intelligente e
indipendente, era famosa per la sua bellezza ma soprattutto per la sua saggezza.
Aurelia rivestì un ruolo fondamentale nell’educazione dei figli, specialmente
dopo la morte del marito. In particolare non negò mai il suo sostegno al figlio
Giulio Cesare, che supportò fino alla fine nella carriera politica.
Inoltre a causa della morte della nuora Cornelia Cinna, ad Aurelia spettò anche il
compito di allevare la figlia che ella aveva avuto da Giulio Cesare, Giulia, futura
moglie di Pompeo.
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indignus
Le donne che non si conformavano al modello della matrona virtuosa erano dipinte come
immorali e in qualche caso pericolose. Difatti nella mentalità patriarcale romana le donne che non
si adeguavano al modello ideale e mostravano comportamenti spregiudicati erano
immediatamente declassate ed equiparate a meretrices, rispondendo ad uno “stereotipo misogino
della sessualità femminile incontrollabile, per cui ogni donna se non tenuta a freno da opportuni
controlli maschili, è una potenziale prostituta, sempre assetata di denaro” F. Cenerini.
Ad ogni modo anche in questo caso vi sono eccezioni, ossia donne che vengono invece additate
come modelli di decadenza e mal costume e le cui vicende servivano a mettere in guardia le
giovani fanciulle, mostrando loro a cosa sarebbero andate incontro se si fossero comportate senza
rispettare le tradizioni.
SEMPRONIA
Dal punto di vista storico sappiamo ben poco di lei. La sua nascita
si può collocare intorno al 108/103 a.C. e non si può dire molto
sulla famiglia, se non che apparteneva alla gens Sempronia.
Secondo alcuni studiosi questa donna era la moglie di Decimo
Giunio Bruto, console nel 77 a.C., e madre di Decimo Giunio Bruto
Albino, uno dei congiurati contro Cesare, e probabilmente lei
stessa fece parte dei congiurati di Catilina.
Il più rilevante se non unico riferimento a Sempronia che è
possibile ritrovare nella storia deriva dalle parole dello storico
Sallustio, autore che, nel suo “De Catilinae Coniuratione”, fece un
ritratto ben preciso della donna.
Questo è costruito sul contrasto: alle qualità positive quali cultura,
eleganza, raffinatezza e fascino, si contrappongono la mancanza
di pudore, di parsimonia e di lealtà.
Dalla descrizione di Sallustio, Sempronia appare perciò una donna con delle caratteristiche sia
positive che negative. In primo luogo, Sempronia è intelligente, audace quanto un uomo, colta,
bella, con doti oratorie e di buona conversazione, intraprendente e determinata, in più poetessa e
spiritosa.
Per Sallustio però, non è la donna romana descritta nel mos maiorum, non è la madre dei Gracchi,
non è la matrona castamente velata, che non si trucca e non si ingioiella, preoccupata solo del
marito, dei figli, della casa, della filatura e delle ancelle. Tanto è vero che i vizi di Sempronia fanno
di lei l’esatto contrario del modello tradizionale di donna “perbene”, e la sua “audacia virile”
sembra negarne la femminilità stessa, a dispetto della grazia esteriore.
Il giudizio dell’autore pare oscillare tra lode e biasimo, “insomma in lei c’erano molta arguzia e
molta grazia”, tuttavia si sofferma sulla sua indole lussuriosa e perversa, “per lei furono sempre
gradite tutte le cose più del decoro e del pudore”.
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Ad esempio tra gli elementi assolutamente negativi, in particolar modo dal punto di vista di
Sallustio che era uno dei maggiori sostenitori del rispetto del mos maiorum, vi è il suo
atteggiamento nei confronti degli uomini: per Sempronia infatti “ la libidine era così ardente che
cercava gli uomini più spesso di quanto fosse cercata da loro.” Un fatto notevolmente oltraggioso
per la cultura tradizionalista di Roma, opposto ad ogni valore della castitas e del decorum romano.
Sempronia era quindi quanto di più lontano ci potesse essere dall’ideale della matrona romana,
pudica, riservata, dedita alla famiglia.
“Era precipitata sempre più in basso a causa della lussuria e della sregolatezza”, e per questo era
diventata l’antitesi delle matrona romana ideale della tradizione arcaica, una di quei modelli di
decadenza a cui fare riferimento per mantenere le giovani fanciulle sulla “retta via”.
Se si volesse fare un confronto con altre donne passate alla storia si potrebbe dire che era molto
simile a Clodia, ampiamente criticata da Cicerone, e completamente l’opposto di Lucrezia, moglie
di Collatino, o di Cornelia, madre dei Gracchi e appartenente alla medesima gens di Sempronia.
Sempronia fu dunque una donna che ruppe il tradizionalismo inducendo i suoi coetanei a
fraintendere e addirittura esagerare la sua peccaminosità.
Ella fu il simbolo della donna emancipata che stava prendendo piede nella Roma del I secolo a.C.,
ma che nonostante avesse conquistato nel corso dei secoli nuovi spazi d’azione e nuovi diritti,
continuava a doversi adeguare a un modello prettamente maschile, rispetto al quale ogni devianza
era considerata amorale.
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BIBLIOGRAFIA
❖ Il secondo volume di “Plane Discere - A. Diotti, E. Diotti - PEARSON
❖ Il volume unico di “Vivamus” - G. Garbarino, L. Pasquariello - Paravia e PEARSON
SITOGRAFIA
❖ http://www.larisaccamensiletrapanese.it/wp/?p=6210
❖ https://it.wikipedia.org/wiki/Matrona_(antica_Roma)
❖ https://www.storicang.it/a/donne-di-roma_14663
❖ https://www.romanoimpero.com/2009/07/la-donna-romana.html
❖ https://it.wikipedia.org/wiki/Sempronia_(Decimo_Giunio_Bruto)
❖ https://www.romanoimpero.com/2017/03/sempronia.html
❖ https://library.weschool.com/lezione/sempronia-ritratto-sallustio-traduzione-la-congiura-di-
catilina-11197.html
❖ http://www.honosetvirtus.roma.it/index.php?
option=com_k2&view=item&id=47%3Asempronia
❖ https://www.google.com/url?
sa=t&rct=j&q=&esrc=s&source=web&cd=&ved=2ahUKEwixt5D1t83sAhVBzKQKHcP6CEwQF
jAEegQICRAC&url=https%3A%2F%2Fwww.comune.lodivecchio.lo.it%2Fmoduli
%2Foutput_immagine.php%3Fid%3D8055&usg=AOvVaw0JHhtf4q1ZCBXL_Vs9OWDS
❖ https://www.skuola.net/storia-antica/lucrezia-la-casta.html
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