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Che genere di stereotipi

Capitolo 1 gli stereotipi di genere


Il termine stereotipo, dal greco “stereos” (duro, solido) e “typos” (impronta, immagine, gruppo)
nasce in ambito tipografico ed indica un metodo di duplicazione delle composizioni tipografiche e
dei clichè. L’uso del termine stereotipo nelle scienze sociali si deve a Walter Lippman che promosse
studi sul pregiudizio intorno al 1920.
Le flapper resero popolari i capelli corti per le donne, fumavano in pubblico: elementi che
segnavano il desiderio di non sottostare a tutto ciò che era considerato accettabile in virtù
dell’appartenenza al loro sesso e alla loro categoria sociale.
Lippman fece una distinzione tra il mondo reale degli stereotipi e le “piccole immagini che ci
portiamo dentro la nostra mente”: si tende a categorizzare in base a ciò che riteniamo in accordo
con una regola. All’interno di una data cultura le immagini sono simili perché diffuse dai mass
media.
Lo stereotipo è una generalizzazione condotta su un gruppo di persone, in cui caratteristiche
identiche vengono attribuite a tutti i membri del gruppo, senza tenere conto delle variazioni di
caratteristiche fra i membri.
Allport descrive la stereotipizzazione come la legge del minimo sforzo. Lo stereotipo è utile alla
mente per ridurre la dissonanza cognitiva. In questo modo si cerca di risparmiare energia cognitiva
ottenendo un’immediata comprensione. Se però lo stereotipo nasconde differenze individuali
all’interno di una classe di persone, questo diventa pericoloso. Il pregiudizio è un fenomeno diffuso
e pericoloso. Il pregiudizio si definisce come un atteggiamento ostile nei confronti di membri di un
altro gruppo, basato esclusivamente sull’appartenenza a quel determinato gruppo.
Il patriarcato e le sue trasformazioni
il genere è un sistema di pratiche sociali che crea e mantiene differenze tra uomini e donne. In
base a queste differenze si strutturano relazioni di disuguaglianza.
Pierre Bourdieu dichiara che una storia delle donne non può accontentarsi di registrare l’esclusione
delle donne dall’una o dall’altra professione; è necessario prendere atto della riproduzione di
gerarchie, che spingono le donne a contribuire alla loro esclusione dai luoghi da cui sono escluse.
Esistono tre principi che ispirano la scelta delle persone, secondo Bourdieu:
1. Le donne primeggiano statisticamente in esercizi che si situano nel prolungamento delle
funzioni domestiche: insegnamento, assistenza, servizi
2. Una donna non può avere autorità sugli uomini. Ne consegue che si preferisce un uomo
nelle posizioni di autorità.
3. Conferisce all’uomo il monopolio della manipolazione degli oggetti tecnici e delle macchine.
Le origini, fatti, misfatti e miti
Statuette come la Venere paleolitica, sono state trovate in Africa, in Cina. Sappiamo come le
popolazioni primitive vedevano la magia. Ecco allora la sacralizzazione della femminilità poiché dal
corpo della donna scaturisce la vita. Michela Zucca afferma che il primo recinto sacro fu quello del
parto. Le donne che sapevano far nascere i bambini erano anche sacerdotesse.
Miles fa notare come a nessuna donna era mai stato detto che le donne erano fisicamente deboli,
emotivamente instabili; di conseguenza marinaie, contadine ignoravano quell’incapacità femminile
di riversitre tali ruoli.
Una delle caratteristiche del patriarcato è la subordinazione della donna rispetto all’uomo. Quando
il mercato diventa scambio e nasce la proprietà privata, Bourdieu parla di violenza simbolica. La
violenza simbolica si è costruita attraverso la produzione di un mondo simbolico ed è orientata
all’accumulazione di capitale simbolico.
Donne nella storia tra spazio pubblico e privato
La sacerdotessa, di cui parla Socrate, parla del partorire affermando che la natura umana desidera
partorire, ciò che invecchia e svanisce lascia qualcos’altro di nuovo simile a sè.
Il ruolo di sacerdotesse era l’unico che conferiva alla donna il diritto di parola. Socrate è ricordato
per l’arte di educere, “tirare fuori” il meglio dall’allievo. Ma Diotima, la sacerdotessa di Socrate,
difficilmente viene ricordata.
La prima nozione di matrimonio si ha nel codice di Hammurabi. La parola matrimonio indica la
legittimazione pubblica della funzione della madre. La parola patrimonio ha tutt’altro significato: si
riferisce ai beni e all’eredità. La madre è legittimata ad essere tale solo in funzione del legame con
l’altro.
Matrone
Nella Roma arcaica alle donne veniva negato il nome proprio: veniva assegnato loro il nome
gentilizio e il cognome. Rossella Frasca sottolinea come la donna era ritenuta meno importante, le
bambine erano promosse spose in età infantile.
Il pater familias è il capo indiscusso. La donna è sottoposta alla perpetua tutela, pur variando i suoi
tutori.
Ciò che spesso consente ad alcune donne di emergere è la relazione. Fu Giulio Cesare a trasgredire,
nominando pubblicamente la moglie, la figlia e la zia, lodandole le qualità. Ed ecco che Roma
repubblicana erige una statua in onore di Cornelia, madre dei Grecchi. Dodici parti e dodici
funerali, mater virtuosa e colta. Questa immagine ha uno spessore pedagogico molto importante.
La tipologia della donna romana rispecchia l’immagine proposta, tant’è che tende a costruirsi sul
sacrificio di sé stessa pur di perorare gli interessi della famiglia.
La condizione di schiavitù è l’unica in cui uomo e donna sono in una situazione di parità: la parità di
non possedere alcun diritto; nemmeno sui figli o sull’esclusività dei rapporti sessuali.
Amor cortese, sacralità e prostituzione
Dider Lett sostiene che nel medioevo la distinzione dei ruoli delle funzioni e dei valori tra uomo e
donna erano giustificate dalla natura che esplica differenze prima di tutto attraverso il corpo. Il
medioevo cristiano si fonda sui racconti biblici che fanno riferimento a una gerarchia naturale. La
chiusura delle università alle donne conferma il primato maschile e non consente alle donne
l’accesso al sapere. Spesso però le donne sono attive mecenati e soprattutto con l’avvento della
vita di corte, le principesse hanno accesso alle biblioteche dei padri.
Secondo la leggenda della papessa Giovanna, si narra che questa donna si sia travestita da uomo e
abbia compiuto studi brillanti, abbia visitato Roma e Atene fino a diventare papa. Si narra che
abbia partorito un figlio e sia morta durante una processione. Questo racconto solleva il problema
dell’intrusione di una donna al centro del potere maschile. Le donne sono escluse dal governo
delle città, ma non da quello feudale. Isabella di Castiglia regnò dal 1474 alla morte, senza mai
permette allo sposo, Ferdinando d’Aragona, di prendere il suo posto. Altre donne assunsero
reggenze per conto dei figli piccoli in caso di morte del coniuge. Negli atti notarili le donne non
apparivano, ma oggi sappiamo che erano presenti. Se il marito moriva e la moglie continuava il
lavoro veniva indicata come “la moglie di”. L’identità femminile è definita in base allo status
matrimoniale, l’identità maschile cambia a seconda dello status e della professione. La misoginia
medievale è teologizzata.
Tra natura e educazione
Abbiamo visto che donne influenti hanno occupato posizioni importanti nella storia e il fenomeno
prosegue e cresce nei secoli successivi. Nell’opera raffigurante Artemisia, la giovane donna è
rappresentata sola con due uomini più anziani di lei. Lei è nuda, i due uomini no. La giovane non ha
un’espressione felice. Il titolo è “Susanna e i vecchioni”. Infatti, sappiamo che Artemisia subì una
violenza sessuale da parte di un uomo amico del padre. L’opera comunica l’oppressione che
all’epoca un uomo difficilmente poteva vivere.
Nel Rinascimento sono molti gli intellettuali che scrivono dell’inferiorità naturale della donna. Il
ruolo di genitrice va di pari passo con lo statuto di schiavitù domestica. La violenza in famiglia era
frequente ed accettati dalla morale comune.
La rivoluzione industriale portò le donne in fabbrica. La maggior parte di loro lavorava fino a poco
prima del parto, nelle fabbriche si lavorava con i neonati fasciati sulla schiena. Nelle miniere le
donne lavoravano fino al travaglio, spesso partorivano nelle pozze di carbone. Eppure, queste
donne continuavano a lavorare. I bambini lavoravano in miniera dai 5 anni. L’industrializzazione
separò le donne dalla crescita dei loro figli, dai loro uomini, ma anche dalle altre donne. Il dramma
della solitudine cresceva come l’esigenza di sentirsi parte di una società. Da questi drammi nasce la
“questione femminile”. Harriet Tubman fu la prima donna nera su una banconota statunitense,
morì nel 1913. Era schiava ed era riuscita ad affrancarsi.
Il peso della tradizione
E così fu conquistato il voto. Al prezzo di morti violente, arresti e torture: una battaglia durata
decenni. Negli anni Venti le donne costituivano quasi la metà degli iscritti alle università e si ritardò
l’età media del matrimonio, ma l’arena del lavoro retribuito era essenzialmente maschile. Nasce la
casalinga specializzata: il marketing pubblicitario enfatizza prodotti specifici e differenziati per la
pulizia della casa, riviste psicologiche informano sulle ultime novità in fatto di accudimento dei
bambini.
L’autorità maritale fu abolita in Italia nel 1919. Prima di allora, le nubili maggiorenni potevano
ritenersi fortunate perché per la stipulazione di ogni atto patrimoniale erano libere dall’ottenere il
consenso del coniuge. In Italia, la dittatura mussoliniana costituì un episodio di dominio patriarcale
poiché fu teorizzata l’inferiorità della donna sul piano della natura e l’ideologia venne poi
politicizzata.
L’evolversi della giurisdizione in Italia
L’8 marzo 1972, ventimila donne scendono in piazza a Roma. Sono arrabbiate. I poliziotti si
spazientiscono e ci sono percosse. Hanno ottenuto il diritto di voto, eppure le donne volevano
essere riconosciute come persone con idee e non solamente come madri. Durante la guerra le
donne avevano sostituito i mariti nelle fabbriche, hanno impugnato il fucile, sono state deportate.
Le donne hanno capito di avere coraggio come gli uomini. Ma gli uomini che vogliono la donna a
lavoro sembrano pochi.
Lo storico Franco Ferrarotti dice che ciò che pesava alle donne era il doppio lavoro: quello fuori
casa e quello a casa. L’Italia è un paese familiaristico. È il 1945, la guerra è conclusa e Ferruccio
Parri afferma che, nonostante il diritto al voto, le donne non possono entrare nel mondo politico,
economico, sociale. Ma non è il solo a pensarla così. Il 2 giugno 1946 l’Italia decide di essere una
Repubblica. Su 556 deputati solo 21 sono donne (meno del 4%).
Nel 1958 entrò in vigore la legge Merlin con 185 voti favorevoli e 115 contrari. La legge aboliva la
prostituzione che teneva le donne in regime di semi schiavitù. Le legge 66 del 1963 ammetteva le
donne in tutti gli uffici pubblici. Le leggi cambiavano, ma non la mentalità.
Nel 1975 fu approvato il diritto di famiglia: i coniugi hanno stessi diritti e stessi doveri. Alla patria
potestà è sostituita la potestà dei genitori. Nel 1981 fu abolito il delitto d’onore. Le leggi del 77 e
del 92 parlano di pari opportunità lavorative di uomini e donne.
La violenza degli uomini contro le donne
Il 64% degli stupri è commesso dal partner, mentre il 76% delle molestie sessuali è commesso da
sconosciuti. L’Accademia della Crusca definisce il femminicidio come “un delitto che trova i suoi
profondi motivi in una cultura dura a rinnovarsi”.
Nella Prima guerra mondiale si parla molto di stupri. Ma in termini di infanticidio ed in termini di
razza.
Secondo Joanna Bourke stupratori si diventa, non si nasce. Lo stupro ha come constante la
sofferenza della vittima, è ritualizzato ed avviene in società che possiedono modelli di uomini
aggressivi. L’autore del reato è un uomo violento. Il silenzio è uno strumento del potere poiché ciò
che non viene nominato non trova rappresentazione. Gli stereotipi di vittime e oppressori sono poi
lontani dai vissuti e dalle percezioni individuali degli stessi. Gli oppressori si percepiscono “fragili” o
“mostri” e alcune donne vittime si percepiscono “forti” perché “resistono nonostante le botte”.
Ci sono uomini che rifiutano questi modelli maschili. Ci sono uomini che rivendicano politiche di
MenCare, e rivendicano modalità di espressioni della paternità non violente. L’associazione
nazionale Maschile Plurale mira a cambiare modelli sessisti, misogini e patriarcali. La caratteristica
della nostra epoca è l’essere in una fase di passaggio che rompe con vecchie forme di dominio
simbolico.
Il rovesciamento di prospettiva è tanto difficile quanto epocale.
Irene Strazeri parla di agonia dell’ordine simbolico, il maggior livello di istruzione raggiunto può
essere un movente di cambiamento per le pari opportunità, la parità non è data dall’uguaglianza
ma dal rispetto delle differenze.
Orsetta Giolo parla di patriarcato adattivo. Si tratta di una condizione in cui il patriarcato si è
adeguato ai contesti contemporanei per controllare le donne. Ad esempio, la visione di una
sessualità che può essere consumata ed essere oggetto di mercato, ma il mercato è veicolo di
dinamiche violente. Orsetta Giolo afferma che interrogarsi sulla soggettività politica delle donne
significa non arrendersi alla sua irrappresentabilità.
Capitolo 2
Il genere come costruzione sociale
Negli ultimi anni il concetto di genere è diventato un tema caldo, a volte strumentalizzato e inteso
come elemento che sovverte l’ordine naturale dei rapporti tra uomini e donne. In realtà il genere è
una categoria usata per studiare il mondo sociale. Indaga le relazioni: non solo tra uomini e donne,
ma anche tra donne e donne e tra uomini e uomini. Si tratta di una categoria relazionale che
evidenzia come si strutturano le forme di potere che vengono date ad alcuni soggetti e non ad altri.
Gli studi di genere si sviluppano nel 1960 e coincidono con l’ingresso delle donne nel mondo del
lavoro. È iniziato in questi anni un processo di autonomizzazione delle donne che non si fermerà
più. Per parlare della costruzione sociale del genere parliamo di Virginia Woolf. Virginia Woolf, nel
1920, racconta le proprie ricerche per creare un elaborato relativo alle donne. Secondo Woolf le
donne della narrativa erano viste unicamente in rapporto all’altro. Con Woolf si apre il concetto di
pari opportunità.
Mary Wollstonecraft, nel suo saggio, paragona la categoria delle donne ai soldati; entrambi
vengono mandati nel mondo prima che la loro mente abbia acquisito sufficiente conoscenza o sia
stata fortificata dai principi. Non si ha dunque la possibilità di formare l’intelletto e renderlo saldo e
profondo. Si noti che, gli ufficiali sono, al pari delle donne, attenti alla loro persona, amano la
danza, i salotti. Entrambi acquisiscono le buone maniere prima della morale. La conseguenza è che
diventano preda dei pregiudizi, accettano le opinioni sulla fiducia e si sottomettono ciecamente
all’autorità. La vita per i due sessi è difficile, una lotta senza fine più di ogni altra cosa richiede
fiducia in sé stessi.
Quando parliamo di ruoli di genere ci riferiamo ad attributi che la società relega ad un sesso
piuttosto che ad un altro. Se associamo questo concetto a quello di stereotipo, possiamo dire che
uno stereotipo di genere è l’attribuzione di una o più caratteristiche a tutti gli appartenenti al
gruppo sociale in questione. Se queste caratteristiche sono offensive possono produrre perdita
della fiducia in sé da parte delle persone appartenenti al gruppo stesso e la conseguente
interiorizzazione delle caratteristiche. Da qui abbiamo la profezia che si autoadempie.
La conseguenza delle affermazioni “le femmine sono più tranquille” e “i maschi sono più vivaci”, è
l’inibizione di talenti considerati del sesso opposto. L’idea che le donne dovessero rimanere a casa
a badare ai figli comporta la perdita di talenti di tante donne, questo vale anche per gli uomini che
magari sono più capaci nell’occuparsi della casa.
Anche i richiedenti asilo e i rifugiati vengono spesso deumanizzati dai paesi in cui sperano di essere
accolti da campagna politiche e massmediatiche che ne screditano l’immagine presentandoli come
clandestini.
Il genere femminile nella lingua italiana
Alma Sabatini, nel 1986, curò la pubblicazione del “Sessismo nella lingua italiana”, si tratta di linee
guida volte a inserire il femminile nella lingua italiana. La premessa teorica è che la lingua non solo
riflette la realtà sociale nella sua storicità, ma ne condiziona il pensiero, la capacità degli individui
di progettarsi ed immaginarsi all’interno di situazioni.
La sensibilità nei confronti del 25 novembre è aumentata, si tratta della ricorrenza contro la
violenza sulle donne. Viene così omessa la matrice culturale della violenza che è data dal fatto che
l’autore è un uomo violento e che la violenza di genere da una particolare relazione tra uomini e
donne. L’accademia della Crusca ha avvalorato le raccomandazioni di Sabatini, fornendo indicazioni
precise per dare visibilità al genere femminile. Nella lingua italiana, a differenza di altre lingue, non
esiste il genere neutro.
Quante persone usano il termine medica che è un termine corretto?
L’importanza che la parola/segno ha nei confronti della produzione di valori, come il rispetto per
ogni lavoro legalmente retribuito. Imparare a usare le parole in modo adeguato vuol dire
modificare i rapporti di potere poiché modificare l’immaginario contribuisce a creare realtà
corrispondenti.
Il linguaggio e i media
L’associazione Gi.U.Li.A., nasce nel 2011 e si è costituita nel 2012 come associazione Nazionale con
sede a Roma. Ha lo scopo di promuovere l’uguaglianza di rappresentazione dei generi nella società
con particolare attenzione al mondo del giornalismo e difende l’immagine della donna che viene
spesso offesa nelle rappresentazioni dei media e svilita nel linguaggio scritto e orale.
Nel 1977 Pier Paolo Pasolini metteva in guardia dalla televisione, che non consentiva allo
spettatore di negoziare significati; dunque, veniva giudicato uno strumento di potere, uno
strumento antidemocratico. Da qui, l’importanza che un sistema così potente sia consapevole del
linguaggio che usa, dei pensieri e delle azioni che vengono prodotte negli spettatori. Quindi, la
televisione deve scegliere le parole per non produrre misconcetti, false credenze e disvalori. Pier
Paolo Pasolini è definito a più voci profetico. Infatti, Pier Cesare Rivoltella, 40 anni dopo, afferma
che al tempo del web 2.0 la comunicazione si demedia, ovvero non occorre più che passi
attraverso gli apparati ufficiali per pubblicare una notizia, basta un canale youtube o twitter.
Rivoltella continua dicendo che dal punto di vista della libertà di espressione è una grande
conquista, ma il fatto che tutti possano pubblicare significa che può farlo pure chi non ha
competenze professionali.
Il lettore, quindi, deve mettere in discussione ciò che legge ma deve sapere come e dove reperire
materiale alternativo poiché lui stesso è chiamato a diventare consum-attore. L’immagine e le idee
che i media diffondono concorrono alla formazione dell’immaginario, che è alla base del rapporto
degli individui con il mondo e con gli altri.
In televisione le donne risultano:

 Piacevoli e positive: la donna in tv è rappresentata in maniera positiva.


 Belle, patinate e soprattutto giovani: l’immagine della donna risulta polarizzata tra il mondo
dello spettacolo e quello della violenza della cronaca nera
 L’intrattenimento: il conduttore è uomo, lo stile è ironico e malizioso. Nei reality si
sottolineano le doti di adattamento, furbizia e spregiudicatezza della donna.
 L’informazione: la donna del dolore: la donna compare soprattutto su un servizio di cronaca
nera.
Esiste un codice di autoregolamentazione Tv e minori, si ricorda che:

 L’utenza televisiva è costituita anche da minori


 Il bisogno del minore a uno sviluppo regolare e compiuto è un diritto riconosciuto
dall’ordinamento giuridico nazionali e internazionale
 La funzione educativa compete alla famiglia e può essere agevolata dalla televisione
 Il minore ha i suoi diritti, ha il diritto ad essere tutelato da programmi televisivi che possano
nuocere alla sua integrità e alla sua morale
Nel 2008 soltanto il 20% della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi
indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea.
L’immediatezza delle immagini non lascia spazio all’uso del pensiero critico, le immagini veicolano
messaggi in modo rapido.
Chi non legge tutta la vita resta vittima di stereotipi e pregiudizi.
La scuola è ancora una fondamentale agenzia dii socializzazione in grado di formare cittadini uniti
da valori non negoziabili e responsabile dell’educazione ai media. Il compito dell’insegnante è
decostruire l’ovvio. L’ovvietà dei manifesti e delle scritte, la numerosità dei messaggi violenti deve
scandalizzare. Questo è chiaramente indice di una tradizione culturale che oggettivizza il corpo
delle donne. Molti manifesti sessisti sono stati ritirati. C’è in atto un processo di ri-genderizzazione.
In epoche di transizione come la nostra, è infatti più facile e rassicurante fare riferimento al
conosciuto e percepirlo come naturale. Il fenomeno è noto con il termine di backlash, in italiano
“contrattacco”. Letteralmente indica il blocco di una ruota. I cambiamenti prodotti dai femminismi
necessitano lunghi tempi di sedimentazione. Diverse ricerche hanno dimostrato come in tempi di
crisi, in particolare l’ossessione per il terrorismo, abbiano fatto emergere un patriottismo misogino,
basato sulla riparazione del sex gender system di tipo tradizionale.
Non è difficile trovare genitori e insegnanti che parlano di sport, colori, giochi per maschi e per
femmine, dividendo i giochi. Lo storico marchio di giocattoli Mattel ha firmato un accordo con
l’autorevole rivista National Geographic per la creazione di prodotti dedicata ai temi della
conoscenza scientifica. Nel 2018, arriva Barbie ispirata a Samantha Cristoforetti. Nel 2019 troviamo
altre Barbie in tema STEM: l’ambientalista, l’astrofisica, la biologa marina.
Capitolo 3
Differenze di genere nell’editoria
Il World Economic Forum è un indice del divario di genere in 135 paesi. I talenti delle donne e degli
uomini dovrebbero essere riconosciuti e valorizzati per poter garantire lo sviluppo delle identità e
la realizzazione personale in tutti gli aspetti della vita. nelle università italiane le studentesse sono
pari al 56% degli iscritti e il 52% dei dottori di ricerca. Le donne costituiscono il 35% dei professori
associati ed il 21% dei professori ordinari. Solo 6 donne su 83 sono rettori universitari.
La situazione viene ribaltata nella scuola dell’obbligo, dove troviamo il 5% maestri. Barbara Mapelli
si ritiene che il lavoro di cura e di assistenza sia prerogativa delle donne. Si tratta di mestieri visti
come il prolungamento del lavoro domestico. Nelle scienze mediche le donne sono il 66% iscritte
all’università ma solo il 14% diviene direttrice di struttura ospedaliera. Rita Chiesa e Dina
Guglielmini affermano che siamo in presenza di un conflitto tra modelli di ruolo femminile
interiorizzati e le rappresentazioni sociali delle professioni in ambiti scientifici. Il fenomeno è noto
come autosegregazione formativa.
Molte madri smettono di lavorare dopo la nascita del figlio, ma più della metà di queste vorrebbe
tornare al lavoro. Le donne con figli lavorano meno e quando lavorano fanno fatica ad arrivare in
posizioni apicali. Le donne dopo il parto dicono di avere problemi a conciliare la vita lavorativa e
quella familiare, è interessante notare come non ci siano uomini che dichiarano di essere inattivi
per responsabilità familiari. Le imprese si aspettano che le donne dedicheranno più tempo al
lavoro domestico e saranno meno produttive, di conseguenza le aziende decidono di pagarle
meno. È importante ricordare che sta crescendo il numero di aziende che mettono in pratica
“diversity managment”: un modo per cambiare la cultura aziendale e conciliare i tempi del lavoro
con le esigenze dei lavori e delle lavoratrici, attraverso part time, smart working e altre pratiche.
Legislazione internazionale sulle pari opportunità
Nel 1945, quando furono create le Nazioni Unite, solo in 30 paesi su 51 stati membri le donne
avevano il diritto di voto. Si creò la Commissione sulla questione femminile e nel 1971 venne
realizzata la Dichiarazione per l’eliminazione della discriminazione contro le donne. Tra le iniziative
suggerite ci sono: mettere a punto programmi di formazione professionale e materiali per
insegnanti e docenti che contribuiscano ad aumentare la consapevolezza circa lo stato giuridico, il
ruolo e il contributo delle donne.
Durante la Conferenza Mondiale sulle donne l’Italia è stata criticata aspramente per non aver
raggiunto i traguardi stabili nel 1995.
Donne ancora concepite come madri e come oggetti sessuali soprattutto attraverso i messaggi
veicolati dalla pubblicità e dalla televisione. Nel 2012 l’Italia viene annoverata tra i paesi “sprovvisti
di politiche sostanziali in materia di parità tra i sessi nel campo dell’istruzione”.
Gli anni 70 e 80
Il bambino in età prescolare è abile nel costruire realtà attraverso le storie immaginate e
velocemente si sente coinvolto da queste. Attraverso le storie trasmettiamo i valori culturali in cui
viviamo, norme morali, cioè indicazioni precise di come si vive o si dovrebbe vivere. La letteratura
infantile è un potente agente di trasmissione culturale dei valori a cui tutti rispondiamo. Nel 1970
Belotti notava che le realtà descritte nei libri per l’infanzia erano ferme a situazioni vecchie di
decenni, perché è radicata la convinzione che il bambino sia un essere da proteggere dal
cambiamento.
Secondo Belotti il bambino è un essere in evoluzione e quindi disponibile alla rivoluzione, al
cambiamento. Sono forse gli adulti che faticano a cambiare. Un altro aspetto è il desiderio
collettivo di conservazione della figura femminile tradizionale. Il minimo comune denominatore è
che i libri destinati ai bambini tendono a rappresentare una realtà sociale di diversi decenni fa.
Negli studi presentati vengono presi in esame gli effetti che la rigida rappresentazione dei ruoli
sessuali provoca sul bambino che cresce.
Nel mondo dei libri illustrati i maschi vengono presentati in attività svariate e avventurose, mentre
le bambine sono passive. Tra i vincitori del premio Caldecott si è riscontrato che la gamma di
attività in cui sono rappresentate le donne è molto più ristretta di quella degli uomini. Il
suggerimento è che i libri illustrati potrebbero dare una definizione meno stereotipata e rigida
anche dei ruoli maschili, incoraggiando così i maschi a esprimere emozioni. Si potrebbero demolire
gli stereotipi rappresentando bambini che vengono premiati per aver espresso le proprie emozioni
e per essere stati servizievoli e bambine che vengono premiate per l’intelligenza e l’avventurosità.
Oggi, parlando di inclusione, dovremmo riconoscere come le famiglie di tanti bambini non vengano
rappresentate nei libri di testo. Un bambino che si sente rappresentato può facilmente sentirsi
incluso nell’istituzione che frequenta.
Belotti ci ricorda che:

 Il materiale didattico non dovrebbe presuppore che le donne siano mogli e madri a tempo
pieno, ma che hanno le stesse possibilità di scelta degli uomini.
 Il materiale didattico non dovrebbe mai sottendere che tutte le donne hanno l’istinto
materno o che il clima emotivo della famiglia risente negativamente se la donna lavora.
 Sottolineare le caratteristiche umane comuni: al maschio può appartenere l’indecisione o
una spiccata abilità letteraria ed espressiva, come una femmina può essere abile nella
logica e meno abile nelle discipline umanistiche.
 Professioni: non si dovrebbe dare l’impressione che il valore degli uomini dipende dal loro
prestigio sociale o dal reddito. Non si deve credere che l’uomo deve guadagnare più della
donna. Nessun lavoro deve essere considerato tipico di un sesso.
 Visibilità: le donne nella storia: nei testi scolastici bisognerebbe ricordare i nomi e cognomi
delle donne intelligenti.
 Condivisione nelle attività domestiche: sia gli uomini che le donne dovrebbero essere
rappresentati nello svolgimento di tutte le attività domestiche: cucinare, pulire la casa,
pulire l'automobile, fare piccoli lavori di manutenzione.
 Pari incentivi: i materiali didattici dovrebbero essere tali da incoraggiare le femmine a
interessarsi di matematica, di meccanica, di sport e di movimento e da non far mai
vergognare un bambino che si interessa di poesia, arte, musica, o portato per la cucina, il
cucito o la puericultura.
 Parità nelle descrizioni: non si dovrebbero definire le donne mediante attributi fisici quando
gli uomini vengono descritti attraverso attributi intellettuali o posizioni professionali. Vanno
evitati i cliché contro le donne (come le donne al volante o delle suocere terribili).
I libri di testo italiani, ormai vecchi sia nei contenuti che nelle immagini, devono cambiare. Occorre
sensibilizzare alla parità fuori e dentro la scuola.
Rossella Pace ha svolto una ricerca, nella quale è emerso che:

 Il 72% dei bambini e il 65% degli adulti rappresentato nei libri è di sesso maschile
 Il 52% di donne è madre o moglie
 La maestra è associata alle donne
Le raccomandazioni di Pace non vedono il ribaltamento di vecchi modelli con la sostituzione di
quelli nuovi, ma il mantenimento della tradizione con l’aggiunta dei nuovi modelli. Accanto alla
mamma casalinga può essere rappresentata la mamma impegnata.
Dal 2000 a oggi
Irene Biemmi, è docente di Pedagogia Speciale, costruisce strumenti per valutare in un’ottica di
genere il materiale didattico con l’auspicio che possa servire a una vasta categoria di utenti, ad
esempio alle maestre e ai maestri come un ulteriore criterio di scelta circa il libro di testo da
adottare. Questo strumento può essere usato dai genitori, per evitare di proporre ai propri figli e
figlie un immaginario ripetitivo di principi azzurri.
Adottare una prospettiva di genere nella formazione può influire sulla consapevolezza dei futuri
insegnanti, non solo una pratica di autosservazione ma anche migliorando la qualità del loro
intervento in termini sia di relazione che di valutazione. Dalla ricerca di Biemmi è emerso che:

 Il genere: per quanto riguarda il genere dei protagonisti, in media il 59% è maschio e il 37%
è femmina. Ogni 10 protagoniste femmine ci sono 16 protagonisti maschi.
 Le professioni: ai protagonisti maschili sono attribuite 80 diverse tipologie professionali (tra
le quali: cavaliere, capitano, soldato, ferroviere, marinaio, mago, scrittore, geologo,
esploratore, scultore, architetto, bibliotecario, medico, direttore d'orchestra ecc.). Alle
protagoniste femminili soltanto 23, tra le quali: maestra, cuoca, babysitter, regina,
cameriera ecc.
 Attributi fisici: gli attributi fisici vengono utilizzati in maniera quasi uguale per entrambi e
sessi. Ma viene nuovamente confermata la tesi di Alma Sabatini: esiste una discrepanza tra
gli attributi usati per le femmine rispetto a quelli usati per i maschi. Tra gli aggettivi rivolti ai
maschi: sicuro, orgoglioso, avventuroso, saggio, audace, egoista, duro, generoso. Tra gli
aggettivi riferiti esclusivamente al genere femminile antipatica, pettegola, invidiosa,
apprensiva, vanitosa, smorfiosa, comprensiva, docile, dolce, innocente, ipersensibile.
 Attività preferite. I passatempi dei maschi sono: andare in bicicletta, ascoltare la musica,
cantare, suonare il flauto, suonare. I passatempi delle femmine sono: ammirare la natura,
fare pulizie, cucinare, disegnare.
 L’ambientazione: spazi maschili e femminili. I maschi sono onnipresenti, sia nello spazio
chiuso che in quello aperto. Quando la protagonista è una donna adulta, la storia è
ambientata nel 18% spazi aperti e 37% chiusi. Gli spazi chiusi sono parrucchiere, estetista.
Biemmi individua quattro anti stereotipi:

 La bambina vestita da maschiaccio


 La bambina atletica
 La bambina studiosa
 Una donna con la spada

Per i maschi due anti stereotipi:

 Bambino infreddolito e spaventato in mare


 Un uomo che cuce un calzino

Capitolo 4
Buone pratiche didattiche
Il progetto Polite
Il progetto Polite (acronimo di Pari Opportunità nei libri di testo) è un progetto europeo di
autoregolamentazione per l’editoria scolastica realizzato tra la fine degli anni 90 e i primi anni
duemila. Il progetto è stato cofinanziato dall’unione europea. Barbara Mapelli racconta che il
progetto è nato per orientare gli editori alla parità di genere, soprattutto in seguito agli
ammonimenti che la comunità europea riserva all’Italia. Il documento evidenzia e argomenta le
caratteristiche auspicabili di un libro scolastico attento all’identità di genere. Il codice di
autoregolamentazione non è un vincolo alla pubblicazione, sono gli editori stessi che stabiliscono
se aderirvi o meno. Il codice è stato firmato nel 1999. Gli obiettivi sono:

 Evitare di sottorappresentare le donne poiché il sessismo rappresenta la forma originaria di


ogni stereotipo
 Fornire rappresentazioni equilibrate delle differenze evitando di fare riferimento a presunte
propensioni innate di ragazze e ragazzi
 Evidenziare il contributo delle donne all’innovazione scientifica e tecnologica,
rappresentare entrambi i sessi in un’ampia varietà di situazioni in ambiti professionali
 Adeguare e aggiornare la scelta delle illustrazioni e ripensare al linguaggio.
La dichiarazione di adesioni al progetto Polite non corrisponde oggi a una significativa diminuzione
della presenza di stereotipi sessisti rispetto ai sussidiari che non hanno aderito all’accordo. Il
progetto ha visto coinvolte decine di scuole di ogni ordine e grado. Le tematiche legate alle
differenze di genere si propongono così come uno dei nodi più stimolati attraverso i quali costruire
percorsi didattici. In ogni progetto vengono specificati gli obiettivi, le modalità e i tempi. La forza
della narrazione con i suoi linguaggi multimodali trova terreno fertile nell’età dell’infanzia, dove il
bambino e la bambina sono grandi esploratori di sé, dell’altro e dell’ambiente. La scuola primaria si
presta a lavorare sul tema delle pari opportunità.
Sappiamo che un personaggio letterario o storico può essere preso a modello di comportamento e
può tramutarsi in mentore immaginario.
S.CO.S.S.E.
L’associazione S.CO.S.S.E., Soluzione Comunicative Studi Servizi Editoriali, è un’associazione di
promozione sociale nata nel 2011, si occupa di formazione e informazione, promuove letture
rispettose del codice di autoregolamentazione Polite.
Esporre i bambini a immagini prive di stereotipi stimola a cercare immagini dello stesso tipo nella
realtà.
Bomba libera tutti, stereotipi e differenze di genere
Nel 2013 una classe di quarta elementare di Pistoia ha creato un documentario “Bomba libera
tutti”, tratto da un percorso di riflessione sugli stereotipi. Nel documentario la scuola fa da
“sfondo”, in realtà riflettiamo sul vissuto generale che i bambini e le bambine hanno. Ciò che
vedono e assorbono in famiglia, ciò che viene proposto dalla televisione, ciò che ha contribuito a
dar loro una consapevolezza più o meno stereotipata della propria identità di genere. Il
documentario si apre con la domanda di una bambina “perché alla mostra non c’è un nome di
donna?”, ancora una volta una bambina fatica ad immaginarsi nel futuro, perché non trova modelli
che possano assomigliarle. L’educazione al genere è una pratica quotidiana fatta di piccole ma
significative attenzioni perché nascondono una precisa visione del mondo. Una visione del mondo
in cui uomini e donne hanno le stesse possibilità di accesso alle professioni ma hanno anche
inclinazioni, desideri, aspirazioni e talenti che possono essere molto simili.
Strade: femminile plurale
Ora parliamo di strade. Quelle che percorriamo tutti i giorni nelle nostre città.
A Firenze, su 2284 strade, 70 sono intestate a donne; a Roma, su 16057 strade, 600 sono intestate
a donne; a Padova, su 2180 strade, solo 59 sono intestate a donne.
I dati sono del 2013 e nello stesso anno Ciampoline Eliana, sindaca di Pistoia, accetta un progetto
proposto da rete 13 febbraio: un progetto di toponomastica femminile. I cittadini vengono invitati a
votare tra le biografie eccezionali di 30 donne. Si ha spesso la percezione che di donne ce ne siano
poche. In realtà, soprattutto negli ultimi due secoli, di donne con biografie fuori dall’ordinario che
hanno contribuito al bene della collettività ce ne sono, e sono state molte. Ma per ognuno di noi è
difficile ricordarsene perché i libri di storia non ne hanno parlato. Da questo progetto emerge come
un lavoro sui modelli femminili effettuato nelle aule scolastiche può avere risonanza pubblica
proprio perché coinvolge il vissuto di ognuno.
Curriculum nascosto e didattica delle discipline
Porre l’accento sul curriculum nascosto è importante poiché viene così intesa la trasmissione di un
sapere che si serve di tutto ciò che non è ufficiale. Il curricolo nascosto può trasmettere una serie
di messaggi che spesso rafforzano la stereotipizzazione di genere. La domanda non deve essere
cosa insegniamo ma come o insegniamo. Per affrontare le tematiche di genere occorre ripensare
alla relazione educativa. Le interazioni informali di studenti costituiscono uno degli aspetti più
importanti della socializzazione di genere e questo processo può essere presidiato dall’insegnante
che può fungere da esempio. La pedagogia di genere può aiutare gli insegnanti ad attivare un
processo di autoriflessione in ottica di genere.
Meria Serena Sapegno spiega che per poter articolare l’interrogativo su come insegniamo è
possibile individuare quattro aree fondamentali: il momento dell’autoriflessione, il linguaggio che
usiamo, il ruolo della supervisione pedagogica in ottica di genere e l’utilizzo di metodologie attive.
Aprirsi all’autoriflessione significa riconoscere che non siamo neutri di fronte al sapere, ma siamo
donne e uomini, portatrici di storie e biografie. L’obiettivo è sia riconoscere la relazione come
sessuata ma anche diffondere saperi attenti al carattere sessuato di chi li ha prodotti. Analizzare i
propri valori e i propri stereotipi interni è un passaggio fondamentale per promuovere una cultura
della parità, poiché il curriculum nascosto è costituito da silenzi, sguardi e toni di voce che possono
trasmettere messaggi che vanno al di là delle parole.
L’attenzione al linguaggio è un passaggio fondamentale poiché i termini apparentemente neutri,
come le professioni declinate al maschile, costituiscono un linguaggio androcentrico se utilizzati
per definire una persona di sesso femminile.
Un’altra dimensione consiste nel non parlare, nell’ignorare una situazione o se siamo permissivi nei
confronti di offese volte alla dimensione del genere. Il ruolo dell’osservazione partecipante è
fondamentale nel monitorare e orientare lo sviluppo di autentiche identità di genere. Alla luce del
percorso intrapreso risulta evidente che la scuola può fare molto in un’ottica di educazione al
genere. Il brainstorming, il circle time, il problem solving, il cooperative learning, sono tutte
tecniche che innescano processi virtuosi di partecipazione sul piano sia emotivo che di pensiero.
Un insegnante può utilizzare queste accortezze:

 Attraverso biografie eccezionali: modelli virtuosi sia maschili che femminili. L’importante
però è ricordare sempre il contesto storico che rendeva difficile alle donne l’accesso a molte
professioni.
 Attraverso la narrazione di esperienze personali, anche sotto forma di interviste, ove sia
possibile, di persone comuni appartenenti ai due generi.
 Scegliere i libri di narrativa seguendo i suggerimenti proposti dal codice di
autoregolamentazione Polite. E usare la stessa accortezza nella scelta dei libri di testo.
 Evitare alcune attività o passatempi tipici del femminile o tipici dei maschi. Il fatto che sia
un numero maggiore di maschi a fare quell’attività non significa che sia un’inclinazione
difficile da rintracciare per le femmine.
 Evitare di associare le esperienze di emozioni e i sentimenti ad un genere piuttosto che ad
un altro.
 Smontare, demistificare i luoghi comuni che spesso scaturiscono nelle espressioni degli
alunni e alunne nei momenti informali.
 Inserire una dimensione valoriale anche in discipline scientifiche.
Dopo aver evidenziato il “come” si insegna, osserviamo il “cosa” si insegna. Esiste un canone etico
nella trasmissione del sapere, che si snoda attraverso i programmi scolastici, soprattutto nelle
scuole medie e inferiori e superiori.
Il Settecento è un secolo in cui per la prima volta le donne hanno accesso alla scrittura, entrano a
pieno titolo nei salotti riservati al fare poesia, nasce il romanzo e le fruitrici sono soprattutto
donne. L’iconografia cambia e nelle rappresentazioni di interni appaiono donne lettrici, curiose
geografe, frequentatrici di biblioteche. Si può riscrivere una storia della civiltà letteraria del
Settecento alla luce di saggi, monografie, antologie scritte da viaggiatrici.
Non basta riservare dei paragrafi sui libri di testo riservati alla letteratura femminile, poiché questa
non è una parentesi a sé stante della storia ma uno degli importanti tasselli che contribuiscono a
costruire il pensiero del secolo stesso in termini di valori, credenze, produzione scientifica. Il
fenomeno delle donne che leggono è epocale.
Nella storia della tradizione può cambiare molto, quando a confrontarsi sono le donne. Si tratta di
avviare un processo di de-rimozione.
Quando pensiamo a cosa si insegna è importante tenere presente che il canone può essere
definito e che la canonizzazione è legata al maschile poiché si tratta di un prodotto storico.
Giochi
Il gioco del rispetto propone delle memotessere con 20 coppie di maschi e femmine che fanno lo
stesso mestiere. È uno strumento utile poiché il gioco può intervenire nella pratica educativa
informale, diventa così preziosa occasione di educazione al genere, contribuendo a fornire un
immaginario in cui non esistono lavoro preclusi al genere. Il gioco può anche essere costruito
artigianalmente sia dall’insegnante che dal gruppo classe.
Capitolo 5
Formare insegnanti
Formazione e trasformazione
Nel 2019, si è reso necessario istituire una commissione Parlamentare per il contrasto ai fenomeni
di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza.
Il razzismo è una discriminazione basata sulla razza. Chimamanda Ngozi Adichie scrive che tutti
comprendono immediatamente la gravità di una discriminazione basata sulla razza ma meno
quella basata sul genere. Se torna urgente affermare valori come l’antirazzismo e l’antifascismo,
conviene affermare pure le pari opportunità tra uomini e donne.
Stefano Ciccone ricorda che la violenza degli uomini sulle donne non è riducibile a mera devianza,
ma è espressione di un sistema di valori, di un modello di relazioni, di un’idea di sessualità che
deve essere posta al centro di una pratica collettiva di trasformazione. Ripensare ai modelli di
costruzioni dell’identità di genere permette per gli uomini e per le donne l’apertura di nuove
possibilità di relazione. Ma non bastano per leggere gli eventi. Il problema, infatti, sta nelle nostre
famiglie, nelle relazioni che abbiamo costruito. Le prostitute vengono definite “donne che si
vendono”, ma i loro clienti non hanno definizioni se non quella di clienti. Sembrerebbe una
rimozione del maschile, quando sappiamo che gli uomini sono i principali artefici del fenomeno. In
Italia gli uomini scelgono di pagare una donna per avere un rapporto sessuale senza la fatica di
sostenere una relazione. Questa immagine alimenta nell’immaginario maschile la fantasia di poter
scegliere le donne.
Le donne non fanno figli da sole. Gli uomini sono soggetti coinvolti nel fenomeno, eppure rimossi.
Includerli significherebbe porre attenzione a quella particolare relazione che ha dato origine a una
gravidanza indesiderata.
Ciccone parla di una nuova etica della cura. Una cura che segna un confine poiché impone di
prescindere dai propri desideri e bisogni per ascoltare i bisogni dell’altro. Una paternità diversa dal
pater familias ma nemmeno riducibile al mammo. Il maschile ha costruito l’idea della libertà intesa
come in-dipendenza: i miti maschili di libertà risultano legati a una condizione di solitudine. La
dipendenza della madre con il figlio neonato vede l’uomo come protagonista di una relazione che
gli consente di costruire uno spazio privilegiato. Secondo Ciccone questa ricchezza dell’uomo
rappresenta l’onnipotenza del materno, che segna la costruzione dell’identità di genere delle
donne.
La crescita individuale è sapersi sottrarre dallo sguardo dell’altro per rientrare nei territori
dell’interiorità. Una nuova cultura, una cultura della parzialità, può essere la prospettiva per
costruire nuovi rapporti tra uomini e donne. Donne e uomini sono più simili che diversi tra loro.
Sono simili se consideriamo le fragilità e la ricchezza dell’esperienza umana, se valorizziamo le
virtù.
Pedagogia ed educazione di genere
Con educazione di genere si intende l’insieme dei comportamenti, delle azioni, delle attenzioni
messe in atto quotidianamente, in modo più o meno intenzionale, da chi ha responsabilità
educativa in merito ai vissuti di genere, ai ruoli di genere e alle relazioni di genere dei giovani e dei
giovanissimi.
Spettacoli come Uomini e Donne, la pupa e il secchione, mostrano un certo modo, socialmente
apprezzato, di considerare i talenti: il corpo per lei e la mente per lui.
L’educazione di genere presente nelle nostre strade, non sottoposta al vaglio critico, crea
un’abitudine, immagini ricorrenti di femminile e di maschile, fino a insinuarsi nei giocattoli, nelle
filastrocche, nelle fiabe. Tutto questo concorre a formare i ruoli di genere, ossia le aspettative di
comportamento associate alla femminilità e alla maschilità. Gli stereotipi sessuali si basano sul
sesso biologico delle persone per spiegare comportamenti, tratti di personalità, ma anche
competenze e abitudini. Gli stereotipi sessisti sono la parte più violenta degli stereotipi sessuali
perché rimandano a una concezione negativa.
La pedagogia di genere procede a livello meta. La pedagogia di genere si occupa di rilevare i
modelli impliciti di bambini e di bambine cui quotidianamente fanno riferimento insegnanti,
educatori e educatrici e di osservare come questi modelli si riassumono nella pratica. Si occupa di
confrontare le istanze della tradizione con le più recenti acquisizioni sul genere. La pedagogia di
genere ha una lunga storia, partita dal concetto di uguaglianza tra i sessi, poi approdata agli studi
sulla differenza del femminile ed infine gli studi attuali, incentrati sul concetto di complessità. È
questo lo sfondo che caratterizza la formazione a mettere in discussione prospettive di significato
abituale dei sessi. Si tratta di una prospettiva epistemologica particolare in quanto vede la
formazione come una pratica di conoscenza e consapevolezza lontana dalla tendenza quasi
maniacale a fissare obbiettivi e metodi, a documentare. Prioritario è considerare la pratica come
una pratica di cura rivolta a sé, in grado di generare, grazie al gruppo, alla relazione, all’ascolto una
nuova comprensione nei confronti delle cose. Il benessere è ciò che ci consente di essere autentici
nel nostro lavoro: in sintonia con l’immagine che abbiamo di noi. È una formazione che potremmo
chiamare ermeneutica pratica: usare i saperi pratici, le conoscenze legate ai fatti della vita, per
renderli visibili e condivisibili. Considerare questa come una delle tante forme del sapere. Si tratta
di prendersi cura della propria formazione. La pedagogia di genere non è una pedagogia dei
contenuti, ma un’esperienza che si fa conoscenza attraverso l’incontro. Cambiare l’immaginario si
può. L’educazione di genere è un tema trasversale, fondativo di tutto il fare scuola. Ma ancora di
più, l’educazione di genere nelle scuole offre l’occasione di creare comunità unita, attraverso la
formazione di cittadini e cittadine.
Storie senza stereotipi
Storie senza stereotipi è un progetto nato nel 2019 in una scuola primaria di provincia e vede il
coinvolgimento di tre classi seconde e di una classe quinta. L’adesione è stata volontaria da parte
delle insegnanti. Il progetto si inserisce nell’istituzione scolastica agendo su due fronti. Il primo è
quello della formazione con gli insegnati, il secondo è quello è quello con i bambini. Il percorso
volto alle insegnanti vuole avviare una riflessione sul ruolo del docente all’interno dei percorsi
formativi, in riferimento alla costruzione e alla trasmissione di stereotipi e porre l’accento sul
curriculum nascosto: valutare l’esperienza di vita come forma di conoscenza che condiziona il
“cosa” si insegna e il “come”.
La sfida della scuola è educare per aiutare il soggetto a formarsi.
Il Novecento è testimone di un rovesciamento del teatro. Un teatro che privilegia il processo più
del prodotto, un teatro necessario, dove non vi è azione di gruppo senza un lavoro su sé stessi. I
modi di fare teatro a scuola spaziano dal gioco drammatico, alla narrazione, dal laboratorio, alla
messa in scena di testi autoprodotti.
Il teatro, nella forma della messa in scena costituisce uno spazio di finzione condivisa, dove la
posizione protetta dello spettatore consente una facile relazione con personaggi che
rappresentano anti stereotipi sociali.
L’importanza del corpo nell’azione teatrale lo sottrae a modelli di bellezza omologati ai quali sono
sottoposti anche i corpi di molti bambini. I nostri corpi sono il primo luogo in cui si gioca la
rappresentazione della differenza sessuale.
L’esposizione abituale a forme di arte teatrale sensibilizza i piccoli alla narrazione e all’estetica
teatrale.
Un tema fondamentale nella differenziazione per genere è l’espressione delle emozioni e dei
sentimenti: come vengono tollerati o valorizzati in base al sesso e come vengono sviliti o rimossi.
La rimozione dell’aggressività nelle donne è il risultato di un’educazione protrattasi per secoli.
Il percorso termina con le professioni declinate sia al femminile che al maschile con la realizzazione
di una sagoma di carta da vestire con la professione preferita. L’uso del linguaggio teatrale
potrebbe declinarsi in una metodologia laboratoriale. L’educazione alla teatralità dovrebbe inserirsi
nella vita scolastica sotto forma di un processo e l’esposizione a storie narrate con un linguaggio
teatrale. L’educazione al genere non può esaurirsi in interventi di persone esterne restituendo alla
teatralità una capacità trasformativa e non solo una funzione di intrattenimento, può essere uno
strumento utile per promuovere una cultura della parità.
ImPARIaSCUOLA
Il sito di ImPARIaSCUOLA è un serbatoio di strumenti. Strumenti per gli insegnanti, per gli educatori
e le educatrici e per i genitori. Per chiunque si interessi alla parità dei diritti tra uomo e donne, per
chi vuole proporre fiabe con ruoli non stereotipati. Il progetto “ImPARiaSCUOLA” si propone di
promuovere una cultura di genere e di valorizzazione delle differenze nelle scuole, con
un’attenzione specifica ai temi del lavoro e delle pari opportunità. Rivolto alle scuole primarie e
secondarie, il progetto prevede incontri di formazione e sensibilizzazione con docenti e genitori, e
la realizzazione di attività con alunne e alunni delle classi coinvolte. Nel sito si trovano video
realizzati con gli studenti, delle ricerche recenti nell’ambito universitario che trattano temi legati
agli stereotipi di genere, una filmografia per bambin e ragazzi e anche dei libri consigliati. Il cuore
del progetto è il lavoro con gli adulti, cercando di costruire un ponte tra insegnanti e genitori. Gli
incontri sono separati, hanno lo scopo di offrire strumenti didattici agli insegnanti. Gli incontri con
gli insegnanti sono 4. I primi due teorici e gli altri due pratici. In questo modo si vuole rendere
autonomo l’insegnante, poiché l’ottica di genere è un modo diverso di fare didattica, di relazionarsi
con la classe e strutturarla.
ImPARIaSCUOLA è nato nel 2010, su richiesta della consigliera delle Pari Opportunità.
Il progetto non può essere imposto, ma deve essere volontariamente scelto dagli insegnanti perché
ha a che fare con la propria identità.
Nella primaria ci si concentra sul tema dell’identità. Nel quarto e nel quinto anno si affronta anche
il tema dei ruoli in famiglia. Mentre nelle medie vengono svolte ricerche, discussioni di gruppo.
L’educazione di genere in altri paesi fa parte del programma ministeriale. In Italia si tratta di una
linea guida, quindi l’attuazione è a discrezione delle scuole e degli insegnanti.
ImPARIaSCUOLA è l’unico progetto presente nel Nord Italia che affronta nelle scuole il tema degli
stereotipi di genere nell’ambito della formazione. Nel Centro Italia è presente l’associazione Scosse
e il progetto Alice.

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