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                              Genere, sesso, cultura

                                  Uno sguardo antropologico

1. Dal sesso fondamento del genere...


<<Gli esseri umani di sesso maschile sono diversi dagli esseri umani di sesso femminile>>.
Secondo questa idea, al mondo vi sono due gruppi, due "tipi" di esseri umani che si distinguono per alcune
caratteristiche fisiche riconducibili alla conformazione dei loro organi sessuali. La forma maschile o femminile
degli organi sessuali è ritenuta determinante del nostro essere.

1.1
Inuit dell'Artico: l'anima-nome e "sesso sociale"
Nascere, tra gli Inuit, significa ritornare: ogni essere umanoè la reincarnazione di un individuo già vissuto in
precedenza. Capita che a un essere umano nato con un sesso femminile venga dato il nome portato in
precedenza dal nonno, poichè chi nasce non è una bambina, ma il nonno stesso; tuttavia il sesso non è un
dettaglio trascurabile. E' in base all'anima-nome e all'identità che questa aveva avuto in vita che la persona
appena nata verrà educata. La maggior parte degli individui il cui sesso non concordava con quello dell'anima-
nome avevano un destino diverso da coloro che avevano anima-nome e sesso concordante. Queste persone
venivano educate secondo canoni di comportamento e di posizione sociale diversi da quelli a cui sarebbero
appartenute stando al sesso fisico "appartenente".
Il mutamento non era indolore nè accettato di buon grado. L'identità personale era sottoposta a trasformazioni
traumatiche e difficili da assorbire.

1.2
Sesso e genere: prime notazioni
Il caso degli Inuit ci suggerisce alcune considerazioni: si può nascere con un sesso femminile ed essere educati,
considerati e riconosciuti maschi e viceversa. Il modo in cui si è educati è essenziale. Bambole e automobiline
sono prefigurazioni di ambiti sociali , i "sessi" sono categorie di appartenenza a cui si è assegnati con la nascita.
Le caratteristiche che sono attribuite al gruppo entro il quale siamo fatti appartenere diventano parte di noi,
della nostra identità. Questo è il genere: un insieme di attributi, caratteristiche psico-attitudinali e
comportamenti che si ritengono adeguati    ad un uomo o ad una donna.Ciò che fanno gli Inuit invece è di
educare i nuovi nati secondo il "genere" dell'anima-nome.
Essere uomini o donne non significa avere un sesso maschile o femminile, essere uomini e donne è il
convergere delle proprie esperienze e della percezione del mondo. Il caso Inuit ci pone di fronte ad un fatto
nuovo, cioè che il sesso non determina il genere.

1.3
"Genere, "genre": traduzioni approssimative del termine "gender"
La denominazione di "genere" è frutto degli studi di scienziate sociali statunitensi e inglesi (Oakley; Rubin).
"Genere" comprende significati: relativi alla tassonomia e all'organizzazione gerarchica, in riferimento alle
scienze naturali e relativi al piano linguistico.
Anche con la parola "genre" francese si rischia di cadere in una profonda ambiguità come per "genere" , ri-
biologizzando il termine ed espropiandolo del proprio effettivo significato.
"Gender" mette in rilievo soltanto la derivazione grammaticale, pertanto ciò che in italiano e in francese è
espresso con una sola parola, in inglese è spartito in 3 termini, eliminando cosi il rischio di sovrapposizioni tra
genere letterario, raggruppamento biologico e categoria linguistica.

1.4
La nozione/categoria di genere
Il genere evidenzia l'elemento sociale e culturale, arbitrario, rispetto a quello "naturale" rappresentato dal
"sesso". Il termine "genere" (gender) dunque ha contenuto ed espresso l'idea di asimmetria e di gerarchia. Il
carattere arbitrario delle differenze tra sessi/generi diventa il punto di partenza per una critica all'assetto sociale
degli status di donne e uomini. Ad esempio lo status degli uomini è piu alto di quello delle donne, nella
medesima società. "Genere" indica le divisioni e le disuguaglianze che esistono tra i due gruppo sociali
rappresentati da donne e uomini.

1.5
La costruzione di uno spazio fisico e sociale improntato al genere: i
Kanaki della "Grande Terra"
Nella società Kanak, abitanti della Nuova Caledonia, il genere funziona come una dimensione organizzatrice
dello spazio, delle attività, delle colture e di ogni altro elemento della vita.
Il dualismo sessuale impregna di sè ogni atto e aspetto, che altro non è se non una mescolanza del sangue
materno e di quello paterno, che convivono all'interno di ciascun corpo come parte maschile e femminile.
L'essere umano si forma, stando alle idee kanak, nel secondo mese di vita intrauterina. Il suo riconoscimento
sociale avviene dopo la nascita, quando sia caduto il cordone ombelicale.
La differenziazione dei generi è costruita dai Kanaki proprio a partire da una serie di idee sulla contaminazione
originata dal sesso femminile.Tuttavia, il compito materno delle donne è altamente valorizzato a livello sociale,
e anche nella vita personale di ogni donna, per le quali essere donne equivale ad essere madri. Il valore sociale
dell'uomo e della sua persona è affermato fin da prima della nascita e non è legato all'essere padri. Ciò che
costruisce la maschilità sembra essere la continua e ripetuta affermazione del valore, della forza e del potere
degli uomini nei confronti delle donne. Le donne devono tenere comportamenti di sottomissione. Gli uomini si
fanno rispettare riempiendole di botte e stuprandole , data l'assenza di sanzioni verso le sevizie sessuali.
Le reazioni delle donne erano ammesse soltanto nel caso in cui la violenza fosse avvenuta in casa e consisteva
talvolta nell'uccisione dell'uomo.

1.6
Riproduzione biologica, riproduzione sociale
L'elemento centrale su cui poggia la concezione del sesso è la riproduzione degli esseri umani. L'antropologo
Robin Fox elenca quattro principi fondamentali:
- che le donne hanno bambini
- che gli uomini le fecondano
- che gli uomini abitualmente esercitano il controllo
- che i parenti in relazione primaria non si uniscono tra loro
Fox, sostenendo che i primi due principi sono banali, non discute la concezione naturalistica su cui essi posano.
Ovviamente la sua è un opinione improntata su disuguaglianze nei rapporti tra uomini e donne dettate dalla
società.
Secondo la famosissima antropologa Paola Tabet, è vero che le donne abbiano i "mezzi naturali" per poter
concepire e partorire, ma il mettere al mondo i figli è qualcosa di diverso da un evento che sia esclusivamente
naturale. La procreazione è un evento sociale, ed è quindi suscettibile di variazioni e modifiche. La riproduzione
è sottoposta ad una serie di manipolazioni sociali. (pratiche anticoncezionali, ricorso all'aborto, tecniche di
riproduzione assistita ecc.)
Tabet rivede molte nozioni che si rivelano essere inconsistenti luoghi comuni: a cominciare da quelle di
"fecondita naturale", totalmente smentite : "per procreare sono necessari due individui"
Il saggio della Tabet mette allo scoperto la scarsezza di interesse teorico che gli antropologi hanno accordato
alla procreazione. Ignorare o trascurare lo studio di un aspetto così centrale è permettere appunto che visioni
come quella di Robin Fox continuino ad essere divulgate.
Anche il matrimonio si inserisce a pieno titolo tra i dispositivi che "creano" disparità sociale. Si tende a pensare
che l'uomo prevalga sulla donna quando in realtà nel matrimonio viene celata la dipendenza dei mariti dalle
mogli in quanto madri e dispensatrici di servizi. Infine anche l'acquisizione del cognome del marito da parte
della donna è un chiaro segno della perdita di un proprio carattere distintivo.

1.7
Inurbamento e adozione tra i Baule
I Baule della Costa d'Avorio pensano che una madre debba essere fornita di talento e di predisposizione. Questa
concezione si concretizza nella pratica delle adozioni, un passaggio di bambini che avviene tra donne, tramite
affidamento temporaneo o adozione permanente. L'adozione baule rispecchia quel carattere di forte mobilità
che ha contraddistinto la storia recente e passata di questa popolazione.
I Baule offrirono allo sguardo dei colonizzatori un sistema di relazioni tra sessi che riconosceva alle donne
prestigio e potere, economico e politico. Uomini e donne, lavoravano la terra da loro posseduta. Alle donne
spettava non soltanto parte dei prodotti, ma anche parte dei ricavati. Le azioni di guerra erano riservate agli
uomini, ma i rituali di preparazione erano di pertinenza femminile.
I Baule sono senza dubbio il gruppo più influente dal punto di vista politico-economico della Costa d'Avorio. Per
i Baule essere soli significa essere ostacolati nel raggiungimento del successo e della ricchezza.
Le donne, come sopracitato, ricoprono un ruolo fondamentale nella societa Baule, e talvolta non hanno tempo
nè il desiderio di accudire e di seguire i propri figli, pertanto li lasciano in adozione a donne sterili o
semplicemente disposte a crescerne.

2. ...al genere modello del sesso

2.1
Sesso biologico e genere sociale?
Si va oltre la separazione tra biologia e sociale, che in realtà non sono opposti e separati, ma in rapporto più
complesso; il GENERE è ora considerato modello per determinare il SESSO, la cui 'naturalità' viene messa in
discussione.
Tutto ciò che veniva affermato sul genere veniva surrettiziamente (circostanza che viene taciuta
intenzionalmente) ricondotto a basi 'naturali' (= il sesso biologico); le studiose hanno svelato che invece una
cosa è il sesso biologico e una cosa il costrutto sul genere, che è faccenda sociale (e funzionale al predominio
maschile etc.).
Questo è stato molto utile, ma è stato perso il rapporto ben più complesso tra biologia e socialità, che non sono
due cose separate e opposte. Tra l'altro ci si preclude di intervenire su quanto è considerato naturale

2.2
Il fondamentalismo del sesso: analisi critica
Il dimorfismo dei sessi/generi è imputabile alla atura e comporta simultaneamente differenze
naturali e socio-culurali tra la femmina e il maschio umani. In questa concettualizzazione sesso
precede genere ed è l'antecedente fecondativo della differenza.
I risultati della ricerca in biologia non negano che esistano differenze tra individui, ma inducono a
pensare che queste differenze non siano riconducibili a due categorie distinte.
La scienza non è stata affatto neutrale, ha sempre ricercato conferme di idee preconcette, ad es.
cercando un unico fattore alla base dello sviluppo delle gonadi in testicoli, peraltro non trovandolo
mai: bisogna arrendersi ed ammettere che i fattori sono multipli. Infatti ha    tautologicamente
definito 'non naturali' i dati di fatto (individui intersessuali, es. maschi XX) come anomalie, e la
sterilità come una patologia. La ricerca ci consegna uno schema tutt'altro che defninitivo per
quanto riguarda la differenza sessuale.

2.3
La costruzione della maschilità tra i Sambia della Nuova
Guinea
Orticoltori (donne) e cacciatori (uomini) con organizzazione sociale fondata sull'agnazione,
residenza patrivirilocale, spazio 'generizzato'. C'è grande enfasi sulla maschilità intesa come forza,
e viene costruita con una iniziazione in 6 fasi dagli 8 anni, quando i bambini vengono allontanati
dalla casa per separarli dalle donne,    i contatti dei bambini maschi con la madre sono considerati
fortemente contaminanti.
Il culmine del diventare uomini è il diventare padri. La supremazia maschile sulle donne (inferiori
e contaminanti, di cui si insegna a diffidare) è sempre ribadita.    i contatti dei bambini maschi con
la madre sono considerati fortemente contaminanti
Pensano che le donne nascano già in grado di svilupparsi completamente, mentre gli uomini
devono prima essere separati per sempre dalla madre e poi essere mascolinizzati ritualmente (una
pratica ripetuta l'incorporazione ritualizzata del seme (per fellatio), senza la quale avrebbero il
contenitore per il seme ma non potrebbero produrlo.

2.4
Un sesso, due sessi.
Politica di genere e mutamento storico
Nel XVII secolo, nelle società europee persisteva la concezione del periodo ellenico seconda la quale esisteva un
unico sesso, che si realizzava in due forme in forza del maggiore o minore "calore" dell'individuo. Il sesso
perfetto era quello maschile.
Secondo il vecchio modello, uomini e donne sono disposte lungo un'asse verticale, il cui punto più alto è
maschile. Uomini e donne condividono un corpo unico, più o meno perfetto. Il sesso è uno solo mentre i generi
sono due, e divisi in modo nettissimo. L'appartenenza all'uno o all'altro genere è un marchio per il proprio
status sociale. Fino agli inizio del Settecento dunque esisteva una rigida e assoluta divisione sociale, con
posizioni sociali e politiche decise sulla base del sesso anatomico, che dunque era il "marcatore" del genere.

2.5
Verso una conclusione sociologica: genere precede sesso
L'ipotesi che il sesso sia l'antecedente del genere non tiene più, e dato che la corrispondenza tra sessi e generi è
troppo frequente, l'ipotesi che non ci sia una relazione dev'essere scartata.
La corrispondenza di fatto esiste, ed è tale per cui è il genere che precede il sesso: i due sessi sono il risultato di
un'ottica di genere. Il sesso è l'epifenomeno (fenomeno secondario), mentre il genere è primario. Ciò che viene
determinato dal sesso non è la natura a dirlo, è la società .
Non si può più far dipendere posizione sociale e politica dei due sessi/generi da cause inscritte nella "natura" di
ciascuno di essi. L'idea stessa di natura diventa qualcosa di non definito. E' evidente che la differenza è
costruita, ed emerge con chiarezza che non è la differenza a creare la gerarchia, ma sono la gerarchia e
l'asimmetria a creare la differenza: sono le differenze importanti a livello sociale e politico che decidono
storicamente le differenze e le identità.
La differenza tra sessi/generi non è che un modo per imporre, esercitare e mantenere il dominio politico,
economico e sociale, simbolico e materiale sulle donne in quanto gruppo sociale da parte degli uomini in
quanto gruppo sociale.
Durante l'arco di tutta la storia dell'uomo avviene qualcosa di fondamentale, vale a dire che la relazione di
dominazione/subordinazione passa da uno stato palese (quello del passato), esibito, ad uno stato occulto.
La gerarchia, risultato di intervento sociale, diviene qualcosa di diverso da ciò che realmente è: le relazioni
gerarchiche presenti nel nostro stesso modo di pensare non sono affermati come tali, ma come il frutto di un
ordinamento naturale. La gerarchia in quanto meccanismo sociale funziona opponendo due termini
appartenenti ad un medesimo insieme, e disponendoli in relazione asimmetrica.

2.6
Genere: potere, politica e mutamento sociale
Joan Scott, storica si pone l'obiettivo di estendere l'analisi del genere al di là delle aree in cui i rapporti tra
uomini e donne si esplicano concretamente. Il concetto di genere come scrive Scott, è stato ritenuto inadeguato
alla descrizione di guerre, politica tra Stati, diplomazia, ambiti considerati estranei alla sfera dei rapporti tra
sessi/generi.
In un saggio intitolato "Gender: A Useful Category of Historical Analysis" Joan Scott formula una definizione di
genere, radicandolo nell'attività sociale, politica, economica dei due generi: "si basa su di una connessione
integrale tra due proposizioni [...] : il genere è un elemento costitutivo delle relazioni sociali fondate su una
cosciente differenza tra i sessi, e il genere è un fattore primario del manifestarsi dei rapporti di potere."
Nell'articolare la seconda parte della definizione, Scott procede in senso più teorico: il genere "è un terreno
fondamentale all'interno del quale o per mezzo del quale viene elaborato il potere" e costituisce il riferimento
su cui si fonda e si struttura ogni forma di vita sociale, simbolica e concreta.
L'analisi storica ha la possibilità e il compito di ricostruire e decostruire, i modi in cui il genere crea e legittima i
rapporti sociali, e con ciò mostrare i "modi particolari e contestualmente specifici in cui la politica costruisce il
genere e il genere la politica".    Scott si chiede in che modo potranno mutare le cose, se politica e genere si
rafforzano a vicenda.
La risposta può essere rappresentata da "le lotte politiche" e la "resistenza" di donne che non accettano la
discriminazione.
Anche in Bordieu la dominazione di genere ha un'estensione pari a quella della esistenza stessa, insinuandosi in
ogni ambito e livello. Ogni azione non può che rafforzare l'ineguaglianza; non si ha coscienza della dominazione,
dal momento che la percezione stessa p modellata a partire da una realtà gia strutturata sul dominio. Nel saggio
di Bordieu le donne non hanno reazioni, resistenze, difficoltà che esprimano il disagio, la sofferenza,
l'umiliazione che un tale sistema di genere/sesso dovrebbe provocare; esse non possono che acconstentire e
partecipare.

2.7
Genere/sesso e identità: teorie a confronto
La nozione di genere, e il suo rapporto con il concetto di sesso, rimette in discussione il concetto di "persona".
La letteratura antropologica si era concentrata soprattutto sulla nozione di persona, senza ulteriori
specificazioni; gli studi mettevano in luce come il concetto di persona con cui l'etnografo/a pensa e descrive è
esso stesso da (de)costruire, poichè diverso da società a società.
Studi recenti di provenienza post-modernista tendono a criticare la nozione di genere proprio perchè
costituirebbe un "sociologismo", che reifica le relazioni sociali, diventando la base della realtà individuale e
sociale. Il genere costituirebbe una sorta di processo sempre uguale che produce schemi non solo di divisione e
dissimmetria sociale tra sessi, ma anche di corporeità e identità personale.
Queste posizioni sono contrastate soprattutto da parte di alcune studiose femministe, le quali mettono in rilievo
che il processo di differenziazione su base sessuale che il genere opera, costituisce due gruppi di persone,
uomini e donne, i quali si percepiscono come un soggetto unificato.
Nella misura in cui questo movimento destabilizza concezioni di scienza e di società esistenti, e si pone come
antiteoria, come antiscienza, negando l'esistenza di un ordine sociale e di soggetti distinti, implica una "logica
della disintegrazione". Il valore del decostruzionismo risiede nella sua capacità di mostrare altre vie, la faccia
nascosta dei processi sociali e culturali.
In particolare, le analisi di Nicole Claude Mathieu si pongono sulle modalità con cui si rapportano sesso e
genere nel costruire l'identità di sesso/genere e la persona sociale. Mathieu distingue tre modi di
concettualizzare l'identità, che corrispondono a tre modi di relazione tra sesso e genere:
1) il sesso è il referente principale, e corrisponde all'identità individale.
2) il genere è il referente principale dell'identità, e il sesso è un modo "sociale" di distinguere due categorie fisse
e chiuse di persone.
3) il referente principale è l'eterogeneità (presenza di elementi di diversa natura o qualità nella costituzione di
un tutto) di sesso e genere.
2.7.1. Il genere e la "persona"
Il diverso trattamento tra maschi e femmine è palese, e sancito in atti formali di Stati giuridicamente costituiti.
La questione si pone diversamente per quanto riguarda popolazioni che non abbiano codici e leggi scritte, ma
soltanto un diritto consuetudinario che regola i rapporti tra le persone. Le donne non sono ascoltate, se non
come soggetti passivi, oggetti del discorso identitario.
Il tema delle concettualizzazioni della "persona" nelle diverse società è troppo vasto per poterne discutere
adeguatamente. Soltanto da poco tempo antropologhe e antropologi hanno cominciato a porre attenzione alle
modalità con cui le varie società indicano e rappresentano ciò che è un essere umano dal punto di vista del
genere. Sono così venute alla luce complesse trame di identità personale e concettualizzazioni dell'essere
umano. Nella costruzione della qualità umana, e della persona, in molte società esiste un doppio registro che
assgna statuti umani diversi a donne e uomini, e in generale sono gli uomini a godere pieni diritti sociali e
umani. La ricerca procede dunque mettendo in luce nozioni di identità di genere complesse e contraddittorie, e
modelli multipli di genere.
Cecilia Busby mette a confronto le concezioni di persona che si riscontrano nel sud dell'India con altre dell'area
melanesiana:
1) sud dell'India: Uomini e donne sono chiaramente maschi e femmine, ma dimostrano e mettono in atto
questa differenza nel modo più evidente nelle transazioni tra loro.
2) Melanesia: La persona è pensata come aggregazione di parti corporee che hanno un carattere maschile o
femminile, un modello di persona androgina "scomponibile, divisibile", con un'identità di genere che è
mutevole.

2.8
Sesso, identità collettiva e identità di genere tra i Vezo del Madagascar
L'intreccio tra identità etnica e identità di genere diventa di particolare importanza nell'etnografia dei Vezo,
(lavori di Rita Astuti)    popolazione del Madagascar. I Vezo sembrano rimettere in discussione ciò che sembra
valere per molte delle altre popolazioni del mondo. Rospetto ad identità e di persona dei Vezo ci offrono
prospettive flessibili, mutevoli.
I Vezo sono pescatori e commercianti di pesce, abili costruttori di canoe: "gente che lotta con il mare e vive sulla
costa". Fin da piccoli, bambini e bambine vezo imparano a nuotare, una delle caratteristiche dei Vezo; le donne
soprattutto commerciano il pesce, ma sanno condurre una canoa e pescare come gli uomini. Le particolarità di
questa identità vezo sono il fatto che si acquisisce e che è performativa. Diventare vezo significa infatti imparare
a fare qualcosa considerato vezo. I tratti distintivi dell'identità collettiva si imparano acquisendo delle
conoscenze relative al navigare, al mare, alla pesca. Chiunque può diventare Vezo.
L'identità veza è fluida, attiva, momentanea. E' qualcosa che si è nel presente, che si costruisce con il saper fare
e si può anche perdere del tutto. L'identità corrisponde ad un fare, e non ad un avere certi parenti o ad un
essere qualcosa di permanente.
L'identità vezo è indifferentemente maschile e femminile, cioè non generalizzata. Cio non significa che nella
società vezo non vi siano differenziazioni di genere. In alcuni campi è d'importanza cruciale esser uomo o
donna, e uno di questi è la procreazione.
Mentre si afferma l'identità tra sessi/generi, se ne decreta al contempo la differenza; nella loro concezione
dell'essenza corporea, donne e uomini si equivalgono; e tuttavia le differenze di genere esistono.
Ma allora perchè, Rita Astuti, i Vezo, la prima cosa che fanno è quella di gridare: <<E'un bambino/a !!>> ,
quando un essere viene al mondo? Perchè annunciare che un neonato è un bambino o una bambina è di fatto
la sola cosa che si può dire di quell'essere.
Nella società Vezo quindi il sesso non è assunto come base per l'attribuzione di valore alle persone, e    avere un
pene o una vagina non da luogo ad una distinzione sociale e politica.
La loro concezione di persona, di identità atnica e di genere è non-essenzialista.

3
IL GENERE E MARGARET MEAD.
UNA METAETNOGRAFIA
Ogni attività umana è influenzata dall'ottica di genere presente nelle varie società.
L'antropologia è uno dei tanti luoghi in cui si mettono in atto rapporti tra persone che sono improntati al
rapporto e alla gerarchia e ovviamente all'appartenenza di genere.
L'antropologia partecipa alla produzione di una forma di conoscenza che non è esente da un determinato
assetto di rapporti sociali tra sessi. Invece gli studi che ignorano il genere, risultano parziali e lacunosi,
poichè questo è una dimensione cruciale delle relazioni sociali tra uomini e donne.

3.1
Il "caso" Margaret Mead in una prospettiva di genere
Esistono almeno tre aspetti per cui è significativo approfondire il rapporto tra Mead e le questioni del
genere.
- Il primo riguarda il fatto che Mead è tra gli antropologi la prima a dedicare la ricerca sul campo
all'indagine sulle differenze tra sessi. L'ambito di studi si stabilisce con le sue opere sulle adolescenti
samoane, sui bambini manus, sugli Arapesh, Mundugumor e Ciambuli. Sono questo etnografie, che
pongono al centro dell'analisi la collocazione degli individui considerati a partire dal loro essere
socialmente uomini o donne.
- Il secondo ambito problematico concerne il fatto che Mead, apparteneva al suo tempo e quindi ne
condivideva gli aspetti di genere, ideologici e percettivi che non constestava nè discuteva. I movimenti
suffragisti erano alle spalle ormai e più di una volta prese le distanze dal femminismo, sebbene
appartenesse alla scuola di Boas, che aveva come obiettivi la messa in discussione della nozione di "razza".
- L'ultimo aspetto significativo lo troviamo nei modi in cui la tradizione critica ne ha trattato l'opera e la
figura.

3.2
Antropologia e tematiche di sesso/genere
Inizialmente la documentazione antropologica su uomini e donne veniva utilizzata nelle diverse società per
avanzare ipotesi riguardo all'origine della civilizzazione.
Nel periodo evoluzionista, gli antropologi avevano dibattuto a lungo circa l'esistenza di uno stato
primordiale, in cui le donne avrebbero dominato e governato fino ad un presunto rovesciamento di fronte,
in cui gli uomini avrebbero preso il potere.
In un periodo successivo si colloca il lavoro di Parsons e di altre allieve di Boas, che si erano interessate dei
problemi delle differenze sessuali. C'è voluto un secolo perchè apparisse un saggio teorico di un
antropologo sul rapporto che c'è tra appartenenza tra genere/sesso e lavoro etnografico. Il parametro di
appartenenza di sesso/genere, fondamentale rispetto sia all' "osservatore" che agli "osservati", era
totalmente ignorato dal punto di vista teorico nella ricerca.
Il rapporto tra antropologia e genere è assai contraddittorio. L'incapacità a recepire l'importanza del
genere e perfino a riscontrarlo nei processi del sociale non dipende dalla preparazione o dal talento e
nemmeno dalle loro qualità empatiche. Dipende invece dalle modalità con cui il genere si presenta o si
nasconde.

3.3
Il "carattere sociale" di uomini e donne in tre società del
Pacifico: Arapesh, Mundugumor, Ciambuli
Nelle tre popolazioni studiate, due di esse non presentano differenze di temperamento tra uomini e
donne, pur presentando modalità opposte (in una tutti dolci e armoniosi, nell'altra tutti violenti e
aggressivi), mentre nella terza le differenze ci sono, ma invertono quelle che ci aspetteremmo (e che erano
considerate naturali: qui le donne sono attive, sicure, allegre e gli uomini passivi, isterici, musoni).

A. Arapesh, parità apparente ma netta divisione del lavoro e differenza simbolica,


temperamento uguale in donne e uomini.
Orticoltori e allevatori, domina un atteggiamento comune di armonia e collaborazione. Apparente
parità nell'occuparsi di sostentamento etc. ma separazione (donne contaminanti) e rigida divisione
di compiti nel lavoro.

B. Mundugumur, cannibali violenti con stratificazione accentuata.


temperamento uguale in donne e uomini.
Razziatori e violenti, tutte le relazioni sociali aggressive, forte stratificazione, poliginia, discendenza
'a corde' (gruppi parentali padre-figlia-figli della figlia-loro figlie-....., idem per la madre; fonte di
attriti). Entrambi i sessi di temperamento altrettanto violento e maldisposti verso i figli.

C Ciambuli,
differenza di temperamento, ma in modo inverso rispetto a noi.
Vivono separatamente, le donne in case comuni. Sono le donne a produrre, e a vestire in modo
spartano, gli uomini hanno attività artistiche e rituali, si agghindano.
Però detengono il dominio politico. Il più importante rituale di iniziazione era la caccia di teste (in
seguito al colonialismo si andavano a comprare vecchi e bambini...).
L'aggressività maschile e la passività femminile non hanno fondamento naturale. Non è il carattere (es.
passività), che determina/giustifica la discriminazione. Da qui in poi sesso e genere restano concetti separati.
Tanto più rilevante in quanto l'ottica di Mead non aveva messo inizialmente in discussione l'ottica della sua
epoca, che condivideva. Ma i risultati erano in anticipo sui tempi, e furono generalmente discussi e rifiutati

3.4
Le tematiche di genere nell'opera di Mead
La critica che fu mossa alla Mead fu che ella possa aver creduto che non esistessero differenze dei sessi.
Prima di questo lavoro accurato, la questione del sistema di sesso/genere non apparteneva alla
discussione antropologica; i resonconti etnografici si basavano ancora sugli uomini, e le donne non
avevano alcun rilievo. Merito di Mead è proprio aver posto la questione delle differenze in una cornice
esplicativa nuova, quella dei sessi come costrutto sociale.
Sesso e temperamento, opera di Margaret Mead, era il resoconto di una ricerca condotta in Nuova Guinea.
Accostando le descrizioni delle tre società, riuscì a mettere in grande evidenza la variabilità sia della scelta
dei comportamenti e dei caratteri che ogni società considerava consoni a ciascun sesso.
Nel progetto, come detto precedentemente, non vi era alcuno intento ricollegabile ai movimenti
femministi.
Secondo l'antropologa, la differenza non risiede in qualita naturali innate, ma nelle convenzioni culturali e
sociali che ogni società riconosceva come sue. Nonostante la Mead avesse davanti agli occhi donne che
pescavano, commerciavano e si prendevano le responsabilità, si accorse che queste occupavano una
posizione inferiore rispetto agli uomini che prendevano ogni decisione di carattere socio-politico. Benchè
forti, responsabili e decise non avevano controllo su nulla.
Il lavoro di Mead mostra che non esistono basi biologiche o naturali per la discriminazione sociale operata
verso le donne e fornisce un apporto fondamentale per gli studi che operarono la separazione
sesso/genere.

3.5
Una donna che scrive cultura: Mead e la critica
Fino a poco tempo fa è stata trattata in modo molto contraddittorio, fino alla stroncatura personale con
beceri attacchi alla sua credibilità (inesperienza, debolezza, troppo romanzesca etc.). E' stata persino
accusata di occuparsi di sesso (argomento pruriginoso e indegno dell'antropologia) per attrarre i lettori.
Venne contrapposta all'autrice Ruth Benedict : alla Mead venne accreditato uno stile impressionistico,
lontano dagli studi antropologici; mentre alla Benedict uno stile rigoroso e scientifico e additata come
unico punto di riferimento.

3.5.1. La controversia su Samoa: il genere come terzo attore tra Freeman e Mead
Freeman contro "L'asoloscenze in Samoa":
1) metteva in dubbio che l'etnografia di Mead fosse stata condotta in modo corretto dal punto di vista
professionale;
2) sosteneva che i dati su cui si basavano le conclusioni erano errati, dovuti ad una documentazione falsa;
3) affermava che l'intero progetto rispondeva non a criteri scientifici, ma ideologici.
Si accese una "controversia su Samoa", durata almeno dieci anni.
Mac Marshall offre perfino la possibilità di vedere all'opera l'uso del pregiudizio di genere nella critica,
descrivendola <<giovane, piccola, esile..>> poichè all'epoca le donne venivano giudicare per il loro aspetto
e non per le doti intellettuali.
Il pregiudizio di genere peraltro ha impedito anche a lei di riconoscere e/o annotare il carattere violento
della sessualità a Samoa, giacchè completamente estranea alla violenza strutturale contro le donne della
sessualità degli uomini.

3.6
Dalla differenza tra i sessi al "problema delle donne"
Nell'epoca successiva agli studi di Mead la differenza sessuale viene ignorata.
E' necessario arrivare ai primi anni Settanta perchè si ripresenti la discussione sulla differenza sessuale. Non
mancarono studi in cui si descrissero entrambe le categorie sessuali, mettendo in rilievo le differenti posizioni
nella società di uomini e donne. L'antropologia comunque tratta con metodi diversi i membri delle società che
studia e descrive; spesso si tratta delle donne in capitoli a parte, separati dalle descrizioni in cui si discute e si
analizza la società.

4
Contro l'androcentrsimo.
Il progetto critico femminista in antropologia
Alla fine degli anni Sessanta appare chiaro che fino ad allora le donne erano state invisibili nella descrizione e
teoria della società, a causa della prospettiva androcentrica adottata da etnografi ed antropologi.
Un esempio è la cancellazione dell'influenza sociale e politica delle donne nella tribù Seneca (degli indiani
Irochesi) da parte dell'avvocato Morgan (1851) che afferma che la donna è considerata e si considera inferiore,
ma ciò palesemente in contraddizione con i suoi dati; il loro potere politico era preminente benché non
governassero in prima persona, ciò è da ricondurre alla sua forma mentis (l'esperienza del suo contesto sociale
determinato dal genere) che gli aveva fatto delimitare il contesto in base ai rapporti di genere, e delineare un'
interpretazione di quella cultura coerente coi suoi presupposti.

4.1
La critica femminista alle scienze sociali
Il percorso che porta all'emergere della categoria di genere è contraddistinto da due fatti:
1) la constatazione che nel discorso sociale è assente qualunque considerazione delle donne
2) l'impegno a reintegrare le descrizioni dei fatti sociali con studi mirati, che implica una ricerva su tutto quanto
vivono le donne nelle varie società.
Protagoniste di questa revisione sono le studiose femministe, che formulano una serie di ipotesi sulla questione
femminile. Si tratta di un vasto programma che si traduce negli women's studies prima e successivamente negli
"studi di genere".
Negli "women's studies" si studiano le donne per ridiscutere e reintegrare le prospettive teoriche delle scienze
sociali. Se ancora oggi si registra un accanimento rispetto alle questioni del genere/sesso nelle scienze sociali, è
solo immaginabile la censura a cui furono sottoposte le donne che si occuparono degli studi di genere.
Nell'intento di trovare i fondamenti dell'ineguaglianza e della discriminazione si cominciò a scavare più in
profondità, mettendo in discussione le fondamenta della conoscenza, affidandosi ad un approccio
epistemologico.
Il progetto femminista si basava sulla constatazione che quando nelle ricerche si parlava delle società in
generale, si intendeva in realtà parlare soltanto di ciò che fanno gli uomini. L'oggetto delle scienze sociali non è
soltanto criticabile, ma dunque anche parziale; il discorso scientifico improntato sulle diverse culture diventa
cosi "particolarista", giacchè si occupa di una particolare cerchia di persona per cultura.
Si studiano le donne non per un'attenzione esclusiva verso di loro, ma per reintegrare e rimettere in una
prospettiva corretta il discorso scientifico. Ciò che vengono realmente ridiscusse e studiate, non sono le donne
ma le relazioni tra quest'ultime e gli uomini.

4.2
"Il problema delle donne"
al cuore della problematica antropologica: il dibattito di Arender-Mathieu
L'argomento del diverso trattamento dei sessi acquista visibilità grazie al saggio "Belief and the Problem of
Women" di Edwin Arender. Parte della sua risonanza è dovuta anche alla pronta reazione con cui Nicole Claude
Mathieu rimandò le problematiche al mittente.
La posizione di Arender è complessa, e pone il problema delle donne come il punto di défaillance
dell'antropologiam sostenendo che:
1) in etnografia, si tende ad escludere le donne come informatrici;
2) questo accade perchè gli antropologi sono convinti che esse siano escluse dai livelli di gestione della società a
cui appartengono;
3) anche qualora fossero ascoltate, le loro testimonianze sarebbero inaffidabili, poichè le donne non sono
portavoce delle loro società.
Arender sostiene che le attività femminili sono state adeguatamente documentate, ma che quando si arriva al
livello dell'analisi, nei resoconti non ti tiene conto della parte femminile delle società studiate.
Il vero problema, secondo Arender, è che le donne hanno un linguaggio "inarticolato" sia per l'etnografo che
per la parte maschile delle proprie società; se quindi gli uomini appaiono avere un "linguaggio articolato", è
perchè il simile parla al simile. Gli etnografi ricercano e preferiscono informatori maschi poichè gli uomini
tendono a fornire un modello di società delimitato.
Le donne quindi sono escluse dal ruolo di informatrici, poichè l'epistemologia corrente della disciplina prevede
che esse non siano portavoce affidabili, o meglio il loro modo di esporre le questioni sociali non va d'accordo
con ciò che i professionisti si aspettano.
Arender, pur esponendo con chiarezza il pregiudizio degli etnografi e l'inadeguatezza delle loro descrizioni, non
riesce a fare a meno di prendere la stessa posizione pregiufiziale.
Per Arender la donna è più NATURALE dell'uomo e quindi meno vicino alla cultura umana, che viene
rappresentata dall'uomo.

4.2.1 La critica di Mathieu e la replica di Arender


-    La critica di Mathieu
Per Mathieu il problema non sono le donne ma la "questione del genere". L'affermazione delle donne incapaci
di verbalizzare, secondo Arender, è ripresa e trasformata da Mathieu: in molte società gli uomini che hanno il
potere, impediscono alle donne di parlare; esistono società in cui le donne possono imporsi come informatrici e
società in cui è vietato loro accedere alla conoscenza della lingua.
Anche per quanto riguarda l'affermazione di Arender secondo cui le donne non sono capaci di fornire modelli
formali, che piacciono agli etnografi, Mathieu sottolinea l'abbondanza di documenti che ne attestano il
contrario.
Inoltre secondo Arender le donne avrebbero dovuto superare con più facilità il problema delle donne, ma
anche qui Mathieu sottolinea che egli si era lasciato guidare da una condizione biologica pregiudizievole.
Gli etnologi continuano a vedere nei due sessi, delle categorie separate, non riconoscendo che si definiscono
invece in relazione l'una all'altra, e quindi non colgono le differenze con cui emergono nelle varie società ;
questo evidenzierebbe invece:
-    che anche le etnologhe sono in rapporto dominante/dominato con gli etnologizzati
-    che se in una società le donne non parlano bisognerebbe occuparsi del rapporto di potere uomini/donne .
Mathieu in sostanza oppone ad Arender la questione dell'intreccio tra potere, ideologia della naturalità del
sesso e 'rapporti sociali tra i sessi'    che fa pensare al potere degli uomini come una loro proprietà naturale
intrinseca.

La replica di Arender
Rimanda al mittente l'accusa di credere che donna sia una categoria universale affermando che sono le
antropologhe stesse a ritenersi una CATEGORIA definita dall'appartenenza di sesso; e d'altra parte sono, come
le donne etnologizzate, rese mute dal dominio maschile nella società poichè non reagiscono. Pertanto, vede la
cultura come un sistema chiuso, in cui ogni sistema è determinato dalla posizione nella struttura di potere.

4.3
Antropologia femminista negli anni Settanta
Il dibattito sui rapporti di genere in antropologia ha avuto inizio negli Stati Uniti, mentre nelle altre
nazioni ci fu un ritardo di alcuni anni.
La parola "gender" (genere) ha una semantica precisa nella lingua inglese, a differenza che nelle altre
lingue europee, ed è il concetto su cui si basa tutto il dibattito sul genere appunto, delle femministe
statunitensi e britanniche.
Arender e Mathieu avevano messo in rilievo che se l'impostazione delle etnografie rimaneva quella
canonica, il risultato era quello di produrre descrizioni delle varie configurazioni sociali sulla base di ciò
che gli uomini facevano e dicevano. Il fine della nuova generazione di antropologi era quello di
combattere il "pregiudizio maschile" che fa degli uomini gli interlocutori privilegiati dell'indagine
antropologica.
Le due più importati raccolte del periodo, "Woman, Culture, and Society" curata da Michelle Rosaldo e
Louise Lamphere e "Toward an Antropology of Women" a cura di Rayna Rapp Reiter, posero in modo
diverso gli aspetti dell'antropologia canonica: mentre l'antologia di Lamphere e Rosaldo tenedeva a
sottolineare la somiglianza delle donne attraverso le culture e nel tempo, nella raccolta di Reiter vi era
invece una maggiore attenzione alle differenze.
Gli studi che si intrapresero a seguito della pubblicazione di queste due raccolte si collogano in uno
spazio teorico-politico denominato antropologia femminista, detto anche antropologia delle donne
ma anche antropologia del genere.
Esiste tuttavia qualche differenza: l'antropologia delle donne risponde alla scelta di focalizzare le
ricerche su ciò che fanno le donne, dicono e pensano; l'antropologia del genere si caratterizza come
modo di analisi di una società e dei fatti sociali, che tenga conto dei gruppi di sesso (maschi e
femmine) e delle relazioni tra di loro.

4.4
Contro l'androcentrismo: la critica al pregiudizio maschile nella
scienza
La critica culturale della seconda metà degli anni '90 tenta di rendere visibili le donne e cosituirle come
soggetti di progettare e condurre azione politica. L'essere immerse in rapporti sociali, e non naturali è
la scoperta delle studiore che hanno lavorato sulla teoria del sistema di sesso/genere.
La grande differenza tra il vecchio modo di fare antropologia e un'antropologia delle donne "sta nel
fatto che non si tratta più tanto di rispettivi status, quanto all'analisi del funzionamento sociale...".
Quindi compiere studi centrati sulla parte femminile delle popolazioni già studiate non è che una
conseguenza logica della critica sull'esclusione delle donne determinata dall'androcentrismo.
Il pregiudizio androcentrico può presentarsi su tre livelli secondo Henrietta Moore: 1) la distorsione
proveniente dall'antropologo stesso;
2) distorsione della società studiata (donne considerate subordinate agli uomini);
3) pregiudizio personale;
Per androcentrismo quindi si intende un pregiudizio teorico e ideologico che tiene conto
principalmente e talvolta esclusivamente dei soggetti maschi e delle relazioni che li legano. Nelle
scienze sociali ciò denota la tendenza ad escludere le donne dagli studi storici e sociologici.

4.4.1 Meccanismi dell'androcentrismo


I meccanismi alla base dell'androcentismo sono due: INVISIBILIZZAZIONE e SURVISIBILIZZAZIONE delle
donne operanti a tre livelli: quello dell'osservazione-descrizione, quello della teorizzazione dei fatti,
quello del linguaggio.
INVISIBILIZZAZIONE = > Dato che spesso gli informatori sul campo sono uomini, cercare di svelare comunque
anche l'altra parte ed eventuali asimmetrie taciute/non coscienti. Spesso non ci si occupa delle attività
produttive femminile/le si tiene poco in considerazione.
SURVISIBILIZZAZIONE = > Come nel caso di Ardener: considerare le donne più 'naturali', quindi ridotte alla loro
particolarità biologica e ingorate come attori sociali.    il maschile come universale (maschile comprende
femminile: uomo=essere umano, donna=essere connotato sessualmente), oltre che come riferimento rispetto
al quale si pone il femminile come scarto.
Esaminando testi antropologici alla luce delle dissimmetrie semantiche, due studiose hanno trovato che:
- gli uomini sono agenti o soggetti di processi, mentre le donne oggetti di processi;
- gli uomini sono denominati con sostantivi di agente, le donne con termini relazionali (es. moglie di)
- insieme degli uomini come elementi numerabili, al contrario delle donne che vengono caratterizzate
attraverso riferimenti qualitativi
Infine anche l'uso del maschile come universale (soggetto dell'enunciazione, ad esempio 'i discendenti..'), si
contrappone al termine donna come oggetto specifico.

4.5
La "moneta di sale" dei Baruya e il valore del lavoro maschile e
femminile
Viene riesaminato da B. Bradby uno studio di M. Godelier relativo alla popolazione Baruya (coltivatori di
montagna della Nuova Guinea).
Analizzando i saggi di scambio del loro prodotto (barre di sale) con i prodotti che acquistavano, Godelier
'dimostra' che la teoria marxista del valore-lavoro non dà conto di questo scambio che è fortemente ineguale
poichè la barra richiede meno ore di lavoro dei beni acquistati; per spiegarlo bisogna rifarsi alle teorie
marginaliste della domanda e dell'offerta: il sale costa di più non perché contenga più lavoro ma perché è più
raro; inoltre vale molto perché utilizzato per rituali maschili: è un prodotto di lusso.
Bradby rianalizza, ma tenendo conto dei rapporti di genere
Per produrre il sale lavorano sia uomini che donne; Godelier ha distinto le ore di lavoro maschili da quelle
femminili. Infatti, dal punto di vista degli uomini, che sono i manager e gli interessati del processo di scambio,
quello che conta è solo il LORO lavoro, infatti, se si tiene conto solo del lavoro maschile, il saggio di scambio
risulta equo perché il lavoro femminile è valutato ZERO da entrambi gli scambiatori.

4.6
Il "sistema di sesso/genere": Gayle Rubin
La nozione di genere compare nei Settanta e si afferma un decennio dopo.
La diffusione è legata ad una antologia del '75 introdotta da Reiter e contenente un saggio di Rubin –
considerata precursore dei women's studies - che ha avuto molta influenza.
Si confronta con il marxismo, lo strutturalismo di Lévi-Strauss, la psicanalisi (Freud e Lacan) – tre grandi
paradigmi contemporanei – per costruire una teoria dell'oppressione delle donne.
Usando i concetti di Freud e Lévi-Strauss (che ne erano però inconsapevoli) si ricavano gli strumenti per
descrivere come l'apparato sociale produca le donne domesticate; il sistema    sesso/genere è quello che
trasforma la sessualità biologica in prodotto umano, per delineare una teoria dell'oppressione delle donne (e
delle minoranze sessuali in genere).
Rubin parte da Marx e Engels; il marxismo non ha una teoria dei sessi, però la studiosa parte da due punti
importanti di Marx e Engels:
=>    Marx riconosce un 'elemento storico e morale' che ha molto peso nel determinare l'attribuzione di valore
alla capacità di lavoro; in questo rientrano secondo Rubin le questioni del sesso, sessualità, oppressione, e
lei parte da qui.
=> Engels rileva che una delle esigenze delle società è di riprodursi, e non è riconducibile al sistema
economico. Rubin dice che questo bisogno viene soddisfatto in modo culturale: le società hanno tutte un
sistema di sesso-genere (insieme di norme per modellare l'elemento biologico), e il sesso che conosciamo
è un prodotto sociale.
Usa 'sistema di sesso/genere' e non patriarcato per distinguere la capacità necessità umana di creare un
mondo sessuale,dal modo oppressivo con cui è stato fatto,    perché l'oppressione non è inevitabile bensì
prodotta da relazioni sociali.
=> Per l'analisi di questi aspetti, non riconducibili al sistema economico, mette al centro il concetto dello
'scambio delle donne' (teoria dei sistemi di parentela di Lévi-Strauss.
L'antropologia dimostra l'esistenza del sistema sesso/genere; lo scambio e il commercio delle donne è' un
concetto utile perché evidenzia la natura sociale e non biologica dell'oppressione femminile; è' una
pratica tuttora viva e vegeta, anzi più commerciale nelle società avanzate (le donne, contrariamente agli
uomini, sono oggetto di traffici anche solo in quanto donne, non solo se hanno status sociale di schiavi
ecc.).
I compiti sono suddivisi tra i sessi per mantenere il tabù che vieta di vederli come simili: identià esclusiva
di genere    che sopprime le somiglianze naturali. Ciò richiede repressione di tratti della personalità
=> la psicanalisi fa capire i meccanismi attraverso i quali il sistema si riproduce e si imprime nella personalità;
la parentela,e quindi il sistema sesso/genere, si riproduce.
Gli studi sul sistema sesso/genere si sono molto diffusi.
Benché si stiano facendo strada in ambito istituzionale (sono meno marchiati come femministi) permane l'dea
che debbano occuparsene le donne, il che significa ritenere gli studi di genere un argomento parziale, senza
cogliere (per pregiudizio androcentrico) la portata del concetto/categoria di genere.

5
ETNOGRAFIA E GENERE
Risalgono agli anni Settanta scritti che si propongono di riesaminare opere etnografiche classiche, una sorta di
progetto condiviso da molti/e al fine di ripristinare il sapere dell'antropologia. C'era stata una raccolta di diari
curata da Peggy Golde, il cui intento era quello di contribuire alla discussione appena abbozzata sulle qualità
che un etnografo avrebbe dovuto possedere; ella si chiedeva se essere una donna-ricercatore avrebbe potuto
influire sull'andamento del lavoro di campo. Essere donne può aiutare ad accorgersi degli squilibri presenti in
certe situazioni, ma non è una condizione sufficiente per comprendere le realtà dei dominanti/dominati.

5.1
Genere e lavoro etnografico
Dagli anni Settanta/Ottanta il sapere etnografico ormai cristallizzato è stato sempre più messo in discussione,
introducendo tematiche prima eluse e comprendendo ricercatori con visione androcentrica. Viene messa in
discussione anche l'osservazione partecipante, in quanto etnocentrica e non aderente al coinvolgimento reale
dei soggetti, a favore dell'osservazione della partecipazione ovvero esaminare riflessivamente se stessi nel
contatto emotivo ed intellettuale con l'altro come soggetto.
In questa ridiscussione si collocano gli studi femministi, che mostrano che non è possibile separare
epistemologia (conoscenza certa, branca della filosofia che si occupa delle condizioni sotto le quali si può avere
conoscenza scientifica e dei metodi per raggiungere tale conoscenza) da politica. Il genere è centrale nel lavoro
etnografico; è non solo una categoria di analisi, ma anche una dimensione della vita sociale e dei rapporti tra
ricercatore e soggetti studiati (la scelta dei temi che un'etnografa può studiare ne dipende), il tema stesso su cui
si incentra il lavoro.
Interessante anche come si dividono il lavoro le coppie di antropologi che lavorano insieme, in quanto, in una
coppia di coniugi ricercatori, alla donna venivano sempre affidati lavori marginali e questioni non centrali in una
data cultura.

5.2
Restudies I : tornare alle Trobriand
Annette Weiner nel 1976 pubblicò "Women of Value, Men of Renown: New Perspectives in Trobriand
Exchange", opera che si focalizza su una delle popolazioni più studiate e più conosciute nella disciplina, su cui si
era svolto il lavoro di colui che era considerato il fondatore della ricerca sul campo, Bronislaw Malinowsky.
Weiner scriveva "a partire da" gli scritti di Malinowsky giacchè alcuni caratteri culturali erano rimasti gli stessi,
finanche il circuito di scambio Kula, seppur con qualche piccolissima modifica.
La ricerca di Weiner venne sconvolta una notte, durante la quale viene invitata a prendere parte ad una
cerimonia funebre, e cosi la ricercatrice si accorse che tutto ciò che venne riportato da Malinowsky non era che
una parte di una cultura ben più complessa e articolata.
1).Importanza misconosciuta delle donne per quel che concerne la cerimonia funebre.La novità era
rappresentata dalle cerimonie funebri (lisaladabu) (alla quale Weiner è stata invitata) in cui le donne
scambiavano migliaia di oggetti (non documentate da Malinowsky). Un caso in cu il'importanza delle donne non
è stata vista o ignorata. Gli owners del morto (i parenti matrilineari) fanno doni ai workers (gli affini ossia coloro
che si erano presi cura del corpo) per estinguerne gli obblighi (per aver curato e pianto il cadavere). Gli oggetti
donati agli owners erano gonne di fibre vegetali e fasci di foglie di banano legate a ventaglio (che
determinavano la ricchezza delle donne "workers"). Quindi    nella cerimonia fondamentale per 'liberare' il
morto risultavano le donne per donare e ricevere.

2).Importanza misconosciuta delle donne era anche il coinvolgimento nel costituire la ricchezza maschile. Gli
ignami (alimento centrale vegetale e oggetto fondamentale nelle transazioni) erano coltivati dagli uomini per le
sorelle, il padre aveva trasmesso loro quest'obbligo. Le donne ne erano proprietarie. Prima si diceva invece che
si coltivassero per la famiglia del cognato.

3).Le relazioni tra donne e uomini formano un sistema culturale. L'ottica degli eventi non è incentrata
esclusivamente sulla donne ma sulle relazioni dei due sessi. Occupandosi di ciò riempie una lacuna
fondamentale, e anche le categorie antropologiche    prendono nuovo significato.
Un caso simile è rappresentato dallo studio di Goodale sui Tiwi, che riconosce alle donne un ruolo mai
considerato nel matrimonio (acquisto di una moglie come di una proprietà), a causa del doppio pregiudizio sia
degli uomini Tiwi che degli antropologi, che avevano subito preso per buona la prima fugace e non
documentata empiricamente impressione.

5.3
Restudies II : rileggere i Nuer
I Nuer del Sudan meridionale vennero studiati da Evans-Pitchard. Kathleen Gough in una sorte di riesamina
dello studio su questo popolo scrisse "Nuer Kinship: A Re-examination" (1971). Sono coltivatori e allevatori
caratterizzati dalla partecipazione a guerre di resistenza rispetto al loro territorio contro il colonialismo e contro
il governo, nella guerra civile di indipendenza.
La sua revisione prende in esame tutti i testi sui Neur e li rilegge a partire da una affermazione relativa al
principio agnatico, principio fondante per la società nuer secondo Pitchard, mentre Gough dimostrò che questo
principio fosse tale soltanto per i discendenti dei clan dominanti. Sono gli aristocratici a praticare e a rafforzare il
principio agnatico (discendenza in senso biologico, insieme degli individui che provengono, attraverso
successive generazioni, da una determinata coppia di genitori, dal punto di vista antropologico, la discendenza
può essere definita come l’insieme dei legami, socialmente riconosciuti, tra un individuo e i suoi antenati).
Evans-Pitchard inoltre aveva insufficientemente rilevato la stratificazione sociale. Infatti c'erano due capi nei
villaggi, uno di essi (il bull) era al tempo di E-P una donna del clan dominante.
Inoltre, molte persone erano aggregate al gruppo di agnati del clan dominante attraverso una antenata che vi
era appartenuta.
Molti di questi gruppi aggregati sono formati da persone il cui antenato maschile era un Dinka ( un popolo
confinante coi Nuer ) prigioniero, sposato con una donna del villaggio. I discendenti in via maschile di questa
coppia col tempo sarebbero stati sempre poi assimilati al gruppo di veri agnati del clan dominante. Anche altri
gruppi agnatici di Nuer, di clan non dominanti, tendevano a risiedere nel villaggio di una antenata membro del
clan dominante, e di nuovo questi col tempo sarebbero stati considerati parte del clan dominante.
Una questione centrale è la sottovalutazione della politica di conquista messa in atto dai gruppi nuer delle
regioni centrali. Vi era di fatto una competizione per le terre da pascolo, che i Nuer sottraevano
sistematicamente ai Dinka. All'interno dei Nuer c'era una forte mobilità che creava cambiamenti strutturali nelle
sezioni interne dei lignaggi.
Secondo Gough, l'espansione neur cominciata nel secolo scorso ha creato disparità e asimmetrie tra diversi
strati della popolazione nell'operatività del principio agnatico. L'agnazione è diventato un principio che legittima
l'ordine sociale, messo in atto dai clan dominanti e quindi in mano ai conquistatori aristocratici.
Per la grande maggioranza della popolazione, composta da Dinka e Nuer conquistati, i legami cognatici o di
affinità con il clan dominante predominavano di gran lunga su quelli agnatici, erano pertanto gli aristocratici
dominanti che rappresentavano la società come agnatica, legittimando il loro potere.
Gough fornisce una base di spiegazione, una cornice interpretativa entro cui leggere altre forme istituzionali,
quali quelle matrimoniali; nelle forme di matrimonio in cua una donna, spesso sterile, sposa legalmente una
moglie dei cui figli è pater, le donne-marito sono sempre dei lignaggi dominanti; e come abbiamo visto, una
donna era il bull del villaggio.
I diritti degli uomini sulle donne, e sui loro figli, sono molto deboli in questa società. Inoltre, i diritti degli uomini
sui loro figli legali sono indeboliti quando la madre non è legalmente subordinata al padre.
Infine, la relativa autonomia che le donne avevano in questa società viene ricondottà da Gough
all'indebolimento dei principio agnatico, dovuto alle guerre di conquista e alla politica di espansione dei Nuer.

5.4
Teorie, etica del lavoro etnografico e genere
Negli ultimi anni la produzione etnoantropologica sui temi del genere sta crescendo e in particolare l'attenzione
si focalizza sulla relazione tra femminismo, antropologia ed etnografia. Molte antropologhe non fanno
distinzione tra antropologia del genere e antropologia femminista; si ritiene che quella del genere sia l'erede
dell'antropologia delle donne. Tuttavia il modo di descrivere i rapporti tra femminismo e antropologia viene
messo in discussione in tempi recenti.
-per alcuni la sensibilità femminista, propria della studiose, rivolta ai rapporti di dominazione,non consente
una ricerca trasparente che non vada in contrasto con la posizione dell'etnografo rispetto agli studiati;
-per Lila Abu-Lughod e Judy Stacey un'etnografia femminista sia possibile e ancora da fare, sperimentando,
svincolandosi dalle esigenze di credibilità accademica;
-per Kamala Visweswaran l'etnografia femminista significa mettere in primo piano le disuguaglianze sociali,
quindi il campo d'indagine, rispetto alle relazioni di dominio tra uomini, donne e bambini
- per Micaela Di Leonardo sia antropologia che femminismo intendevano la disciplina come critica culturale; gli
antropologi adottavano una politica della doppia morale: difendere i popoli e le loro istituzioni, senza però
mettere radicalmente in discussione il colonialismo. La critica femminista verso di loro andava in due direzioni: il
loro pregiudizio, secondo cui le donne studiate, in passato, erano più importanti di quanto lo fossero ora, e che
il colonialismo aveva peggiorato il loro status sociale.
- in generale c'è poi il confronto con altri modi di intendere il femminismo e le relazioni di genere che hanno
incontrato nei loro terreni di ricerca
- Lynn Walter mette al centro della discussione il concetto di cultura. Un'antropologia femminista può
contribuire ad allargare le frontiere dell'antropologia, contrastando le convinzioni e le convenzioni di un
determinato credo politico e sociale.
L'antropologia femminista si deve fondare su tre punti, secondo Walter:
1).    essa deve esaminare le differenze di potere e di sapere, generate dalle differenze di genere e il modo in cui
vengono contrastate o accettate.
2).    deve mostrare interesse non solo per le strutture ma anche per le azioni.
3).    l'antropologia femminista implica un'etica dell'impegno poiché    ha effetti diretti sui contesti e quindi
chiede giustizia.

5.5
<<Meglio l'antropologo in poltrona>>: contestazione e delegittimazione
dell'etnografia femminista
Ifi Amadiume, antropologa nigeriana, contesta in uno dei testi più radicali su questa tematica, "Male Daughters,
Female Husbands. Gender and Sex in an African Society", che le donne occidentali parlino a nome di tutte le
donne, in una rappresentazione delll'Occidente come portavoce di tutto il mondo, e che coinvolgono altre
donne, di altre popolazioni, nella lotta al sessismo che riguarda solo loro, e in tal senso usano anche i dati che
raccolgono a loro favore. Le definisce teoriche della sottomissione e dell'impotenza di tutte le donne del mondo
e secondo lei si possono fare solo auto-etnografie.
Risposte tra le più altisonanti sono quella di Walter, che predica l'assunzione di responsabilità morali e politiche
verso le popolazioni non "occidentali", e quella di affiancare al genere altre categorie analitiche, puntando alla
specificità dell'analisi.
Inoltre possiamo dire che le critiche stesse sono etnocentriche e conservatrici, perché in realtà conseguono alla
creazione di comparti etnici e nazionali che creano divisioni e separazioni e confinano le persone nelle
comunità o nazioni in cui sono nate.
In definitiva l'attacco di Amadiume è verso quelle antropologhe che hanno coinvolto le donne delle popolazioni
più diverse nel progetto di ribellione e di lotta contro il sessismo che invece riguardava soltanto loro, perciò le
loro conclusioni sono etnocentriche. L'accusa di razzismo che Amadiume porta è rivolta prima ai patriarchi
fondatori dell'antropologia e poi alle antropologhe femministe, portando cosi ad un rovesciamento della
medaglia.
Anche antropologhe arabe e mediorientali criticano la ricerca delle donne occidentali per il fatto che incentrano
le loro prospettive su una figura di donna assoggettata, ma al contempo non minimizzano gli sforzi compiuti
nella direzione del riconoscimento delle differenze.

5.6
"Pitturare screanzati baffi".
La critica postmoderna all'etnografia è di genere?
Gli anni Ottanta sono caratterizzati dall'affermarsi di orientamenti nuovi. E' l'epoca in cui si    affaccia il
postmoderno: è il termine con cui si ricomprende anche il post-strutturalismo.
Nella versione antropologica, questa tendenza si rivolge in particolare all'etnografia, sostenendo l'importanza
prioritaria della scrittura rispetto a ciò che viene de-scritto: il testo e la sua composizione sono l'oggetto
dell'analisi, piuttosto che le singole popolazioni.
Varie analisi mettono in luce una difficoltà da parte degli autori orientati verso il postmoderno a riconoscere il
genere sia come categoria, sia come costrutto sociale all'opera nelle società occidentali. Sembra esserci un
problema riguardante il femminismo, ritenuto dai postmodernisti un modo di interpretare i rapporti sociali
tipico dell'Occidennte e a quest'area circoscritto.
Deborah Gordon avanzava l'ipotesi che al fondo vi fosse un <<inefficare controllo della negoziazione del
femminismo>>. Altre studiose si volsero invece a considerare l'assenza da un altro punto di vista: si analizzava
pertanto il contesto accademico, per cui le opere più citate sono le etnografie scritte da uomini mentre si evita
di riferirsi o di citare quelle scritte da donne, pertanto si impegano a tutto campo per non permettere questa
'dimenticanza'.

5.7
Differenza, universalismo, differenze
Dimostrare la variabilità delle caratteristiche attribuite a ciascuno dei due sessi nelle diverse culture era di fatto
mettere in questione e confutare l'assunto secondo il quale uomini e donne appartengono a gruppi diversi di
umanità.
La concezione di differenza e diversità cambia da studioso a studioso.
A questa nozione di diversità di genere fa riscontro anche una differenza tra culture nella loro totalità. Mead
ancora si esprimeva in termini di "primitivi" e "civilizzati", pertanto le culture per la Mead non erano allo stello
livello e le diversità presenti, venivano percepite come disuguaglianze. Quindi per la Mead vi erano due nozioni
di differenza, quella tra sessi/generi e quella tra culture.
Per Claude Lévi-Strauss più che differenze, si trattavano di diversità; diversità che hanno storicamente agito
come una ricchezza di tutti gli esseri umani, che hanno permesso conquiste umani generali come ad es.
l'agricoltura.
Nel dibattito del settore di studi sul genere, la nozione di "differenza/ diversità/ disparità/ disuguaglianza"
assume significati diversi col passare degli anni. Il concetto di differenza maggiormente dibattuto negli anni
Settanta è quello relativo ai due sessi nelle proprie società. Successivamente, negli anni Ottanta, ci si poneva
l'obiettivo di produrre documentazione sulle impostazioni di genere di altre società per dare corpo alle teorie e
alle azioni politiche riguardo ai sistemi di genere.
Secondo Henrietta Moore l'asimmetria tra uomini e donne veniva segnalata attraverso l'indicazione di
dicotomie quali natura(donna)/cultura(uomo), pubblico(uomo)/privato(donna). Questa e altre teorizzazioni
simili ricreavano due categorie distinte (uomo e donna), accomunate però dalle stesse caratteristiche.
Secondo Collier e Yanagisako le opposizioni binarie (del tipo uomo/donna) sono possibili solo in un discorso
antropologico e perciò il discorso si dirige verso una particolarizzazione del genere: si passa da "differenza"
uomo/donna e "universalità" (poichè come detto accomunati dalle stesse caratteristiche), a "differenze". Infine
il compito di precisarne le relazioni e i contenuti spetta al ricercatore, esaminando come e quanto le
differenziazioni tra i sessi sociali intersechino le strutture politiche, economiche e sociali.

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