Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
Pubblicato dalla
SERIE XIII - VOLUME IV
FASCICOLO 1
GENNAIO-MARZO 2011
LO SPAZIO DELLA DIFFERENZA
a cura di
Rachele Borghi e Marcella Schmidt di Friedberg
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 1
Fondato nel 1868
Pubblicato dalla
SERIE XIII - VOLUME IV
FASCICOLO 1
GENNAIO-MARZO 2011
LO SPAZIO DELLA DIFFERENZA
a cura di
Rachele Borghi e Marcella Schmidt di Friedberg
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 1
Gli scritti proposti in pubblicazione al Bollettino della Societ Geografica
Italiana, prima di essere accettati e inclusi nella sezione Articoli, sono soggetti
alla lettura di tre revisori esterni (peer review) alla Redazione. La revisione a
doppio cieco (double blind) e i pareri sono considerati vincolanti. Al gennaio
2011 collaborano alla revisione i colleghi:
John Agnew (Universit di Los Angeles, Stati Uniti), Abel Albet i Mas (Universit
Autonoma di Barcellona, Spagna), Onofrio Amoruso (Universit di Bari), Marco
Antonsich (Universit di Budapest, Ungheria), Marcella Arca (Universit Roma
Tre), Corradino Astengo (Universit di Genova), Stefania Bertazzon (Universit
di Calgary, Canada), Marina Bertoncin (Universit di Padova), Josep Vicent
Boira i Maiques (Universit di Valencia, Spagna), Paola Bonora (Universit di
Bologna), Ilaria Caraci Luzzana (Roma), Emanuela Casti (Universit di
Bergamo), Raffaele Cattedra (Universit di Montpellier 3, Francia), Carlo
Cencini (Universit di Bologna), Batrice Collignon (Universit di Parigi 1,
Francia), Berardo Cori (Universit di Pisa), Giacomo Corna Pellegrini (Milano),
Mara Rosa Cozzani de Palmada (Universit di Cuyo, Argentina), Fiorella
Dallari (Universit di Bologna), Egidio Dansero (Universit di Torino), Elena
dellAgnese (Universit di Milano Bicocca), Giuseppe Dematteis (Politecnico di
Torino), Gino De Vecchis (Universit di Roma La Sapienza), Francesco Dramis
(Universit Roma Tre), Paolo Roberto Federici (Universit di Pisa), Laura
Federzoni (Universit di Bologna), Jaume Feliu Torrent (Universit di Girona,
Spagna), Mario Fumagalli (Politecnico di Milano), Luigi Gaffuri (Universit
dellAquila), Guillaume Giroir (Universit di Orlans, Francia), Francesca
Governa (Politecnico di Torino), Dorina Ilie (Universit di Oradea, Romania),
Arturo Lanzani (Politecnico di Milano), Mirella Loda (Universit di Firenze),
Gerardo Massimi (Universit di Chieti-Pescara), Salvatore Milli (Universit di
Roma La Sapienza), Claudio Minca (Universit di Durham, Gran Bretagna),
Cl udio J. Moura de Castil ho (Universit di Pernambuco, Brasile),
Giandomenico Patrizi (Roma), Peris Persi (Universit di Urbino), Petros
Petsimeris (Universit di Parigi-Sorbona, Francia), Fabio Pollice (Universit di
Napoli Federico II), Carlo Pongetti (Universit di Macerata), Massimo Quaini
(Universit di Genova), Claude Raffestin (Ginevra), Franco Rapetti (Universit di
Pisa), Luisa Rossi (Universit di Parma), Vittorio Ruggiero (Universit di Catania),
Marcella Schmidt di Friedberg (Universit di Milano Bicocca), Joo Seixas
(Universit di Lisbona, Portogallo), Giovanni Sistu (Universit di Cagliari),
Claudio Smiraglia (Universit di Milano), Luigi Stanzione (Universit della
Basilicata), Francesco Surdich (Universit di Genova), Francesco Vallerani
(Universit di Venezia Ca Foscari), Lida Viganoni (Universit di Napoli
LOrientale), Gabriele Zanetto (Universit di Venezia Ca Foscari), Luca Zarrilli
(Universit di Chieti-Pescara).
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 2
SOMMARIO
7 Rachele BORGHI e Marcella SCHMIDT di FRIEDBERG
Introduzione [Introduction]
Articoli
13 David BELL e Jon BINNIE
Remapping Desire. Riflessioni sulle geografie delle sessualit [Remapping
Desire: Thoughts on the Geographies of Sexualities]
23 Monica M. PASQUINO
Se la filosofia del linguaggio incontra la politica queer [Philosophy of Lan-
guage meets Queer Theory]
31 Marianne BLIDON
La citt e gli effetti delleteronormativit. Emancipazione, normalizzazio-
ne e produzione di soggetti gay [The Town and the Effects of Heteronorma-
tivity. Emancipation, Normalization and Production of Gay Subjects]
41 Gisella CORTESI, Elena IZIS e Michela LAZZERONI
Vivere la differenza: come la citt ridisegna s stessa in una prospettiva
cosmopolita [Living the Difference: How the City Repaints Itself into a
Cosmopolitan Perspective]
51 Victoria Ayeln SOSA
Ripensare il gay friendly. Turismo e mercificazione della differenza nella
citt di Buenos Aires [Rethinking Gay Friendly: Tourism and Commodifica-
tion of Difference in the City of Buenos Aires]
63 Fiammetta MARTEGANI e Chen MISGAV
Lanno prossimo... a Tel Aviv. Queering the Representations from the Out-
side and the Inside [Next Year... in Tel Aviv. Queering the Representa-
tions from the Outside and the Inside]
73 Mirella LODA, Silvia ARU e Diego CARIANI
La convivenza urbana nello spazio pubblico fiorentino. Pratiche sociali e
negoziazione della differenza [Florentine Urban Public Spaces: Social Prac-
tices and Negotiation of the Difference]
83 Adriano CANCELLIERI
La citt e le differenze. Tra battaglie per il senso del luogo e welfare space
[The City and the Differences. The Struggles over the Sense of Place and the
Empowerment of the Welfare Space]
93 Claire HANCOCK
Il luogo della differenza. Stabilire luguaglianza, aprire spazi di soggettiva-
zione politica [Placing Difference: Establishing Equality, Opening Spaces
for Political Subjectification]
103 Lawrence BERG
Geografia femminista (neo)liberalismo supremazia bianca [Feminist
Geography (Neo)Liberalism White Supremacy]
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 3
113 Elena dellAGNESE
Mens sana in corpore sano? Dis-abilit e differenza fisica fra Hollywood e
Bollywood [Mens sana in corpore sano? Dis-ability and Physical Differen-
ce between Hollywood and Bollywood]
125 Juliet FALL
Dolori della crescita. Quando le erbacce invadono il giardino [Growing
Pains: When Weedy Others take over the Garden]
137 Federico FERRETTI
GIS femminista e queer GIS. Conflitti epistemologici nella rappresentazione
dello spazio [Feminist GIS and Queer GIS: Epistemological Conflicts in the
Representation of Space]
147 Simon MAURANO
Gli spazi delle differenze nei conflitti ambientali [The Spaces of Differences
in the Environmental Conflicts]
159 Michele IPPOLITO
Pratiche cosmopolite in ambiente urbano [Cosmopolitan Practices in Urban
Context]
165 Maria Laura PAPPALARDO e Paola MARAZZINI
Seduti s, sdraiati no. Dalle panchine anti-barbone di Verona uno sguardo
sul diverso [You may sit, but not lay down: From the Anti Homeless Ben-
ches of Verona a Look on the Misfit]
179 Elena IZIS e Paolo MACCHIA
Il chilometro gay. Nascita ed evoluzione del primo queer space italiano:
Torre del Lago Puccini in Versilia [The Chilometro Gay: The First Queer
Space in Italy. The Case of Torre del Lago Puccini in Versilia (Tuscany)]
187 Stefano MALATESTA
Superare una didattica eminentemente rappresentazionale. Leducazione
geografica pu davvero essere attiva, individuale e attenta alle differenze?
[Overcome the Representational Approach to School Geography. Can Geo-
graphical Education be Active, Subjective and Difference-Oriented?]
195 Enrico SQUARCINA, Marinella BALDUCCI e Fiammetta MARTEGANI
Ragazze e ragazzi nella geografia dei libri scolastici [Girls and Boys and
Italian School Books]
205 Lorenzo BAGNOLI
Chinate sullago, su rapida spola, su ferro che scorre, su ruota che vola.
Gender, cultural e post-colonial studies dallultracentenario periodico La
Lavoratrice [Chinate sullago, su rapida spola, su ferro che scorre, su ruota
che vola. Gender, Cultural and Post-Colonial Studies from the Ultracente-
narian Review La Lavoratrice]
213 Fatma Zohra MEBTOUCHE NEDJAI
Il rapporto rurale/urbano attraverso gli insulti verso le donne. Qualche
riflessione dal punto di vista della pragmalinguistica [Exclusion Relation
between Rural/Urban Character through Insults to Women: A Pragmalingui-
stic Study]
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 4
In memoria di Daniela Lombardi
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 5
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 6
BOLLETTINO DELLA SOCIET GEOGRAFICA ITALIANA
ROMA - Serie XIII, vol. IV (2011), pp. 7-12
RACHELE BORGHI - MARCELLA SCHMIDT DI FRIEDBERG
INTRODUZIONE (*)
Lo spazio, per la geografia, non un semplice sfondo per le azioni umane,
una piattaforma statica di relazioni sociali, quanto piuttosto una delle loro dimen-
sioni costitutive, a sua volta prodotto storicamente, riconfigurato e trasformato
(Brenner, 1999, p. 40). Per Doreen Massey: Immaginare lo spazio come la sfera
delle possibilit dellesistenza delle molteplicit [] si accorda inoltre con la cre-
scente enfasi posta, in epoca recente, dal discorso politico progressista sulla dif-
ferenza e sulla molteplicit (Massey, 2009, p. 41). Gli studi pi recenti sul rap-
porto tra differenza e spazio hanno dimostrato come lo spazio pubblico sia co-
struito intorno alla nozione di comportamento appropriato. Lo spazio pubblico
pensato, gestito e modellato in base a una rigida concezione dualistica (ma-
schio/femmina, lecito/illecito, eterosessuale/omosessuale, italiano/immigrato, sa-
no/malato, giovane/vecchio). Le pratiche discorsive che influenzano e, spesso,
determinano luso dello spazio pubblico, la natura gendered dello spazio sociale
sono nascoste dietro la naturalizzazione della divisione tra spazio pubblico e spa-
zio privato, riflesso della divisione della vita sociale in pubblica e privata (Borghi
e dellAgnese, 2009). Lo spazio pubblico, fortemente normato, quindi, tende
spesso a escludere i modi di vivere considerati non conformi alla supposta nor-
malit e, dal punto di vista del genere, non centrati sulla monogamia, leteroses-
sualit e il sesso procreativo, cardini dellordine sociale nella maggior parte delle
societ patriarcali. Inoltre, lesclusione spaziale dei dissidenti, di quegli individui
cio che non si conformano per diverse ragioni a ci che considerato normale,
contribuisce a riprodurre le nozioni di cittadinanza e di diritto sulla base dellete-
ronormativit (Hubbard, 2001). Con tale termine sintende la naturalizzazione del-
leterosessualit quale unica e normale espressione delle relazioni sessuali allin-
terno dello spazio pubblico (Wiegman, 2006).
(*) Dedichiamo questo numero monografico del Bollettino della Societ Geografica Italiana a
Daniela Lombardi, scomparsa il 21 gennaio 2011: la ricordiamo come amica, collega, studiosa e inse-
gnante, sempre disponibile, sempre pronta a spendersi per la geografia e per i giovani. Daniela,
nonostante il progredire della malattia, ha partecipato attivamente alla realizzazione di questopera,
in tutte le sue fasi fino alla conclusione, dalla progettazione e organizzazione del Convegno (come
membro del Comitato Scientifico), alla selezione dei draft, stata chair di Sessione, ha partecipato
alla scelta degli articoli da pubblicare e alla loro elaborazione come referee.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 7
Lo spazio pubblico gioca un ruolo fondamentale nella costruzione e nella le-
gittimazione di una serie di politiche, formulate a partire da tale concetto, mai ve-
ramente esplicitato. Relegare la sessualit solo alla sfera privata dellindividuo si-
gnifica ignorarne la funzione di dispositivo nella formazione dellidentit colletti-
va: ci che rappresenta il potere dello spazio normativo la sua presunta neutra-
lit (Borghi, 2010). I soggetti deboli, infatti, non sono soltanto le donne o gli
omosessuali, ma anche lumanit freak formata, secondo la fotografa americana
Diane Arbus, dagli individui che possiedono solo in parte, o non possiedono af-
fatto, le caratteristiche necessarie per rientrare nella categoria di soggetti norma-
li. Il corpo giusto che occupa a pieno diritto lo spazio pubblico , infatti, etero-
sessuale, bianco, occidentale, giovane e sano: quanto esula da questi parametri
viene rapidamente classificato nella a-normalit. Tale processo si riflette sulla pia-
nificazione degli spazi pubblici, in particolare urbani, che diventano contenitori
della normalit, traendo la loro forza da una presunta neutralit. Ecco allora che
uno spazio considerato neutro pu diventare estremamente violento dal momen-
to che mette al bando i soggetti sbagliati, quali anziani, bambini, immigrati, di-
versamente abili e animali. Lo spazio di tutti si trasforma tacitamente nello spazio
di pochi, ove si manifestano dinamiche di potere, tradotte in pratiche di esclusio-
ne e di marginalizzazione dei soggetti deboli.
A partite da queste premesse, abbiamo voluto qui proporre una riflessione sul-
la questione dello spazio pubblico, a chi appartenga e come vi si acceda; su quel-
le che possono essere considerate violazioni alle regole della normalit, sulle
norme e su come lo spazio (quello urbano in particolare) rifletta tali dinamiche.
La constatazione della scarsit di ricerche geografiche in Italia intorno a questi te-
mi ha stimolato liniziativa di riunire studiosi e studiose della disciplina dapprima
in un convegno che si tenuto presso le Facolt di Scienze della Formazione e di
Sociologia dellUniversit di Milano-Bicocca (
1
), dal 20 al 22 ottobre 2010, e di
proporre, poi, alcuni dei contributi in questo numero del Bollettino. La risposta
al binomio spazio-differenza stata assai ricca e stimolante; come il lettore avr
modo di osservare, gli articoli qui raccolti ricoprono una gamma di temi assai am-
pia e varia. La scelta tra i contributi proposti al Convegno non stata facile e, ben-
ch alcuni di essi non provengano da studiosi di geografia, il denominatore co-
mune privilegiato nella scelta stato sempre lo spazio. Abbiamo prediletto i casi
di studio, a costo di penalizzare a volte lo sviluppo del quadro teorico e metodo-
logico; i contributi sono brevi per dare pi spunti, lanciare idee e offrire una pa-
noramica quanto pi possibile ampia dei filoni di ricerca, delle piste da percorre-
re seguendo chi le sta gi percorrendo, per scoprire, magari, lungo il tragitto, altri
sentieri, senza avere timore di addentrarvisi. Il punto di riferimento si conferma la
citt, da intendere come un laboratorio, ove possibile osservare e anche parte-
cipare a modalit di uso dello spazio e politiche di inclusione/esclusione e, allo
stesso tempo, pratiche di resistenza alle norme messe in atto, di territorializzazio-
ne spontanea di alcuni gruppi in spazi pubblici secondari (o interstiziali). Risultati
8 Rachele Borghi e Marcella Schmidt di Friedberg
(1) Con il contributo del Centro Interdipartimentale per lo Studio dei Problemi di Genere
ABCD.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 8
Introduzione 9
interessanti sono emersi dalla percezione che i soggetti hanno dello spazio urba-
no e dei luoghi ove si instaurano le relazioni e si vivono le differenze, perch
proprio lo spazio a definire larea semantica in cui avviene il contatto.
Il linguaggio non mai neutrale e il suo uso, come la sua traduzione, di-
ventano un progetto politico. Il tema trattato in questa sede ci ha messo di fronte
a una serie di scelte e di questioni legate alluso di termini problematici e ci ha
offerto spunti di riflessione su come affrontare, anche dal punto di vista
linguistico, fenomeni ancora poco conosciuti e contraddittori, come tutto ci che
riguarda il politicamente corretto. Scontrarsi con i limiti del linguaggio significa,
tuttavia, tentare di superarli e dare visibilit ai problemi. La scelta pi difficile
stata quella di rassegnarci a usare il genere maschile per intendere maschile e
femminile; litaliano ci pone di fronte allobbligo di fare una scelta, una scelta non
solo di carattere linguistico ma che assume spesso connotati di carattere politico.
In una societ dimpronta maschilista e patriarcale come la nostra, infatti, non si
pu pensare che luso del maschile per indicare maschile e femminile sia un atto
neutro. Luso del maschile legittima di fatto lo stato delle cose e contribuisce a
perpetrare il ruolo ancora subordinato delle donne nella sfera pubblica e nella
rappresentanza politica. Si nota, inoltre, come nelle sedi istituzionali del nostro
paese, universit comprese, nella letteratura scientifica e nella pubblicistica,
anche di alto livello, non si sia ancora stabilita, come in altri paesi, una prassi
linguistica non discriminatoria. In questa sede, alcuni autori hanno specificato la
scelta terminologica, altri hanno utilizzato le virgolette, alcuni usano lacronimo
LGBTQ (Lesbian, Gay, Bisex, Transgender, Questioning), altri solo LGBT: emerge
comunque la mancanza di uniformit e di codificazione di un linguaggio non
ancora consolidato. Tale assenza di un metodo e di una terminologia condivisa
mostra come molti temi siano ancora troppo poco diffusi nella ricerca
accademica.
Il contesto di riferimento internazionale e interdisciplinare: linterdisciplina-
rit permette di confrontarsi con altre chiavi di lettura del territorio (sociologiche,
per esempio), di osservare luso dei concetti geografici in una prospettiva compa-
rativa e di offrire una lettura spaziale di fenomeni gi ampiamente trattati nelle
scienze sociali, a livello nazionale e internazionale, ma ancora molto trascurati
dalla geografia. Lintenzione di delineare una traccia per un dialogo interdisci-
plinare, un compito sempre difficile, sempre auspicato, ma troppo spesso dato
per scontato.
La cornice teorica di riferimento prevalente quella che intreccia la queer
theory con gli studi postcoloniali nelle loro interconnessioni tra genere, sesso, et-
nia e condizione sociale. La critica ai modelli dominanti e a una visione del mon-
do dicotomica che tende ad abbinare a fenomeni e persone etichette identitarie
accomuna questi approcci teorici, figli del cultural turn degli anni Settanta. Il
confronto internazionale qui dobbligo, in riferimento soprattutto allabbondan-
te letteratura anglosassone e a quella francofona che permette un confronto e un
riposizionamento del nostro contesto rispetto a quello europeo.
Il filone di pensiero queer ha avuto il merito di mettere in discussione le eti-
chette sessuali, evidenziando tutte le declinazioni multiple e creative del deside-
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 9
rio e dei suoi oggetti. Il termine rimanda alla fenomenologia dello strano e di tut-
te le sue accezioni (eccentrico, dubbio, poco chiaro, deviante), fino a prendere la
connotazione dispregiativa (checca, finocchio) che ne ha dato la lingua dellete-
rosessualit normativa. Lutilizzo del termine queer ha subito diversi e profondi
cambiamenti ed tuttora controverso; esso non un semplice sinonimo di LGBT,
un termine politico. Alcuni LGBT hanno scelto di appropriarsi di una connota-
zione generalmente utilizzata in maniera denigratoria per metterla al servizio di
un progetto politico che contrastasse la tradizionale divisione binaria uo-
mo/donna, maschile/femminile, nonch la mano oppressiva delleteronormati-
vit (Rondinone, 2009). Lesperienza spaziale dei gay e delle lesbiche, infatti, non
consiste tanto in una forma di segregazione e di esclusione quanto in uningiun-
zione costante allinvisibilit, accantonando cos lomosessualit alla sfera privata,
al placard, prima espressione della violenza, a parte qualche rara eccezione spa-
ziale e temporale come i gay pride (Blidon, 2009).
In un quadro teorico cos denso e stimolante sinseriscono e sintrecciano, in
modo non sempre coerente e ordinato, i percorsi di oltre venti studiosi e studiose,
italiani e stranieri che hanno prima aderito alliniziativa del convegno, poi svilup-
pato la loro riflessione sul tema della differenza. Gli autori e le autrici degli artico-
li qui riuniti hanno colto la sfida di produrre lavori su argomenti, come la geogra-
fia della sessualit e della dissidenza, che penano ancora a ricevere la giusta legit-
timazione a livello accademico, legati spesso invece allimpegno della societ ci-
vile. Non solo i contenuti ma anche gli stili narrativi sono molto diversi, evidente
risultato da una parte di un tentativo di sperimentazione, dallaltra di un abbando-
no dellidea di oggettivit della produzione della conoscenza, a favore della pre-
sa di posizione. Molti autori e autrici usano la prima persona singolare; in questa
maniera mettono in primo piano la loro soggettivit e posizione di fronte allog-
getto di ricerca, inserendosi cos nella tradizione sviluppata dalla critica femmini-
sta. I gender studies, infatti, hanno reagito contro lidea che la scientificit (e quin-
di legittimit) dei contenuti sia subordinata a unimpostazione metodologica e sti-
listica oggettiva (in particolare nella ricerca sul campo). In questa maniera, nuo-
vi modi di comprendere il mondo e di rappresentarlo sono stati legittimati e si so-
no sviluppate metodologie di ricerca altre rispetto a quelle istituzionali, metten-
do in discussione la produzione della conoscenza anche in campi riservati tradi-
zionalmente alloggettivit scientifica per eccellenza, come la cartografia e i GIS.
La critica femminista ha il merito di aver aperto la strada alluso di strumenti din-
dagine che si focalizzano sui soggetti e che mettono in luce gli aspetti nascosti,
irrazionali, motivazionali, sentimentali, esistenziali, connessi con il coinvolgimen-
to degli individui nelle azioni spaziali (Cortesi, 2006, p. 319). Storie di vita, bio-
grafie personali, inchieste, interviste individuali, produzioni letterarie e artistiche,
narrative, performances, confronti generazionali hanno affiancato i metodi tradi-
zionali dindagine, dando finalmente il giusto rilievo alla componente soggettiva
della ricerca e valorizzando i prodotti dellincontro tra ricercatore/trice e narrato-
re/trice (Borghi, 2009).
Il filo rosso che riunisce tutti i lavori presentati il loro rapporto con la sfera
della politica: la definizione di norma (e di trasgressione di essa), sia linguistica
10 Rachele Borghi e Marcella Schmidt di Friedberg
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 10
Introduzione 11
sia operativa, diventa centrale come metro del potere nella sfera sociale e si esten-
de ai contesti pi vari, dal genere e dalleteronormativit alluso pubblico della
citt e dei suoi spazi interstiziali, al corpo sbagliato, al razzismo, al non umano
(linvasione di specie aliene), ai movimenti di cittadini, allopposizione alla ca-
morra, allinsegnamento della geografia, al linguaggio nella sua funzione normati-
va: dallincontro/scontro tra valori e protagonisti diversi emergono idee alternati-
ve di territorializzazione; il valore delle differenze e il potere delle norme si trasfe-
riscono allo spazio della politica, uno spazio carico oggi di nuovi significati, non
sempre legato alla rappresentazione istituzionale, in continua costruzione, in ri-
sposta a nuove forme di resistenza, di partecipazione, di rottura dellordine, ma
questo forse potr essere il tema di un altro convegno.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
BLIDON M., Le Gay Pride entre subversion et banalisation, in Espace, Populations, Soci-
ts, Lille, 2009, 2, pp. 305-318.
BORGHI R., Introduzione (ad una geografia [de]genere), in R. BORGHI e A. RONDINONE
(a cura di), Geografie di genere, Milano, Unicopli, 2009, pp. 13-32.
BORGHI R., Generi urbani: la citt eteronormata, in P. BARBERI (a cura di), successo
qualcosa alla citt. Manuale di antropologia urbana, Roma, Donzelli, 2010, pp. 187-
191.
BORGHI R. e E. DELLAGNESE, Genere, in E. DELLAGNESE (a cura di), Geografia: strumen-
ti e parole, Milano, Unicopli, 2009, pp. 291-312.
BRENNER N., Beyond State-centrism? Space, Territoriality, and Geographical Scale in
Globalization Studies, in Theory and Society, Dordrecht, 1999, 28, pp. 39-78.
BUTLER J., Gender Trouble: Feminism and the Subversion of Identity, New York, Rout-
ledge, 1990 (trad. it. Scambi di genere, Milano, Sansoni, 2004).
CORTESI G., Donne, societ, territorio: il quadro generale, in D. LOMBARDI (a cura di),
Percorsi di geografia sociale, Bologna, Ptron, 2006, pp. 315-332.
DIMEN M. e V. GOLDNER, La decostruzione del genere, Milano, Il Saggiatore, 2006.
HUBBARD P., Sex Zones: Intimacy, Citizenship and Public Space, in Sexualities, Londra,
2001, 1, pp. 51-71.
MASSEY D., Spazio/tempo, in E. DELLAGNESE (a cura di), Geografia: strumenti e parole,
Milano, Unicopli, 2009, pp. 39-58.
RONDINONE A., La geografia affronta la sessualit, il genere, la performance e letero-
normativit, in R. BORGHI e A. RONDINONE (a cura di), Geografie di genere, Milano,
Unicopli, 2009, pp. 59-64.
THRIFT N., Intensities of Feeling: Towards a Spatial Politics of Affect, in Geografiska An-
naler: Series B, Human Geography, Stoccolma, 2004, 86, 1, pp. 57-78.
WIEGMAN R., Interchanges: Heteronormativity and the Desire for Gender, in Feminist
Theory, Londra, 2006, 1, 7, pp. 89-103.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 11
INTRODUCTION. Public space plays a key role in the construction and legitimiza-
tion of a set of political measures advanced through a concept of heteronormativity, never
precisely defined. In this volume we aim at investigate any form of violations to the rules
of normality, and to explore the multiplicity and diversity of geographic subjects. Our
intention is to focus on concept first originated within gender studies and then developed
in queer theory, in order to reflect on any form of social exclusion reproduced in, and
thus legitimized by, public space. It is a consequence of such a process that what we con-
sider as neutral spaces are, in fact, extremely violent spaces of exclusion for ab-normal
individuals, such as the elderly, children, LGTB, migrants, differently able people, and ani-
mals. In a very subtle way, therefore, public space although it apparently belongs to
everybody becomes a space for a few, where power relationships become visible and
translated into practices of exclusion and marginalization of vulnerable subjects. The arti-
cles collected here cover a wide and varied range of issues: from the public use of the city
and its interstitial spaces, to queer and LGBT spaces, the wrong body, racism, non-
humans, movements of citizen, the teaching of geography, language in its regulatory func-
tion. The thread that unites all the works submitted is the relationship with the sphere of
politics and the definition of norms (and the transgression of it).
Universit degli Studi di Roma Tor Vergata, Dipartimento di Storia
rachele.bor@gmail.com
Universit degli Studi di Milano-Bicocca, Dipartimento di Scienze Umane per la
Formazione Riccardo Massa
marcella.schmidt@unimib.it
12 Rachele Borghi e Marcella Schmidt di Friedberg
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 12
BOLLETTINO DELLA SOCIET GEOGRAFICA ITALIANA
ROMA - Serie XIII, vol. IV (2011), pp. 13-21
DAVID BELL - JON BINNIE
REMAPPING DESIRE
RIFLESSIONI SULLE GEOGRAFIE DELLE SESSUALIT
Step Back in Time. La storia dello sviluppo delle geografie delle sessualit
come area di ricerca rivelatrice di molti aspetti della disciplina nel suo comples-
so, e del suo specifico rapporto con la sfera della differenza. Uno dei primi con-
tributi in tal senso risulta certamente il lavoro proposto da Barbara Weightman
(1980) sulla semiotica dei bar gay, in cui la sessualit viene affrontata come forma
di cultura e in quanto tale analizzata e mappata: questo tipo di lavoro apre un
varco nella ricerca volta a esaminare il rapporto tra sessualit e geografie, e per-
tanto anche sulla possibilit per i geografi di analizzare e studiare questo tipo di
luoghi e di spazi. Anche il sociologo Manuel Castells propose un lavoro simile
nella sua opera The City and the Grassroots (1983), mappando la sociologia urba-
na dellomosessualit come fenomeno sociale, culturale e politico, con una parti-
colare attenzione rivolta alla citt di San Francisco. Altri studiosi si sono cimentati
nellanalisi delle diverse problematiche relative ai rapporti tra geografia e sessua-
lit: in particolare Bob McNee (1984) nel saggio If You Are Squeamish, racconto
di un field trip svoltosi nellarea di Castro, a San Francisco, organizzato dellAsso-
ciazione dei Geografi Americani nel corso della Conferenza Annuale. Questo re-
soconto ha determinato un vero e proprio dibattito, relativo al modo in cui la geo-
grafia pu riflettere sulla sessualit, cercando di evitare il rischio sia di scandaliz-
zare il pubblico, sia di finire con lesoticizzare largomento.
Nel corso degli anni Ottanta, il lavoro relativo a queste tematiche si sviluppa
sempre di pi, e la sessualit (o quanto meno lomosessualit) diventa oggetto di
forte dibattito nella geografia anglofona, anche in libri di testo come Maps of Mea-
ning di Peter Jackson (1989), dove ancora una volta al centro dellanalisi troviamo
San Francisco e gran parte delle riflessioni sviluppate precedentemente da Castells.
Linclusione di questo dibattito in Maps of Meaning risulta molto significativa per
la geografia anglofona perch contribuisce al processo di posizionamento (e le-
gittimazione) dello studio delle geografie delle sessualit; inoltre svolge anche la
funzione di collocare questo tipo di riflessione nel contesto pi specifico della co-
siddetta new cultural geography, ovvero una geografia influenzata e ispirata dai
cultural studies e dalla prospettiva post-strutturalista, particolarmente interessata
allo studio della differenza nella costruzione delle politiche identitarie. Senza
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 13
dubbio, questo tipo di posizionamento ha anche posto dei limiti al ruolo della
sessualit allinterno della geografia, come stato messo in luce dalle critiche
mosse precedentemente gi al cultural turn stesso: di essere troppo culturale, te-
stuale e postmoderno (Barnett, 1998).
Un altro momento cruciale nella storia della disciplina si ebbe lanno successi-
vo al lavoro di Jackson, con la pubblicazione di The Social Consequences of Ho-
mosexuality di Larry Knopp (1990). Questo articolo, infatti, come il precedente la-
voro di Jackson, ha fornito una vasta panoramica di alcuni di quelli che oggi risul-
tano lavori chiave nello sviluppo della disciplina, esplicitando perch le sessualit
potrebbero diventare un oggetto di studio rilevante per i geografi. La pubblicazio-
ne dellarticolo ha determinato un dibattito molto acceso, con tanto di lettere di
protesta indirizzate alla stessa rivista (rivolta sia alle universit sia alle scuole), so-
stenendo che largomento proposto fosse alquanto inappropriato. Lo stesso arti-
colo, tuttavia, cattura anche lattenzione di un docente di un corso di geografia so-
ciale, avvicinatosi da poco a questo tipo di dibattito. A seguito della lettura sia del-
larticolo sia delle lettere di protesta, David decide non solo di inserire il tema del-
la sessualit nellambito del suo corso, ma anche di allargare il proprio sguardo su
quanto pubblicato fino ad allora, per riflettere su che tipo di direzione avrebbe
potuto intraprendere la ricerca nella disciplina. Da questo lavoro di ricerca
emerso il suo articolo Insignificant Others (Bell, 1991), che si concludeva con un
appello rivolto a coloro che lavorano sullo stesso tema, al fine di poter sviluppare
un dibattito. Grazie anche a questo appello ha avuto luogo, nel 1992, la Conferen-
za Sexuality & Space Network e, sempre nello stesso anno, stato concepito Map-
ping Desire.
Alla stregua di Maps of Meaning, Mapping Desire (Bell e Valentine, 1995) rap-
presenta una tappa simbolica nella sua ambivalenza tra inclusione e accettazio-
ne della sessualit (pur se entro certi limiti) come argomento della geografia, ma
anche ricollocazione del tema come argomento peculiare della cultural geo-
graphy in quanto disciplina innovativa e trendy, e pertanto in linea con il cultural
turn di quegli anni, nel quale il ruolo della casa editrice britannica Routledge
stato determinante.
La funzione di Mapping Desire nello sviluppo e nella legittimazione della di-
sciplina risulta ancora oggi decisamente rilevante, come possibile osservare dal-
le bibliografie di riferimento e dagli scaffali delle biblioteche dedicate al tema. Un
tema particolarmente interessante, che ha vissuto una storia altrettanto interessan-
te, ma che ormai oggi appartiene al passato, e riflette il tempo (e il luogo) in cui
stato concepito: le maggiori preoccupazioni degli anni Novanta, cos come le teo-
rie e gli oggetti di ricerca che erano rilevanti allora. Oggi si tratta dunque di una
sorta di testimonianza, quasi di un pezzo da museo. Quando ci siamo riuniti al-
cuni di noi a Parigi la scorsa estate per celebrare il quindicesimo compleanno
dellopera, abbiamo dedicato un momento della riflessione persino su cosa stesse
a significare e a suggerire lo sguardo dellombelico rappresentato sulla copertina
del libro, al fine di riflettere su cosa significhi, oggi, Mapping Desire. In ogni caso,
dopo la sua pubblicazione, ci siamo resi conto di come il tema della sessualit ini-
ziasse a diffondersi attraverso la geografia umana, sia pure in modo non unifor-
14 David Bell e Jon Binnie
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 14
Remapping Desire. Riflessioni sulle geografie delle sessualit 15
me, passando dalle roccaforti della geografia culturale, urbana e femminista, fino
a trovare il suo spazio allinterno di tutte le diverse branche della geografia: dalla
rurale alleconomica, dalla politica alla storica e alla medica.
Se la diffusione di una geografia delle sessualit stata in certi momenti sol-
tanto parziale e in ogni caso molto irregolare, possibile comunque individuare
una sorta di mappatura, o quanto meno una sua collocazione, allinterno della
stessa geografia. I contributi pi recenti, come Geographies of Sexualities di
Browne, Lim e Brown (2007) e Space, Place and Sex di Johnston e Longhurst
(2010), testimoniano, infatti, come il lavoro relativo a questa disciplina si sia spin-
to verso nuove direzioni. Ed entro tutta la geografia umana abbiamo modo di ri-
scontrare lo sviluppo di diversi filoni di ricerca che spesso si intersecano tra di lo-
ro: come per esempio nella geografia rurale, allinterno della quale stato avviato
un programma di ricerca molto stimolante sulle sessualit rurali (si veda, per una
sintesi, Little, 2002).
Queer Geography? Quando abbiamo deciso di scrivere Mapping Desire, il
nostro sguardo non rappresentava solo quello della geografia, ma anche la gran-
de influenza che la teoria e gli studi queer stavano avendo in quel momento stori-
co. E cos abbiamo cercato anche di introdurre alcuni contributi geografici nel pi
ampio pubblico dei queer studies. Limpatto iniziale in questo contesto stato ab-
bastanza disomogeneo: se, da una parte, molti di coloro che si muovevano nel-
lambito della teoria queer si sono interessati ai temi legati allo spazio, dallaltra,
solo pochi si sono davvero impegnati nello sviluppo di ricerche specificatamente
geografiche, forse perch la geografia vista ancora come una materia noiosa,
troppo scientifica rispetto alla carica di riferimenti umanistici su cui era basata
tutta la teoria queer. In un certo senso, il flusso di traffico intellettuale stato ab-
bastanza a senso unico. Tuttavia, oggi possiamo vedere come la teoria queer ab-
bia avuto un profondo impatto sulle geografie delle sessualit, fornendoci nuovi
oggetti di studio e nuovi strumenti con cui cimentarsi. E questo ci porta a pensare
al nostro specifico apporto allo studio della geografia delle sessualit, e a riflettere
su alcuni dei limiti e degli aspetti pi critici in questo lavoro.
Una delle principali critiche rivolte alle geografie delle sessualit quella di
essere troppo gay. Per esempio, Richard Phillips (2006) rimprovera Mapping
Desire per il suo focalizzarsi sullomosessualit, e per non aver provato a riflettere
attorno alla pi ampia sfera delle sessualit diverse e sulle diverse geografie delle
sessualit. Le critiche di Phillips relative al primo lavoro interamente dedicato al-
la geografia non soltanto gay, ma rivolta anche alle esperienze lesbiche, bisessua-
li e transgender, rimangono ancora oggi alquanto sconcertanti. Tuttavia, nei ter-
mini di lungo periodo ha avuto modo di rivelarsi anche come valido. Negli ultimi
anni, infatti, si assistito a un ampliamento del lavoro sulla sessualit, volto a in-
cludere un fenomeno significativo e centrale, ovvero tutto il lavoro sviluppatosi
attorno alla prostituzione e allo sfruttamento sessuale: in particolare, i lavori di
Phil Hubbard (2000, 2008), Phil Howell (2009) e di Stephen Legg (2010). Hubbard
(2000; 2008), infatti, ha ribadito pi volte la necessit che le geografie delle ses-
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 15
sualit si impegnino pi intensamente nellassumere le eterosessualit come og-
getto di studio, e ha ragione a sostenere che le eterosessualit rimangono ancora
oggi poco studiate nellambito della ricerca geografica sulla sessualit. Allo stesso
modo va sottolineato come ancora oggi esista una ricerca abbastanza limitata re-
lativa ai transgender (Doan, 2007; Namaste, 1996; Browne, Nash e Hines, 2010) e
alla bisessualit (Hemmings, 2002), argomenti che restano affrontati solo in parte
nelle geografie delle sessualit.
Unosservazione molto critica, emersa anche al di fuori della geografia, quel-
la di Judith Halberstam che, facendo riferimento anche a Phillips, sottolinea come
nella ricerca su sessualit e spazio emergano per lo pi uomini gay e possibil-
mente bianchi. In In a Queer Time and Place Halberstam sostiene che: The liter-
ature on sexuality and space is growing rapidly, but it tends to focus on gay men,
and it is often comparative only to the extent that it takes white gay male sexual
communities as a highly evolved model that other sexual cultures try to imitate
and reproduce (2005, pp. 12-13). La critica di Halberstam (pur basandosi, va det-
to, su una lettura abbastanza sommaria e superficiale della letteratura), mette in
luce una serie di lacune relative alle geografie lesbiche, come quelle di Gill Valen-
tine, Lynda Johnston e Linda Peake. Tuttavia, le osservazioni di Halberstam han-
no aperto la via alla necessit di allargare il dibattito entro la disciplina, suscitando
contributi come quelli di Natalie Oswin e Heidi Nast. Negli ultimi anni abbiamo
registrato un crescente numero di lavori che esaminano le politiche intersettoriali
tra razza e sessualit: per esempio la ricerca di Andrew Tucker (2009) sulla geo-
grafia politica delle disuguaglianze sociali e sessuali a Citt del Capo, e il lavoro di
Camila Bassi (2006) sugli spazi delleconomia rosa a Birmingham. Grazie al con-
cetto di intersectionality e alle sue radici intellettuali che attingono al femminismo
nero, il suo contributo stato prezioso nel mettere in discussione il modo mono-
litico con cui la nozione stessa di identit pu rischiare di escludere le identit
multiple. Tuttavia altri studiosi, come per esempio Umut Erel (Erel e altri, 2008) e
Jasbir Puar (2005), hanno sostenuto che il concetto di intersectionality possa al
tempo stesso rischiare di risultare ambiguo: As a tool of diversity management,
and a mantra of liberal multiculturalism, intersectionality colludes with the disci-
plinary apparatus of the state census, demography, racial profiling, surveillance
in that difference is encased within a structural container that simply wishes
the messiness of identity into a formulaic grid (Puar, 2005, p. 128). A nostro avvi-
so, proprio questo concetto di disordine, peculiare delle identit, che spesso
sfuggito alla ricerca sulla sessualit, nonostante lo spirito decostruzionista che ca-
ratterizza la teoria queer. Come afferma Lee Edelman (2004, p. 17): Queerness
can never define an identity; it can only disturb one.
Un ulteriore limite rappresentato dallegemonia anglo-americana della ricer-
ca sulla sessualit in geografia, il che pu in parte essere ritracciato nelle origini,
esposte in precedenza, del lavoro geografico incrementatosi anche grazie allim-
patto del femminismo e del cultural turn, che si sono sviluppati in modo dise-
guale nella geografia internazionale (Monk, 1994). Come geografi della sessualit
dobbiamo anche essere particolarmente attenti alle politiche della localit, nella
produzione di geografie e metodologie queer, nonostante che si sia percorsa gi
16 David Bell e Jon Binnie
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 16
Remapping Desire. Riflessioni sulle geografie delle sessualit 17
molta strada, grazie anche al lavoro di Jasbir Puar (2005), volto a destabilizzare le
politiche locali.
Fin dagli albori della ricerca relativa alle geografie delle sessualit, come per
esempio la discussione sullinibizione di McNee (1984), i ricercatori hanno cerca-
to di comprendere e sfidare il ruolo di emarginazione della sessualit in quanto
potenziale fattore di conoscenza nellambito della disciplina. Influenzati dalla cri-
tica femminista alle conoscenze geografiche, i geografi della sessualit hanno cer-
cato di offrire un quadro epistemologico queer per la geografia, anche se in que-
sto contesto, come sostiene Howell (2007), risulta singolare come i geografi delle
sessualit non abbiano fatto un uso pi ampio del lavoro di Michel Foucault. Al
centro della tesi avanzata in Coming Out of Geography (Binnie, 1997) cera pro-
prio il tentativo di mettere in discussione la base fortemente positivista della co-
noscenza geografica: una base epistemologica che ha reso la soggettivit sessuale
e la complessa materialit del sesso come qualcosa di irrilevante.
Qui vogliamo sostenere che il problema nei confronti della sessualit, tipico
della geografia anglo-americana, potrebbe essere in parte fatto risalire alla storia
relativamente recente della disciplina: in particolare alla rivoluzione quantitativa
negli anni Cinquanta e Sessanta, e alla posizione della disciplina a met strada tra
scienze sociali e naturali, con uno scarso impegno verso le questioni della posi-
zionalit e della riflessivit, cos come verso la complessa questione relativa alla
materialit. Fortunatamente oggi assistiamo ad esempi di lavoro sulla pratica ses-
suale e sul ruolo di primo piano del ricercatore, come per esempio nel saggio di
Gavin Brown (2008) sui servizi igienici pubblici utilizzati per incontri sessua-
li. Inoltre, grazie soprattutto al lavoro di Karen Nairn (2003) si sviluppata anche
una critica relativa alla politica istituzionale della sessualit entro gli spazi peda-
gogici, come per esempio i field trip. Il tema della politica sessuale nella produ-
zione di conoscenza geografica e la valenza politica del fare ricerca sulla sessua-
lit hanno sviluppato inoltre un vivo dibattito relativo al come fare ricerca sulla
sessualit. Coming Out of Geography era rimasto sullo sfondo nella Gran Breta-
gna della prima met degli anni Novanta, periodo di intensa creativit intellettua-
le e politica, anche in risposta alle politiche statali nei confronti dei movimenti
dissidenti emersi durante la crisi causata dallAIDS. Lobiettivo di sviluppare una
prospettiva epistemologica e metodologica queer intendeva anche promuovere
una conoscenza anti-omofobica e anti-erotofobica, ispirandosi soprattutto al lavo-
ro di Foucault sulla sfida al potere in quanto parte della produzione discorsiva
della conoscenza.
Mentre non possiamo che sostenere con entusiasmo il recente sviluppo di una
pi ampia gamma di prospettive queer sulle metodologie e sulle epistemologie,
come dimostra luscita di Queer Methods and Methodologies di Browne e Nash
(2010), e del numero speciale del Graduate Journal of Social Science sulle meto-
dologie queer (Kulpa e Liinason, 2008), tuttavia oggi siamo ancora meno fiducio-
si nella possibilit di vedere emergere una metodologia che risulti queer per defi-
nizione nel suo statuto epistemologico, e anche se il tema dellomofobia e delle-
rotofobia nella disciplina sono altrettanto importanti ancora oggi, ogni narrazione
trionfalista relativa al progresso della teoria queer entro la Critical Human Geo-
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 17
graphy andrebbe sempre guardata con sospetto. Cos come, nei dibattiti relativi
alla geografia femminista, la metodologia quantitativa risultata centrale nella
stessa prassi femminista, allo stesso modo dovremmo riconoscere il forte poten-
ziale queer che linfluenza di determinate metodologie (comprese sia quella
quantitativa sia quella qualitativa, come messo in luce nei recenti saggi di Michael
Brown e Larry Knopp, 2008, e di Kath Browne, 2007) potrebbe sviluppare al fine
di costruire un approccio metodologico queer appropriato.
Sappiamo bene che il concetto di queer rimane pur sempre un concetto con-
troverso, forse (ancora di pi) rispetto a quando si svincolato dallattivismo poli-
tico e accademico dei primi anni Novanta. Chi pu definire cosa e fino a che pun-
to queer, e cosa rende queer una metodologia? Nelle recenti opere di Muoz
(2009), Edelman (2004) e Halberstam (2005) sono stati avanzati ambiziosi (e spes-
so contrastanti) tentativi di delineare metodologie queer. Per Muoz, per esem-
pio, una metodologia queer implica una rivisitazione del rapporto tra passato,
presente e futuro, attraverso la produzione di un luogo e di un tempo utopi-
co. Tuttavia, avanzare una metodologia queer significa inevitabilmente anche
aderire a una visione collettiva su cosa si intende per queer, il che potrebbe per
esempio mettere in discussione la proposta di Muoz, in quanto non include altri
tipi di letture, altre potenzialit. Muoz, infatti, non sempre fornisce prove molto
convincenti a sostegno della sua tesi. Tuttavia, sarebbe auspicabile anche articola-
re un approccio pi rigoroso alle metodologie queer, senza necessariamente do-
versi ritrovare allinterno di un nozionismo prescrittivo di una metodologia queer
corretta, in particolar modo in geografia: una disciplina che ha sofferto di una
base metodologica quasi endemicamente prescrittiva su ci che definisce un mo-
do legittimo di fare ricerca geografica. In quanto studioso di performance studies,
Muoz si esprime in tal modo in merito alleffetto conservatore dellempirismo
positivista: practices of knowledge production that are content merely to cull se-
lectively from the past, while striking a pose of positivist undertaking or empirical
knowledge retrieval, often nullify the political imagination (2009, p. 27).
Esiste inoltre un pericolo nel tentativo di articolare a tutti i costi un unico ap-
proccio metodologico queer. nostra opinione che in relazione alla ricerca in
materia di sessualit lapproccio qualitativo a volte possa, come per esempio nel-
lapproccio di Muoz, rischiare di incoraggiare una visione delle cose attraverso
dicotomie morali tra buoni e cattivi. La sua analisi, infatti, talvolta tende a re-
stringere il campo delle possibilit e delle interpretazioni critiche dei fenomeni e
dei significati (tanto da supporre di aver chiaro chi e cosa queer e cosa non lo
), mentre Edelman, per esempio, cerca di fare il contrario, e di respingere ogni ti-
po di chiusura e di fissit delle identit.
In questa analisi abbiamo dunque cercato di esaminare alcuni dei limiti del la-
voro geografico sviluppatosi attorno alle sessualit, tentando di fornire alcune ri-
flessioni sulle epistemologie e sulle metodologie queer. Pertanto, pur essendo
consapevoli del limite e del pericolo di ogni tentativo prescrittivo di individuare
una metodologia queer, concluderemo il nostro contributo cercando di riflettere,
pur se brevemente, in merito alla possibilit e al significato di una metodologia
queer per la geografia.
18 David Bell e Jon Binnie
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 18
Remapping Desire. Riflessioni sulle geografie delle sessualit 19
Queered Geography? Spostare lattenzione da Mapping Desire verso la ricer-
ca di unepistemologia queer rappresenta un modo diverso di riflettere su ci che
accade quando il queer entra in contatto con la geografia. Ci, infatti, permette
di pensare al queering come a un processo che critica le pratiche di produzione
della conoscenza e lascia spazio alla possibilit di adottare un approccio queer ai
modi di fare e di pensare della geografia, come possiamo osservare attraverso la
diffusione di approcci queer in tutta la geografia, al di l del suo epicentro rappre-
sentato dalla geografia culturale. Naturalmente ci riflette le pi ampie trasforma-
zioni nel post-cultural-turn e nelle discipline post-identity-politics, attraverso un
ritorno al sociale con un nuovo accento sulla materialit, e persino sulla materia-
lit del sesso, che presenta spesso confini ancora confusi. Nuovi approcci teorici
e metodologici, con cui la geografia continua a giocare in modo promiscuo, han-
no consentito, attraverso unepistemologia queer, di esplorare nuovi territori. Re-
lational geographies, actor-network theory, non-representational theory: tutti
questi approcci offrono interessanti prospettive per ripensare a ci cui potrebbe
puntare una geografia queered.
Mentre i critici spesso si stancano delle mode e dellopacit dei continui cultu-
ral turns, noi preferiamo vedere questi cambiamenti come sintomo di vitalit e di
non appiattimento di una disciplina che resiste al collocarsi in via definitiva.
Inoltre, anche alcuni approcci innovativi come lactor-network theory e la
non-representational theory sono stati molto importanti per i fondamenti della di-
sciplina, in particolare nella distinzione tra umano e non umano, e quindi anche
nella discussione tra geografia umana e fisica.
Tutte le discussioni sul tentativo di attraversare questo divario sembrano risuo-
nare nellepistemologia queer, in particolare nella fondamentale distinzione tra
forme di conoscenza e produzione di conoscenza. Cos, mentre alcuni dei nostri
colleghi di geografia fisica aggrottano ancora la fronte in modo ironico ad alcune
idee come lecologia queer (Mortimer-Sandilands ed Erikson, 2010), questi dibat-
titi, tuttavia, ci spingono verso territori interessanti. Ci auguriamo pertanto che
una geografia queered possa continuare a rifiutare la facile dicotomia tra umano e
non umano, scienze umane e fisiche, scienze e scienze sociali, e che un giorno,
piuttosto che di geografia delle differenze, si possa parlare di una geografia diffe-
rente.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
BARNETT C., The Cultural Turn: Fashion or Progress in Human Geography?, in An-
tipode, Durham, 1998, 30, pp. 379-394.
BASSI C., Riding the Dialectical Waves of Gay Political Economy: A Story from Birming-
hams Commercial Gay Scene, in Antipode, Durham, 2006, 38, pp. 213-235.
BELL D., Insignificant Others: Lesbian and Gay Geographies, in Area, Londra, 1991, 23,
pp. 323-329.
BELL D. e G. VALENTINE, Mapping Desire. Geographies of Sexualities, Londra-New York,
Routledge, 1995.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 19
BINNIE J., Coming out of Geography: Towards a Queer Epistemology?, in Environment &
Planning D: Society & Space, Londra, 1997, 15, pp. 223-237.
BROWN G., Ceramics, Clothing and Other Bodies: Affective Geographies of Homoerotic
Cruising Encounters, in Social and Cultural Geography, Londra, 2008, 9, pp. 915-932.
BROWN M. e L. KNOPP, Queering the Map: The Productive Tensions of Colliding Episte-
mologies, in Annals of the Association of American Geographers, Washington, 2008,
98, pp. 40-58.
BROWNE K., Selling My Queer Soul or Queering Quantitative Research?, in Sociological
Research Online, 2007, 13 (consultabile in www.socresonline.org.uk/13/1/11.html).
BROWNE K., J. LIM e G. BROWN (a cura di), Geographies of Sexualities: Theory, Politics,
Practice, Aldershot, Ashgate, 2007.
BROWNE K. e C. NASH (a cura di), Queer Methods and Methodologies: Intersecting Queer
Theories and Social Science Research, Aldershot, Ashgate, 2010.
BROWNE K., C. NASH e S. HINES (a cura di), Towards Trans Geographies, in Gender,
Place & Culture, Abingdon, 2010, 17, pp. 573-672 (fascicolo monografico).
CASTELLS M., The City and the Grassroots: A Cross-cultural Theory of Urban Social Move-
ments, Berkeley, California University Press, 1983.
DOAN P., Queers in the American City: Transgendered Perceptions of Urban Space, in
Gender, Place and Culture, Abingdon, 2007, 14, pp. 57-74.
EDELMAN L., No Future: Queer Theory and the Death Drive, Durham, Duke University
Press, 2004.
EREL U. e altri, On the De-policisation of Intersectionality-talk, in A. KUNTSMAN e E.
MIYAKE (a cura di), Out of Place: Interrogating Silences in Queerness/Raciality, York,
Raw Nerve Books, 2008, pp. 265-292.
HALBERSTAM J., In a Queer Time and Place: Transgender Bodies, Subcultural Lives, New
York, New York University Press, 2005.
HEMMINGS C., Bisexual Spaces: A Geography of Gender and Sexuality, Londra, Rout-
ledge, 2002.
HOWELL P., Foucault, Sexuality, Geography, in J. CRAMPTON e S. ELDEN (a cura di),
Foucault and Geography: Space, Knowledge, Power, Aldershot, Ashgate, 2007, pp.
291-315.
HOWELL P., Geographies of Regulation: Policing Prostitution in Nineteenth-Century
Britain and the Empire, Cambridge, Cambridge University Press, 2009.
HUBBARD P., Desire/Disgust: Mapping the Moral Contours of Heterosexuality, in Progress
in Human Geography, Londra, 2000, 24, pp. 191-217.
HUBBARD P., Here, There, Everywhere: The Ubiquitous Geographies of Heteronormativity,
in Geography Compass, 2008, 2, pp. 640-658 (consultabile in www.blackwell-com-
pass.com).
JACKSON P., Maps of Meaning: An Introduction to Cultural Geography, Londra, Unwin
Hyman, 1989.
JOHNSTON L. e R. LONGHURST, Space, Place and Sex: Geographies of Sexualities, Lan-
ham, AltaMira, 2010.
KNOPP L., The Social Consequences of Homosexuality, in Geographical Magazine, Lon-
dra, 1990, maggio, pp. 25-25.
KULPA R. e M. LIINASON (a cura di), Queer Studies: Methodological Approaches, in Graduate
20 David Bell e Jon Binnie
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 20
Remapping Desire. Riflessioni sulle geografie delle sessualit 21
Journal of Social Science, 2008, 5, pp. 1-179 (fascicolo monografico).
LEGG S., An Intimate and Imperial Feminism: Meliscent Shephard and the Regulation of
Prostitution in Colonial India, in Environment and Planning D: Society and Space,
Londra, 2010, 28, pp. 68-94.
LITTLE J., Gender and Rural Geography: Identity, Sexuality and Power in the Country-
side, Harlow, Prentice Hall, 2002.
MCNEE B., If You Are Squeamish, in The East Lakes Geographer, Columbus, 1984, 19, pp.
16-27.
MONK J., Place Matters: Comparative International Perspectives on Feminist Geography,
in The Professional Geographer, Washington, 1994, 46, pp. 277-288.
MORTIMER-SANDILANDS C. e B. ERIKSON (a cura di), Queer Ecologies: Sex, Nature, Pol-
itics, Desire, Bloomington, Indiana University Press, 2010.
MUOZ J.E., Cruising Utopia: The Then and There of Queer Futurity, New York, New
York University Press, 2009.
NAIRN K., What has the Geography of Sleeping Arrangements got to do with the Geogra-
phy of our Teaching Spaces?, in Gender, Place and Culture, Abingdon, 2003, 10, pp.
67-81.
NAMASTE K., Genderbashing: Sexuality, Gender, and the Regulation of Public Space, in
Environment and Planning D: Society and Space, Londra, 1996, 14, pp. 221-240.
PHILLIPS R., Heterosexuality, Respectability and the Travellers Aid Society, in ACME: An
International E-Journal for Critical Geographies, Vancouver, 2006, 5, pp. 163-190.
PUAR J., Queer Times, Queer Assemblages, in Social Text, Durham, 2005, 84-85, pp. 121-
139.
TUCKER A., Queer Visibilities: Space, Identity and Interaction in Cape Town, Chichester,
Wiley-Blackwell, 2009.
WEIGHTMAN B., Gay Bars as Private Places, in Landscape, Londra, 1980, 24, 1, pp. 9-16.
REMAPPING DESIRE: THOUGHTS ON THE GEOGRAPHIES OF SEXUALITIES. In
this paper we begin by sketching something of the history and current shape of work on
geographies of sexualities, drawing on our own experiences within that history. This is
inevitably therefore a partial and personal story, but in it we signal some of the main
developments and also some of the critiques and gaps in work in this area. We then move
on to discuss key themes and debates, such as queer epistemologies and methodologies
looking again at some of the critical discussions inside and outside the discipline. The
paper ends by thinking about the future, about where geographies of sexualities might be
headed, including the possibility of queering of the human/physical division in the disci-
pline itself.
University of Leeds, Centre for Interdisciplinary Gender Studies
d.j.bell@leeds.ac.uk
Manchester Metropolitan University, Division of Geography & Environmental
Management
j.binnie@mmu.ac.uk
(Traduzione dallinglese di Fiammetta Martegani)
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 21
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 22
BOLLETTINO DELLA SOCIET GEOGRAFICA ITALIANA
ROMA - Serie XIII, vol. IV (2011), pp. 23-30
MONICA M. PASQUINO
SE LA FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO INCONTRA
LA POLITICA QUEER
Il queer, lo spazio pubblico. Nel 1990, durante un convegno presso lUniver-
sit della California a Santa Cruz, Teresa De Lauretis propone di nominarsi queer:
Il termine nella lingua inglese un insulto che lautrice vuole neutralizzare e met-
tere provocatoriamente a servizio delle pratiche di resistenza allomofobia. Fino
ad allora, queer era un appellativo dispregiativo, usato per indicare pratiche ses-
suali considerate anomale o pervertite. Dora in avanti, il queer simboleggia tutti i
soggetti sessuali presi in mezzo dalle categorie binarie travestiti/e, ermafroditi,
androgini e diventa una figurazione, cio comincia a incarnare il modello di
una soggettivit post-identitaria in lotta contro i regimi di verit imposti al fine di
rendere vivibile e degna la vita dei soggetti non previsti dallordine sociale, come
la nomade di Rosi Braidotti e il cyborg di Donna Haraway. Questa riformulazione
stimola la nascita di un campo interdisciplinare di studi queer creazioni artisti-
che e culturali, produzioni teoriche e ricerche interdisciplinari che presto oltre-
passano lOceano e si diffondono anche in Europa. In questi lavori, lobbligo so-
ciale alleterosessualit descritto come forma attraverso la quale il soggetto di-
venta possibile e il genere lapparato storico-culturale attraverso il quale letero-
sessualit prodotta come prediscorsiva e naturale. Le differenze coorporee tra i
due sessi, anchesse raffigurate come precedenti alla cultura e quindi politicamen-
te neutre, sono rese significative dal valore sociale attribuito alleterosessualit.
La teoria queer si sviluppa grazie al contributo di numerosi autori e autrici; ol-
tre a De Lauretis una delle pi importanti Judith Butler, che in diversi scritti si
sofferma sulle sue fondamenta teoriche e quindi sul concetto della performati-
vit termine che indica il potere di alcune espressioni linguistiche di realizzare
il compimento di una determinata azione nel momento stesso in cui sono enun-
ciate.
De Lauretis e Butler descrivono il queer come una soggettivit aperta che per
ragioni politicamente significative deve rimanere tale e non pu mai dirsi comple-
ta: una figurazione che rappresenta lalterit questa la condizione stessa del-
la sua efficacia politica. Lobiettivo del queer violare le norme (eteronormative)
e sfidare la presunta neutralit dello spazio pubblico, sapendo che proprio la
neutralit il vero punto di forza dello spazio pubblico come spazio normativo. Lo
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 23
(1) Oltre alle sue tesi riguardo alla costituzione del genere e della soggettivit, proprio nelle
argomentazioni concernenti la natura sociale del linguaggio che Butler rivela i propri debiti filosofici,
intrattenendo un continuo e puntuale dialogo con autori fondamentali della tradizione del pensiero
critico francese e tedesco. Per unanalisi delle opere filosofiche e dei nuclei teorici pi ricorrenti nella
filosofa statunitense, si veda il volume curato da Monica Pasquino e Sandra Plastina (2009).
24 Monica M. Pasquino
spazio pubblico non infatti una semplice scenografia che fa da sfondo alle azio-
ni umane: esso stesso disciplina e legittima regole e comportamenti appropriati.
Nello spazio pubblico si realizza lesclusione di tutti i modi di vivere non confor-
mi allordine sociale e allorientamento eterosessuale. Nello spazio pubblico sono
racchiusi i tanti avvenimenti in cui costantemente si riproducono le strutture sim-
boliche che dividono la sfera del visibile in due poli, uno positivo e laltro negati-
vo. Uomo/donna, eterosessuale/omosessuale, civilizzato/primitivo, bianco/nero
sono dualismi che esprimono un rapporto gerarchico; anche se sembrano indica-
re differenze apparentemente neutrali, sono dicotomie costituite da un elemento
dominatore e uno dominato. Allinterno dello spazio pubblico, alcuni soggetti svi-
luppano le caratteristiche necessarie per rientrare nella categoria degli individui
normali, mentre altri, classificati come irregolari e pericolosi, sono marginalizzati
o esclusi. Una successione di pratiche culturali e discorsi performativi istituisce il
modello maschile o femminile (eterosessuale) come sola identificazione lecita,
mentre lomosessualit unidentificazione preclusa al soggetto e costituisce
lambito dellabietto, del temuto socialmente e dellinvivibile. Questo processo di
inclusione/esclusione dallorizzonte sociale si riflette nella progettazione e nellu-
so degli spazi pubblici, in particolare quelli urbani, come testimonia la storia della
segregazione razziale o, anche, la progettazione di spazi pubblici con impedi-
menti o barriere architettoniche per diversamente abili, anziani/e, bambini/e. In
questi processi che trasformano la polis nello spazio di pochi, il linguaggio svolge
una funzione chiave: le parole delimitano i confini di ci che appare nello spazio
pubblico e partecipano in modo sostanziale alla formazione dellidentit indivi-
duale e collettiva. Il linguaggio la dimensione in cui le vite sono narrate nella
polis. Se dal linguaggio dipende la nostra esistenza e la qualit dello spazio che
abitiamo, allora siamo costitutivamente vulnerabili ai suoi atti; a causa della soffe-
renza che, parlando, possiamo arrecare agli altri, siamo responsabili delle parole
che pronunciamo, anche se lautorit che agisce sulle formule verbali che profe-
riamo eccede noi stessi, anche se la forza di quel che diciamo ci sovrasta e supera
la nostra capacit di immaginazione (Butler, 2004a).
Secondo Butler, la funzione performativa del discorso svolge un ruolo prima-
rio nel delimitare i confini di ci che appare degno di essere mostrato nello spazio
pubblico. In diverse opere, la performativit per la filosofa unoccasione per ri-
flettere sulla intrinseca politicit del dire e sulla responsabilit etica che abbiamo
quando scegliamo certe locuzioni verbali piuttosto che altre. Lanalisi di Butler su-
gli atti performativi si sviluppa in dialogo con il ragionamento avanzato dal teori-
co francese Jacques Derrida nel saggio Firma evento contesto, contenuto nel vo-
lume Margini della filosofia (1997a) (
1
). Butler da un lato accoglie le analisi di
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 24
(2) Con questo non si intende sostenere che la teoria degli atti linguistici proposta originariamen-
te sia priva di giudizi etici, ma solo che non la dimensione morale la principale meta dellanalisi
austiniana.
(3) Questi due concetti, presi separatamente, sono stati sostenuti anche da studiosi che non pos-
sono essere definiti in senso stretto esponenti della teoria degli atti linguistici, ma non di loro che si
occupa questo scritto, piuttosto intendiamo offrire alla discussione alcuni spunti di riflessione legati al-
linterpretazione del linguaggio performativo proposta da Judith Butler, tracciandone le linee di pro-
venienza, sviluppo e direzione.
Derrida sul linguaggio performativo, dallaltro sembra sopravanzarlo, trattenen-
dosi sugli effetti etico-politici del performativo e non su quelli filosofici e linguisti-
ci (Butler, 2010, 2004a; Butler e Spivak, 2009) (
2
).
Lidea filosofico-linguistica del performativo. La filosofia ha tradizionalmen-
te ritenuto che il linguaggio avesse come funzione pi interessante quella di de-
scrivere o rappresentare, in modo vero o falso, la realt, mantenendo in questo
modo un rapporto privilegiato con la verit, come si evince da quella particolare
modalit di indagine che la logica. La novit centrale introdotta dal filosofo John
L. Austin, nella storia delle idee linguistiche, consiste nellinvito a guardare al lin-
guaggio non pi, o non solo, come a uno strumento per descrivere uno stato di
cose (esteriore o spirituale), bens come a un agire: ecco da dove prende spunto
la fortunata nozione di performativo. Gli atti performativi sono componenti di atti
rituali ai quali sono applicabili degli specifici criteri di valutazione. Mentre gli
enunciati constativi, che Austin preliminarmente contrappone ai performativi,
hanno come criterio di valutazione la verit e la falsit, i performativi hanno come
criterio di valutazione la felicit o linfelicit, ovvero la completa riuscita o meno
dellatto stesso.
Due le idee che caratterizzano questa posizione (
3
): a) si distingue tra il signifi-
cato di un enunciato e il modo in cui lenunciato usato e quindi il concetto di
forza; b) si afferma che il proferimento di un enunciato coincide con lesecuzione
di un atto, qualunque sia il tipo di enunciato che viene proferito. Lobietivo di Au-
stin dimostrare che la funzione veritativa solo uno dei tanti possibili modi in
cui viene usato il linguaggio. Queste idee sono contenute in una serie di lezioni
tenute ad Harvard, pubblicate postume col titolo di Come fare cose con le parole
(1987; ediz. or. How to Do Things with Words, 1962). La trama argomentativa di
questo testo fa perno sulla nozione di enunciati performativi. Riporto alcuni degli
esempi che Austin fa di questo genere di enunciati:
S (prendo questa donna come legittima sposa) pronunciato nel
corso di una cerimonia nuziale.
Battezzo questa nave Queen Elizabeth pronunciato quando si rompe
la bottiglia contro la prua.
Lascio il mio orologio in eredit a mio fratello quando ricorre in un
testamento.
Scommetto uno scellino che domani piover [Austin, 1987, p. 10].
Se la filosofia del linguaggio incontra la politica queer 25
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 25
La peculiarit di questi enunciati risiede nel fatto che la persona che li proferi-
sce non sta semplicemente dicendo qualcosa e tanto meno sta descrivendo ci
che sta facendo, piuttosto sta compiendo unazione di cui latto di proferire le-
nunciato una componente essenziale. Affinch latto si realizzi, tali enunciati
vanno pronunciati nel giusto contesto. Austin parla proprio di circostanze appro-
priate: latto di enunciare le parole la prima condizione per lesecuzione del
performativo, ma non sufficiente affinch latto sia considerato riuscito. Per spo-
sarsi non basta dire: Prendo questo uomo come mio sposo; necessario che le
circostanze siano appropriate e che il parlante e le altre persone coinvolte ese-
guano altre specifiche azioni fisiche, linguistiche o mentali.
Un enunciato performativo sar, ad esempio, in un modo particolare
vacuo o nullo se pronunciato da un attore sul palcoscenico, o se inserito in
una poesia, o espresso in un soliloquio [] In tali circostanze il linguaggio
viene usato in modi particolari in maniera intelligibile non seriamente,
ma in modi parassitici del suo uso normale modi che rientrano nella teo-
ria degli eziolamenti del linguaggio. Noi escludiamo tutto ci dal nostro
esame. I nostri enunciati performativi, felici o meno, devono essere intesi
come proferiti in circostanze ordinarie [Austin, 1987, p. 21].
Inoltre, va tenuto in conto che lenunciazione non deve essere una burla o
uno scherzo e deve essere autentica, rispecchiando lesecuzione di un atto inte-
riore in modo privo di malafede. Se qualcosa allinterno di questo quadro funzio-
nasse male, se le circostanze di enunciazione non fossero appropriate, lenuncia-
to performativo risulterebbe infelice. Queste sono le condizioni che determinano
la buona riuscita degli atti performativi:
(A. 1) Deve esistere una procedura convenzionale accettata avente un
certo effetto convenzionale, procedura che deve includere latto di pronun-
ciare certe parole da parte di certe persone in certe circostanze, e inoltre,
(A. 2) le particolari persone e circostanze in un dato caso devono essere
appropriate per il richiamarsi alla particolare procedura cui ci si richiama.
(B. 1) La procedura deve essere eseguita da tutti i partecipanti sia corret-
tamente che
(B. 2) completamente.
(. 1) [] una persona che partecipa e quindi si richiama alla procedura
deve di fatto avere quei pensieri o sentimenti, e i partecipanti devono avere
intenzione di comportarsi in tal modo, e inoltre
(. 2) devono in seguito comportarsi effettivamente in tal modo [Austin,
1987, p. 17].
Come vedremo, il richiamo al contesto contenuto in (A. 2) particolarmente
importante per almeno due motivi. Il primo dovuto al fatto che il contesto a
suggerire un criterio di valutazione delle azioni. Il secondo che luso di tale con-
cetto mostra come sia la stessa idea di azione ad ampliarsi: il contesto, le circo-
stanze appropriate, secondo Austin, sono, come le parole, parte integrante della-
zione che si sta compiendo.
26 Monica M. Pasquino
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 26
Se la filosofia del linguaggio incontra la politica queer 27
Le critiche e le innovazioni introdotte da Derrida. Passiamo ora a considera-
re le obiezioni che Derrida avanza nei confronti di queste condizioni (
4
) nellaccu-
rato commento al testo di Austin riportato in Firma evento contesto. Uno degli
obiettivi centrali di Derrida dimostrare che la forza di rottura con il contesto ori-
ginario, altrimenti detta insaturabilit del contesto, il predicato essenziale dei
fenomeni di linguaggio:
Per dirlo fin da ora nel modo pi sommario, vorrei dimostrare perch un
contesto non mai determinabile in modo assoluto o piuttosto in che cosa
la sua determinazione non mai certa o satura [Derrida, 1997a, p. 397].
Nella seconda parte del saggio intitolata I parassiti. Iter della scrittura: che es-
sa, forse, non esiste, Derrida definisce il performativo una categoria di comunica-
zione relativamente originale, in quanto descrive qualcosa che non esiste al di
fuori del linguaggio o prima di esso (Derrida, 1997a, p. 412 e segg.); tuttavia critica
ad Austin di non aver fatto i conti con la caratteristica fondamentale del linguaggio,
ovvero la possibilit di prelievo e innesto citazionale di un segno a prescindere da
qualunque contesto specifico e a dispetto di qualsiasi soggettivit intenzionale. Per
il filosofo francese lingombrante concetto di circostanze appropriate a indurre
Austin in errore, definendo come anomalia, fatto non dirimente e non serio le cita-
zioni performative in rappresentazioni teatrali, sketch comici o poesie.
Austin esclude gli usi non seri perch nella sua teoria il contesto avere lo
stesso contesto parte integrante della felicit della performance. Per esempio,
le formule di un matrimonio o di un giuramento proferite durante una rappresen-
tazione scenica (una situazione linguistica eziolata per Austin) rimandano al rito
del matrimonio, ma, in quel contesto, non performano n un matrimonio n un
giuramento.
Proviamo ad analizzare meglio lobiezione che muove Derrida a questo pas-
saggio di Austin.
Lintento delle pagine che compongono Firma evento contesto mettere in lu-
ce linsufficienza teorica del concetto di contesto (linguistico e non) elaborato da
Austin, perch un contesto, per essere esaustivamente determinabile e replicabile
questo il punto decisivo avrebbe bisogno di una intenzione totalmente chia-
ra e di una consapevolezza piena e trasparente da parte di emittente e ricevente.
Questassenza essenziale dellattualit dellenunciato, questa incoscienza
strutturale, se volete, impedisce ogni saturazione del contesto. Perch un
contesto sia esaustivamente determinabile, nel senso richiesto da Austin,
bisognerebbe almeno che lintenzione cosciente fosse totalmente presente e
attualmente trasparente a se stessa e agli altri, poich essa un punto focale
determinante per il contesto [Derrida, 1997a, p. 419].
(4) In via preliminare, va detto che lo scopo dello scritto derridiano mettere in discussione lidea
del linguaggio come comunicazione tra le coscienze, ovvero come rappresentazione di idee e concet-
ti da parte di soggettivit presenti (anche se assenti) di cui il linguaggio stesso farebbe da supplente o
da traccia. Secondo il filosofo francese, lessenza della scrittura e quindi del linguaggio consiste nel-
lessere costituito da marchi ovvero da segni iterabili, prescindendo da una ipotetica intenzione origi-
naria.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 27
Per Derrida tutte le locuzioni sfuggono allancoraggio contestuale. Liberando-
si, almeno in parte, dalla presenza dellintenzione del soggetto parlante, presente
alla totalit dellatto locutorio, Derrida espunge il criterio della verit dal tratta-
mento dei performativi cosa che talvolta Austin costretto a reintrodurre. Ogni
enunciazione pu essere citata in modi non congrui allordinario, questa possibi-
lit per Derrida un tratto strutturale del linguaggio, sua condizione: senza di es-
sa senza literabilit generale dei segni linguistici non vi sarebbe nemmeno
performativo riuscito e il linguaggio potrebbe darsi solo nella singolarit di un
evento o nella replica dellidentico. Ci che Austin esclude dalla sua teoria come
non serio mostra piuttosto il carattere pi profondo del linguaggio.
Unespressione performativa potrebbe avere efficacia se la sua formula-
zione non ripetesse unespressione codificata o ripetibile? O, in altre paro-
le, se la formula che pronuncio per aprire una conferenza, varare una nave
o stipulare un matrimonio non fosse conforme a un modello ripetibile, se
non fosse, dunque, identificabile, in un certo senso, con una citazione?
[] la categoria dellintenzionalit non scomparir, continuer a mante-
nere il suo posto, ma da quella posizione non sar pi in grado di governare
lintera scena e lintero sistema dellenunciazione [Derrida, 1997a, pp. 418-
419].
Butler e la piegatura etico-politica del performativo. In dialogo (non solo)
con la teoria critica francofortese, Butler sostiene una prospettiva filosofica per la
quale il linguaggio fissa i confini dellintellegibilit del soggetto, permettendo che
lio sia riconosciuto dagli altri e possa dirsi io attraverso lenunciazione. Sostiene
che per poter esistere come soggetti bisogna essere stati nominati e bisogna nomi-
narsi passando tra giochi linguistici instabili, in continua negoziazione, e attraverso
schemi di enunciazione transitori e spesso anche contraddittori. Riflette sugli effet-
ti del linguaggio alla luce della logica del riconoscimento, che trova formulazione
nella Fenomenologia dello Spirito di Hegel, esplorando il rapporto tra materialit
dei corpi e lingua, sulla scorta dellinterpretazione di Foucault del potere e di
unampia letteratura femminista e psicoanalitica. Seguendo Derrida, sostiene che
gli atti performativi che incidono sulla soggettivit non devono necessariamente
realizzarsi per opera di una volont cosciente n in circostanze serie (Butler, 1996).
importante osservare che, in questo modo, la sua ipotesi riguardo alla formazio-
ne dei generi sessuali evita una torsione volontarista o iper-razionalista.
Nella versione biblica dellespressione performativa, cio nella frase Sia
la luce! appare chiaro che in virt del potere di un soggetto o della sua vo-
lont che un fenomeno chiamato a realizzarsi. Nella sua riformulazione cri-
tica dellespressione, Derrida afferma che questo potere non la funzione di
una volont originaria ma sempre derivato [Butler, 1996, p. 12].
Nel volume Corpi che contano (1996; ediz. or. Bodies That Matter, 1993), Bu-
tler si chiede in che termini realizzabile un malfunzionamento del meccanismo
performativo e utilizza largomento derridiano delliterabilit del segno per affer-
mare il potenziale sovversivo di un performativo infelice: suo intento concludere
28 Monica M. Pasquino
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 28
Se la filosofia del linguaggio incontra la politica queer 29
che nel procedimento citazionale c sempre la possibilit di uno slittamento del
significato e quindi lapertura a una imprevista risignificazione di ci che i termini
citati dovrebbero realizzare. Questa riflessione assume in Butler sempre una pie-
gatura pratica, etica e politica, cos anche in un altro testo, Vite precarie (2004b)
in cui si mette a fuoco leffetto disumanizzante prodotto dallassenza di parole
pubbliche sulle morti irachene, in seguito allinvasione americana dellIraq o in
Parole che provocano (2010; ediz. or. Excitable Speech, 1997), che analizza tutti
quegli enunciati che si considerano fuori dal controllo dei parlanti (excitable) e le
offese razziste e sessiste (hate speech). In particolare, in questo secondo esempio,
Butler sostiene che lessere apostrofati e ingiuriati con parole dodio stabilisce
performativamente la subordinazione sociale che enuncia (
5
).
Da questa tensione politica che interroga la struttura linguistica, dalla costituti-
va iterabilit del segno, dalla risignificabilit dei termini offensivi e dal ragiona-
mento che si conclude con laffermazione della potenziale sovversivit dei perfor-
mativi infelici, nasce la figurazione queer. La figurazione ha il compito di realizza-
re citazioni iperboliche e non serie di enunciati offensivi o appellativi omofobici
(checca, frocio), proprio perch possibile interrompere una struttura di domi-
nio (di cui il discorso una componente integrante) e produrre significati impre-
visti.
Conclusione. La teoria performativa interessa Butler soprattutto per le conse-
guenze etico-politiche che da essa si originano. Nella sua prospettiva, gli atti
performativi sono forme del discorso autoritario, in quanto non solo eseguono
unazione, ma conferiscono un potere vincolante allazione eseguita: Se il potere
del discorso di produrre ci che nomina connesso alla performativit, allora le-
spressione performativa un ambito nel quale il potere agisce come discorso
(Butler, 1996, p. 167). Tuttavia, se, da un lato, c una dimensione costrittiva del-
linguaggio legata alla performativit, dallaltro, questultima apre la possibilit del
cambiamento sociale e politico: si pu sempre fare un uso distorto, creativo e po-
sitivamente deviante di offese e ingiurie.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
AUSTIN J.L., Come fare cose con le parole, Genova, Marietti, 1987.
BUTLER J., Corpi che contano: i limiti discorsivi del sesso, Milano, Feltrinelli, 1996.
BUTLER J., Scambi di genere: identit, sesso e desiderio, Firenze, Sansoni, 2004 (a).
BUTLER J., Vite precarie, Roma, Meltemi, 2004 (b).
(5) A riconoscimento di tale condizione di vulnerabilit, molti/e teorici e attivisti/e dei diritti
umani sostengono che lo hate speech vada legalmente contrastato. Butler invece, pur lottando contro
qualsiasi tipo di discriminazione, si oppone a questa tendenza che non tiene conto, a suo parere,
della natura temporanea e ambivalente degli effetti performativi del linguaggio, proponendo strategie
politicamente inadeguate.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 29
BUTLER J., Frames of War: When Is Life Grievable, New York, Verso, 2009.
BUTLER J., Parole che provocano. Per una politica del performativo, Milano, Cortina, 2010.
BUTLER J. e G.C. SPIVAK, Che fine ha fatto lo stato-nazione?, Roma, Meltemi, 2009.
DERRIDA J., La scrittura e la differenza, Torino, Einaudi, 1971.
DERRIDA J., Firma evento contesto, in J. DERRIDA (a cura di), Margini della filosofia, Tori-
no, Einaudi, 1997 (a), pp. 393-424.
DERRIDA J., Verso unetica della discussione, in J. DERRIDA, Limited Inc., Milano, Cortina,
1997 (b), pp. 161-230.
GIARDINI M., Derrida e gli atti linguistici. Oltre la polemica con Searle, Bologna, CLUEB,
2002.
KIRBY V., Judith Bulter: Live Theory, New York, Continuum International Publishing
Group, 2006.
PASQUINO M., Doing-Undoing Language. Corpo-linguaggio, in M. PASQUINO e S. PLA-
STINA (a cura di), Fare e disfare. Otto saggi a partire da Judith Butler, Milano-Udine,
Mimesis, 2008, pp. 15-39.
PASQUINO M. e S. PLASTINA (a cura di), Facendo disfando soggettivit. Filosofia e politi-
ca in Judith Butler, Roma, Meltemi, 2009.
SALIH S., Judith Butler, New York, Routledge, 2002.
SEARLE J.R., Reiterando le differenze: una risposta a Derrida, in Aut Aut, Milano, 1987,
pp. 200-210.
PHILOSOPHY OF LANGUAGE MEETS QUEER THEORY. My paper explores the
concept of performativity in the context of discursive practices underlying the formation,
consolidation and destabilization of gender identity, as well as the strengthening of gen-
der roles in society using a poststructuralist approach to subjectivity. Considering perfor-
mativity as a central aspect of language, it emphasises the vulnerability of people in and to
language and discusses ethical and political responsibilities in speaking. To what extent
are we constrained by implicit gendered norms of language, and to what extent can we
be creative agents in the construction of gender through the words we say? To adopt a
gender perspective in performative theories means to make these questions and proble-
matize the force assigned to words and to weigh up the soundness of the analytical tools
offered by these theories in the attempt to explain how gendered subjects are inscribed
into historical natural languages. If linguistic acts participate, constitutively, in the shaping
of gender identities and stereotypes, we could extend the concept of performativity
beyond its ordinarily assigned applications and, perhaps, even limits.
Universit della Calabria, Dipartimento di Filosofia
mpasquino@luiss.it
30 Monica M. Pasquino
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 30
BOLLETTINO DELLA SOCIET GEOGRAFICA ITALIANA
ROMA - Serie XIII, vol. IV (2011), pp. 31-39
MARIANNE BLIDON
LA CITT E GLI EFFETTI DELLETERONORMATIVIT
EMANCIPAZIONE, NORMALIZZAZIONE E PRODUZIONE DI SOGGETTI GAY
Il XIX secolo stato segnato dallinstaurazione di un dispositivo di identifica-
zione attraverso le pratiche sessuali (Foucault, 1976) che costituisce i gay e le le-
sbiche come gruppo minoritario. Poich contravviene alla norma dominante, lo-
mosessualit una sessualit stigmatizzata che implica marginalizzazione ed
esclusione (Becker, 1963) e pone la persona nella situazione di essere sempre di-
scrditable (Goffman, 1975). In questo caso, lingiustizia subita non si basa tanto
sui rapporti di sfruttamento quanto su ci che Nancy Fraser (2005) chiama una
dominazione culturale che tende a rendere invisibile un gruppo attraverso lin-
staurazione di una norma posta come universale, la quale sostiene anche che le-
terosessualit unistituzione sociale prima di essere una scelta di oggetto di desi-
derio. Lomosessualit quindi una resistenza permanente, fragile e continua-
mente contestata del privilegio epistemologico eterosessuale (Sedgwick, 1991);
uno spazio di senso che ignora [gli omosessuali], li esclude o, perlomeno, li mar-
ginalizza (Perreau, 2009, p. 3). A questa subordinazione a un ordine e a norme
che costituiscono una delle dimensioni dellassoggettamento e delloppressione si
aggiunge la violenza sotto forma di ingiurie o di aggressioni fisiche.
Per molti autori, lo spazio pu essere una risorsa di mobilitazione per lottare
contro gli effetti delleteronormativit. La forte densit, il cosmopolitismo, lurba-
nit e lanonimato delle metropoli sono tutte caratteristiche favorevoli allemanci-
pazione e alla realizzazione di un modo di vita gay. Per altri, non vi sarebbero
spazi tolleranti di natura (le metropoli) o omofobi (il rurale, la provincia, la perife-
ria), poich lo spazio non abolisce le norme sociali ma le riconfigura. Il fine di
questo articolo sar dunque quello di sviluppare una riflessione critica che tenga
conto della complessit dei rapporti sociali, della loro articolazione, ma anche
della diversit delle traiettorie e dei modi di soggettivazione, a partire da qualche
esempio empirico tratto da una ricerca sul terreno condotta dal 2003. Analizzer
attraverso lesempio dellaccesso allo spazio pubblico e del PACS Pacte Civil de
Solidarit, contratto che permette un riconoscimento giuridico delle coppie qua-
lunque sia il loro sesso come alla differenziazione spaziale corrisponda linegua-
glianza dei trattamenti delle coppie e listituzionalizzazione della gerarchia delle
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 31
32 Marianne Blidon
sessualit. Poi, prover a riflettere su ci che significherebbe e implicherebbe una
politica di riconoscimento in riferimento a due dimensioni: quella del consumo
come espressione e modo di esistenza dellidentit gay e della sovversione di un
ordine eteronormativo.
Quale posto per i gay e le lesbiche nella citt? Partendo dal postulato che lo-
mofobia e leteronormativit non sono propri n di una classe sociale n di uno
spazio, ma attraversano linsieme della societ con gradi e modi di espressione di-
versi, si pone allora la questione del posto che dato ai gay e alle lesbiche, poi-
ch vi sempre una questione di lotta dei posti, di definizione contestata delle
posizioni possibili e impossibili, di opposizione dei regimi di prossimit e di al-
lontanamento (Lussault, 2009, p. 35).
Lesperienza spaziale dei gay e delle lesbiche non consiste tanto in una forma
di segregazione e di esclusione quanto in uningiunzione costante allinvisibilit,
accantonando cos lomosessualit nella sfera privata, nel placard, prima espres-
sione della violenza, in qualche rara eccezione spaziale e temporale come i gay
pride (Blidon, 2009). Questa cancellazione tocca le rappresentazioni pubbliche
dellomosessualit, poich queste sono spesso o censurate (fig. 1) o oggetto di
una degradazione sistematica. Ora, gli spazi pubblici sono luoghi dove si espri-
mono, si mettono in scena e si formano le identit sociali. Larena pubblica di-
scorsiva compresa fra i luoghi pi importanti (e meno riconosciuti) nei quali le
identit si costruiscono, si decostruiscono e si ricostruiscono (Fraser, 2005, pp.
129-130). Questo tracciato del confine fra il mostrabile e il non mostrabile non
privo di effetti sulle persone.
Si pu incominciare con la presentazione di s e la gestione della gestualit
amorosa delle coppie nello spazio pubblico. Tenersi per mano o baciarsi pubbli-
camente diventano allora atti che non ci si autorizzano, specialmente nel proprio
spazio di vita, o che si riferiscono a una casistica rigorosa (di notte, in vie buie e
deserte oppure nella folla compatta, nel quartiere commerciale gay del Marais op-
pure nel rurale isolato) che testimonia la violenza simbolica che pesa su gay e le-
sbiche (Blidon, 2010).
Questa censura e le precauzioni che i gay e le lesbiche si impongono rinviano
alla questione del libero accesso allo spazio pubblico e a quello del diritto alla
citt (Lefebvre, 1974). A proposito dello statuto dei gay e delle lesbiche, Pierre
Bourdieu parla di un rifiuto di esistenza pubblica (Bourdieu, 1998, p. 45) e Ju-
dith Butler di un modo ontologicamente sospeso (Butler, 2005, p. 51). Per que-
stultima, le costrizioni normative non si accontentano di rendere invisibili certi
gruppi; questi restano visibili, sono presenti nello spazio pubblico, ma la loro pre-
senza delimitata da discorsi che hanno la funzione di cancellare e che condan-
nano una parte della popolazione a vivere in un posto liminale dove queste per-
sone sono e non sono umani (ibidem, p. 50). Occorre allora essere attenti a ci
che informa e d forma nella citt, come prodotto di un discorso eteronormato,
cos come agli effetti di questo discorso sulle persone. Le questioni dellaccesso
allo spazio pubblico, delle condizioni e delle modalit di questo accesso devono
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 32
Fig. 1 I corpi del delitto
Fonte: foto di M. Blidon
cos essere ripensate alla luce di questi processi di categorizzazione, di ingiunzio-
ne normativa e di disciplina dei corpi. Condizione necessaria per considerare la
citt come uno spazio di libert e di emancipazione per tutti
Spazio e istituzionalizzazione della gerarchia delle sessualit. Tra i diritti
fondamentali della persona umana vi sono la garanzia di un uguale trattamento
le persone sono uguali in dignit e diritti (Dichiarazione universale dei diritti
umani, art. 1) e la sicurezza ogni individuo ha diritto alla vita, alla libert e al-
la sicurezza della propria persona (art. 3). Senza il rispetto di queste due dimen-
sioni, non si pu parlare di una societ giusta. Ora, in numerosi paesi del mondo
questi diritti non sono garantiti ai gay e alle lesbiche; costoro incorrono in pene
detentive o nella pena di morte per omosessualit. Ci fa dire al direttore del pro-
gramma dei diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender di Human
Rights Watch, Boris Dittrich: universale vuol dire universale e non ci sono ecce-
zioni. A questo titolo, ricordiamo che lomosessualit scomparsa dalla lista del-
le malattie mentali dellOMS solo nel 1993. Il diritto dunque uno spazio che of-
fre progressivamente un riconoscimento ai gay e alle lesbiche, ma che rimane an-
cora molto ineguale. Allo stesso modo, circa il matrimonio e laccesso alla filiazio-
ne, il legislatore francese in ritardo sui suoi confratelli europei e sulle pratiche
La citt e gli effetti delleteronormativit 33
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 33
(1) Tribunale di primo grado [N.d.T.].
34 Marianne Blidon
sociali, ci che fa dire a Jean Le Bitoux che i gay e le lesbiche rimangono cittadini
di secondo ordine.
Questa ineguaglianza di trattamento ravvisabile soprattutto nella genesi del
PACS, dispositivo giuridico che mira a offrire un certo riconoscimento alle coppie
di lesbiche e di gay che erano davanti a un vuoto giuridico; vuoto giuridico la cui
iniquit stata messa in luce al momento della pandemia di AIDS, poich certi
partners si ritrovavano sfrattati dal loro alloggio o esclusi dai funerali e dalla suc-
cessione del loro partner, tutto a vantaggio della famiglia senza daltra parte che
venisse offerto loro laccesso al matrimonio e, conseguentemente, alla filiazione.
Wilfried Rault afferma che questa disposizione sintomatica dello statuto sociale
dellomosessualit e delle sue ambiguit. Infatti, da una parte, prende in conside-
razione la sua propensione a essere soggetta a discriminazioni, ma facendo ci
non vi contribuisce, organizzando la sua minima visibilit e rendendo perenne in
questo modo una differenza di statuto e di trattamento con le coppie di sessi di-
versi? La messa in disparte del PACS dallo stato civile, visione dellindividuo con-
sacrata e legittimata dallo Stato, costituisce unespressione di una legittimit dif-
ferenziata tra il legame eterosessuale e il legame omosessuale (Rault, 2007, p.
197). A questo proposito, la scelta del Tribunal dinstance (
1
) come luogo di regi-
strazione mette in evidenza una logica esplicitamente differenzialista che mira a
evitare ogni impressione che questo contratto sia un sotto-matrimonio, come lo
qualifica il portavoce dellInterLGBT, Alain Piriou (14 novembre 2007).
Volendo evitare ogni paragone con il matrimonio, il legislatore ha fatto la scel-
ta di un luogo diverso rispetto al Municipio, il Tribunal dinstance. La registrazio-
ne del PACS avviene dunque sotto lautorit di un cancelliere, un funzionario del
Ministero della Giustizia e non di un eletto dal popolo, dal momento che il tribu-
nale ha per vocazione di comporre le controversie del quotidiano, soprattutto i
conflitti di vicinato; non davvero uno spazio le cui competenze e il modo di fun-
zionamento sono finalizzati a offrire un riconoscimento della coppia. Nulla nel di-
spositivo si avvicina a una celebrazione, tanto meno a un rituale collettivo. Il trat-
tamento dellatto voluto come burocratico e questo non corrisponde alle attese
delle coppie che desiderano un investimento solenne e una condivisione della lo-
ro unione con il loro prossimo. Il CRSH (Comit pour la Reconnaissance Sociale
des Homosexuel/les) aveva sottolineato che ci tiene molto che i PACS siano regi-
strati in municipio, luogo simbolico di appartenenza di ognuno alla citt. Non
dunque favorevole a che lunione sia constatata a livello di giurisdizione, come
sembra sar. Il tribunale il luogo dei conflitti familiari, simbolicamente inadat-
to per celebrare linizio di una unione fondata sullaffetto. Il luogo di registrazione
contribuir a dare un senso al PACS. infine inconcepibile che il municipio non
sia il luogo di registrazione del PACS quando esso che rilascia i certificati di vita
comune.
Come fa notare Wilfried Rault, mentre [il PACS] inteso a riconoscere ufficial-
mente nuovi modi di unione, le sue modalit di registrazione organizzano una
confidenzialit sistematica e lo costruiscono come a-simbolico (2007, p. 201). In
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:18 Pagina 34
Figg. 2 e 3 Municipio e Tribunal dinstance del XV arrondissement di Parigi
Fonte: foto di M. Blidon, 2005
ci il PACS costituisce dunque pi una forma di rifiuto di riconoscimento che
una innovazione sociale per i gay e le lesbiche. Sanare lingiustizia consisterebbe
dunque nellaprire il matrimonio e la filiazione alle coppie anche dello stesso ses-
so o a dis-istituzionalizzare il matrimonio eterosessuale, rendendo indipendente
un certo numero di diritti (fiscali, sociali) dallo statuto coniugale (Fraser, 2005,
p. 81). Questo esempio richiama il fatto che la libert e luguaglianza non sono
verit date a priori.
Leteronormativit una relazione istituzionalizzata di subordinazione sociale
che funziona sulla legge della violenza, simbolica e fisica, e che conduce a offrire
un piccolo posto ai gay e alle lesbiche, soprattutto nello spazio pubblico. Questi
ultimi accedono al diritto alla citt a condizione di essere invisibili. Far loro un
giusto posto diventa quindi la prima forma di riconoscimento spaziale che deve
essere loro accordata. Ciononostante, la costituzione dei gay e delle lesbiche co-
me gruppo sociale omogeneo porta a dimenticare che certuni non dispongono
delle stesse capacit di mobilitare mezzi di resistenza.
Un ri-conoscimento per chi? Gli studi gay trattano sovente i gay e le lesbiche
come un gruppo omogeneo che soffrirebbe solo di una negazione di riconosci-
mento. Leffetto generale quello di imporre unidentit di gruppo unica, consi-
derevolmente semplificata, che nega la complessit delle esistenze degli indivi-
dui, la molteplicit delle loro identificazioni e la dinamica incrociata delle loro di-
La citt e gli effetti delleteronormativit 35
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 35
verse affiliazioni. Ironicamente, il modello identitario funziona dunque come un
vettore di negazione di riconoscimento (Fraser, 2005, p. 78) il motivo per cui in
questo gioco di sapere/potere occorre essere attenti alle voci dissidenti che si ele-
vano contro questo modello quello del gay bianco proveniente dalla classe me-
dia e di dar loro la parola.
Lurbanizzazione dunque sempre stata, in un certo senso, un fenomeno di
classe [] Lapproccio post-modernista per la formazione delle nicchie, tanto nel-
le scelte di stile di vita urbano quanto nelle abitudini di consumo e nelle forme
culturali, attribuisce allesperienza urbana contemporanea laura della libert di
scelta a condizione che si abbia del denaro (Harvey, 2009). Questo richiamo di
David Harvey costituisce uneco critica alla tematica cara a Richard Florida della
classe creativa le cui scelte di localizzazione residenziale punterebbero in ma-
niera privilegiata sugli spazi che valorizzano la tolleranza e la creativit; spazi ri-
conoscibili alla luce di diversi indicatori fra i quali lindice di diversit e lindice
gay. Questi indici si riferiscono allimplicazione di gay bianchi della classe media
superiore la figura archetipa del DINK (Double Income No Kids), figura che
lungi dallessere generalizzabile allinsieme dei gay e ancor meno delle lesbiche
nel processo di gentrificazione, commerciale e/o residenziale, dei quartieri cen-
trali come il Marais di Parigi o Castro di San Francisco. Queste enclaves che costi-
tuiscono altrettanti spazi di libert, di emancipazione e di visibilit sono il frutto
delleconomia liberale. Esiste dunque un diritto dentrata per accedere a questa
forma di riconoscimento.
Gi negli anni Novanta, voci di militanti gay si sono alzate contro questo sfrut-
tamento economico dellidentit gay. Cos Jean Le Bitoux:
[] i primi luoghi del Marais furono fondati da pionieri convinti che
bisognasse girare la pagina della mondanit, della mafia e della vergogna.
Responsabili della creazione di un identitario geografico, questi luoghi
restano contraddittoriamente quelli pi aperti e meno connotati del Marais.
Altri, pi cinici, hanno deciso di passare nettamente dalla semplice visibilit
alla pubblicit su tutti i terreni di questa modernit sociale [1996, p. 49].
Oggi, il quartiere del Marais affetto da mutazioni socioeconomiche che ri-
guardano pi ampiamente linsieme dei commerci identitari. In questo modo, una
parte dei commerci ebrei o gay del quartiere hanno chiuso a vantaggio di bouti-
que di vestiti o di accessori destinati ai turisti e a una clientela proveniente dalla
classe media superiore, rafforzando cos lomogeneit sociale cosmopolita e la
dissoluzione identitaria del quartiere.
Questo riconoscimento che passa attraverso comportamenti e consumi di clas-
se ha progressivamente avuto ragione della rappresentazione del quartiere come
quartiere aperto a tutti e che favorisce il rimescolamento sociale. Se questo rima-
ne attuale nei luoghi del consumo sessuale come il Dpt, rimane invece pi raro
in materia di socievolezza soprattutto a causa delle tariffe praticate. Non soltanto
esiste un diritto dentrata per accedere a questa forma di riconoscimento, ma in
pi questa entrata selettiva.
Al di fuori di qualche locale, lesclusione tocca anche i gay neri che intratten-
36 Marianne Blidon
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 36
La citt e gli effetti delleteronormativit 37
gono una relazione complessa con il milieu gay. La racaille (
2
) una figura omoe-
rotica forte nellimmaginario pornografico e sessuale gay. Nello stesso tempo, una
forte unanimit regna per stigmatizzare i gay provenienti dallimmigrazione, come
favoreggiatori di disordini o omofobi potenziali. Un giornalista della rivista fran-
cese gay e lesbica Ttu sottolinea: il posto che loro accordato nella fantasia
inversamente proporzionale al riconoscimento sociale che viene loro rifiutato (n.
9, dicembre 1996, p. 25). dunque talvolta difficile per questi uomini, a fortiori se
sono in gruppo, essere accettati. Rachid (34 anni, redattore): nelle ditte, siamo
tollerati come effeminati, look-ati, clonati. Una sera, ero in un bar abbastanza soft
con un amico, il cameriere venuto da noi e ci ha detto: sapete che un bar gay
qui. Abbiamo realizzato che dovevamo essere fuori luogo (ibidem); in risposta,
ci si rivolge ad altri spazi soprattutto nel quartiere di Pigalle per passare una
serata. Il Marais appare dunque per certuni come un quartiere che manca di mix
sociale e che si rivolge a una maggioranza di bianchi che hanno soldi e che vo-
gliono apparire.
Questi esempi mettono in evidenza la difficolt di considerare laltro come
soggetto, tanto pi quando questo altro stato costruito nellimmaginario colletti-
vo come un altro pericoloso, ridotto a una sola dimensione, senza riconoscimen-
to delle differenze det, di classi sociali, di traiettorie, di culture, di nazionalit di
origine, di modi di vita Da qui i valori di nomadismo promosso dal Groupe du
6 Novembre: lesbiennes issues du colonialisme, de lesclavage et de limmigra-
tion. Queste lesbiche rigettano i posizionamenti normativi che vengono loro asse-
gnati, la donna postcoloniale nazionale normativa: la madre, la sposa, il simbolo
della cultura e della nazione postcoloniale, ma anche la donna ridotta in schia-
vit (Bacchetta, 2009). Uno dei loro primi slogan era noi esistiamo, maniera di
rendersi visibili, di lottare contro la loro cancellazione e di interpellare coloro che
esse stesse chiamano le lesbiche franco-francesi dimentiche del colonialismo e
del razzismo, le donne WASP di Francia. Il luogo di incontro del Groupe du 6 No-
vembre, un ristorante nel pieno centro di Parigi, appartenente a due donne origi-
narie dei Caraibi, mette in evidenza la posizione periferica che loro assegnata
simbolicamente e geograficamente, il tutto sottolineando il loro attaccamento ai
paesi postcoloniali. Questa volont si legge anche nella presenza di un certo nu-
mero di quelle, fra loro, che portano il velo in occasione di manifestazioni nazio-
nali.
In questo contesto, nel quale lo Stato francese e lopinione pubblica pre-
tendono che il loro impegno riguardo al femminismo e alluguaglianza dei
diritti per gli omosessuali sia il segno della superiorit civile della Francia (in
rapporto alla supposta inferiorit dei paesi colonizzati e postcoloniali), le
lesbiche che portano il velo sono esseri che disturbano. Non possono fun-
zionare come limmagine della donna musulmana, vittima degli uomini
musulmani e di un sessismo intrinseco allIslam o vittime del rifiuto dellu-
guaglianza dei sessi franco-francese. Ma esse non possono nemmeno fun-
(2) Letteralmente marmaglia, la parola che lallora ministro degli Interni francese Sarkozy us
in un suo discorso per definire la moltitudine di giovani in rivolta nelle periferie francesi [N.d.C.].
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 37
zionare come limmagine del queer liberato (immagine riservata ai franco-
francesi nella griglia dintelligibilit dominante) [Bacchetta, 2009, p. 57].
Ci fa dire a Paola Bacchetta che finch la griglia dominante funzioner in
modo binario e in termini di separazione, il Groupe, i suoi soggetti, i suoi simpa-
tizzanti e le loro resistenze resteranno illeggibili (ibidem, p. 60). Diventa allora
imperativo lavorare alla costruzione di un movimento sociale che non frazioni le
lotte di riconoscimento, ma che consideri che il genere, la sessualit, il razzismo,
le classi sociali e il colonialismo/postcolonialismo sono indissociabili.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
BACCHETTA P., Co-Formations: des spatialits de rsistance dcoloniales chez les les-
biennes of color en France, in Genre, sexualit & socit, Parigi, 2009, 1 (consultabi-
le in http://gss.revues.org/index810.html).
BECKER H., Outsiders: Studies in the Sociology of Deviance, New York, The Free Press,
1963.
BLIDON M., Jalons pour une gographie des homosexualits, in LEspace gographique,
Parigi, 2008, 2, pp. 175-189.
BLIDON M., La Gay Pride entre subversion et banalisation, in Espace, Populations, Soci-
ts, Lille, 2009, 2, pp. 305-318.
BLIDON M., La casistica del bacio: lo spazio pubblico, uno spazio eteronormativo, in P.
BARBERI (a cura di), successo qualcosa alla citt. Manuale di antropologia urbana,
Roma, Manuali Donzelli, 2010, pp. 192-204.
BOURDIEU P., La Domination masculine, Parigi, Seuil, 1998.
BUTLER J., Humain, inhumain. Le travail critique des normes, Parigi, ditions Amster-
dam, 2005.
FRASER N., Quest-ce que la justice sociale? Reconnaissance et redistribution, Parigi, La
Dcouverte, 2005.
FOUCAULT M., Histoire de la sexualit. La volont de savoir, Parigi, Gallimard, 1976.
GOFFMAN E., Stigmate, les usages sociaux des handicaps, Parigi, Editions de Minuit, 1975.
HARVEY D., Le droit la ville, in La Revue Internationale des Livres et des Ides, Parigi,
2009 (consultabile in http://revuedeslivres.net/articles.php?idArt=307).
LE BITOUX J., Marcher dans le gai Marais, in La Revue h, Parigi, 1996, 1, pp. 47-51.
LEFEBVRE H., La Production de lespace, Parigi, Anthropos, 1974.
LUSSAULT M., De la lutte des classes la lutte des places, Parigi, Grasset, 2009.
PERREAU B., Eve Kosofsky Sedgwick, in Genre, sexualit & socit, Parigi, 2009, 1
(consultabile in http://gss.revues.org/index378.html).
RAULT W., Lenregistrement du Pacs au tribunal dinstance: entre assignation et rappro-
priation, in B. PERREAU (a cura di), Le choix de lhomosexualit, Parigi, EPEL, 2007,
pp. 195-207.
SEDGWICK K.E., Epistemology of the Closet, Berkeley, University of California Press, 1991.
THE TOWN AND THE EFFECTS OF HETERONORMATIVITY. EMANCIPATION, NOR-
38 Marianne Blidon
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 38
La citt e gli effetti delleteronormativit 39
MALIZATION AND PRODUCTION OF GAY SUBJECTS. This paper aims to highlight and
critique the effects of heteronormativity, in particular in the city. For many authors, space
can be a resource mobilized to fight against the effects of heteronormativity. The high
density, cosmopolitanism, urbanity, tolerance and the anonymity of cities are all characte-
ristics favorable to emancipation and the achievement of a gay lifestyle. For others, there
would not tolerant areas (cities) or homophobic (rural, province, banlieues) in nature;
space not eliminating social norms but reconfiguring. The purpose of this work is to deve-
lop critical thinking that takes into account the complexity of social relations, their structu-
re, but also the diversity of paths and modes of subjectification from a few examples from
an empirical investigation field work conducted since 2003. I will analyze through the
example of access to public space and how PACS a gay and lesbian contract of partner-
ships produce spatial differentiation confirms the unequal treatment of couples and
institutionalizes the hierarchy of sexualities. Then try to think what it would mean and
imply recognition policy under two dimensions: that of consumption as a mode of exi-
stence and expression of gay identity and subversion of heteronormative order.
Universit Paris 1 Panthon-Sorbonne, IDUP
marianne.blidon@univ-paris1.fr
(Traduzione dal francese di Lorenzo Bagnoli)
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 39
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 40
BOLLETTINO DELLA SOCIET GEOGRAFICA ITALIANA
ROMA - Serie XIII, vol. IV (2011), pp. 41-49
GISELLA CORTESI - ELENA IZIS - MICHELA LAZZERONI (*)
VIVERE LA DIFFERENZA: COME LA CITT RIDISEGNA
S STESSA IN UNA PROSPETTIVA COSMOPOLITA
La citt, spazio caleidoscopico. Fra gli argomenti pi trattati dalla geografia
urbana, cos come dagli altri campi disciplinari che studiano la citt, vi sicura-
mente quello della divisione e della differenziazione dello spazio interno alla
citt. Sin dalla scuola ecologica di Chicago, si cercato di identificare le diversit
dello spazio urbano dando a esse una connotazione spaziale (fasce concentriche,
settori), una immagine (paesaggi urbani), una denominazione (divisioni di classe,
ghettizzazione). Le teorizzazioni e i modelli si sono succeduti nel tempo di pari
passo con il crescere della citt e con il mutare delle sue condizioni e della sua or-
ganizzazione interna e, soprattutto, con lorientamento dei ricercatori che hanno
cercato di decifrare le forze in atto (Bridge e Watson, 2010).
Le distinzioni di classe e di genere sono state fondamentali nella comprensio-
ne delle pratiche urbane, in particolare nei termini di relazione di potere (Harvey,
1996; Bondi, 1998); in parziale contrasto con tale interpretazione dicotomica e
conflittuale, gli studi empirici pi recenti e i nuovi orientamenti cercano di mette-
re in luce altre forme di differenza. Come emerge chiaramente dai contributi pre-
sentati al Seminario internazionale sulla citt tenutosi a Roma nel 2003, nello spa-
zio urbano, definito gendered, si riflettono numerose altre differenze basate sulle
relazioni razziali o etniche, sulla fascia di et o sul grado di istruzione, sulla abi-
lit/disabilit fisica o sulla combinazione di queste variabili (Cortesi, Cristaldi e
Droogleever Fortuijn, 2004).
La rapidit con cui le citt si stanno trasformando, facendo convivere gli aspet-
ti tradizionali con quelli innovativi, accogliendo complesse correnti migratorie e
ampliando e modificando la propria dimensione culturale, rende necessario non
tanto una capacit di individuazione dei connotati delle singole parti del puzzle
urbano quanto uno sforzo di comprensione delle possibili e mutevoli combina-
zioni dei frammenti del caleidoscopio che compongono la citt attuale.
(*) Il lavoro raccoglie alcune delle riflessioni sviluppate nellambito del progetto di ricerca PRIN
2007 (Unit locale di Pisa) su Soggetti, relazioni e luoghi nella citt multiculturale. Pur essendo stato
pensato e discusso in comune, la stesura definitiva dei paragrafi primo e secondo da attribuire a
Gisella Cortesi, quella del paragrafo terzo a Elena Izis e quella del paragrafo quarto a Michela Lazzeroni.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 41
42 Gisella Cortesi, Elena Izis e Michela Lazzeroni
Obiettivo del nostro contributo cercare di mettere in luce come la dimensio-
ne della citt contemporanea sia quella delle differenze (Amin e Thrift, 2005) e
come essa si possa tradurre nello spazio urbano.
opportuno dunque partire dal concetto di differenza e da come pu essere
interpretato e applicato alla geografia della citt. Il termine differenza deriva eti-
mologicamente da dis-ferre, che significa portare da una parte allaltra, portare ol-
tre, portare in varie direzioni. Tale concetto di differenza fa ovviamente riferimento
ai soggetti, alla singolarit e irripetibilit di ognuno, ma anche al patrimonio di ca-
pacit, di conoscenze e di valori di cui i soggetti (in quanto persone) si fanno por-
tatori. Pertanto sono i soggetti che fanno la differenza, in quanto portatori di altro
indipendentemente dal fatto che essi provengano da altrove o che esprimano una
intrinseca diversit. La molteplicit e leterogeneit dei soggetti, difficilmente ricon-
ducibili a categorie chiuse, costituiscono dunque ampia materia di studio; contem-
poraneamente, sono oggetto di analisi anche i luoghi in quanto riflettono la variet
dei soggetti nella loro crescente eterogeneit. In effetti, soggetti diversi vivono rela-
zioni diverse con i luoghi, richiedendo alla citt stessa o a parti di essa risposte dif-
ferenziate, a seconda delle esigenze individuali o di gruppo e dei valori attribuiti.
Tornando alla metafora del caleidoscopio, i luoghi vengono intesi come frammen-
ti di vetro variamente colorati che si riflettono negli specchi longitudinali in modi e
in composizioni mutevoli. I colori raffigurano un connotato preciso, ma la com-
binazione di essi e il modo di guardarli che acquista valore.
Quali strumenti per analizzare le differenze? Tale visione dello spazio urba-
no presuppone unattenta valutazione dei metodi di analisi da adottare: i luoghi
possono infatti essere indagati sia per la loro connotazione oggettiva sulla base
dellubicazione, delle caratteristiche e della funzione che assumono sia per il si-
gnificato che viene loro attribuito. Di conseguenza, la citt come spazio delle dif-
ferenze non pu essere analizzata soltanto con le variabili tradizionali che per-
mettono di valutare levoluzione delle sue funzioni, n con le tecniche visive, che
consentono di fotografare le caratteristiche oggettive dei luoghi e i relativi segni
materiali, pur essendo di per s molto significativi. Emerge la necessit di comple-
tare le analisi interpellando i soggetti che abitano nella citt e/o fruiscono di essa
con aspettative ed esperienze differenti. Per tale motivo, in questo lavoro si cer-
cato di fare emergere i vari punti di vista indagando diverse categorie di soggetti,
distinti per genere, generazione, etnia e livello di istruzione e interrogandoli sulle
relazioni che li caratterizzano e sul significato dei luoghi che compongono e co-
stituiscono la loro vita urbana.
Lobiettivo di fondo riguardava la percezione dellattitudine della citt ad acco-
gliere le differenze e a farle proprie, attraverso lanalisi della visione locale e dello
sguardo altro, che emergono dalle narrazioni delle esperienze degli intervistati
(Alaimo e de Spuches, 2009). Attraverso il metodo delle interviste semi-strutturate
si potuto indagare, con gli accorgimenti del caso (Montesperelli, 1998), oltre al-
lattitudine percepita, anche le modalit con cui la citt persegue gli obiettivi di
accogliere, integrare, aprirsi (o respingere e chiudersi) alle differenze.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 42
Un altro obiettivo del nostro lavoro ha riguardato la riflessione sulla dimensio-
ne urbana da analizzare, per verificare quanto essa possa essere un limite o unop-
portunit nello scenario delle nuove dinamiche relazionali. Se da sempre le citt di
grandi dimensioni e le aree metropolitane ci appaiono pi votate allaccoglienza
delle differenze perch oggetto di scelte migratorie e di scambi culturali consolida-
ti, oggi questattitudine pu riguardare anche citt di dimensioni medie o piccole.
Questo dovuto sicuramente alla maggiore circolazione delle informazioni che
superano le barriere legate alla distanza e alla maggiore apertura verso il nuovo e il
diverso, che possono caratterizzare un luogo indipendentemente dalla sua dimen-
sione demografica e funzionale (Bell e Jayne, 2006). La scelta di Pisa come caso di
studio si dimostrata fertile proprio perch la citt, pur essendo di medio-piccole
dimensioni, ha in s i germi della vivacit culturale, dovuta alle sue vicissitudini
storiche che nei primi secoli dopo il Mille la inserirono tra le grandi protagoniste
del Mediterraneo (Tolaini, 2007), proseguita e consolidata di recente compiendo
un salto temporale dallesperienza industriale e terziaria, in particolar modo lega-
ta alla ricerca scientifica e allistruzione universitaria (Lazzeroni, 2004).
Si riflettuto, infine, sulle capacit di una citt, soprattutto se di piccole e me-
die dimensioni, di cogliere il valore della cultura della differenza nel processo di
costruzione della sua identit e di vivere la differenza considerandola come una
risorsa per la sua crescita e per il benessere complessivo della sua popolazione.
Per indagare tale questione si ricorso al metodo delle interviste a opinion lea-
ders, che, per il loro ruolo e le loro funzioni, fossero in grado di fare unanalisi og-
gettiva e aggiornata della situazione della citt e di esprimere una visione del suo
futuro possibile. Sono stati intervistati operatori di associazioni interculturali (Ma-
rengo, 2007), realt associative divenute pilastri per le varie comunit oltre che
partners nella gestione dei bisogni primari dei migranti.
La ricerca si avvalsa essenzialmente di unindagine diretta, rivolta a un cam-
pione di soggetti sia insiders, ovvero residenti e fruitori nati nel comune, sia out-
siders, stranieri che per motivi personali si sono trasferiti in citt. La scelta dei sog-
getti, avvenuta in modo casuale, ha tuttavia preso in considerazione alcune varia-
bili considerate determinanti per la definizione delle categorie di soggetti, come
la provenienza, il genere, la generazione e il livello di istruzione. La distinzione
tra soggetti locali e soggetti altri si resa indispensabile per capire la portata e la
qualit dei portatori di differenza, cos come la distinzione tra generi ci ha per-
messo di cogliere le diverse modalit con cui viene vissuta la citt. Da non trascu-
rare anche la variabile generazionale che ha messo in evidenza la diversa perce-
zione dello spazio urbano cos come le diverse esigenze che caratterizzano i gio-
vani e gli adulti; infine, sono stati presi in considerazione il livello e la qualit del-
listruzione che incidono notevolmente sullattitudine cosmopolita e sulla capacit
di comprendere e di accogliere le differenze.
Il campione costituito da 22 soggetti intervistati (14 locali e 8 stranieri) ugual-
mente ripartiti tra uomini e donne; 10 soggetti, con et compresa tra 19 e 36 anni,
rientrano nella classe dei giovani, mentre i restanti 12 soggetti, di et compresa
et tra i 37 e i 63 anni, sono sinteticamente definiti come adulti. Oltre il 70% dei
soggetti intervistati ha un livello di istruzione elevato (laurea); tale incidenza, in
Vivere la differenza: come la citt ridisegna s stessa 43
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 43
realt, rivela la poca disponibilit a rispondere allintervista da parte di coloro che
posseggono un grado di istruzione poco elevato, nel timore di affrontare un col-
loquio con lintervistatore ritenuto difficile, soprattutto nel caso degli stranieri per
i quali si aggiunge anche il timore di una non corretta conoscenza della lingua e
di una conseguente difficolt a esprimersi.
Il caso di studio: alcuni risultati. Come gi accennato, la scelta del caso di
studio caduta su Pisa, una citt con una popolazione residente di 87.440 abitan-
ti che accoglie 9.582 residenti stranieri (2010), circa l11% della popolazione. Que-
sta presenza, come dimostrato dai dati ufficiali pubblicati da fonti comunali e
provinciali, dal 1999 in continua crescita, triplicandosi numericamente e diversi-
ficandosi nella composizione. La popolazione che usa e consuma la citt non
fatta soltanto di residenti e di stranieri, ma anche da altri city users (Martinotti,
1993) che fruiscono della citt per motivi di turismo, di lavoro, per i servizi sanita-
ri e per le funzioni universitarie. Questultimo aspetto particolarmente significa-
tivo in quanto la popolazione studentesca universitaria arriva a contare 53.000
iscritti e 3.000 partecipanti a corsi di specializzazione o di dottorato e annovera
centinaia di scambi di studenti e di docenti e ricercatori con altre universit euro-
pee e internazionali.
Attraverso le interviste, lo studio si proposto di indagare: a) le percezioni e le
attitudini dei soggetti nei confronti delle differenze vissute nel contesto urbano; b)
le relazioni che gli individui stringono con altri soggetti e con i luoghi della citt;
c) i giudizi sul grado di apertura della citt, sulla sua attitudine cosmopolita e sui
fenomeni pi tangibili di tale attitudine.
Risultati interessanti sono emersi dalla percezione che i soggetti hanno dello
spazio urbano e dei luoghi dove si instaurano le relazioni e si vivono le differen-
ze, perch proprio lo spazio a definire larea semantica in cui avviene il contat-
to. Tra i soggetti residenti intervistati, e a conferma di quanto era risultato in inda-
gini campione precedenti (Bottai, Cortesi e Lazzeroni, 2006), emerge una forte af-
fettivit nello scegliere i luoghi dove abitare e dove vivere, a cui si sovrappone un
certo pragmatismo connesso alle esigenze quotidiane legate alla famiglia, al lavo-
ro e al tempo libero.
indubbio che la citt abbia luoghi dove favorito il contatto con la differen-
za e dove gli individui percepiscono nella quotidianit le diversit culturali; questi
si possono riassumere in luoghi di aggregazione, come giardini, piazze, vie di
particolare interesse cittadino; luoghi commerciali, come negozi e ristoranti etni-
ci; luoghi dellintercultura, come i centri di prima accoglienza, biblioteche, mer-
cati, universit e centri sociali.
Il punto di vista dei locali nellindicare i luoghi dove si entra in contatto con le
differenze quasi unanime: la stazione, i vicoli del centro, le piazze nelle ore not-
turne, sono tutti luoghi dove, proprio per la grande presenza di multietnicit, si
sentono pi estranei. Questi luoghi di aggregazione sono risultati nei soggetti
donne anche i meno sicuri, ma non per questo da collegare necessariamente alla
presenza di stranieri, bens alla paura di atti criminosi (di sera effettivamente evi-
44 Gisella Cortesi, Elena Izis e Michela Lazzeroni
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 44
Vivere la differenza: come la citt ridisegna s stessa 45
to la zona della stazione se mi trovo da sola, oppure magari di mettermi nelle viet-
te perch ci sono poche vie di fuga, donna locale, 36 anni, diplomata). Come
si sottolinea in alcuni studi fondamentali sulla paura delle donne in ambiente ur-
bano (Pain, 2001) e come emerge anche da studi empirici (Listerborn, 2004; Lom-
bardi, 2009), la mancanza di sicurezza non necessariamente da collegare ad atti
criminosi accaduti, bens alla percezione del pericolo che la presenza di stranieri
o semplicemente lassembramento di uomini inducono nelle donne (locali o stra-
niere) che si trovano a dovere affrontare determinati spazi pubblici.
Dallindagine emerge quanto i segni della differenza siano diventati parte in-
tegrante del nuovo volto della citt: i ristoranti etnici e i kebab, i negozi tipici e i
bazaar, sino ai pi diffusi call centers e internet caf, che si sono negli ultimi an-
ni moltiplicati, da molti non sono vissuti come luoghi estranei al tessuto urbano,
ma come specificit ormai inglobate. Per alcuni soggetti, tuttavia, tali segni della
differenza non dovrebbero essere inseriti nel centro storico per preservarne lim-
magine e lautenticit culturale.
Per quanto riguarda lo spazio delle relazioni, appare evidente che i soggetti
intervistati abbiano disegnato una fitta rete di relazioni sul territorio, che possi-
bile distinguere in amicali, lavorative e associative. Le prime sono intessute prin-
cipalmente dai residenti locali e coinvolgono le relazioni familiari e amicali di
vecchia data, molte delle quali formatesi nellinfanzia e nelladolescenza (la mia
rete di relazioni rappresentata dalle vecchie amicizie che avevo da ragazza e
con cui sono cresciuta, donna locale, 40 anni, laureata). Il secondo tipo di rela-
zioni, poich maturato in ambito lavorativo, generalmente pi recente e coin-
volge in molti casi anche soggetti altri. Per la loro stessa natura, queste relazioni
sono pi facilmente aperte al contatto con la differenza e in alcuni casi si possono
trasformare in relazioni di tipo amicale (i contatti con persone straniere [...] sono
prevalentemente lavorativi [...] normale che lavorando con gli stranieri da anni si
creino comunque delle amicizie, donna locale, 36 anni, laureata). Le relazioni as-
sociative emergono soprattutto tra i soggetti deboli (Izis, 2003) come gli stranieri
che frequentano associazioni e circoli non per hobby o interessi, ma per liniziale
legame del bisogno che accomuna tutti e mi ha fatto stringere amicizie (uomo
straniero, 44 anni, laureato).
Limmagine di citt aperta e cosmopolita non cos unanimemente percepita:
si pu cogliere magari in coloro che, nati e vissuti a Pisa, ma con un livello cultu-
rale elevato, non vedono le bellezze della citt (Piazza dei Miracoli o i Lungarni)
soltanto come bene destinato ai locali: per me non sono pi soltanto dei luoghi
di Pisa, sono luoghi di tutto il mondo (uomo locale, 63 anni, laureato). Infatti,
quello che appare una maggiore predisposizione a vivere e a considerare la
citt con uno sguardo cosmopolita da parte dei soggetti pi istruiti, che dimostra-
no una capacit di guardare la citt in modo pi aperto, senza tralasciare un atteg-
giamento critico verso le problematiche che si possono instaurare nel tessuto ur-
bano. Questa attitudine si dimostra frutto di relazioni personali e con i luoghi, di
viaggi e interessi che hanno costruito e rafforzato lidentit dei soggetti analizzati.
Negli outsiders questo sguardo forse pi marcato proprio per le vicissitudini
personali (scelte di abbandonare il proprio paese di origine) che li hanno messi in
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 45
contatto con pi mondi e pi contesti culturali; queste dinamiche personali, se da
una parte hanno costruito e forgiato lattitudine a sentirsi cittadini del mondo, dal-
laltro hanno altres rafforzato lidentit culturale di appartenenza: quando uno ha
esperienza ha il cervello largo, se uno non ha esperienza non esce di casa [...] vai
a vedere il mondo e poi giudichi (uomo straniero, 61 anni, licenza media).
Questioni aperte: contributi e criticit della prospettiva cosmopolita. Attra-
verso la mappatura delle relazioni che alcuni soggetti hanno intessuto fra di loro e
con alcuni luoghi della citt, stato possibile analizzare la capacit degli intervi-
stati (residenti e fruitori, locali o stranieri) di vivere la complessit della citt con-
temporanea, accettando le differenze e maturando un atteggiamento cosmopoli-
ta (Guarrasi, 2009).
Dal caso di studio su Pisa, emerge che lesperienza diretta dei soggetti a de-
terminare la loro capacit ad accettare le differenze, sia nelle relazioni sia nella
frequentazione dei luoghi dello spazio urbano. In tale senso, i luoghi di aggrega-
zione, in particolare le associazioni, rappresentano il tessuto relazionale principa-
le in cui si verifica lintegrazione. Tuttavia, se si considerano i luoghi fisici, e in
particolare alcuni spazi pubblici (per esempio stazioni, piazze, vicoli) e quartieri
della citt, emergono anche difficolt ad accettare la differenza; anzi in alcuni casi
la differenza, non solo etnica, ma anche sociale e di genere, determina insicurez-
za e paura.
Cos anche la generazione degli anziani manifesta una minore apertura, non
solo nei confronti degli stranieri, ma anche verso un nuovo modo di intendere e
di far rivivere le parti centrali della citt attraverso lo sviluppo dei luoghi di intrat-
tenimento e di svago o attraverso la ristrutturazione di edifici, come avviene nelle
principali citt europee e americane, per attrarre la nuova classe creativa e cosmo-
polita (Florida 2002; Young, Diep e Drabble, 2006). Questultima pu essere con-
siderata da un certo punto di vista una risorsa importante per lo sviluppo econo-
mico e sociale di una citt tanto da essere alla base delle strategie pi recenti di ri-
qualificazione urbana; da un altro punto di vista un elemento indiretto di esclu-
sione di altre classi sociali, che possiedono nei confronti dello spazio urbano altre
aspettative e richieste.
Il lavoro empirico su Pisa ha anche dimostrato come la dimensione demografi-
ca non incida sullattitudine cosmopolita, la quale risente del percorso storico che
caratterizza una citt e delle funzioni che essa svolge. chiaro che la presenza
delluniversit e lesistenza di un patrimonio culturale di rinomanza internaziona-
le hanno inciso sulla capacit della citt di accogliere popolazioni diverse e di
considerarle una risorsa per la citt, anche se poi occorre tenere presente limpat-
to avvertito dalla popolazione residente in termini di consumo di suolo urbano e
di conflitti nelluso dello spazio urbano che questo comporta. Ci genera delle ri-
percussioni anche dal punto di vista culturale: la distribuzione dei negozi e risto-
ranti etnici nel centro storico e la sostituzione degli stranieri nella gestione dei
punti di vendita dei souvenirs determinano delle riflessioni sul fronte dellautenti-
cit territoriale e sullimmagine che viene percepita dagli utenti esterni.
46 Gisella Cortesi, Elena Izis e Michela Lazzeroni
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 46
Vivere la differenza: come la citt ridisegna s stessa 47
Occorre inoltre sottolineare che nel caso di Pisa, come documentato in altri ca-
si (Storper e Manville, 2006), la popolazione continua a spostarsi verso i centri li-
mitrofi e le aree rurali, continuando ad avere relazioni intense con il centro princi-
pale sul piano del lavoro e dei servizi commerciali e di svago. Fuggendo dalla
citt per labitare, alcuni individui dimostrano per certi versi di accettare e di gra-
dire le differenze negli spazi pubblici, mentre queste non vengono vissute fino in
fondo, n tanto meno scelte, quando si passa a considerare gli ambiti privati e le
scelte dei luoghi in cui vivere. In effetti, alla base di un certo ripopolamento dei
centri urbani italiani ci sono i flussi degli immigrati, in particolare stranieri o nel
caso delle citt universitarie di studenti, che per motivi logistici vanno ad abitare
nei centri delle citt, pi che un fenomeno di gentrification.
La citt attuale si presenta come un complesso sistema di soggetti e di relazioni,
che, rispetto al passato, non rientra pi in un ordine pre-costituito di strutture eco-
nomiche e urbane ben definite: i soggetti si muovono nello spazio urbano con
esperienze, esigenze, relazioni e significati differenti generando tante identit, che
spesso entrano in conflitto tra di loro. Il futuro della citt risiede non nellaccoglie-
re cancellando le differenze, ma nel far dialogare le identit tra di loro, facendo
maturare unattitudine cosmopolita capace di fornire nuovi linguaggi e strumenti
finalizzati a far scaturire dallo scambio delle esperienze e delle diversit idee origi-
nali e nuove conoscenze. In questa direzione, lorientamento cosmopolita diventa
uno strumento non solo di equit sociale e di pianificazione urbana interna, ma
anche di crescita economica e di competitivit territoriale perch incide anche sul-
la capacit di una citt di interfacciarsi con le differenze esterne, attingendo le
informazioni e i saperi che circolano a livello globale e coniugandoli con le espe-
rienze cognitive e le capacit innovative locali (Varaldo e Lazzeroni, 2006).
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
ALAIMO A. e G. DE SPUCHES, Memorie cosmopolite. Le parole per dirlo, in Geotema, Bo-
logna, 2009, 33, pp. 19-26.
AMIN A. e N. THRIFT, Citt. Ripensare la dimensione urbana, Bologna, il Mulino, 2005.
BELL D. e M. JAYNE (a cura di), Small Cities. Urban Experience beyond the Metropolis,
Londra-New York, Routledge, 2006.
BONDI L., Gender, Class, and Urban Space. Public and Private Space in Contemporary
Urban Landscapes, in Urban Geography, Londra, 1998, 19, 2, pp. 160-185.
BOTTAI M., G. CORTESI e M. LAZZERONI (a cura di), Famiglie, abitazioni, insediamenti.
Differenze generazionali e territoriali, Pisa, ETS e Pisa University Press, 2006.
BRIDGE G. e S. WATSON (a cura di), Blackwell City Reader, Londra, Wiley-Blackwell,
2010.
CORTESI G., F. CRISTALDI e J. DROOGLEEVER FORTUIJN (a cura di), Gendered Cities:
Identities, Activities, Networks. A Life-course Approach, Roma, IGU Home of Geo-
graphy e Societ Geografica Italiana, 2004.
FLORIDA R., The Rise of Creative Class, Filadelfia, Philadelphia Basic Books, 2002.
GUARRASI V., Esplorando la citt cosmopolita, in R.A. LISI e M. MARENGO (a cura di),
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 47
Dentro i luoghi. Riflessioni ed esperienze sul campo, Pisa, Pacini Editore, 2009, pp. 15-
27.
HARVEY D., Justice, Nature and the Geography of Difference, Londra, Blackwell, 1996.
IZIS E., Il ruolo delle associazioni femminili e la loro distribuzione in Italia e in Toscana,
in G. CALAFIORE, C. PALAGIANO e E. PARATORE (a cura di), Vecchi territori, nuovi
mondi. La geografia nelle emergenze del 2000. Atti del XXVIII Congresso Geografico
Italiano (Roma, 18-22 giugno 2000), Roma, Edigeo, 2003, III, pp. 3448-3458.
LAZZERONI M., Geografia della conoscenza e dellinnovazione tecnologica, Milano, Fran-
coAngeli, 2004.
LISTERBORN C., Safe City. Discourses on Womens Fear in Safer Cities Programmes, in
CORTESI, CRISTALDI e DROOGLEEVER FORTUIJN (2004), pp. 69-82.
LOMBARDI D., Fruizioni, immagini e identit di genere in una citt del Nord-Est: Udine,
in Geotema, Bologna, 2009, 33, pp. 62-67.
MARENGO M., Geografie dellinterculturalit, Pisa, Pacini Editore, 2007.
MARTINOTTI G., Metropoli. La nuova morfologia sociale della citt, Bologna, il Mulino,
1993.
MONTESPERELLI P., Lintervista ermeneutica, Milano, FrancoAngeli, 1998.
PAIN R., Gender, Race, Age and Fear in the City, in Urban Studies, 2001, 38, 5-6, pp. 899-
913.
STORPER M. e M. MANVILLE, Behaviour, Preferences and Cities: Urban Theory and Ur-
ban Resurgence, in Urban Studies, Glasgow, 2006, 43, 8, pp. 1247-1274.
TOLAINI E., Pisa, la citt e la storia, Pisa, ETS, 2007.
VARALDO R. e M. LAZZERONI, La citt nellera della conoscenza e dellinnovazione: i
cambiamenti in atto, in G. AMATO, R. VARALDO e M. LAZZERONI (a cura di), La citt
nellera della conoscenza e dellinnovazione, Milano, FrancoAngeli, 2006, pp. 19-34.
YOUNG C., M. DIEP e S. DRABBLE, Living with Difference? The Cosmopolitan City and
Urban Reimaging in Manchester, UK, in Urban Studies, Glasgow, 2006, 43, 10, pp.
1687-1714.
LIVING THE DIFFERENCE: HOW THE CITY REPAINTS ITSELF INTO A COSMOPOLI-
TAN PERSPECTIVE. The contemporary city, including small and medium sized towns,
attends changes which interpretation becomes increasingly complex, requiring different
approaches and methods of study focused on the relationship between the subjects and
places. With increasing movement of people, the city, although stable from a demo-
graphic point of view, changes in ethnic, generational and gender composition and in
meaning which is given to places and urban spaces. To better understand this new urban
geography of difference, in the paper some concepts (multiculturalism, cosmopolitanism)
are first explored and how they are reproduced in the contemporary city. Starting from
the case study of Pisa investigated through semi-structured qualitative interviews, the
forms of difference and their translation in the urban space are subsequently examined: in
particular, places of contact and relations are analyzed and their features (exclu-
sion/inclusion) in the construction of the city image. Finally, we wonder the quality of the
contemporary city, which should have not only the capacity to accept and tolerate the dif-
ferences but also the ability to open to the differences and to enhance this vocation.
48 Gisella Cortesi, Elena Izis e Michela Lazzeroni
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 48
Vivere la differenza: come la citt ridisegna s stessa 49
Universit degli Studi di Pisa, Dipartimento di Scienze dellUomo e dellAmbiente
g.cortesi@geog.unipi.it
e.izis@geog.unipi.it
lazzeroni@ec.unipi.it
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 49
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 50
BOLLETTINO DELLA SOCIET GEOGRAFICA ITALIANA
ROMA - Serie XIII, vol. IV (2011), pp. 51-61
VICTORIA AYELN SOSA
RIPENSARE IL GAY FRIENDLY
TURISMO E MERCIFICAZIONE DELLA DIFFERENZA
NELLA CITT DI BUENOS AIRES
Introduzione. Intendo qui riproporre e approfondire una riflessione sullo
spazio urbano contemporaneo a partire dallo studio della relazione tra la differen-
za, in termini culturali, di genere o di sessualit, e i processi di riqualificazione ur-
bana ed espansione del turismo internazionale propri della globalizzazione neo-
liberista. In particolare, a partire dallanalisi dello spazio pubblico come spazio
sessuato, costruito attraverso la normativizzazione dellegemonia eterosessuale e
limposizione della matrice discorsiva che la sostiene, si cercher di mettere in ri-
lievo il rapporto tra spazio pubblico e differenza nel caso della promozione di
Buenos Aires come citt gay friendly.
La capitale argentina una delle principali citt non appartenenti al primo
mondo a portare avanti una chiara politica di apertura e tolleranza nei confronti
della propria comunit omosessuale. Non solo per lapertura e il cosmopolitismo
dei suoi cittadini, ma anche per una serie di leggi progressiste e pluraliste, come
la legge del matrimonio ugualitario recentemente approvata, che permette il ma-
trimonio e ladozione da parte di coppie dello stesso sesso. Da qualche anno,
inoltre, la citt presentata come la nuova mecca turistica della comunit gay in-
ternazionale, con tanto di operatori e circuiti turistici mirati esclusivamente a tale
settore, cos come unampia offerta di mercati e destinazioni ad hoc.
Partendo dalla fondamentale considerazione che lapertura e la tolleranza nei
confronti degli omosessuali siano necessarie e auspicabili, in questo articolo si
proporr una visione critica del gay friendly come marchio o/e strategia di mer-
cato allinterno dei pi ampi processi di riqualificazione urbana. Cos, saranno
analizzati gli usi (e gli abusi) della differenza e le forme di (ri)produzione di un di-
scorso di apertura, tolleranza e cosmopolitismo da parte dei media locali, degli
operatori turistici e delle amministrazioni politiche, i quali molto spesso finiscono
col ridisegnare una nuova mappa di disuguaglianze e discriminazioni. Basti pen-
sare che il termine gay, associato alla promozione delle citt, fa riferimento a una
sola forma di rapporto, quella tra due persone dello stesso sesso, prevalentemen-
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 51
(1) Sebbene in inglese la parola gay si usi comunemente per riferirsi sia agli uomini sia alle
donne, il termine si presta a confusione in altri contesti, per esempio quello ispanofono e in Italia,
dove gay si usa per fare riferimento allomosessualit maschile, distinguendola da quella femminile.
(2) Per questo, preferibile adottare termini pi pluralisti come linglese queer o le abbreviazio-
ni LGBT (Lesbian, Gay, Bisex, Transgender) e LGBTIQ (Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender, Inter-
sexed, Questioning).
(3) La locuzione Buenos Gayres tratta dallarticolo dal titolo omonimo della rivista Noticias del
13 marzo 2010.
52 Victoria Ayeln Sosa
te tra uomini (
1
), e lascia da parte la pi ampia gamma di soggettivit e di rapporti
affettivi e sessuali tra le persone (
2
).
Questa forma di discriminazione particolarmente visibile nellimmaginario
turistico preso in analisi, che non solo si configura come una fonte di riverbero
degli stereotipi sullomosessualit, ma che sembra ri-orientare un nuovo modello
di omonormativit. In questo senso, significativo il ruolo del corpo nella pro-
duzione di territorialit. Come si vedr, le divisioni e le disuguaglianze spaziali so-
no determinate e riflesse in pratiche incorporate e relazioni sociali vissute: il cor-
po (in quanto base della costruzione dellidentit) il principale oggetto delle prati-
che di esclusione e dei dispositivi di potere.
Citt gay friendly: la costruzione di Buenos Gayres (
3
). Ma r ket i ng t e r r i -
t or i a l e e i l l us i one ur ba na . Dalle prime rivendicazioni di collettivi gay ur-
bani negli anni Sessanta a oggi stato percorso un lungo cammino di visibilizza-
zione e integrazione delle minoranze omosessuali e la creazione di spazi e circui-
ti gay fa parte delle agende politiche di molte citt occidentali.
Tuttavia, spesso le rivendicazioni legate a nuove forme di territorialit queer
di molti di questi movimenti col tempo sono confluite nella creazione di quartieri
isolati e ben delimitati di buone politiche, che non infettano il resto del corpo
sociale (Phelan, 2001) e si costituiscono come eccezioni che confermano letero-
normativit del resto del tessuto urbano. Inoltre, come sostengono a pi riprese
Bell e Binnie, molti di questi spazi sono luoghi di consumo dove operano i tradi-
zionali processi di esclusione sociale (Bell e Binnie, 2004).
Pi in generale, la creazione contemporanea di spazi e quartieri gay friendly
utilizzata da parte delle amministrazioni politiche urbane come strategia di
marketing territoriale (Benko, 2000; Amendola, 2003), attraverso la quale le citt
contemporanee competono nel mercato mondiale per attrarre risorse, turismo o
eventi. Scrive Amendola che la citt deve rappresentarsi se non come ideale
quantomeno come la migliore possibile per vivere, per produrre, per competere
(Amendola, 2003, p. 196). La citt deve dunque sedurre, sia emotivamente sia di-
scorsivamente, e proporre unimmagine adeguata ai fini del mercato e della po-
polazione che intende attrarre in questo caso, il mercato rosa del double income
no kids (le coppie gay e lesbiche, con doppio reddito e senza figli).
Cos, attraverso questa strategia dellapparenza o dellillusione si crea una
citt immaginata: Si tratta di creare o di mettere in valore il capitale-immagine di
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 52
Fig. 1 Obelisco di
Buenos Aires
Fonte: foto di Armando
Guerra Palacios (in L.
TOY e V. SILVESTRE,
Buenos Aires. La reina
del pl ata, in Vanity
Gay, Madrid, luglio
2007, pp. 138-143)
Ripensare il gay friendly 53
una citt (ibidem). Letichetta cosmopolita infatti una risorsa molto utilizzata
per sponsorizzare quartieri o circuiti gay. A questo proposito, Binnie e Skeggs so-
stengono che la promozione dello spazio come cosmopolita fa parte di una stra-
tegia che mira a rendere gli spazi meno minacciosi, quindi pi stimolanti e desi-
derabili per la pi ampia popolazione eterosessuale (Binnie e Skeggs, 2004).
Il rischio di queste forme di visibilizzazione delle differenze che esse sono
indissolubilmente legate alla loro vendibilit nel mercato, celando vecchie discri-
minazioni dietro nuovi discorsi sulla differenza e sulla cultura. Inoltre, le opera-
zioni di marketing territoriale attraverso cui si selezionano, delimitano e mettono
in luce certi territori di consumo, sponsorizzandoli come cosmopoliti, moderni,
bohmien eccetera, sono spesso accompagnate dalla frammentazione delle politi-
che di welfare state e approfondiscono le tradizionali disuguaglianze economi-
che, di genere, di et e cos via.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 53
(4) Il decreto 1054/2010 di modifica della legge 26.618 sul matrimonio civile, prevede, tra le altre
cose, la sostituzione nel testo dellespressione uomo e donna in favore di contraenti e una serie di
riferimenti legali per i casi di maternit/paternit, adozione, divorzio eccetera.
54 Victoria Ayeln Sosa
Buenos Ai r e s c i t t e t e r o f r i e ndl y . La citt di Buenos Aires oramai
da diversi anni un importante riferimento della cultura gay nazionale e internazio-
nale, non solo per laumento della presenza degli omosessuali (dichiarati) sulla sce-
na culturale locale e per la quantit e la qualit delle loro forme di rivendicazione,
ma anche per lesponenziale aumento del turismo gay internazionale, tale da posi-
zionare Buenos Aires come una delle prime destinazioni turistiche gay del mondo.
Le ragioni della progressiva apertura verso le comunit gay a Buenos Aires ri-
spondono a quattro ordini di fattori. In primo luogo si deve a una serie di leggi
progressiste proposte dalla coppia presidenziale di Nstor Kirchner e Cristina
Fernndez (presidenti della repubblica, rispettivamente, dal 2003 al 2007 e dal
2007 a oggi): cominciando dallapprovazione, nel 2003, dellunione civile, si sono
susseguite diverse riforme che hanno contribuito allapertura verso le minoranze
e che sono culminate con lapprovazione, nel luglio del 2010, della legge di ma-
trimonio egualitario (
4
).
In secondo luogo, la comunit omosessuale argentina stata molto prolifica in
quanto a pubblicazioni ed espressioni artistiche che hanno imposto il tema al re-
sto della popolazione argentina e che hanno cominciato a scardinare il tradiziona-
le machismo eteronormativo argentino (si veda, tra gli altri, Meccia, 2006).
In terzo luogo, limmagine della capitale argentina come gay friendly si con-
solidata proprio con laumento del turismo omosessuale. Lespansione del merca-
to turistico destinato a tale settore, dovuto in gran parte al clima progressista della
citt, ha rafforzato e retro-alimentato linstaurarsi dellimmagine di citt aperta e
cosmopolita. Vedremo meglio gli aspetti salienti di questo mercato nel prossimo
paragrafo.
Infine, c stata unimportante campagna da parte del governo della citt di
Buenos Aires per sostenere questo tipo di mercato e per proiettare unimmagine
di apertura e tolleranza nei confronti delle differenze sessuali. Come sottolineato
nel paragrafo precedente, questo tentativo si presenta come una chiara strategia
di marketing: limposizione di questa immagine fa parte della rinascita urbana
neoliberista, che associa lomosessualit al cosmopolitismo e alla gentrificazione
di aree degradate.
Nella citt di Buenos Aires non esiste un quartiere dichiaratamente gay
friendly. Al contrario, il governo di Buenos Aires cerca di promuovere unimmagi-
ne dellintera citt come etero friendly:
Il concetto di etero friendly che si impone a Buenos Aires in questo
momento propone un intercambio e unapertura tra gli ambienti gay ed ete-
rosessuali, aperto a tutta la comunit; la Buenos Aires etero friendly una
citt aperta e senza ghetti. Buenos Aires riceve turismo gay da tutto il
mondo. La maggior parte dei visitatori costituita da uomini [dal sito ufficia-
le del turismo del Governo Autonomo della Citt di Buenos Aires,
www.bue.gov.ar/?ncMenu=267].
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 54
Fig. 2 Ernesto Che Guevara, versione gay friendly
Fonte: foto di V. Sosa
Tuttavia, questa immagine ideale proposta dal governo locale si scontra con
una situazione reale molto differente, almeno per due ragioni: da un lato, la strut-
tura socioeconomica della citt ben lontana da quel clima di apertura e unit al
quale il testo fa riferimento. Buenos Aires una citt frammentata e, come le altre
capitali latinoamericane, caratterizzata dalla convivenza nello spazio urbano di
isole di ricchezza e sacche di estrema povert ed emarginazione.
Dallaltro lato, limmagine di citt etero friendly, come paradigma di apertura
radicale nei confronti delle differenze, si contraddice se si guarda la distribuzione
della presenza e visibilit di negozi e attivit gay che, di fatto, sono concentrati in
alcuni quartieri (non a caso, i pi turistici), mentre rimangono invisibili in altri. In-
fatti, se si osserva la mappa turistica di Buenos Aires e quella destinata al pubblico
gay, gli itinerari e i luoghi di interesse coincidono fino a sovrapporsi. Pi specifi-
camente, la maggior parte dei circuiti e dei commerci mirati ai clienti omosessuali
si concentra nei quartieri pi ricchi della citt (Recoleta e Palermo) e nel centro
storico (San Telmo), quartiere bohmien e tradizionalmente degradato che stato
oggetto di unintensa riqualificazione urbana negli ultimi venti anni.
In questultimo quartiere, in particolare, possibile vedere come il valore sim-
bolico del gay friendly funzioni come un plusvalore di mercato e come garanzia
di profitto. Questa immagine si configura come unillusione urbana da vendere
che associa omosessualit e unapparente apertura verso la diversit in termini et-
nici e di classe, ma che non contempla uneffettiva apertura nei confronti della
Ripensare il gay friendly 55
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 55
56 Victoria Ayeln Sosa
pluralit di espressioni LGBT, n nei confronti dei soggetti tradizionalmente resi
invisibili del quartiere (principalmente gli abitanti poveri delle pensioni e gli im-
migrati boliviani e paraguayani). La riqualificazione del centro storico e linaugu-
razione di un nuovo discorso sulla citt cosmopolita e tollerante sono state infatti
accompagnate e sostenute dallespulsione ed esclusione di altri settori, ridefinen-
do sotto altri parametri e altre etichette il diritto alla citt e i corpi che contano.
Il turismo rosa e le sue rappresentazioni. Bue nos Ai r e s , me c c a de l
t ur i s mo ga y. Buenos Aires insomma diventata nellultimo decennio una del-
le principali destinazioni del turismo gay internazionale. Le riviste e le guide del
settore concordano nel collocare Buenos Aires tra le migliori citt gay friendly del
mondo (Out Traveler, Cond Nast Traveller, Vanity Gay ecc.) o addirittura co-
me la nuova mecca del turismo gay, strappando tale titolo alla tradizionale Rio de
Janeiro.
Secondo i dati presentati nel 2008 da Pablo de Luca, presidente della Camera
di Commercio LBGT, durante la Terza Conferenza Internazionale di Marketing e
Turismo Gay, questo tipo di turismo rappresenta circa il 20% del totale del turi-
smo a Buenos Aires. Ci significa, in termini economici, unentrata che per il 2008
si calcola sia stata intorno ai 1.100 milioni di dollari (Buenos Aires, consagrada...,
2010).
Lesponenziale crescita di questa attivit di nicchia in Argentina si deve a di-
versi fattori. In primo luogo, fa riferimento allo specifico contesto politico del pae-
se a partire dalla crisi politica e sociale del 2001, che ha visto una generale cresci-
ta del turismo in seguito alla svalutazione della moneta locale. Gli anni dopo la
crisi, infatti, sono stati caratterizzati da un accelerato ritmo di ripresa economica,
favorito dal notevole aumento delle esportazioni e dal turismo di massa (entrambi
possibili grazie allo svincolo della moneta locale dal dollaro e dunque alla fine del
cambio 1:1 imposto durante il Menemismo). Inoltre, la legalizzazione dellunione
civile e, posteriormente, quella del matrimonio tra coppie dello stesso sesso han-
no contribuito allaumento del flusso turistico e allimmigrazione di coppie omo-
sessuali, soprattutto da paesi limitrofi.
In secondo luogo, laumento di questo tipo di turismo stato fortemente pro-
mosso dagli operatori del settore, che negli ultimi anni hanno consolidato limma-
gine di Buenos Aires come destinazione turistica gay friendly e hanno aperto un
circuito molto ampio di agenzie e prodotti specifici.
Tuttavia, proprio per la sua natura intrinsecamente legata al mercato, la pre-
senza di turismo gay-lesbico, se da un lato ha contribuito a una maggiore accetta-
zione di queste minoranze, dallaltro si costituisce come la fonte di importanti
pregiudizi sullomosessualit. Limmagine di cosmopolitismo, consumismo, frivo-
lezza e disponibilit economica associata allomosessualit (principalmente ma-
schile) costituisce infatti unilluminazione funzionale (Lacarrieu e Grillo, 1998)
attraverso la quale si impone una forma di omosessualit normale o corretta,
escludendo allo stesso tempo quella considerata anormale o minacciosa, da tene-
re nascosta. I gay sono dunque accettati solo nella misura in cui sono portatori di
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 56
Figg. 3 e 4 Graffiti a San Telmo
Fonte: foto di V. Sosa
dollari, condizione attraverso la quale possibile chiudere un occhio sulla loro
presunta devianza sessuale.
I media locali sono le principali fonti di riverbero di questi pregiudizi. A titolo
di esempio, in questo articolo del giornale El Clarn, Tania Churchmuch, presi-
dente dellAssociazione Internazionale di Turismo Gay e Lesbico, dichiara:
Il turismo gay lesbico muove milioni di dollari allanno. Si tratta di un
pubblico che viaggia di pi in primo luogo perch, non avendo figli, non
soggetto ai limiti imposti delle vacanze scolastiche. Inoltre, guadagnano di
pi per tre motivi: stato studiato che, in media, hanno un maggiore livello
di studio, non devono rimandare le loro carriere per avere figli, n debbo-
no chiedere ferie se questi si ammalano [Buenos Aires es la nueva
meca..., 2010].
La messa in luce di certi aspetti dellomosessualit funzionale a una strategia
di mercato che definisce il modo giusto di essere gay. Quando lomosessualit,
invece, quella dei settori marginali della societ (poveri, brutti, non consumisti
ecc.), legata a certe pratiche sessuali (saune, bagni pubblici ecc.) o quando a es-
sere omosessuali non sono solo uomini (ma lesbiche, trans ecc.) allora si mette in
moto il tradizionale meccanismo di esclusione e invisibilizzazione.
In un articolo del giornale Crtica de la Argentina, dedicato agli stereotipi e ai
limiti del mercato rosa e gay friendly, Leandro Gonzlez, direttore della polemica
rivista Aj, sostiene che:
Il mercato sta assimilando gli aspetti della cultura gay che gli convengo-
no e ne sta completamente distruggendo altri. Il mercato dunque sta defi-
nendo quali caratteristiche della cultura gay sono valide. Ci non ci sembra
giusto, ci sembra pericoloso [] La citt gay friendly non per loro la vera
citt, ma il luogo dellordine e dei buoni costumi, dellomosessualit addo-
mesticata, normalizzata, dove si pu fare qualsiasi cosa con la condizione
che si faccia nel posto che stato destinato a tale attivit, si paghi laccesso e
si mantenga la dovuta modestia. In poche parole, il progetto di citt del
progressismo omosessualista nega lesistenza del sudaca [dispregiativo lati-
Ripensare il gay friendly 57
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 57
Fig. 5 Gauchos gay
Fonte: foto di Horacio Paone (in M.N. LVAREZ, Los gauchos gay, in Revista Veintitrs, Buenos
Aires, febbraio 2006, 395, pp. 60-65)
58 Victoria Ayeln Sosa
noamericano, N.d.T.], della gente rozza, brutta, marginale e poco o per
niente elegante [Gays contra el mercado..., 2008].
I l c or po de l t ur i s mo. Il corpo, in quanto luogo o localizzazione dellin-
dividualit e della costruzione dei soggetti, coinvolto nelle stesse dinamiche di
potere che definiscono la normativit dello spazio, separando i corpi che conta-
no da quelli che non ne possiedono i requisiti (Butler, 1996).
Sostiene Linda McDowell (1999) che le divisioni e le disuguaglianze spaziali
sono determinate e riflesse in pratiche incorporate e relazioni sociali vissute. Un
esempio di tale divisione spaziale quello del confinamento del corpo femminile
nella sfera domestica (divinizzando la donna come angelo del focolare), e la-
pertura di quello maschile (rappresentato come pi forte ed efficiente) verso la
sfera pubblica.
Il corpo inoltre un luogo conteso per lesercizio della sovranit statale: non
solo si governa sulla popolazione, ma anche sui singoli corpi, in quanto produtti-
vi e riproduttivi (per il caso argentino si veda Salessi, 2000); il corpo anche il
luogo di conferma delle grandi visioni geopolitiche (si pensi alle rappresentazioni
dellaltro, arabo, orientale ecc.) e delle disuguaglianze di genere nellorganizza-
zione sociale (che stabiliscono un significato implicito ed esclusivo alle differenze
sessuali e corporali).
Il corpo (quello giusto) e la sua sessualit (in termini eteronormativi) sono dun-
que dispositivi fondamentali attraverso cui si produce un territorio. Lo spazio urba-
no, in particolare, costituisce un importante dispositivo di assoggettamento e nor-
mativizzazione, cos come di riproduzione delle grandi disuguaglianze sociali, in
quanto luogo per eccellenza della costruzione della gestione della cosa pubblica.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 58
Dallanalisi delle principali guide turistiche gay e dei discorsi tanto della comu-
nit locale (gli abitanti del centro storico e i media locali) come di quella interna-
zionale (media e pagine web straniere) presi in esame, possibile trarre alcune
considerazioni sul rapporto tra corpo omosessuale e immaginario turistico gay
friendly a Buenos Aires. In primo luogo, limmaginario turistico generalmente of-
ferto al pubblico omosessuale, bench scardini legemonia eterosessuale, sembra
ri-orientare, e imporre tramite ripetizione, un nuovo modello di virilit omoses-
suale egemone. I corpi depilati, curati, provocanti, sensuali e ospitali, ma anche
forti, prestanti, sani e produttivi delle guide turistiche gay sembrano infatti pro-
porre una nuova materialit, un nuovo modo per far contare il corpo omosessua-
le che finisce col riprodurre la stessa logica fallocentrica di cui la societ e lo spa-
zio capitalisti si nutrono.
In un articolo del giornale Ambito Financiero, il gi citato Gustavo Noguera,
a proposito delle ragioni per le quali Buenos Aires attrae turisti gay sostiene che:
Quasi tutti i visitatori sottolineano il livello di rispetto da parte della societ. Inol-
tre, non dobbiamo dimenticare che il cambio valuta molto favorevole per la
maggior parte dei turisti stranieri e che quasi tutti i turisti notano il fascino latino
delluomo porteo (Buenos Aires, consagrada..., 2010, corsivo aggiunto). Allo
stesso modo, le guide locali per turisti omosessuali (le Gmaps) presentano osses-
sivamente copertine con uomini forti e prestanti, virili ma depilati, dal fascino la-
tino e generalmente ritratti su uno sfondo urbano che invitano a conoscere.
In secondo luogo, nellimmaginario turistico tradizionale, cos come in quello
preso in esame, i corpi rappresentati assumono un significato solo allinterno di
determinati luoghi o paesaggi offerti: nelle rappresentazioni delle destinazioni tu-
Ripensare il gay friendly 59
Fig. 6 Tango queer
Fonte: Same Sex Tango Lessons, in Time Out Sydney, settembre 2010 (consultabile in http://www.
timeoutsydney.com.au/gaylesbian/samesex-tango-classes.aspx)
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 59
60 Victoria Ayeln Sosa
ristiche il luogo in-corpora determinati connotati fisici e il corpo diventa uno sti-
molante territorio da esplorare.
Come detto poco sopra, i corpi maschili delle guide turistiche invitano a cono-
scere un territorio, ma, allo stesso tempo, i corpi assumono i connotati di quel ter-
ritorio. Questo appare evidente in molte fotografie utilizzate per promuovere il
turismo gay in Argentina, dove gli uomini ritratti, evidentemente gay, sono vestiti
da gauchos (i cow boy della Pampa) o sono coinvolti in un passionale ballo di
tango (figg. 5 e 6).
Cos, limmaginario turistico destinato al pubblico gay sembra riprodurre gli
stessi pregiudizi e le stesse grandi narrazioni geografiche del tradizionale mercato
turistico. Le rappresentazioni dei corpi maschili omosessuali delle principali gui-
de gay esprimono spesso uno sguardo orientalista (Said, 1979) e colonizzatore
dai connotati omoerotici. Tale sguardo riproduce a sua volta i fondamenti ideolo-
gici e il determinismo storico attraverso cui lOccidente determina le caratteristi-
che di luoghi e culture altre in forma stereotipata e a partire dalle differenze, spes-
so prive di fondamenti, rispetto a una supposta o desiderata identit occidentale.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
AMENDOLA G., La citt postmoderna. Magie e paure della metropoli contemporanea, Ro-
ma-Bari, Laterza, 2003.
BELL D. e J. BINNIE, Authenticating Queer Space: Citizenship, Urbanism and Gover-
nance, in Urban Studies, Glasgow, 2004, 41, 9, pp. 1807-1820.
BENKO G., Estrategias de comunicacin y marketing urbano, in Revista Eure, Santiago
(Cile), 2000, 26, 79, pp. 67-76.
BINNIE J. e B. SKEGGS, Cosmopolitan Knowledge and the Production and Consumption
of Sexualized Space: Manchesters Gay Village, in The Sociological Review, Londra,
2004, 52, pp. 39-61.
BUENOS AIRES CIUDAD, Buenos Aires Turismo. Portal Oficial de Turismo
(http://www.bue.gov.ar/?ncMenu=267).
Buenos Aires, consagrada como meca gay friendly, in mbito Financiero, Buenos Aires,
27 agosto 2010, pp. 4-5.
Buenos Aires es la nueva meca del turismo gay, in El Clarn, Buenos Aires, 25 luglio
2010 (consultabile in http://www.clarin.com/sociedad/tendencias/Buenos-Aires-nueva-
meca-turismo_0_304769670.html).
BUTLER J., Corpi che contano: i limiti discorsivi del sesso, Milano, Feltrinelli, 1996.
Gays contra el mercado rosa y gay friendly. Nuevos grupos advierten sobre el peligro de
ser usados como mercado rosa y critican el concepto de gay friendly como un nuevo
estereotipo, in Crtica de la Argentina, Buenos Aires, 16 novembre 2008 (consultabile
in http://www.santelmoonline.com/perfil/perfil_notag.php?sit=F&id=132).
LACARRIEU M. e O. GRILLO, Les centres historiques. San Telmo Buenos Aires: une illu-
sion urbaine vendre?, in J. MONNET (a cura di), Ville et pouvoir en Amrique: les
formes de lautorit, Parigi, LHarmattan, 1998, pp. 153-176.
MCDOWELL L., Gender, Identity and Place. Understanding Feminist Geographies, Min-
neapolis, University of Minnesota Press, 1999.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 60
MECCIA E., La cuestin gay. Un enfoque sociolgico, Gran Aldea Editores, Buenos Aires,
2006.
PHELAN S., Sexual Strangers: Gays, Lesbians, and Dilemmas of Citizenship, Philadelphia,
Temple University Press, 2001.
SAID E., Orientalism: Western Conceptions of the Orient, New York, Vintage, 1979.
SALESSI J., Mdicos maleantes y maricas: higiene, criminologa y homosexualidad en la
construccin de la nacin argentina (Buenos Aires, 1871-1914), Buenos Aires, Beatriz
Viterbo, 2000.
Turismo Gay. Buenos Gayres. La capital argentina, segunda entre las ciudades favoritas,
in Revista Noticias, Buenos Aires, 13 marzo 2010, p. 58.
RETHINKING GAY FRIENDLY: TOURISM AND COMMODIFICATION OF DIFFEREN-
CE IN THE CITY OF BUENOS AIRES. This paper is focused on the uses (and abuses) of
culture and difference in the urban renovation processes of the city of Buenos Aires, and
particularly in its gay friendly touristic offer. The spread of interest in the so called pink dol-
lar (the alleged higher incomes of the gay couples) by local public administrations and the
growth of gay spaces and districts in the cities have had an enormous influence on the
international touristic market and on the more general urban marketing strategies. The
Argentinean capital city has been elected some years ago as the new Mecca of international
gay tourism. Here, the symbolic value of identity and difference works as a market surplus
value and as a guarantee for immediate profit. A new image of the city, that links homo-
sexuality with cosmopolitanism and openness to diversity, has been spread through the
imposition of a new discursive regime. As a result, the city image that emerges works more
as a marketable illusion that reproduces an orientalist, homo-erotic and colonializing gaze,
than a real tolerance and integration of diversity and homosexuality. In this frame, the tou-
ristic images commonly offered to homosexual clients are paradoxical: on the one hand,
they help to undermine heterosexual hegemony, disrupting the binary oppositions
between masculine and feminine. On the other hand, they seem to re-orientate and impose
trough repetition a new model of homosexual hegemonic virility. Moreover, the specific
aspects of places are in-corporated in certain physical expressions and the (gay) body in
touristic gay guides and maps is presented as a stimulant territory to explore.
Universit degli Studi di Milano-Bicocca, Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale
victoria.ayelen.sosa@gmail.com
Ripensare il gay friendly 61
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 61
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 62
(*) Nonostante larticolo sia stato interamente ideato e sviluppato da entrambi gli autori, si precisa
che vanno attributi a Fiammetta Martegani i paragrafi secondo e quarto, e a Chen Misgav i paragrafi
primo e terzo, la cui traduzione dallinglese allitaliano stata curata da Fiammetta Martegani.
(1) In ebraico, letteralmente, lanno prossimo, per ricostruire Gerusalemme: preghiera e impe-
gno con cui si concludono ogni anno nelle comunit ebraiche di tutto il mondo le cerimonie di Yom
Kippur e Pesach.
BOLLETTINO DELLA SOCIET GEOGRAFICA ITALIANA
ROMA - Serie XIII, vol. IV (2011), pp. 63-72
FIAMMETTA MARTEGANI - CHEN MISGAV
LANNO PROSSIMO... A TEL AVIV
QUEERING THE REPRESENTATIONS FROM THE OUTSIDE AND THE INSIDE (*)
Introduzione. La scelta da parte degli autori di intitolare questo contributo
Lanno prossimo... a Tel Aviv, facendo riferimento in modo provocatorio alla no-
ta espressione biblica lanno prossimo a Gerusalemme (
1
), rappresenta il tentati-
vo di ricollocare la citt di Tel Aviv come meta di riferimento privilegiata, negli
ultimi decenni, non soltanto per il popolo ebraico, ma per una comunit pi allar-
gata, aperta nei confronti dellAlterit, che vive lo spazio urbano della sin-city (in
contrapposizione a Gerusalemme, holy city per definizione) come spazio della
differenza.
In questo contributo cercheremo, infatti, di illustrare le diverse narrative svi-
luppatesi attorno alla citt di Tel Aviv, che rappresenta il centro economico e cul-
turale e, soprattutto, la citt pi liberale di Israele, ragion per cui nel corso degli
ultimi decenni diventata meta di riferimento per la comunit LGBTQ di tutto il
Medio Oriente.
Nella nostra analisi ci concentreremo pertanto sulle diverse narrative che rap-
presentano Tel Aviv come spazio queer, e a tale proposito utilizzeremo due narra-
tive differenti ma complementari, in grado di illustrare il nostro specifico punto di
vista e le nostre peculiari identit: quella da outsider, una ricercatrice italiana
straight che vive a Tel Aviv da soli due anni, e quella da insider, un ricercatore
israeliano gay che vive a Tel Aviv da pi di dieci anni.
Cominceremo il nostro contributo con unintroduzione alla narrativa sionista
con cui stata inizialmente fondata la citt di Tel Aviv, per poi arrivare agli anni in
cui Tel Aviv diventata il centro di riferimento della comunit LGBTQ non soltan-
to israeliana, ma di tutto il Medio Oriente. Continueremo a esplorare le differenti
narrative con cui viene sperimentata e rappresentata la citt sia dalla comunit
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 63
LGBTQ sia da quella straight, sia da cittadini israeliani sia stranieri, utilizzando
punti di vista e metodologie differenti: prodotti visuali appartenenti alla cultura
popolare, ma anche mappe, sia regolari sia mentali, in modo da esplorare ed
esaminare la complessa ricchezza multiculturale e multisessuale peculiare allo
spazio urbano di Tel Aviv.
From outside Nel corso della mia esperienza sul campo svoltasi tra il
2009 e 2010 ho avuto modo di conoscere la citt di Tel Aviv in molte delle sue di-
verse sfaccettature, tra le quali spicca, soprattutto rispetto ai miei precedenti ven-
tisette anni trascorsi a Milano, un uso dello spazio urbano come spazio hipster (
2
)
e, dal punto di vista delle dinamiche di genere, raramente vincolato da logiche
eteronormative (
3
), ma altres aperto a una pratica dello spazio di tipo prevalente-
mente metrosessuale (
4
).
Al fine di comprendere lo sviluppo di tale peculiare pratica metrosessuale del-
lo spazio hipster, stato per me fondamentale indagare il profondo legame tra il
sionismo moderno (
5
) e la fondazione della citt di Tel Aviv: entrambi fortemente
64 Fiammetta Martegani e Chen Misgav
(2) Il termine appare da principio come slang negli Stati Uniti nel corso dellera post-bellica, per
venire poi recuperato negli anni Novanta-Duemila col fine di descrivere quel peculiare stile di vita ur-
bano, tipico della classe medio-borghese in et tardo-giovanile, volto a promuovere una cultura an-
ti-mainstream, con un particolare interesse per la musica e il cinema indipendente (indie). Nel nume-
ro di Time Out New York del 29 maggio 2007, in un articolo piuttosto critico, Christian Lorentzen ri-
vendica che: the metrosexuality is the hipster appropriation of gay culture, as a trait carried over from
their Emo phase. [...] These aesthetics are assimilated cannibalized into a repertoire of meaning-
lessness, from which the hipster can construct an identity in the manner of a collage, or a shuffled
playlist on an iPod. [...] Hipsterism fetishizes the authentic elements of all of the fringe movements of
the postwar era-Beat, hippie, punk, even grunge, and draws on the cultural stores of every unmelted
ethnicity and gay style, and then regurgitates it with a winking inauthenticity and a sense of irony.
(3) Gli studi pi recenti sul rapporto tra sessualit e spazio hanno dimostrato che lo spazio pub-
blico costruito intorno alla particolare nozione di comportamento sessuale appropriato, che esclu-
de tutti i modi di vivere non centrati sulla monogamia, leterosessualit e il sesso procreativo. Lesclu-
sione spaziale dei dissidenti riproduce le nozioni di cittadinanza e di diritto basate sulleteronormati-
vit (Borghi, 2010, p. 190).
(4) Il termine, neologismo derivato dalla crasi tra metropolitan and heterosexual, trova le sue origi-
ni nel noto articolo di Mark Simpson, pubblicato il 15 novembre 1994 sullIndependent, in cui Simp-
son descrive luomo metrosexual come single young man with a high disposable income, living or
working in the city (because thats where all the best shops are), is perhaps the most promising con-
sumer market of the decade. Il 13 aprile 2010, sullHuffington Post, Simpson prova assieme alla scrit-
trice Caroline Hagood a descrivere il concetto di metrosexuality declinato anche al femminile, facendo
in particolar modo riferimento ai caratteri della celebre serie televisiva della HBO Sex and the City, al
fine di illustrare esempi paradigmatici di wo-metrosexuality (termine coniato dalla stessa Hagood).
Nella sua complessa analisi, larticolo sostiene soprattutto che anche se questo fenomeno non stareb-
be necessariamente a significare una effettiva emancipazione delle donne rispetto agli uomini, il fatto
che comunque lo stile di vita metrosexual tenda a decostruire tradizionali ruoli di genere, in termini di
lungo periodo, potrebbe comunque aiutare le donne nel processo di emancipazione dal proprio ruo-
lo di subordinazione rispetto agli uomini.
(5) Per sionismo moderno, qui e nella maggior parte della letteratura sviluppatasi attorno allargo-
mento, si intende fare solitamente riferimento al Primo Congresso Sionista, svoltosi a Basilea dal 29 al
31 agosto 1897 e presieduto da Theodor Herzl, considerato padre fondatore del sionismo moderno
nonch primo visionario e profeta dello stesso Stato di Israele.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 64
Lanno prossimo... a Tel Aviv 65
caratterizzati dallobiettivo di costruire uno spazio urbano volto ad accogliere
identit, e con esse, pratiche di consumo dello spazio differenti.
Il toponimo biblico della citt di Tel Aviv, infatti, proviene da Ezechiele (3,15)
e sta a significare letteralmente collina della primavera, ma rappresenta anche,
dal punto di vista simbolico, il luogo di incontro tra antico, ovvero la mitologica
montagna biblica tel, e moderno, rappresentato dallarrivo della primavera: aviv.
Per questo Nahum Sokolow, uno dei pi illustri leader sionisti del XIX secolo, de-
cise di utilizzare questo toponimo al fine di tradurre in ebraico quello che rappre-
senta il manifesto del sionismo moderno: Altneuland, pubblicato nel 1902 da
Theodor Herzl. In questopera, infatti, il padre fondatore del sionismo moderno il-
lustra la sua visione politica relativa alla necessit di uno Stato per gli ebrei nella
Terra di Israele, sottolineando allo stesso tempo limportanza di una societ ebrai-
ca aperta fondata sullidea che noi siamo il prodotto comune di tutte le nazioni ci-
vilizzate. [...] Sarebbe immorale se mai decidessimo di escludere qualcuno da que-
sto progetto, a prescindere dalle proprie origini, opinioni e credenze politiche o
religiose. [...] C un unico modo per farlo: la pi totale tolleranza (
6
).
Nellattuale Israele questo ruolo stato ampliamente assolto da Tel Aviv, una
citt che ancora non esisteva ai tempi in cui Altneuland venne tradotto da Sokolow
in Tel Aviv, ma il cui titolo divenne ispirazione per fondare nel 1909 la prima citt
ebraica, e in quanto tale radicalmente differente dalla giudaica Gerusalemme (
7
).
La narrativa liberal-sionista del XX secolo ha cos ampliamente contribuito a
costruire il ruolo secolare della citt di Tel Aviv allinterno della (decisamente me-
no secolare) societ israeliana, facendo di Tel Aviv, a partire dagli anni Ottanta, il
centro di riferimento per la comunit LGBTQ israeliana e pi in generale per tutto
il Medio Oriente.
La prima associazione LGBTQ sionista, comunemente conosciuta come Agu-
da, associazione, stata fondata nel 1975 a Tel Aviv e, ancora oggi, unorga-
nizzazione nazionale no-profit che lavora a favore del rispetto dei diritti della co-
munit LGBTQ in Israele, dove la legislatura relativa alla pratica omosessuale ri-
masta pressoch la stessa dai tempi del Mandato Britannico fino al 1988, quando
il divieto di praticare atti omosessuali stato formalmente abrogato dallassem-
blea legislativa nazionale della Knesset (organo parlamentare israeliano), e fino a
quando nel 1993 agli omosessuali stato ufficialmente concesso di poter prende-
re parte al servizio militare (
8
), ovvero quando in occasione della prima Pride Pa-
rade svoltasi a Tel Aviv il colonnello Uzi Even decise di partecipare indossando la
divisa militare e per tale ragione venne arrestato e sospeso dal suo servizio. Ci
(6) Citazione liberamente tradotta dallautrice, riportata in Selzer (1970, p. 185).
(7) Pur non essendo questa la sede in cui aprire il dibattito sulla grande differenza tra la portata
laica dellebraismo come cultura e quella pi legata allortoprassi del giudaismo come fede, ci pre-
me qui sottolineare limportante differenza epistemologica trai due termini, a partire dalluso dei due
differenti aggettivi nella lingua ebraica: ivrit (ebraico) e ieudit (giudaico).
(8) Servizio per altro obbligatorio in Israele sia per gli uomini che per le donne, rispettivamente
per la durata di tre anni per i primi e di venti mesi per le seconde, alle quali tuttavia non viene richie-
sto di prestare servizio di riserva per un periodo che pu variare fino ai trenta giorni allanno e fino ai
quarantacinque anni di et, come invece previsto per i soldati uomini.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 65
spinse lallora primo ministro Yitzhak Rabin a mutare la legislatura militare relati-
va allomosessualit. Sei anni pi tardi lo stesso Even diverr il primo membro di-
chiaratamente gay a far parte della Knesset.
Tuttavia, pi che dalla Knesset, un ruolo decisivo nel rappresentare i diritti
della comunit LGBTQ israeliana stato rivestito, soprattutto nellultimo decen-
nio, particolarmente dalla municipalit di Tel Aviv, che dal gennaio 2008 ha uffi-
cialmente istituzionalizzato il LGBTQ Community Center, primo nel mondo a es-
sere stato finanziato grazie al contributo diretto delle tasse dei cittadini.
Uno dei film pi rappresentativi nel descrivere la vita della comunit LGBTQ
di Tel Aviv risulta sicuramente lopera del 2006 di Eytan Fox (
9
): The Bubble (
10
). Il
film racconta la storia e le storie di un gruppo di coinquilini che condividono lo
stesso appartamento a Tel Aviv, ma risulta pi che altro una canzone damore nei
confronti della citt come luogo di incontro tra diverse alterit: arabi ed ebrei,
donne e uomini, gay e straights. Ci che ognuno di loro ha in comune, infatti,
lamore per Tel Aviv, un amore che viene descritto in modo paradigmatico dalla t-
shirt che indossa uno dei protagonisti omosessuali, che porta la scritta I love Tel
Aviv (fig. 1).
Questo amore per la citt non ha nulla a che vedere con lomosessualit del
protagonista (peraltro mostrato fin dalla prima scena del film in divisa militare e in
modo tuttaltro che effeminato), ma altres con la possibilit di poter sperimentare
il proprio stile di vita metrosessuale, frequentando gli stessi luoghi e locali hip-
sters praticati anche da straights e che rappresentano tutti i vantaggi del poter usu-
fruire di uno stile di vita urbano: ampie offerte di lavoro e consumismo, ma an-
che edonismo e cura del s, il tutto in unatmosfera altamente aperta e liberale.
Quel tipo di atmosfera che ho avuto modo di sperimentare io stessa, come outsi-
der, nei due anni che ho trascorso fino a oggi nella bolla di Tel Aviv, consuman-
do gli stessi luoghi hipsters che vengono vissuti in modo metrosessuale dalla mag-
gior parte di coloro che vivono nella bolla, come possibile constatare dalla Tel
Aviv gay-map (
11
), i cui principali luoghi di interesse segnalati vengono egualmen-
te e abitualmente frequentati sia da gay che da straights.
to inside. In contrapposizione alluso di una cartografia ufficiale, il mio
contributo come insider si propone di indagare lo spazio queer di Tel Aviv grazie
allausilio di alcune mappe mentali che ho avuto modo di far produrre nel corso
di una serie di interviste realizzate per redigere la mia tesi di Master sullo spazio
66 Fiammetta Martegani e Chen Misgav
(9) Dal 1997 al 2000 Fox stato regista anche della prima serie televisiva israeliana volta a rap-
presentare la vita della comunit LGBTQ di Tel Aviv: Florentin, ovvero il nome di uno dei quartieri
maggiormente abitati e frequentati da studenti, artisti e pi in generale dalla comunit hipster di Tel
Aviv.
(10) Col termine ebraico buha, bolla, gli israeliani tendono a fare riferimento alla peculiare di-
mensione bohmien e liberale che caratterizza Tel Aviv rispetto al resto del paese: una bolla che tutta-
via, in quanto tale, precaria per definizione, e quindi anche destinata a scoppiare da un momento al-
laltro.
(11) Mappa ufficiale della comunit gay di Tel Aviv, distribuita nel Tel Aviv LGBTQ Community
Center, col patrocinio della municipalit di Tel Aviv, e reperibile anche in formato PDF sul sito
www.gaytlvguide.com/the-guide/gay-tel-aviv-map.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 66
Lanno prossimo... a Tel Aviv 67
urbano di Tel Aviv vissuto dalla comunit gay (Misgav, 2008). Tale lavoro stato
fortemente influenzato dal ruolo assunto negli ultimi anni dellattivismo femmini-
sta e queer nelle pratiche di costruzione dello spazio e su di esso sto attualmen-
te lavorando per la mia attuale ricerca di dottorato, che si concentra in particolare
sullanalisi dello spazio urbano notturno di Tel Aviv e dal peculiare rapporto tra
spazio e corpo, nelle sue diverse declinazioni sessuali.
Dal punto di vista metodologico, la crescente visibilit della comunit gay e le
sue conquiste politiche hanno contribuito in gran parte allampliamento e alla le-
gittimazione della ricerca sui soggetti queer (Chauncey, 1994 e 1997; Gross e Ziv,
2003; Higgs, 1999). Lo sviluppo di unidentit politica gay ha suscitato, infatti, un
lungo processo di conoscenza alternativa sui temi queer in diverse discipline e
negli ultimi decenni la ricerca gay ha cominciato a prendere in esame i contesti
urbani e regionali, soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna (Frisch, 2002;
Mort, 2000), dove la discussione accademica ha influenzato lo sviluppo della teo-
ria queer in molte discipline, tra cui la geografia (Bell e Valentine, 1995). Molti de-
gli studi sulla geografia queer dagli anni Novanta hanno inoltre dedicato una cre-
scente attenzione agli studi sul corpo (Longhurst e Johnston, 2010), in particolare
sul corpo di transessuali, transgenders e altri soggetti fluidi e sul loro uso dello
spazio urbano come performance (Halberstam, 2005).
Questo tipo di riflessioni epistemologiche sono state centrali nel mio lavoro di
Fig. 1 Particolare di una scena del film The Bubble di Eytan Fox (2006)
Fonte: Tel Aviv Fever (www.telaviv-fever.com)
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 67
ricerca, in particolar modo nellanalisi dello spazio urbano di Tel Aviv dal punto
di vista della comunit LGBTQ.
Nel corso della mia ricerca ho avuto modo di raccogliere una cinquantina di
interviste in profondit con uomini e donne, gay e lesbiche, che vivono e risiedo-
no nella citt di Tel Aviv, in modo da analizzare il differente utilizzo di servizi e
spazi pubblici. Questo stato possibile attraverso lutilizzo di mappe cognitive
realizzate dagli stessi intervistati. Attraverso questo tipo di metodologia (Lynch,
1960) ho avuto modo di sperimentare come sia possibile comprendere lo spazio
urbano attraverso le conoscenze locali (Fenster, 2004, e 2009, pp. 479-498) di
questi soggetti.
In questo contributo presenter in particolare due mappe mentali differenti e
peculiari nel descrivere le diverse possibilit di sperimentare un medesimo spazio
urbano: la mappa di Rina, lesbica, proveniente da un piccolo villaggio del sud, e
di Ziv, gay, anche egli trasferitosi di recente a Tel Aviv.
Per tutti e due i soggetti vi in comune la scelta di trasferirsi a Tel Aviv, che in
entrambi i casi non rappresenta soltanto uno spazio fisico; si tratta piuttosto di un
luogo simbolico, che, in quanto tale, influenza profondamente le interazioni so-
ciali, spirituali ed emotive delle persone che vi abitano.
68 Fiammetta Martegani e Chen Misgav
Fig. 2 Mappa mentale di Rina, disegnata da Rina per lintervista effettuata da
Chen Misgav
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 68
Lanno prossimo... a Tel Aviv 69
La mappa di Rina (fig. 2) mostra elementi sia fisici sia geografici (strade, nego-
zi, caff ecc.) che riflettono soprattutto la sua posizione emotiva. Nel centro della
mappa emerge, infatti, uno spazio vuoto. Lei stessa lo descrive come il mio spa-
zio di libert personale e lo vede come fondamentale rispetto al suo passato, es-
sendo cresciuta in una famiglia ebrea ortodossa e pertanto decisamente conserva-
trice.
La mappa di Ziv (fig. 3) risulta altrettanto interessante in quanto non emerge
alcun elemento che possa fare da riferimento a una citt in particolare e, nello
specifico, a Tel Aviv. La mappa caratterizzata da numerose piazze: alcune sono
contrassegnate con i nomi di luoghi specifici (supermercato, farmacia, lavoro
ecc.), mentre le frecce stanno a indicare il movimento che Ziv deve percorrere
per raggiungere questi luoghi dalla propria abitazione. Anche in questa mappa,
dunque, come nel caso di Rina, tende a emergere la specificit della propria espe-
rienza personale dello spazio urbano.
Entrambe le mappe, pur se molto differenti, mostrano come lo spazio urbano
sia intimamente legato alla pratica quotidiana della citt. Le mappe mentali di tut-
te le persone che sono state intervistate mostrano, infatti, la forte connessione tra
luso dello spazio urbano e la propria identit sessuale gay.
Come messo in luce nel paragrafo precedente, importante sottolineare come
lo spazio urbano vissuto dalla comunit gay di Tel Aviv non sia affatto uno spazio
di tipo esclusivo, ma, al contrario, uno spazio che si sovrappone o, meglio anco-
ra, si incontra con quello straight. Questo aspetto, peraltro, permette alla comu-
nit LGBTQ di avere una scelta pi ampia rispetto allo spazio urbano da poter
consumare.
Fig. 3 Mappa mentale di Ziv, disegnata da Ziv per lintervista effettuata da
Chen Misgav
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 69
In tal senso, la mia attuale ricerca sui night clubs di Tel Aviv (Misgav, 2010) si
voluta concentrare sul ruolo paradigmatico della performativit dei corpi degli
uomini e delle donne transgenders nella creazione di differenti eterotopie (Fou-
cault, 1984; 2010) allinterno del medesimo spazio del club. La lettura dello spazio
in termini focaultiani mi ha permesso pertanto di rileggere lo spazio del club co-
me spazio sociopolitico che permette a coloro che vivono unidentit spesso con-
siderata subalterna di poter sperimentare un proprio peculiare spazio della diffe-
renza, lo stesso tipo di spazio che emerge, su scala pi ampia, nelle mappe men-
tali di Rina e Ziv. Nel corso di una lunga ricerca sulla cultura del night club, Nis-
san Shore (2008) ha inoltre messo in luce il peculiare ruolo del club come spazio
di rivendicazione e di emancipazione sessuale per la comunit LGBTQ di Israele,
permettendo a essa di poter esprimere la propria identit sessuale anche al di fuo-
ri degli spazi del club. Shore sostiene inoltre che il diverso approccio sessuale nel-
luso degli spazi dei clubs abbia influenzato e sfidato le percezioni di genere, di ti-
po prettamente eteronormativo, non soltanto allinterno dalla comunit LGBTQ,
permettendole in questo modo di uscire allo scoperto dalle tenebre del club al-
la luce della vita quotidiana, ma abbia soprattutto permesso, su pi vasta scala,
di mettere in discussione tutte quelle nozioni egemoniche ed eteronormative rela-
tive a sesso, corpo e sessualit.
Conclusioni: queering the Representations. In questo contributo abbiamo
cercato di presentare e rappresentare differenti narrative della citt di Tel Aviv, al
fine di esplorare due prospettive diverse ma complementari, che illustrano il no-
stro peculiare punto di vista come insider e outsider. Abbiamo cercato di esplora-
re e mostrare percorsi differenti con cui possibile sperimentare la citt a prescin-
dere dalla propria identit sessuale e appartenenza religiosa, in modo da illustrare
tutta la complessit multiculturale e multisessuale offerta dalla citt di Tel Aviv, in
quanto spazio della differenza. Uno spazio queer dove identit hipster e metro-
sessualit non si scontrano lungo confini rigidi, ma altres si incontrano in uno
spazio comune, dove possibile costruire e ricostruire la propria identit come
un collage i cui pezzi continuano a cambiare, o meglio ancora, come una playlist
musicale in shuffle, il cui ritmo pu cambiare in ogni momento: proprio come lo
spazio queer di Tel Aviv.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
BELL D. e G. VALENTINE, Mapping Desire: Geographies of Sexualities, Londra e New
York, Routledge, 1995.
BORGHI R., Generi urbani. La citt eteronormata, in P. BARBERI (a cura di), successo
qualcosa alla citt. Manuale di antropologia urbana, Roma, Donzelli, 2010, pp. 187-
192.
BORGHI R. e A. RONDINONE (a cura di), Geografie di Genere, Milano, Unicopli, 2009.
70 Fiammetta Martegani e Chen Misgav
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 70
Lanno prossimo... a Tel Aviv 71
BEEMYN B. (a cura di), Creating a Place for Ourselves. Lesbian, Gay, and Bisexual Com-
munity History, Londra e New York, Routledge, 1997.
CASTELLS M., The City and the Grassroots, Berkeley, University of California Press, 1983.
CHAUNCEY G., Gay New York. Gender, Urban Culture, and the Making of the Gay Male
World 1890-1940, New York, Basic Books, 1994.
CHAUNCEY G., The Policed. Gay Mans Strategies of Everyday Resistance in Times Square,
in BEEMYN (1997).
FENSTER T., The Global City and the Holy City: Narratives on Knowledge, Planning and
Diversity: Gender, Space and Culture, Upper Saddle River, Pearson Prentice Hall, 2004.
FENSTER T., Cognitive Temporal Mapping: The Three Steps Method in Urban Planning, in
Planning Theory and Practice, 2009, 10, 4.
FOUCAULT M., Des espaces autres, in Architecture, Mouvement, Continuit, Parigi, otto-
bre 1984, 5, pp. 46-49 (ora in Dits et crits, a cura di D. Defert e F. Ewald, Parigi, Galli-
mard, 1994, IV, 360).
FOUCAULT M., Eterotopia, Milano-Udine, Mimesis, 2010.
FRISCH M., Planning as a Heterosexist Project, in Journal of Planning Education and Re-
search, 2002, 21, 3, pp. 254-266.
GROSS E. e A. ZIV, Bein Theoria vepolitika: Lemodim homo-lesbeim veteoria queerit [Be-
tween Theory and Politics: Gay and Lesbian Studies and Queer Theory], in Y. KEIDAR,
A. ZIV e O. KANER (a cura di), Meever laminiyot, mivhar mamarim in lemodim ho-
mo-lesbiyim veteoria queerit [Beyond Sexuality. Selected Articles in Gay and Lesbian
Studies and Queer Theory], Tel Aviv, Hakibbutz Hameuchad, 2003, pp. 9-44.
HALBERSTAM J., In a Queer Time & Place: Transgender Bodies, Subcultural Lives, New
York e Londra, New York University Press, 2005.
HIGGS D. (a cura di), Queer Sites Gay Urban Histories since 1600, Londra e New York,
Routledge, 1999.
LONGHURST R. e L. JOHNSTON, Space, Place and Sex, Lanham, Rowman & Littlefield,
2010.
LORENTZEN C., Why the Hipster must die, in Time Out New York, 29 maggio 2007 (con-
sultabile in newyork.timeout.com/things-to-do/this-week-in-new-york/8355/why-the-
hipster-must-die).
LYNCH K., The Image of the City, Cambridge (Massachusetts), MIT press, 1960.
MISGAV C., Hamerhav haironi beinehem shel homoeim velesbiot betel-aviv yafo [The Ur-
ban Space as Viewed by Gays and Lesbians in Tel-Aviv-Jaffa], tesi di Master in Urban
and Regional Planning, Haifa, The Technion, 2008.
MISGAV C., The Night Club: The Sexualized Body, Identity and Space, relazione presenta-
ta allIGU Commission on Gender and Geography Meeting, Gerusalemme, 9 luglio
2010.
MORT F., The Sexual Geography of the City, in G. BRIDGE e S. WATSON (a cura di), A
Companion to the City, Oxford, Blackwell, 2000.
SELZER M. (a cura di), Zionism Reconsidered, New York, Macmillan, 1970.
SHORE N., Lirkod im dmaot baenayim: Historia shel tarbut hamoadonim beisrael [Danc-
ing with Tears in Our Eyes. History of Club and Discotheque Culture in Israel], Tel
Aviv, Resling, 2008.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 71
SIMPSON M., Here comes the Mirror Man, in The Independent, Londra, 15 novembre
1994.
SIMPSON M. e C. HAGOOD, Wo-metrosexuality and the City, in The Huffington Post, 13
aprile 2010 (consultabile in www.huffingtonpost.com/caroline-hagood/metrosexuality-
and-the-ci_b_535333.html).
NEXT YEAR... IN TEL AVIV. QUEERING THE REPRESENTATIONS FROM THE
OUTSIDE AND THE INSIDE. In this paper we are going to present different narratives
of the city of Tel Aviv, which is the cultural and economical capital of Israel and the most
liberal city in the country. As such Tel Aviv serves as the LGBTQ center and as a magnet
for those people that are immigrates to the city from all parts of the country. We would
like to concentrate in the narratives of the city as a queer space from two different and
complementary perspectives that will illustrate our peculiar points of view and our identi-
ties: the outside, an Italian straight researcher which spent her last two years in Tel Aviv,
and the inside, Israeli gay researcher that actually live in the city for many years. We will
start talking about the historical Zionist narrative that contributed to construct the role of
the city of Tel Aviv in the Israeli society and in the Israeli LGBTQ community, to move
into some insights that arrow from the academic work. We will try to explore and to show
the different ways people might experience the city, whether they are straight or part of
LGBTQ community, citizens or foreigners, and we will illustrate this position by few kinds
of visual methods, such as popular culture products, regular maps and mental maps.
We will use these two points of view in order to represent and to examine the interesting
constructions of this complex multicultural, multisexual and full of different identities
space.
Universit degli Studi di Milano-Bicocca, Dipartimento di Scienze Umane per la
Formazione Riccardo Massa
fiammettamartegani@gmail.com
Universit di Tel Aviv, Department of Geography and Human Environment
chenmisg@post.tau.ac.il
72 Fiammetta Martegani e Chen Misgav
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 72
BOLLETTINO DELLA SOCIET GEOGRAFICA ITALIANA
ROMA - Serie XIII, vol. IV (2011), pp. 73-82
MIRELLA LODA - SILVIA ARU - DIEGO CARIANI
LA CONVIVENZA URBANA
NELLO SPAZIO PUBBLICO FIORENTINO
PRATICHE SOCIALI E NEGOZIAZIONE DELLA DIFFERENZA (*)
Introduzione. La citt rimane il luogo in cui le eterogeneit sociali, le diffe-
renze di genere, di classe, di religione eccetera si danno con la massima prossi-
mit spaziale; allinterno della citt, gli spazi pubblici restano lambito ove pi vi-
sibili sono i meccanismi di interazione e di negoziazione tra di esse. Una tale di-
versit di attori sociali nella scena urbana non pu che portare con s differenze
in termini di pratiche messe in atto nei singoli luoghi pubblici. La molteplicit di
usi ed esigenze che si relazionano allinterno di tali spazi attiva dinamiche che,
volendole inserire in una scala graduata di conflittualit, possono essere di condi-
visione, di competizione (pi o meno esplicita) o di scontro, fino a giungere a ve-
ri e propri processi di espulsione di alcune pratiche e/o attori sociali da specifici
luoghi. Lo spazio pubblico urbano dunque a tutto diritto lemblema visivo della
cultura pubblica, il palcoscenico sul quale quotidianamente si recita tale discorso
di inclusione ed esclusione di gruppi sociali differenti e delle loro pratiche.
Nel Laboratorio di Geografia Sociale (www.lages.eu) dellUniversit di Firenze
abbiamo condotto una ricerca sullo spazio pubblico della citt, focalizzando lat-
tenzione sui modi in cui esso viene percepito dai fruitori e sulle pratiche di nego-
ziazione che quotidianamente vi hanno luogo.
Abbiamo selezionato per lindagine tre tipi di spazio pubblico (
1
). La ricerca ha
innanzitutto riguardato gli spazi pubblici urbani per antonomasia, le piazze. Dal-
lanalisi delle pratiche e delle dinamiche tra frequentatori si cercato di ricavare
quale sia il modello di convivenza urbana prevalente e quali siano le dinamiche
di cambiamento in atto.
(*) Il presente lavoro frutto di intensa collaborazione tra gli autori. La stesura del testo tuttavia
da attribuire a M. Loda per i paragrafi primo, secondo e quinto, a S. Aru per il terzo, a D. Cariani per il
quarto.
(1) I risultati dellindagine sono stati presentati al convegno internazionale Urban Public Space in
Western and Islamic Countries (Firenze, 10-11 maggio 2010). Gli atti del convegno sono in corso di
pubblicazione presso leditore Pacini (Loda, in corso di stampa).
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 73
Lo studio ha poi preso in considerazione i cosiddetti dehors (o outdoor caf),
una forma di commercializzazione dello spazio pubblico diffusasi in grande mi-
sura negli ultimissimi anni. Lo scopo principale di questa parte della ricerca era
rilevare leventuale collegamento tra questi spazi e il diffondesi di nuove forme
di consumo della citt, di nuove linee di demarcazione tra pubblico e privato, o
di tendenze allespulsione di usi dello spazio non conformi alla modalit consu-
mistica.
Infine, si posta lattenzione sulla territorializzazione spontanea di alcuni
gruppi in spazi pubblici secondari (o interstiziali). Osservando le pratiche duso
attraverso cui un gruppo (
2
) si radica in queste vere e proprie piazze di fatto, si
inteso contribuire allanalisi del rapporto fra pratiche sociali e caratteristiche
del luogo.
Le piazze. Lanalisi sulle piazze fiorentine ha evidenziato contrariamente a
quanto ipotizzabile in base al cosiddetto deficit model, cio a una lettura incentra-
ta sullidea di crisi degli spazi nella citt contemporanea che esse sono tuttora
mediamente molto frequentate, comunicano sensazioni di benessere ai fruitori e
contribuiscono significativamente a consolidarne un senso di appartenenza ai
luoghi.
Tuttavia, la progressiva complessificazione del tessuto sociale, la diversifica-
zione degli stili di vita, la mutazione della base economica cittadina e soprattutto
il passaggio a un contesto demografico multiculturale hanno grandemente diver-
sificato e moltiplicato anche a Firenze i bisogni e le pratiche duso volte allo spa-
zio pubblico. La dimensione sociale di questultimo sempre pi si presenta come
lesito di una continua negoziazione fra individuo e gruppo, nonch fra gruppi o
comunit di pratiche differenti, in una dinamica che quotidianamente si articola
tra le istanze contrapposte, ma compresenti, di tipo inclusivo ed esclusivo, identi-
tario-comunitario o integrativo.
I bisogni e le pratiche espresse dai vari gruppi, infatti, in parte convivono nel-
lo stesso luogo, in parte divengono inconciliabili o addirittura confliggono, gene-
rando una competizione per luso dello spazio. Lo spazio pubblico assume quindi
un valore assolutamente situazionale e la specifica valenza di ogni piazza dipen-
de dai processi di negoziazione (pi o meno espliciti) che in essa si svolgono.
allora interessante approfondire per ciascun luogo la natura variabile della nego-
ziazione: intendere se prevalgano dinamiche identitarie oppure integrative; capi-
re come eventuali processi integrativi si caratterizzino da un punto di vista sociale
e/o interculturale; osservare infine il modo in cui le diverse costellazioni si combi-
nano con le caratteristiche fisico-materiali dei luoghi. Partendo da analisi di detta-
glio nelle singole piazze, abbiamo definito una sorta di tipologia, che si articola in
tre tipi principali: inclusivo, dedicato e conteso (
3
).
74 Mirella Loda, Silvia Aru e Diego Cariani
(2) In questo contesto il concetto di gruppo assimilabile a quello di comunit di pratiche, che
meglio definisce il tratto identificatore dellaggregazione (Amin, 2005).
(3) Tale classificazione delle piazze fiorentine in relazione alla natura della negoziazione per luso
dello spazio stata presentata una prima volta nel contributo di Mirella Loda, Spazi inclusivi, spazi
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 74
La convivenza urbana nello spazio pubblico fiorentino 75
Il tipo inclusivo quello pi prossimo (in apparenza) alla nozione ideale di
spazio pubblico, inteso come spazio liberamente accessibile a una molteplicit di
attori, e come luogo di incontro spontaneo tra diversit (culturali, di genere, ge-
nerazionali ecc.). Le piazze inclusive sono luoghi in cui non si riscontrano parti-
colari tensioni tra gruppi di fruitori. Allestremo opposto si collocano le piazze
dedicate, frequentate da un pubblico meno variegato e nelle quali si svolge una
gamma pi ristretta di pratiche. Fra il tipo inclusivo e quello dedicato si colloca
il tipo che abbiamo definito conteso, dove le dinamiche competitive sono molto
accentuate, ma gli esiti ancora incerti. Dallanalisi dei nostri dati si evince in gene-
rale il diffondersi di modalit dedicate di fruizione dello spazio pubblico sia come
esito dei meccanismi negoziali che riducono di norma la variet dei fruitori e del-
le pratiche legittimate nei vari luoghi; sia perch, a unosservazione ravvicinata,
gli stessi spazi apparentemente inclusivi si rivelano spesso un mosaico di spazi
pi o meno specializzati (dedicati), in cui la compresenza di pratiche differenti
resa possibile dallampiezza del luogo, ma avviene per il resto in un contesto di
interazione scarsa o nulla fra i diversi gruppi.
Interpretando le pratiche volte allo spazio pubblico come paradigma delle
modalit della convivenza urbana, il passaggio descritto da luoghi inclusivi a luo-
ghi dedicati pu dirsi emblematico di una convivenza fondata pi che in passato
sulla giustapposizione di segmenti sociali relativamente autonomi, connessi da
dinamiche di interazione forti verso linterno e deboli verso lesterno. Tale dal-
tra parte lo scenario verso cui convergono le analisi delle societ occidentali post-
moderne, e al quale si debbono rapportare le politiche di gestione degli spazi
pubblici.
Per quanto riguarda in particolare la nostra tematica, appare evidente che la
crescente variet delle pratiche di cui le piazze sono al tempo stesso oggetto e
veicolo necessita oggi di unaltrettanto ampia variet di luoghi capaci di accoglier-
le ed sempre meno comprimibile entro piazze pensate (sul modello dello spa-
zio inclusivo) come socialmente neutre. Per la gestione dello spazio pubblico ur-
bano lanalisi sociale dei luoghi quindi almeno altrettanto importante quanto
quella estetica o funzionale, che invece prevale ampiamente nella logica e nella
pratica degli interventi.
Prendere atto della tendenza spontanea dello spazio pubblico ad articolarsi
in spazi socialmente dedicati non equivale certo ad auspicare listituzione di spazi
chiusi o esclusivi. Al contrario, crediamo che proprio politiche orientate a una ge-
stione aperta e flessibile degli spazi pubblici siano lo strumento pi efficace per
soddisfare una domanda fortemente accresciuta e sempre pi differenziata (
4
).
transeunti, spazi dedicati: continuit e discontinuit nelle pratiche di uso delle piazze fiorentine,
presentato al convegno Innenraum und Aussenraum: Wie formt der Platz die Stadt? Inside out in
the Piazza: Shaping Space, Defining the City, organizzato dal Kunsthistorisches Institut di Firenze (6-9
novembre 2008).
(4) In questa direzione argomentava gi una ventina di anni fa, con riferimento allimmigrazione
turca a Berlino, Dieter Hoffmann-Axthelm (1994, in particolare alle pp. 49-85). Per la definizione dei
criteri su cui dovrebbero orientarsi politiche di gestione flessibile dello spazio pubblico, ci permettia-
mo di rimandare al contributo di Loda nel volume Lo spazio pubblico urbano. Teorie, progetti e prati-
che in un confronto internazionale (Loda, in corso di stampa).
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 75
(5) In questo paragrafo si sintetizzano i risultati diffusamente illustrati in Loda, Aru, Barsotelli e
Sbardella (in corso di stampa). Lindagine empirica sui dehors stata svolta da Stefania Sbardella e
Manuela Barsotelli.
76 Mirella Loda, Silvia Aru e Diego Cariani
I dehors (o outdoor caf) (
5
). A partire dalla seconda met del XX secolo, i
processi di privatizzazione e commercializzazione dello spazio pubblico hanno
giocato un ruolo centrale nel definire alcuni tratti dei mutamenti urbani della citt
contemporanea. In questambito, i dehors ovvero gli spazi aperti allesterno dei
pubblici esercizi destinati alla ristorazione per ampliarne la capacit ricettiva
rappresentano un fenomeno di grande interesse, visto che sono attualmente una
delle forme pi pervasive e recenti di commercializzazione dello spazio pubblico
(fig. 1).
Si cercato di comprendere se il processo in atto potesse essere letto in termi-
ni di erosione di spazi destinati in precedenza alla libera fruizione o se, nondime-
no, si potessero rintracciare allinterno di tali contesti nuove modalit di conviven-
za urbana (Zachary, 2006).
Lindagine ha riguardato due aree specifiche della citt: una centrale (Quartie-
re 1), laltra appena decentrata (Quartiere 2) (fig. 2).
Con lanalisi quantitativa abbiamo rilevato la presenza e la dislocazione dei
dehors nel tessuto urbano, documentando la forte diffusione specialmente nelle
aree centrali a forte presenza turistica; nella sola area dindagine risultano, infatti,
142 dehors e 11 spazi occupati privi di pedana, per un totale di 3.558 m.
Con lanalisi qualitativa abbiamo studiato il modo in cui i dehors contribuisco-
no a modificare il nostro modo di percepire e di vivere lo spazio pubblico e la
citt.
Nel complesso, emerge chiaramente come tali luoghi riescano a soddisfare
(magari per averla essi stessi indotta) una nuova, specifica domanda di citt, la-
sciata inevasa dagli spazi pubblici tradizionali.
I dehors offrono con ogni evidenza modalit di stare allaperto pi soddisfa-
centi di quelle consentite dagli spazi pubblici tradizionali; essi permettono infatti
di abbinare il piacere di stare allaperto con quello di sentirsi protetti. La percezio-
ne di un senso di sicurezza dunque un elemento fondamentale per la motiva-
zione a frequentare tali luoghi. Larredo (netta delimitazione dallo spazio esterno
attraverso barriere quali fioriere o inferriate leggere) fa apparire il dehors come
una sorta di salotto quasi domestico, mentre latto di consumo che legittima allu-
so del luogo accomuna gli avventori e filtra il pubblico, agevolando la comunica-
zione e linterazione sociale con interlocutori per cos dire preselezionati.
Naturalmente, chiaro il prezzo sociale (nel senso ampio del termine) insito
nella sicurezza offerta da tali contesti: essi ospitano dinamiche di socializzazione
cos come, o forse proprio perch, ne respingono altre. Le stesse differenze in ter-
mini di capacit economica possono, per esempio, escludere da certi luoghi alcu-
ne persone impossibilitate ad acquistare. Se vero che, per riprendere Amendola
(2006), nella citt moderna per la prima volta viene invertito il nesso vado per
comprare in compro per andare, ne consegue che latto del consumo tender a
selezionare chi, attraverso esso, autorizzato ad accedere a determinati luoghi.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 76
Fig. 1 Esempi di
dehors presenti
nella citt di Firen-
ze
Foto di Manuela Bar-
sotelli
Il meccanismo interno/esterno non si esaurisce nellammissione o meno in ba-
se allatto di consumo, ma si concretizza anche in dinamiche di relazione tra chi si
trova dentro il perimetro protetto dalla pedana del dehors e chi, volente o nolen-
te, ne al di fuori. Tali dinamiche relazionali sono basate principalmente sullele-
mento visivo: guardare la citt e lasciarsi guardare come da una finestra infatti
un atto comunicativo centrale e altamente appagante.
Il nostro studio documenta quindi lentit della privatizzazione di spazio pub-
blico, ma al tempo stesso in linea con la letteratura che evidenzia come il signi-
ficato dellazione di consumo travalichi la sfera puramente economica e strumen-
La convivenza urbana nello spazio pubblico fiorentino 77
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 77
Fig. 2 Firenze: area di indagine
Fonte: elaborazione di Stefania Sbardella
78 Mirella Loda, Silvia Aru e Diego Cariani
tale (Neal, 2006; Bell, 2007) mostra come essa divenga luogo e veicolo di nuo-
ve, specifiche forme di convivialit.
Il dehors diventato indubbiamente lemblema specialmente nel centro sto-
rico e nella citt vetrina gentrificata e turisticizzata (Amendola, 2006) di un
nuovo modo di percepire e di rapportarci agli spazi aperti ed evidentemente in-
terpreta in massima misura bisogni atomizzati, in una metamorfosi della citt e
della societ che viene da lontano.
Spazi pubblici informali/Piazze di fatto. Per ultimare il quadro di indagine
sullo spazio pubblico di Firenze e al fine di comprendere il ventaglio delle moda-
lit comunicative e relazionali che in esso si esplicano, si deciso di includere
nello studio anche la categoria dei cosiddetti spazi pubblici informali. Osservan-
do le pratiche duso spontanee che si sviluppano in questi luoghi, si inteso ra-
gionare sullapparente paradosso dato dal confronto fra lappetibilit di questi
spazi, nonostante la loro scarsa qualit, e linsuccesso di molti luoghi esplicita-
mente progettati come luoghi di aggregazione (fig. 3).
Con spazio pubblico informale ci si riferisce a una pluralit di situazioni urba-
ne, di difficile identificazione in realt, che molto spesso non vengono percepite
come luoghi precisi capaci di stimolare interazione sociale (Maciocco e Pittaluga,
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 78
2006). Tuttavia, come si evince dallindagine, essi meritano una riflessione, poich
da un lato sono utili indicatori di processi di territorializzazione spontanea e, dal-
laltro, possono contribuire a spiegare quali attributi i diversi gruppi di fruitori ri-
cercano nello spazio pubblico. Proprio per questo motivo definiamo gli spazi
pubblici informali anche piazze di fatto, intendendo luoghi che assumono una
funzione di piazza nonostante non siano stati progettati a tale scopo.
La ricerca stata condotta nel quartiere dellIsolotto, che, progettato negli anni
Cinquanta del secolo scorso nellambito del piano di edilizia pubblica INA-Casa,
si offriva come contesto ideale di confronto fra gli spazi progettati e quelli effetti-
vamente fruiti dagli abitanti (Poli, 2004).
Lo studio ha innanzitutto evidenziato un netto contrasto fra la desolazione del-
la piazza principale dellIsolotto, che avrebbe dovuto costituire il nodo centrale
del quartiere, e il Viale dei Bambini, piazza di fatto altamente frequentata da fa-
miglie con bambini di et compresa tra i sei e i dieci anni. Infatti, per quanto il Via-
le dei Bambini costituisca un luogo privo di infrastrutture particolari e anzi scarsa-
mente curato, la possibilit di percorrerlo a piedi lontano dal traffico lo rende pre-
zioso per genitori con figli piccoli (
6
). Nonostante le sue carenze infrastrutturali,
questo spazio pubblico ha inoltre acquisito nel tempo una forte valenza simbolica
per gli abitanti del quartiere, essendo il luogo che gran parte di essi ha quotidiana-
mente percorso per recarsi a scuola. Nella percezione collettiva quindi il Viale
dei Bambini, e non la Piazza dellIsolotto, il luogo cui maggiormente si associa lo
spirito della comunit che con il piano di edilizia pubblica si intendeva radicare
nellarea (
7
).
Osservando un altro luogo di aggregazione spontanea, il Giardino, dove sin-
contra stabilmente un gruppo di ragazzi, stato poi possibile approfondire la ri-
flessione sul rapporto tra setting del luogo (
8
) e pratiche sociali, e sui meccanismi
di inclusione/esclusione sociale connessi alle pratiche spaziali.
Per quanto riguarda il primo aspetto, emerso con evidenza che proprio ca-
ratteristiche normalmente ritenute poco attrattive (stato di relativa trascuratezza,
localizzazione appartata) rafforzano lappetibilit del luogo agli occhi del gruppo
di fruitori, concretizzandosi in un uso esclusivo che garantisce la riservatezza ne-
cessaria a mettere in pratica piccole trasgressioni.
Per quanto riguarda il secondo aspetto, risultato evidente come il controllo
che il gruppo esercita sul luogo (sedimentatosi nel tempo attraverso luso esclusi-
vo) si esprima in una sorta di diritto di ammissione/esclusione al luogo e sostanzi
il senso di identit del gruppo stesso (
9
). Una situazione simile, anche se in forma
(6) [...] C il posto per sedersi tranquillamente e poi non passano le macchine, stare su una pan-
china su una strada dove passano le macchine insomma [...] (intervista n. 8).
(7) Quasi tutti gli abitanti del quartiere hanno frequentato la scuola elementare collocata nei pressi del
viale: [...] sono nata e cresciuta qui allIsolotto, ecco perch comunque c un ritorno, perch questo posto
mi ricorda tutto, che possa piacere o non piacere qui c tutta la mia infanzia [...] (intervista n. 3).
(8) Con questo termine inglese, divenuto frequente nella letteratura su questi temi, si intende defi-
nire quellinsieme di fattori umani e non umani specifico del luogo, che condiziona le pratiche sociali
stesse.
(9) Emblematiche al riguardo le parole del leader del gruppo s io f la selezione, perch io penso
La convivenza urbana nello spazio pubblico fiorentino 79
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 79
Fig. 3 Il confronto
tra la vivacit di
una piazza di fat-
to (foto sopra: Via-
le dei Bambini) e
la desolazione del-
la piazza progettata
(foto a sinistra:
Piazza dellIsolotto)
Foto di Diego Cariani
cos: siccome mi vien da litigare molto spesso, questo il mio territorio... se devono venire a rompermi
le scatole, se devono venire li seleziono, cio io alla fine non vado a rompere le scatole l [...].
80 Mirella Loda, Silvia Aru e Diego Cariani
meno esplicita, stata osservata anche nel Viale dei Bambini dove le pratiche dei
fruitori abituali, nelle sembianze di norme non scritte, non lasciano spazio alle
modalit di fruizione altre da quelle tipicamente familiari.
Come abbiamo visto, il successo di uno spazio pubblico non pu essere ricon-
dotto direttamente alla qualit dello spazio inteso in senso strettamente estetico-
architettonico-funzionale ma, allopposto, la sua vitalit e il suo successo dipen-
dono in gran parte dalla sua capacit di rispondere a bisogni specifici e difficil-
mente prevedibili di gruppi di fruitori. Inoltre la marcata differenziazione dei bi-
sogni, tipica della nostra societ, spinge a ricercare sovente spazi dedicati piutto-
sto che inclusivi, cio occupati in maniera tendenzialmente esclusiva da parte di
specifiche comunit di pratiche (Amin, 2005).
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 80
Negoziazione della differenza nello spazio pubblico di Firenze. Dalla ricerca
sullo spazio pubblico fiorentino emerge innanzitutto lampia differenziazione di
pratiche duso dello spazio pubblico urbano connessa alla complessificazione del
tessuto sociale della citt contemporanea.
Nellinsieme non pare si possa parlare di una crisi dello spazio pubblico analo-
ga a quella descritta dalla letteratura per le citt nordamericane. Tuttavia, la ricer-
ca ha mostrato la progressiva tendenza alla specializzazione dei singoli spazi pub-
blici (o di aree circoscritte di essi) in rapporto a determinate pratiche, con la con-
seguente esclusione di altre.
Dallo studio si evince poi lemergere di unesigenza sempre pi pressante di
luoghi di socializzazione protetta e sicura, come documenta la diffusione e laffer-
mazione in ambito urbano dei dehors.
La consapevolezza della tendenza alla differenziazione tra gli usi sociali degli
spazi pubblici (diffusione di spazi dedicati/specializzati) deve costituire un ele-
mento centrale nella definizione delle politiche di gestione degli spazi stessi.
In questo contesto, la qualit estetico-architettonica non pu pi essere consi-
derata condizione sufficiente a creare uno spazio pubblico di qualit. invece in-
dispensabile accompagnarla con unattenta lettura del luogo come contesto di in-
terazione sociale.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
AMENDOLA G. (a cura di), La citt vetrina. I luoghi del commercio e le nuove forme del
consumo, Napoli, Liguori, 2006.
AMIN A., Local Community on Trial, in Economy and Society, New York-Oxford, 2005,
34, pp. 612-633.
BARSOTELLI M. e S. SBARDELLA, I dehors a Firenze. Un esercizio di geografia sociale, in
Geotema, Bologna, in corso di stampa.
BELL D., The Hospitable City: Social Relations in Commercial Spaces, in Progress in
Human Geography, Londra, 2007, 1, pp. 7-22.
CARIANI D., Piazze di fatto: luoghi di aggregazione spontanea allIsolotto, tesi di laurea,
Universit degli Studi di Firenze, a.a. 2007-2008.
CARIANI D., Spazi pubblici tra progetto e territorializzazione spontanea: le piazze di
fatto allIsolotto, in LODA (in corso di stampa).
CATTELL V., N. DINES, W. GESLER e S. CURTIS, Mingling, Observing, and Lingering:
Everyday Public Spaces and Their Implications for Well-being and Social Relations, in
Health & Place, Amsterdam, 2008, 14, pp. 544-561.
HOFFMANN-AXTHELM D., Die dritte Stadt. Bausteine eines neuen Grndungsvertrages,
Francoforte, Suhrkamp, 1994.
LODA M. (a cura di), Lo spazio pubblico urbano. Teorie, progetti e pratiche in un con-
fronto internazionale, Pisa, Pacini, in corso di stampa.
LODA M., S. ARU, M. BARSOTELLI, S. SBARDELLA, Dehors, spazio pubblico e citt, in
LODA (in corso di stampa).
MACIOCCO G. e P. PITTALUGA (a cura di), Il progetto ambientale in aree di bordo,
Milano, FrancoAngeli, 2006.
La convivenza urbana nello spazio pubblico fiorentino 81
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 81
MORANDI M., La citt vissuta. Significati e valori dello spazio urbano, Firenze, Alinea,
1996.
NEAL Z., Culinary Deserts, Gastronomic Oases: A Classification of US Cities, in Urban
Studies, Glasgow, 2006, 43, pp. 1-21.
POLI D., Storie di quartiere. La vicenda Ina-Casa nel villaggio Isolotto a Firenze, Firenze,
Edizioni Polistampa, 2004.
ZACHARY P.N., Culinary Deserts, Gastronomic Oases: A Classification of US Cities, in
Urban Studies, Glasgow, 2006, 1, pp. 1-21.
FLORENTINE URBAN PUBLIC SPACES: SOCIAL PRACTICES AND NEGOTIATION OF
THE DIFFERENCE. Our paper focuses on different forms of negotiation in Florentine
public space. We thus draw upon the results of a research project conducted through the
Laboratory for Social Geography of Florence University that investigates squares, outdoor
caf and informal public spaces on an empirical basis. The study on Florentine piazzas
shows the great variety of practices in public spaces connected to the increasing social and
cultural complexity of the city. Moreover it shows the tendency of public space to switch
from an all-inclusive public space to a sort of mosaic of socially dedicated spaces. The
study on the outdoor cafs allows a better understanding either of the huge commercializa-
tion of public space related to tourist growth, and of the new forms of conviviality they
introduce. The study on informal public space highlights what people actually look for in
public space, beyond what planners envision. The research results confirm the situational
meaning of public space and the non-mechanical relationship between social practices and
material assessment. In some cases strong practices or the outcome of negotiation dyna-
mics among groups socially connote the place. In other cases it is the specific form public
space has taken up which legitimates its use and create the social ambience.
Universit degli Studi di Firenze, Dipartimento di Studi Storici e Geografici
mirella.loda@unifi.it
Universit degli Studi di Cagliari, Dipartimento di Studi Storici, Geografici e Artistici;
Universit degli Studi di Firenze, Laboratorio di Geografia Sociale, Dipartimento di Studi
Storici e Geografici
silviaaru@hotmail.com
Universit degli Studi di Firenze, Laboratorio di Geografia Sociale, Dipartimento di Studi
Storici e Geografici
diego.cariani@yahoo.it
82 Mirella Loda, Silvia Aru e Diego Cariani
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 82
BOLLETTINO DELLA SOCIET GEOGRAFICA ITALIANA
ROMA - Serie XIII, vol. IV (2011), pp. 83-91
ADRIANO CANCELLIERI
LA CITT E LE DIFFERENZE
TRA BATTAGLIE PER IL SENSO DEL LUOGO E WELFARE SPACE
Limmigrazione rappresenta uno dei processi pi significativi attraverso il qua-
le la globalizzazione e la divisione internazionale del lavoro (Wallerstein, 2004)
sinscrivono nei contesti locali. Attraverso i flussi migratori, soggetti e gruppi si
deterritorializzano e riterritorializzano (Deleuze e Guattari, 1980), contribuendo a
riconfigurare i paesaggi urbani e facendo s che differenti mappe simbolico-co-
gnitive tendano a sovrapporsi e a intrecciarsi a un livello di intensit sempre mag-
giore (Hutchison e Krase, 2007).
La tematizzazione di questi spazi contraddistinti dalla compresenza di persone
che differiscono in modo significativo per forme culturali, fenotipi e/o sensi del
luogo (
1
) oscilla tra discorsi (e, sempre pi, prassi politiche) dominanti, che enfa-
tizzano la quotidiana emergenza immigrati parlando di disorganizzazione socia-
le e di disturbo al normale metabolismo urbano (Zorbaugh, 1929), e discorsi
esperti che, troppo spesso, alternano rappresentazioni idiografiche ricche di ma-
teriale empirico a decostruzionismi astratti e normativi.
Con questo lavoro sintende andare oltre tali dicotomie facendo riferimento a
una serie di contributi internazionali e multidisciplinari (Fincher e Jacobs, 1998;
Amin, 2002; Sandercock, 2004; Semi, 2004; Valentine, 2008; Perrone, 2010), che
partono dalla consapevolezza che nei processi di costruzione ed espressione del-
la differenza luso dello spazio gioca un ruolo attivo fondamentale, sia come vin-
colo che pu rafforzare e fissare materialmente i confini sociali, sia come media-
tore che pu favorire negoziazioni, contaminazioni e trasformazioni.
Sar proposta, dunque, una sorta di ontologia spazializzata (Soja, 1989; 2010),
vale a dire una prospettiva socio-spaziale che considera i soggetti, individuali o
collettivi, come attori spaziali (Gotham, 2003) che cercano incessantemente di ad-
domesticare lo spazio (Heller, 1999) e di costruire territori (Brighenti, 2010); che
cercano, cio, in unespressione, di arricchire il proprio capitale spaziale (Cent-
ner, 2008; Cancellieri, in corso di stampa).
(1) Il senso del luogo il significato attribuito a un luogo attraverso processi culturali e pratiche
sociali. Come sottolineato da Feld e Basso (1996), gli attori sociali, da un lato, danno senso al luogo
e, dallaltro, traggono senso dal luogo.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 83
Arcella (Padova). Le battaglie per il senso del luogo. Il caso di studio (
2
) a cui
si fa riferimento nel corso del presente lavoro il quartiere Arcella (
3
) di Padova. Il
quartiere situato a ridosso della stazione ferroviaria, ha una popolazione di
38.793 abitanti (
4
), quasi un quinto dei residenti dellintera citt (212.989) e una
densit abitativa molto elevata (5.781 ab./km), paragonabile a quella di grandi
aree metropolitane come Milano e Torino. Si tratta di uno di quei quartieri sempre
pi significativamente marcati dalla territorializzazione dei migranti: in primis
perch il quartiere della citt con la pi alta incidenza percentuale di residenti di
origine immigrata (20,8%); in secondo luogo, perch la presenza di attivit com-
merciali gestite da migranti ha raggiunto, ormai, una percentuale rilevante (11,5%
sul totale delle attivit dellintero quartiere e, addirittura, 16,2% se si considera sol-
tanto la cosiddetta prima Arcella si veda nota 3).
Analizzare il quartiere con una prospettiva socio-spaziale significa, innanzitut-
to, considerarlo come un campo in cui avviene una quotidiana battaglia (endoge-
na) per i sensi del luogo. In ogni spazio, infatti, coesistono e sintrecciano diffe-
renti processi di territorializzazione e di addomesticamento dello spazio, che si
scontrano, sincontrano, si contaminano nel corso della vita quotidiana. Per quan-
to riguarda lArcella, alcuni tra i pi significativi sensi del luogo sono i seguenti:
lArcella come spazio di mobilit e di traffico, cio come uno spazio da attraversa-
re per raggiungere altri territori; lArcella come spazio identitario, cio con un for-
te senso di appartenenza radicato nel tempo; lArcella come backstage della citt
legale, cio come uno dei principali territori della citt dove procurarsi droga e
sesso a pagamento; lArcella come spazio commerciale formale, cio come una-
rea di forte diffusione di esercizi commerciali di prossimit, sempre pi spesso ge-
stiti da migranti, che si distribuiscono lungo tutto il quartiere, in special modo nel-
la sua arteria principale (Via Tiziano Aspetti). Questi differenti sensi del luogo si
intrecciano (anche negli stessi soggetti), specie in alcune parti del quartiere, come
le prime vie del retro stazione o, appunto, Via Aspetti, la grande strada che taglia
in due lArcella.
Ci che importante rilevare che la coesistenza di territorialit plurali pu
sfociare nella creazione di spazi di conflitto. Un ruolo centrale giocato, in que-
sto senso, dagli spazi commerciali gestiti dai migranti. Infatti, cos com accaduto
in altre parti del territorio regionale e nazionale (Semprebon, 2009), questi sono
spesso percepiti come fonte di allarme sociale, diventando anche oggetto di prov-
vedimenti sempre pi restrittivi (si vedano le leggi regionali del Veneto 32/2007 e
della Lombardia 3/2006, oltre alla proliferazione di ordinanze repressive che sono
seguite allapprovazione della legge 125/2008).
84 Adriano Cancellieri
(2) La ricerca si avvalsa di un mix di strumenti comprendente losservazione partecipante, lana-
lisi di dati statistici e della stampa locale (2005-2010) e trenta interviste qualitative ad abitanti del
quartiere e testimoni privilegiati.
(3) Dagli abitanti di Padova chiamata Arcella, soprattutto, la parte del quartiere pi antica e, allo
stesso, pi prossima al centro-citt, indicata appunto come prima Arcella. Nel corso del lavoro si
far riferimento soprattutto a questarea del quartiere che anche quella maggiormente caratterizzata
dallinscrizione nello spazio, abitativa e commerciale, dei migranti.
(4) I dati del presente lavoro, tratti dallAnnuario statistico del Comune di Padova, si riferiscono
al 31 dicembre 2009.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 84
La citt e le differenze 85
Limportanza giocata da questa trasformazione dei paesaggi urbani stata sot-
tolineata da un alto funzionario di polizia della Questura di Padova (
5
):
Quello che diventa allarme sociale, che considerato e percepito come
insicurezza e che, tutto sommato, insicurezza non , lapertura di questi
numerosi kebab e minimarket. Il quartiere si trasformato soprattutto dopo
lapertura di questi punti di aggregazione. Perch successo che questi
diventano appunto dei luoghi di ritrovo di extracomunitari. Linsicurezza
percepita allArcella proprio questa. Cio il proliferare di kebab in una
stessa via, di minimarket in una stessa via, che comporta quindi una enorme
concentrazione di extracomunitari e quindi di conseguenza il vedersi quel
gruppetto di marocchini o di tunisini vicino alla porta di casa che sostanzial-
mente non fanno niente, crea uno stato dansia.
Un discorso analogo pu essere fatto per lappropriazione temporanea di al-
cuni spazi pubblici, come giardini e piazze, come testimoniato, in questo caso,
da un vigile urbano di quartiere:
AllArcella nelle aree verdi vediamo gruppi di persone che stazionano,
magari che si trovano l per mangiare. Questo labbiamo riscontrato da parte
di soggetti extracomunitari, soprattutto nella prima parte dellArcella. L sta-
zionano gruppi di extracomunitari o anche comunitari di origine rumena; si
ritrovano l per mangiare; non hanno altri luoghi dove andare. una cosa
vissuta come problematica dal cittadino perch magari vede queste aggre-
gazioni di persone. Magari la finalit di queste persone solo di ritrovarsi.
pi una insicurezza percepita che reale in quel caso.
Questa testimonianza ci suggerisce come, allorigine di alcuni conflitti sul sen-
so del luogo, vi sia, innanzitutto, un differente modo di abitare gli spazi pubblici
da parte dei migranti che sono mediamente pi giovani e provengono spesso da
paesi dove vi una consuetudine a una vita pi esposta allaperto. Tutto ci ,
inoltre, favorito dal fatto che questo senso del luogo, in cui il valore duso assume
un significato predominante, tipico di soggetti in condizioni socioeconomiche
pi svantaggiate (Harvey, 1989). E la visibilit dei migranti negli spazi pubblici
considerata fuori luogo e segnale di degrado, infatti, anche perch costituita da
persone in condizioni socioeconomiche mediamente pi difficili e/o che svolgo-
no lavori pi umili.
Un aspetto centrale del diffuso rifiuto di paesaggi urbani marcati dalla diffe-
renza , inoltre, costituito dalla identificazione tra alcuni di questi territori e le pra-
tiche (ufficialmente) stigmatizzate connesse alla compravendita di sostanze stupe-
facenti. Queste sono le parole di un residente allArcella, insegnante in pensione:
Il loro epicentro la stazione. Tu attraversi il ponte del cavalcavia e ti
sembra di essere in Africa. Tra un po metteranno nel passaggio pedonale, l
davanti allinternet point con gli spacciatori appoggiati l a tutte le ore del
giorno, il cartello Attenzione attraversamento negri! [] Queste cose biso-
(5) I nomi sono omessi o alterati al fine di garantire la privacy dei soggetti intervistati.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 85
gna prenderle in considerazione perch il contesto fa testo. Finch c lo
spaccio da tutto il Veneto vengono qui per comperarsi la droga nellarea
della stazione perch questo il punto. evidente che come cerano le
prime industrie posizionate qui ci sono anche gli spacciatori. ovvio. Da un
punto di vista della logica del commercio non fa una piega [Attilio, 64 anni].
Alcune parti del quartiere, in particolare quelle dietro la stazione, sono, infatti,
usate quotidianamente come zone di scambio in cui la citt legale pu fare spa-
zio ai propri commerci illegali, in particolare di droga e prostituzione (Dal Lago
e Quadrelli, 2003), favorendo, cos, in maniera significativa la specializzazione
funzionale che fa di alcune parti di questo quartiere un territorio da stigmatizzare,
da attraversare velocemente e da usare il meno possibile.
Dunque, la forma che assumono gli spazi sociali e levolversi delle battaglie
quotidiane per il senso del luogo non sono soltanto il frutto di dinamiche endoge-
ne, ma anche il risultato del tipo di relazione che il quartiere crea con lesterno (e
che lesterno crea con esso). Tutti gli spazi sono, infatti, estroversi (Massey, 1991),
cio sempre posizionati in relazione ad altri spazi.
Adottare una prospettiva socio-spaziale, come ci ha insegnato la geografia
umana (Relph, 1976; Tuan, 1977), significa anche riconoscere che gli attori sociali
sono immersi con i propri corpi nello spazio materiale (Merleau-Ponty, 1945).
Questo fa s che i luoghi e gli spazi siano incorporati attraverso lesperienza dei
sensi (Teather, 1999). E queste mappe sensoriali ed emozionali, costituite da odo-
ri, suoni, sapori e visioni (Pile, 1996; Richardson, 2003), giocano un ruolo signifi-
cativo nei processi quotidiani di costruzione della differenza (
6
).
Sono spesso proprio i rumori e le lingue sconosciute, gli odori e i sapori sgra-
devoli, a ispirare rifiuto e disgusto, come accade quotidianamente in molte rela-
zioni di vicinato (Cancellieri, 2010a). Allo stesso tempo, per, sono, in certe situa-
zioni, proprio i suoni, i sapori e i corpi a ispirare ambivalenti spazi dellincontro,
com testimoniato da una giovane signora che vive allArcella:
I miei vicini rumeni hanno questa terrazza dove hanno costruito la gri-
glia pi professionale delle tre Venezie e si grigliano qualunque cosa. Sono i
migliori grigliatori del mondo, affumicano ogni cosa. La domenica qua c
proprio una puzza di bistecca che gira. tremendo, si affumicano a vicen-
da. Nessuno dice niente una colonna di fumo! La loro passione la gri-
gliata. Finch non nevica, la domenica i maschi grigliano e bevono birra,
perch quando si mangia non si beve birra ma si beve vodka tiepida.
Grigliano un maiale intero; mi hanno invitato molte volte. Sono andata due
86 Adriano Cancellieri
(6) La geografia umana stata fondamentale nel sottolineare limportanza della compenetrazione
tra attori e spazi sociali, nel mettere in luce, cio, la capacit degli attori sociali di scrivere i luoghi e
di intrecciarsi con essi attraverso i sensi e le emozioni; ma essa ha troppo spesso finito per sostenere
una concezione derivativa e individualistica dello spazio come una sorta di vuoto che i singoli sog-
getti possono riempire con emozioni e affettivit (Malpas, 1999). Invece la relazione emozionale con
lo spazio , innanzitutto, unininterrotta dialettica tra aspetti materiali e socioculturali, tra hardware e
software ed , in secondo luogo, costruita attraverso relazioni sociali plurali e conflittuali inserite in
specifici contesti sociopolitici. Perci, pu essere compresa solo utilizzando anche le tradizionali
variabili sociologiche (Manzo, 2003).
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 86
La citt e le differenze 87
o tre volte ma quando vai ognuno deve mangiare un pollo arrosto intero,
una bisteccona cos, cinque salsicce! Grigliano cose buonissime; lultima
volta hanno fatto un pollo croccantissimo fuori e tenero dentro. Marinato
per tre giorni! [Sara, 40 anni].
Il farsi spazio dei migranti, che sfocia a volte in occasioni di conflitto e di (au-
to) esclusione sociale, comporta allo stesso tempo la creazione di spazi quotidiani
ambivalenti in cui costante lincontro interculturale perch lo spazio sempre
potenzialmente un mediatore per lo scambio e la negoziazione. Nel quartiere si
sono affermati, infatti, anche dei luoghi di vita quotidiana, degli spazi liminali, do-
ve persone con differenti backgrounds culturali si ritrovano a coabitare, imparan-
do, cos, quotidianamente, a negoziare. Ci si riferisce, per esempio, ad alcuni ke-
bab (Saint-Blancat, Rhazzali e Bevilacqua, 2008) e, forse ancor di pi, ad alcuni
bar soprattutto gestiti da giovani cinesi che parlano molto bene la lingua italiana,
che sono diventati dei punti di ritrovo sia della vecchia sia della nuova Arcella.
Questo una breve nota etnografica (
7
) allinterno di uno di essi:
Ciao Cuimei anzi ciao Rossella! come faccio ormai da diverse mattine
scendo al bar per prendermi un caff e stavolta mi piace scherzare con
Cuimei del gioco che vedo fare da quasi tutti i cinesi (e non solo) di inven-
tarsi un nome pi agevole da ricordare per noi italiani. Ordino il caff e mi
metto a leggere il giornale e intanto osservo. Come sempre noto come il bar
sia un microcosmo del quartiere: tanti anziani italiani in piedi che danno
limpressione di conoscere questo bar da molti anni e sicuramente da prima
che fosse gestito dalla famiglia di Cuimei; un gruppetto di giovani dellEst
Europa seduti nellaltra stanza, due giovani, uno di origine africana al mio
fianco, che sembrano studenti e tre ragazzi maghrebini seduti nei tavolini
che si affacciano sulla strada. Dimprovviso entra un anziano italiano e si
rivolge con una battuta a Rossella. Non lavesse mai fatto! Rossella , come
quasi sempre, davvero trascinante, parla bene la lingua italiana e coglie tutte
le occasioni per non stare zitta. Cos, in un attimo, ci ritroviamo tutti a scam-
biarci battute tra estranei al bancone: prima i due signori italiani con
Rossella, poi Rossella con me e i due giovani studenti, poi tutti insieme per
qualche minuto. Nel frattempo arriva Francesca, o meglio Xiao, la sorella di
Cuimei, meno estroversa e meno abile con la lingua italiana. Saluta indos-
sando il suo ampio sorriso sempre stampato sul volto, poi inizia a parlare a
bassa voce in cinese con Cuimei. Il nostro scambio di battute si interrompe,
il clima cambia ancora. Pago, saluto con il mio solito zijin, larrivederci
in lingua cinese, e lascio il bar. Divertito per aver sfoggiato la mia grande
conoscenza della lingua cinese e pronto per iniziare una nuova giornata
[nota etnografica, 3 giugno 2009].
Un discorso analogo si pu fare anche per altri spazi di negoziazione prosaica
(Amin, 2002) come, per esempio, alcuni esercizi commerciali gestiti da italiani,
che hanno visto crescere a dismisura lutenza migrante e, a volte, aprire ambiva-
(7) Nel corso del lavoro di ricerca stato redatto un diario etnografico quotidiano dove sono stati
annotati sotto forma di note (descrittive, emotive, metodologiche e concettuali), avvenimenti e rifles-
sioni, relazioni ed esperienze vissute nel corso dellosservazione partecipante in determinate aree del
quartiere. La presente nota etnografica tratta da questo corpus testuale.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 87
lenti spazi di quotidiana conoscenza e, quindi, di progressiva e, soprattutto, po-
tenziale reciproca trasformazione. Questo il racconto di un rivenditore di pezzi
di ricambio della prima Arcella che si trova in una parte del quartiere particolar-
mente contrassegnata dalla presenza dei migranti:
Mi dicono come fai a stare l in mezzo a sti negri? ovvio che la mag-
gior parte dei clienti sono immigrati. Io ho clienti italiani ma adesso sono
stati superati da loro, rumeni, moldavi, africani. Con tutta sta roba dei
ricambi le loro macchine sono vecchie, soldi non ne hanno da buttare via
e se le tengono. Con la clientela italiana non venderei un cavolo, perch gli
italiani hanno tutti ormai le macchine con due anni, tre anni, cinque anni di
garanzia e devono andare dal concessionario. Questo che uscito per
esempio, lui ha detto che ha la famiglia a casa, e ha detto: io domenica non
lavoro, casa e chiesa! Va in chiesa, non che hanno tanti vizi, che hanno
tante cose Sono sempre l, puntati sul lavoro per guadagnare. Poi la gente
dice che sono delinquenti, poi magari sono meglio di noi, o come noi.
Come tutti, quei quattro lazzaroni che sono l che spacciano e basta. Sono
persone normali. Io mi trovo qua e tu quanti italiani hai visto entrare, uno?
Noi abbiamo impostato in questo modo, e lavoro ne abbiamo, e non abbia-
mo mai avuto problemi. Per, purtroppo, loro in due fanno il casino come
dieci persone, perch fanno un caos poi ti fanno tirare fuori una cosa e
non la vogliono pi. Se sei da solo ti fanno impazzire!
Conclusioni. Una citt si-cura. Gli spazi della differenza, come il quartiere
Arcella di Padova, sono territori complessi e in profonda trasformazione. Con que-
sto contributo ci si focalizzati su alcune dinamiche connesse alla territorializza-
zione dei migranti, ma mettere al centro la differenza significa invitare, pi in gene-
rale, a leggere la citt al plurale e a porre lattenzione sui processi che fanno s
che le differenze, intrecciandosi tra loro contestualmente, assumano una rilevanza
significativa: dalla nazionalit al genere, dallet allorientamento sessuale, dalla
condizione socioeconomica allanzianit residenziale (Elias e Scotson, 1965).
Lobiettivo di questo lavoro non , per, quello di cadere in un feticismo della
differenza (Turner, 1994) o in ingenui interculturalismi (Valentine, 2008), quanto
quello di adottare una prospettiva socio-spaziale che metta al centro lambivalenza
dei quotidiani processi di costruzione della differenza e il ruolo giocato in essi dal-
lo spazio, come vincolo o come mediatore. Una prospettiva che focalizza latten-
zione sullinterazione quotidiana tra i differenti processi di territorializzazione e ad-
domesticamento dello spazio e su come, su di essi, incidono fortemente, da un la-
to, il tipo di relazione socio-spaziale che, dallesterno, si costruisce quotidianamen-
te con quel territorio e, dallaltro, i quotidiani processi di mappatura sensoriale ed
emozionale che sinscrivono nei corpi, attraverso odori e sapori, rumori e visioni.
Occorre, perci, sottolineare come una delle poste in palio fondamentali sta
proprio nel riuscire a negoziare e a mediare tra i differenti habitus spaziali e, in
particolare, tra le memorie e le speranze connesse allo spazio, le paure e le an-
siet, le trasformazioni e le continuit (Sandercock, 2000). Perch la sfera senso-
riale ed emozionale, se non si tramuta in curiosit, in desiderio, in speranza, fa
88 Adriano Cancellieri
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 88
La citt e le differenze 89
debordare il lato negativo dellincontro con la differenza in paura e, spesso, in di-
sgusto (ibidem), favorendo una prospettiva visuale e paesaggistica dello spazio,
che tende a escludere la differenza e a rendere gli spazi urbani sempre pi steri-
lizzati e an-estetizzati, nel senso pi etimologico del termine, cio in-sensibili, pri-
vi della capacit di offrire sensazioni, emozioni, di essere percepiti attraverso i
sensi e, perci, anche di essere addomesticati e familiarizzati (Cancellieri, 2010b).
E, pi o meno direttamente, finendo per supportare quella che Smith (1996) ha
chiamato laffermazione della citt revanscista.
Serve, dunque, un lavoro di mediazione urbana che non si limiti tanto a evita-
re i conflitti, perch questi possono essere fonte di conoscenza e di nuove forme
di appartenenza (Cancellieri, 2010a; in corso di stampa), ma a incanalarli. Un la-
voro che miri a supportare (to empower) il cosiddetto welfare space (Munarin e
Tosi, 2001), cio a ricercare quegli spazi e quegli usi dello spazio che fungono da
possibili mediatori per favorire lattraversamento e la negoziazione tra differenti
forme culturali e per costruire forme di appartenenza territoriale fondate sulla co-
mune cittadinanza locale piuttosto che su presunte omogeneit etniche (Holston
e Appadurai, 1996; Staeheli, 1999). A supportare, cio, tutto ci che, quotidiana-
mente, fa della citt una citt (che) si-cura.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
AMIN A., Ethnicity and the Multicultural City: Living with Diversity, in Environment and
Planning A, Londra, 2002, 34, 6, pp. 959-980.
BRIGHENTI A.M., On Territorology. Towards a General Science of Territory, in Theory,
Culture & Society, Londra, 2010, 27, 1, pp. 52-72.
BURGESS E.W., The Growth of the City. An Introduction to a Research Project, in R.E.
PARK, E.W. BURGESS e R.D. MCKENZIE (a cura di), The City, Chicago-Londra, Univer-
sity of Chicago Press, 1967, pp. 47-62.
CANCELLIERI A., Come sopravvivere alla differenza. Etnografia dei confini sociali in un
condominio multiculturale, in Etnografia e Ricerca Qualitativa, Bologna, 2010 (a), 1,
pp. 11-36.
CANCELLIERI A., Non so(no) dove sono. Spazi in-formazione e mappe performative, in
Lo Squaderno, 2010 (b), 1, 5, pp. 27-30 (consultabile in www.losquaderno.professio-
naldreamers,net/?p=1184).
CANCELLIERI A., Spatial Capital and Spatial (Dis)empowerment in a Place of Migrants,
in International Journal of Urban and Regional Research, New York, in corso di stampa.
CENTNER R., Places of Privileged Consumption Practices, in City and Community,
Londra, 2008, 7, 3, pp. 193-224.
DAL LAGO A. e E. QUADRELLI, La citt e le ombre, Milano, Feltrinelli, 2003.
DELEUZE G. e F. GUATTARI, Capitalisme et schizophrnie 2: Mille plateaux, Parigi, di-
tions de Minuit, 1980 (ediz. italiana Millepiani. Capitalismo e schizofrenia, Roma,
Cooper & Castelvecchi, 2003).
ELIAS N. e J.L. SCOTSON, The Established and the Outsiders: A Sociological Enquiry into
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 89
Community Problems, Londra, Frank Cass & Co., 1965 (ediz. italiana Strategie delle-
sclusione, Bologna, il Mulino, 2004).
FELD S. e K.H. BASSO, Senses of Place, Santa Fe, School of American Research Press,
1996.
FINCHER R. e J. JACOBS (a cura di), Cities of Difference, New York, The Guilford Press,
1998.
GOTHAM K.F., Toward an Understanding of the Spatiality of Urban Poverty: The Urban
Poor as Spatial Actors, in International Journal of Urban and Regional Research, New
York, 2003, 27, 3, pp. 723-737.
HARVEY D., The Condition of Postmodernity, Oxford, Blackwell, 1989.
HELLER A., Dove siamo a casa. Pisan Lectures 1993-1998, Milano, FrancoAngeli, 1999.
HOLSTON J. e A. APPADURAI, Cities and Citizenship, in Public Culture, Durham e Londra,
1996, 8, 2, pp. 187-204.
HUTCHISON R. e J. KRASE (a cura di), Ethnic Landscapes in an Urban World,
Amsterdam, Elsevier, 2007.
MALPAS J., Place and Experience: A Philosophical Topography, Cambridge, Cambridge
University Press, 1999.
MANZO L.C., Beyond House and Haven: Towards a Revisioning of Emotional
Relationships with Places, in Journal of Environmental Psychology, Amsterdam, 2003,
23, 1, pp. 47-61.
MERLEAU-PONTY M., Phnomnologie de la Perception, Parigi, ditions Gallimard, 1945
(ediz. italiana Fenomenologia della percezione, Milano, Bompiani, 2003).
MASSEY D., A Global Sense of Place, in Marxism Today, Londra, 1991, 38, pp. 24-29.
MUNARIN S. e M.C. TOSI, Tracce di citt, Milano, FrancoAngeli, 2001.
OLDENBURG R., The Great Good Place, New York, Paragon House, 1989.
PERRONE C., DiverCity. Conoscenza, pianificazione, citt delle differenze, Milano,
FrancoAngeli, 2010.
PILE S., The Body and the City: Psychoanalysis, Space and Subjectivity, Londra, Rout-
ledge, 1996.
RELPH E.C., Place and Placelessness, Londra, Pion, 1976.
RICHARDSON M., Being-in-the-Market versus Being-the-Plaza: Material Culture and the
Construction of Social Reality in Spanish America, in S.M. LOW e D. LAWRENCE-
ZUNIGA (a cura di), The Anthropology of Space and Place: Locating Culture, Oxford,
Blackwell, 2003.
SAINT-BLANCAT C., K.M. RHAZZALI e P. BEVILACQUA, Il cibo come contaminazione:
tra diffidenza e attrazione: interazioni nei kebab padovani e trevigiani, in F. NERESI-
NI e V. RETTORE (a cura di), Cibo, cultura, identit, Roma, Carocci, 2008, pp. 67-77.
SANDERCOCK L., When Strangers become Neighbours: Managing Cities of Difference, in
Planning Theory & Practice, Londra, 2000, 1, 1, pp. 13-30.
SANDERCOCK L., Verso Cosmopolis, Bari, Edizioni Dedalo, 2004.
SEMI G., Il quartiere che (si) distingue. Un caso di gentrification a Torino, in Studi
Culturali, Bologna, 2004, 1, pp. 83-107.
SEMPREBON M., Can You Hear Me? Phone Centers and the Struggle for Public Space,
90 Adriano Cancellieri
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 90
La citt e le differenze 91
Paper presentato alla Conferenza Organizing Cities. The Entangled Patterns of Urban
Texture, Trento, 12-13 giugno 2009.
SMITH N., The New Urban Frontier: Gentrification and the Revanchist City, Londra,
Routledge, 1996.
SOJA E., Postmodern Geographies. The Reassertion of Space in Critical Social Theory,
Londra, Verso Press, 1989.
SOJA E., Seeking Spatial Justice, Minneapolis, University of Minnesota Press, 2010.
STAEHELI L., Globalization and the Scales of Citizenship, in Geography Research
Forum, Beer Sheva, 1999, 19, pp. 60-77.
TEATHER E.K. (a cura di), Embodied Geographies: Spaces, Bodies and Rites of Passage,
Londra, Routledge, 1999.
TUAN Y., Space and Place: The Perspective of Experience, Minneapolis, University of
Minnesota Press, 1977.
TURNER T., Anthropology and Multiculturalism: What Is Anthropology that Multi-
culturalists Should Be Mindful of It?, in D.T. GOLBERG (a cura di.), Multiculturalism.
A Critical Reader, Oxford, Blackwell, 1994, pp. 406-425.
VALENTINE G., Living with Difference: Reflections on Geographies of Encounter, in
Progress in Human Geography, Londra, 2008, 32, pp. 323-338.
WALLERSTEIN I., World-Systems Analysis, Durham e Londra, Duke University Press, 2004.
ZORBAUGH H.W., The Gold Coast and the Slum: A Sociological Study of Chicagos Near
North Side, Chicago, University of Chicago, 1929.
THE CITY AND THE DIFFERENCES. THE STRUGGLES OVER THE SENSE OF PLACE
AND THE EMPOWERMENT OF THE WELFARE SPACE. As a consequence of the new
immigration flows and the so-called time-space compression, social actors de-territorialize
and re-territorialize themselves. The result is that different symbolic maps are interweaved
together at unique levels of intensity. In these urban processes of re-territorialization of
difference, the use of space plays a fundamental role because it is both constraining and
enabling. Therefore I adopt a socio-spatial perspective looking at individuals and groups
as spatial actors and looking at space as a social construction. By such a perspective, I
analyse a multiethnic neighbourhood, called Arcella, in the city of Padova, here intended
as an interactional field through which to play an (endogenous) struggle over the sense of
place: this struggle is strongly influenced by the relationships created with the outside
and by the everyday construction of emotional and sensorial maps constituted by smells,
sounds, flavours and visions. With this paper I invite to read the plural city focusing the
attention in two main social dynamics: firstly, in the social mediation among different spa-
tial habitus and, in particular, between spatial memories and hopes, spatial transforma-
tions and continuities; secondly, in the social spaces that enable the everyday intercultural
crossing and negotiation among different cultural forms and that constitute a sort of welfa-
re space that favors a citizenship rooted on the common living in the city.
Universit degli Studi di Padova, Dipartimento di Sociologia
adriano.cancellieri@unipd.it
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 91
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 92
BOLLETTINO DELLA SOCIET GEOGRAFICA ITALIANA
ROMA - Serie XIII, vol. IV (2011), pp. 93-102
CLAIRE HANCOCK
IL LUOGO DELLA DIFFERENZA
STABILIRE LUGUAGLIANZA, APRIRE SPAZI DI SOGGETTIVAZIONE POLITICA
[] i musulmani e gli ebrei osservanti non sono
altrove; sono i nostri vicini, sono cittadini, e siamo
noi stessi [] Laltro non altrove [Benhabib, 2006,
p. 69].
Le discipline del corpo e le regolazioni della popola-
zione costituiscono i due poli intorno ai quali si
sviluppata lorganizzazione del potere sulla vita []
Si apre cos lera di un bio-potere [Foucault, 1978,
pp. 123-124].
Nellambito delle tematiche di cui mi interesso attualmente, ovvero lesclusio-
ne delle donne velate dagli spazi pubblici di diversi paesi europei, mi sembra
utile proporre qui una riflessione sul velo, o foulard islamico, inteso come
segnale sovradeterminato dellalterit, quindi come oggetto di un dispositivo di
alterit cio uno di quegli insiemi di discorsi, rappresentazioni, pratiche ed ele-
menti materiali che Foucault ha definito come dispositivi. Ricordiamo proprio la
definizione di dispositivo che egli offre:
[] un insieme assolutamente eterogeneo che implica discorsi, istituzio-
ni, strutture architettoniche, decisioni regolative, leggi, misure amministrati-
ve, enunciati scientifici, proposizioni filosofiche, morali e filantropiche, in
breve: tanto del detto che del non-detto [Foucault, 1977; cit. in Agamben,
2006, p. 6].
Per i geografi, laspetto interessante di questo modo di pensare la maniera
in cui lo spazio fisico partecipa al dispositivo, quindi come lo spazio sia strumen-
talizzato per caricare di significato lalterit delle persone, e dunque la loro ille-
gittimit a comparire in pubblico.
Mi baser dunque in un primo tempo sullopera di Foucault, sottolineando
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 93
larticolazione che propone tra bio-potere e guerra delle razze. In un secondo
tempo, prover ad andare oltre nellelaborazione teorica, basandomi innanzitut-
to su Rancire e sulla sua idea di soggettivazione politica. Questultimo un
concetto che si dimostrer altrettanto pertinente per gli studi geografici e utile
allo scopo di pensare la differenza o lalterit, e le caratteristiche degli spazi pub-
blici che potrebbero essere veri e propri luoghi del politico.
Bio-potere e guerra delle razze. Anna Secor, nella sua analisi della politi-
cizzazione della questione del velo in Turchia, mobilita la nozione foucaultiana
di bio-potere, ponendo laccento sul modo in cui il potere politico si interessa
delle condotte sessuali e fisiche per renderle un supporto delle politiche nazio-
nali (Secor, 2005). Appare quindi ancora pi opportuno provare ad applicare
queste idee nel contesto di paesi dellEuropa occidentale come la Francia o
lItalia perch, per Foucault, la bio-politica collegata alla questione della
guerra delle razze (Foucault, 1978). Ann Laura Stoler (2010) ha mostrato bene
come lidea della guerra delle razze sia rimasta uno degli aspetti della riflessione
di Foucault pi sconosciuti nelle analisi francesi della sua opera; un fatto che
Stoler attribuisce allafasia coloniale francese. Questa afasia pu essere collegata
al rifiuto, diagnosticato da due ricercatori francesi, di ammettere che ci siano
delle minoranze in Francia (Amiraux e Simon, 2006). La questione nazionale, in
Francia, logicamente legata al non-detto della razza (
1
), ma anche alle questio-
ni cruciali della sessualit e della riproduzione (Dorlin, 2006, 2009; Scott, 2007).
Questo fenomeno non unesclusiva francese. Luiza Bialasiewicz ha mostrato
come certi timori manifestati da alcune aree conservatrici, negli Stati Uniti o in
Italia, mescolino geopolitica e questioni di natalit, esprimendo una concezione
delle relazioni di potere che passano esplicitamente attraverso il corpo nei suoi
aspetti biologici pi materiali (Bialasiewicz, 2006). Ci ricolleghiamo in tal modo a
ci che Foucault ha descritto, nella Storia della sessualit, come una caratteristica
dellera della bio-politica:
Il razzismo si forma a questo punto (il razzismo nella sua forma moder-
na, statale, biologizzante): tutta una politica della popolazione, della fami-
glia, del matrimonio, delleducazione, della gerarchizzazione sociale, della
propriet ed una lunga serie di interventi permanenti a livello del corpo, dei
comportamenti, della salute, della vita quotidiana, hanno ricevuto allora il
loro carattere e la loro giustificazione dalla preoccupazione mitica di proteg-
gere la purezza del sangue e di far trionfare la razza [Foucault, 1978, p. 132].
Foucault parla dellimportanza assunta dal sesso come oggetto di scontro
politico (1978, p. 129), ma la sua teorizzazione del politico rimane poco svilup-
pata, nel senso che potere e politica sembrano essere per lui potenzialmente
intercambiabili. Come sostiene Jacques Rancire, il suo pensiero della politica
94 Claire Hancock
(1) Un termine che rimane un tab nelle scienze sociali francesi nelle quali il suo uso, per quanto
critico, viene sempre accusato di razzismo.
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 94
Il luogo della differenza 95
costruito interamente attorno alla questione del potere (2005, p. 112), e non si
mai interessato alla questione, essenziale invece per Rancire, della soggettiva-
zione politica.
A partire da tutto ci, credo che Rancire fornisca gli strumenti migliori per
riflettere sulle questioni che qui mi interessano, ovvero la formazione dellalterit
e le propriet spaziali che essa prende in prestito. A questo scopo Rancire
distingue tra la police e la politica. La police, nella sua definizione, non rimanda
affatto a un apparato repressivo, ma piuttosto a una forma di partizione del sen-
sibile, caratterizzata da un adeguamento immaginario dei posti, delle funzioni e
dei modi di essere che riguarda i corpi e le popolazioni come oggetto di potere
(Rancire, 2005, pp. 111-113), cio precisamente ci che concerne la bio-politi-
ca di Foucault. La politica esiste come supplemento ad ogni bios ed egli la defi-
nisce come insieme degli atti che d effettualit [all]uguaglianza degli esseri par-
lanti (ibidem, p. 111).
Uguaglianza e differenza. Il processo delluguaglianza quello della diffe-
renza. La differenza, per, non la manifestazione di unidentit differente o il
conflitto tra due istanze identitarie. Il luogo della manifestazione della differenza
non proprio di un gruppo o della sua cultura. il topos di una discussione. E il
luogo di esposizione di questo topos un intervallo. Il luogo del soggetto politi-
co un intervallo o una faglia; un tre-ensemble come un tre-entre: tra i nomi, le
identit o le culture (Rancire, 1998, p. 122).
Per Rancire, una delle leve per stabilire questa uguaglianza lalterit o la
differenza. Si ritrovano cos nel pensiero di Rancire molti elementi presenti nella
riflessione di Derrida sulla diffrance: soprattutto, come si vede qui, linsistenza
sullidea di intervallo, di distanza (qui di luogo o topos) tra nomi, identit, cul-
ture. Altro parallelismo, lidea del dissidio, della polemica, che si ritrova nello-
pera di Rancire con la nozione di litigio o di torto (
2
):
La logica della soggettivazione politica uneterologia, una logica del-
laltro [] essa non mai la semplice affermazione di unidentit, essa
sempre allo stesso tempo il rifiuto di unidentit imposta da altri, fissata da
una logica poliziesca. La police vuole infatti dei nomi precisi, che assegni-
no delle persone al loro luogo e al loro lavoro. La politica in s una que-
stione di nomi impropri, di nomi sbagliati che producono una faglia e
manifestano un torto [Rancire, 1998, p. 121].
Rancire dignostica una disfatta delleterologia politica, fallimento della
forma politica, polimorfica, dellalterit che lascia il posto a una nuova figura
infra-politica dellaltro (1998, pp. 124-125). Rancire sottolinea la confusione che
si creata tra identit e soggettivazione politica, nel periodo che definisce
(2) Per Rancire, la soggettivit politica quella riconosciuta come oggetto di un torto dichiara-
to e soggetto che pone in essere il suo conflitto (2007, p. 130).
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 95
della post-democrazia consensuale, e che oppone a quello della democrazia
militante. Cita come esempio gli immigrati e la costruzione della loro indesidera-
bilit:
Chiaramente, la soglia di indesiderabilit non una questione statistica.
Ventanni fa non avevamo molti meno immigrati. Ma avevano un nome
diverso: si chiamavano lavoratori immigrati o, semplicemente, operai.
Limmigrato di oggi innanzitutto un operaio che ha perduto il suo secondo
nome, che ha perduto la forma politica della sua identit e della sua alterit,
la forma di una soggettivazione politica del conto di coloro che non sono
contati. Non gli rimane allora che unidentit sociologica, che oscilla fino a
cadere nella nudit antropologica di una razza e di una pelle differenti
[Rancire, 2007, pp. 129-130].
interessante notare come Rancire utilizzi una metafora spaziale per parlare
del cambiamento da lui descritto e analizzato come la fine delle forme di visibi-
lit dello spazio collettivo (2007, p. 130), o ancora non-luogo dei modi di sog-
gettivazione che consentivano di essere inclusi come esclusi, e di contarsi come
non-contati (2007, p. 130). Allo stesso modo, la visibilit un termine che gli
serve a nominare sia ci che non pi visibile (la fine della visibilit dello scarto
tra il politico e il sociologico, tra una soggettivazione e unidentit) sia ci che
ora visibile (la nuova visibilit dellaltro nella nudit della sua differenza intolle-
rabile).
Un altro esempio utilizzato da Rancire quello dello slogan scandito dai
manifestanti del maggio Sessantotto, siamo tutti Ebrei tedeschi. Questo per lui
il segno di una fase ugualitaria della democrazia, in cui tutti possono rivendica-
re un torto per singolarizzare luniversalit dei diritti umani (e chiedere che
donne, proletari, uomini e donne nere eccetera siano esplicitamente iscritti tra i
beneficiari di questi diritti differenti ignorati).
[] i sostenitori del progresso e i promotori dellordine hanno ammesso
che le uniche a essere legittime sono le rivendicazioni di gruppi concreti
che prendono in prima persona la parola, allo scopo di definire s stessi la
propria identit. Nessuno ormai ha il diritto di dirsi proletario, nero, ebreo o
donna se non lo , se non ne possiede la dotazione naturale e lesperienza
sociale [] la frase ormai impronunciabile perch evidentemente indecen-
te. Lidentit ebreo tedesco oggi significa immediatamente lidentit della
vittima del crimine contro lumanit, che nessuno potrebbe rivendicare
senza compiere un sacrilegio [Rancire, 2007, p. 136].
Il luogo del politico, spazio di soggettivazione. Ci che Rancire descrive,
con metafore che sono ancora una volta spaziali e dense di significato per i geo-
grafi, una sorta di dissoluzione del luogo del politico (egli parla di politica
cacciata dai suoi luoghi), ma soprattutto uno scarto tra due scale geografiche
che non sono appropriate a un maggior sviluppo del politico. Quindi, rinviare il
politico alla scala mondiale, cos come localizzarlo nella prossimit e nelliden-
96 Claire Hancock
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 96
Il luogo della differenza 97
tit, significa impedire lemergere della comunit politica che Rancire presenta
ancora in termini spaziali come intervalli costruiti tra identit, tra luoghi, tra
spazi. Precisa inoltre: Lessere-insieme politico un in-between: tra identit, tra
mondi (2007, pp. 146-147).
Per un verso, [le logiche dei sistemi consensuali] rimandano gli elementi
comuni del resoconto di coloro che non sono stati contati al computo dei
gruppi in grado di presentare la loro identit; localizzano le forme della sog-
gettivit politica nei luoghi della prossimit dellhabitat, delloccupazione,
dellinteresse e nei luoghi dellidentit di sesso, di religione, di razza o di
cultura. Per altro verso, esse la rendono globale, esiliandola nei deserti del-
lappartenenza nuda dellumanit rispetto a s stessa [Rancire, 2007, p.
146].
Non lidentit, nel senso sociologico, che chiama riconoscimento, ma il
torto o il litigio politici. Ci si ricollega qui allidea di parit di partecipazione o
di rappresentazione di Fraser, ma anche allidea di Didier Fassin ed Eric Fassin
(2006) per cui non lidentit comune che fa una minoranza ma piuttosto lespe-
rienza condivisa della discriminazione. Rancire connette queste idee al senso di
ingiustizia e propone una via di uscita elegante dal classico dilemma dellartico-
lazione del particolare e delluniversale, che non presuppone in alcun modo
diritti specifici attribuiti in funzione delle identit di gruppo. Rancire definisce in
effetti la politica come
[] larte della costruzione locale e singolare di casi universali. Questa
costruzione possibile fino a quando la singolarit del torto la singolarit
dellargomentazione e della manifestazione locale del diritto distinta dal
particolarismo dei diritti assegnati alle collettivit secondo le loro identit
[Rancire, 2007, p. 148].
Cos, ci che possibile rimproverare alluniversalismo alla francese non il
suo rifiuto di vedere o di riconoscere le identit, ma il suo rifiuto di vedere e di
riconoscere i torti (o ingiustizie). Nel pensiero di Rancire, questo si manifesta
attraverso una critica della rappresentazione spaziale dellesclusione, secondo
unopposizione dentro/fuori:
Il pensiero consensualista rappresenta agevolmente la cosiddetta esclu-
sione nel semplice rapporto tra un dentro e un fuori. Ma ci che in gioco
sotto il nome di esclusione non lessere-al-di-fuori. la modalit plurale
secondo cui un dentro e un fuori possono essere uniti. Lesclusione oggi in
auge una forma ben determinata di questa modalit. Corrisponde allinvi-
sibilit della modalit medesima, alla cancellazione dei segni che consento-
no di argomentare il rapporto tra la comunit e la non-comunit nellambito
di un dispositivo politico di soggettivazione [Rancire, 2007, p. 127].
Per Rancire, il consenso il presupposto di inclusione di tutte le parti e dei
loro problemi, inclusione che impedisce la soggettivazione politica di una parte
dei senza-parte, di un resoconto di coloro che non sono contati (2007, p. 128).
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 97
Egli lo contrappone a unepoca in cui le linee di confine erano esplicite e i torti
soggettivabili (si pu pensare, per esempio, allepoca del suffragio censuario o a
quella del suffragio universale maschile, che di fatto escludeva dalla politica i
non proprietari e/o le donne). I non-contati, manifestando la pluralit e appro-
priandosi illecitamente delluguaglianza degli altri, potevano farsi contare.
Lesclusione invocata oggi, invece, lassenza stessa di un confine rappresenta-
bile (2007, p. 128). Lassenza di barriere esplicite non impedisce lesistenza di
una barriera invisibile, che evoca ci che le femministe hanno definito come
tetto di cristallo, invisibile a occhio nudo ma che tuttavia impedisce di fatto alle
donne di scalare le gerarchie politiche o economiche. interessante rilevare che
Rancire nomina questa ingiustizia parlando di non-contati, evocando cos ci
che rimane fuori dai censimenti e dunque, in qualche modo, una forma di
impossibilit di nominare il torto.
La rimozione della barriera sostituisce la popolazione al popolo, e permette
ai sondaggi e ai media di creare una opinione pubblica, la cui descrizione offer-
ta da Rancire richiama inevitabilmente alcune questioni critiche ancora molto
attuali nella Francia del 2010:
lesaustivo conteggio della popolazione indefinitivamente monitorata
che produce, al posto del popolo arcaico, quel soggetto definito i Francesi
che, accanto ai pronostici sullavvenire politico di questo o quel sotto-mini-
stro, si manifesta attraverso alcune opinioni ben definite sul numero eccessi-
vo di stranieri e sullinsufficienza della repressione [Rancire, 2007, pp. 130-
131].
A questa fabbricazione dellopinione e della limitazione dellimmigrato a
esclusiva realt sociologica nuda sconnessa da una soggettivazione politica, si
ricollega lespressione di un razzismo che rende la figura dello straniero, pi che
un capro espiatorio, lincarnazione fisica delle frustrazioni di colui a cui pro-
messo tutto, grazie allassenza di barriere esplicite, ma non ottiene mai nulla, a
causa della barriera implicita.
La seguente frase pone un accento interessante sulla corporeit del processo:
Il soggetto che esprime cos la sua opinione il soggetto di questo
nuovo stile del visibile, lesposizione globale, un soggetto chiamato a vivere
integralmente tutti i suoi fantasmi nel mondo della rappresentazione inte-
grale e del riavvicinamento asintotico dei corpi, in quel tutto possibile del
godimento mostrato e promesso, ovvero, senza dubbio, promesso a delu-
sione e invitato, perci, a cercare e inseguire il corpo sbagliato [
3
], il corpo
diabolico che ovunque si insinua, nella soddisfazione totale che ovunque
a portata di mano e sottratta alla sua impresa [ibidem, 2007, p. 131].
Leggendo questa frase alla luce del mio attuale interesse per la questione del
velo, e del burqa, sono colpita dalla sua possibile applicazione a queste proble-
98 Claire Hancock
(3) Si qui preferito usare tale definizione, piuttosto che corpi cattivi della traduzione originale
(N.d.T.).
01_BSGI_1_2011 GRANDI :1_IMP GRANDIbis 14-03-2011 18:19 Pagina 98
Il luogo della differenza 99
matiche. Questo corpo sbagliato, diabolico, che non si concede al desiderio
del soggetto (cristiano, maschile, francese), che si sottrae al suo ascendente (e al
suo sguardo), non forse il corpo velato della Musulmana, cos chiaramente
diabolicizzato in molte rappresentazioni? importante riconoscere che la classe
politica francese, per la maggior parte, stenta ad accettare che una donna musul-
mana velata possa essere un soggetto politico, che possa esprimere di subire un
torto che non sia la sua identit. Penso al clamore mediatico che ha circondato
Ilham Moussaid, la candidata velata dellNPA (Nuovo Partito Anticapitalista),
alle elezioni regionali del 2010 in Vaucluse. Obnubilati dal velo che rivelava la
propria identit religiosa, numerosi commentatori le negavano la facolt di una
presa di posizione anticapitalista, mostrandosi cos insensibili rispetto a ci che
Rancire descrive come scarto tra il politico e il sociologico, tra una soggettiva-
zione e unidentit (2007, p. 130), scarto in cui si costruisce lo spazio collettivo
del politico. In tal modo, essi avvaloravano lanalisi elaborata nel 1995 da
Rancire sulla post-democrazia consensuale che, per far quadrare la comunit
su di s, sopprime il nome e riconduce la figura alla sua origine prima: al di qua
della democrazia, al di qua della politica (2007, p. 132).
Conclusione: la causa dellaltro. La causa dellaltro in quanto figura politica,
spiega Rancire, innanzitutto una disidentificazione rispetto a una parte di s
(1998, p. 212), fenomeno che illustra attraverso quello che ha significato, per la
sua generazione, il massacro del 17 ottobre 1961 (
4
): Noi non possiamo identifi-
carci con questi algerini bruscamente apparsi e poi scomparsi come manifestanti
nello spazi