Sei sulla pagina 1di 5

Parità di genere

Storia: donna durante il biennio fascista e anna arendt.

La dittatura mussoliniana costituì un episodio particolare e distinto del dominio patriarcale. Il patriarcato
fascista teneva per fermo che uomini e donne fossero per natura diversi. Esso politicizzò pertanto tale
differenza a vantaggio dei maschi e la sviluppò in un sistema particolarmente repressivo, completo e nuovo,
inteso a definire i diritti delle donne come cittadine e a controllarne la sessualità, il lavoro salariato e la
partecipazione sociale. La concezione antifemminista fu parte del credo fascista al pari del suo violento
antiliberalismo, razzismo e militarismo.

Alla vigilia della Grande Guerra attorno alla questione demografica si andava affermando una nuova politica
biologica ,basata su una concezione della vita come lotta mortale per l’esistenza del Darwinismo sociale, la
quale si proponeva di elaborare programmi che proteggessero, accrescessero e perfezionassero gli
esemplari della razza umana e relativi al benessere sociale secondo i fini della politica statale. Nella misura
in cui la diversità etnica e l’ emancipazione della donna furono identificate come ostacoli, la politica
biologica venne agevolmente permeata dall’ antifemminismo e dall’ antisemitismo.

Nell’ Italia fascista il regime affrontò il duplice problema dell ‘emancipazione femminile e della politica
demografica e la dittatura giustificò le proprie battaglie demografiche in chiave di salvezza nazionale. Tale
concezione rivestì nei confronti delle donne conseguenze immediate. Lo Stato si proclamava l’ unico arbitro
della salute pubblica e in linea di principio esse non avevano alcun potere decisionale riguardo alla
procreazione dei figli. Si riteneva anzi che le cittadine di sesso femminile fossero antagoniste dello Stato:
prendessero personalmente o meno la decisione di limitare le dimensioni della famiglia, la responsabilità di
avere in tal modo interferito con gli interessi di quest’ ultimo veniva attribuita soltanto a loro. Il fascismo
cercò di imporre le gravidanze proibendo l’ aborto, la vendita di contraccettivi e l’ educazione sessuale. Allo
stesso tempo favorì gli uomini a spese delle donne all’ interno della struttura familiare, del mercato del
lavoro del sistema politico e della società in generale.

L’ideologia fascista inquadrava quindi le donne in una visione gerarchica del rapporto fra i sessi, dovuto
all’enfatizzato culto della virilità (di cui Mussolini forniva il massimo modello), propria di una mentalità
maschilista e militarista e volle occuparsi della costruzione di una “donna ideale” che era considerata
inferiore rispetto all’uomo.

Il regime diede comunque alle donne un ruolo ufficiale, nazionale, fondando per esse istituzioni e
attribuendo loro mansioni familiari e demografiche. Così “Critica fascista” definiva, nel 1931, le
caratteristiche della “donna ideale”: ”Custode della casa e degli affetti, incitatrice alle nobili opere,
consolatrice del dolore e madre dei nostri figli”. Incubo di quegli anni era la figura della donna
spendacciona, irresponsabile o magari sterile (e quindi non in grado di assecondare la politica di crescita
demografica). Il regime cercò di formare il suo tipo di donna ideale non soltanto discriminando l’educazione
e gli sbocchi professionali, ma anche occupandosi di trucco, cipria, belletti e infine scatenando una guerra ai
pantaloni congiuntamente con la chiesa. Andavano quindi assolutamente eliminati da giornali e rotocalchi i
disegni di figure femminili dimagrite e mascolinizzate, che rappresentavano il tipo di donna sterile della
decadente civiltà occidentale. La stampa iniziò a presentare e glorificare robusti figurini di donne forse non
eleganti ma certamente idonee a diventare madri prolifiche. Il tipo di donna italiana e fascista, moglie
fedele e madre premurosa, fu essenziale nella “battaglia demografica” e in quella autarchica.

L’istituzione guida per la modernizzazione della professione materna fu l’Opera Nazionale per la Maternità
e l’Infanzia fondata il 10 dicembre 1925. Il servizio che operava con fondi statali e locali, contava anche su
donazioni private e sul volontariato delle assistenti sociali e delle donne dei gruppi
femminili fascisti. L’OMNI si occupava delle donne e dei bambini che non avevano una normale struttura
familiare. Assisteva fino al quinto anno di vita i piccoli a cui i genitori non erano in grado di prestare le cure
necessarie e si occupava dei giovani abbandonati fino ai 18 anni. Anche questo intervento dello Stato, a
favore dei bambini illegittimi, aveva lo scopo di promuovere la crescita della popolazione, la salute pubblica,
diffondere l’ideale della famiglia e della vita coniugale in cui il marito occupava il ruolo guida.

Cresce, infatti, la paura che il vecchio continente stia perdendo sempre di più l’egemonia mondiale. Si
diffonde così il terrore del declino demografico, declino che trovava il supporto scientifico in alcuni studi.
Da qui la necessità dell’istituzione dell’opera nazionale per la maternità e infanzia, con il compito di
integrare e coordinare le varie forme di assistenza alle madri bisognose e all’infanzia abbandonata. Tra
l’altro, la medaglia d'onore per le madri di famiglie numerose 1939, era destinata alle madri di famiglie
numerose ed andava portata sul lato sinistro del petto, in occasione di tutte le feste nazionali.

Filosofia: matrimonio: Hegel, Kant, Fichte, Kierkegaard, Feuerbach, Darwin.

La riflessione filosofica sulle donne e sulla differenza tra i sessi è senza alcun dubbio uno dei punti cruciali
della storia, come frattura politica, trasformazione economica dell’epoca moderna, e dell’eternità delle
questioni filosofiche.

Nel XIX secolo, nasce una riflessione filosofica sulla differenza sessuale e in particolare sul matrimonio.
Fichte, Kant e Hegel rappresentano le diverse posizioni. Per Fichte il matrimonio è una «unione perfetta»,
basata sull’istinto sessuale dei due sessi e non ha alcun fine fuori di sé, costruisce un «legame» tra due
persone, questo legame è l’amore, e «l’amore è il punto in cui si riuniscono nel modo più intimo natura e
ragione» ed è tale rapporto tra natura e ragione a creare lo spazio giuridico, la legge interviene solamente
quando il matrimonio esiste, anteriormente alla legge dunque, la donna si sottomette all’uomo per un atto
di libertà.

La posizione di Fichte si distingue nettamente da quella di Kant che concepisce il matrimonio come
«contratto», il che equivale a dire che non si tratta solamente del «commercio naturale tra i sessi»,
espressione di una «semplice natura animale»: il matrimonio ha luogo in base alla legge; il piacere degli
organi sessuali dell’uomo per mezzo della donna, e viceversa, non è accettabile che attraverso tale
reciprocità del possesso giuridico, da cui il contratto. A ciò si aggiunge la legge che afferma che l’uomo
comanda e la donna ubbidisce.

Hegel da parte sua, alcuni anni dopo, esprime il proprio orrore nei confronti della teoria di Kant e afferma
che il matrimonio è un fatto morale immediato in cui la vita naturale si trasforma in unità spirituale, in
«amore cosciente». Né unione, né contratto: il matrimonio è la costituzione di «una persona» partendo da
due consensi. Il matrimonio costituisce innanzitutto un vincolo morale; il diritto interviene soltanto nel
momento della dissoluzione della famiglia, persona unica essa stessa, quando ciascuno dei suoi componenti
diviene una «persona indipendente». Il matrimonio costituisce «una libera azione morale e non un’unione
immediata di individui naturali e dei loro istinti». Il capo della famiglia, l’uomo, è la persona giuridica.

Le tre posizioni, differenti riguardo la natura sessuale, l’aspetto giuridico nella relazione tra uomo e donna,
e la moralità che si inserisce in tale rapporto, concordano nell’uguale accezione della dipendenza
femminile, dell’abbandono di sé compiuto dalla donna nel matrimonio e nella famiglia.
Contemporaneamente, Kant e Fichte, avvalorano la loro argomentazione con un enunciato essenziale,
quello della pari libertà della donna rispetto all’uomo, e dell’eguale raziocinio nei due sessi. Per Kant ciò è
garantito dalla reciprocità del possesso giuridico fondata, a sua volta, sul consenso di entrambi, prova
stessa della loro libertà. Un essere libero è necessariamente un essere razionale. Kant sostiene che è
l’essere razionale che è nella donna a votarla al suo unico compito di riproduttrice della specie. La
dipendenza coniugale, come la sottomissione alla vita della specie, non sono incompatibili con la libertà e il
raziocinio della donna, e sono compatibili con l’eguaglianza di tutti gli esseri umani, in particolare
l’eguaglianza tra uomo e donna.

Secondo Fichte, la donna afferma (e conserva) la propria dignità di essere umano divenendo un mezzo
(quello di soddisfazione dell’uomo), cessando di essere fine a se stessa, cosa che essa fa in piena libertà.Se
ciò si chiama amore, «forma sotto la quale si manifesta nella donna l’istinto sessuale», è perché,
contrariamente all’uomo, la donna non può confessare a se stessa il proprio istinto sessuale, cosa che
equivarrebbe alla rinuncia della propria dignità. Proprio tale dignità della ragione impone alla donna di
divenire mezzo, ovvero «il mezzo del proprio fine». Da ciò si deduce che la dipendenza impedisce alla
donna di essere «una personalità civile» (Kant) e che se essa è «cittadina» (cosa cui Fichte tiene) affida
necessariamente all’uomo la rappresentanza comune della cittadinanza.

Hegel si sofferma sulla divisione tra spazio domestico e spazio pubblico, divisione tra due razionalità: una
tesa verso l’autonomia e l’attività universale, l’altra chiusa nella passività e nell’individualità concreta; una
indirizzata verso lo Stato, la scienza e il lavoro, l’altra rivolta alla famiglia, e alla creazione della moralità.

Riguardo al rapporto di eguaglianza e di disuguaglianza tra i sessi, secondo Hegel la donna può essere figlia,
sposa e madre, e sorella, ma solo quest’ultima relazione è paritaria nei confronti dell’uomo; e nella
divisione tra la famiglia e la comunità politica (la città) solo l’uomo passa dall’una all’altra.

Con Kierkegaard il matrimonio diventa il cardine del problema. La sua riflessione si sposta sull’amore,
amore dell’altro, successivamente amore del vero (e da qui all’amore di Dio), erotismo carnale ed erotismo
filosofico. Da qui la distinzione dei tre registri in cui l’amore ha modo di esprimersi: sul piano estetico
l’amore è legato all’istante, sul piano etico al tempo, e sul piano religioso all’eternità. L’uomo non può
rinunciare al rapporto con l’eternità, il suo essere finito non può sostenersi che in rapporto all’infinito;
paradosso espresso dal conflitto tra la carne e lo spirito. Troveremo quindi l’eternità nell’estetica e
nell’etica (spesso lo stadio del matrimonio) e l’estetica nel religioso.

Feuerbach critica la religione come proiezione dell’uomo in cui Dio non è che l’immagine replicata
dell’uomo, immagine in cui le particolarità, soprattutto la differenza sessuale, sono state soppresse a favore
di un vuoto universale: «La vita senza un compagno o una compagna, la vita ascetica in generale,
rappresenta la via diretta verso la vita immortale del cielo, in quanto il cielo non è altro che vita
assolutamente soggettiva, sovrannaturale, liberata dal genere e dal sesso […].Ma il corpo non è niente
senza la carne e il sangue […] Ma la carne e il sangue non sono nulla senza l’ossigeno della differenza
sessuale. La differenza sessuale non è un elemento superficiale o limitato solamente ad alcune parti de
corpo; essa passa attraverso midolla e ossa […] La personalità si divide in maniera essenziale in personalità
maschile e personalità femminile. Laddove non vi è un Tu non vi è un Io». Feuerbach riprende l’opposizione
tra maschile e femminile per dimostrare in che cosa la differenza non potrebbe sussistere senza unirsi e
completarsi in vista di un’armonia futura.

Alla metà del XIX secolo, all’indomani della Rivoluzione, con l’affacciarsi del femminismo come movimento
sociale e politico la dialettica filosofica sulle donne cambia natura e alcuni filosofi assumono verso le donne
un atteggiamento favorevole.

Marx, secondo il quale la famiglia è una realtà storica che si evolve, si pronuncia a favore della monogamia
e del divorzio (nessuna sacralizzazione della famiglia come in Hegel) e rifiuta il comunismo primario che
comporta la comunanza delle donne. Il capitalismo moderno immettendo donne nel mercato del lavoro
(come produttrici al di là della loro funzione di riproduttrici) le sottrae allo spazio della vita privata familiare,
avviando, in tal modo, un processo di liberazione delle donne. Marx, nei Manoscritti del 1844, tenta di
definire la famiglia come primo rapporto sociale e la donna come l’essere naturale che consente all’uomo
di creare questo primo rapporto sociale; così si sviluppa un rapporto umano al di là della relazione di
natura, così la famiglia costituisce il passaggio tra natura e società, l’elemento primo di qualsiasi società. In
questa successione, la donna diviene la prima proprietà dell’uomo (sua schiava, come i figli). È quindi logico
che nella società capitalistica essa sia ridotta a merce. La donna originariamente è un essere di natura e
diventa successivamente un oggetto commerciale: solamente l’evoluzione della famiglia e dell’insieme dei
rapporti sociali è in grado di restituirle la sua umanità. Marx dichiara che la donna può cessare di essere
uno strumento di produzione (familiare e sociale) per diventare una lavoratrice all’interno del sistema
produttivo, e un essere autonomo nella vita privata.

Darwin, teorico dell’Origine della specie, non sembra dare grande importanza al problema dei sessi, eppure
nell’opera La discendenza dell’uomo, sostiene che la selezione naturale, accompagnata dalla selezione
sessuale, ha privilegiato l’uomo divenuto superiore alla donna.

Arte: klimt

Klimt elaborò diverse opere inerenti ai nudi e in particolar modo dedicò molte tele e schizzi alla figura
femminile, lo stesso corpo visto in diversi modi, forse in alcuni atteggiamenti osé con figure maschili. Era
abbastanza stravagante, non rispettava la contemporaneità, andava al di là, anche dal modo di vestire:
indossava tuniche lunghe (orientali, arabe), ebbe moltissime amanti, ma non si sposò mai.

Klimt era nato in un sobborgo di Vienna nel 1862 e morì nel 1918. Era bravissimo, sin dalla tenera età nel
disegno, quindi frequentò l’accademia del nudo (Vienna). Le proprie opere, inizialmente, erano fortemente
classiche, accademiche, precise. Successivamente con l’avvento dell’art nouveau (in Austria: secessionismo)
si avvicina a questa nuova corrente, e divenne anche direttore di una rivista importantissima culturalmente
adeguata e alta del nuovo movimento che si stava propagando: la Ver Sacrum, “la giovane primavera”, di
cui fu direttore per vari anni. Dopo aver effettuato un viaggio a Ravenna, e dopo aver visitato i mosaici
ravennati, ne rimase affascinato e cambiò stile ritornando a Vienna.

Tant’è vero che sullo sfondo delle sue opere adesso troviamo degli elementi in oro che ci rimandano ai
mosaici di Ravenna, con color oro. Le pennellate piccole somigliano alle tessere mosive ravennati, con l’oro
che simbolicamente significava la luce divina.

Successivamente si avvicinerà ai Fauves, nuova, innovativa, che si svilupperà intorno al 1905. Introduce
nelle proprie opere anche elementi con colori forti, aggressivi, infatti fauves significa “belva”.

Giuditta I 1901 e Giuditta II 1909

Entrambe sono realizzate su una tela disposta in maniera verticale, è la verticalità che predomina sulla
orizzontalità. Abbiamo Giuditta che è una modella reale, probabilmente Adele Bloch-Bauer, ha la stessa
acconciatura di capelli, lo sguardo seducente, la bocca semi aperta, è davvero bellissima.

Più tendente all’accademismo, quindi alla formazione classica. Però lo sfondo e le decorazioni in oro
rimandano all’art nouveau e quindi al secessionismo; indossa un velo trasparente, quindi la parte superiore
è nuda. Osserva lo spettatore e indossa una gonna sotto l’ombelico e ha nelle mani la testa di Oloferne,
sembra quasi che l’accarezzi, ed in effetti è soddisfatta di ciò che ha fatto.

L’espressione del volto è in prospetto. Anche la cornice è stata realizzata da Klimt, la parte superiore è in
legno e decorata con una lamina d’oro con la scritta Giuditta e Oloferne.

Diversamente è Giuditta II: innanzitutto è di profilo, quindi sfugge lo sguardo dello spettatore, poi
rappresentata in epoca moderna, non è classica. Ha una gonna trasparente, con decorazioni floreali e colori
forti, l’avvicinarsi a quello che è il movimento dei fauves. Inoltre è nervosa, tesa, tant’è vero che con le
mani sembra strappare i capelli a Oloferne. Differenza sia per personalità, espressione, disposizione e anche
dal punto di vista tecnico. In Giuditta II non troviamo la cornice decorata con lamine d’oro, però si sviluppa
in verticale come in Giuditta I.
La scelta del soggetto: sceglie Giuditta e non Salome (entrambi personaggi biblici) come molti avevano
fatto, perché Giuditta è una donna con un carattere, è forte caratterialmente, agisce in maniera volitiva ed
autonoma, invece Salome per agire necessita del consiglio della madre.

Inglese: Lawrence

Woman is to Lawrence only an instrument for mankind’s happiness, consistently with his political opinions
against industrial capitalism. And we find this in Lady Chatterlay’s lovers.

Lawrence felt too many people were walking through life as "dead men," and he hoped by reading his
novel they would hear his message about the restorative power of sex and become healed.

In that essay Lawrence described what it means to be alive: a person must be wholly alive, including the
physical, or sexual, self. And "when the man goes dead, a woman goes inert." In Lady Chatterley's Lover
Clifford Chatterley has "gone dead" because of a war injury that paralyzes his body from the waist down.
Thus, he and his wife, Connie Chatterley, cannot engage in sexual intercourse, although they share the
intimacy of living together and engaging in intellectual discussions and companionship. For several years
this sustains their relationship, but over time it becomes meaningless to Connie, and she develops a bad
case of boredom: nothing seems to matter, nothing brings her pleasure, and she wonders why she was
alive.

After Connie has sex with Oliver Mellors, she begins to come alive.

Lawrence did not believe that sexual maturity alone would heal people. They needed to have an emotional,
or psychic, bond also. Physical touch, though, could lead to that bond, as it does for Connie and Mellors.
Lady Chatterley's Lover is the story of growth, of coming alive through physical tenderness, which then
leads to love.

Lady Chatterley's Lover explores different concepts of love by presenting how the various characters
perceive love. He views the habit of living together more enduring and more important than physical
intimacy.

In Lady Chatterley's Lover Lawrence expresses his belief that industrialization has a dehumanizing effect on
society, and people can negate this effect by pursuing tenderness and following their natural instincts in
their intimate relationships. The Industrial Revolution had transformed England from an agricultural
country to an industrial one, and as a result the machine had become more important than the individual.
The machine fed the economy, and the economy sustained the society. Workers lost their value as
individuals and humans and were merely the human form of the machine, or cogs in the mechanized
economy.

Potrebbero piacerti anche