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Ai confini dell'estetica
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31 – Il neo-matriarcato
Antonio Cioffi
Alla fine degli anni ‘60 del novecento, nelle idee diffuse dalla cultura
politica di massa, nel cinema, nella letteratura, nell’arte, il mondo
intero si divide quindi bruscamente in due: da una parte, il potere,
oligarchico e sfruttatore; dall’altra, la minoranza (spesso più
qualitativa che quantitativa) vittima di una metastorica opera
di sfruttamento. Questa spaccatura riguarda innanzitutto la società
nel suo complesso (ricchi e poveri, classe dirigente e classe operaia)
e le sue interne parti costitutive (chiesa e fedeli, insegnanti e
studenti); ma – come si diceva – configura anche una minuziosa messa
in crisi dell’assetto sociale nella sue parti fondative, come appunto
è caso della famiglia, avendo in vista specificatamente il suo prototipo
– forse archetipico – cristiano, patriarcale e monogamico così come
appare nella tradizione religiosa occidentale. Ma dai suoi detrattori, la
famiglia è vista come l’embrione da cui nascono i rapporti di potere
che poi si sviluppano e si radicano nella società nel suo complesso,
della quale peraltro essa risulta specchio fedele. Così, nella dialettica
dei rapporti fra marito e moglie e fra padre e figli, scoppiano ben
presto i conflitti che poi, nella grande forma simbolica della guerra fra
uomini e donne, ha alimentato le più radicali rivoluzioni culturali della
fine del novecento e le loro narrazioni, relative per esempio
all’introduzione del divorzio o dell’aborto legale, dallo sviluppo delle
quali deriva – più o meno direttamente – l’intera
condizione contemporanea della socio-cultura occidentale.
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Riassumendo, la famiglia, così come era vissuta tradizionalmente in
occidente, viene messa in crisi perché accusata di essere – da un lato
– il luogo di condizionamento che produce l’esercizio del potere da
parte delle componenti più forti della società nei confronti di quelle
più deboli, che in tal modo vengono asservite proprio sulla base
psicologica dell’abitudine all’obbedienza ed al rispetto
incodizionato nei confronti di mariti e genitori e che di conseguenza
forma individui sottomessi e pronti ad accettare in ambito sociale
analoghe dinamiche basate sullo sfruttamento economico; dall’altro,
di essere fondata su di una tradizione religiosa – il cristianesimo – il
cui autentico scopo sarebbe stato proprio quello di preparare e
legittimare tali pratiche politiche, secondo la più canonica lettura
comunistica della storia.
Note
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