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IL FEMMINISMO

La parola “femminismo”

L'invenzione della parola "femminismo" viene spesso attribuita al filosofo francese Charles Fourier (1772-
1837), ma il termine non compare mai all'interno delle sue opere. La parola “femminismo” venne utilizzata
ufficialmente solo intorno al 1870 dalla comunità medica, per descrivere quei maschi il cui sviluppo
della virilità risultava essere arretrato, ossia coloro i quali risultassero in una condizione
di effeminatezza (Alexandre Dumas l'utilizzò per la prima volta nel suo libro intitolato L'Homme-femme nel
1872: "Le femministe, passami questo neologismo, dichiarano che tutto il male viene dal non riconoscere
che la donna è alla pari dell'uomo e che pertanto gli dovrebbe essere data la stessa formazione e gli stessi
diritti degli uomini").
Nel 1882, negli scritti di Hubertine Auclert, si definì il femminismo in un più ampio senso, positivo, come la
lotta per migliorare la condizione femminile. Il termine venne definitivamente reso popolare dalla stampa in
occasione di un congresso "femminista" svoltosi a Parigi nel maggio 1892.
Oggi “femminismo” indica le teorie e le lotte che perseguono l'emancipazione delle donne e la loro
valorizzazione

“Preistoria” del femminismo

Nella storia del femminismo, intesa in senso lato, una tappa molto importante è stata la rivoluzione francese,
periodo in cui i diritti delle donne divennero oggetto di molte discussioni. In uno dei Cahiers de
doléances (registri di lamentele), fatti pervenire al re prima dello scoppio della rivoluzione, le donne del
popolo chiesero il miglioramento della propria condizione e reclamarono il diritto di avere un'adeguata
istruzione. Una di loro scrisse: "Abbiamo chiesto di essere informate, di avere posti di lavoro, non per
usurpare l'autorità degli uomini, ma per essere maggiormente stimate”. Dopo lo scoppio della rivoluzione,
le leggi codificate avvantaggiarono le donne.
La Costituzione francese del 1791, all'articolo 7 della parte I, affermò per es. che il matrimonio è un
contratto civile attraverso cui i contraenti si devono assumere pari condizioni di doveri e diritti.
L'uguaglianza nel diritto all'eredità (Decreto dell'8 aprile 1791) e il diritto al divorzio (leggi del 1792) furono
precoci e quasi inaspettate vittorie per i fautori dei diritti delle donne. Tuttavia le disposizioni che
promuovevano la parità civile delle donne vennero successivamente fatte annullate dal Codice
napoleonico del 1804, e il divorzio ridivenne illegale nel 1816, sotto la Restaurazione francese.
Sotto l'influenza del Codice Napoleonico (1804) molte legislazioni europee, all'inizio del XIX secolo,
limitarono i diritti delle donne; quello che prima era una realtà abituale, vale a dire la sottomissione naturale
della moglie al marito, divenne un atto legalizzato. Questa politica dei reazionari indurrà il sorgere di due
forme di femminismo: il primo fu un movimento egualitario che rivendicò un miglioramento delle
condizioni della donne in nome dell'identità umana; il secondo sottolineò l'opposizione intrinseca tra uomini
e donne, ma pretese il rispetto dell'unicità delle caratteristiche femminili.
Il XIX secolo in Europa fu un periodo significativo di trasformazione a causa del risveglio di movimenti
nazionalisti e delle lotte per la costruzione della democrazia. Il femminismo si sviluppò grazie a questo
desiderio di cambiamento.
Storia del femminismo

La storia del femminismo in senso stretto si fa cominciare a metà dell’Ottocento, e si articola in 4 “ondate”.
Fu la giornalista Martha Weinman Lear ad introdurre, per la prima volta, la nozione di "onde" femministe, in
un articolo del New York Times Magazine, nel marzo del 1968. Esso descrisse una nuova ondata, ossia il
secondo movimento di combattimento e di stimolo femminista. Le generazioni precedenti vennero poi
retroattivamente incluse nella prima ondata.
Prima ondata
L'attività femminista del XIX e della prima metà del XX secolo rientra nella “prima ondata” e ha come
obiettivo principale il raggiungimento della parità di diritti giuridico-civili tra uomini e donne.

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Nel corso del XIX secolo si svegliarono le ambizioni delle donne di entrare nel campo
della politica attraverso il diritto di voto. I primi movimenti di “suffragette” nacquero nel Regno Unito, e
l'isola di Pitcairn (nell’Oceano Pacifico, appartenente al Regno Unito) fu il primo paese al mondo a
permettere alle donne di votare, nel 1838 (l'atto legislativo riguardava solo le donne che avessero compiuto i
vent'anni).
Seconda ondata. Il femminismo della seconda ondata si sviluppa in un periodo di attività femminista
svoltasi degli inizi degli anni sessanta fino al termine degli anni ottanta.
La seconda ondata si concentrò fondamentalmente sul tema del corpo delle donne e sul diritto a disporne
liberamente; pertanto i problemi legati alla libertà sessuale, alla contraccezione e all'aborto divennero
centrali. In Italia, nel 1970, ci fu la vittoria della legge sul divorzio, mentre i Referendum abrogativi del
1981 videro il trionfo della legalizzazione dell'aborto.
La seconda ondata del femminismo si concluderà negli Stati Uniti d'America nei primi anni ottanta con le
polemiche riguardanti i temi della sessualità (le cosiddette guerre sessuali femministe).
Terza ondata. Per rendere effettiva la parità ancora solo teorica tra uomini e donne, ma anche per prendere
in considerazione gli elementi che in precedenza erano assenti dal pensiero femminista, come le peculiarità
delle donne che non vivono in un mondo capitalista bianco, nacque una nuova forma di femminismo, spesso
denominato della "terza ondata". Il femminismo della terza onda si sviluppò in un insieme di diversi
movimenti politici e sociali. A differenza che nelle precedenti “ondate”, durante la “terza ondata” le donne
portarono avanti più fronti di lotta allo stesso tempo. Il femminismo della terza ondata cercò di andare oltre
la nozione di "femminilità" data dall'essenzialismo della seconda ondata, il quale sottolineò esclusivamente
le esperienze del ceto medio e superiore bianco a cui le donne appartenevano. Inoltre difese il superamento
del concetto “binario” di genere, affermando i diritti delle lesbiche e dei “gay”. La terza ondata del
femminismo viene anche denominata "postfemminismo", "nuovo femminismo" o "metafemminismo".
Quarta ondata. La quarta ondata del femminismo costituisce un recente sviluppo all'interno del movimento
femminista, e inizia intorno al 2008. La quarta ondata si serve di risorse online come i social media, ed è
caratterizzata dal supporto di modelli d'abbigliamento più forti, dal sostegno per le persone transgender, e
dall’accettazione del lavoro sessuale (anche la prostituzione, non intesa però come sfruttamento).
Simone Lucie Ernestine Marie Bertrand de Beauvoir, conosciuta come Simone de Beauvoir (Parigi, 9
gennaio1908 – Parigi, 14 aprile 1986), è stata
una scrittrice, saggista, filosofa, insegnante e femminista francese (è considerata la madre del movimento
femminista nato in occasione della contestazione studentesca del maggio 1968, che seguirà con
partecipazione e simpatia). Gli anni settanta la vedono in prima linea in varie cause: la dissidenza sovietica,
il conflitto arabo-israeliano, l'aborto, il Cile, la donna (è presidentessa dell'associazione Choisir e della Lega
dei diritti della donna).
Nel 1971 redige il "Manifesto delle 343 puttane" ("Manifeste des 343 salopes") firmato appunto da 343 fra
intellettuali, attrici, e donne comuni che si autodenunciavano per avere fatto ricorso all'aborto ("Je me suis
faite avorter”). All'epoca era in vigore la legge del 1920 che puniva da 3 mesi a 6 anni chi avesse fatto
ricorso all'aborto o avesse procurato aborti. Nel 1943, sotto il regime di Vichy, si erano registrate le ultime
due esecuzioni capitali di Marie-Louise Giraud e di Désiré Pioge, condannati per avere procurato aborti.
Nell'ultimo periodo della sua vita, Simone de Beauvoir affronta un altro problema sociale, quello della
vecchiaia, cui dedica un importante saggio, La terza età (1970).
Lei stessa si descrisse così:
«Di me sono state create due immagini. Sono una pazza, una mezza pazza, un'eccentrica. [...] Ho
abitudini dissolute; una comunista raccontava, nel '45, che a Rouen da giovane mi aveva vista
ballare nuda su delle botti; ho praticato con assiduità tutti i vizi, la mia vita è un continuo carnevale,
ecc.
Con i tacchi bassi, i capelli tirati, somiglio ad una patronessa, ad un'istitutrice (nel senso
peggiorativo che la destra dà a questa parola), ad un caposquadra dei boy-scout. Passo la mia
esistenza fra i libri o a tavolino, tutto cervello. [...] Nulla impedisce di conciliare i due ritratti. [...]
L'essenziale è presentarmi come un'anormale. [...]
Il fatto è che sono una scrittrice: una donna scrittrice non è una donna di casa che scrive, ma
qualcuno la cui intera esistenza è condizionata dallo scrivere. È una vita che ne vale un'altra: che ha
i suoi motivi, il suo ordine, i suoi fini che si possono giudicare stravaganti solo se di essa non si

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capisce niente»
(S. de Beauvoir, La forza delle cose, pag. 614)
Dopo un lungo viaggio negli Stati Uniti, Simone de Bouvoir pubblica la sua opera più famosa, Il secondo
sesso (1949), un saggio fondamentale che da un lato fa il punto sulle conoscenze biologiche, psicoanalitiche,
storiche, antropologiche esistenti sulla donna, e dall'altro apre la strada a quella discussione radicale
sulla condizione femminile che avrebbe caratterizzato i decenni successivi. Il volume riscuote grande
successo negli Stati Uniti, mentre è accolto con scandalo in Francia e in Europa, tanto da essere messo
all'Indice dei libri proibiti. Simone de Bouvoir vi scrive:
«La donna? è semplicissimo - dice chi ama le formule semplici: è una matrice, un'ovaia; è una
femmina: ciò basta a definirla. In bocca all'uomo, la parola "femmina" suona come un insulto;
eppure l'uomo non si vergogna della propria animalità, anzi è orgoglioso se si dice di lui: "È un
maschio! »
Il libro prende in considerazione i fatti, i miti e l'esperienza vissuta. La donna viene vista dall'autrice
attraverso i dati della biologia, il punto di vista psicanalitico e quello del materialismo storico. Dapprima ella
è analizzata dall'esterno e in particolare dall'uomo, e ne viene messa in rilievo la condizione subordinata che
le è stata attribuita. In seguito viene studiata in ogni fase della sua vita, dall'infanzia all'iniziazione sessuale,
dalla maturità alla vecchiaia. Ne vengono descritti i comportamenti e le varie situazioni,
come sposa, madre, prostituta, lesbica, narcisista, innamorata, mistica. Simone de Beauvoir parla di tutte le
circostanze che portano a credere all'inferiorità delle donne e degli effetti che questo ha sulla loro scelta di
sposarsi e di abbandonare la propria carriera. Inoltre spiega che, in un mondo in cui i due sessi fossero
uguali, entrambi sarebbero più liberi: infatti se l'uomo desse alla donna la possibilità di avere una carriera
significativa, lei si focalizzerebbe meno su di lui e potrebbe essere più indipendente.
L'autrice interroga vari studiosi, dai medici agli psicologi, dai romanzieri agli scrittori, e al tempo stesso
invita le donne a raccontare le loro esperienze sia d'amore sia di altro. Beauvoir sostiene che è necessario
che la donna venga integrata nella società con gli stessi diritti e doveri dell'uomo e pertanto con tutte le
conquiste che ne derivano, dalla uguaglianza del salario alla possibilità del controllo delle nascite,
all'aborto in termini legali e a tutti quei riconoscimenti civili, politici e giuridici che possiedono gli uomini.

Approfondimenti: sul libro di testo le letture alle pp. 478, 700, 728.

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