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ILPOLIGRAFO
Edizione originale
Corporeal Bonds.
The Daughter-Mother Relationship
in Twentieth-Century Italian Women’s Writing
Toronto-Buffalo-London, University of Toronto Press,
Introduzione
Il desiderio
Chiara
La figlia all’interno dell’economia eterosessuale
Corpo e conoscenza
CONCLUSIONI
Bibliografia
INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
E. GROSZ, Sexual Subversions, Sydney, Allen &Unwin, , p. , trad. mia.
L. IRIGARAY, Il corpo a corpo con la madre, in EAD., Sessi e genalogie, Milano,
Baldini Castoldi Dalai, , p. .
INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
I
GLI ASPETTI PSICOANALITICI
DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA:
LUCE IRIGARAY E IL FEMMINISMO ITALIANO
CAPITOLO PRIMO
Nella fase orale il bambino riceve piacere dalle labbra e perciò dal contatto con il
seno della madre; nella seconda fase, la fase anale, il piacere deriva dal senso di controllo
esercitato sulle feci; e infine nella fase fallica il piacere è legato al pene o al clitoride.
R. MINSKY, Psychoanalysis and Gender, Londra, Routledge, , pp. -.
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
Ivi, p. .
Le teorie di Freud non avevano avuto immediato successo in Francia, l’opera di
Lacan fu perciò innovativa nel suo paese. Inoltre, come Rosi Braidotti sottolinea, Lacan non
seguì le interpretazioni dell’Associazione Internazionale di Psicoanalisi, diretta in Francia
da Marie Bonaparte. R. BRAIDOTTI, Patterns of Dissonance, Oxford, Blackwell, , p. .
CAPITOLO PRIMO
Per evitare confusioni è meglio qui notare che i termini “Simbolico” e “Immagi-
nario” vengono indicati da Lacan sempre con la maiuscola, mentre Luce Irigaray indicherà
tali termini sempre con la minuscola.
M. GATENS, Feminism and Philosophy, Cambridge, Polity, , p. .
E. GROSZ, Jacques Lacan: A Feminist Introduction, Londra, Routledge, , p. .
C.W. BONNER, The Status of Significance of the Body, in The Body, a cura di
D. WELTON, Oxford, Blackwell, , pp. -: .
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
CAPITOLO PRIMO
Tra pene e fallo c’è una connessione che è difficile ignorare e che
rende visiva la rappresentazione della differenza sessuale, come afferma
Teresa Brennan. Brennan ha persuasivamente sostenuto che la teoria
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
CAPITOLO PRIMO
freudiane in nome del femminismo. Nel suo Psychoanalysis and Feminism, Mitchell spiega
che la rappresentazine della femminilità fatta da Freud e il complesso di Edipo permettono
di capire a fondo l’operato del patriarcato. Quindi, argomenta Mitchell, la conoscenza di
questi meccanismi è necessaria per una rivoluzione femminista.
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
p. trad. it. Soggetti d’amore. Genere, identificazione, sviluppo erotico, Milano, Raffaello
Cortina,
CAPITOLO PRIMO
H. CIXOUS, The Laugh of the Medusa, French Feminist Reader, a cura di K. Oliver,
a Parigi nel , un’occasione trattata dai mass media come un importante evento culturale.
L’interesse di Kristeva per i poeti dell’avanguardia è fortemente sostenuto dalla sua critica
della società capitalistica, responsabile di reprimere il processo attraverso cui emerge il signi-
ficato. I poeti dell’avanguardia hanno il privilegio di esprimere nella loro poesia i meccanismi
dell’inconscio. Il linguaggio poetico è, secondo Kristeva, il processo logico di significazione
che rivela le pulsioni inconsce del soggetto, o piuttosto, mostra il soggetto fluttuante tra
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
CAPITOLO PRIMO
traverso l’immagine della Vergine. Scrivendone afferma che la Vergine è sia madre che
figlia del Figlio. Tale confusione di ruoli crea un ostacolo allo sviluppo di una genealogia
di donne.
Kristeva ha sempre mantenuto una posizione critica verso il femminismo. Anche
l’utilità delle sue teorie per una politica femminista è ambivalente. Se, da una parte, elabora
la teoria di un processo di significazione esterno al Simbolico, dall’altra attrae critiche
per aver creato «nuove autorità per rimpiazzare tradizioni perdute», cfr. A.R. JONES,
Julia Kristeva and Feminity: the Limits of a Semiotic Politics, «Feminist Review», , ,
pp. -: , trad. mia.
M. BOULOUS WALKER, Philosophy and the Maternal Body, Londra, Routledge,
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
CAPITOLO PRIMO
centrali della sua analisi sono lo studio del linguaggio come sistema
che non dà spazio ad un soggetto femminile; la critica del Simbolico
maschile, che è anche una critica della psicoanalisi; l’affermazione
della politica della differenza, portata avanti attraverso una critica
della filosofia occidentale; e la prospettiva di una ristrutturazione
dell’immaginario femminile. Risultato di questo eclettico approccio è
l’intrecciarsi di vari aspetti della sua analisi e della sua esperienza: la te-
oria della differenza sessuale ha origine dalla sua analisi del linguaggio
dei malati di demenza, e l’ha portata in seguito al suo coinvolgimento
politico con le donne del Partito Comunista Italiano.
In Le Langage des Démentes, studiando l’uso inappropriato del
linguaggio e gli errori grammaticali nei pazienti affetti da demenza,
Irigaray pone particolare attenzione alle risposte dei pazienti uomini
e donne. La differenza nelle risposte non è da lei attribuita a un mero
fenomeno biologico, ma piuttosto, come sottolinea Margaret Whitford,
a una questione «di identità assunta nel linguaggio all’interno di un
particolare sistema simbolico conosciuto come patriarcato [...] in cui
l’unica posizione di soggetto è quella maschile». Lo studio sull’uso
patologico del linguaggio ha di seguito portato Irigaray all’analisi del
diverso accesso al linguaggio da parte dei due sessi, studio ulteriormente
sviluppato nel suo libro Parlare non è mai neutro. Questa è una raccolta
di saggi sulla demenza, la soggettività, il linguaggio come sistema pa-
triarcale creato dall’uomo, e le limitazioni della psicoanalisi. La gamma
degli argomenti sottolinea chiaramente la sottile interconnessione nel
pensiero di Irigaray tra l’interesse nell’uso del linguaggio, la critica alla
psicoanalisi e lo sviluppo della politica della differenza sessuale.
Irigaray si oppone alla presupposta neutralità del linguaggio e
sostiene che il soggetto deve essere considerato incarnato. Forma e
sesso, dice Irigaray, non possono essere disgiunti. La loro intercon-
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
Ibid.
Ibid., trad. mia.
Ivi, p. , trad. scientifica.
La critica di Irigaray dell’opposizione binaria come fondante della filosofia oc-
CAPITOLO PRIMO
L. IRIGARAY, Questo sesso che non è un sesso, Milano, Feltrinelli, , p. .
L. IRIGARAY, The Poversty of Psychoanalysis, in To Speak is Never Neutral, Londra,
Continuum, , p. .
Ivi, pp. -.
Ivi, p. .
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
Nel , quattordici anni dopo la pubblicazione del suo controverso Speculum,
Irigaray ha affermato che mentre nel primo libro aveva argomentato la necessità di una
dialettica dualistica – una relativa al soggetto maschile e una al soggetto femminile – in
questa nuova fase della carriera, il suo pensiero l’aveva condotta a teorizzare la necessità
di una terza dialettica, che tiene in considerazione la relazione tra i sessi (L. IRIGARAY,
Thinking the Difference, Londra, Athlone Press, p. ). Lo stesso interesse nella relazione
tra i due sessi, e quindi non esclusivamente nella differenza e soggettività delle donne, si
manifesta in Amo a te, scritto in italiano e pubblicato nel .
M. WHITFORD, Luce Irigaray: Philosophy in the Feminine, Londra, Routledge,
CAPITOLO PRIMO
tuttavia, come commenta Muraro, leggermente modificato da Irigaray. In tempi più recenti
Irigaray ha affermato che la cultura patriarcale ha «involontariamente o per ignoranza»
eliminato i resti di una civilizzazione più antica (L. MURARO, Female Genealogies in En-
gaging with Irigaray, a cura di C. Burke, M. Whitford e N. Shor, New York, Columbia
University Press, p. ). Ovviamente l’affermazione di una inconsapevole eliminazione di
un’antica civiltà femminile è in contraddizione con il concetto di matricidio come origine
della cultura occidentale. Muraro spiega questa posizione di Irigaray facendo riferimento
alla sua presupposta percezione di una buona relazione tra madre e figlio, che mitiga la
sua posizione femminista. Tuttavia è possibile che la rappresentazione più clemente del
patriarcato come origine della civiltà sia dovuta al successivo sviluppo del pensiero di
Irigaray, che l’ha portata sempre più a interessarsi alla relazione tra i due sessi.
L. MURARO, Female Genealogies, cit., p. .
L. IRIGARAY, The Irigaray Reader, cit., p. .
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
CAPITOLO PRIMO
trad. mia.
Irigaray fa uso di questa immagine quando descrive donna e madre in Volume
without Contours (in The Irigaray Reader) e quando scrive sul desiderio femminile in
Questo sesso che non è un sesso. Critici quali Grosz, Gallop, Fuss, Gatens e Whitford
hanno fornito interpretazioni dell’immagine delle labbra atte ad allontanarne l’accusa di
essenzialismo. Sia Gallop che Fuss hanno interpretato le labbra come una metafora, una
costruzione. Infatti Fuss si chiede persino se sia possibile interpretare tale immagine in
modo altro da una metafora.
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
CAPITOLO PRIMO
L. IRIGARAY, And the One Doesn’t Stir without the Other [E l’una non sogna senza
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
L. IRIGARAY, This Sex which is not One [Questo sesso che non è un sesso], Ithaca,
CAPITOLO PRIMO
Il tuo corpo ricorda. Non c’è bisogno che tu ricordi [...]. Il corpo si esprime
ieri in quello che vuole oggi [...]. Sii quello che stai diventando, senza legarti
a quello che saresti potuto essere [...]. Lasciamo il definitivo per l’indeciso;
non ne avremo bisogno. Il nostro corpo, ora e adesso, ci dà una certezza molto
differente. La verità è necessaria per quelli che sono così lontani dal loro corpo
da averlo dimenticato.
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
M. BOULOUS WALKER, Philosophy and the Maternal Body, cit., pp. - trad. mia.
L. BENEDETTI, The Tigress in the Snow, Toronto, University of Toronto Press,
, p. .
CAPITOLO PRIMO
dagli anni Cinquanta dell’Ottocento e la cui casa a Londra era aperta ai più famosi intellettuali
italiani in esilio nella capitale britannica. Nathan organizzò e finanziò le scuole femminili
“Giuseppe Mazzini” nel popolare distretto di Trastevere a Roma, con il fine di diffondere
l’istruzione gratuita tra le ragazze della classe operaia. Ersilia Mayno è un altro esempio di
donna filantropa di quel periodo. Mayno creò un’istituzione per prendersi cura delle donne
giovani e bisognose e partecipò a varie iniziative per istruire e aiutare le donne.
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
L’unico segno di progresso in termini di diritti civili consisté nel limitare la patria
potestà a non oltre i ventuno anni, sia per gli uomini che per le donne, abbasdandola dai
precedenti trenta o quarant’anni per le donne. Dopo il matrimonio le donne erano sotto
la potestà del marito, un ruolo giuridicamente di totale sudditanza; non era permesso loro
di occuparsi di affari legali, inclusa l’amministrazione dei propri beni immobili.
Anna Kuliscioff, cittadina russa che visse in Italia gli ultimi quaranta anni della
sua vita, fu una delle fondatrici del Partito Socialista. Seguendo il suo credo marxista,
Kuliscioff riteneva che la condizione femminile potesse migliorare come conseguenza
dell’emancipazione della classe operaia. Anna Maria Mozzoni, al contrario, considerava la
questione femminile un problema autonomo che non doveva essere analizzato all’interno
del contesto della rivoluzione di classe. Mozzoni non ottenne mai una posizione dirigenziale
nel partito socialista proprio a causa del suo dare priorità alla questione femminile. Mozzoni
fondò varie associazioni, ispirò la nascista di riviste quali «La donna» (fondata nel
da Gualberta Beccari), tradusse On the Subjection of Women di John Stuart Mill e scrisse
La donna e i suoi rapporti sociali (). Nella lotta per i diritti, Mozzoni richiedeva non
solo il diritto all’istruzione, ma anche il diritto al lavoro, alla parità salariale e al voto.
L. BENEDETTI, The Tigress in the Snow, cit., pp. -.
Alla fine della guerra, nel , fu garantita l’abolizione della potestà maritale.
Nello stesso anno la Camera dei Deputati approvò il voto amministrativo e politico per le
donne. Tuttavia, la legislatura finì prima che la legge potesse essere discussa in Senato.
CAPITOLO PRIMO
che si unirono ai Gruppi di Azione Patriottica (GAP), alle Squadre di Azione Patriottica
(SAP), o al Gruppo di Difesa Donna (GDD), e altre che entrarono a far parte della Repub-
blica di Salò. L’evidente ruolo attivo delle donne durante la guerra portò come conseguenza
l’ambìto riconoscimento dello stato giuridico, con l’accesso al voto nel .
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
lavorativi coesistevano. Solo alla fine degli anni Sessanta e negli anni
Settanta la discussione sul ruolo delle donne nella società si spostò
verso punti di vista filosofici che stabilirono un passaggio dal concetto
di emancipazione a quello di differenza sessuale. In questo nuovo
contesto l’idea di soggettività interconnessa al rapporto madre-figlia
iniziò ad essere sviluppata.
Dopo la Seconda Guerra mondiale l’UDI (Unione donne italiane),
organizzazione affiliata al Partito Comunista riuscì a centralizzare l’in-
teresse di un vasto e socialmente eterogeneo gruppo di donne. L’orga-
nizzazione era formata da donne che erano appartenute al Gruppo di
Difesa (partigiane durante la guerra) e includeva cattoliche e casalinghe,
con l’obiettivo di promuovere emancipazione e uguali diritti. Dopo la
nascita dell’UDI fu costituito anche il CIF (Centro italiano femminile),
un’organizzazione affiliata alla Democrazia Cristiana.
All’inizio degli anni Sessanta, i centri UDI mostravano un chiaro
segno di declino, con un decremento nel numero delle iscritte da
un milione del decennio precedente a circa duecento. Contempo-
raneamente si assisteva alla nascita di gruppi di donne interessati
principalmente alla politica della differenza sessuale. Il gruppo Demau
(acronimo per “Demistificazione dell’autoritarismo”) e il pionieristico
lavoro della sua esponente più conosciuta, Carla Lonzi, non solo se-
gnò un cambiamento nell’approccio al femminismo, ma gettò anche
le basi per lo sviluppo filosofico femminista degli anni successivi.
Nel loro manifesto, pubblicato nel , il gruppo Demau dichia-
rava il rifiuto di ogni tipo di “emancipazione” intesa a integrare le
donne nella società patriarcale, e di ogni forma di autoritarismo.
La massiccia presenza delle donne nel campo del lavoro e specialmente nell’indu-
stria non rispecchiava un’accresciuta presenza femminile sulla scena politica, che rimaneva
invece molto marginale a confronto con il periodo dei primi anni della Repubblica, come
afferma LUISA PASSERINI in Storie di donne e femministe (Torino, Rosenberg e Sellier, ,
p. ). Nel un significativo successo politico fu l’apertura alla carriera di magistrato
fino ad allora preclusa alle donne.
Tuttavia l’UDI mantenne sempre una posizione subordinata rispetto al Partito
Comunista, tanto che persino i ruoli dirigenziali all’interno dell’UDI erano considerati
«una forma di esilio dal lavoro importante del partito». Cfr. J. HELLMAN, Journeys among
Women, Cambridge, Polity, , p. , trad. mia.
L. PASSERINI, Storie di donne e femministe, cit., p. .
CAPITOLO PRIMO
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
Ivi, p. .
M.L. BOCCIA, L’io in rivolta, Milano, La Tartaruga, , p. .
CAPITOLO PRIMO
In molte città italiane, all’inizio degli anni Settanta si formarono gruppi femmi-
nisti. Le città di Torino, Milano, Firenze, Trento e Roma erano tra le più attive. I gruppi
femministi in quel periodo erano piuttosto eterogenei; erano principalmente costituiti da
donne, ma era possibile una presenza, minore, di uomini. La composizione di tali gruppi
comprendeva persone di diverso indirizzo professionale interessate alla politica, gay e
lesbiche che contemplavano la necessità di separatismo. Caratteristica comune di tutti i
gruppi femministi del tempo era l’insistenza su un’attività politica specifica ai gruppi di
donne e quindi l’interesse al separatismo.
LIBRERIA DELLE DONNE DI MILANO, Non credere di avere dei diritti, Torino, Rosen-
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
M. SCHIAVO, Movimento a più voci, Milano, Franco Angeli, , pp. -.
CAPITOLO PRIMO
Ivi, p. .
Ivi, p. .
Città come Milano furono più ricettive alla pratica psicoanalitica, mentre città
quali Torino, che vantava una lunga storia industriale, erano più legate alle attività dei
sindacati e ad un femminismo liberale, e non assorbirono lo spostamento verso le pratiche
psicoanalitiche.
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
Novanta, era tra gli autori del manifesto e una dei primi promotori
di tale pratica. Nella pratica dell’inconscio, come il gruppo milanese
affermava, la figura della madre e la relazione tra donne formavano
non solo una confortevole oasi di tranquillità, ma anche una metafora
per esprimere desiderio e sessualità. L’aggressività veniva vista come
desiderio inespresso. Seguendo l’esempio di Psychanalyse et Politique,
le femministe italiane dettero valore alla donna-madre: «pensare la
donna-madre a prescindere dal rapporto di filiazione». L’affinità di
approccio con il pensiero di Irigaray, con il suo concetto di madre
come donna, viene alla luce già in queste affermazioni.
All’interno della pratica dell’inconscio, i sentimenti di odio verso
la madre che si erano manifestati nelle discussioni di fine anni Ses-
santa, e le tensioni tra donne, palesi nei gruppi femministi, vennero
rifocalizzati sulla relazione primaria con la madre. La psicoanalisi
era vista come lo strumento per liberare le donne dalle costrizioni
imposte dal patriarcato; in questo quadro, la figura della madre era
il sito di un conflitto tra il suo rifiuto e la realizzazione della perdita
rappresentata da tale rifiuto.
Le donne che scelsero di prendere parte alla pratica dell’inconscio
stabilirono un rapporto privilegiato con un’altra donna del gruppo per
regolari incontri psicoanalitici a due. Secondo Lia Cigarini, una delle
fondatrici della Libreria delle donne di Milano e che ha successiva-
mente contribuito alla teorizzazione della pratica dell’affidamento e
del Simbolico della madre, questo rapporto privilegiato rappresentava
la prima forma embrionica della pratica dell’affidamento, sviluppatasi
agli inizi degli anni Novanta.
L’approccio psicoanalitico al rapporto con la madre segna l’inizio
della teorizzazione femminista sulla relazione madre-figlia che dove-
va divenire cruciale nei decenni successivi. Tuttavia, in quel periodo,
l’attenzione al rapporto madre-figlia non ricevette consenso unanime.
Carla Lonzi riconosceva l’importanza della relazione, ma era molto
critica della sua rilevanza nella pratica femminista. Per lei il rapporto
CAPITOLO PRIMO
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
che la sua legalizzazione perché ritenevano che il diritto all’aborto non fosse una vittoria
dal punto di vista femminista. Col di Lana sottolineava che il diritto della donna a decidere
sulla propria maternità potrebbe essere letto come il diritto delle donne a decidere sulla
loro “produzione” e obbligarle a porre la maternità come obiettivo di massa (LIBRERIA
DELLE DONNE DI MILANO, Non credere di avere dei diritti, cit., p. ). Di conseguenza,
secondo Col di Lana, la legalizzazione dell’aborto semplicemente iscriveva di nuovo le
donne all’interno del ruolo riproduttivo.
Durante quegli anni il terrorismo divenne una drammatica realtà in Italia e rag-
giunse il suo punto più intenso e tragico nel con il rapimento e l’uccisione del leader
della DC Aldo Moro. Come ricorda LUISA PASSERINI in Storie di donne e femministe, alcune
donne furono coinvolte in atti terroristici, e altre passarono da gruppi femministi a gruppi
terroristici (pp. -). In questo caotico periodo della storia del paese, il coinvolgimento
entusiastico delle donne nei collettivi semplicemente scemò.
CAPITOLO PRIMO
LIBRERIA DELLE DONNE DI MILANO, Non credere di avere dei diritti, cit., p. .
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
CAPITOLO PRIMO
LIBREARIA DELLE DONNE DI MILANO, Non credere di avere dei diritti, cit., p. .
La racolta di interventi in seminari sul rapporto madre-figlia, quali quelli di Siena
() e Cagliari (), intitolati Madri e figlie: primo quaderno del seminario sul rapporto
madre e figlia (Siena, Centro Culturale Mara Meoni, ) e I luoghi dell’esperienza dell’im-
maginario e del simbolico nella relazione madre-figlia (Cagliari, La Tarantola Edizioni, )
testimoniano l’attivo contributo delle donne alla discussione della relazione madre-figlia
come il cuore dell’analisi femminista della soggettività delle donne.
Il materno è stato esplorato in psicoanalisi da Silvia Vegetti Finzi. Il suo Il bambino
della notte è imperniato sulla relazione tra materno e creatività. Vegetti Finzi tuttavia non
analizza il rapporto madre-figlia. Nella sua interpretazione del mito di Demetra e Core,
ad esempio, preferisce soffermarsi sulla figura secondaria di Baubò, «la donna pancia»,
che lei interpreta come simbolo della creatività femminile (Il Mito di Demetra e Kore in
Dee fuori dal tempio, a cura di L. Ravasi Bellocchio, T. Villani e S. Vegetti Finzi, Milano,
Melusine, , pp. -).
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
CAPITOLO PRIMO
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
La relazione di affidamento somiglia alle relazioni tra donne tipiche della pratica
dell’inconscio degli anni Settanta. La stessa Muraro era tra le femministe che promossero
quella pratica in Italia, e particolarmente a Milano.
A. CAVARERO, F. RESTAINO, Le filosofie femministe, Torino, Paravia, p. .
L. RE, Diotima’s Dilemmas: Authorship, Authority, Authoritarianism, Italian
Feminist Theory and Practice, a cura di G. Parati, R. West, Madison Teaneck, Fairleigh
Dickinson University Press, , p. .
CAPITOLO PRIMO
Adriana Cavarero
Il materno e il rapporto madre-figlia sono stati argomenti analizzati
anche da Adriana Cavarero. La critica di Cavarero al patriarcato, in
modo simile a quello di Irigaray, prende in considerazione l’atto del
matricidio con cui i filosofi hanno annichilito il potere generativo della
madre. Secondo Cavarero, infatti, gli esseri umani sono limitati e definiti
dall’idea di morte, come è dimostrato anche dalla parola “mortali”, sino-
nimo di esseri umani. Cavarero sostiene che enfatizzando il concetto di
nascita, come fa Hannah Arendt, si offre una prospettiva rivoluzionaria
che permette un rovesciamento della struttura filosofica occidentale.
Cavarero legge il mito di Demetra e Core concentrandosi sulla
rivalutazione del potere generativo materno da una parte, e sulla
visibilità della relazione madre-figlia dall’altra. Secondo Cavarero,
l’interruzione dello sviluppo della natura imposto da Demetra è una
manifestazione del potere generativo della madre distaccato dalla
mera funzione riproduttiva. Demetra è il simbolo della potenza
materna di generare e anche di non generare – o nelle parole di
Cavarero, «potenza assoluta [...] che custodisce il luogo umano del
venire al mondo ma anche il nulla come [...] la fine del continuum
materno e simbolicamente del mondo».
Nell’interpretazione di Cavarero del mito di Demetra e Core, la
negazione della nascita come potenza materna è perpetrata attraverso
l’interruzione dello sguardo reciproco tra madre e figlia. È interessante
che Cavarero interpreti l’allontanamento della figlia dalla madre non
come interruzione di una unità idillica, ma come l’interruzione dello
sguardo reciproco attraverso cui madre e figlia possono riconoscere
se stesse come donne e che è, come tale, dotato di potere materno.
GLI ASPETTI PSICOANALITICI DELLA POLITICA DELLA DIFFERENZA
Non è sorprendente dunque, che l’interpretazione che Cavarero fa della reci-
CAPITOLO PRIMO
II
MENZOGNA E SORTILEGIO DI ELSA MORANTE:
IL LEGAME INCORPOREO
CAPITOLO SECONDO
Nel ’, credo nell’inverno, mi arrivò una lettera di Elsa Morante. Mi diceva
che aveva appena finito un romanzo e mi chiedeva se me lo poteva mandare.
Io abitavo allora a Torino e lavoravo nella casa editrice Einaudi [...]. Cosí
ebbi il dattiloscritto di Menzogna e sortilegio: lo ricevetti per posta. C’erano
correzioni a mano, in inchiostro rosso. Ricordo con quanto stupore lessi i titoli
dei capitoli, perché mi parve un romanzo d’un’altra epoca.
MENZOGNA E SORTILEGIO: IL LEGAME INCORPOREO
del tempo, Anna Banti, che, anche pubblicamente, aveva espresso la sua opposizione al
femminismo.
A. GIORGIO (a cura di), Writing Mothers and Daughters, cit., p. .
CAPITOLO SECONDO
MENZOGNA E SORTILEGIO: IL LEGAME INCORPOREO
della nonna materna di Elisa, Cesira, e della sua relazione con “sua”
figlia, Anna.
Cesira è una donna amareggiata e insoddisfatta della vita così come
lo sarà sua figlia. Entrambe hanno in comune un matrimonio infelice e
l’incapacità di amare le figlie. Inoltre, Cesira ed Anna, da figlie, godono,
diversamente da Elisa, di un affettuoso e buon rapporto solo con i loro
padri, mentre disprezzano le madri da cui non sono amate.
In questo romanzo, Cesira è la prima portatrice della patologia
femminile che divide madri e figlie. Ambiziosa, e sprezzante del-
le sue umili origini, la nonna di Elisa fantastica su un suo naturale
destino nella società aristocratica. Al contrario, il suo matrimonio
con Teodoro, con il quale sogna di realizzare il sogno di benessere e
prosperità, la conduce alla povertà. Infatti, solo poco dopo le nozze,
Cesira scopre che il suo anziano sposo è profondamente indebitato.
Una volta infranto il suo ingenuo entusiasmo iniziale, che l’aveva
portata a dare per scontato che le origini aristocratiche di Teodoro
fossero sinonimo di vera ricchezza, il suo preteso amore e affetto
lasciano il posto all’amarezza e alla rabbia. Neanche la nascita di una
bella figlia, Anna, placa il suo risentimento.
Cesira è la più ostile e ingrata immagine di donna nel romanzo.
Si noti che Morante non dà alcuna enfasi al lavoro professionale di Ce-
sira e al fatto che, oltre ad Alessandra, è l’unica donna lavoratrice del
libro. Cesira è un’insegnante che ha costantemente lavorato durante
tutta la vita: prima di incontrare Teodoro; durante il matrimonio per
poter far fronte ai debiti del marito; dopo la morte di lui, per sostenere
la figlia diciottenne. Questo lato del personaggio viene piuttosto sot-
tovalutato nel testo; il suo ritratto negativo è, di conseguenza, legato
alla critica del suo ruolo di madre e moglie.
In età anziana, quando vive con la famiglia della figlia, Cesira è
una presenza spettrale. Senza sentimenti, attaccata ai pochi beni ma-
teriali, è quasi ossessionata dai dettagli della sua immagine, come ad
esempio l’attenzione che dedica ai suoi scarponcini che lucida e calza
CAPITOLO SECONDO
quello di Cesira, e anche ossessionata dai suoi scarponcini, appare in La nonna () uno
dei primi racconti di Morante.
L’episodio della maledizione della madre non era nuovo nella narrativa moran-
tiana, infatti era già stato descritto in Il ladro di lumi, uno dei suoi primi racconti.
MENZOGNA E SORTILEGIO: IL LEGAME INCORPOREO
[A] volte nella negligenza del sonno, le sue giovani membra si scoprivano,
e la loro bellezza nascente era tale da non parere impudica, anche se nuda.
Una simile fiera bellezza, opposta alla femminea fragilità che aveva fatto un
tempo, la grazia di Cesira, ispirava a quest’ultima ammirazione e rispetto.
Spogliandosi o rivestendosi in presenza della figlia, ella, presa da una timida
vergogna, cercava di nascondere agli occhi di lei le proprie membra appassite.
Il suo corpo s’era smagrito eccessivamente [...] simile fragilità, però, non era
come prima, graziosa, bensí soltanto triste. (p. )
CAPITOLO SECONDO
MENZOGNA E SORTILEGIO: IL LEGAME INCORPOREO
emotiva dell’immagine del corpo, Schilder, come Lacan, si riferisce ai problemi legati
all’esperienza delle protesi degli arti. Le protesi e gli arti che sono stati amputati sono
cariche di significato per il soggetto che interagisce con esse, perché sono investite di
fattori emotivi e di phantasia che permettono al soggetto di evocare sensazioni legate al
precedente reale arto o fanno esperienza del gioco di sensazioni tra la memoria dell’arto
reale e la presente protesi. È evidente a questo punto che l’immaginario viene considerato
come il regno dell’emozione e dell’influenza delle sensazioni.
L. IRIGARAY, The Poverty of Psychoanalysis, cit., p. , trad. mia.
CAPITOLO SECONDO
Ivi, p. .
MENZOGNA E SORTILEGIO: IL LEGAME INCORPOREO
CAPITOLO SECONDO
MENZOGNA E SORTILEGIO: IL LEGAME INCORPOREO
CAPITOLO SECONDO
MENZOGNA E SORTILEGIO: IL LEGAME INCORPOREO
M. WARNER, Alone of All Her Sex, Londra, Quartet Books, , p. .
Ivi, p. .
Ivi, p. trad. mia.
CAPITOLO SECONDO
MENZOGNA E SORTILEGIO: IL LEGAME INCORPOREO
CAPITOLO SECONDO
con gli amanti, viene descritta come «materna e appassionata» (p. ).
L’associazione dell’amore materno con la passione eterosessuale co-
munica la spontaneità e la generosità del desiderio sessuale di Rosaria,
che la porta a essere affettuosa con i suoi amanti. Di conseguenza,
l’amore materno assume il significato di calore innato e istintivo che
non ha bisogno di alcun motivo per esistere.
L’idea di amore materno come passione, contrapposta a idee di
equilibro e contenimento, emerge in altri punti della narrazione. Nel-
la descrizione di Edoardo, ad esempio, la narratrice afferma che la
sua figura avrebbe potuto essere giudicata arrogante o noncurante,
specialmente se lo si guardava «con occhi non di giustizia, ma, per
così dire, di maternità» (p. ). L’amore materno altera i giudizi e
offusca le reali caratteristiche.
L’amore materno viene anche associato nel romanzo ad immagini
di calma, protezione e conforto, come nell’episodio del giovane Fran-
cesco, afflitto per il tradimento di Rosaria. Solitario e melancolico,
Francesco pensa alle persone che ama veramente e che lo sostengono
in modo da cercare consolazione alla sua disperazione:
Francesco, in sostanza, con essa [l’elegia] invocava una madre [...] la madre
che venne in suo soccorso fu una che spesso, in simili casi, consola i giovani
un poco vili e immaturi: voglio dire, l’Immaginazione [...].
Queste, o simili, furono le fantastiche ragioni che la madre consolatrice portò
a Francesco. (pp. -)
MENZOGNA E SORTILEGIO: IL LEGAME INCORPOREO
CAPITOLO SECONDO
Ivi, p. .
Questa caratteristica condivisa da Alessandra e Rosaria riecheggia l’enfasi su un
positivo aspetto dell’animalità che Marco Bardini (Per Elisa, cit., p. ) aveva suggerito
nel notare la quantità di metafore riferite ad animali in Menzogna e sortilegio.
MENZOGNA E SORTILEGIO: IL LEGAME INCORPOREO
rante, «Annali di Italianistica: Women’s Voices in Italian Culture», , , pp. -.
J. SCHIFANO, T. NOTARBARTOLO, Cahiers Elsa Morante, Napoli, Edizioni Scientifiche
Italiane, , p. .
E. MORANTE, Pro e contro la bomba atomica, in EAD., Opere, cit., p. .
CAPITOLO SECONDO
Sempre riservata per quanto riguarda la vita privata e la famiglia – «Sono tutta nei
miei libri», affermava spesso – Morante non rivelò mai molto su se stessa. Diario e la
biografia scritta da suo fratello, Maledetta benedetta, entrambi pubblicati postumi, come
pure la narrativa autobiografica di Dario Bellezza (un giovane poeta al quale la scrittrice
si era legata sentimentalmente) hanno offerto resoconti della sua vita.
E. MORANTE, Diario , Torino, Einaudi, , p. .
Ivi, p. .
MENZOGNA E SORTILEGIO: IL LEGAME INCORPOREO
CAPITOLO SECONDO
Elisa
In Elisa si fondono sia la rappresentazione incorporea della fem-
minilità, che l’isolamento e (usando la terminologia di Irigaray) “l’ab-
bandono” della donna in un sistema di conoscenza e comunicazione
che privilegia il soggetto maschile, e allo stesso tempo il tentativo e il
desiderio di esprimere se stessa. Il legame della figlia con la madre,
reso cruciale nella narrazione della storia familiare, rimane inutilizzato
nelle sue potenzialità. Tuttavia il gesto della figlia-narratrice di porre
la madre al centro della storia suggerisce nuove possibilità alternative
per la soggettività della donna.
Elisa è una venticinquenne abituata a vivere in reclusione. Ha tra-
scorso gran parte della vita nella sua stanzetta. Fantasie e letture di storie
fantastiche e straordinarie sono state quasi la sua unica compagnia.
In Elisa il senso della realtà si è distorto, l’immaginazione si è mescolata
all’irrealtà. Eventi familiari drammatici e complessi l’hanno lasciata
in uno stato confusionale. Sola, nella sua casa, percepisce la presenza
dei fantasmi familiari. Tormentata dai ricordi del passato, Elisa inizia
a mettere per iscritto quello che i fantasmi le dettano: «Ecco perché
ubbidisco alle loro voci, e scrivo: chi sa che col loro aiuto io non possa,
finalmente, uscire da questa camera» (p. ).
La giovane donna cerca di riacquisire un senso di sé, ma non le è
possibile scrivere autonomamente. Infatti l’immagine corale dei fanta-
smi che la circondano, incoraggiandola a scrivere, mina l’autonomia
del suo atto scrittorio. Per il riferimento sia alla lingua che al soggetto
donna, la scena è illustrativa della teoria lacaniana. Nell’immagine
dei fantasmi familiari che le dettano la storia, si può intravvedere la
rappresentazione dell’ordine Simbolico, cioè il regno del linguaggio
e della cultura in cui viene raggiunta la soggettività. Il Simbolico
lacaniano, dominato dalla Legge del Padre, è precluso alle donne.
Infatti Elisa non è in possesso di parole se non quelle che gli altri, e
in particolare la famiglia come istituzione patriarcale, le suggeriscono.
In questo senso, nell’atto di narrare la storia della sua vita, Elisa è
MENZOGNA E SORTILEGIO: IL LEGAME INCORPOREO
CAPITOLO SECONDO
MENZOGNA E SORTILEGIO: IL LEGAME INCORPOREO
E. SCARANO, La fatua veste del vero, in Per Elisa: studi su Menzogna e sortilegio, a
CAPITOLO SECONDO
trad. mia.
MENZOGNA E SORTILEGIO: IL LEGAME INCORPOREO
CAPITOLO SECONDO
L. IRIGARAY, Il corpo a corpo con la madre, in EAD., Sessi e genalogie, cit., p. .
P. AZZOLINI, Mettersi al mondo, Elsa!, in Mettere al mondo il mondo, a cura di
Diotima, Milano, La Tartaruga, , p. .
E. SCARANO, La fatua veste del vero, cit., p. .
MENZOGNA E SORTILEGIO: IL LEGAME INCORPOREO
CAPITOLO SECONDO
III
MADRE E FIGLIA DI FRANCESCA SANVITALE:
CORPI DI SOFFERENZA E IMMAGINAZIONE
CAPITOLO TERZO
MADRE E FIGLIA: CORPI DI SOFFERENZA E IMMAGINAZIONE
CAPITOLO TERZO
F. SANVITALE, Madre e figlia, Torino, Einaudi, , pp. -. Tutti i riferimenti
successivi al romanzo sono dati in parentesi nel testo.
MADRE E FIGLIA: CORPI DI SOFFERENZA E IMMAGINAZIONE
chi, eccetto quello ovale del bagno (p. ). In posizione simmetrica
a questa affermazione, e quindi a conclusione della descrizione del
corpo di Sonia, si posiziona l’uso metaforico della parola “specchio”
nella descrizione degli occhi di Paris: «lo sguardo dello zio Paris, unico
specchio nel quale era rappreso il desiderio di lui, si ficcò dentro alle
palpebre di Sonia che subito si richiusero» (p. ).
L’uso “a specchio” di immagini di specchi enfatizza l’azione al
centro della sequenza, dove la sensuale rappresentazione del corpo
di Sonia non è altro che il riflesso del desiderio di Paris. Lo zio Paris,
come osservatore, riflette a Sonia un’immagine di se stessa che diviene
parte della percezone di sé. Come nella teoria di Lacan, l’immagine
viene riflessa dall’individuo, e dà una prima impressione di identità.
L’immagine così formata dall’osservatore è parte della percezione
dell’io del soggetto. Nel brano precedente questo è rappresentato
dagli sguardi tra zio e nipote. Gli occhi di Paris traboccano di de-
siderio e Sonia, in una frazione di secondo, cattura quel desiderio.
Il conscio, o inconscio, aprire e chiudere gli occhi dà a Paris la scintilla
del dubbio che la nipote sia giocosamente consapevole della nudità
del suo corpo e del di lui desiderio. Allo stesso tempo segna per Sonia
l’inizio dell’interiorizzazione del desiderio maschile.
La reazione di Sonia alle continue attenzioni dello zio sono espres-
se da reazioni ambivalenti: confusione, paura, ma anche un senso di
gratificazione dell’essere desiderata. I tentativi dello zio di entrare in
intimità con lei la lasciano sia spaventata che desiderosa di coinvol-
gersi in quella complessa relazione: «affrettava il passo per correre
verso quella passione come se lí fosse la battaglia, lí la vita» (p. ).
La stessa sottomissione dell’immagine di sé al desiderio maschile
emerge anche nella scena delle molestie del signor Andrea verso Sonia
bambina. L’immaturità e l’innocenza della giovane Sonia generano
confusione ed emozioni contraddittorie verso il signor Andrea che le
sta insegnando a ballare nella hall dell’albergo dove le due donne si
trovano. Il suo corpo infantile, viene descritto nel ballo con Andrea
come «cera molle» (p. ), docile al desiderio adulto maschile.
In L’uomo del parco (), Sanvitale esplora ulteriormente il tema del desiderio
femminile attraverso lo sguardo maschile.
CAPITOLO TERZO
MADRE E FIGLIA: CORPI DI SOFFERENZA E IMMAGINAZIONE
CAPITOLO TERZO
MADRE E FIGLIA: CORPI DI SOFFERENZA E IMMAGINAZIONE
fisso. Le sue labbra hanno un tic mentre mi fissa, e il suo sguardo si abbassa,
portando anche il mio con il suo. La sua mano in un guanto di pelle va giù,
alla linea dove la mia tuta da sci blu e il suo elegante cappotto di pelliccia si
incontrano. Tira a sé il cappotto. Io guardo, e non vedo cosa di così terribile
lei stia vedendo sulla sedia tra di noi – probabilmente uno scarafaggio. Ma lei
mi ha comunicato il suo orrore. Deve essere qualcosa di veramente terribile,
a giudicare dal suo sguardo, allora anch’io tiro verso di me la mia tuta da sci.
Quando guardo su, la donna mi sta ancora guardando, le narici e gli occhi
grandi. E improvvisamente capisco che non c’è nessuno scarafaggio nel sedile
tra di noi; sono io che lei non vuole che il suo cappotto tocchi.
CAPITOLO TERZO
L’eroe
La relazione tra Sonia e sua madre è molto significativa per il
distanziamento di Sonia dalle costruzioni maschili e lo sviluppo della
sua identità; il romanzo rappresenta la ricostruzione di quel processo
di sviluppo. La modifica è connessa al rifiuto del valori maschili e al
ripensamento della relazione con la madre attraverso risorse dell’im-
maginario associate al corpo femminile. Emozioni contraddittorie
sono caratteristiche di questo problematico sviluppo.
La complessità delle prime pagine è sintomatica degli intricati
sentimenti che opprimono la figlia-narratrice, che pochi anni dopo
la morte della madre cerca di comprendere le proprie opposte sen-
sazioni e i suoi atteggiamenti verso sua madre. Il romanzo si apre con
un intreccio di immagini contrastanti di Marianna – un insieme di
rappresentazioni di fasi diverse della vita (da figlia adolescente di una
famiglia benestante, e da adulta impoverita nella fase finale del suo
male terminale) e anche dell’espressione di colpa di sua figlia:
[E] via via che scrivo proprio a mia madre che viene avanti chiedo scusa; [...]
sono io, come sempre ho fatto che la difendo [...]. Mi dico che sono giusti-
ficata dal desiderio. Amo il suo corpo anche vecchio, anche morto, anche
decomposto. Solo il corpo di mia madre è per me un corpo d’amore. Il mio
pianto è per la sua vita sottile, per il suo piccolo seno, per le gambe snelle, per
il passo danzante [...]. Gioco con lei perché a lei piaceva ridere e giocare [...].
Mia madre è degna di offensive ricchezze [...]. Io l’ho mantenuta come uno
stupido marito, come un offensivo e cupo ragioniere, contando gli spiccioli nel
palmo, stendendo biglietti da diecimila, stringendo labbra aride e sdegnose,
lesinando e gridando, sbattendo porte, alzando la testa come se la sua vita
dipendesse dal mio potere. (pp. -)
MADRE E FIGLIA: CORPI DI SOFFERENZA E IMMAGINAZIONE
CAPITOLO TERZO
MADRE E FIGLIA: CORPI DI SOFFERENZA E IMMAGINAZIONE
Il regime fascista offriva aiuto alle madri non sposate e ai loro figli. Tuttavia la vita
di una madre non sposata durante il fascismo non era resa meno ardua da queste politiche
protezionistiche, che cercavano di controllare il tasso di nascita e la razza piuttosto che
promuovere l’autonomia delle donne.
CAPITOLO TERZO
MADRE E FIGLIA: CORPI DI SOFFERENZA E IMMAGINAZIONE
a quei tempi, spesso in circostanze insicure e rischiose, da persone non qualificate (mam-
mane), motivi su cui si era basata la campagna in favore della legalizzazione dell’aborto.
CAPITOLO TERZO
MADRE E FIGLIA: CORPI DI SOFFERENZA E IMMAGINAZIONE
Critica e re-immaginazione
La visione critica del patriarcato emersa attraverso la rappresen-
tazione dell’istituzione medica viene sviluppata in particolare nella
seconda parte del romanzo, quando viene narrata la vita adulta di
Sonia. A questo punto è svanita l’ambivalenza psicologica che aveva
caratterizzato l’attrazione della giovane Sonia verso lo zio Paris e il
signor Andrea, come parte della sua ricerca adolescenziale di identità
e affetto. Anche la lotta per l’emancipazione che aveva determinato
la mascolinizzazione di Sonia lascia spazio alla consapevolezza di un
legame con la madre, basato su una sofferenza di cui entrambe hanno
fatto esperienza sui loro corpi. La critica al patriarcato si acuisce in
relazione a quelle figure maschili che, per i loro legami familiari, sono
state una presenza più permanente nella vita di Sonia, ossia il padre
e il marito. La storia di uno zio materno che era stato allontanato
dalla famiglia perché considerato malato di mente, e poi dimenticato,
contribuisce ad accentuare la critica della società patriarcale.
Nella ricostruzione della narratrice i ritratti distaccati del padre e
del marito sono posti in parallello in quella che appare un’associazione
mentale e collegati all’ospedalizzazione della madre. In occasione
CAPITOLO TERZO
della sua ultima visita al padre prima della morte, Sonia misura la
distanza tra i loro due mondi. Più preoccupato per i suoi amati cani
che per la figlia – «Si era incantato e fissava davanti a sé gli esseri
amati: Tito, Woolf, Ralf» (p. ) – il padre appare insensibile, ma è
anche un uomo che ha perso il suo potere.
In visita al padre in clinica, e condotta dall’istintivo gesto di lui
di controllarsi la cerniera del pigiama, Sonia immagina il suo pene:
«flaccido e inutile. Anche quando era ragazza [...] aveva immaginato il
sesso del padre [...]. Una cosa morta e brutta che provocava disgusto»
(p. ). Il carattere autoritario del padre, evidente all’epoca della gio-
vinezza di Sonia, è ora ridotto a un’immagine di uomo egoista e senza
potere; il suo pene diviene nell’immaginazione della figlia un oggetto
disgustoso e inutile, critica metonimica del potere autoritario.
Il collegamento tra pene e fallo, criticato da Jane Gallop e Nancy
Miller come inevitabile nella teoria lacaniana, è evidente in questa
scena di Sonia con l’anziano padre malato. Seguendo la critica di
Gallop a Lacan, Miller afferma che, sebbene nella teoria lacaniana
il fallo non sia un concetto che può essere confuso con il pene, la
distinzione tra i due non è chiara. In un articolo autobiografico che
prende in considerazione situazioni simili a quelle di cui fa esperienza
Sonia in Madre e figlia, Miller sostiene che nel prendersi cura di suo
padre, ormai malato terminale, doveva confrontarsi con il suo dete-
rioramento fisico e il suo indebolimento, e fu solo a quel punto che
il collegamento tra pene e fallo, si infranse. Il vuoto lasciato dalla
scomparsa di una figura autoritaria, secondo Miller, potenzialmente
sarebbe stato disponibile alla figlia, che, nel ruolo del fallo, avrebbe
infine potuto assumere una posizione di potere.
In una situazione simile, neanche Sonia assume un ruolo fallico,
piuttosto si distanzia dai valori e dal potere maschili, mettendo in
atto una critica del patriarcato. Le figure del padre e del marito sono
cruciali nel delineare l’antagonismo di Sonia verso valori maschili.
Sebbene i due personaggi siano tutt’altro che simili, sono tuttavia
messi in relazione in un ritratto di un mondo maschile in opposi-
zione a quello di Sonia e di sua madre; due mondi dunque che non
N. MILLER, Getting Personal, New York, Columbia University Press, , p. .
MADRE E FIGLIA: CORPI DI SOFFERENZA E IMMAGINAZIONE
CAPITOLO TERZO
Affiora dalla terra, dal ventre della balena, simile alla calda stanzetta delle
fiabe, l’interno casalingo [...]. Spesso [Daniele] restava a cena ed entrava
sotto il cono del lume, veniva a far parte della famiglia attratto dal cerchio
magico. (pp. -)
MADRE E FIGLIA: CORPI DI SOFFERENZA E IMMAGINAZIONE
CAPITOLO TERZO
MADRE E FIGLIA: CORPI DI SOFFERENZA E IMMAGINAZIONE
madre nella letteratura mondiale con tematica madre-figlia. Tutti gli esempi sono, come lui
suggerisce «– a livello conscio o inconscio – riverberi e riscrittura di Sant’Anna, la madre
“buona” senza ombra di dubbio, altruista, che ogni figlia desidera», Mother Puzzle, New
York, Greenwood Press, , p. , trad. mia.
CAPITOLO TERZO
MADRE E FIGLIA: CORPI DI SOFFERENZA E IMMAGINAZIONE
CAPITOLO TERZO
MADRE E FIGLIA: CORPI DI SOFFERENZA E IMMAGINAZIONE
CAPITOLO TERZO
Caesar afferma che «la fluidità dell’io» che caratterizza molte delle protagoniste
di Sanvitale è anche tipica «della sua relazione con loro come loro autrice», Francesca
Sanvitale, cit., p. . Fanning sottolinea lo stesso senso di identificazione tra autrice e
narratrice: «sembra che Sanvitale cerchi di trovare se stessa attraverso la sua narratrice,
che, a sua volta, cerca di trovare se stessa attraverso sua madre», Mother in the Text, cit.,
p. . Si veda anche P. BLELLOCH, Francesca Sanvitale’s Madre e figlia: from Self-Reflection
to Self-Invention, cit., p. .
A. HALLAMORE CAESAR, Francesca Sanvitale, cit., p. .
F. SANVITALE, Camera ottica, Torino, Einaudi, , p. .
MADRE E FIGLIA: CORPI DI SOFFERENZA E IMMAGINAZIONE
Ivi, p. .
Ibid.
Secondo Sanvitale, diventare un soggetto che scrive narrativa, libero di esprimere
«il proprio mondo poetico» è molto più arduo per le scrittrici che per gli scrittori a causa
della mancanza di una tradizione letteraria femminile e, di conseguenza, della mancanza
di sicurezza nello scrivere.
Anche nel suo romanzo storico Il figlio dell’Impero (), elementi autobiografici
emergono nella seppur distante ricostruzione storica. Su questo argomento si veda il mio
articolo Maschere di autorità e sentimento, «Italica», (), , pp. -.
T. DE LAURETIS, Technologies of Gender, Londra, Macmillan, , p. trad. mia.
F. SANVITALE, Camera ottica, cit., p. .
CAPITOLO TERZO
IV
PASSAGGIO IN OMBRA DI MARIATERESA DI LASCIA:
IL MATERNO COME ESPRESSIONE DI DESIDERIO
E CORPOREITÀ
CAPITOLO QUARTO
alla pena di morte, Di Lascia dedicò la sua intera vita alla lotta per gli
ideali politici e umanitari in cui credeva fermamente.
Passaggio in ombra vinse il Premio Strega nel . Fu acclamato
caso letterario dell’anno, ottene uguale successo di critica e di pub-
blico. La scrittura di Di Lascia venne paragonata dai critici a quella
delle maggiori scrittrici del Novecento, Ortese e Morante. Il ricco
stile letterario del romanzo era distante dall’innovativa e sperimentale
scrittura dei giovani cannibali che apparivano sulla scena letteraria
del tempo. La lingua sofisticata e le trame più tradizionali di Ortese
e Morante offrivano un più ovvio paragone.
È tuttavia l’eco di Menzogna e sortilegio, sia nella trama che nel-
la caratterizzazione, ad apparire più notevole. In anni più recenti,
studiosi hanno lavorato sul paragone tra i due romanzi, e anche al
tempo della sua pubblicazione molte recensioni posero l’accento su
queste somiglianze. Primo fra tutti fu Adriano Sofri, che racconta
di un biglietto scritto da Di Lascia, ricevuto da Sergio D’Elia prima
della pubblicazione del romanzo. In quel biglietto, Di Lascia dichiara
il suo debito di ispirazione a Menzogna e sortilegio.
Come nel romanzo di Morante, il testo di Di Lascia narra la storia
di una giovane donna che, dopo la morte sia di sua madre che della
prozia (che era stata la sua seconda figura materna), sente il bisogno
di evocare la storia della famiglia per lasciare assopire le memorie
ossessive del suo passato familiare. Chiara, la figlia-narratrice dipana la
storia della madre, Anita, un’ostetrica che durante la Seconda Guerra
mondiale si trasferisce in un piccolo villaggio meridionale, che resta
senza nome nel romanzo. Da ostetrica ben rispettata, Anita ha un
ruolo attivo e importante nella vita del villaggio e alleva sua figlia,
PASSAGGIO IN OMBRA: IL MATERNO ESPRESSIONE DI DESIDERIO E CORPOREITÀ
CAPITOLO QUARTO
Il desiderio
Il discorso sul desiderio in Passaggio in ombra trova il suo punto
focale nel personaggio principale, Anita, attorno alla quale si dipana
la storia. Nel romanzo il desiderio e la passione abbracciano l’amo-
re eterosessuale e l’amore tra madre e figlia ed espandono la loro
portata a un’affermazione di ardente gusto per la vita. Anita afferma
PASSAGGIO IN OMBRA: IL MATERNO ESPRESSIONE DI DESIDERIO E CORPOREITÀ
Anita rende chiaro che può essere lei a tessere le fila della sua
vita, persino se la natura del suo desiderio non è ancora decifrata.
La volontà di seguire i suoi istinti interiori prevale sia sull’incertezza
dell’ignoto che sulla novità di rompere con la mentalità tradizionale
del suo paese. L’analisi della sua posizione conduce alla considerazione
del concetto di desiderio.
Nella mia discussione sul desiderio faccio riferimento all’inter-
pretazione di Doreen D’Cruz del desiderio femminile espresso da
Irigaray. Nella sua analisi teorica del desiderio femminile, D’Cruz
considera il concetto di luogo e di limite elaborato da Irigaray sulla
base del concetto aristotelico di luogo. Tale discussione è rilevante per
le donne perché sono state sempre considerate il luogo di qualcun’al-
tro, marito o figli, perciò Irigaray prova una diversa configurazione di
questo concetto. Seguendo Aristotele, Irigaray sostiene che il luogo
implica movimento perché dà origine a un movimento delle cose verso
di esso. Il materno rappresenta il luogo del maschile, ma il maschile
non può fornire lo stesso per la donna; come conseguenza nasce la
necessità per la donna di cercare luoghi «dove li può trovare, forse
CAPITOLO QUARTO
PASSAGGIO IN OMBRA: IL MATERNO ESPRESSIONE DI DESIDERIO E CORPOREITÀ
CAPITOLO QUARTO
PASSAGGIO IN OMBRA: IL MATERNO ESPRESSIONE DI DESIDERIO E CORPOREITÀ
CAPITOLO QUARTO
PASSAGGIO IN OMBRA: IL MATERNO ESPRESSIONE DI DESIDERIO E CORPOREITÀ
Chiara
Come Elisa, Chiara inizia la narrazione della storia familiare dopo
la morte della figura materna, la prozia Peppina, con cui aveva vissuto
sin dalla perdita della sua amata madre. Sola nella sua casa, Chiara,
come Elisa, si sente circondata dai fantasmi.
Tuttavia, diversamente da Menzogna e sortilegio, questi non le
dettano la storia. Invece di percepire se stessa come una scrivana che
presta la sua voce ai parenti deceduti, Chiara ritrae se stessa in comu-
nione con tali spiriti, come se fosse un elemento dell’ambiente naturale
che circonda i suoi cari: «Io divento un fiore, un albero, un filo d’erba;
o forse sono solo la nuda terra che hanno calpestato o l’acqua sorgiva
che hanno bevuto» (p. ).
Chiara appare quasi in osmosi con i suoi cari defunti e il loro
ambiente. Invece del tentativo della rispettosa Elisa di entrare nel
Simbolico attraverso l’aiuto dell’immagine patriarcale dei fantasmi
familiari, qui viene presentata una figlia-narratrice che diviene un
tutt’uno con la natura, per poter offrire una forma alternativa di
ricostruzione del passato.
Nelle parole di Chiara, il suo è un «canto di sirena senza coda» (p. ).
La parola “canto” sembra evocare la scelta di un mezzo di comuni-
cazione diverso, di fluidità impalpabile, in opposizione alla scrittura
terapeutica ricercata da Elisa. L’immagine della sirena offre un paral-
lelismo con le immagini di acque sotterranee di Menzogna e sortilegio,
ma le metafore rivestono opposto significato e manifestano diverse
intenzioni. La spaventosa evocazione della Medusa mitologica, anche
simbolo dei personali sentimenti di rifiuto di Elisa, viene tramutata
nella rappresentazione di un essere che non solo è in grado di incan-
tare, ma che anche si pone al limite del mondo animale e umano.
CAPITOLO QUARTO
PASSAGGIO IN OMBRA: IL MATERNO ESPRESSIONE DI DESIDERIO E CORPOREITÀ
CAPITOLO QUARTO
PASSAGGIO IN OMBRA: IL MATERNO ESPRESSIONE DI DESIDERIO E CORPOREITÀ
Tale senso di inevitabile separazione tra madre e figlio si ripete nel racconto
Veglia, in cui la psicologia e la personalità del figlio diventano sconosciuti alla madre.
CAPITOLO QUARTO
A. GIORGIO, The Passion for the Mother: Conflicts and Idealisations in Contemporary
Italian Narrative by Women, in Writing Mothers and Daughters, cit., p. trad. mia.
PASSAGGIO IN OMBRA: IL MATERNO ESPRESSIONE DI DESIDERIO E CORPOREITÀ
CAPITOLO QUARTO
PASSAGGIO IN OMBRA: IL MATERNO ESPRESSIONE DI DESIDERIO E CORPOREITÀ
CAPITOLO QUARTO
Corpo e conoscenza
La distinzione tra mente e corpo è profondamente radicata nella
storia della filosofia e ha rappresentato un punto di ampia discussione
e analisi all’interno del femminismo. Partendo da Simone de Beau-
voir e il femminismo francese, per andare ai teorici del femminismo
corporeo il cui lavoro si è sviluppato soprattutto negli anni Novanta,
fino al femminismo italiano, e in particolare agli studi di Adriana
Cavarero, il rifiuto della divisione mente-corpo è stato un elemento
centrale della critica al patriarcato.
Tutta la critica della divisione mente-corpo sviluppatasi all’inter-
no del femminismo degli ultimi decenni ha dovuto confrontarsi con
la determinante opera di Simone de Beauvoir. In Il secondo sesso,
attingendo all’esistenzialismo di Sartre, de Beauvoir enfatizza le li-
mitazioni e le costrizioni che il corpo femminile impone alle donne,
e alla loro percezione (e degli altri) del ruolo sociale delle donne.
Se, da un lato, questa posizione intende mettere in evidenza la condi-
zione di ineguaglianza delle donne nella società, dall’altro, inevitabil-
mente accenna a una dimensione disincarnata del corpo femminile.
PASSAGGIO IN OMBRA: IL MATERNO ESPRESSIONE DI DESIDERIO E CORPOREITÀ
J. BUTLER, Scambi di genere. Identità, sesso e desiderio, Milano, Sansoni, , p. .
M. GATENS, Imaginary Bodies, Londra, Routledge, , p. trad. mia.
N. SCHOR, This Essentialism which is not One, in Engaging with Irigaray, cit.,
p. trad. mia.
CAPITOLO QUARTO
I corpi malati e la follia sono visti come forme per sfuggire dalla
«sadica struttura normativa», dallo schema della logica che ci inghiotte
tutti. La malattia e i corpi malati sono dunque un mezzo privilegiato
per percepire nuove dimensioni: «le meraviglie e gli orrori di altri
mondi lontani». Danno accesso a una più profonda e più acuta for-
ma di sensibilità da cui i corpi sani, in forma, e troppo sicuri di sé
sono esclusi. A questo punto può essere chiarita la posizione della
narratrice, che aveva iniziato il racconto affermando di essere quasi in
simbiosi con l’erba e con gli alberi che circondano i suoi cari fantasmi
familiari. Questa forma di identificazione con il mondo naturale indica
un bisogno di essere distaccati dagli schemi e dalle rigide forme di
narrazione per trovare un più sottile mezzo di comprensione.
L’enfasi sui corpi malati suggerisce un ulteriore paragone con
Menzogna e sortilegio, e con il concetto di bellezza di cui ha fatto
esperienza Chiara come riflesso del punto di vista paterno. Mentre
Elisa è un’entusiastica ammiratrice della bellezza fisica, e sia Anna
che Edoardo sono dotati di questa qualità all’estremo, Chiara diviene
cosciente del valore della bellezza solo attraverso la presenza maschi-
le, ma da adulta arriva a disprezzarla. Mentre per Elisa la bellezza
dota i suoi personaggi preferiti di una qualità speciale che li rende
irragiungibili e lontani in qualche mondo inaccessibile, per Chiara,
l’orgoglio e la bellezza di un corpo sano appartengono a questo mondo
e prevengono la comprensione degli altri esseri umani.
PASSAGGIO IN OMBRA: IL MATERNO ESPRESSIONE DI DESIDERIO E CORPOREITÀ
CAPITOLO QUARTO
, p. .
PASSAGGIO IN OMBRA: IL MATERNO ESPRESSIONE DI DESIDERIO E CORPOREITÀ
No! Questo silenzio favoloso non è della stessa specie rocciosa dei sotterra-
nei che ho già attraversato! [...]. Questo silenzio [...] attraversa la sconfinata
regione della salvezza. Se chiudo gli occhi ne intravedo i santuari imponenti,
dove si celebrano – fra ricchezze tanto meravigliose da parere irreali – i riti
incantati della MEMORIA e del FUTURO.
Eccoli! Avanzano scambiandosi gli identici volti, coi corpi intrecciati in una
danza sincronica: entrambi sono giovani, entrambi sono vecchi e quando l’uno
è giovane, l’altra veste il suo volto vecchio; e quando l’altro è vecchio, quella
prende il suo volto giovane. (p. )
CAPITOLO QUARTO
V
L’AMORE MOLESTO DI ELENA FERRANTE:
LA RINEGOZIAZIONE DEL CORPO DELLA MADRE
CAPITOLO QUINTO
una donna sui trent’anni che aveva vissuto non lontano da Avellino e,
più tardi, dopo il matrimonio, si era trasferita in Grecia. La biografia
suggerita dal quotidiano rivela molte similitudini con quella della
protagonista di L’amore molesto, e l’autrice stessa, commentando la
sua scrittura non nasconde che il suo primo romanzo presenta ele-
menti autobiografici.
L’amore molesto è stato definito da Gianni Turchetta su «L’Unità»
come un thriller che diventa romanzo di formazione. La storia, nar-
rata in prima persona dalla figlia Delia, si apre con l’annuncio della
morte della madre, Amalia, annegata in un tratto di mare a nord di
Napoli, il giorno del compleanno della figlia. Le strane circostanze
di questa morte, assieme ai costosi indumenti intimi di cui era vestito
il cadavere, e inusuali per Amalia, spingono la figlia a cercare una
soluzione al mistero.
Il funerale della madre porta Delia, che lavora come vignettista a
Roma, di nuovo a Napoli, la città natale da cui però si era progressiva-
mente distaccata, persino rifiutando di parlarne il dialetto. Nella sua
ricerca della verità, Delia torna in contatto non solo con i suoi parenti,
ma, lentamente e in modo più significativo, con i ricordi della sua infan-
zia. Tra i personaggi di quel periodo della sua vita, quello che sembra
avere più rilevanza per la prematura scomparsa di Amalia, è Caserta.
Negli anni Cinquanta, nel precario periodo post-bellico, nel ten-
tativo di racimolare soldi, Caserta aveva collaborato con il padre di
Delia per creare un mercato di quadri di bassa qualità, prodotti da
quest’ultimo. Caserta, dalla fama di donnaiolo, mostrò attenzioni
verso l’attraente Amalia, con fiori e doni anonimi. Sebbene la donna
fosse sempre stata dolorosamente consapevole della gelosia eccessiva
del marito, che l’aveva spesso picchiata durante le sue improvvise
sfuriate, non rifiutò mai i regali di Caserta e, con la sua caratteristica
joie de vivre, ne era compiaciuta. Delia scopre che nell’ultimo anno
di vita della madre, Caserta e Amalia avevano iniziato a vedersi, co-
struendo una tenera amicizia di cui non avevano avuto esperienza.
La notte dell’annegamento di Amalia, Caserta era con lei.
M.T. LEMME, Vite parallele di Elena e Elena, «Il Mattino», agosto .
G. TURCHETTA, Un piccolo inferno e un amore molesto, «L’Unità», giugno .
L’AMORE MOLESTO: LA RINEGOZIAZIONE DEL CORPO DELLA MADRE
CAPITOLO QUINTO
M.V. VITTORI, Fantastiche avventure e nuove autrici, «Noi donne», marzo ,
p. .
E. FERRANTE, La frantumaglia, Roma, e/o, , p. .
L’AMORE MOLESTO: LA RINEGOZIAZIONE DEL CORPO DELLA MADRE
che per L’amore molesto è debitrice delle teorie sul legame madre e figlia.
Tuttavia, ha anche dichiarato che, per lei, la capacità di creare storie,
indipendenti da ogni struttura teorica, è vitale in un’opera letteraria.
Nonostante la possibile influenza delle sue letture psicoanalitiche sulla
sua scrittura, Ferrante non è semplicemente interessata a convalidare le
teorie. Lo scopo di questo capitolo è, in particolare, quello di analizzare
il modo in cui la riconquistata capacità della figlia di raccontare la storia
del suo passato è basata su elementi che mettono in luce la dimensione
corporea e la riscoperta vicinanza alla madre.
CAPITOLO QUINTO
differenza fisica. Come nella maggior parte dei romanzi analizzati qui, la
figlia-narratrice rivela un senso di ammirazione e a volte di inadeguatezza
per la splendida e sensuale bellezza della madre. Amalia attrae facilmente
l’attenzione degli uomini sia per il suo aspetto che per il suo gioioso
modo di essere. In contrasto con questa immagine piacevole di Ama-
lia, la figlia quarantacinquenne è «scarna, aguzza, con zigomi marcati»
(p. ). Diversamente da sua madre, il taglio di capelli di Delia è molto
corto per non attrarre l’attenzione sul loro nero intenso, identico al colore
di capelli della madre. Delia descrive se stessa «forte, asciutta, veloce e
decisa» (p. ), e questa è l’impressione che dà al funerale della madre.
Diversamente dalle sue sorelle che esprimono pubblicamente ed
eccesivamente il loro dolore, Delia è composta nelle sue emozioni e
mostra di saper controllare razionalmente il suo cordoglio (p. ).
Decide di portare a spalla la bara, unica donna in un compito nor-
malmente eseguito da uomini. Delia sembra essere motivata da un
senso del dovere nel portare a termine il funerale della madre, e dal
desiderio di non destabilizzare la sua vita. Il suo lato emotivo è silente
e il funerale viene percepito come un puro evento fattuale: la bara è un
oggetto che, per il suo peso, potrebbe schiacciare il suo corpo, e il suo
distacco dall’evento luttuoso – «Sentivo l’urgenza di sbarazzarmene»
(p. ) – fa eco al suo desiderio di separazione dalla madre.
La rigida armatura psicologica di razionalità pragmatica di De-
lia viene brutalmente destabilizzata da un’improvvisa e abbondante
mestruazione che appare, significativamente, al momento in cui lei
trasporta il corpo della madre. Questo evento è carico di simbolismo;
il cadavere della madre sembra avere un effetto fisico sul corpo della
figlia. Le mestruazioni funzionano in questo senso come simbolo
del legame con la madre dalla quale Delia ha cercato razionalmente
di distaccarsi, ma che nonostante ciò erompe. Altri elementi nella
storia sottolineano il modo in cui le reazioni corporee perturbano
l’io razionale della figlia.
La lotta di Delia tra il suo rifiuto di tutto quello che è connesso
alla madre e l’emergere di emozioni e ricordi è ben dipinto nella prima
sezione del suo ritorno all’appartamento della madre. Lo stupore alla
scoperta di un lato sconosciuto dell’identità di sua madre è ingigantito
quando Delia inizia a frugare nella valigia piena di nuovi e costosi abiti
L’AMORE MOLESTO: LA RINEGOZIAZIONE DEL CORPO DELLA MADRE
che Amalia aveva portato con sé la notte della sua scomparsa e che
Caserta aveva poi consegnato alla porta di Delia. Delia non riesce a
recuperare nulla che le ricordi l’immagine di sua madre; tutto quello
che trova è una vecchia foto di lei e le sue sorelle con il padre, che
scopre nella borsetta di Amalia.
L’immagine della famiglia è ingiallita e di un’altra epoca, descritta
come «attraversate da crepe come in certe pale d’altare le figure dei
demoni alati che i fedeli hanno graffiato con oggetti appuntiti» (p. ).
In questo momento di confusione sull’identità di sua madre, l’unico
legame col passato comune viene distorto attraverso un paragone con i
demoni («demoni alati»). Questa similitudine suggerisce un contrasto
tra la presunta vita misteriosa di Amalia e la famiglia posizionata come
in ritratti demoniaci di arte religiosa. La dimensione sacra evocata
dall’immaginario cattolico della famiglia, e l’immagine demoniaca
che la sovverte, effettivamente esprimono la paura della figlia per il
presunto rifiuto della famiglia da parte della madre.
Proprio come l’improvvisa mestruazione segnava una reazione
incontrollabile al momento del desiderio di una razionalità compo-
sta, così un malessere che Delia non riesce a controllare segue la
percezione del sentirsi rimossa dalla vita di sua madre, sentimento
che nasce dalla foto. L’interazione tra il suo io sobrio e contenuto e il
suo corpo è espresso da Delia quando riflette sulla paura del potere
distruttivo del suo corpo, un’ansia che la terrorizzava da bambina e
che da adulta cerca di controllare (p. ). La scena successiva di Delia
che inaspettatamente si trucca può essere letta come un tentativo
istintivo di esercitare controllo sul dolore che la sta disorientando,
e sta dando supremazia al corpo. È un tentativo di imporre una
certa immagine dell’io su cui la protagonista ha perso il controllo.
L’affermazione «Non ti assomiglio» (p. ) che Delia pronuncia con
fermezza, guardandosi allo specchio per negare ogni sua somiglianza
con la madre, non sembra perciò tanto un’affermazione quanto una
riconferma del suo auto-imposto distacco dalla madre, in un momento
in cui la sua costruita differenza da lei è divenuta fragile.
CAPITOLO QUINTO
L’AMORE MOLESTO: LA RINEGOZIAZIONE DEL CORPO DELLA MADRE
CAPITOLO QUINTO
L’AMORE MOLESTO: LA RINEGOZIAZIONE DEL CORPO DELLA MADRE
«Non ero alcun io». La figlia adulta che si volta a guardare il suo
meticoloso sforzo di distanziarsi dagli atteggiamenti e dalle abitudini
di sua madre, come pure dalla sua città e dalla sua lingua, rimpiange
un legame che mostra una distintiva dimensione corporea, un legame
intricato, radicato nel corpo: «mi ero staccata da mia madre soltanto
perché non ero riuscita mai ad attaccarmi a lei definitivamente».
Il rifiuto della madre, inteso come rifiuto del suo corpo – «fuga ob-
bligata da un corpo di donna» – che è una fase inevitabile della teoria
freudiana dello sviluppo infantile, ha generato un soggetto senza io.
Con il ripetuto riferimento al corpo materno, la narratrice enfatizza
un attaccamento che non può essere definito in termini di attributi
acquisiti, fisici o psicologici, ma che viene sentito necessario dalla
figlia. Il legame rimpianto da Delia è un legame corporeo che supera
le differenze tra madre e figlia o, piuttosto, un legame che esiste
assieme alle differenze e non è escluso da esse.
In questo brano l’auto-critica della figlia-narratrice sembra riassu-
mere ed esemplificare la critica del Simbolico patriarcale, e la necessità
di un sistema diverso di conoscenza che permetta la rivalutazione della
madre e una relazione positiva tra madre e figlia in quanto soggetti
femminili, come auspicato da Irigaray. La prospettiva offerta da Fer-
rante è solo quella filiale; diventare consapevole della sua esclusiva
e intricata relazione con il corpo della madre è la preoccupazione
principale della figlia. In questo senso, il legame figlia-madre al centro
della storia di Delia è la fonte della soggettività della figlia e non è
parte di una discussione sulla maternità.
La figlia ricostruisce un passato che aveva represso e che la arric-
chirà di un diverso senso di identità. Questo avviene grazie a eventi
imprevedibili, associazioni mentali inaspettate, e l’evocativa forza di-
rompente della città natale di Delia. Nel suo atteggiamento distante,
razionale e quasi sdegnoso, Delia si avvicinerà a un legame corporeo
con sua madre che rivaluterà le sofferenze passate di quest’ultima e
perciò stabilirà diversi criteri e valori per la figlia. La ricostruzione
del passato di Delia renderà questo cambiamento visibile, grazie alla
decisione di Ferrante di attribuire una connotazione corporea a ele-
menti vitali nella narrazione, come ad esempio i luoghi e gli abiti.
CAPITOLO QUINTO
L’AMORE MOLESTO: LA RINEGOZIAZIONE DEL CORPO DELLA MADRE
Per una più completa discussione sulla rilevanza della città di Napoli nella costru-
zione della soggettività nei romanzi di Ferrante, faccio riferimento al mio Construction and
Self-Construction in Elena Ferrante’s Gendered Space, in Beyond the Square: Private and Public
Space in Modern Italian Culture, a cura di S. Storchi, Bruxelles, Peter Lang, , pp. -.
CAPITOLO QUINTO
I maschi, nella ressa, si servivano delle femmine per giocare in silenzio tra sé e
sé. Uno fissava una ragazza bruna con gli occhi ironici per vedere se abbassava
lo sguardo. Uno pescava un po’ di pizzo tra un bottone e l’altro di una camicetta
o arpionava con lo sguardo una bretella. Altri ingannavano il tempo a spiare
dal finestrino nelle auto per cogliere porzioni di gambe scoperte, il gioco dei
muscoli mentre i piedi premevano freno o frizione, un gesto distratto per
grattarsi l’interno della coscia. Un uomo piccolo e magro, pressato da quelli
che aveva alle spalle, cercava contatti brevi con le mie ginocchia e a tratti mi
respirava tra i capelli. (p. )
L’AMORE MOLESTO: LA RINEGOZIAZIONE DEL CORPO DELLA MADRE
CAPITOLO QUINTO
L’AMORE MOLESTO: LA RINEGOZIAZIONE DEL CORPO DELLA MADRE
A. ROLLO, Un indecente vestito rosso, «Linea d’ombra», , , pp. -: .
L. IRIGARAY, This Sex which is not One, cit., p. .
A. COLASANTI, Elena Ferrante esordisce dimostrando la complessità di una narrativa
CAPITOLO QUINTO
L’immagine dei vestiti in L’amore molesto fu influenzata dal libro di Alba De Ce-
spedes Dalla parte di lei, romanzo che ha ispirato Ferrante nella narrazione dell’amore
della figlia per la madre. Inoltre, come la stessa autrice rivela, lei stessa era affascinata dalla
capacità della propria madre di creare abiti (La frantumaglia, cit. pp. -).
L’AMORE MOLESTO: LA RINEGOZIAZIONE DEL CORPO DELLA MADRE
CAPITOLO QUINTO
per il recuperato legame della figlia con la madre, e stabilisce una con-
clusione circolare alla ricerca della figlia. All’inizio del romanzo Delia
aveva scoperto che la foto della madre sulla carta di identità era stata
manipolata; la caratteristica capigliatura di Amalia era stata alterata
per rendere l’immagine simile a quella di Delia. Con un’operazione
diametralmente opposta, sulla spiaggia, Delia inizia a disegnare la
capigliatura della madre sulla propria carta di identità.
Le frasi conclusive del romanzo – «Amalia c’era stata. Io ero
Amalia» – riassumono il ricollegamento della figlia con la madre e il
messaggio dell’autrice di una genealogia tra madri e figlie. In La fran-
tumaglia Ferrante commenta la frase finale del romanzo:
Amalia non è mai altro da ciò che è Delia e solo perciò alla fine Delia può
affermare come una meta, come il punto alto della propria espansione vitale,
l’esito positivo di tutto il suo percorso: Amalia c’era stata, io ero Amalia. Volevo
che il passato non fosse superato, ma riscattato proprio in quanto deposito di
sofferenze, modi rifiutati d’essere.
L’AMORE MOLESTO: LA RINEGOZIAZIONE DEL CORPO DELLA MADRE
CAPITOLO QUINTO
L’AMORE MOLESTO: LA RINEGOZIAZIONE DEL CORPO DELLA MADRE
CAPITOLO QUINTO
VI
BENZINA DI ELENA STANCANELLI:
IL RAPPORTO SURREALE TRA MADRE E FIGLIA
E NUOVE POSSIBILITÀ*
* La prima stesura del capitolo è stata tradotta da Erika Padovan (Monash Uni-
versity) che ringrazio caldamente.
Il termine pulp ha origine nella narrativa popolare americana degli anni Venti
e Trenta e divenne conosciuto al pubblico grazie al successo internazionale del film di
Quentin Tarantino Pulp fiction (). La narrativa pulp del secondo e terzo decennio
del Ventesimo secolo prese il suo nome dal materiale di qualità scadente usato per la
loro stampa; questo permise la produzione di pubblicazioni a basso costo mirate a lettori
della classe operaia. Gialli hard-boiled e linguaggio volgare caratterizzavano questo tipo
di narrativa. Alla fine del secolo il termine pulp invoca ancora trame violente dove, come
Tarantino ha spiegato bene, la violenza assume proporzioni comiche e diviene talmente
eccessiva da apparire irreale.
S. LUCAMANTE, Italian Pulp Fiction, Madison Teaneck (NJ), Fairleigh Dickinson
University Press, , p. .
M. SINIBALDI, Pulp: la letteratura nell’era della simultaneità, Roma, Donzelli, ,
p. .
CAPITOLO SESTO
Ivi, p. .
C. VALLETTI, Elena Stancanelli Benzina, «L’indice», XV, settembre , p.
BENZINA: IL RAPPORTO SURREALE TRA MADRE E FIGLIA
CAPITOLO SESTO
Benzina
Benzina è stato tradotto in francese, tedesco e spagnolo; una ver-
sione cinematografica è uscita nel , e una pièce teatrale ne è stata
liberamente ispirata nel . È la storia di due giovani donne, Lenni
e Stella, e dei loro tentativi goffi e comici di nascondere il corpo della
madre di Lenni, uccisa da Stella in un improvviso eccesso di violenza.
BENZINA: IL RAPPORTO SURREALE TRA MADRE E FIGLIA
CAPITOLO SESTO
della madre è con loro e le sostiene. Nella scena finale i tre spiriti,
assieme, ridono mentre la polizia, sconcertata, osserva il distributore
andare in fiamme.
La storia è narrata a tre voci: quella di Stella, di Lenni, e dello
spirito della madre. Grazie a questi molteplici punti di vista abbiamo
una visione più completa dei personaggi e delle loro personalità, una
comprensione più profonda dei sentimenti reciproci tra le tre donne,
e possiamo osservare l’insieme delle incomprensioni tra madre e figlia,
e di conseguenza, la loro mancanza di comunicazione.
Stancanelli introduce il romanzo con i versi di uno spettacolo tea-
trale di Mariangela Gualtieri, attrice e drammaturga teatrale che nelle
sue opere ha spesso enfatizzato l’inadeguatezza delle parole. L’epigrafe
mostra l’impossibilità di acquisire la conoscenza della complessità del
nostro essere, e l’incapacità di esprimerlo a parole:
Io non sono mai tutta, mai tutta,
io appartengo all’essere e non lo so dire,
non lo so dire, io appartengo e non lo so dire, non lo so dire
io appartengo all’essere, all’essere e non lo so dire.
BENZINA: IL RAPPORTO SURREALE TRA MADRE E FIGLIA
percepita dalla madre come una delusione delle sue aspettative: «Eri
così diversa da come mi aspettavo» (p. ). Eppure questa apparente
mancanza di somiglianza non aveva precluso l’attenzione della madre
verso la bambina nei primi anni di vita. Anzi, la piccola soddisfaceva
un’esigenza importante nella scala dei valori di Giovanna: Lenni ri-
entrava nell’ideale di bellezza convenzionale; aveva bei capelli ed era
«carina» (p. ). Durante l’adolescenza quando Lenni inizia a deci-
dere sul suo aspetto fisico, andando contro quei canoni di bellezza e
comportamento ai quali Giovanna teneva tanto, i problemi tra madre
e figlia affiorano e il loro rapporto inizia ad infrangersi.
Da ragazzina, Lenni sistemava i suoi bei capelli in un’unica treccia
che sua madre non sopportava. Il sovrappeso cominciava a causarle
dei problemi a tal punto che non partecipava più alla vita sociale a
scuola (p. ). L’immagine di sé che sentiva riflessa da sua madre non
faceva che aumentare il rifiuto del suo corpo. Infatti, come rivela
Stella, Lenni si sentiva esaminata dalla madre: «la osservavi come una
bistecca dal macellaio, per verificarne il peso» (p. ).
La stessa madre rimane sorpresa nel venire a conoscenza dell’in-
tensa infelicità della figlia (p. ). Infatti, nessuno dei tre personaggi
narra di una reale pressione, esplicita o verbale, da parte della madre
verso la figlia riguardo al suo aspetto. Piuttosto, la percezione di un
giudizio negativo materno pare creata da Lenni per paura di deludere
le aspettative della madre. Anche se Giovanna non critica apertamente
la figlia, rappresenta il modello borghese di un canone di bellezza
ideale che rimane l’unico punto di confronto per l’adolescente Lenni.
La mancanza di comunicazione tra madre e figlia si sviluppa dunque,
in un ambiente influenzato da uno standard di bellezza convenzionale
del corpo femminile.
Il corpo della madre, descritto in varie occasioni da tutte e tre le
narratrici, è sempre raffigurato come snello, attraente, appartenente a
una donna dall’aspetto giovanile che si preoccupa della sua apparenza.
Questa apprensione è fonte di commenti in chiave comica quando,
subito dopo l’omicidio, lo spirito della madre si interroga sulla presen-
tabilità del suo cadavere e si preoccupa per la scelta dello smalto: «se
avessi saputo che era per sempre, forse avrei evitato lo smalto rosso
rubino sulle unghie dei piedi» (p. ). Anche il commento di Lenni
CAPITOLO SESTO
sul fatto che se sua madre avesse saputo che il suo cadavere nudo
sarebbe stato visibile a tutti, avrebbe fatto la ceretta all’inguine con
più cura (p. ), ci aiuta a ricostruire l’immagine della preoccupazione
estetica ossessiva della madre.
L’apprensione di Giovanna per il suo aspetto esteriore, dallo
smalto alle scarpe – «Fino all’ultimo sono stata indecisa se indossare
le Chanel marrone chiaro, più intonate al vestito. Chanel [...]. Non
sarò mai morta abbastanza per dimenticarle» (p. ) – e la soddisfa-
zione che prova riguardo al suo corpo – «Sono ancora giovane, ho
una bella pelle liscia» (p. ) – la identificano come una donna che
si trova a proprio agio in una cultura dominata da canoni di bellezza
convenzionali.
Quanto la madre pare a suo agio con la propria immagine che
riflette l’ideale dominante di bellezza, tanto la figlia si trova a disagio
con la propria immagine proiettata su di lei da sua madre. Secondo
l’interpretazione lacaniana sull’importanza dell’immagine riflessa nello
stadio dello specchio, la percezione di Lenni del proprio corpo grassoc-
cio si può dire sia in relazione all’immagine che riceve da sua madre;
inoltre, l’immagine della madre diviene il riflesso del mondo borghe-
se, limitato da un’estetica predeterminata. Per entrambe le donne, la
possibilità di divenire soggetti dipende dall’immagine imposta a loro
da altri. Sia madre che figlia, ognuna con le proprie ossessioni, sono
vittime dell’immagine di un concetto patriarcale di bellezza.
Al contrario, dal punto di vista di Stella, che rimane distaccata da
queste prescrizioni borghesi, la rotondità di Lenni e la morbidezza
delle sue forme fanno parte del suo distintivo fascino, e non sono ele-
menti che vengono meno a un ideale canone estetico. Infatti quando
Stella tenta di cambiare le idiosincrasie di Lenni, lo fa per aiutarla a
migliorare tratti di personalità, come la sua ansia, che la rendono in-
felice (p. ), e non per plasmarla entro particolari schemi estetici.
La madre di Lenni, invece, trova ripugnante la sudorazione ec-
cessiva della figlia, il suo camminare pesante e sgraziato (p. ), e
la sua tendenza a vomitare in momenti di ansia. Ai suoi occhi, tutti
questi tratti sono un’incresciosa mancanza di eleganza e rappresen-
tano un’inettitudine a un comportamento misurato e contenuto. An-
che la scelta di Lenni di trasferirsi a Roma è criticata da sua madre.
BENZINA: IL RAPPORTO SURREALE TRA MADRE E FIGLIA
CAPITOLO SESTO
BENZINA: IL RAPPORTO SURREALE TRA MADRE E FIGLIA
L. IRIGARAY, And the One Doesn’t Stir Without the Other, cit., p. .
CAPITOLO SESTO
BENZINA: IL RAPPORTO SURREALE TRA MADRE E FIGLIA
vanna, che del rapporto tra madre e figlia, come pure del rapporto tra
Giovanna e Stella. Simbolizza il passaggio a un rapporto più paritario,
dove la madre può lasciare da parte il ruolo materno per riscoprire la
sua identità di donna, e dove le donne possono rapportarsi l’una con
l’altra come donne, senza essere ristrette da pressioni sociali. Come
ha commentato Loredana Lipperini, l’amore tra donne – materno,
filiale, o romantico – emerge nel romanzo come la forma d’amore più
intensa e coinvolgente.
In Benzina il rapporto tra Lenni e Stella diventa il modello sul
quale la madre riesce a riarticolare il senso del proprio io e il suo rap-
porto con la figlia. È nel suo coinvolgimento nella vita delle ragazze,
nell’episodio del tentato stupro, e nella contentezza del ballo con la
figlia, che lo spirito della madre trasmette l’idea di un rapporto tra
donne come base dell’evoluzione appagante del soggetto. Attraverso
la figura della madre si mostra l’opportunità di ri-articolare la con-
sapevolezza della soggettività femminile al di fuori del binarismo dei
sessi, fuori dall’«economia del medesimo». Come sostiene Irigaray,
il passaggio a un rapporto stretto tra donne (come tra Stella, Lenni,
e sua madre) è il fattore determinante per re-immaginare il soggetto
donna al di fuori del patriarcato.
Il processo di trasformazione e le fantasie sull’evoluzione di
un’identità diversa hanno luogo al distributore di benzina. Il distri-
butore di benzina è stato letto come un’isola dove Lenni e Stella si
possono amare, e alla fine del romanzo diventa un’oasi di pace e
tranquillità, il sogno utopico di una terra dove le donne possono
vivere insieme, al di fuori dei dettami patriarcali. In questo contesto,
lo spazio assume significato per la nuova figura materna: «Non ce l’ho
mai avuto io un rettangolino di pavimento mio [...] un centimetro di
muro dove appoggiare le spalle e chiudere gli occhi» (p. ).
Elena Stancanelli, «Il Manifesto», inserto “La Talpa libri”, maggio .
CAPITOLO SESTO
E. GROSZ, The Hetero and the homo: The sexual ethics of Luce Irigaray, in Engaging
BENZINA: IL RAPPORTO SURREALE TRA MADRE E FIGLIA
CAPITOLO SESTO
BENZINA: IL RAPPORTO SURREALE TRA MADRE E FIGLIA
CAPITOLO SESTO
BENZINA: IL RAPPORTO SURREALE TRA MADRE E FIGLIA
le attività che facevano parte della sua vita. Il tema dei gattini ciechi
funge da metafora dell’incapacità di assumersi responsabilità e com-
prendere la natura dei propri desideri e inclinazioni. È un segno del
senso di vacuità che pervade la vita di Lenni nella casa di famiglia,
prima di conoscere Stella. Non avendo controllo sulla sua vita, la
riempie di attività e gesti ai quali non riesce ad attribuire alcun valo-
re. Gli attacchi di vomito, ai quali è intensamente soggetta, possono
essere interpretati in questo senso come «un gesto vuoto», come ha
affermato apertamente l’autrice.
A differenza di Elisa, intrappolata nella sua camera in Menzogna
e sortilegio, Lenni, grazie all’amore per Stella, trova il coraggio di
lasciarsi alle spalle la camera della casa di famiglia e il suo passato
infelice e insoddisfacente, simbolizzato dai gattini ciechi. A contra-
stare la madre borghese e attraente che osserva il corpo grassoccio
della figlia «come una bistecca dal macellaio» (p. ), nell’ambito del
distributore di benzina vi è una rappresentazione opposta dell’atto del
guardare. Qui diviene un modo istintivo e alternativo di comunicare
tra i personaggi femminili.
La madre di Lenni mostra l’abilità di capire la figlia con un sempli-
ce sguardo, svelando una capacità che sembrava assente nell’ambiente
familiare. Ammette che quando era in vita non le interessava ascoltare
o capire gli altri (p. ). Eppure al distributore di benzina, appena
prima di morire, con un solo sguardo aveva notato che Lenni era
felice. Istintivamente la madre aveva capito che sarebbe stato meglio
andarsene e lasciare Lenni nella sua nuova, trovata felicità. Questa
percezione, recepita al primo sguardo, è dettata dal cuore – «il mio
cuore mi implorava, vai» (p. ) – come se l’abilità di comprensione
fosse legata ai sentimenti e alle emozioni invece che alla razionalità e al
senno. La madre di Lenni, però, abituata com’è a rimanere distaccata
dalle proprie emozioni, «ancora una volta» (p. ) non le ascolta.
In contrasto, un esempio di comprensione istintiva e reciproca
attraverso lo sguardo corrisposto tra madre e figlia viene immaginato
da Stella. Fantasticando sulla propria madre, Stella immagina una
forma di comunicazione intuitiva tra di loro mentre si scambiano uno
CAPITOLO SESTO
BENZINA: IL RAPPORTO SURREALE TRA MADRE E FIGLIA
CAPITOLO SESTO
CONCLUSIONI
CONCLUSIONI
CONCLUSIONI
CONCLUSIONI
una tipica struttura freudiana, rifiuta la madre per il padre (il quale
è anche il veicolo della sua prima idea di matrimonio) e poi sposta
l’attenzione al suo amato.
Anna è incapace di stabilire una relazione valida e realizzabile
con la figlia, proprio come era avvenuto con la madre Cesira. Men-
tre Anna acquisisce un senso di identità attraverso l’immagine di se
stessa che la società patriarcale riflette su di lei, Elisa, al contrario,
ha difficoltà ad asserire qualsiasi immagine di se stessa. Le scene che
ritraggono Anna ed Elisa allo specchio enfatizzano questa differenza.
Anna è compiaciuta della propria bellezza, riflessa a lei da suo marito,
nell’atteggiamento di sostenere lo specchio. Al contrario, l’adulta
Elisa, sola nel suo appartamento, diviene null’altro che un’immagine
allo specchio, distaccata dalla sua identità corporea.
Nonostante l’amore di Elisa per la madre, la loro relazione non
contribuisce allo sviluppo dell’identità della figlia. La narrazione cir-
colare, che inizia e si conclude con il ritratto di Elisa mostra, in con-
clusione del romanzo, la figlia ancora in uno stato psicologico quasi
identico a quello dell’inizio. Morante raffigura una figlia dall’identità
sessuale indefinita e problematica, all’interno di una narrazione che
mette in luce l’importanza del materno attraverso metafore e attraverso
il ritratto, in particolare nel personaggio di Alessandra, di un concetto
positivo e istintivo della maternità. Nonostante l’interesse latente nel
materno, la relazione madre e figlia non riflette le caratteristiche positi-
ve del materno pur messe in evidenza nel romanzo. Anna è incorniciata
in una costruzione stereotipica dell’essere donna, che non permette
altra comunicazione con la figlia al di fuori da quelle permesse dalla
struttura patriarcale. In questa ambivalente prospettiva Elisa esprime
la sua difficoltà di raggiungere una soggettività. Sebbene la madre non
permetta una relazione donna-donna con sua figlia, il tentativo della
figlia è sintomatico della lotta per asserire un significativo legame con
la madre ai fini della costruzione di un senso di identitità di donna.
Il corpo della donna visto come riflesso dello sguardo maschile è
anche centrale nel romanzo di Sanvitale, Madre e figlia, ed è uno dei
diversi modi di interiorizzazione delle strutture socio-psicologiche
dominanti da parte della figlia, Sonia. Lo sguardo dello zio Paris
riflette il proprio desiderio nella giovane Sonia, conferendole con-
CONCLUSIONI
CONCLUSIONI
alternative di significato che permettono alla figlia una più positiva co-
struzione di identità. L’immagine della sirena senza coda che canta, la
percezione dei corpi malati e il silenzio come forma di comunicazione
sono elementi in grado di opporsi alla struttura dell’ordine Simbolico
patriarcale. Come Sonia, Chiara percepisce l’oggettificazione della
sua bellezza attraverso lo sguardo maschile, ma tale percezione è
successivamente decostruita attraverso l’apprezzamento di intuizione
e di diversità espresso dai corpi malati.
Nel romazo di Di Lascia perciò, la relazione tra madre e figlia è
connessa a elementi della narrativa che contribuiscono a esprimere
un significato altro da quello dell’ordine patriarcale. Nel romanzo di
Ferrante, L’amore molesto, tale discorso viene ulteriormente svilup-
pato con l’elaborazione di una genealogia passata da madre a figlia.
I vestiti lasciati dalla madre deceduta alla figlia acquisiscono il valore
di un codice che permette alla figlia di essere più vicina alla madre e
anche di entrare in contatto con il suo mondo interiore represso.
In L’amore molesto l’oppressione del patriarcato è del tutto pervasiva
e dipinta attraverso la rappresentazione della città di Napoli come luogo
sessista. I corpi di madre e figlia sono anche qui portatori di significato,
come elementi di un legame che li unisce. Delia ha represso non solo
il suo amore per la madre, ma anche il suo corpo e la sofferenza della
violenza subita da piccola. Il corpo della madre, tuttavia, rappresenta
per lei un riflesso dell’immagine patriarcale imposta su di loro dalla
società sessista. Il corpo della madre è stato connotato da caratteristiche
di eccesso e sessualità peccaminosa. La figlia assorbe questa percezione
che si intreccia dunque con il suo amore per la madre.
L’indagine sui motivi dell’improvvisa morte della madre porta la
figlia a rinegoziare la propria percezione della madre, che, attraverso
gli anni, è stata alterata dall’assimilazione dei valori patriarcali, ma
la porta anche ad acquisire un rinegoziato senso del proprio io. Lo
sviluppo della storia è scandito da un’alternanza di vestiti che la figlia
indossa, a volte senza pensarci, e alla fine, nel caso del tailleur di sua
madre, come parte di una conscia ricerca della chiave della verità
su sua madre e su se stessa. Gli abiti divengono in questo testo una
metonimia del corpo della madre, una forma alternativa di linguaggio
tra madre e figlia e tra Delia e il suo passato. Il legame figlia-madre
CONCLUSIONI
rinasce con il recupero del passato nella vita della figlia e con lo sta-
bilire una genealogia da madre a figlia.
Benzina di Stancanelli, che conclude il mio studio, è differente per
tema, struttura e tono dagli altri romanzi analizzati. Due figlie cercano
di re-immaginare il legame con le loro madri, ma è la madre che è
soggetta al cambiamento più radicale: da ignara vittima di un modello
patriarcale restrittivo al desiderio di una sua relazione paritaria con sua
figlia, Lenni, e la sua compagna, Stella. La relazione lesbica tra Lenni
e Stella non acquisisce lo stesso significato nella narrazione di quella
conferita all’immaginato rapporto armonioso tra le tre donne e tra
Stella e la sua madre immaginata. È il rapporto tra donne, e quindi il
riconoscimento della donna nella madre, ad acquisire netta rilevanza
nel romanzo, e quindi a prospettare un nuovo immaginario.
Comportamenti problematici relativi alla distorsione della relazio-
ne madre-figlia causati dal patriarcato vengono anche sviluppati nel
romanzo di Stancanelli. Come in Passaggio in ombra, Madre e figlia
e L’amore molesto, in Benzina la percezione del corpo della figlia è
mediata in lei attraverso il punto di vista patriarcale. Tuttavia, diver-
samente dai romanzi di Di Lascia, Sanvitale e Ferrante, qui la madre
è percepita dalla figlia come una partecipante attiva alla costruzione
generata dal sistema patriarcale. L’imposizione di un modello pa-
triarcale è focalizzata, in questo caso, sulla necessità di disciplinare il
proprio corpo secondo un concetto di bellezza accettato e dominante.
La madre, con la sua eleganza e il suo perfetto aspetto, è sia simbolo
che vittima di questa oppressione.
La reinvenzione della madre elaborata da Stancanelli critica l’isti-
tuzione della maternità e la sua esperienza in un sistema patriarcale,
suggerendo la necessità di un nuovo immaginario, simile a quello teo-
rizzato da Irigaray, che valorizzi la relazione tra madre e figlia come una
relazione tra donne. Diverse strategie permettono questa ri-elaborazio-
ne. Innanzitutto, lo spazio del distributore di benzina, che è sia isolato
che interconnesso al resto del mondo, appare lontano da costrizioni
patriarcali. Lo sguardo tra madre e figlia è una forma di comunicazione
che evoca l’interpretazione di Cavarero del mito di Demetra e Core.
La creazione dello spirito della madre permette un ripensamento del
ruolo di madre e moglie e l’immagine di un nuovo ruolo, più equo e di
CONCLUSIONI
sostegno per le donne. Più che in ogni altro romanzo qui analizzato, in
Benzina sogni, fantasia e immaginazione sono impiegati per esprimere
immagini rinnovate di madri. È interessante notare che il romanzo di
Stancanelli, come quelli di Morante e Sanvitale, si conclude con l’im-
magine di una donna o madre in una dimensione celestiale o cosmica,
come per sottolineare che una condizione positiva, alternativa alla figura
materna, deve essere cercata nel mondo dei sogni, al di fuori delle
possibilità offerte dal patriarcato.
In tutti i romanzi ricorrono immagini che si riferiscono ad un
sistema di conoscenza diverso dal Simbolico e che mettono in luce una
dimensione corporea. Attraverso il loro particolare uso del linguag-
gio questi romanzi mostrano la necessità di indicare un’alternativa
al tipo di espressione e all’identità permessa nel sistema patriarcale.
Proprio come nella filosofia femminista italiana ispirata alla politica
della differenza di Irigaray, i romanzi analizzati in questo volume
hanno rivelato il ruolo del corpo nell’articolare «una relazione con la
jouissance femminile diversa da quella che funziona in accordo con il
modello fallico». Come nella filosofia del femminismo italiano e in
quello di Irigaray, il concetto del materno è imperniato, non solo sulla
comprensione ed esperienza della maternità, ma sulla potenzialità di
un nuovo Simbolico che può essere offerto attraverso una relazione
figlia-madre intesa a ridefinire il soggetto donna in sé, e non solo come
“altro” oggettificato del soggetto maschile. Nel viaggio iniziato con
Elisa di Morante e conclusosi con Lenni di Stancanelli è venuta alla
luce una gamma di possibilità per l’articolazione del desiderio dei
personaggi femminili e per un migliore raggiungimento del senso di
sé della figlia-narratrice. Soprattutto si è potuto apprezzare il potere
della letteratura nel suggerire modi alternativi di significato.
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Demau (Demistificazione Autoritari- Foucault, Michel, - e n
smo), -, , , Fouque, Antionette, ,
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, , , -, , , , , ,
Derrida, Jacques, , e n , , ,
Dickinson, Emily, n complesso di castrazione, -,
differenza sessuale, , -, , , , ,
, , , , , , , , , complesso di Edipo, , -, -,
Di Lascia, Mariateresa, , , , , , , , , , , ,
Compleanno, Familienroman, ,
Veglia, , n fase dello specchio, ,
Passaggio in ombra, , -, Sessualità femminile,
, , , , , Totem e Tabù,
Dinnerstein, Dorothy, Friday, Nancy
Diotima, , , e n, , e n, , n Mia madre, me stessa,
Dominijanni, Ida, e n, e n Fuss, Diana, e n, n
INDICE ANALITICO
INDICE ANALITICO
Finito di stampare nel mese di dicembre
per conto della casa editrice Il Poligrafo srl
presso la Litocenter di Piazzola sul Brenta (Padova)
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