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IL PLUTARCO DELLE DONNE

3. I “nipotini” di Fenelòn e le fonti della pubblicistica ottocentesca sulla donna e


sull'educazione femminile
sull'educazione femminile
La pubblicistica ottocentesca s’ispira ad una serie di autori e di opere del 600 e del 700, le cui idee
erano in sintonia con il nuovo ideale femminile che si intendeva promuovere.
Il trattato di Fénelon Sull’educazione delle fanciulle (1687), ad esempio, diventò un modello per
tutti quegli autori impegnati a definire l’identità della donna e le caratteristiche della sua educazione
e istruzione.

ell'800 diventò un modello per


tutti quegli
Sull’educazione delle fanciulle (1687), ad esempio, nell'800 diventò un modello per tutti quegli
Ad esso infatti si ispireranno personalità come madame Campan, il cui trattato Sull’educazione
(1824), subito tradotto in lingua italiana, sarà uno dei prodotti più fortunati della fiorente pubblicità.
A questi, nella seconda metà del XIX secolo, si aggiungeranno numerosi altri scrittori e scrittrici di
orientamento laico e liberaleggiante, tra i quali, Bernardi, Molinelli, la Bianchini e Boniforti. Non
meno dipendenti da Fénelon erano gli autori dei più noti e fortunati “plutarchi femminili”,
Francesco Berlan, autore de Le fanciulle celebri e l'infanzia delle donne illustri d'Italia antiche e
moderne (1865), e Eugenio Comba, autore di Donne illustri italiane proposte ad esempio alle
giovinette (1870). Ma l'influsso delle teorie educative di Fénelon era destinato a ripercuotersi

proposte ad esempio alle


giovinette (1870). Ma l'influsso
delle teorie educative di Fenelòn
era
proposte ad esempio alle giovinette (1870). Ma l'influsso delle teorie educative di Fenelòn era
anche sulla pubblicistica di matrice confessionale, come testimoniano due operette:

• Avvisi alle giovani, del vescovo di Crema mons. Tommaso Ronna;


• la traduzione italiana dal titolo La donna studiosa del trattatello del vescovo Dupanloup.

Nonostante occupassero posizioni radicalmente diverse riguardo al ruolo che la Chiesa e il


cattolicesimo erano chiamati a svolgere nella nuova società, per quanto riguarda il profilo e i
compiti della donna, apparivano entrambe pienamente dipendenti dal libretto di Fénelon, del quale
apprezzavano le critiche nei riguardi della frivolezza dei tradizionali costumi femminili e la
necessità di formare donne sagge e consapevoli del proprio ruolo.
Accanto a Fénelon, l'altro grande autore destinato ad esercitare un certo influsso sulla pubblicistica
relativa all'educazione femminile del XIX secolo fu indubbiamente Rousseau, la cui misoginia era
destinata ad essere ripresa e rilanciata, lungo il corso dell’800, da autori e testi diversi anche sul
piano ideologico. E’ sufficiente far riferimento a De Maistre, cattolico tradizionalista, e a
Mantegazza, medico e scienziato nonché esponente di spicco della nuova cultura positivista. Le
convinzioni espresse da De Maistre circa l’inferiorità intellettuale della donna rispetto all'uomo,
fecero di egli uno dei più convinti detrattori dell'accesso del mondo femminile alla cultura e agli
studi superiori. Il pensiero di De Maistre rifletteva la preoccupazione, propria della corrente
controrivoluzionaria, di salvaguardare una gerarchia di compiti e di funzioni sia nella famiglia che
nella società, come garanzia di ordine, di rispetto dell'autorità, di continuità con il passato. Più
complesso appare il caso di Mantegazza e di alcuni tra i più noti esponenti della nuova scienza
positivistica, impegnati a legittimare, attraverso i dati dell'anatomia e della fisiologia e i risultati
della ricerca medico-scientifica, come la diversità biologica femminile non solo fosse alla base
dell’inferiorità intellettuale, ma giustificasse la logica sociale che tendeva a circoscrivere l'operato
della donna entro determinati ruoli e funzioni. Tra le fonti più significative della pubblicistica
ottocentesca sull'educazione femminile c'è l'opera di Pestalozzi Leonardo e Geltrude, che esercita
un notevole influsso, non solo nell'ambito del dibattito e delle discussioni attorno a ruolo e compiti
della donna nella famiglia e nella società, ma anche su tanta parte dei testi di letteratura destinati
alle scuole elementari femminili e sui libri di premio proposti alle fanciulle e giovinette del ceto
medio e delle classi popolari. In Pestalozzi la donna, oltre ad essere “buona moglie e madre di
famiglia”, era “educatrice e redentrice dell'uomo”, capace di esercitare la sua azione moralizzatrice
sulla famiglia, e dunque indirettamente sulla società, facendo leva sul sentimento e mettendo a
frutto le sue virtù.

4. “Né frivola né seriosa”: cattolici e liberali nell'edificazione del nuovo ideale femminile per
la società borghese del XIX secolo
la società borghese del secolo XIX
Sia la cultura cattolica che quella laica liberale attribuivano alla donna, totalmente identificata nel
ruolo di moglie e madre, fulcro della vita domestica e artefice dell'educazione della prole e della
salvaguardia della moralità familiare, una funzione centrale nel nuovo ordine sociale e civile
scaturito dalla Rivoluzione Francese e dalle profonde trasformazioni che ne seguirono. L'intuizione
napoleonica dell'importanza dell'educazione femminile, ponendo le donne al centro della famiglia, e
la sua scelta di costituire un sistema laico di educazione promosso e controllato dallo Stato e
destinato a produrre buone mogli e madri, dovevano riscuotere larghi consensi tra le élites laiche e
liberali della penisola. Anche in Italia sorsero nuovi collegi d’élite, i quali si proposero come una
vera e propria alternativa ai tradizionali educandati monastici e religiosi di antico regime, offrendo
un tipo di educazione istruzione più in sintonia con le aspettative delle famiglie e con i nuovi
compiti che le giovani sarebbero state chiamate ad assolvere. La nuova società borghese, infatti,
aveva bisogno di giovani donne che basassero le loro prospettive future sull'adattamento precoce a
una regola di vita domestica metodica e attiva, attraverso l'acquisizione di un'autodisciplina sorretta
dalla pietà religiosa. D'altronde l'opportunità di disporre di buone e docili spose e madri, si sarebbe
rivelata funzionale anche a fini politici volti ad intensificare alleanze tra i gruppi aristocratico-
borghesi grazie a strategie matrimoniali. Nel XIX secolo la donna diventa l’interlocutrice principale
della chiesa, la destinataria principale del suo messaggio. E a lei, infatti, in virtù della sua indole
ritenuta più incline alla pietà e del suo compito di educatrice all'interno della famiglia, è affidata la
missione di riportare a Cristo e alla Chiesa una società che se ne va sempre più allontanando.
Nell'ambito di quello che è una sorta di processo di femminilizzazione del cattolicesimo dell'800, un
ruolo di primo piano esercitarono, indubbiamente, le nuove congregazioni religiose femminili
istituite proprio nel corso del XIX secolo, le quali, elessero come ambiti privilegiati l'educazione e
istruzione della gioventù dei due sessi e delle diverse classi sociali. A loro la Chiesa affidò il
compito di rinvigorire il sentimento religioso femminile e di far maturare nella donna cattolica una
più salda consapevolezza del proprio ruolo e dei propri compiti familiari. Già a partire dalla fine
degli anni 20, infatti, ai tradizionali educandati monastici si affiancarono i collegi d’istruzione
istituiti da alcune congregazioni religiose femminili provenienti dalla Francia o sorte direttamente
nella penisola e dedite principalmente all'educazione delle fanciulle e ragazze del ceto aristocratico
e civile. Se da un lato, tanto in ambito laico e liberale quanto all'interno dei settori del cattolicesimo
post-rivoluzionario, vennero formulate critiche nei riguardi dei modelli educativi femminili di tipo
tradizionale, dall'altro si ritenne importante formare future mogli e madri promuovendo nelle
giovani una ‘disciplina sorretta dalla pietà religiosa’, dalla quali dipende non solamente la stabilità
dell'istituzione familiare, ma il benessere di tutta la società.

5. La scuola dell'Italia unita e la promozione del nuovo ideale femminile


Il modello della moglie e madre di famiglia, sollecita nella cura dei figli e nell'esercizio delle virtù
domestiche, e sostanzialmente confinata negli spazi privati della casa, era destinato a trovare,
soprattutto all’indomani dell’unità, tanto nella scuola pubblica quanto in quella privata di natura
confessionale, un canale privilegiato di promozione e diffusione. Nelle scuole Elementari
pubbliche, già sul finire degli anni 60, furono diffuse varie tipologie di “letture femminili”, nel cui
ambito il filone peculiare era rappresentato dei racconti storici per le fanciulle, incentrati in genere
sulle biografie di donne celebri e sulla narrazione di vicende ed episodi della storia d'Italia che
hanno avuto come protagoniste figure femminili. Fra i numerosi titoli appartenenti a questo filone,
ricordiamo il celebre Plutarco femminile di Pietro Fanfani (1872) e Donne illustri italiane proposte
ad esempio alle giovinette (1870) di Eugenio Comba. Ma le vite di donne illustri costituirono una
presenza costante anche al di fuori delle aule scolastiche, nelle riviste pedagogiche destinate alle
maestre e sulle pagine di riviste e strenne per giovinette. A plasmare l'identità femminile nelle
scuole elementari contribuirono anche i numerosi libri di lettura di scrittori, educatori e insegnanti
di ambo i sessi. Questa pubblicistica scolastica non si distaccava molto dai canoni già richiamati, se
non per l’enfasi. La Paladini, ad esempio, affermava che crescendo figli disposti ad assoggettarsi
all’autorità statale, la donna promuove e accresce le virtù della patria. Ester Bezzola Boni, nelle sue
Lettere educative per le giovinette (1885) sottolinea l’importanza per le spose e le madri di farsi
compagne e guide nelle difficoltà della vita di mariti e figli, essendo di grande aiuto alla patria.
Sulla stessa lunghezza d’onda si trova Cannonero, il quale, ne La fanciulla educata all’amore di
patria (1850), ricorda come le donne servissero un grande servizio alla patria educandone i figli,
preparandone cioè i futuri cittadini.
Diversi erano i concetti espressi da libri di lettura adottati nelle scuole femminili confessionali. Si
tratta di una pubblicistica redatta prevalentemente da ecclesiastici e religiosi, solo in parte nata con
finalità scolastiche e più spesso destinata ai circuiti parrocchiali e ad uso catechistico. Ovviamente
al centro di questa pubblicistica si colloca l’ideale della donna cattolica, Il cui “destino sociale” di
moglie e madre esemplare, dedita alla cura della casa e all’educazione morale e religiosa della prole
è delineato da un’ampia casistica di esempi ricavati dalla Sacra Scrittura e da altri scritti spirituali.
Estranea ad ogni istanza di carattere politico e civile, tale pubblicistica si preoccupa quasi
esclusivamente di mettere in guardia le giovani lettrici dai pericoli qualora si fossero discostate dal
retto sentiero tracciato da Dio e dalla Chiesa e di metterle in condizione di operare con
“consapevolezza e discernimento” nella vita quotidiana e nei compiti familiari secondo il modello
mariano.
6. Letture specializzate per le donne del popolo
A partire dalla seconda metà del XIX secolo, nell'ambito della pubblicistica educativa rivolta al
mondo femminile si riscontra una crescente attenzione nei riguardi delle donne del popolo.
L’intento degli autori è quello di rinsaldare nelle giovani operaie, domestiche e contadine
l’identificazione con la maternità e con la famiglia. Come sottolinea Manfroni, la necessità di
integrare i magri bilanci familiari non deve distogliere le giovani che lavorano dai loro “primari
doveri” nei riguardi del marito e dei figli. Non mancano tuttavia operette che si propongono di
applicare anche al lavoro femminile i principi del self-help9. A tal proposito, Ester Bezzola Boni
insiste sull'importanza del far bene il proprio lavoro, ricordando alle sue interlocutrici che, per una
giovane delle classi più povere, il lavoro è a volte l’unico modo per migliorare la sua condizione e
quella della propria famiglia.
5. La scuola dell'Italia unita e la promozione del nuovo ideale femminile
Il modello della moglie e madre di famiglia, sollecita nella cura dei figli e nell'esercizio delle virtù
domestiche, e sostanzialmente confinata negli spazi privati della casa, era destinato a trovare,
soprattutto all’indomani dell’unità, tanto nella scuola pubblica quanto in quella privata di natura
confessionale, un canale privilegiato di promozione e diffusione. Nelle scuole Elementari
pubbliche, già sul finire degli anni 60, furono diffuse varie tipologie di “letture femminili”, nel cui
ambito il filone peculiare era rappresentato dei racconti storici per le fanciulle, incentrati in genere
sulle biografie di donne celebri e sulla narrazione di vicende ed episodi della storia d'Italia che
hanno avuto come protagoniste figure femminili. Fra i numerosi titoli appartenenti a questo filone,
ricordiamo il celebre Plutarco femminile di Pietro Fanfani (1872) e Donne illustri italiane proposte
ad esempio alle giovinette (1870) di Eugenio Comba. Ma le vite di donne illustri costituirono una
presenza costante anche al di fuori delle aule scolastiche, nelle riviste pedagogiche destinate alle
maestre e sulle pagine di riviste e strenne per giovinette. A plasmare l'identità femminile nelle
scuole elementari contribuirono anche i numerosi libri di lettura di scrittori, educatori e insegnanti
di ambo i sessi. Questa pubblicistica scolastica non si distaccava molto dai canoni già richiamati, se
non per l’enfasi. La Paladini, ad esempio, affermava che crescendo figli disposti ad assoggettarsi
all’autorità statale, la donna promuove e accresce le virtù della patria. Ester Bezzola Boni, nelle sue
Lettere educative per le giovinette (1885) sottolinea l’importanza per le spose e le madri di farsi
compagne e guide nelle difficoltà della vita di mariti e figli, essendo di grande aiuto alla patria.
Sulla stessa lunghezza d’onda si trova Cannonero, il quale, ne La fanciulla educata all’amore di
patria (1850), ricorda come le donne servissero un grande servizio alla patria educandone i figli,
preparandone cioè i futuri cittadini.
Diversi erano i concetti espressi da libri di lettura adottati nelle scuole femminili confessionali. Si
tratta di una pubblicistica redatta prevalentemente da ecclesiastici e religiosi, solo in parte nata con
finalità scolastiche e più spesso destinata ai circuiti parrocchiali e ad uso catechistico. Ovviamente
al centro di questa pubblicistica si colloca l’ideale della donna cattolica, Il cui “destino sociale” di
moglie e madre esemplare, dedita alla cura della casa e all’educazione morale e religiosa della prole
è delineato da un’ampia casistica di esempi ricavati dalla Sacra Scrittura e da altri scritti spirituali.
Estranea ad ogni istanza di carattere politico e civile, tale pubblicistica si preoccupa quasi
esclusivamente di mettere in guardia le giovani lettrici dai pericoli qualora si fossero discostate dal
retto sentiero tracciato da Dio e dalla Chiesa e di metterle in condizione di operare con
“consapevolezza e discernimento” nella vita quotidiana e nei compiti familiari secondo il modello
mariano.
6. Letture specializzate per le donne del popolo
A partire dalla seconda metà del XIX secolo, nell'ambito della pubblicistica educativa rivolta al
mondo femminile si riscontra una crescente attenzione nei riguardi delle donne del popolo.
L’intento degli autori è quello di rinsaldare nelle giovani operaie, domestiche e contadine
l’identificazione con la maternità e con la famiglia. Come sottolinea Manfroni, la necessità di
integrare i magri bilanci familiari non deve distogliere le giovani che lavorano dai loro “primari
doveri” nei riguardi del marito e dei figli. Non mancano tuttavia operette che si propongono di
applicare anche al lavoro femminile i principi del self-help9. A tal proposito, Ester Bezzola Boni
insiste sull'importanza del far bene il proprio lavoro, ricordando alle sue interlocutrici che, per una
giovane delle classi più povere, il lavoro è a volte l’unico modo per migliorare la sua condizione e
quella della propria famiglia.
7. Aspetti del dibattito sull'accesso delle donne all'istruzione secondaria e superiore e alla vita
professionale
Il proseguimento degli studi a livello secondario e superiore e l'accesso delle donne alla cultura e
alle professioni fu, soprattutto nella seconda metà dell’800, uno dei temi di maggiore discussione
nell’ambito della pubblicistica educativa destinata al mondo femminile. Le prime prese di posizione
da parte delle sostenitrici dell'emancipazione delle donne fecero emergere all'attenzione
dell'opinione pubblica la necessità di abbandonare antichi pregiudizi e garantire anche al mondo
femminile il diritto ad un'istruzione rigorosa e l'accesso alle attività professionali che fino a quel
momento erano state prerogativa esclusiva degli uomini. Dal punto di vista legislativo il
riconoscimento ufficiale della possibilità per le donne di frequentare i diversi tipi di scuola
secondaria si ebbe solamente a distanza di una quindicina d’anni dall'unificazione nazionale. A
sbloccare la situazione intervennero, infatti, il regolamento Bonghi, che nel 1874 autorizzava le
donne a frequentare l'università, e i provvedimenti emanati nel 1833, in base ai quali era
riconosciuto alle giovani che conseguivano la licenza elementare il diritto di accedere ai ginnasi-
licei e agli istituti tecnici. Tuttavia, di fatto, la presenza delle donne nella scuola secondaria era
destinata a rimanere, fino ai primi anni del 900, un fenomeno marginale. Al di là di un piccolo
gruppo di scrittori, impegnati a dimostrare che l'accesso alla cultura doveva essere precluso alla
donna per via delle sue limitate capacità intellettuali, la maggior parte degli autori e delle opere
considerava la questione degli studi femminili e del loro ingresso nel mondo del lavoro
analizzandola alla luce della compatibilità o meno con il modello della moglie e madre di famiglia
sollecita nell’educazione dei figli e nelle cure domestiche. Ne La donna nell'infanzia e
nell'adolescenza (1881), la Bianchini, pur dichiarandosi favorevole al proseguimento degli studi da
parte delle donne anche oltre il corso elementare, precisa che la “carriera delle scienze” non era
adatta perché l’eccessiva cultura poteva essere pericolosa tanto quanto l’ozio. Più complesse e
articolate erano le posizioni di Giulia Molino Colombini e Luisa Amalia Paladini. La prima, nel suo
Sull’educazione della donna (1851), dopo aver smentito le teorie sulla matrice biologica
dell’inferiorità della donna, sottolineava che alla base della scarsa vivacità intellettuale femminile
dovesse essere posto il tipo di educazione ad essa impartito fino a quel momento. Inoltre, l’autrice
precisava che l’indispensabile accesso agli studi non avrebbe dovuto distogliere la donna dal suo
destino di moglie e madre di famiglia. La Paladini le faceva eco. Simili perplessità erano
manifestate nel trattato sulla Donna studiosa (1896) di mons. Dupanloup. Per quest’ultimo la donna
ha il dovere di istruirsi, non solo per il suo sposo, ma anche per sé stessa e per Dio. Gli studi
suggeriti vanno dal campo letterario, artistico, musicale a quello della filosofia, della storia, del
diritto, dell’agricoltura, dell’economia 9 Auto-aiuto.
politica, delle scienze naturali e della religione. Particolarmente significative sono anche le sue
indicazioni metodologiche. Tuttavia, lo studio non deve essere un’alternativa alla “carriera”
domestica, ma si deve conciliare con i doveri familiari.
Conclusioni
All’interno di questa tendenza generale, tuttavia, è possibile cogliere alcune prese di posizione
innovative, veri e propri atteggiamenti di rottura nei confronti della mentalità corrente. È il caso, ad
esempio, del vescovo di Cremona mons. Bonomelli, il quale, proprio nella prefazione dell’edizione
italiana dell’opera di Dupanloup, promuove l'emancipazione delle donne dal suo ruolo puramente
domestico, e si mostra meno ostile rispetto ad egli riguardo all'idea del suo intervento nella vita
politica e sociale.Ma questo sviluppo si scontrava con l'incompatibilità della missione familiare
della madre italiana con vincoli intellettuali di istruzione superiore. Anna Ascenzi si avvale di ciò
per affermare che tale emancipazione necessitava di una nuova definizione dell'identità femminile.
fonti più significative della pubblicistica ottocentesca sull'educazione femminile c'è l'opera di
Pestalozzi Leonardo e Geltrude, che esercita un notevole influsso, non solo nell'ambito del dibattito
e delle discussioni attorno a ruolo e compiti della donna nella famiglia e nella società, ma anche su
tanta parte dei testi di letteratura destinati alle scuole elementari femminili e sui libri di premio
proposti alle fanciulle e giovinette del ceto medio e delle classi popolari. In Pestalozzi la donna,
oltre ad essere “buona moglie e madre di famiglia”, era “educatrice e redentrice dell'uomo”, capace
di esercitare la sua azione moralizzatrice sulla famiglia, e dunque indirettamente sulla società,
facendo leva sul sentimento e mettendo a frutto le sue virtù.
8 Avversione nei confronti delle donne.
4. “Né frivola né seriosa”: cattolici e liberali nell'edificazione del nuovo ideale femminile per
la società borghese del secolo XIX
Sia la cultura cattolica che quella laica liberale attribuivano alla donna, totalmente identificata nel
ruolo di moglie e madre, fulcro della vita domestica e artefice dell'educazione della prole e della
salvaguardia della moralità familiare, una funzione centrale nel nuovo ordine sociale e civile
scaturito dalla Rivoluzione Francese e dalle profonde trasformazioni che ne seguirono. L'intuizione
napoleonica dell'importanza dell'educazione femminile, ponendo le donne al centro della famiglia, e
la sua scelta di costituire un sistema laico di educazione promosso e controllato dallo Stato e
destinato a produrre buone mogli e madri, dovevano riscuotere larghi consensi tra le élites laiche e
liberali della penisola. Anche in Italia sorsero nuovi collegi d’élite, i quali si proposero come una
vera e propria alternativa ai tradizionali educandati monastici e religiosi di antico regime, offrendo
un tipo di educazione istruzione più in sintonia con le aspettative delle famiglie e con i nuovi
compiti che le giovani sarebbero state chiamate ad assolvere. La nuova società borghese, infatti,
aveva bisogno di giovani donne che basassero le loro prospettive future sull'adattamento precoce a
una regola di vita domestica metodica e attiva, attraverso l'acquisizione di un'autodisciplina sorretta
dalla pietà religiosa. D'altronde l'opportunità di disporre di buone e docili spose e madri, si sarebbe
rivelata funzionale anche a fini politici volti ad intensificare alleanze tra i gruppi aristocratico-
borghesi grazie a strategie matrimoniali. Nel XIX secolo la donna diventa l’interlocutrice principale
della chiesa, la destinataria principale del suo messaggio. E a lei, infatti, in virtù della sua indole
ritenuta più incline alla pietà e del suo compito di educatrice all'interno della famiglia, è affidata la
missione di riportare a Cristo e alla Chiesa una società che se ne va sempre più allontanando.
Nell'ambito di quello che è una sorta di processo di femminilizzazione del cattolicesimo dell'800, un
ruolo di primo piano esercitarono, indubbiamente, le nuove congregazioni religiose femminili
istituite proprio nel corso del XIX secolo, le quali, elessero come ambiti privilegiati l'educazione e
istruzione della gioventù dei due sessi e delle diverse classi sociali. A loro la Chiesa affidò il
compito di rinvigorire il sentimento religioso femminile e di far maturare nella donna cattolica una
più salda consapevolezza del proprio ruolo e dei propri compiti familiari. Già a partire dalla fine
degli anni 20, infatti, ai tradizionali educandati monastici si affiancarono i collegi d’istruzione
istituiti da alcune congregazioni religiose femminili provenienti dalla Francia o sorte direttamente
nella penisola e dedite principalmente all'educazione delle fanciulle e ragazze del ceto aristocratico
e civile. Se da un lato, tanto in ambito laico e liberale quanto all'interno dei settori del cattolicesimo
post-rivoluzionario, vennero formulate critiche nei riguardi dei modelli educativi femminili di tipo
tradizionale, dall'altro si ritenne importante formare future mogli e madri promuovendo nelle
giovani una ‘disciplina sorretta dalla pietà religiosa’, dalla quali dipende non solamente la stabilità
dell'istituzione familiare, ma il benessere di tutta la società.

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