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L’elegia è un genere letterario di origine greca; una volta trapiantato a Roma , viene

rinnovato e assume caratteristiche specifiche, differenziandosi dai modelli. È un


componimento poetico caratterizzato dall’uso di un metro preciso, il distico elegiaco,
costituito da un esametro e un pentametro. L’ELEGIA DI ETA’ AUGUSTEA : POESIA
D’AMORE L’elegia latina è una creazione originale che si differenzia dalla tradizione
greca, in primo luogo per quanto riguarda il tema: mentre l’elegia greca si caratterizza
per una notevole varietà tematica, quella latina si contraddistingue per trattare un
unico argomento, quello amoroso. L’elegia latina conobbe uno sviluppo intenso ma
breve,collocabile in pochi decenni compresi nell’epoca augustea. La seconda metà del
I secolo a.C. è, infatti, il periodo di massima fioritura dell'elegia. Nel mondo latino,
l’elegia trova i suoi massimi rappresentanti in 4 autori, tutti vissuti nell’età augustea:
Cornelio Gallo ,Tibullo, Properzio e Ovidio. Cornelio Gallo fu considerato già dagli
antichi l’iniziatore del genere elegiaco nella letteratura latina, proprio per aver
conferito all’elegia romana i suoi tratti più caratteristici: 1. L’argomento amoroso
(viene raccontata una storia d’amore attraverso diversi componimenti) 2. Il carattere
autobiografico e soggettivo (l’autobiografismo è sempre filtrato dal punto di vista
letterario) 3. Una forte passionalità 4. La forma raffinata ed elegante (lo stile è
semplice, limpido ed elegante) “L’AMORE NELLA POESIA ELEGIACA” L’amore è descritto
come un’esperienza totalizzante, ma non è quasi mai gioioso, anzi è per lo più fonte di
sofferenza: il rapporto del poeta con l’amata è, infatti, di sottomissione alla donna,
concepita come domina (“signora, padrona”) capricciosa, crudele e infedele, per cui la
relazione amorosa è un servitium amoris (“schiavitù d’amore”). Oltre a tradire e far
ingelosire l'amante, la donna gli si concede a fatica: è topica l’immagine
dell'innamorato respinto che si duole, di fronte alla porta chiusa, per la crudeltà
dell'amata. La donna amata, inoltre, è sempre evocata con uno pseudonimo. Non a
caso, l'elegia latina è generalmente interpretata come un canto di lamento, tanto che
il poeta Ovidio, in una sua opera, la definisce “flebile carmen”. “LA COMPONENTE
SOGGETTIVA” Nella poesia elegiaca le reali esperienze di vita del poeta sono sempre
rielaborate e filtrate da un punto di vista letterario: le sue vicende personali sono
rievocate, infatti, attraverso schemi, immagini e motivi stereotipati. Le circostanze
reali si mescolano indissolubilmente a elementi inventati, fittizi e convenzionali. Non
dobbiamo quindi lasciarci ingannare dal carattere soggettivo del genere elegiaco, che
sembra darci una forte impressione di autobiografismo: per una corretta lettura di
questi testi, non bisogna mai dimenticare che colui che parla in prima persona (l’io
lirico) è un personaggio letterario, che sarebbe sbagliato sovrapporre e identificare
con l’autore in carne ed ossa. Possiamo definirlo un autore “cancellato dalla storia”,
dal momento che di lui abbiamo pochissime notizie e quasi nulla ci è pervenuto della
sua opera. Per motivi a noi ignoti, cadde in disgrazia presso l’imperatore Augusto, il
quale lo condannò all’esilio e alla damnatio memoriae. Per questo motivo il poeta si
suicidò. Fu autore di una raccolta di elegie dal titolo “Amores” (di cui si conservano
solo pochi frammenti), dove canta la sua passione per Licoride. Licoride è uno
pseudonimo dietro al quale si celava un donna reale, una liberta e attrice di mimi di
nome Volumnia (amante anche di altri celebri personaggi come Bruto e Marco
Antonio). Secondo i canoni dell’elegia, Licoride è descritta come una donna spietata, a
cui il poeta dedica tutte le sue attenzioni ricevendo in cambio solo frustrazione. “LE
TRACCE DI GALLO IN ALTRI POETI LATINI” L’immagine del poeta Cornelio Gallo
innamorato che soffre per amore ed è vittima di una passione infelice è presente nella
X Bucolica di Virgilio (del quale fu amico): il poeta elegiaco, protagonista della bucolica,
è confortato dai pastori per le sue pene d’amore e perfino alberi e piante piangono
con lui. Gallo afferma che preferirebbe dilettarsi con i pastori dedicandosi alla poesia
bucolica, ma conclude che non gli è possibile, perché “l’amore vince ogni cosa e noi
cediamo all’amore” (omnia vincit Amor, et nos cedamus Amori). “IL PAPIRO EGIZIO DEL
1978 E LA RISCOPERTA DI GALLO” Nel 1978 fu rinvenuto in Egitto un papiro che
conteneva pochi versi, molto lacunosi, attribuiti a Cornelio Gallo. In essi compare il
nome di Licoride e altri termini tecnici propri del linguaggio erotico della poesia
elegiaca: domina, con cui è definita la donna; nequitia, altra parola chiave della poesia
elegiaca che indicava l’infedeltà della donna amata. Fece parte del circolo letterario di
Messalla Corvino, del quale fu l’esponente principale. Amava la vita tranquilla della
campagna dov'era nato e cresciuto; l’esaltazione della serena vita agreste, lontana
dalla politica e dedita all’amore, è uno dei principali temi della sua poesia. Sotto il suo
nome ci è giunta una raccolta di elegie, nota come Corpus Tibullianum, che
comprende, però, anche componimenti di altri autori appartenenti al circolo di
Messalla. Due sono le donne da lui amate, che canta una sotto lo pseudonimo di Delia
(da Delius, appellativo del dio Apollo, perché nato nell’isola di Delo), l’altra sotto quello
di Nemesi (dal greco “vendetta”). Ricorrono, in Tibullo, le immagini, i motivi, le
situazioni convenzionali tipiche del genere elegiaco. Come Virgilio e Orazio, fece parte
del circolo di Mecenate. La sua raccolta di elegie racconta la burrascosa relazione con
la donna amata, Cinzia, descrivendo la situazione tipicamente elegiaca di un amore
non corrisposto e infelice (fin dal primo verso, il poeta si definisce miser), che culmina
con il discidium, cioè la “rottura, separazione” da lei. Come la Delia di Tibullo, anche
Cinzia è uno pseudonimo (Cynthius era l’appellativo del dio Apollo, perché nato sul
monte Cinto,nell’isola di Delo). Alcune ELEGIE EROTICO-DIDASCALICHE Con l’ Ars
amatoria composta fra l'1 a.C. e l'1 d.C. Ovidio scrive il suo capolavoro nel campo dell'
elegia amorosa, sviluppando in modo originale un tipico atteggiamento del poeta
elegiaco, quello didascalico. Nell'ars amatoria, un poemetto in distici elegiaci ,che si
sviluppa in tre libri per un totale di più di 2000 versi, Ovidio si fa preceptor amoris
(maestro d’amore) traspondendo la materia erotica con le sue situazioni e i suoi temi
tradizionali. Il termine Ars presente nel titolo rinvia alle artes cioè ai manuali in prosa
contenenti i precetti relativi a materie tecniche e specialistiche. Ovidio punta sulla
mescolanza di generi diversi e sulla ricchezza dei riferimenti letterari. I primi due libri
sono dedicati agli uomini dando precetti sul reperimento della donna da conquistare.
Una volta doppiata la preda si devono mettere in opera le tecniche confidando nella
certezza che nessuna puella resiste a un abile corteggiamento; La libido della donna è
sfrenata come dimostrano vari exempla mitologici tra cui quello di Pasifae folle
d'amore per un toro su cui il poeta indugia per una quarantina diversi. Egli passa poi
ad illustrare le tecniche della seduzione: si devono scrivere le lettere alla donna amata
seguirla ovunque, frequentare i banchetti a cui partecipa. Il secondo libro insegna le
tecniche per far durare una relazione. Per conservare l'amore contano l'intelligenza, la
facondia, il carattere mite e arrendevole, la docile sottomissione a tutti i capricci della
donna. Gli inganni e i tradimenti siano furtivi e rimangano nascosti. Quanto alle
infedeltà della donna meglio fingere di non sapere: ad esempio vulcano
sorprendendo Venere in dolce intimità con Marte ottenne soltanto che si amassero
apertamente senza più nascondersi. Il terzo libro si propone di dare anche alle
fanciulle i mezzi con cui combattere ad armi pari con i maschi. I precetti rivolti alle
donne consistono in una sorta di Galateo: la donna deve saper cantare, danzare,
giocare, conoscere la poesia, frequentare i teatri e i conviti; deve essere affabile,
allegra, disponibile ma capace anche di farsi desiderare frapponendo ostacoli
all'amore. Anche alle donne Ovidio consiglia di tollerare qualche infedeltà è di non
indulgere alla gelosia, le cui conseguenze rovinose sono illustrate dal mito di cefalo e
procri. Dal poemetto emerge un quadro realistico della società Galante del tempo: le
tecniche che il poeta finge di insegnare sono i riti sociali, le pratiche mondane di
quell’ambiente frivolo, un po' equivoco che egli frequenta. Egli dà voce a quella parte
dei romani che apprezzava lo stile di vita moderno agiato e raffinato, rifiutando i
modelli arcaici, che la propaganda Augustea tentava di riproporre e di restaurare. Non
stupisce quindi che l'ars amatoria non sia piaciuta ad Augusto, anche se il poeta non
assume alcun atteggiamento polemico nei confronti del regime. Egli si preoccupa di
delimitare in modo chiaro l'ambito in cui intende muoversi escludendo dal suo
discorso alle donne perbene, cioè le fanciulle non sposate e le Matrone, e ribadisce
che la donna sposata deve rispettare e temere il marito come vogliono leges duxque
pudor, e che i suoi consigli sono rivolti alle liberte. Ma in realtà i comportamenti
licenziosi descritti nell'ars erano diffusi in ogni ceto tanto che perfino la figlia e nipote
di Augusto conducevano vita dissoluta e praticavano apertamente l'adulterio.
L'opposizione Ovidiana è anticonformista: l'amore di cui Ovidio si fa maestro è una
sorta di negazione dell'amore elegiaco o meglio è una simulazione di esso poiché
prescinde dai sentimenti e si serve della finzione e dell'inganno come strumenti di
conquista: fallite fallentes ,ingannate loro che vi ingannano, consiglia il poeta agli
amanti. La vera passione amorosa è assente in questo gioco fatto di abili schermaglie
di calcoli di scaglie raggiri dove la donna e l'uomo si fanno di volta in volta cacciatori e
prede seducendo e lasciandosi sedurre alla ricerca di emozioni fisiche e di piaceri
superficiali. Questo quadro che potrebbe risultare un po' squallido e volgare è
ravvivato oltre che dalla maestria stilistica del poeta ,dal suo humor, dal distacco
intellettuale e dal sorriso di superiorità con cui egli guarda alla sua materia, dall'ironia
e dalla autoironia, dal tono scherzoso con cui il lettore è invitato a partecipare a un
gioco frivolo ma raffinato, come frivola e raffinata è l'arte ovidiana. OVIDIO E IL
MATRIMONIO Nel II libro Ovidio fa una netta distinzione tra il matrimonio (visto come
causa di continui litigi tra marito e moglie) e la relazione d’amore libera e
extraconiugale (in cui regnano l’armonia, la dolcezza e la passione). Ovidio dà per
scontato che nel matrimonio non vi sia amore: l’abitudine, la routine, e quindi la noia,
spengono la passione, mentre l’insicurezza e la precarietà di un rapporto irregolare,
non imposto dalla legge ma scelto e vissuto liberamente, mantengono vivo il desiderio
erotico. La contrapposizione tra matrimonio e amore (e il giudizio negativo sul primo)
non è propria solo di Ovidio → il suo pensiero rispecchia, in realtà, un’opinione diffusa
nel mondo antico, dove il matrimonio è presentato spesso come un male necessario,
un dovere sociale che ha ben poco a che vedere con l’amore. IL MATRIMONIO A ROMA
Nell’antica Roma (come in altre civiltà antiche e moderne), il matrimonio non aveva
nulla a che fare con l’amore. Nel matrimonio romano l’amore tra coniugi era un
requisito raro e comunque non richiesto. Per i cittadini romani era essenzialmente un
dovere civico, un “patto” fra i due coniugi dal valore giuridico, fatto per lo più in
funzione del prestigio sociale, di aspirazioni economiche, di rapporti politici. Dal
momento che il matrimonio non presupponeva necessariamente amore, quest’ultimo
trovava il suo sfogo altrove: schiave, liberte, meretrici, mogli adultere. L’amore
extraconiugale era, quindi, il complemento necessario (o quasi) del matrimonio. Non è
un caso che l’amore rappresentato dai poeti elegiaci sia proprio di tipo
extraconiugale: le figure femminili cantate dai poeti elegiaci corrispondono tutte,
senza eccezioni, a cortigiane. Le relazioni con donne di tale tipo sono quindi
“irregolari”, precarie e instabili: proprio per questo provocano ansie, tensioni e
sofferenze, sono minate dalla gelosia e appaiono sempre sull’orlo della crisi o della
rottura. Libro di circa 800 versi in cui sono illustrati i rimedi dell'amore, cioè le terapie
da attuare per liberarsi di un amore non corrisposto; tali rimedi sono lo sport,
l'agricoltura, i viaggi, la concentrazione sui difetti della puella, il ricorso a nuovi amori
eccetera. L’opera è concepita come una sorta di “ritrattazione” dell’Ars amatoria.
Restano Inoltre un centinaio diversi di un'operetta incomputa, i cosmetici delle donne,
dedicata a consigli e a ricette di cosmesi. ELEGIA EZIOLOGICO-CELEBRATIVA Sul
modello di Callimaco e Properzio , Ovidio si cimentò anche nell’elegia eziologica.
EZIOLOGICO: il termine deriva dal greco AITIA = causa. Indica lo studio sulle cause per
cui alcuni eventi si verificano o le ragioni che portano a quell'evento. I Fasti, ovvero
giorni festivi, indica in questo caso l'elenco dei giorni cioè il calendario: secondo
l'ordine cronologico del nuovo calendario Giuliano il poeta si sofferma sulle singole
ricorrenze e festività illustrando i fatti della leggenda e della storia di Roma che ne
sono alle origini. L'opera iniziata nel 12 d.C. era stata concepita in dodici libri , uno per
ogni mese dell'anno, ma nell’ 8 d C. quando Ovidio dovette lasciare Roma, ne aveva
composti soltanto 6, relativi ai mesi da gennaio a giugno. Si tratta di un'opera erudita
di gusto Alessandrino che fonde tratti elegiaci con elementi propri della tradizione
didascalica. Il poeta prendendo spunto dai giorni, dalle feste, dai riti, impartisce
nozioni di astronomia; spiega usanze, tradizioni e credenze popolari; narra aneddoti,
favole e episodi della Storia di Roma, attingendo a svariate fonti antiquarie e
storiografiche. La trattazione è ravvivata da frequenti apostrofi ad Augusto o al
lettore, e dai dialoghi con le varie divinità che forniscono spiegazioni rispondendo alle
domande del poeta. Non mancano i momenti felici come ad esempio il breve
racconto del mito di Arione salvato da un delfino, o l'ampio episodio del giovane
Tarquinio che invaghito di Lucrezia, moglie di Collatino, la oltraggia e né provoca il
suicidio. I fasti però non sono tra le prove migliori di Ovidio : sono Infatti monotoni
per la struttura cronologica, appesantiti dalla abbondanza dell'erudizione, risultano
un’opera frammentaria in cui l'intento celebrativo non è sorretto ne dà un vero e
profondo interesse storico ne dal senso eroico e patriottico di Roma.

L'elegia latina: properzio, tibullo,


Cornelio gallo e Ovidio., Appunti di
Letteratura latina
Bocconi School of Management SDA

Letteratura latina
L’elegia è un genere letterario di
origine greca; una volta trapiantato
a Roma , viene
rinnovato e assume caratteristiche
specifiche, differenziandosi dai
modelli. È un
componimento poetico
caratterizzato dall’uso di un metro
preciso, il distico elegiaco,
costituito da un esametro e un
pentametro.
L’ELEGIA DI ETA’ AUGUSTEA :
POESIA D’AMORE
L’elegia latina è una creazione
originale che si differenzia dalla
tradizione greca, in
primo luogo per quanto riguarda il
tema: mentre l’elegia greca si
caratterizza per una
notevole varietà tematica, quella
latina si contraddistingue per
trattare un unico
argomento, quello amoroso.
L’elegia latina conobbe uno
sviluppo intenso ma
breve,collocabile in pochi decenni
compresi nell’epoca augustea. La
seconda metà del
I secolo a.C. è, infatti, il periodo di
massima fioritura dell'elegia. Nel
mondo latino,
l’elegia trova i suoi massimi
rappresentanti in 4 autori, tutti
vissuti nell’età augustea:
Cornelio Gallo ,Tibullo, Properzio e
Ovidio.
Cornelio Gallo fu considerato già
dagli antichi l’iniziatore del genere
elegiaco nella
letteratura latina, proprio per aver
conferito all’elegia romana i suoi
tratti più
caratteristici:
1. L’argomento amoroso (viene
raccontata una storia d’amore
attraverso diversi
componimenti)
2. Il carattere autobiografico e
soggettivo (l’autobiografismo è
sempre filtrato dal
punto di vista letterario)
3. Una forte passionalità
4. La forma raffinata ed elegante (lo
stile è semplice, limpido ed
elegante)
“L’AMORE NELLA POESIA
ELEGIACA”
L’amore è descritto come
un’esperienza totalizzante, ma non è
quasi mai gioioso, anzi
è per lo più fonte di sofferenza: il
rapporto del poeta con l’amata è,
infatti, di
sottomissione alla donna, concepita
come domina (“signora, padrona”)
capricciosa,
crudele e infedele, per cui la
relazione amorosa è un servitium
amoris (“schiavitù
d’amore”). Oltre a tradire e far
ingelosire l'amante, la donna gli si
concede a fatica: è
topica l’immagine dell'innamorato
respinto che si duole, di fronte alla
porta chiusa, per
la crudeltà dell'amata. La donna
amata, inoltre, è sempre evocata con
uno pseudonimo.
Non a caso, l'elegia latina è
generalmente interpretata come un
canto di lamento, tanto
che il poeta Ovidio, in una sua
opera, la definisce “flebile carmen”.
“LA COMPONENTE
SOGGETTIVA”
Nella poesia elegiaca le reali
esperienze di vita del poeta sono
sempre rielaborate e
filtrate da un punto di vista
letterario: le sue vicende personali
sono rievocate, infatti,
attraverso schemi, immagini e
motivi stereotipati. Le circostanze
reali si mescolano
indissolubilmente a elementi
inventati, fittizi e convenzionali.
Non dobbiamo quindi
lasciarci ingannare dal carattere
soggettivo del genere elegiaco, che
sembra darci una
forte impressione di
autobiografismo: per una corretta
lettura di questi testi, non
bisogna mai dimenticare che colui
che parla in prima persona (l’io
lirico) è un
personaggio letterario, che sarebbe
sbagliato sovrapporre e identificare
con l’autore in
carne ed ossa.
Possiamo definirlo un autore
“cancellato dalla storia”, dal
momento che di lui abbiamo
pochissime notizie e quasi nulla ci è
pervenuto della sua opera. Per
motivi a noi ignoti,
cadde in disgrazia presso
l’imperatore Augusto, il quale lo
condannò all’esilio e alla
damnatio memoriae. Per questo
motivo il poeta si suicidò. Fu autore
di una raccolta di
elegie dal titolo “Amores” (di cui si
conservano solo pochi frammenti),
dove canta la
sua passione per Licoride. Licoride
è uno pseudonimo dietro al quale si
celava un
donna reale, una liberta e attrice di
mimi di nome Volumnia (amante
anche di altri
celebri personaggi come Bruto e
Marco Antonio). Secondo i canoni
dell’elegia,
Licoride è descritta come una donna
spietata, a cui il poeta dedica tutte le
sue
attenzioni ricevendo in cambio solo
frustrazione.
“LE TRACCE DI GALLO IN
ALTRI POETI LATINI”
L’immagine del poeta Cornelio
Gallo innamorato che soffre per
amore ed è vittima di
una passione infelice è presente
nella X Bucolica di Virgilio (del
quale fu amico): il
poeta elegiaco, protagonista della
bucolica, è confortato dai pastori
per le sue pene
d’amore e perfino alberi e piante
piangono con lui. Gallo afferma che
preferirebbe
dilettarsi con i pastori dedicandosi
alla poesia bucolica, ma conclude
che non gli è
possibile, perché “l’amore vince
ogni cosa e noi cediamo all’amore”
(omnia vincit
Amor, et nos cedamus Amori).
“IL PAPIRO EGIZIO DEL 1978 E
LA RISCOPERTA DI GALLO”
Nel 1978 fu rinvenuto in Egitto un
papiro che conteneva pochi versi,
molto lacunosi,
attribuiti a Cornelio Gallo. In essi
compare il nome di Licoride e altri
termini tecnici
propri del linguaggio erotico della
poesia elegiaca: domina, con cui è
definita la donna;
nequitia, altra parola chiave della
poesia elegiaca che indicava
l’infedeltà della donna
amata.
Fece parte del circolo letterario di
Messalla Corvino, del quale fu
l’esponente
principale. Amava la vita tranquilla
della campagna dov'era nato e
cresciuto;
l’esaltazione della serena vita
agreste, lontana dalla politica e
dedita all’amore, è uno
dei principali temi della sua poesia.
Sotto il suo nome ci è giunta una
raccolta di elegie,
nota come Corpus Tibullianum, che
comprende, però, anche
componimenti di altri
autori appartenenti al circolo di
Messalla. Due sono le donne da lui
amate, che canta
una sotto lo pseudonimo di Delia
(da Delius, appellativo del dio
Apollo, perché nato
nell’isola di Delo), l’altra sotto
quello di Nemesi (dal greco
“vendetta”). Ricorrono, in
Tibullo, le immagini, i motivi, le
situazioni convenzionali tipiche del
genere elegiaco.

Come Virgilio e Orazio, fece parte


del circolo di Mecenate. La sua
raccolta di elegie
racconta la burrascosa relazione con
la donna amata, Cinzia, descrivendo
la situazione
tipicamente elegiaca di un amore
non corrisposto e infelice (fin dal
primo verso, il
poeta si definisce miser), che
culmina con il discidium, cioè la
“rottura, separazione” da
lei. Come la Delia di Tibullo, anche
Cinzia è uno pseudonimo (Cynthius
era
l’appellativo del dio Apollo, perché
nato sul monte Cinto,nell’isola di
Delo). Alcune
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ELEGIE EROTICO-
DIDASCALICHE
Con l’ Ars amatoria composta fra
l'1 a.C. e l'1 d.C. Ovidio scrive il
suo capolavoro nel
campo dell' elegia amorosa,
sviluppando in modo originale un
tipico atteggiamento
del poeta elegiaco, quello
didascalico. Nell'ars amatoria, un
poemetto in distici
elegiaci ,che si sviluppa in tre libri
per un totale di più di 2000 versi,
Ovidio si fa
preceptor amoris (maestro d’amore)
traspondendo la materia erotica con
le sue
situazioni e i suoi temi tradizionali.
Il termine Ars presente nel titolo
rinvia alle artes
cioè ai manuali in prosa contenenti i
precetti relativi a materie tecniche e
specialistiche. Ovidio punta sulla
mescolanza di generi diversi e sulla
ricchezza dei
riferimenti letterari. I primi due libri
sono dedicati agli uomini dando
precetti sul
reperimento della donna da
conquistare. Una volta doppiata la
preda si devono
mettere in opera le tecniche
confidando nella certezza che
nessuna puella resiste a un
abile corteggiamento; La libido
della donna è sfrenata come
dimostrano vari exempla
mitologici tra cui quello di Pasifae
folle d'amore per un toro su cui il
poeta indugia per
una quarantina diversi. Egli passa
poi ad illustrare le tecniche della
seduzione: si
devono scrivere le lettere alla donna
amata seguirla ovunque, frequentare
i banchetti a
cui partecipa. Il secondo libro
insegna le tecniche per far durare
una relazione. Per
conservare l'amore contano
l'intelligenza, la facondia, il
carattere mite e arrendevole,
la docile sottomissione a tutti i
capricci della donna. Gli inganni e i
tradimenti siano
furtivi e rimangano nascosti.
Quanto alle infedeltà della donna
meglio fingere di non
sapere: ad esempio vulcano
sorprendendo Venere in dolce
intimità con Marte ottenne
soltanto che si amassero
apertamente senza più nascondersi.
Il terzo libro si propone
di dare anche alle fanciulle i mezzi
con cui combattere ad armi pari con
i maschi. I
precetti rivolti alle donne
consistono in una sorta di Galateo:
la donna deve saper
cantare, danzare, giocare, conoscere
la poesia, frequentare i teatri e i
conviti; deve
essere affabile, allegra, disponibile
ma capace anche di farsi desiderare
frapponendo
ostacoli all'amore. Anche alle donne
Ovidio consiglia di tollerare
qualche infedeltà è di
non indulgere alla gelosia, le cui
conseguenze rovinose sono
illustrate dal mito di
cefalo e procri. Dal poemetto
emerge un quadro realistico della
società Galante del
tempo: le tecniche che il poeta finge
di insegnare sono i riti sociali, le
pratiche
mondane di quell’ambiente frivolo,
un po' equivoco che egli frequenta.
Egli dà voce a
quella parte dei romani che
apprezzava lo stile di vita moderno
agiato e raffinato,
rifiutando i modelli arcaici, che la
propaganda Augustea tentava di
riproporre e di
restaurare. Non stupisce quindi che
l'ars amatoria non sia piaciuta ad
Augusto, anche
se il poeta non assume alcun
atteggiamento polemico nei
confronti del regime. Egli si
preoccupa di delimitare in modo
chiaro l'ambito in cui intende
muoversi escludendo
ELEGIE EROTICO-
DIDASCALICHE

Con l’ Ars amatoria composta fra


l'1 a.C. e l'1 d.C. Ovidio scrive il
suo capolavoro nel
campo dell' elegia amorosa,
sviluppando in modo originale un
tipico atteggiamento
del poeta elegiaco, quello
didascalico. Nell'ars amatoria, un
poemetto in distici
elegiaci ,che si sviluppa in tre libri
per un totale di più di 2000 versi,
Ovidio si fa
preceptor amoris (maestro d’amore)
traspondendo la materia erotica con
le sue
situazioni e i suoi temi tradizionali.
Il termine Ars presente nel titolo
rinvia alle artes
cioè ai manuali in prosa contenenti i
precetti relativi a materie tecniche e
specialistiche. Ovidio punta sulla
mescolanza di generi diversi e sulla
ricchezza dei
riferimenti letterari. I primi due libri
sono dedicati agli uomini dando
precetti sul
reperimento della donna da
conquistare. Una volta doppiata la
preda si devono
mettere in opera le tecniche
confidando nella certezza che
nessuna puella resiste a un
abile corteggiamento; La libido
della donna è sfrenata come
dimostrano vari exempla
mitologici tra cui quello di Pasifae
folle d'amore per un toro su cui il
poeta indugia per
una quarantina diversi. Egli passa
poi ad illustrare le tecniche della
seduzione: si
devono scrivere le lettere alla donna
amata seguirla ovunque, frequentare
i banchetti a
cui partecipa. Il secondo libro
insegna le tecniche per far durare
una relazione. Per
conservare l'amore contano
l'intelligenza, la facondia, il
carattere mite e arrendevole,
la docile sottomissione a tutti i
capricci della donna. Gli inganni e i
tradimenti siano
furtivi e rimangano nascosti.
Quanto alle infedeltà della donna
meglio fingere di non
sapere: ad esempio vulcano
sorprendendo Venere in dolce
intimità con Marte ottenne
soltanto che si amassero
apertamente senza più nascondersi.
Il terzo libro si propone
di dare anche alle fanciulle i mezzi
con cui combattere ad armi pari con
i maschi. I
precetti rivolti alle donne
consistono in una sorta di Galateo:
la donna deve saper
cantare, danzare, giocare, conoscere
la poesia, frequentare i teatri e i
conviti; deve
essere affabile, allegra, disponibile
ma capace anche di farsi desiderare
frapponendo
ostacoli all'amore. Anche alle donne
Ovidio consiglia di tollerare
qualche infedeltà è di
non indulgere alla gelosia, le cui
conseguenze rovinose sono
illustrate dal mito di
cefalo e procri. Dal poemetto
emerge un quadro realistico della
società Galante del
tempo: le tecniche che il poeta finge
di insegnare sono i riti sociali, le
pratiche
mondane di quell’ambiente frivolo,
un po' equivoco che egli frequenta.
Egli dà voce a
quella parte dei romani che
apprezzava lo stile di vita moderno
agiato e raffinato,
rifiutando i modelli arcaici, che la
propaganda Augustea tentava di
riproporre e di
restaurare. Non stupisce quindi che
l'ars amatoria non sia piaciuta ad
Augusto, anche
se il poeta non assume alcun
atteggiamento polemico nei
confronti del regime. Egli si
preoccupa di delimitare in modo
chiaro l'ambito in cui intende
muoversi escludendo
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