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PARADIGMI DEL MASCHILE E FEMMINILE


NEL CRISTIANESIMO ANTICO
PARADIGMI
DEL MASCHILE E FEMMINILE
NEL CRISTIANESIMO ANTICO
XLVII Incontro
di Studiosi dell’Antichità Cristiana
(Roma, 9-11 maggio 2019)

Institutum Patristicum Augustinianum


Nerbini
5 60,00 INTERNATIONAL
Studia Ephemeridis Augustinianum 157

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MASCULUM ET FEMINAM
CREAVIT EOS (Gen. 1,27)
Paradigmi del maschile e femminile
nel cristianesimo antico
XLVII Incontro di Studiosi dell’Antichità Cristiana
(Roma, 9-11 maggio 2019)

ESTRATTO
ad uso personale dell’autore
Diffusione vietata

Institutum Patristicum Augustinianum

Nerbini
INTERNATIONAL

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In copertina: Roma, Ipogeo di via Dino Compagni, Affresco con i protoparenti tristi dopo
il peccato (metà del IV sec.) (per gentile commissione della Pontificia
Commissione di Archeologia Sacra)

© 2020 - Institutum Patristicum Augustinianum


Via Paolo VI, 25 - 00193 Roma

Coordinamento redazionale: Massimiliano Ghilardi

Per questa edizione:


© 2020 - Nerbini International - Prohemio Editoriale srl - Firenze

e-mail: edizioni@nerbini.it
www.nerbini.it

ISBN: 978-88-6434-700-4

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Manuel Mira Iborra
LA DIVERSITÀ UOMO-DONNA
IN BASILIO DI CESAREA

Gli studi sul gender hanno puntato il dito sulla disparità uomo-donna nella sto-
ria della cultura. Alcuni studiosi partono dal presupposto che le diversità tra i sessi
non hanno fondamento naturale, ma sono dei costrutti culturali. Altri respingono
in blocco gli studi sul gender e chiudono gli occhi su situazioni di esclusione delle
donne verificate lungo i secoli. C’è anche un approccio che accoglie la distinzione
naturale uomo-donna e le profonde radici sulle quali poggia, ma riconosce anche
che la cultura svolge un ruolo nell’articolazione di questa distinzione. La storia
di quest’articolazione tra natura e cultura costituisce una luce guida nello sforzo
per creare una cultura umanistica.1 Basilio di Cesarea offre spunti sulla diversità
uomo-donna, che presentiamo per contribuire a tratteggiare il quadro generale
della visione dei Padri.2

1. Uguaglianza fondamentale tra l’uomo e la donna


Secondo il pensiero platonico, uomo e donna hanno una stessa dignità, perché
possiedono un’anima intellettiva, ma la debolezza fisica della donna ostacola il
suo sviluppo e fa che la sua crescita sia più faticosa e lenta; inoltre la femminilità è
legata alla corporeità, aggiunta all’anima dopo che è caduta nel mondo materiale, e
non rimarrà dopo che l’anima sia liberata dal corpo.3 Origene segue questo orien-
tamento.4 Basilio affonda le radici in questa tradizione, e, se le sue affermazioni

1
  P. Allen, The concept of woman: the Aristotelian revolution 750 b.C.-a.D. 1250, Grand Ra-
pids (MI) 1997, descrive le idee antiche pagane e cristiane sull’argomento a grandi linee.
2
  H. Crouzel, Il problema della donna in san Basilio, in Ho theológos 6 (1979), 29-42, ha
messo insieme i testi dove Basilio si riferisce alle donne, ma dedica i suoi commenti innanzitutto
alle lettere canoniche.
3
  Cf. P. Allen, The concept of woman, 57-74.
4
  Cf. C. Mazzucco, Donna, in Origene. Dizionario, ed. A. Monaci Castagno, Roma 2000, 125.
Origene vede in Gen. 1,27 la creazione dell’uomo come creatura spirituale, fatta ad immagine

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sono progettate su questo retroterra, si percepiscono le continuità e i cambiamen-


ti. Basilio inizia l’omelia In martyrem Iulittam annunziando che vuole trattare il
combattimento virile e perciò stupefacente sostenuto da Giulitta.5 A lei l’appellati-
vo di donna si addice appena, perché «con una grande forza d’animo è riuscita ad
occultare la debolezza della natura femminile». Il diavolo ha cercato di dimostrare
che «non avrebbe potuto conservare la pietà verso Dio intatta fino alla fine, a causa
della debolezza della natura», credendo di poterla vincere facilmente, ma è stato
sconfitto dalla virtù femminile ed è stato coperto di vergogna, perché si è mostrato
più debole che una donna. Un concittadino di lei, racconta il Cappadoce, ha ten-
tato di impadronirsi dei suoi beni, e Giulitta lo ha citato a giudizio per proteggersi.
Nel processo, l’uomo ha fatto pubblica la fede cristiana della donna, e il giudice
le ha chiesto di offrire un sacrificio. Giulitta si è rifiutata di farlo, e il giudice le ha
tolto quanto possedeva, ed ha comandato di torturarla e di buttarla al rogo.
Basilio spiega che, quando la martire stava per essere spinta alle fiamme,

esortava le donne presenti6 a non essere delle rammollite nelle fatiche per la pietà,
né ad allegare come scusa la debolezza della natura. Diceva: Noi donne siamo fatte
della medesima massa corporea degli uomini. Come loro, anche noi siamo state
create a immagine di Dio. Similmente al maschio la femmina è stata fatta capace di
virtù dal Creatore. Non siamo forse affini in tutto agli uomini? Infatti non solo car-
ne fu presa per la creazione della donna ma anche osso dalle ossa. Sicché costanza,
fortezza e sopportazione sono dovute al Signore in egual modo sia dagli uomini che
da noi donne.7

Il Cappadoce esorta allora gli uomini: «non vogliate mostrarvi inferiori alle
donne nella pietà!», e incoraggia le donne: «non allontanatevi da tale esempio.
Senza più scuse applicatevi alla pietà, dopo aver esperimentato nei fatti che gli
svantaggi della natura non vi impediscono in alcun modo l’acquisizione del bene».

di Dio, nella quale non c’è distinzione in sessi; la distinzione in uomo e donna, della quale parla
Gen. 2, è aggiunta più tardi da Dio stesso. Mazzucco cita G. Sfameni Gasparro, La donna nell’ese-
gesi patristica di Gen. 1-3, in La donna nel pensiero cristiano antico, ed. U. Mattioli, Genova 1992,
17-50, in part. 31-34. Secondo M. Merino Rodríguez, La feminidad en la escuela de Alejandría,
in Masculinidad y feminidad en la patrística, Pamplona 1994, 37-40, Origene ritiene buona la
distinzione, perché è voluta da Dio.
5
  In martyrem Iulittam 1-2 (PG 31, 237-241). J. Bernardi, La prédication des Pères
cappadociens. Le prédicateur et son auditoire, Paris 1968, 77-85, la data un 31 luglio tra l’ordina-
zione vescovile e il 372.
6
  C. Mazzucco, Donna, 127, tra altri, ricorda che nelle comunità antiche le donne non pote-
vano insegnare la fede tranne che ad altre donne, innanzitutto adolescenti, restrizione accennata
da Origene. Si ricordi però che Basilio racconta che da bambino ha imparato dalla madre e dalla
nonna Macrina la retta nozione di Dio, che lui ha conservato e fatto crescere (ep. 223, 4; ed.
Courtonne 3, 12). D. Gemmiti, La donna in Origene, Napoli 1996, 118-120, ritiene che Origene
e altri autori antichi hanno apprezzato la capacità delle donne per insegnare la fede in famiglia.
7
  In martyrem Iulittam 2 (PG 31, 240-241) in Basilio di Cesarea, I martiri, ed. M. Girardi,
Roma 1999 (CTP 147).

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La debolezza è descritta tradizionalmente come una caratteristica della natu-


ra femminile, e la capacità della donna di superare questa debolezza e di vivere
virtuosamente è un insegnamento anche tradizionale nella Chiesa.8 Basilio vede
questa capacità come conseguenza della creazione della donna come immagine di
Dio al pari dell’uomo e del fatto che è stata modellata con carne e con ossa prese
dall’uomo, premesse desunte da Gen. 1–2.9
L’omelia In Psalmum I fu composta da Basilio alla fine della sua vita.10 Quando
commenta il versetto primo: «Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi»,
il vescovo di Cesarea si chiede se bisogna capire che la donna è esclusa dalla bea-
titudine. Si affretta a rifiutare quest’ipotesi, affermando che uomo e donna eserci-
tano una stessa virtù, perché sono creature della stessa dignità e allora meritano
la stessa ricompensa. Basilio dimostra il suo pensiero citando Gen. 1,27, e offren-
done un rapido commento, nel quale riprende l’argomentazione precedente, cioè,
dalla stessa natura si aspettano le stesse azioni, e alla stessa azione corrisponde
la stessa ricompensa. Basilio si domanda anche per quale motivo l’agiografo ha
accennato alla beatitudine dell’uomo e non a quella della donna, e risponde che
ha voluto includere tutta la natura umana riferendosi soltanto alla parte rettrice
(ἡγεμονικωτέρου).11
Il Cappadoce usa una nozione di natura diversa di quella adoperata in In
martyrem Iulittam: lì attribuiva la debolezza alla «natura femminile»;12 qui afferma
che uomo e donna hanno la stessa natura, e che all’interno di questa natura l’uomo
è la parte rettrice; l’idea della parte rettrice svolge un ruolo anche nell’antropo-
logia, dove la ragione è definita appunto τὸ ἡγεμονικόν. Come in In martyrem
Iulittam, Basilio poggia su Gen. 1,27 per provare l’uguaglianza tra donna e uomo, e
sfuma questa pari dignità aggiungendo che l’elemento maschile è la parte rettrice.
Basilio spiega a Anfilochio di Iconio, recentemente diventato vescovo, i canoni
che deve seguire per risolvere diverse situazione problematiche nelle epp. 188, 199
e 217. Nell’ep. 188 afferma che i poligami, termine col quale intende le persone che
si sono sposate tre o più volte, devono essere allontanati dalla comunità per cin-
que anni, perché la loro pratica dovrebbe essere chiamata fornicazione (πορνείαν)
piuttosto che poligamia. Ma già dopo due o tre anni gli si deve permettere di par-
tecipare ai raduni liturgici; dopo questo momento gli si deve permettere di sta-

8
  C. Mazzucco, «E fui fatta maschio». La donna nel cristianesimo primitivo, Firenze 1989,
104, accenna al topico e offre riferimenti a testi patristici nei quali si riscontra.
9
  M. Merino Rodríguez, La feminidad en la escuela de Alejandría, 40-45, afferma che uomo
e donna possiedono stessa dignità secondo gli alessandrini, e ricorda che Clemente riteneva che
la donna è chiamata alla stessa virtù che l’uomo (Paed. 1, 4, 10, 1-3) e può affrontare il martirio
(Str. 4, 8, 67, 4).
10
  Cf. J. Bernardi, La prédication des Pères cappadociens, 22-41.
11
 Cf. Hom. in ps. I, 3 (PG 29, 216D-217A).
12
  M. Merino Rodríguez, La feminidad en la escuela de Alejandría, 40-41, spiega che gli au-
tori alessandrini parlano di «natura femminile» per riferirsi alle caratteristiche fisiologiche della
donna.

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re con gli altri fedeli, ma senza accordargli licenza per ricevere la comunione; se
mostrano segni di pentimento, li si deve riammettere pienamente.13 Il tempo di
penitenza è lo stesso per gli uomini che per le donne. Il canone, allora, rispetta la
parità uomo-donna.

2. Diversità tra l’uomo e la donna


È tradizionale la visione della donna come inferiore all’uomo per la sua de-
bolezza e per i difetti che questa debolezza porta con sé, come la mancanza di
coraggio.14 Basilio accoglie alle volte questa visione tradizionale.15 Una delle strade
per difendere la donna da quest’accusa è affermare che possiede un coraggio so-
migliante a quello del maschio. Basilio percorre di solito un’altra strada: riconosce
nella donna caratteristiche proprie che, messe al servizio degli altri, rendono la vita
in relazione migliore.16
Basilio dedica la Regola morale 73 alla vita degli sposi e la divide in sei capito-
letti. Nel sesto ricorda che le donne «devono stare zitte in Chiesa, e domandare in
casa sul modo di piacere a Dio», come insegna l’apostolo Paolo in 1 Tim. 2,11-15.17
La docilità con cui Basilio accoglie le parole della Scrittura non gli permette di di-
stinguere al loro interno tra elementi essenziali e secondari, aggiornabili secondo
la mentalità del momento.
Nell’ep. 188, scritta agli inizi del 375, Basilio applica il principio del “salvo in
caso di fornicazione” a uomini e donne. Il Cappadoce comincia a stabilire le basi
del ragionamento, affermando che, malgrado le parole del Signore sembrino vali-
de allo stesso modo per gli uomini e per le donne, la consuetudine (συνήθεια) non
agisce così, ma si possono trovare più precisazioni (ἀκριβολογίαν) per le donne,
perché Paolo avverte che colui che si unisce ad una prostituta diventa un solo cor-
po con lei, e il profeta Geremia afferma che la donna che diventa di un altro uomo,
non deve ritornare al primo. Se l’uomo se ne va da un’altra donna, spiega Basilio
applicando per la prima volta queste premesse, ma poi decide di ritornare, questa
lo deve ricevere; ma se la donna se ne va, il marito ha l’obbligo di non riammetter-
la, altrimenti è pazzo ed empio, perché la donna è diventata adultera, e se il marito
si unisce a lei diventa adultero anche lui. Il Cappadoce offre una seconda determi-

13
 Cf. ep. 188, 4 (ed. Courtonne 2, 125).
14
  Il modo nel quale Aristotele capisce la distinzione uomo-donna, secondo la descrizione
fatta da P. Allen, The concept of woman, 83-119, sembra una teorizzazione di questa concezione
tradizionale.
15
 Nell’omelia Quod rebus mundanis adhaerendum non est 11 (PG 31, 560-561), Basilio ri-
corda che il diavolo cercò di indurre a bestemmiare Giobbe per mezzo dei rimproveri di sua
moglie.
16
  Una valorizzazione positiva della femminilità si trova in Clemente Alessandrino, Paed.
1, 4, 19, 1.
17
 Cf. Moral. 73, 6 (PG 31, 853B).

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nazione nell’affermare che la consuetudine stabilisce che gli uomini adulteri siano
tollerati dalle donne; i canoni inoltre affermano che la donna che lascia il marito
per qualsiasi ragione commette un delitto, e le consigliano di avere pazienza, se è
percossa18 o se subisce danni patrimoniali, e le vietano di lasciare il marito pagano
per custodire la propria fede, giacché forse lo può convertire. Se la donna lascia
il marito, aggiunge in terzo luogo il vescovo di Cesarea, e va da un altro, diventa
adultera, e il marito abbandonato che in questi casi va da un’altra donna deve es-
sere perdonato, come anche quella donna; e se il marito lascia la moglie e se ne va
da un’altra, lui è lo stesso un adultero e lo è anche la donna che lo accoglie, perché
lo ha attratto allontanandolo dalla sua moglie.19 Tutte le tre ipotesi sono molto
sfavorevoli alle donne, tranne il fatto che tanto l’uomo come la donna che lasciano
il congiunto e vanno da un altro sono ritenuti adulteri.20 Mazzucco spiega che le
pene inflitte ad adulteri sono le stesse per uomini e donne nel Pastore di Erma;
sembra che la situazione della donna fosse peggiore nel secolo IV.21
Basilio ritorna sull’argomento del trattamento che si deve dare all’uomo e alla
donna sposati che hanno dei rapporti con un’altra persona nell’ep. 199, scritta
nell’estate del 375, qualche mese dopo la precedente.22 L’uomo è considerato for-
nicatore e incorre in pena canonica, ma, se la nuova compagna non è sposata, non
cade nella categoria degli adulteri;23 e inoltre la moglie è tenuta ad accoglierlo, se
ritorna. Invece, l’uomo non deve accogliere la donna che ha avuto rapporti fuori
dal matrimonio, non importa se furono con un uomo sposato oppure non sposato.
Alla fine di questa lettera, Basilio riconosce che «la spiegazione di queste norme
non è facile», ma ribadisce che «la consuetudine ha dato forza a questa pratica».24
La perplessità di Basilio sembra una luce rossa che si accende per indicare che
qualche cosa non va nella disparità del trattamento, ma non è sufficiente per spin-
gere a cercare di cambiare la norma.25 Pouchet riconosce che la donna è in situa-

18
  Basilio di Cesarea, Hex. 7, 5-6 (SC 26, 416-419), racconta la storiella dell’accoppiamento
della vipera con la morena, e consiglia ai mariti di essere gentili con le mogli, e alle donne pazienti
con i mariti.
19
 Cf. ep. 188, 9 (ed. Courtonne 2, 128-129).
20
  H. Crouzel, Il problema della donna in san Basilio, 38-39, sottolinea che Basilio impone
alla donna di accogliere il marito che ritorna, ma vieta all’uomo di accogliere la sposa, e fa vedere
che non è chiaro nella definizione del peccato commesso da chi lascia la moglie e si unisce ad
un’altra: alle volte lo chiama adulterio, alle volte fornicazione.
21
  Cf. C. Mazzucco, «E fui fatta maschio», 28-29.
22
  R. Pouchet, Basile le grand et son univers d’amis d’après sa correspondance. Une stratégie de
communion, Roma 1992, 410, data la corrispondenza tra Basilio e Anfilochio.
23
  H. Crouzel, Il problema della donna in san Basilio, 38-39, indica a ragione che i tenten-
namenti di Basilio sulla specie morale del peccato dell’uomo, espressi in ep. 188, 9, sono qui
scomparsi, a favore della definizione di fornicazione. Lo svantaggio della donna nei confronti
dell’uomo risulta così confermato.
24
 Cf. ep. 199, 21 (ed. Courtonne 2, 157-158).
25
  Gregorio di Nazianzo nella Or. 37, 6-7 (PG 36, 289-292) si schiera invece decisamente a
favore della parità tra uomo e donna in questo ambito: il marito è tenuto allo stesso modo che

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zione svantaggiata in questa legislazione e trova le ragioni di questa diseguaglianza


nell’accettazione della mentalità dell’epoca, che Basilio non accenna a interrompe-
re, e nella considerazione che il tradimento della donna era più nocivo all’ordine e
alla stabilità della famiglia che quello dell’uomo.26
Basilio accoglie canoni che trattano in modo dispari uomini e donne anche
riguardo a coniugi abbandonati. I canoni, infatti, riguardo all’uomo lasciato dalla
sposa, distinguevano tra quello abbandonato incolpevolmente, al quale – qualora
coabitasse con un’altra donna – si accordavano il perdono e la comunione con la
Chiesa,27 e quello abbandonato per sua colpa, che probabilmente si faceva reo di
una pena canonica.28 Basilio ragiona in modo sfavorevole alla donna, quando in
mancanza di un canone esplicito deve esprimere un parere sul modo di procedere
con la moglie abbandonata dal coniuge: ritiene che non debba unirsi ad un altro
uomo, perché, se convive con un nuovo compagno, cade nella categoria delle adul-
tere, visto che il Signore dice: «se uno abbandona la propria moglie, la fa diventare
adultera» (ep. 199, 48).29
Il trattamento riservato alle vedove e ai vedovi che si risposano è diverso. La ve-
dova viene soltanto allontanata dall’ordine delle vedove, ma, se ha più di sessanta
anni, le si vieta inoltre la comunione, finché non interrompa il nuovo rapporto.30
L’uomo riceve la pena dei bigami, ma dopo il compimento di questa penitenza
viene riammesso alla comunione, senza che ci siano distinzioni per la sua età.31
Basilio riflette nell’ep. 199 sul modo di procedere quando una vergine non è fede-
le alla promessa di verginità pronunciata nei confronti di Dio. Il vescovo di Cesarea
ricorda ad Anfilochio che la punizione precedente consisteva, come nel caso dei

la donna alla fedeltà coniugale, e cade nell’adulterio se la infrange. H. Crouzel, Il problema della
donna in san Basilio, 41-42, pensa che Gregorio sta forse prendendo posizione nei confronti di
Basilio, oltre che della legge civile.
26
  Cf. R. Pouchet, Basile le grand et son univers d’amis, 425.
27
  Questo caso era stato trattato già in ep. 188, 9. Sull’argomento, cf. B. Petra, Basilio il Gran-
de e le seconde nozze. Un tentativo di ricerca oltre le polemiche, in Studia moralia 28 (1990), 43-77.
H. Crouzel, Il problema della donna in san Basilio, 37, pensa che questi “canoni” erano in realtà
risposte a casi particolari, non leggi generali, e che fu la tradizione posteriore a renderli tali.
28
  I canoni regolavano anche cosa dovesse fare la donna presa dal marito abbandonato, se
ritornava la prima moglie e veniva ricacciata: il suo peccato era stato dovuto all’ignoranza e per-
ciò non le si dovevano vietare le nozze, ma era «più bello se restava come stava» (ep. 199, 46; ed.
Courtonne 2, 163).
29
 Cf. ep. 199, 48 (ed. Courtonne 2, 163-164). L’ep. 199, 31 aggiunge che la donna il cui sposo
è scomparso e si unisce ad un altro senza accertarsi che il marito sia davvero morto, diventa
adultera. L’ep. 199, 36 precisa che, se lo scomparso è un soldato andato in guerra, la donna deve
essere discolpata, perché la morte è probabile.
30
 In Hex. 8, 6 (SC 26, 458), Basilio spiega che le tortore hanno lungo tutta la vita un solo
compagno, e che se costui muore non cercano un altro, e consiglia alle vedove di seguire il loro
esempio.
31
 Cf. ep. 199, 24 (ed. Courtonne, 2, 158-159).

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bigami, nell’esclusione della comunione per un anno,32 ma ritiene opportuno rive-


dere questa consuetudine, avuto conto della maggiore forza della Chiesa e del fatto
che l’ordine delle vergini trabocca di postulanti. Basilio consiglia che la donna che si
dichiara sposa di Cristo e poi si tira indietro e vuole sposare un uomo sia sottomessa
alla pena delle adultere, ma chiede inoltre di essere restrittivo nell’accettazione delle
professioni di verginità.33 Per quanto riguarda i monaci, Basilio chiede che gli si ven-
ga richiesta esplicitamente la professione di verginità, e che, se vengono meno alla
loro parola, siano sottomessi alla pena dei fornicatori.34 Basilio è più severo con le
vergini che con i monaci,35 ma le misure proposte per i monaci costituiscono anche
un irrobustirsi della normativa, perché esigono più chiarezza nella professione e più
severità nella punizione dell’infedeltà.
La Regola morale 73 è stata presentata precedentemente. Nei due primi capi-
toletti dei sei che la compongono, Basilio ricorda le norme date da Matteo, Luca
e Paolo sull’interruzione della vita matrimoniale, sottolineando che quest’interru-
zione si deve fare soltanto per tradimento del congiunto o per coltivare la pietà, e
che, dopo essersi allontanati gli sposi, la donna non deve essere accolta da un altro
uomo, perché quello sarebbe adulterio. I capitoletti terzo e quarto Basilio li dedica
alla descrizione dei rapporti mutui tra gli sposi sulla falsariga di Eph. 5,22-28: «gli
uomini devono amare le loro mogli come Cristo ha amato la Chiesa, consegnando
se stesso per essa, allo scopo di santificarla»; «le donne devono essere sottomesse ai
loro mariti, come la Chiesa era sottomessa a Cristo, compiendo così la volontà di
Dio»; l’atteggiamento sottomesso delle donne Basilio lo incoraggia anche citando
Tit. 2,4-5: «che insegnino la pacatezza alle giovani, che siano amanti dei loro sposi
(φιλάνδρους), caste, custodi dei focolari, benevole, sottomesse ai loro mariti, affin-
ché la parola di Dio non riceva biasimi». Infine, nel capitoletto cinque si riferisce
all’insegnamento di Paolo in 1 Cor. 14,34-35, secondo il quale le donne si devono
abbellire non con trucco ma con delle buone opere.36 La scelta di brani operata dal
Cappadoce gli consente di tratteggiare un quadro della vita matrimoniale nel qua-
le, prendendo a esempio il rapporto tra Cristo e la Chiesa, le caratteristiche proprie
di mascolinità e femminilità si mettono al servizio dell’altro, e ottengono il frutto
di una vita familiare armoniosa.
Due lettere di consolazione, scritte al padre e alla madre di un bambino morto
poco prima, rivelano come capisce Basilio la distinzione tra l’uomo e la donna.

32
  Non era l’unica posizione: R. Pouchet, Basile le grand et son univers d’amis, 426 nota 4,
afferma che il concilio di Elvira (c. 13) stabiliva che le vergini cadute pentite fossero riammesse
soltanto in fin di vita.
33
 Cf. ep. 199, 18 (ed. Courtonne 2, 155-157). Basilio dà a Anfilochio un insegnamento somi-
gliante sulle monache che non sono fedeli e vogliono sposarsi in ep. 188, 6 (ed. Courtonne 2, 126).
34
 Cf. ep. 199, 19 (ed. Courtonne 2, 157).
35
  Basilio di Cesarea, ep. 217, 58-59 (ed. Courtonne 2, 211), afferma che un reo di adulterio
doveva fare quindici anni di penitenza, mentre uno di fornicazione ne doveva fare sette.
36
 Cf. moral. 73, 1-5 (PG 31, 849-853).

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Nell’ep. 5, rivolta a Nettario, il padre, il Cappadoce comincia a spiegargli che


condivide il suo dolore: ha potuto scrivere, infatti, soltanto dopo essersi ripreso
dal pianto nel quale lo ha spinto la notizia.37 Mostra poi questa partecipazione
esprimendo un giudizio sull’accaduto nel quale si mette nei panni di Nettario, e
vede l’aspetto doloroso dei fatti: il bambino che è morto era un erede promettente
che non c’è più; il fatto provoca una tristezza dalla quale sembra impossibile venir
fuori; il decesso ha troncato il lieto andamento delle cose con una brutalità che si
direbbe provocata dall’invida del demonio. In un terzo momento, Basilio offre a
Nettario riflessioni che lo aiutino a poggiarsi nella ragione, il miglior dono dato da
Dio all’uomo, per superare lo sconforto: come tutte le grandi fatiche, anche questa
attirerà con sé grandi premi; Dio non vuole che perdano la speranza coloro che
credono in lui, ma che siano pazienti, fiduciosi nella promessa della risurrezione;
Nettario deve sopportare il colpo come un buon lottatore; Dio guida tutto con
amore, e malgrado le sue ragioni adesso restino nascoste, lui sa perché fa vivere di
più alcuni e di meno altri; non si deve dare spazio alla disperazione, perché queste
cose capitano spesso, ma invece imparare da Giobbe e ripetere le sue parole: Dio lo
ha dato, Dio lo ha tolto; potranno rivedere il bambino in breve, perché ogni uomo
si dirige verso lo stesso fine. Basilio invita infine Nettario ad imitare con la virtù
l’innocenza che suo figlio aveva per natura.38
Nell’ep. 6, rivolta invece alla sposa di Nettario, Basilio premette una giustifi-
cazione della lettera per chiarire che in un primo momento riteneva meglio non
scrivere, giacché temeva che come l’occhio infiammato non accoglie senza dolo-
re il rimedio, le sue parole fossero anche controproducenti; ma poi ha deciso di
scrivere, perché ha ricordato che lei è una donna cristiana e con esperienza delle
vicende umane, e quindi in grado di affrontare la situazione. Poi il Cappadoce mo-
stra di condividere il dolore di lei e il suo modo di vedere le cose: può farsi un’idea
della sua tristezza, perché conosce il suo cuore di madre, e la bontà e tenerezza che
usa nei confronti degli altri; capisce che il suo dolore è grande, perché il figlio era
così bravo che tutte le madri volevano avere figli come lui e lo hanno pianto come
se fosse suo, e addirittura la natura stessa è rattristata. Basilio in terzo luogo porge
alla donna riflessioni che le diano sollievo: tutte le cose sono guidate dalla provvi-
denza di Dio, come ricordano le parole di Gesù sui passeri che non cadono a terra
senza che Dio lo voglia, ed è doveroso fidarsi di lui anche adesso; è necessario non
opporsi al volere di Dio, perché questo rifiuto invece di riportare il bambino alla
vita rovinerà i ribelli, ma approfittare l’accaduto come una prova per dimostrare
a Dio l’amore verso di lui; ha l’opportunità di esercitarsi nella sopportazione delle
martiri e di seguire l’esempio della madre dei Maccabei, che, quando perse i sette

37
  Dividiamo il contenuto delle lettere seguendo lo schema offerto da R.C. Gregg, Conso-
lation philosophy: Greek and Christian Paideia in Basil and the two Gregories, Cambridge (Ma)
1975, 125-218: 1) introduzione o προοίμιον; 2) τὸ ἐγκώμιον o θρῆνος, cioè la lode del defunto e il
pianto per lui; 3) argomenti per recare sollievo, o παραμυθητικὸν μέρος; 4) chiusura della lettera.
38
 Cf. ep. 5 (ed. Courtonne 1, 16-18).

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La diversità uomo-donna in Basilio di Cesarea 467

figli, non piangeva, perché li vedeva degni del cospetto di Dio e di essere ricordati
dagli uomini; le ricorda che lei e il suo figlio sono mortali, e perciò non si deve
stupire di vederlo morire, e che neanche deve ritenere la sua morte prematura,
perché giudicare questo va oltre la capacità umana; le chiede di tirare sollievo dalla
considerazione che tutto nella natura è mortale, e di misurare la sua tristezza con
le sfortune degli altri, per trovare consolazione; le rammenta che deve pensare al
suo marito ed essergli di conforto, e non fare la sua situazione più disperata, la-
sciandosi consumare dalla tristezza. Basilio finisce affidandola al Signore, affinché
le dia buone ragioni, e lei faccia affidamento su di esse, per tirare fuori il sollievo
da se stessa.39
Alcune considerazioni si trovano in entrambe le lettere: la compassione di Ba-
silio verso il dolore degli sposi, il consiglio di accettare la realtà umana della morte
e di ricordare che tutto è nelle mani di Dio. Ma ogni lettera ha anche idee proprie.40
Il vescovo esorta Nettario a farsi reggere dalla ragione,41 ad essere buon lottatore
nelle avversità, ad imitare l’innocenza naturale del bambino con la virtù. Nella cor-
rispondenza con la sposa, invece, Basilio esprime empatia verso la sua sensibilità e
rispetta di più il suo dolore, la spinge caldamente a dimostrare l’amore verso Dio e
ad affidarsi a lui nella preghiera, ad essere di aiuto al marito. Si trovano nelle lettere
di Basilio molti dei tòpoi del genere consolatorio, come l’ineluttabilità della mor-
te, il bisogno di farsi forte per aiutare gli altri o almeno per non farsi incapaci di
vivere in società.42 Ma il Cappadoce arricchisce l’elenco di questi tòpoi con nuove
riflessioni cristiane, come la speranza nella risurrezione, o i numerosi riferimenti
alle sacre Scritture.43
Basilio scrive anche molte lettere a vedove.44 L’ep. 269 è una lettera di consola-
zione alla vedova di Arinteo. Basilio teme che «l’eccesso di amore verso il marito
e di bontà verso tutti» la portino ad abbandonarsi al dolore, esponendosi così a
ricevere una ferita troppo profonda. Mostra empatia accennando alla situazione
che soltanto lei ha vissuto, quando afferma che altre donne hanno perso il loro
marito, ma soltanto lei ha avuto uno come Arinteo. Le chiede di ricordare che
è stata strumento, affinché Arinteo ricevesse il battesimo e di trovare sollievo in

39
 Cf. ep. 6 (ed. Courtonne 1, 19-21).
40
  Fa notare la diversità anche Saint Basile. Lettres, traduction de Y. Courtonne, Paris 1957
(Les Belles Lettres), I, 19 nota 1.
41
 Nell’ep. 301 (ed. Courtonne 3, 179), Basilio consiglia a un uomo appena diventato vedovo
di farsi guidare dalla ragione. Se si compara con le epp. rivolte a vedove, si trovano differenze
somiglianti alle differenze tra le epp. 5 e 6: Basilio richiama l’uomo ad un atteggiamento saggio,
guidato dalla ragione; riconosce la bontà della donna e manifesta empatia con i suoi sentimenti,
e le chiede di prendersi cura della famiglia.
42
  R.C. Gregg, Consolation philosophy, 125-219, dà riferimenti ad autori classici che usano
gli stessi topici.
43
  R.C. Gregg, Consolation philosophy, 219 ss., tratteggia le caratteristiche del genere conso-
latorio cristiano.
44
 Cf. epp. 107, 174, 283, 289 e 302.

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questo pensiero. «Prenditi cura, esorta, di tua madre anziana e di tua giovane figlia,
alle quali sei rimasta unico conforto». Infine la esorta a sottomettere a misura il
proprio dolore, offrendosi come modello di fortezza alle altre donne.45 Come nelle
lettere 5 e 6, il Cappadoce prima esprime la condivisione del dolore e poi espone
riflessioni incoraggianti; incalza a prendersi cura dei parenti col verbo φείδω; e
ricorda il dovere di dare conforto. Quando Basilio afferma che la vedova possiede
«una natura amorevole verso il marito» (τὸ ἄγαν σου φίλανδρον), usa una parola
che si trova in Tit. 2,4-5, citato in moral. 73, e che sembra esprimere per Basilio
una caratteristica propria della femminilità.

Conclusioni
Basilio di Cesarea insegna poggiandosi in Gen. 1,27 che l’uomo e la donna
possiedono la stessa natura, e deduce da questo che devono esercitare la stessa
virtù, per la quale otterranno lo stesso premio da Dio. Il pensiero sull’uomo del
Cappadoce si fonda sull’antropologia dei maestri alessandrini, influenzati da Pla-
tone, ma non si può rintracciare nei suoi scritti l’idea che la distinzione tra i sessi
è frutto della caduta dell’uomo originario dalla contemplazione celestiale. Basilio,
condizionato dalla mentalità dell’epoca e dalla tradizione canonica, accetta leggi
che mettono la donna in situazione di inferiorità rispetto all’uomo nell’ambito del
diritto matrimoniale. Ma sa anche percepire, non senza l’aiuto della sacra Scrittu-
ra, che i tratti caratteristici della femminilità – innanzitutto la maggiore capacità
di amare – sono complementari a quelli dell’uomo. Forse si può dire che la dise-
guaglianza nelle pene canoniche, più pesanti per le donne, ed il maggior rigore
richiesto dalle donne nel mettere in pratica la vita ascetica è un modo di accogliere
la maggiore capacità della donna per amare, dalla quale deriva una maggiore re-
sponsabilità, quando viene meno al compimento di questo suo compito.

 Cf. ep. 269 (ed. Courtonne 3, 139-141).


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