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Il Postcoloniale

L’impero britannico nel 1897

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Apice (inizio 1°GM):


•ca. 32 milioni di km² (25% delle terre abitabili)
•500 milioni di persone (25% della popolazione mondiale)

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IMPERO
Settler colonies Invader colonies
Irlanda (si tende a non India
considerarla colonia Africa
britannica, ma lo è stata) Indie occidentali
Sudafrica Sud America
Australia Medioriente
Nuova Zelanda Asia sud-
sud-orientale
Canada

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Cronologia sommaria

1500--1750:
1500 1750: emergente visione britannica di nuovo ordine del
mondo (nuova ‘mappatura’ del mondo)
1607: primi insediamenti in Virginia
1620: primi insediamenti in Massachusetts ((Mayflower
Mayflower))
1776: indipendenza di Stati Uniti d’America
Fine Ottocento: conquiste vastissime nel mondo. Queen
Vittoria Imperatrice: fortissimo senso dell’identità
nazionale (Britishness)
1947: indipendenza dell’India (poi partizione India/Pakistan)
1948: British Nationality Act; arrivo dell’Empire Windrush
1957: indipendenza di quasi tutte le colonie africane
Anni ’80:
’80: perdita di quasi tutte le colonie (1997, Hong Kong;
1999, Australia)

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Ideologia colonialista
COLONIZZATORI: COLONIZZATI:
“Centro del mondo”
mondo” Margini / Periferia
Identità “Alterità
Alterità”” (differente
(differente,,
perciò,, inferiore)
perciò inferiore)
“Noi”
Noi” “Loro
Loro””
Civilizzati / superiori Selvaggi,, primitivi
Selvaggi
/inferiori
Costruzione discorsiva
binaria della categoria
sociale della razza

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‘Rappresentazione’ attraverso costruzioni binarie
“[…] forcing of cultural heterogeneity into a single
paradigmatic perspective in which Europe is seen as the
unique source of meaning, as the world’s center of
gravity [...] Eurocentrism,
Eurocentrism, like Reinassance perspectives
in painting, envisions the world from a single privileged
point.. […] Eurocentrism bifurcates the world into the
point
“West and the Rest” and organizes everyday language
into binaristic hierarchies implicitly flattering to Europe:
our ‘nations’, their ‘tribes’, our ‘religions’, their
‘superstitions’, our ‘culture’, their ‘folklore’, […] our
‘demonstrations’, their ‘riots’, our ‘defense’, their
‘terrorism’.”
(E. Shohat
Shohat,, R. Stam,
Stam, Unthinking Eurocentrism,
Eurocentrism, 1994)

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Regimi di esclusione
esclusione,, di demarcazione rigida, manichea
del confine, delle differenze

Occidente/Oriente; bianchi/neri; colonizzatori/colonizzati;


Occidente/Oriente;
civiltà/barbarie; cultura/natura ecc.

RAZZISMO attraverso pregiudizi e stereotipi:


stereotipi:
linguaggio fissa il soggetto in un ruolo e in un'immagine che
diventa 'naturale', scontata (senso comune):
costruzioni discorsive ideologiche fissano significati
'condivisi' e determinano connotazioni (ex: black
black):
):
etichettature

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Discorso

area linguistica governata da leggi che governano


pratiche discorsive e strategie enunciative
legame tra discorsi e istituzioni: chi detiene il potere in
un’istituzione ne stabilisce le regole discorsive
il discorso come modo di usare il linguaggio che
presuppone una forma di autorità (cfr. M. Foucault,
L’ordine del discorso)
discorso)
ogni discorso mira a far prevalere un punto di vista sulla
realtà ed è orientato ideologicamente
ogni discorso e rappresentazione puntano a istituire e
consolidare un’egemonia
un’egemonia politica e culturale

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La mappa coloniale - Mercatore

Proiezione su scala Mercatore

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Distorsione delle mappe


Anche la “mappa non è il territorio”, ma una creazione, una
scelta politica: una costruzione discorsiva
• Arno Peters
Peters,, storico postcoloniale (1989):
(1989):
le mappe del periodo deformavano l’immagine geopolitica
del mondo posizionando l’Occidente in una posizione di
superiorità, cioè ingrandendone la forma e falsificando le
proporzioni, cosicché il Nord America sembrava più grande
dell’Africa e la Scandinavia più grande dell’India

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“La funzione ideologica essenziale del discorso
della geografia scolastica e universitaria è stata
quella di mascherare, attraverso procedimenti
complicati, l’utilità pratica dell’analisi dello spazio.
Proprio nel momento in cui sembra ‘inutile’, il
discorso geografico esercita la funzione
mistificatrice più efficace […]. Il tour de force è
stato di far passare un sapere strategico militare
e politico per un discorso pedagogico e
scientifico perfettamente inoffensivo”.
inoffensivo”.
Lacoste

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Mappa Gall 70)):
Gall--Peters (anni ’70
sponsorizzata dalle Nazioni Unite come unica cartografia
rispettosa delle reali dimensioni dei paesi della terra.
terra.
→ aspetto politico di ogni ‘mappatura’
“At issue here is not cartography but cultures.
cultures. These maps
amount to a global sampling of ethnocentrisms.
ethnocentrisms.
Like the home cultures whose ethnocentric visions they
embody, each map has its claims to utility, legitimacy and
credence, but not one is true true.. The point of comparing
culture mappings, then, is not to reject any of them, but
rather to invite us to modify our attitudes to whatever world
map we happened to grow up internalizing.
internalizing.”

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“What we need to understand is that all such
representations share an arbitrariness that reflects their
historical emergence in one particular cultural setting at
one particular time
time;; therefore no one of them deserves to
be taken as reliable.
reliable. … What is invited is a change in
attitude toward one's own enculturation:
enculturation: that it no longer be
taken literally, as defining Reality, but as one among
others, thereby enhancing cultural awareness..”
(John G. Blair, Thinking through Binaries:
Binaries: Conceptual Strategies
for Interdependence, in “American Studies International”, Volume
38,
38, Issue 2, 2000,
2000, p. 23.
23.)

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Fine delle colonie:
prime forti immigrazioni

La gloriosa
“Empire Windrush”

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1948: Nationality Act
Act:: dichiara cittadini britannici tutti
coloro che appartenevano a territori inglesi (bisogno di
manodopera dopo distruzioni belliche e decimazioni di
manodopera maschile)

La nave "Empire Windrush


Windrush"" arriva a Tilbury il 22 giugno
1948, con 492 passeggeri dalla Giamaica (Indie
Occidentali):
simbolo importante dell'inizio della Gran Bretagna 'multirazziale’

Anni '50 e '60


'60:: migrazioni aumentano anche da Indie
Orientali:
bisogno di forza lavoro nelle industrie (boom economico)
crisi economiche e politiche dei paesi del Commonwealth (ex:
guerre India
India--Pakistan tra anni '40 e '50 e di nuovo nel '71)
'71) che
determinano spostamenti diasporici,
diasporici, in blocco

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Fine delle colonie (soprattutto dopo II GM):
grandi flussi migratori dalle periferie/margini al
'centro' del mondo

"The Empire strikes back" (scrittura


(scrittura
postcoloniale:: "The Empire writes back"): testi
postcoloniale
cardine della critica postcoloniale (1982 e 1989)

Confusione dei confini, intersezioni: come


preservare le costruzioni binarie basate sul
concetto di identità nazionale (pura, essenziale)?

Il Postcoloniale
Continua rilevanza ideologica dei discorsi nella
costruzione e rappresentazione delle identità
nazionali e culturali (Englishness
(Englishness))

Discorsi egemoni e immagini dell’alterità nella


difesa dell’identità minacciata dalle immigrazioni

identità e alterità
significati egemoni vs. significati marginali
centro e periferia

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POSTCOLONIALISMO:
“Any mapping of the postcolonial
is a problematic and contradictory project”
project”
Confluenza di:
Studi critici e teorici (da anni ’70
’70))
Edward Said (Palestina
(Palestina;; Orientalismo),
Orientalismo), Gayatri Spivak
(India; “Can the Subaltern speak?”: ex. della sati), Homi
Bhabha (India), Stuart Hall (Giamaica
(Giamaica),
), Subaltern Studies
(India)…

Scritti letterari (da anni ‘60


‘60,, apice anni ‘90
‘90))
Sam Selvon (Trinidad), Salman Rushdie (India), Chinua
Achebe (Nigeria), Derek Walcott (Antille), Toni Morrison
(Stati Uniti), Hanif Kureishi (India), Doris Lessing
(Zimbabwe), Nadine Gordimer e J.M. Coetzee (Sudafrica)...

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Anni ’70
’70:: Cesaire,
Cesaire, Fanon,
Fanon, Senghor,
Senghor,
Lacoste (anticolonialismo,
decolonizzazione)
The Holy Trinity:
Trinity: Said,
Said, Spivak,
Spivak, Bhabha
Aree di confluenza: critica letteraria,
antropologia, storia, scienze sociali,
scienza politica, femminismo…

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• Filiazioni dirette del postmodernismo
• decostruzione delle ‘grandi narrazioni’, di un’unica
verità, di un’unica Storia…;
Storia…;
• critica dei modelli eurocentrici di modernità, progresso
e sviluppo
• nuove ipotesi interpretative dettate dal soggettivismo
decostruzionista (Derrida
(Derrida))
Non una scuola di pensiero, ma un insieme
metodologicamente variegato di analisi
al centro dell’indagine critica i risultati del confronto
tra culture in relazione di subordinazione, nei nuovi
contesti determinati dalle lotte di liberazione nazionale

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Riflessione critica rispetto al discorso egemonico


occidentale messa in discussione della
rappresentazione dell’Altro (postcoloniale) da parte del
soggetto coloniale
Esame dell’impatto e degli effetti economici, culturali e
politici della colonizzazione in Asia, Africa e Americhe da
parte degli Stati Uniti e degli Stati europei (longue
(longue dureé
oggettiva))
oggettiva
Analisi dell’onnipresenza in letteratura, nella storiografia
e nei mezzi di comunicazione di un discorso che parte
da una concezione eurocentrica e che nega l’identità
dell’Altro per riaffermare la propria (longue
(longue dureé
cognitiva))
cognitiva

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Questioni principali:
Trasformazione, distruzione,
distruzione, oppressione delle
popolazioni indigene durante il processo di
colonizzazione
Lotte per l’indipendenza
l’indipendenza dalle forze coloniali
Effetti del colonialismo persistenti sia nelle
nazioni colonizzate sia in quelle colonizzatrici
continuazione del discorso (neo)coloniale e
ibridità delle culture entrate in contatto

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“Tanto l’Europa come i paesi decolonizzati stanno ancora
cercando di fare i conti con la lunga e violenta storia del
colonialismo,, iniziata simbolicamente più di cinquecento
colonialismo
anni fa, nel 1492
1492:: una storia che parla di schiavitù, di vittime
dell’oppressione o dell’annullamento le cui morti non
possono essere né narrate né calcolate, di migrazioni
forzate e della diaspora di milioni di persone – africani,
americani, arabi, asiatici, europei – dell’appropriazione di
terre e territori, dell’istituzionalizzazione del razzismo, della
distruzione di molte culture e del dominio di altre. La critica
culturale postcoloniale implica la riconsiderazione di tale
storia, ma dal punto di vista di chi ha subito i suoi effetti e a
partire dalla valutazione del suo impatto sociale e culturale
sul mondo contemporaneo.”
(Robert Young, 2001, p. 4)

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Focus:
EFFETTI di colonialismo, decolonizzazione, nazionalismi e
migrazioni su culture, identità e lingue dei soggetti
colonizzati

cancellazione della storia


storia,, della voce e della
soggettività del colonizzato o subalterno attraverso:
inculcamento di rappresentazioni/costruzioni
ideologiche distorte e mortificanti – ‘Orientalismo’
(Said
Said,, 1978: l’“ALTRO”, desoggettivato)
desoggettivato) – che ne
hanno ‘naturalizzato’ (‘senso comune’) la condizione
di inferiorità, causando complessi psicologici (F.(F.
Fanon)) e l’effetto mimicry (imitazione,
Fanon
mimetizzazione) (Bhabha
(Bhabha): ): anche attraverso
letteratura canonica scritta dai colonizzatori (ex:
Shakespeare; Rudyard Kipling; Joseph Conrad…)

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Letteratura: secondo Said, sito privilegiato per la
Letteratura:
comprensione delle strutture sociali, dei codici culturali e dei
tropi psicologici alla base della comprensione o mancata
comprensione tra culture ed etnie
Stereotipi circolano in testi non solo letterari ma anche
antropologici e storici, così come nei media
Importante ruolo giocato dalle istituzioni in cui vengono fatti
circolare questi testi. Ex: la scuola
T.B. Macaulay, “Minute on Indian Education”: l’educazione,
incluso lo studio della lingua e letteratura inglese, gioca un
ruolo strategico nel dominio sulle popolazioni colonizzate:
xché inculca valori occidentali eurocentrici, sostiene
colonizzazione culturale e crea ‘soggetti coloniali’,
permettendo di governare per consenso

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Stereotipi culturali
“Sono nato a Londra, da madre inglese e padre
pakistano. Mio padre, che vive a Londra, arrivò in
Inghilterra da Bombay nel 1947, per ricevere istruzione
dal vecchio potere coloniale. […] Quando avevo nove o
dieci anni, un maestro mi mise davanti delle fotografie di
contadini indiani che vivevano in capanne di fango e
disse a tutta la classe: “Hanif
“Hanif viene dall’India.” Io mi
chiedevo: i miei zii vanno in giro sui cammelli? E come
fanno con i loro completi eleganti? E davvero i miei
cugini, così simili a me per tanti aspetti, si accovacciano
nella sabbia come tanti piccoli Mowgli,
Mowgli, mezzo nudi? E
davvero mangiano con le mani?.”
(H. Kureishi
Kureishi,, “Il segno dell’arcobaleno”, 1986,
in Otto braccia per abbracciarti,
abbracciarti, 2004, p. 5)

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Oggi
persistenza di immaginario e retorica colonialisti/eurocentrici
(the West and the Rest),
Rest), di imperialismo economico e
culturale (neo
(neo--colonialismo
colonialismo)) che passa ancora per “missione
civilizzatrice” (nuova mitologia bianca): esportazione di
democrazia, diritti delle donne, difesa dei diritti umanitari,
opere di peace keeping…
keeping…
persistenza di squilibri tra Terzo Mondo ed Europa/America
del Nord
indagine di spazio di lotta – politica, culturale, epistemologica
– in cui prendono ancora forma sia tale dominio
(neo)coloniale,, sia le resistenze e insorgenze che esso
(neo)coloniale
suscita (“Il fondamentalismo […] non è solo un fenomeno
religioso. Attinge la sua forza da diverse fonti. Per comprenderlo
appieno, lo si deve inquadrare nel contesto della nuova
ineguaglianza globale e della sfrenata ingiustizia che regna nello
spazio globale.” - Z. Bauman
Bauman,, Intervista sull’identità,
sull’identità, p. 123)

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Il Postcoloniale
“[…] si può dire con assoluta certezza che quel periodo
roseo del passato inglese nel quale la mappa di mezzo
mondo arrossiva di piacere sotto la Pax Britannica è
finito, no? […] il sole imperiale è tramontato. […]
Talvolta sembra che le autorità britanniche, non più in
grado di esportare il loro modo di governare, abbiano
scelto al contrario di importare [in quella che E.P.
Thompson ha definito l’ultima colonia dell’Impero
britannico] un nuovo impero, una nuova comunità di
popoli sottomessi che essi considerano e trattano nello
stesso modo in cui i loro predecessori trattavano «le
genti agitate e selvagge», quei «popoli scontrosi appena
conquistati, per metà demoni, per metà bambini», che
costituivano, secondo Kipling, il Fardello dell’Uomo
Bianco.”
(Rushdie, Il nuovo impero in Gran Bretagna,
Bretagna, 1982, p. 142)

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“Le persone che ho definito membri di una nuova
colonia sono quelle che la maggior parte di voi
chiamerebbe «immigrati» (noterete che ho fatto mia una
delle strategie della signora Thatcher e i Voi ai quali sto
parlando sono dei Voi bianchi). […] fra le comunità nere,
più del quaranta per cento dei componenti non sono
immigrati ma britannici neri, nati e cresciuti qui, che
parlano nelle molte voci e accenti della Gran Bretagna e
che non possiedono altra patria se non questa […] e
perfino i neri e gli asiatici nati in Gran Bretagna vengono
ritenuti individui la cui «dimora» effettiva è altrove.”
(Rushdie, Il nuovo impero in Gran Bretagna,
Bretagna, 1982, p. 144
144--45)
45)

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TERMINE POSTCOLONIALISMO (anti- (anti-, neo-
neo- e post-
post-)
“Nell’accennare al ‘post’ non si tratta tanto di indicare un
momento cronologico - quello che viene dopo il
colonialismo - quanto un diverso modo critico che ci
invita a riconcepire il mondo che ha prodotto, elaborato e
propagato il colonialismo occidentale
[…] Si tratta della ri
ri--configurazione della modernità
stessa alla luce di tutto ciò - i corpi, le vite, le storie, le
culture - che è stato rimosso, cancellato, negato, nella
realizzazione di quel ‘progresso’ elaborato nell’arco dei
cinque secoli da una modernità concentrata quasi
esclusivamente nella parabola storica dell’Europa.”
(I. Chambers www.aulachambers.it)
Chambers,, www.aulachambers.it)

Il Postcoloniale
HOMI BHABHA The Location of Culture, 1994,
trad. it. I luoghi della cultura
1) AMBIVALENZA

• Enfasi su aspetto psicanalitico lacaniano


• Continua fluttuazione tra il volere una cosa e volere il
suo opposto: attrazione e repulsione nel rapporto
colonizzatore--colonizzato
colonizzatore
• Il colonizzato non è in rapporto di semplice e netta
opposizione col colonizzatore: mette in discussione la
chiara e netta autorità della dominazione coloniale
• Coesistenza di complicità e resistenza nel soggetto
colonizzato

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2) IBRIDITA’

in orticultura, l’innesto di due specie diverse


per produrre una terza specie
esempi linguistici includono il pidgin o il
creolo
nel contesto coloniale impossibile purezza
di culture e di identità: differenza,
molteplicità, terzo spazio (spazio della
contaminazione, del caos e della
confusione)
fonte di potere, non debolezza

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3) MIMICRY
descrive ancora relazione ambivalente tra
colonizzatore e colonizzato
quando il discorso coloniale incoraggia il soggetto
coloniale a imitare il colonizzatore adottando il suo
linguaggio, la sua cultura, le sue convinzioni, le sue
istituzioni e I suoi valori, il risultato non è mai una
semplice riproduzione di quei tratti
il risultato è una copia sfocata del colonizzatore
abbastanza minacciosa perché la mimicry non è
molto lontana dalla presa in giro, giro, dal momento che
sembra parodizzare ciò che imita
sempre stato obiettivo esplicito della politica
imperiale:: ha prodotto classe di persone ibride (ex:
imperiale
indiani per pelle, inglesi per educazione) ma in
grado di utilizzare le proprie conoscenze contro chi
ha impartito loro quella cultura (nazionalismo)

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Il Postcoloniale
processo attraverso il quale il colonizzato si riproduce
come ‘almost the same,
same, but not quite’:
quite’: la ‘colonial
‘colonial
mimicry’’ è da parte dei colonizzatori il desiderio di un
mimicry
Altro riformato e riconoscibile, come il soggetto di una
differenza che è quasi lo stesso ma non del tutto
rottura del monolitico discorso coloniale: minaccia
viene non da aperta resistenza ma dal modo in cui
viene continuamente suggerita un’identità
un’identità che non è
esattamente quella del colonizzatore (che contiene al
suo interno delle differenze
differenze))
porta attenzione non sull’uguaglianza ma sulle
differenze determinate da un eccesso
l’Autorità viene messa in questione a causa della
mancanza di un centro fisso,
fisso, di solidità e autenticità
gli inglesi stessi sono mimic men: imitano una certa
idea di ‘Englishness’ e sempre in relazione all’Altro
Mimicry e Ibridità come possibili forme di opposizione

Il Postcoloniale
GAYATRI SPIVAK “Can the Subaltern
Speak?”, 1988

nel solco di Jacques Derrida e del decostruzionismo


si interessa ai soggetti subalterni e al loro ‘non detto’ o
‘indicibile’ presente nelle lacune, nei gap del linguaggio
e dei testi analizzati
si concentra sul “silenzio” delle donne del Terzo Mondo
(“vero subalterno tra i subalterni”) nei documenti
coloniali o nelle storie ufficiali: “the third world women”
(soggetto oppresso sia da colonizzatori che da
colonizzati, cioè sia dal dominio coloniale sia da quello
patriarcale → Bertha
Bertha))
attribuisce questo silenzio a ciò che chiama “fallimento
“fallimento
cognitivo irriducibile”;
irriducibile”; vuoto originato dallo scontro o
dall’incomunicabilità tra due universi di senso diversi
(quello dominante e quello subalterno)

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Il Postcoloniale
necessità per l’intellettuale postcoloniale di mettere in
crisi (di decostruire) i sistemi di rappresentazione e di
classificazione che hanno reso le donne più
emarginate del Sud (s)oggetti muti (è stata negata loro
una posizione enunciativa)

necessità anche di rompere la propria complicità,


anche inconsapevole, con sistemi di pensiero
occidentali e di parlare con queste donne, non per
conto di queste donne

Il Postcoloniale
OBIETTIVI
Creare contro
contro--narrazioni improntate alle voci, alle memorie,
alle esperienze e ai saperi dell’Altro in grado di decostruire il
‘grande racconto occidentale’

Rimappare SPAZIO e STORIA


confini mobili e incerti, mappe non più fisse, ma in continuo
movimento:: processi
movimento
Post--coloniale come
Post come::
tracciato in movimento: contro certezze di mappe
geografiche convenzionali e ‘anti-
‘anti-convenzionali’,
confonde le linee, anima le frontiere
terreno di confine, frontiera:
frontiera: contaminazione,
permeabilità, differenza ‘interna’, moltiplicazione delle
differenze e delle possibilità, delle scelte

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Il Postcoloniale
James Clifford, “Routes
“Routes.. Travel and Translation in the
Late Twentieth Century” (1997):

concetto di cultura come ibridazione, costante


interazione e contaminazione di codici culturali
culture non sono entità stabili e originarie (roots
(roots),
), ma percorsi
di significato in costante negoziazione a contatto con altri codici
culturali (routes
(routes))
avvicina lo studio della cultura a concetti quali “strade”
e “viaggio”
centrale il senso del passaggio di frontiera,
frontiera, del superamento
del confine,
confine, del contatto con nuovi mondi a significare la
costante ibridazione al centro delle culture nel mondo
contemporaneo
da un'idea statica ed essenziale di cultura ad una più
dinamica e ibrida

Il Postcoloniale
Mappa--non
Mappa non--mappa per
scrivere un presente più aperto ad altre voci, anche del
passato, senza ‘fissare’ la visione in schemi unilaterali
aprire le frontiere, vivere gli spazi interstiziali come occasione
per l’emergere delle differenze

Strade tracciate, a volte interrotte e spezzate, sono


complesse, molteplici, piene di differenze culturali che
interrompono il ‘continuum’ teleologico della storia
proponendo altre storie, tutte differenti, tutte degne di
essere ascoltate e raccontate (storia
(storia tradotta in termini
spaziali))
spaziali
“New approches to history have discredited the idea of a
single linear progression
progression,, focusing instead on a multiplicity
of often conflicting and frequently parallel narratives”
narratives”
(Ania Loomba
Loomba,, Colonialism / Postcolonialism,
Postcolonialism, p.12)

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Riconfigurazione del mondo e delle sue narrazioni, a
partire dalla presenza di persone, storie, corpi e voci
rimosse, ‘altre’, “allontanate”
→ le storie vs.
vs. la “Storia”

la Storia (quella che fino a ora abbiamo scritto e letto)


è piena di “zone d’ombra”
d’ombra”:: l’innegabile presenza dei
corpi e delle storie “altrui” evidenzia tali ombre

H. Bhabha
Bhabha,, Locations of Cultures (“How(“How Newness
enters the World” - 1994 1994)): alone della candela
permette piuttosto di sfocare anziché di accecare di
luce violenta o di rendere ‘trasparente’ allo sguardo:
sguardo:
opacità costitutiva degli eventi e delle realtà

Narrazione del passato (e anche quella del presente) è


sempre un atto di scelta (selezione e omissione dei fatti)
(come la memoria
memoria:: per ricordare, bisogna dimenticare
qualcosa)

la presenza dell’“altro” (lo ‘straniero’, il migrante) fa


emergere tali omissioni:
omissioni: spinge a presa di coscienza, o
confronto, con ciò che non si è abituati a guardare
→ rivela parzialità dello sguardo

messa in crisi dello ‘sguardo’ occidentale come fondatore


del soggetto unico, cosciente, universale

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Il Postcoloniale
Il colonialismo
colonialismo:: una di queste omissioni; gigantesca “zona
d’ombra” (leggere la storia e la cultura occidentali come
vicende separate dal colonialismo significa narrare una
parte sola della storia)
ruolo fondamentale degli schiavi nell’economia coloniale,
rimosso da storiografia, filosofia ed estetica canoniche:
‘Middle Passage’,
Passage’, viaggio disumano per trasportare schiavi
in America (Beloved
(Beloved - 1987 - di Toni Morrison, dedicato ai
“Sixty million and more”, schiavi deportati dall’Africa nei
Caraibi e in America, morti nel passaggio)

Il rapporto, invece, è profondamente intimo: il benessere


di una parte del mondo è tale proprio perché inserito in un
sistema--mondo costruito sui rapporti coloniali
sistema

Non si tratta di ‘integrare’ la storia come la conosciamo


con altre notizie o altre storie, né di obliterare le ‘vecchie
narrazioni’ imponendone altre ugualmente arbitrarie
non è il riemergere delle “zone d’ombra” (come ‘riempire i
vuoti’) che cambia la Storia
Storia.. → è il modo di agire di tali
‘emergenze’ che interrompe la linearità della narrazione
che l’Occidente ha costruito di sé
modificarsi dello sguardo occidentale:
occidentale: apertura che
rifiuta di chiudersi come fosse una ferita
il punto “non è annotare il ritorno del represso, bensì far
convergere il noto e l’ignoto in seno allo stesso tempo e
allo stesso luogo: non un sapere nuovo, ma una
narrazione senza epilogo [...] Queste linee di scrittura e di
pensiero critico procurano una serie di tagli trasversali nel
corpo della modernità,
modernità, costringendo a deviare la sua
ostinata linearità ...” (Chambers,
Chambers, “Tra le rive”, in Le molte voci...)
voci...)

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Il Postcoloniale
Letteratura postcoloniale
interruzione, taglio, destrutturazione:
destrutturazione: un linguaggio
‘canonico’ occidentale, inscritto nella logica binaria
soggetto/oggetto, viene fatto ‘proprio’ da una voce
non--occidentale (magari non maschia, non bianca,
non
non agiata, non stereotipata), che irrompe nella sua
struttura ‘disturbandola’,
‘disturbandola’, usandola per denunciare il
proprio silenzio forzato, e affermare o proporre una
differenza, o molteplici differenze
esempio del ROMANZO
ROMANZO,, genere della borghesia
occidentale per eccellenza, utilizzato dalle voci
postcoloniali per narrare l’‘altro’, e in altro modo, per
far vacillare la struttura apparentemente ‘pulita’ della
narrazione/narrativa occidentale
presunta trasparenza degli assunti ‘occidentali’ si
scioglie, lasciando emergere opacità,
opacità, omissioni

Il Postcoloniale
“[…] apparteniamo almeno parzialmente all’Occidente.
Abbiamo un’identità
un’identità allo stesso tempo plurale e parziale.
parziale.
A volte ci sembra di cavalcare due culture;
culture; altre volte ci
pare di cadere fra due sedie.
sedie. Ma […] se la letteratura
consiste, almeno in parte, nella ricerca di nuove
angolature dalle quali penetrare nella realtà, allora
nuovamente la nostra distanza, la nostra lunga
prospettiva geografica è in grado di fornirci tali
angolature.”
(Rushdie, Patrie immaginarie,
immaginarie, 1982, p. 20)

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Il Postcoloniale

Il Postcoloniale
Letterature in lingua inglese
Letterature
AREE
canadese, australiana, sudafricana, africana, indiana,
caraibica

GENERI
• Romanzi storici
• Riscritture: ad es. Foe (1986) di J.M. Coetzee
(riscrittura del romanzo di Daniel Defoe, Robinson
Crusoe,, 1719); le molte riscritture della Tempesta di
Crusoe
Shakespeare, o Il Grande Mare dei Sargassi di Jean
Rhys (riscrittura di Jane Eyre - 1847)
• Realismo magico
• Parodie

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Il Postcoloniale
TEMI
incontro iniziale con i colonizzatori
effetti sociali e psicologici dello scontro tra cultura
indigena pre-
pre-coloniale e cultura imposta da colonizzatori
viaggio del ‘civilizzato’ europeo in un luogo selvaggio
con una guida del posto
oppressione coloniale e messa in pratica del processo di
alterizzazione
Mimicry (‘(‘colonial
colonial subjects
subjects’:’: imitano i colonizzatori
essendo privati di una propria soggettività: oggetto)
esilio (esperienza del sentirsi outsider nella terra di altri):
displacement

Il Postcoloniale
lotta per l’identità
l’identità culturale, individuale e collettiva:
sradicamento (non sentirsi a casa neanche a casa
propria – rifugiati psicologici)
impossibilità di rintracciare proprie origini inalterate,
anche per cancellazione di cultura nativa
sentimento di alienazione (eredità
(eredità psicologica di una
cattiva immagine di sé lasciata da ex ex--colonizzatori)
colonizzatori)
doppia coscienza (modo di percepire il mondo diviso
tra due culture: produce senso instabile del sé sé::
essere intrappolati tra due culture)
uso della lingua madre vs. lingua imposta (englishes
(englishes
vs. English)
Ibridità (miscegenation
miscegenation))

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Il Postcoloniale
bisogno di riallacciarsi al passato pre-
pre-coloniale
auto--definizione del futuro politico
auto
celebrazione della lotta verso l’indipendenza sia a livello
individuale che comunitario (frequente motivo di
costruzione e demolizione di case)
esuberanza post-
post-indipendenza seguita da disillusione
inevitabile sincretismo culturale anche dopo
indipendenza
razzismo verso immigrati
opposizione centro/periferia (Europa il resto = ai
margini della cultura, del potere e della civilizzazione)
Frequente uso di allegoria, ironia, narrazioni discontinue

Il Postcoloniale
Condizione di esuli

“Forse gli scrittori nella mia stessa situazione, esuli o


emigrati o espatriati, sono perseguitati dallo stesso
senso di perdita,
perdita, da un forte desiderio di
riappropriazione, di guardare indietro, anche a rischio di
venir tramutati in colonne di sale. Ma se guardiamo
indietro, dobbiamo farlo sapendo - e ciò genera
incertezze profonde - che la nostra alienazione fisica
dall’India significa quasi inevitabilmente non essere in
grado di recuperare esattamente le cose che abbiamo
perduto, e che, in breve, creeremo delle fiction al posto
delle vere città o paesi, fiction invisibili, patrie
immaginarie, Indie della mente”
mente”
(Rushdie, Patrie immaginarie,
immaginarie, 1982, p. 14)

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Salman Rushdie
Condannato nel 1989 dall’ayatollah
Khomeini a causa del libro
I versi satanici (1988),
ritenuto offensivo per la cultura
islamica

Il Postcoloniale
“Si potrebbe argomentare che il passato è una terra
dalla quale tutti siamo emigrati, la cui perdita fa parte
del nostro patrimonio comune di esseri umani. E questo
mi sembra evidente; ma vorrei aggiungere che colui
che scrive fuori dal proprio paese (e neanche nella
propria lingua) forse esperisce tale perdita in modo più
intenso. Ciò che rende tale esperienza più concreta è il
fatto fisico della discontinuità, della sua presenza in un
luogo diverso rispetto al suo passato, del suo essere
«altrove». Ciò gli potrebbe dar modo di parlare in modo
appropriato e concreto di un argomento di significato e
di richiamo universali.”
(Rushdie, Patrie immaginarie,
immaginarie, 1982, p. 16)

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Il Postcoloniale

Disagio dell'esule (sia l'esule "volontario“ sia l'esule-


l'esule-
rifugiato): necessità di ritagliarsi spazi vitali di
sopravvivenza e di accettazione nelle comunità di
accoglienza; di adottare lingue, strutture mentali e
modelli di comportamento diversi dai propri
Sentimento di dislocazione/spiazzamento:
dislocazione/spiazzamento: sensazione
di abitare "ai margini" o "territori di confine" propria di
chi non riesce ad assuefarsi al nuovo ambiente né a
staccarsi dal vecchio: doppia esclusione (dalla cultura
d'origine e da quella d'accoglienza)

Il Postcoloniale
“Trovarsi in un luogo del tutto o in parte «fuori posto»,
posto», non
essere completamente da nessuna parte (cioè senza
restrizioni o diffide, senza alcuni aspetti di sé che «saltano
agli occhi» e sono visti come strani dagli altri) può essere
un’esperienza sconvolgente, a tratti irritante. C’è sempre
qualcosa da spiegare, da giustificare, da nascondere o al
contrario da mostrare spavaldamente, da negoziare, da
trattare o patteggiare; ci sono differenze da appianare o
dissimulare, o al contrario da rendere più evidenti e leggibili.
[...] Si può perfino cominciare a sentirsi dappertutto chez soi
soi,,
«a casa», ma il prezzo da pagare è accettare che in nessun
posto ci si sentirà pienamente e veramente a casa.”
casa.”
(Zygmunt Bauman,
Bauman, Intervista sull’identità,
sull’identità, 2003, p. 9)

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Il Postcoloniale
“[...] sebbene l'esilio
l'esilio sia una condizione ‘reale’ è anche una
condizione ‘metaforica’.Voglio dire che la mia diagnosi
dell’intellettuale in esilio è sì strettamente connessa con la
storia sociale e politica dei movimenti e delle migrazioni [...],
ma non si esaurisce in essa. Anche gli intellettuali che
appartengono per nascita a una data società possono
dividersi in due categorie a seconda che scelgano [...]
l'integrazione o l'estraneità [... i primi] possiamo definirli
uomini del consenso. Sull’altro versante, i rappresentanti del
dissenso vivono in perenne contrasto con la società e
pertanto perfettamente estranei, veri e propri esuli, per
quanto attiene privilegi, poteri e onori [...]. In questo senso
metafisico, l’esilio significa per l’intellettuale irrequietezza,
movimento, la sensazione irrimediabile di essere dislocati,
dislocati, a
disagio, e di mettere a disagio gli altri.”
(E. W. Said,
Said, Dire la verità. Gli intellettuali e il potere,
potere, 1995, p.64)

Il Postcoloniale
“A metà degli anni Sessanta, i pakistani erano oggetto di
scherno in Inghilterra, venivano derisi in televisione e
sfruttati dai politici. Svolgevano i lavori peggiori [...] erano
disprezzati e fuori posto
posto.. Fin dall’inizio cercai di negare
la mia parte pakistana. Era una maledizione e volevo
liberarmene. Volevo essere come chiunque altro. [...] A
scuola un maestro mi parlava sempre con un accento
indiano alla Peter Sellers. Un altro si rifiutava di usare il
mio nome e mi chiamava invece “Pete “Pete il pakistano”.
Allora io mi rifiutai di chiamare lui per nome e usavo
invece un soprannome.”

(H. Kureishi,
Kureishi, “Il segno dell’arcobaleno”, 1986,
in Otto braccia per abbracciarti,
abbracciarti, 2004, pp. 5-6)

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Hanif Kureishi

Il Postcoloniale
Identità ibrida (diasporica
(diasporica))
“Se I versi satanici rappresenta qualcosa, quel qualcosa è la
visione del mondo attraverso gli occhi di un emigrante.
emigrante. E' scritto
proprio a partire dall'esperienza di sradicamento,
sradicamento, di
separazione e di metamorfosi […] che è la condizione
dell'emigrante, dalla quale credo si possa ricavare una metafora
per tutta l'umanità. [...] Coloro che oggi contestano il romanzo
con maggior vigore sono dell'idea che mischiarsi con una
cultura diversa rovini la propria. Io sostengo il contrario. I versi
satanici celebra l'ibrido,
l'ibrido, l'impurità, la commistione,
commistione, la
trasformazione che deriva da nuove e inattese combinazioni fra
esseri umani, culture, idee, politica, film e canzoni. Si esalta
nell'imbastardimento e teme l'assolutismo del puro. Mélange,
guazzabuglio, un po' di questo e un po' di quello è il modo in cui
il nuovo entra nel mondo. E' la grande possibilità che
l'emigrazione di massa concede al mondo e io ho cercato di
farla mia.”
(S. Rushdie, Patrie immaginarie,
immaginarie, 1991, pp. 431
431--432
432))

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Il Postcoloniale
“Per ragioni obiettive, indipendenti dalla mia volontà, sono
cresciuto da arabo, ma con una educazione di tipo
occidentale. Da che ho memoria, sento di essere sempre
appartenuto a entrambi i mondi, senza mai essere
completamente dell’uno o dell’altro.
dell’altro. Tuttavia, nel corso della
mia vita, quelle parti del mondo arabo cui ero più attaccato
hanno subito profonde trasformazioni ad opera di sollevazioni
civili e guerre o perché hanno semplicemente smesso di
esistere; per lunghi periodi di tempo mi sono sentito come
uno straniero negli Stati Uniti, soprattutto quando il paese era
in guerra o si contrapponeva duramente alle culture e alle
società (tutt’altro che perfette) del mondo arabo. Eppure,
quando parlo di “esilio” non mi riferisco a qualcosa di triste o
a una mancanza. Al contrario, appartenere, come io di fatto
appartengo, ai due campi della divisione imperiale, consente
di capire più facilmente ambedue.”
(E. Said,
Said, Cultura e imperialismo,
imperialismo, pp. 23-
23-24)
24)

Il Postcoloniale
“L’esperienza della diaspora I…
I…]] è definita non
dall’essenza o dalla purezza, ma dal riconoscimento di
una necessaria eterogeneità e diversità;
diversità; da una
concezione dell’”identità” che vive “insieme” e “attraverso”
– non “malgrado” – la differenza; è definita dall’
dall’ibridità
ibridità.. Le
identità diasporiche sono quelle che producono e
riproducono se stesse costantemente, attraverso la
trasformazione e la differenza.”
(S. Hall, “Identità culturale e diaspora” p. 259)

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Il Postcoloniale
Diaspora
“un’alternativa alla metafisica della razza, della nazione e
della cultura territoriale delimitata […] la diaspora è un
concetto che disturba attivamente la meccanica storica e
culturale dell'appartenenza”
(P. Gilroy
Gilroy,, 1993, p. 36)

“Proprio in questa appartenenza simultanea a luoghi


diversi […] risiede la specificità dei soggetti e delle
comunità diasporiche
diasporiche:: e chi vive in questa condizione
“ibrida” […] ha rinunciato ineluttabilmente al sogno e
all’ambizione di riscoprire qualunque tipo di purezza
culturale o di assolutismo etnico, diventando
irrevocabilmente un soggetto “tradotto”
(M. Mellino,
Mellino, La critica postcoloniale,
postcoloniale, 2005, p. 141)

Il Postcoloniale
Identità diasporica

transnazionalità: occupazione di spazio liminale,


transnazionalità: liminale,
interstiziale, in-
in-between
between,, fortemente condizionato dal
contatto, dalla contaminazione, dalla differenza (third (third
space - Homi Bhabha
Bhabha).
).
emblema di un “nuovo cosmopolitismo”: essere tra
lingue, culture, tradizioni e storie diverse, senza
appartenere a nessuna (offre prospettiva migliore)
si muovono tra qui e lìlì,, trovandosi in effetti qui e lì
allo stesso tempo: identità “fluide
“fluide”” o “di confine”
spazio creativo, ma “pericoloso”: deviazione dalla
“norma”

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Il Postcoloniale
“Mi chiamo Karim Amir e sono un vero inglese, più o
meno. La gente mi considera uno strano tipo di inglese,
come se appartenessi a una nuova razza, dal momento
che sono nato dall’incrocio
dall’incrocio di due vecchie culture
culture.. A me
però non importa, sono inglese (non che la circostanza mi
riempia di orgoglio), vengo dalla periferia a sud di Londra
e sto andando da qualche parte. Forse è lo strano
miscuglio di continenti e sangue, un pezzo qui e uno là, là,
l’avere un senso di appartenenza e il non averlo, a
rendermi una persona irrequieta …”

(H. Kureishi,
Kureishi, Il Budda delle periferie,
periferie, 1990, p. 7)

Il Postcoloniale
“I'm British, as I wrote in The Rainbow Sign. Just like Karim
in the Buddha. But being British is a new thing now. It
involves people with names like Kureishi or Ishiguro or
Rushdie, where it didn't before. And we're all British too.
[...] But most of the critics in England don't understand that.
So there isn't any understanding of Britain being a
multicultural place. They think that I'm, let's say, a regional
writer or writing in a sort of subgenre. They think writers
like [me] are on the edges. We are still marginalized
culturally. [...] They don't see that the world is now hybrid.”
hybrid.”

(intervista in K.C. Kaletha,


Kaletha, Hanif Kureishi:
Kureishi: Postcolonial Storyteller,
Storyteller,
1998, p. 7)

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Il Postcoloniale
Riconoscimento della diversità insita nella stessa
identità nera (essa stessa una costruzione discorsiva):
discorsiva):
non più monolitica, pura, fissa e 'naturale'
(contaminazioni, ibridazioni nel tempo, identità
diasporiche,, cut and mix): classe, genere sessuale,
diasporiche
etnicità
Rifiuto di opposizioni binarie
Rifiuto di essenzialismi (“(“Négritude
égritude”” - Césaire,
Césaire,
Senghor – definizione es essenzialista
senzialista della cultura nera:
nera:
pericolo di istituire un nuovo paradigma universale
Contingenza vs. trascendentalismo (l’identità cambia)
“L’espressione etnicità riconosce il luogo della storia,
del linguaggio e della cultura nella costruzione della
soggettività e dell’identità, così come il fatto che ogni
discorso è localizzato, posizionato e situato,
situato, e che ogni
sapere non può che essere contestuale” (Stuart Hall,
“Nuove etnicità”, 1988)

Il Postcoloniale
Uso della lingua del colonizzatore
Dopo decolonizzazione, vengono ridati nomi originari a
strade, posti, città (ex. Mumbay):
Mumbay): rifiuto dei nomi inglesi
imposti
Autori prendono nomi ‘nativi’ in segno di affermazione di
identità nativa (ex. Jamaica Kincaid invece di Elaine
Potter Richardoson):
Richardoson): importanza del nome/identità
scrittore keniota Ngugi wa Thiong’o
Thiong’o
scrive nella sua lingua nativa
scrittore nigeriano Chinua Achebe
scrive in inglese
“For me there is no other choice. I have been given the
language and I intend to use it.” (Morning Yet on Creation Day)
Day)

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Il Postcoloniale
Argomenti a favore dell’uso dell’inglese:
fornisce un linguaggio comune alle varie
popolazioni indigene del terzo e quarto mondo:
mezzo di comunicazione prezioso, tra migliaia di
dialetti diversi (ex: India)
ha agevolato processi indipendentistici:
movimenti nazionalisti uniti solo dalla lingua
facilita l’emergenza delle nazioni in via di
sviluppo nell’economia e politica globale

Il Postcoloniale
“Vi è una dinamica sincretica che, attraverso un’ampia
gamma di forme culturali, si appropria criticamente di
elementi dei codici principali della cultura dominante e li
creolizza,, disarticolando i segni dati e riarticolando il loro
creolizza
significato simbolico. La forma sovversiva di questa
tendenza ibridante è più evidente al livello della lingua
stessa, dove il (creolo) patois e il Black English
decentrano, destabilizzano e carnevalizzano il dominio
linguistico dell’inglese – la lingua nazione del discorso
dominante – attraverso inflessioni strategiche, ri- ri-
accentuazione e altre mosse performative nei codici
semantici, sintattici e lessicali.”
(Kobena Mercer,
Mercer, 1988, p. 57)

35
Il Postcoloniale
Salman Rushdie: emblema di una generazione di scrittori
postcoloniali che scrivono in inglese

“[…] lo scrittore indiano in Gran Bretagna non può


scegliere se adottare o rifiutare la lingua inglese.
inglese. I suoi
figli crescono parlando quella lingua, che probabilmente
è la loro prima lingua; e nel forgiarsi dell’identità di un
indiano britannico la lingua inglese ha un’importanza
centrale: la si deve, malgrado tutto, abbracciare. (La
parola traduzione deriva, etimologicamente, dal latino
«portare di là». Poiché noi siamo persone portate di là
dal mondo, siamo individui tradotti.
tradotti. Si ritiene solitamente
che qualcosa dell’originale si perda in una traduzione;
insisto sul fatto che si possa guadagnare qualcosa.)”
(Rushdie, Patrie immaginarie,
immaginarie, 1982, p. 22)

Il Postcoloniale
“Spero che tutti noi condividiamo l’idea di non poter
usare la lingua nello stesso modo in cui la utilizzavano i
britannici; bisogna ricrearla per i nostri scopi. Quelli che
tra noi scelgono di scrivere in inglese lo fanno
nonostante l’inevitabile ambiguità verso questa lingua, o
forse proprio a causa di tale sentimento, forse perché
possiamo trovare in quella lotta linguistica un riflesso di
altre lotte che si stanno svolgendo nel mondo, lotte tra le
culture al nostro interno, unite alle influenze esercitate
sulle nostre società. Conquistare l’inglese potrebbe
significare completare il nostro processo di liberazione.
Tuttavia, molto semplicemente, lo scrittore anglo indiano
non ha la possibilità di rifiutare la lingua inglese […] Noi
siamo uomini tradotti.” (Rushdie 1991, p. 11)

36
Il Postcoloniale
Di base esistono 3 tipi di gruppi linguistici
1. monoglossici
monoglossici:: usano l’inglese come lingua nativa
2. biglossici
biglossici:: bilingualismo
bilingualismo:: “inglese come lingua dei
commerci e della politica”—
politica”—India, Africa…
3. poliglossici o poli
poli--dialettali: “una moltitudine di dialetti
si intrecciano a formare un continuum linguistico
generalmente comprensibile”—
comprensibile”— Caraibi

L’inglese muta continuamente a causa dell’introduzione di


nuove parole provenienti dai margini dell’ex-
dell’ex-impero
(Salman Rushdie: metafora del ketdjeree)
ketdjeree)

Il Postcoloniale
Lingua come mezzo di potere: abrogazione e
appropriazione per rimpiazzare l’inglese standard

Abrogazione
rifiuto delle categorie della cultura imperiale inscritte
nel linguaggio, della nozione di centralità, e dell’uso
standard o ‘corretto’, nonché dell’assunto che
significati fissi e tradizionali siano inscritti nelle parole
Appropriazione
processo attraverso il quale una lingua non propria
viene messa in grado di esprimere il proprio spirito: la
lingua esprime una differenza pur impiegando una
uguaglianza che le consente di essere capita

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Il Postcoloniale
Strategie di appropriazione

Contrasto esplicito allo standard


Intrusioni editoriali:
editoriali: note, glossario, prefazioni etc.
Allusioni:: assenze/gap tra la parola e il referente
Allusioni
Parole non tradotte:
tradotte: obbliga il lettore in un
coinvolgimento attivo con gli orizzonti della cultura in
cui questi termini hanno significato
Interscambio:: “generazione di un’intercultura grazie alla
Interscambio
fusione delle strutture linguistiche di due lingue”
termine usato quando si apprende e parla una seconda
lingua: non errori o forme devianti

Il Postcoloniale
Fusione sintattica:
sintattica: mescolanza della sintassi della lingua
locale con il lessico della lingua standard
Sviluppo di neologismi
Passaggi da una lingua all’altra:
all’altra: la strategia più comune
specialmente nelle letterature del continuum caraibico
Trascrizione vernacolare:
vernacolare: trascrizione delle forme dialettali
di varianti soprattutto orali giunte dalla madre lingua
pidgin—
pidgin — istituisce differenze di classe

Le strategie di appropriazione “seize the language, re- re-place


it in a specific cultural location, and yet maintain the integrity
of that Otherness, which historically has been employed to
keep the post-
post-colonial at the margins of power, of
‘authenticity’, and even of reality itself” (The Empire Writes Back)
Back)

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Il Postcoloniale
Jean D’Costa
D’Costa::
“The [Caribbean] writer operates within a
polydialectical continuum with a creole base.
[…] Writers in this continuum employ highly
developed strategies of code
code--switching and
vernacular transcription,
transcription, which achieve the
dual result of abrogating the standard English
and appropriating an english as a culturally
significant discourse.”

Il Postcoloniale
LE INDIE OCCIDENTALI: I CARAIBI

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Il Postcoloniale
Cenni storici
Fino al 1500: isole abitate da civiltà amerinde
1492: primo viaggio di Colombo
1509--12 spagnoli colonizzano la Giamaica, Cuba e Porto
1509
Rico
1518 inizia tratta degli schiavi
1530 prime colonie inglesi nei Caraibi
1562 prima tratta inglese di schiavi
1625 colonizzazione inglese delle Barbados
1632 colonizzazione inglese di Antigua e Monserrat
1637 prime piantagioni di zucchero alle Barbados
1655--78 gli inglesi si impadroniscono della Giamaica e di
1655
Santa Lucia
1781 i francesi si impadroniscono della Guyana, di Tobago
e dell’isola Providencia

Il Postcoloniale
1797 gli inglesi si impadroniscono di Trinidad
1804 indipendenza di Haiti. Primo paese nero indipendente
1807 inglesi e danesi aboliscono la schiavitù (gli olandesi nel
1816, i francesi nel 1818 e gli spagnoli nel 1820)
1833 Emancipation Act della Giamaica (1839 piena
emancipazione))
emancipazione
1931 creazione del British Commonwealth
1935 tumulti alle Barbados e St. Vincent; sciopero dei
lavoratori a Trinidad; ribellioni nella Giamaica e nella
Guyana
1941 basi militari americane nelle Indie occidentali inglesi
1940--45 soldati caraibici combattono nella II GM per la GB
1940
1962 Indipendenza di Trinidad e Giamaica
1966 Indipendenza delle Barbados
1970 Rivoluzione di febbraio a Trinidad (Black
(Black Power)
Power)
1979 indipendenza di St. Lucia
1981 Indipendenza di Antigua e Barbuda

40
Il Postcoloniale
Molti stereotipi per I turisti (carnevale, reggae, musica,
calypso, rum, marijuana, natura paradisiaca): controllo
capitalistico, neo-
neo-coloniale (in realtà non realtà idilliaca,
ma segnata da cicatrici non facilmente rimarginabili)
Area caratterizzata da molteplicità, sincretismo, ibridità
di culture e forme dialettali (eredità lasciata da 4
potenze coloniali): Derek Walcott (premio Oscar)
evidenzia rischio di diventare “the post-
post-colonial
intellectual utopia”
Di fatto. caratteristica distintiva tra ex-
ex-colonie:
mancanza di una lingua alternativa e di cultura
condivisa pre-
pre-coloniale, ma mix incredibile di gruppi
etnici e culture. Ragioni:
Popolazioni native Caribs e Arawak sterminate dai
colonizzatori
Importazione in massa di schiavi africani per il lavoro
nelle piantagioni
Immigrazioni indiane e cinesi per lavori a cottimo

Il Postcoloniale
Sin dall’inizio problemi di scontro culturale e di unioni
tra persone di etnia, colore e cultura diverse
(miscegenation
miscegenation))

Per ridurre al minimo minaccia di ribellioni da parte


degli schiavi, allontanamento dal proprio gruppo etnico:
isolamento e soppressione linguistica per generazioni
→ unica lingua disponibile quella del colonizzatore
nascita di forme ‘pidgin’ di inglese che si sviluppano in
varianti di creolo diverse a seconda delle isole:
trascrizioni di varianti orali, tipo dere per there (difficoltà
di scrivere, e così sostituirla all’inglese, una lingua
eminentemente orale.
orale. Vedi Dub Poetry)
Poetry)
uso della lingua è ancora preoccupazione centrale
nella definizione di identità culturale locale. Marlene
Nourbese Philip la definisce “foreign l/l/anguish
anguish””:
dispossessamento linguistico e culturale

41
Il Postcoloniale
altra area di interesse della letteratura post-
post-coloniale
caraibica è bisogno di riscrivere la storia locale, che i
libri inglesi rappresentavano come inesistente (un
vuoto)
Ritorno a un’Africa immaginaria “site of the betrayal
into slavery but also of rich ancestral memory”
memory”
(Boehmer 1995, p. 198)
Ma anche recupero di una storia indigena

Autori più importanti:


importanti:

Aimé Césaire (discorsi sulla ‘negritudine’ – nativismo


essenzialista)) e Frantz Fanon (entrambi Martinica
essenzialista
francese), George Lamming (Barbados), V.S. Naipaul
e Sam Selvon (Trinidad & Tobago), Jean Rhys
(Dominica), Marlene Nourbese Philip (Tobago) Sylvia
Winter (saggio sulla Tempesta shakespeariana:
indagine sulla figura di Sycorax
Sycorax,, e non Caliban)…
Caliban)…

Il Postcoloniale
Discorso del poeta Derek Walcott alla cerimonia di
assegnazione del premio Nobel (1992)

“It is not that History is obliterated by this sunrise, It is


there in Antillean geography, in the vegetation itself.
The sea sighs with the drowned from the Middle
Passage, the butchery of its aborigines, Carib and
Aruac and Taino
Taino,, bleeds in the scarlet of the immortelle,
and even the actions of surf on sand cannot erase the
African memory, or the lances of cane as a green
prison where indentured Asians, the ancestors of
Felicity, are still serving time.”

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Il Postcoloniale
Jamaica Kincaid,
Kincaid, A Small Place,
Place, 1988

“The Barclay Brothers,


Brothers, who started Barclays bank, were
slave-traders. That is how they made their money. When
slave-
the English outlawed the slave trade the Barclay brothers
went into banking [...] look at how rich they became with
their banks borrowing from the descendants of the slaves
and then lending to them. But people just a little older
than I am can recite the name of, and the day, the first
black person was hired as a cashier at this very same
Barclays Bank in Antigua [...] Do you ever try to
understand why people like me cannot get over the past,
cannot forgive and cannot forget? There is the Barclays
bank. The Barclays brothers are dead. The human
beings they traded [...] are dead. It should have not been
that they came to the same end, and heaven is not
enough of a reward for one or hell enough of a
punishment for the other.”

Il Postcoloniale
Canzone di Bob Marley, Redemption song (1980)

Emancipate yourselves from mental slavery


None but ourselves can free our minds
Wo!! Have no fear for atomic energy,
Wo
‘Cause non of them-
them-a-can
can--a-stop
stop--a the time
How long shall they kill our prophets?
While we stand aside and look?
Yes, some say it’s just a part of it
We’ve got to fulfil de book Rastafarianismo:
Movimento socio-filosofico e
Won’t you help to sing religioso pan-africano: figli
Dese songs of freedom? dell’Africa (unica e sola vera casa)
‘Cause all I ever had: hanno il diritto di tornarvi.
Dal nome dell’imperatore etiope
Redemption songs Hallie Selassie, considerato
“mandato da Dio” = Ras Tafari

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