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Utopia e disincanto: l'esilio degli intellettuali spagnoli nella diaspora della Guerra Civile

Author(s): Annunziata O. Campa


Source: Annali d'Italianistica , 2002, Vol. 20, Exile Literature (2002), pp. 275-284
Published by: Arizona State University

Stable URL: https://www.jstor.org/stable/24009766

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Annunziata Q. Campa

Utopia e disincanto:
l'esilio degli intellettuali spagnoli
nella diaspora della Guerra Civile

A partire dalla Generazione del '98,1 la prima generazione di intellettuali


spagnoli che manifesta una perspicace coscienza del suo ruolo di avanguardia
politico-sociale, il concetto di intelligentsia esprime un'attitudine critica e
indipendente e disegna il profilo del pensatore dialettico nei confronti
dell'ordine stabilito.
L'intellettuale militante, nel veder liquidato quello straordinario patrimonio
di energie, uomini e idealità, quel progetto di ispirazione orteghiana rivolto
all'educazione civile, va alla ricerca di nuove prospettive e di costruirsi un
itinerario futuro ai suoi interessi. L'improvvido e forzoso esilio, che genera una
nuova situazione geografica ed esistenziale, lo costringe a una più rigorosa
meditazione sulla Spagna e sulla sua identità.2
Negli anni della guerra civile spagnola,3 gli intellettuali contrappongono al
fallimento del governo provvisorio della Seconda Repubblica, una testimonianza
umana e morale, ovvero impegno sociale e civile, che prevale su un
annientamento estremo.4 Le ragioni delle loro convinzioni politiche risiedono

' "Quella che per consuetudine ormai canonica viene chiamata 'generazione del '98' è
una realtà assai più che una 'generazione': è un largo movimento di opinione che ha il
suo stimolo episodico nel 'disastro' del 1898, cioè nell'ultima dura sconfitta subita
dall'imperialismo spagnolo a Cuba (una sconfitta suggellata appunto dal trattato di Parigi
del '98 e dalla perdita di quella estrema colonia americana), e che trova il suo sostegno
ideologico in un solido gruppo di letterati e di uomini di cultura, i quali si sentono tutti
investiti della dura problematica della società spagnola" (D. Puccini, Romancero della
resistenza spagnola 1936-1965, Bari, Laterza, 1970, p, 23).
2 José Luis Abellàn e Antonio Monclus (ed.), El pensamiento espanol contemporàneo y
la idea de América. El pensamiento en el exilio (Barcelona, Anthropos, 1989), 2:10;
Fernando de los Rlos, Sentido y significación de Espana (México, 1945); Francisco
Ayala, Conciencia de Espana (Buenos Aires, 1947).
3 La guerra civile spagnola (1936-39) fu un evento per molti aspetti cruciale, tale da
rappresentare un essenziale punto di riferimento per la comprensione della storia dell'età
contemporanea europea.
4 Come esempio di belligeranza intellettuale si può menzionare La Barraca. Questa
compagnia di teatro itinerante, creata da Federico Garda Lorca, spezzava il monopolio
culturale che deteneva la borghesia conservatrice. Essa la vedeva come uno strumento
popolare affiancata da un gruppo di intellettuali politicamente militanti che combatteva
Annali d'italianistica 20 (2002)

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nella consapevolezza degli sviluppi e délia centralità di una cultura democratica


nell'Europa occidentale.5 Gli sforzi compiuti dall'élite intellettuale, al fine di
inserirsi nel processo di consolidamento di una nuova civiltà politica, fanno
sentire i loro effetti sin dai primi anni del conflitto.
Sebbene gli eventi di natura bellica determinino generalmente l'esodo di
masse operaie e contadine, non era mai accaduto prima degli anni della guerra
civile che un considerevole numéro di noti politici e di intellettuali dissidenti di
ideologia repubblicana fosse costretto ad abbandonare il paese — o lo avesse
fatto per propria volontà — durante l'avanzata delle truppe nazionaliste e
anche neH'immediato dopoguerra.
Per il "ritorno all'ordine", propugnato dal regime ffanchista durante
l'assedio, era necessario silenziare la voce degli intellettuali. La repressione di
ogni dissidenza era dunque un imperativo inerente alla natura del fascismo
spagnolo "fondato oltreché sul predominio di classe, sulla coartazione del
consenso".6 In tale momento storico gli intellettuali, quali sostenitori di
un'ideologia libertaria, si rivolgono verso se stessi, e ricercano nella propria
formazione, nell'eredità culturale ricevuta, la causa della loro esclusione dalla
storia, alia quale non rinunciano e della quale sono stati protagonisti.
Nell'intento di propiziare una trasformazione all'arcaicità politica, sociale ed
economica della Spagna e di introdurre nel popolo quelle istituzioni
democratiche, che le nazioni moderne inalberavano come segno di supériorité,
essi si impegnano nella lotta contro le resistenze antagoniste.
L'esilio corne sradicamento e confinamento appare garante del passaggio
dei valori, dal passato al futuro, e diviene nel présente storico un'occasione
eccezionale di riscatto civile, da attuarsi nella dimensione della belligeranza
ideologica e sulla scia della solidarietà. Dal tentativo di svolgere un'efficace
azione dialettica e dialogica con il passato ne scaturisce uno sguardo
retrospettivo quale segno tangibile di un impegno assunto, un atto di
riappropriazione del proprio destino.

per la causa délia giustizia e délia liberté. Nonostante l'opposizione delle varie fazioni
politiche, la Barraca procedeva impavida la sua missione proselitista. L'Université era il
baluardo délia resistenza contro la dittatura e le forze reazionarie; i professori
stimolavano il culto délia liberté davanti a un regime oppressore e avevano preferito la
loro incondizionata adesione alle idee sociali e perfino l'esilio. II poeta Garcia Lorca era
pienamente conscio dei doveri dell'intellettuale e in quel particolare momenta politico
non esita a compromettersi. II gesto estremo della repressione determinô la sua
fucilazione (19 agosto 1936).
5 Sul ruolo della cultura europea nel concorso délia politica mondiale hanno dedicato
ampie riflessioni i filosofi spagnoli del tempo quali Miguel de Unamuno, Sobre la
europeizaciôn (1906), Maria Zambrano, La agonia de Europa (1945) e José Ortega y
Gasset, Meditaciôn de Europa (1949).
6 Ubaldo Bardi, Federico Garcia Lorca (Firenze, Provincia di Firenze, 1978), p. 3.

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L 'esilio degli intellettuali spagnoli nella diaspora della Guerra Civile 277

La spirale dell'esilio: i segni di una Utopia


Nella visione di una realtà incalzante e sempre più compromissoria si affaccia la
premonizione del "destierro" e l'intellettuale rivoluzionario, logorato dallo
spettro degli autoritarismi europei, superstite delle ceneri della Seconda
Repubblica, da una parte, ricompone gli schemi di una Utopia e, dall'altra,
appare condannato a una defezione inesorabile.7 Il militante appare dunque
come 1'incarnazione estrema del suo attivismo e delle sue contraddizioni. Non
sarà più prevalentemente homo ideologicus, ma spinto dal delirio costruttivista
del tempo diverrà homo faber. voleva edificare un mondo più giusto e ne è stato
divorato, con esiti sideralmente lontani dal progetto originario. Figura doppia e
tragica, oscilla continuamente tra "generosità storica" e contraccolpi
organizzativi, tra aspirazioni libertarie e sottomissioni laceranti, tra
emancipazione collettiva e umiliazione dell'individualità. L'ordine che ne
scaturisce è distante da quell' idealismo utopico quale premessa della felicità;
consiste piuttosto nella "normalità dell'azione repressiva", quel repertorio di
carcere, deportazioni, delazioni, repressioni: una realtà che nessuna revisione
storica puô occultare né ridimensionare.
È nella contrapposizione, tra i fini desiderati e i mezzi utilizzati, tra
premesse ideali ed esiti reali, che annida la tragica ambivalenza del pensatore
impegnato politicamente. La sua antropologia è segnata dal rovesciamento dei
valori e l'identità sovversiva e l'autonomia della libertà umana sono dissolte
nella gestione autoritaria del potere. L'ideologia progressista non è più il
retaggio di un passato sopravvissuto nella modernité: è incarnazione della
modernità stessa.

L'esilio: distanziamento e re-integrazione


Lo studio sulle peculiari caratteristiche dell'esilio degli intellettuali spagnoli
richiederebbe un approccio multidisciplinare in quanto il fenomeno non si
definisce solo corne scambio tra cultura madré e culture dei paesi che ospitano
— il più delle volte definitivamente — l'esule, ma corne coesistenza di aspetti
distinti mediante accostamenti e analogie. L'esilio spagnolo va esaminato
dunque, non solo sotto la prospettiva storicistica, ma anche attraverso diversi
profili culturali: letterario sociologico, psicologico e filosofico.

7 II 28 marzo 1939 il generale Francisco Franco, dirigendosi verso Madrid, esige la resa
senza condizioni. Da questo momento gli ultimi elementi di quello che era stato il
governo repubblicano délia Spagna si sbandano. La repressione è violenta. Si susseguono
epurazioni, denunce, arresti, tucilazioni. Nelle prigioni vengono rinchiusi migliaia di
prigionieri: la maggior parte in attesa di esecuzioni. Fra questi vi sono i capi dei partiti,
gli intellettuali, corne il poeta Miguel Hernândez. Questi riesce a raggiungere il
Portogallo, ma la polizia di Salazar lo consegna agli spagnoli. Viene rinchiuso nel carcere
di Torrijo, a Madrid, e poi in quello di Alicante dove la malattia e le privazioni dettano la
sua morte.

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278 Annunziata O. Campa

L'esule tende a ristabilire l'equilibrio perduto, a stimolare elementi


endogeni e introdurne degli estranei al fine di ritrovare nel vissuto la originaria
armonia. Tale compensazione lo riconduce a una posizione adeguata, a una
autoregolazione délia percezione e délia psiche. L'identità e la congiunzione
degli opposti — il noto e l'ignoto — significant) la percezione simultanea,
tramite le prospettive della vita e délia morte, del naturale e dello psichico. In tal
senso l'esperienza diventa una nuova e particolare unione di punti di vista
interni. L'attenzione psicologica enfatizza i meccanismi della memoria e il
ricordo è più deleterio di quanto non sia il dimenticare, attraverso cui gli eventi
traumatici della involontaria rinuncia si trasformano, uscendo dalla vita
personale, sgomberandola e generando inediti orizzonti. Per l'esule avere
memoria non è solo riscatto, ma nécessité di un "présente ampio", cosl da
contenere quel che è stato accantonato nelle zone d'ombra dello spazio e del
tempo.
L'esilio, come impellente costrizione o scelta coatta, si trasforma dunque in
un viaggio della coscienza verso l'ignoto. E cosl, il luogo dell'esilio rende
consapevole, attraverso la totale estraneità, il distacco delle cose e degli altri,
l'incertezza del destino nel futuro. Si compie allora, in un campo di forze che si
espellono e si attraggono, nei termini di un distanziamento e di una virtuale re
integrazione, la rivelazione della patria.
Ecco che in primo luogo, nelle opere relative alia "cultura dell'esilio", si
ravvisa una spécificité che non mostra il segno di un carattere periferico, ma
rimane ancorata nell'orbita della cultura originaria. Cosi il poeta Leôn Felipe si
esprime:

Yo no soy mâs que una voz


la tuya, la de todos
[...]. La voz de Espafla que hoy se articula en mi garganta como
pudo articularse en otra cualquiera.8

In nome di una concreta vocazione, la produzione culturale dell'esilio si


présenta come una più intensa continuazione della tradizione letteraria, capace
di estendersi altrove. Una créativité che nonostante sia il riflesso di una realté
scritturale vissuta al di lé delle frontière, rivela inoltre un'ampia gamma di
tematiche, di connessioni con il passato e un'evoluzione del linguaggio e del
pensiero.

8 Questo poema di guerra di Leôn Felipe, "La insignia-Alocuciôn poemâtica", in Gabriele


Morelli (ed.), La voce antica delta terra (Milano, Accademia, 1973), p. 264, composto
nel 1937 e declamato a Valencia e al Coliseum di Barcellona, suona come segno di
premonizione e di incitamento. A questo grido di dolore seguirono le pubblicazioni in
esilio del El hacha (1939) e Espahol del éxodoy del llanto (1939).

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L 'esilio degli intellettuali spagnoli nella diaspora della Guerra Civile 279

Rispetto alla fase rivoluzionaria, la condizione e Porganizzazione della


cultura in esilio subiscono inevitabili mutamenti, ma I'impegno civile continua a
misurarsi con i valori e gli scopi dei processi culturali e il rapporto con una
nuova realtà segna l'obbligatorietà inequivocabile di rivalutarne i requisiti della
loro utilità e del loro successo.9 "Crear la conciencia de la etapa histôrica que
esté a punto de cuajar [consiste in ] ordenar — scrive Ayala — las jerarqulas del
esplritu en el andamiaje de la nueva sociedad y orientarla hacia valores
firmes."10
L'attività degli intellettuali, pur registrando momenti di ripiegamento
intimista, retaggio dell'espressione romantica, esercita un complessivo impegno
sociale e morale. "Al margen del grado de integraciön alcanzado, para el
'verdadero exiliado', la dimensiön politica — afferma Romero Samper — se
convierte asi en su primera razôn de ser, en una sefia de identidad a la que no
cabe, por tanto, renunciar."11
La susseguente e graduale disgregazione degli intellettuali e il
soggettivismo dell'epoca delle "contrapposizioni ideologiche" tendono ad
attenuarsi e a essere sostituiti da uno spirito collettivo, da un'autocoscienza di
classe. Ritorna cosl il mito di una "Repubblica delle lettere" in grado di dar
inizio a un risorgimento ideale al di là delle competenze specifiche e della
singola estrazione politica. Il ruolo dell'intellettuale si costituisce cosl sulla base
di una prospettiva critica e alternativa nei conffonti del regime che Ii aveva
sopraffatti.
L'attività culturale dei rifugiati, quali Emilio Prados, José Gaos, Xavier
Zubiri, Maria Zambrano, Américo Castro, Rafael Dieste e tanti altri,12

9 In Spagna l'editoria aveva conosciuto un periodo di crisi, dovuto all'azione repressiva


délia censura, alla conseguente scelta di privilegiare libri di devozione, aH'isolamento
délia cultura spagnola rispetto al resto dell'Europa e quindi al restringimento del pubblico
che derivava da questi fattori.
10 Francisco Ayala, La cabeza del cordero (Buenos Aires, Losada,1953), p. 15.
11 Milagrosa Romero Samper, "Anâlisis del éxodo y actividad politica" in L. De Liera
Esteban (ed.), El ultimo exilio espahol en América (Madrid, Mapfre, 1996), p. 22.
12 Fra l'estate del 1938 e i primi mesi del 1939 giungono in Messico i membri che
costituiranno la Casa de Espafla e gli invitati speciali del Présidente Lâzaro Cârdenas,
come il giurista Recaséns Siches, i poeti Leôn Felipe, Luis Cernuda, i critici e poeti José
Moreno Villa, Enrique Diez-Canedo e José Domenchina, i filosofi José Gaos, Joaquin
Xirau, lo storico e avvocato José Maria Ots Capdequi, gli scrittori Emilio Prados, Rafael
Dieste, Benjamin Jarnés, Rafael Sânchez de Ocafia, José Carner, l'endocrinologo
Rodendo Carrasco Formiguera, lo scienziato José Giral (che diventa il présidente del
governo in esilio), il medico Aurelio Romero Lozano e il politico Indalesio Prieto. Molti
si trasferiscono in Argentina, come Américo Castro, José Ortega y Gasset, Claudio
Sânchez Albornôz, Gregorio Maraflön, Juan Ramôn Jiménez, nella Repubblica
Domenicana, come Fernando de los Rios, in Francia, corne Manuel Azafia e Francisco
Largo Caballero, in Cile Rafael Alberti e Maria Teresa Leôn e in Italia Jorge Guillén; si

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costituisce cosi l'esempio sublime, non solo della rielaborazione di una perdita
— la "cultura recuperata" — bensl di una "cultura aggiunta". Risultava tuttavia
difficile per essi crearsi un punto di vista e una prospettiva, rispetto alle memorie
oscure e inquietanti del recente passato; si trattava piuttosto di non interrompere
il processo creativo e di costruirsi una autonomia espressiva propria sulla
condizione di esuli, in un'operazione di riscatto e appropriazione, ove la
memoria nel tempo attuava corne médiatrice tra il vivere e il pensare13.
E facile comprendere come nel primo ciclo di questo processo storico, le
illusioni perdute esasperino le incertezze del traversare terre sconosciute e
paesaggi insoliti. "Las tensiones que causa cualquier partida inopinada [...], la
inseguridad, la inserciôn en otras costumbres [...] — asserisce Mario Benedetti
— son elementos generadores de angustias, malestares, y hasta de
resentimientos y rencores". Ma il compito primordiale e legittimo che "tiene un
escritor del exilio — ribadisce lo studioso uruguaiano — es con la literatura que
intégra, con la cultura de su pais. Tiene que reivindicar su condiciôn de escritor,
y a pesar de todos los desalientos, las frustraciones, las adversidades, buscar el
modo de seguir escribiendo."14

vedano Nicolâs Sanchez Albornôz, El destierro espahol en America, un transvase


cultural (Madrid, Sociedad Estatal. Quinto Centenario-Instituto de Cooperaciôn
Iberoamericana, 1989); Gregorio Marafiôn, Espaholes fuera de Espaha (Madrid, Espasa
Calpe, 1968); J. Andrés-Gallego, Luis de Liera, José Velarde, Nazario Gonzâlez, Espaha
actual. La Guerra civil (1936-1939), (Madrid, Gredos, 1989) e Patricia Fagen,
Transterrados y ciudadanos (México, Fondo de Cultura Econômica, 1975). Il termine
"transterrado" fit introdotto da José Gaos volendo afïermare il concetto di
multiculturalità, concetto che viene ripreso successivamente dai filosofi messicani José
Vasconcelos nella sua teorizzazione in Naciôn de las Naciones en la raza de las razas e
da Leopoldo Zea in Raza côsmica.
13 Queste due connotazioni dell'impegno intellettuale sono coite rispettivamente da opere
significative, quali Los cipreces creen en Dios di José Maria Gironella (Barcelona, 1953);
La cabeza de cordero di Francisco Ayala (Buenos Aires, 1949), Filosofia y poesla di
Maria Zambrano (México-Morelia, Publicaciones de la Universidad Michoacana, 1939; e
l'edizione corretta dall'autrice: México, Fondo de Cultura Econômica, 1987) e, sempre
délia Zambrano, Pensamiento y poesla en la vida espahola (México, La Casa de Espafia,
1939: cito dal volume pubblicato dalle Ediciones Endymion, Madrid 1996). La filosofa
aveva disegnato attraverso le sue molteplici attività di saggista e di critica letteraria fra il
1928 e 1939 una rigorosa rivisitazione del liberalismo, deU'idealismo crociano e del
sindacalismo soreliano (Horizonte del liberalismo o Nuevo liberalismo, Madrid, Morata,
1930; la seconda edizione contiene uno studio introduttivo di Jesus Moreno Sanz,
Morata, Madrid 1996). Aveva anche compreso e denunciato il precario e radicale
equilibrio dell'intellettuale in Spagna e in Europa (Los intelectuales en el drama de
Espaha, Santiago de Chile, Panorama, 1937; ripubblicato per i tipi di Hispamérica,
Madrid 1977 e 1979 e poi in Senderos, Barcelona, Anthropos, 1998 e da Trotta. Madrid,
1998 con Escritos de la guerra civil a cura di Jesus Moreno Sanz).
14 Mario Benedetti, El desexilioy otras conjeturas (Madrid, El Pais, 1984), p. 11.

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L 'esilio degli intellettuali spagnoli nella diaspora della Guerra Civile 281

La visione della nuova realtà si traduce, in campo letterario e filosofico, in


un'estetica anticlassicistica, in una poetica della metafora e in una rivisitazione
dei postulati del più genuino umanesimo. Prevale allora la tendenza al
rinnovamento: un procedimento che concettualizzi i rapporti sottili esistenti fra
uomini di culture diverse. Una prassi che nell'attività di un'intelligenza arguta
rende possibile accostamenti di dissonanze, di enigmi e di contraddizioni.
L'intellettuale si rivela come colui che è in grado di scoprire i legami misteriosi
esistenti fra i vari campi della realtà e i fenomeni più diversi, rendendoli per la
prima volta "visibili".
Alia prima fase del risentimento e della nostalgia segue la razionalità
all'adattamento e l'apertura a un dialogo stimolante con il passato — la stagione
della cultura felice — e infine la possibilité del ritorno.

L'esilio e il pensiero filosofico di Maria Zambrano


I contorni di una determinata condizione storica acquistano i tratti di una sui
generis consapevolezza ideologica e culturale nella larga messe di scritti dei
rifugiati in America Latina, negli Stati Uniti, in Francia e in Italia. Ne risulta un
quadro caleidoscopico che va dalla tonalità personale nel sentire l'esilio, alio
stato più denso e intimamente conchiuso.
Maria Zambrano16, una delle pensatrici più rappresentative del Novecento
spagnolo, si impone all'attenzione della storia del pensiero filosofico occidentale

16 Maria Zambrano (Vélez-Mâlaga 1904-Madrid 1991). Ancor prima délia presa di


Barcellona del 26 gennaio 1939, in campo repubblicano, quale che sia Pimportanza
strategica délia capitale catalana, la disfatta psicologica è totale; decine di migliaia di
leaders dei partiti, intellettuali, mutilati, combattenti, vecchi, donne e bambini fuggono in
Francia, passando il confine. Raggruppati e internati dalle autorité francesi, si
ammucchiano a Argelès, a Prats-de Mollo e a Saint-Cyprien in campi recintati e in
baracche di legno. All'inizio di questo tragico esodo, il 6 gennaio 1939, la Zambrano
raggiunge il piccolo paesino di Salses nella frontiera francese, abbandonando cosl la
Spagna per un lungo esilio che durerà quarantacinque anni. Nello stesso giorno anche il
poeta Antonio Machado si avvia verso la frontiera e riesce ad arrivare a Callioure, ma
non riesce a sopportare il grave disagio e muore di II a poco, il 22 febbraio. Altri
personaggi prendono la via dell'esilio, corne il présidente Azafla che il 7 febbraio si trova
in Francia assieme ai rifugiati. La filosofa, corne tutti gli altri, paga cosl la sua adesione
alla fede repubblicana, che aveva rappresentato per i movimenti studenteschi e per gli
intellettuali una forza organizzatrice per sostenere rivendicazioni politiche e sociali. Dopo
un breve soggiorno a Città del Messico e a La Habana si trasferisce a Morelia (Messico)
dove le viene conferito l'incarico di insegnamento di Storia délia Filosofia. La sua
permanenza a Morelia è interrotta, nel 1950, per far ritorno in Francia in occasione délia
morte délia madré, accolta con profondo dolore. Dopo un soggiorno di due anni in
Messico, nel 1953 decide di stabilirsi in Italia, dove vive fino al 1964. L'umile e sereno
ambiente romano stimola la filosofa a completare la sua autobiografia, Delirio y destino,
e a dedicarsi a più profondi impegni filosofici fra i quali spicca la stesura di Filosofia y

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per le sue peculiari speculazioni suü'essere come oggetto della storia. II suo
metodo filosofico si présenta come un sistema di riflessioni sull'etica del
pensiero e sulla rinascita di una nuova concezione della filosofia della storia.
L'impegno vitale della Zambrano nei confronti della Spagna, tra il 1928 e il
1939, la porta alPelaborazione di uno strumento teorico che mette in crisi la
cognizione della ragione e il compromesso dell'intellettuale con la sua realtà.
Nella cornice di una critica al razionalismo e all'idealismo, la Zambrano vede la
ragione contemporanea paralizzata e inservibile di fronte alla tragedia del XX
secolo. E ipotizza — nel constatare il fallimento della modernité in Spagna
rispetto ai canoni europei di Stato, Riforma e Razionalismo — il nuovo ruolo
dell'intellettuale, alla ricerca di una nuova ragione che propizi la nascita di una
cultura e di una morale anch'esse nuove. Per la filosofa, l'intellettuale
dell'epoca romantica della guerra agisce solo come "commissario politico",
ritraendosi dalla consapevolezza del momento storico. In questo contesto di
belligeranza delle lettere e della ragione, la pensatrice fa emergere il concetto di
una "ragione militante": una ragione concreta e antiidealista, che porta a mettere
in questione il rapporto tra l'intellettuale e il potere.
Si tratta di un'intelligenza combattiva, in difesa della cultura, quella che
caratterizza la ragione militante concepita dalla Zambrano. Per costei il
compromesso dell'intellettuale è quello di agire con la parola, di renderla
sovversiva e meccanismo privilegiato di trasformazione ideologica della realtà.
Per l'intellettuale militante repubblicano ogni arte doveva inesorabilmente
costituire uno strumento di lotta.

Senza spogliare la "razôn armada" del suo contenuto primigenio, la


Zambrano intraprende una singolare riflessione sulla Storia e sulla Poesia.
Riportando sul piano della storia la ragione come poiesis, opera una inedita
ipostasi tra pensiero e poesia, fino a fondare il concetto di "razôn poética":
strumento gnoseologico, ri-creazione dell'essere. La poesia attua dunque corne
elemento ambivalente di coscienza e di morale, illuminando l'individualità
concreta e vivente dell'esperienza. "Poesia y razôn — scrive la Zambrano — se
completan y requieren una a otra. La poesia vendria a ser el pensamiento
supremo por captar la realidad intima de cada cosa, la realidad fluente,
movediza, la radical heterogeneidad del ser" ("Guerra de Antonio Machado"
68).
La parola, "ese elemento primera para el hombre" (Bienaventurados 39)
sarà poi davanti al deserto, all'immensità e alla solitudine, il veicolo di una
riscossa, il tramite eccellente per esorcizzare i fantasmi della memoria.

poesia. L'esilio, dopo una lunga catarsi espressa nella sua opera autobiografica, non
costituisce più il luogo delle afflizioni e dei risentimenti, ma quello della convivenza e
del sentire della ragione come vita.

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L 'esilio degli intellettuali spagnoli nella diaspora della Guerra Civile 283

Nella Spagna contemporanea, la costante peregrinatio della Zambrano si


erge a simbolo rappresentativo della storia di tutto il popolo spagnolo: esiliato,
errante, privato della propria terra. Sulle tracce di una fenomenologia
psicanalitica , la Zambrano applica la "razôn poética" come strumento per lo
studio dell'uomo quale soggetto della storia e infine del suo stesso esilio. Per la
filosofa perô la prova dell'esilio acquisisce i tratti di un'eccezionale esperienza
di vita: l'esilio come una dimensione essenziale della vita umana.
L'esilio per la filosofa ha il senso di una rivelazione, una rivelazione che
sfugge alio specificamente religioso per addentrarsi in una dialettica dei sensi,
nei presupposti analitici di un metodo che la ragione rende visibile. Come
esperienza che appartiene al contingente, l'esilio attua come lacerante vivenza
ed elemento mediatore tra il vivere e il pensare, e riconduce l'esperienza a
quanto si è perduto: la patria. Nella Zambrano l'esilio assume l'entità di una
'figura essenziale' del trascorrere umano, dall'originaria espulsione dal Paradiso
al traumatico distacco dal présente per affrontare un ignoto fiituro. "En mi exilio
— scrive la Zambrano — como en todos los exilios de verdad hay algo sacro,
algo inefable, el tiempo y las circunstancias en que me ha tocado vivir y a lo que
no puedo renunciar".
Vita ed esilio si tramutano nella Zambrano in una simbiosi dell'esistere,
nella consapevolezza di una "patria non desiderata" che brucia e ferisce, fino
alla rinuncia, all'accettazione cosciente di un non-ritorno. "Yo no concibo —
afferma la Zambrano — mi vida sin el exilio que he vivido. El exilio ha sido
como mi patria, o como una dimensiôn de una patria desconocida, pero que una
vez que se conoce, es irenunciable" ("Arno mi exilio" 14).
Nella Zambrano l'esilio ha la valenza di un viaggio iniziatico che si compie
nell'identifïcazione di un segno, nell'ansia costante di una perdita, di una
lacerante mutilazione che créa l'illusoria aspettativa di un riscatto; ovvero
recuperare il tempo perduto, l'io, gli altri, il sentire originario. Per la filosofa,
l'esilio raffigura per antonomasia l'essere in solitudine, spoglio di identità e di
speranza. Assente dalla volontà nella disfatta della propria storia prova la
sconvolgente sensazione del vuoto e dello smarrimento, una incessante
estraneità, il "no tener lugar en el mundo, ni geogrâfico ni social ni politico [...]
ni ontolôgico" (Los bienaventurados 39). Lo sradicamento riconduce l'essere al
centro di un punto senza apparenti coordinate, senza orizzonti riconducibili;
l'esilio corne la follia incarna "un disfare la propria nascita, un venir meno
all'orizzonte protettivo del vissuto quotidiano, all'identità nota, per esporsi in
totale nudità, sui bordi della storia, alla totale estraneità. E in questa nudità si
rimane prigionieri, in un vuoto enorme, incolmabile: quella che la Zambrano
chiama l'immensità dell'esilio" (Boella 83). Immensità e solitudine diventano
allora lo spazio di uno spirito per il quale morire — e non la morte — costituisce
la lunga agonia del futuro nel tempo.
Università degli studi di Pisa

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284 Annunziata O. Campa

Opere citate

Boella Laura, "Maria Zambrano (1904-1991", Cuori pensanti. Hannah Arendt, Simone
Weil, Edith Stein, Maria Zambrano, Mantova, Tre Lune, 2001. 65-92.
Zambrano Maria, Maria Zambrano, La agonia de Europa (1945)
, "Arno mi exilio", Las palabras de regreso, Salamanca, Amaru, 1995. 1-14.
, Los bienaventurados, Madrid, Siruela, 1990.
, "La guerra de Antonio Machado", Senderos. Los intelectuales en el drama de
Espaha, Barcelona, Anthropos, 1989. 60-70.

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