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Fabrizio Giulietti

E movimento anarchico italiano


neh htta contro ilfascismo
m-m
Con il contributo del Dipartimento Innovazione e Società,
Università degli studi di Roma "La Sapienza".
© Piero Lacaita Editore - M anduria-Bari-Rom a - 2003
Sede legale: Manduria - Vico degli Albanesi, 4 - Tel.-Fax 099/9711124
pierolacaita@libero.it

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INTRODUZIONE

In ogni tempo, in ogni luogo le persecuzioni scandiscono


la storia degli anarchici, avversari irriducibili di qualsiasi po­
tere costituito, temuti e odiati dai potenti di tutto il mondo
che vedono in loro una minaccia e una sfida permanente al­
l'ordine, nei regimi autoritari come in quelli democratici.
L'idea totalitaria di libertà che li anima, non consente al mo­
vimento anarchico altra collocazione se non l'opposizione,
senza possibili mediazioni; un'opposizione il più delle volte
isolata anche dalle altre forze politiche che pure lottano con­
tro i sistemi, perché la traduzione politica dell'estremismo ide­
ologico anarchico, prima o poi, entra inevitabilmente in con­
trasto con qualsiasi progetto di costruzione e di realizzazione
dì una società alTintemo di strutture statali codificate. Persi­
no l'utopia comunista che più si avvicina al sogno degli anar­
chici, viene respinta con orrore quando si fa realtà, sì dota di
strumenti di lotta politica per attuarla, si concretizza in for­
me, modalità e organizzazioni per il governo delle masse. I
limiti, seppure affascinanti, di questa fede ideale estrema
imprimono alla storia dell'anarchismo dei caratteri peculia­
ri, in primo luogo la dimensione internazionale che è elemento
fondamentale dell'identità anarchica. Sparsi per l'intero pia­
neta, lontani mille miglia, estranei per lingue, culture e stò­
rie, gli anarchici si riconoscono appartenenti a ima stessa fa­
miglia di "diversi", di perseguitati, di "sognatori", di donne
e uomini "contro", vincolati gli imi agli altri da infrangibili
legami di solidarietà che sono essenziali per la loro stessa so­
pravvivenza. L'esilio, un evento ricorrente nella loro vicen­
da, accentua il distacco dalla nazione di appartenenza che, a
ondate, nel corso degli anni lì respinge da sé, li espelle o li
costringe all'espatrio, ultima strada rimasta per salvare la vita.

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Una volta inserite in questa cornice/ le specifiche storie na­
zionali costituiscono però altrettanti tasselli per comporre il
mosaico dell'anarchismo che vive in Europa/ negli anni tra le
due guerre mondiali/ la sua ultima stagione come movimen­
to di massa. A dare il colpo di grazia a questo soggetto politi­
co/ il cui radicamento nella società è stato già profondamente
indebolito dall'avvento dei partiti di integrazione marxisti e
poi da quelli leninisti, contribuiscono i totalitarismi fascista e
comunista, diventati via via egemoni nel vecchio continente.
Nel caso specifico dell'Italia dove fin dal 1922 il fascismo è al
potere, la liquidazione degli anarchici rientra nel quadro com­
plessivo dell'ascesa violenta e del consolidamento della dit­
tatura che, per un ventennio, soffoca ogni forma di libertà e
di organizzazione. La storia degli anarchici italiani in questo
periodo si intreccia, dunque, con quella dell'antifascismo, una
storia di persecuzioni, ma anche una storia di lotte in patria e
aH'estero, condotte da coloro che tenacemente rifiutano di
piegarsi al regime. Il lavoro di scavo e di analisi sul mondo
variegato degli antifascisti ha prodotto ormai una solida
storiografia che presentava però una lacuna, proprio per quan­
to riguarda l'opposizione anarchica, studiata soprattutto nel
primo periodo - dal biennio rosso al delitto Matteotti - ma di
cui, per la fase successiva, si avevano solo poche tracce, qual­
che riferimento a episodi e a militanti, molti nomi inseriti negli
elenchi dei perseguitati, dei condannati dal Tribunale Spe­
dale, dei confinati, dei carcerati, dei condannati a morte, de­
gli esiliati. Il lavoro di Fabrizio Giulietti viene a colmare que­
sto vuoto con una puntuale, minuziosa ricerca sulle fonti do­
cumentarie, in primo luogo l'archivio centrale dello Stato,
m iniera in esau rib ile di in form azion i. Con altrettan ta
sistematicità Giulietti ha proceduto allo spoglio della stam­
pa, d egli o p u sco li e d ella p u b b licistica an arch ica,
copiosamente prodotta, malgrado le difficoltà di pubblica­
zione e di diffusione, garantite pur saltuariamente proprio
da quella rete internazionale cui si è fatto cenno.

Partendo dalla fase successiva al delitto Matteotti, quan­


do ormai si è conclusa e perduta Tultima battaglia delle op-

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posizioni antifasciste in Italia, Giulietti percorre tutte le tap­
pe dell'esistenza clandestina del movimento anarchico in Ita­
lia: dai tentativi sempre frustrati di riorganizzare le file di­
sperse dei militanti che la polizia tiene sotto ferrea sorveglian­
za, ai progetti dei falliti attentati per uccidere il tiranno, pa­
gati da Schirru e Sbardellotto con la condanna a morte; dalla
ricerca del riscatto nella guerra in Spagna che per gli anarchi­
ci, come per tutti gli antifascisti italiani, inquadrati nelle bri­
gate intemazionali, rappresenta l'occasione di combattere il
fascismo in campo aperto, armi alla mano, fino alla resisten­
za armata nel 1943-45, culmine di un ventennio di opposizio­
ne. Da questa approfondita ricerca emerge un quadro com­
plessivo del movimento anarchico nel ventennio fascista as­
sai più variegato e, direi tormentato, rispetto all'immagine
stereotipata che la stessa propaganda anarchica ha traman­
dato. E non si tratta solo del nuovo spessore che acquistano i
militanti più noti sotto la benevola, simpatetica lente di in­
grandimento di Giulietti - è il caso dei paragrafi dedicati a
Schirru e Sbardellotto. La diversità dei contesti sociali e geo­
grafici in cui operano gli anarchici, costituisce un elemento
im portante di differenziazione che traccia una sorta di
spartiacque tra l'anarchismo radicato nelle zone operaie dove
è rimasta ancora viva la tradizione anarchica, e quello disper­
so, isolato in realtà ostili o del tutto impermeabili al messag­
gio degli anarchici. Qui si sviluppa un'opposizione, definita
"esistenziale" da Giulietti che puntigliosamente raccoglie
anche le informazioni sull'insulto urlato, la scritta offensiva
sul muro, la minaccia e il grido di protesta; tutta quella serie
di piccoli atti individuali che, nella loro continuità e ripeti­
tività, denunciano soprattutto il disagio di chi, anarchico nel
profondo dell'animo, percepisce come insopportabile la cap­
pa di ordine e di conformismo imposta dal regime.

Il filo dell'attività anarchica più propriamente militante,


seguito grazie soprattutto alla documentazione dì fiduciari e
spie della polizia, disegna una fitta trama di contatti e di scam­
bi dall'Italia all'estero - e viceversa - che testimonia non solo
l'attiva solidarietà della famiglia intemazionale, ma anche la

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vivacità del dibattito in corso nei congressi e nelle riunioni
dove si danno appuntamento le tante anime dell'anarchismo.
Di fronte alla drammaticità degli eventi che segnano questa
lunga vigilia di un altro devastante conflitto mondiale, gli
anarchici si interrogano, polemizzano e si dividono sui prin­
cipi fondanti della loro ideologia e, soprattutto, sulle scelte
strategiche da adottare nella lotta ai fascismi, prima fra tutte
la questione delle alleanze. Il tradizionale isolamento politi­
co sembra stridere con le necessità di una lotta antifascista,
combattuta in clandestinità, le cui schiere, col passare degli anni
e le retate continue si vanno assottigliando fino a ridursi a po­
che migliaia di militanti. Ma il passaggio dalla spontanea fra­
tellanza che nasce nella quotidianità tra chi combatte un nemi­
co comune, a un'organica unità d'azione ripropone un con­
fronto incomponibile sul piano ideologico, anche se fa emer­
gere affinità interessanti, come nel caso della vicinanza ai
giellisti. Prevalgono, comunque, i motivi di differenziazione,
addirittura di conflitto diretto e violento quando comunisti e
anarchici si ritrovano fianco a fianco nella battaglia contro il
fascismo in Spagna. La sanguinosa resa dei conti tra le forma­
zioni anarchiche spagnole e il Pce ha ripercussioni pesanti an­
che sui volontari italiani e, tra questi, è Camillo Berneri a paga­
re con la vita il prezzo di ima guerra civile che si combatte al
fronte, ma anche nelle stesse file deU'antifascismo.

La pagina nera dell'assassinio di Berneri e di tanti altri


combattenti libertari è parte integrante della storia dell'op­
posizione al fascismo di cui gli anarchici, pur con la loro spe­
cifica diversità, rappresentano un tassello importante. Del
resto, proprio la complessità di questo mondo antifascista,
quale emerge dal lavoro degli studiosi che hanno indagato
sulle singole forze politiche, distanti l'una dall'altra per idea­
li e progetti, ne esclude un'interpretazione come fenomeno
unitario. L'unità dell'antifascismo si iscrive entro i confini del
mito ufficiale, pubblico, funzionale alla ricostruzione della
nuova Italia antifascista all'indomani della guerra, ma assai
poco aderente ai risultati della ricerca storica. Il comune ne­
mico che unisce i militanti antifascisti nella lotta, non basta a

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far superare i fossati scavati dalle ideologie totalitarie ancora
dominanti, come nel caso degli anarchici e dei comunisti. La
certezza di possedere la verità, il culto religioso del proprio
credo politico trasformano in avversario da abbattere chiun­
que non condivida la stessa fede. I comunisti possono abdi­
care temporaneamente alla purezza dottrinaria, a seconda
delle necessità politiche contingenti, nella convinzione di
operare sempre per il trionfo della causa; gli anarchici invece
rifiutano per principio di piegarsi alle esigenze di una politi­
ca aderente alla realtà, persino quando si tratta di far fronte
comune nella guerra al fascismo. Il che, naturalmente, nulla
toglie al coraggio e al sacrificio di quanti hanno lottato contro
la dittatura.

S imona C olarizi

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R ingraziam en ti

Desidero ringraziare la Prof.ssa Simona Colarizi, senza la cui


guida questo lavoro non sarebbe mai venuto alla luce, il persona­
le deir Archivio Centrale dello Stato e del Centro Studi Libertari
di Milano che mi ha aiutato nel reperimento della documentazio­
ne. Un ringraziamento particolare lo devo alla Dott.ssa Rossella
Di Leo, per la disponibilità e la pazienza riservatemi.
Ringrazio inoltre il Prof. Maurizio Degl'Innocenti che ha ospi­
tato la mia ricerca nella collana della Fondazione Turati.

Dedico il volume a Vicky

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C apitolo primo

1927-1928

1 - Le iniziative pro-Sacco e Vanzetti e il "soccorso anarchico"

L'approvazione il 25 novembre 1926 della legge n°. 2008 -


"Provvedimenti spedali per la difesa dello Stato" - sancisce
l'avvento ufficiale della dittatura fascista in Italia. Oltre a con­
templare una serie di misure liberticide, il decreto reintroduce
la pena di morte per gli "attentati al capo del governo e dello
Stato" e per i "delitti contro lo Stato", allo scopo precipuo di
colpire quelli che, sin dal 1922, si sono contraddistinti come i
più irriducibili nemici del fascismo: gli anarchici. Non sol­
tanto, infatti, le "leggi fascistissime" sono promulgate a poco
più di un mese da un nuovo tentativo di attentato alla vita di
Mussolini1, ma già da tempo, nelle alte sfere istituzionali e
negli ambienti governativi, regnava un consenso unanime
circa l'urgenza di ripristinare nel paese una sanzione penale
abolita ormai dal lontano 1889. "Il movimento favorevole al

1 Si tratta dell'attentato Zamboni, avvenuto a Bologna il 21 ottobre


1926.1 contorni oscuri rivestiti dall'episodio, hanno indotto alcuni stori­
ci ad ip otizzare u n co involg im ento n ell'a tten ta to di elem enti
dell'intransigentismo fascista bolognese e milanese, al fine di accelerare
la svolta dittatoriale- Sull'attentato Zamboni cfr.: R. D e F elice, Mussolini
il fascista. IL L'organizzazione dello Stato fascista. 1925-1929, Einaudi, Tori­
no, 1968; G. G alzerano, Attentati anarchici a Mussolini, in L'Antifascismo
rivoluzionario tra passato e presente. Atti della giornata di studi, Pisa, 25 aprile
1992, Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 1992; R. V ighi, Anteo Zamboni nel
ventennale del suo olocausto. Riassunto storico-critico dell'attentato a Mussolini
e della sentenza del Tribumle Speciale, Mammolo Zamboni, Bologna, 1946;
G. A rtieri, Tre ritratti politici e quattro attentati, Atlante, Roma, 1953; P. C.
M asini, L'attentato a Mussolini attribuito ad Anteo Zamboni, in "Rivista sto­
rica dell'anarchismo", n. 2, del luglio-dicembre 1998, Biblioteca Franco
Serantini, Pisa, 1998.

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ristabilimento della pena capitale in Italia", aveva sentenzia­
to il ministro guardasigilli Alfredo Rocco2, "è tutt'altro che
recente. Esso rimonta all'epoca del nefasto eccidio di Monza.
E all'estero tale movimento si inizia fin dal primo sviluppo
dell'anarchia e degli attentati anarchici"3.
Subito dopo il varo della legislazione speciale, un'ennesi­
ma ondata di arresti e di persecuzioni si abbatte sui militanti
anarchici, destinando al carcere, al confino o all'esilio, molti
di quelli che erano riusciti a sfuggire alle repressioni degli
anni precedenti4. Nonostante l'ulteriore decimazione, il mo-

2Alfredo Rocco, è tra i principali ispiratori della legislazione speciale.


3 Citato in M. Rossi, Avanti siam ribelli Appunti per una storia del movi­
mento anarchico nella Resistenza, a cura deir Amministrazione provinciale
di Pisa, Pisa, 1985, pag. 14.
4 Tra il 1926 ed il 1943 il Tribunale Speciale condanna 4671 imputati:
4030 comunisti, 12 socialisti, 42 gieìlisti, 22 anarchici, 6 repubblicani, 323
generici, 203 partigiani sloveni, 32 biblici. Cfr., A a .V v., Aula IV. Tutti i
processi del Tribunale speciale fascista, a cura dell'ANPPIA, Roma, 1961; A.
D al P ont-S. C arolini, L'Italia dissidente e antifascista, La Pietra, Milano,
1980. Va sottolineato che molti militanti anarchici risultano condannati
come comunisti, gieìlisti o antifascisti generici. Eccone alcuni esempi:
Achille Marinoni, Umberto Bonetti, Gian Battista Barcelli, Bruno Fracas­
so, Giovanni Domaschi e Giobatta Braida, condannati con sentenza 133/
1928 come comunisti (d'ora in avanti solo numero di sentenza/anno,
qualifica politica); Bortolo Giambarda, 169/1941, comunista; Raffaele
Sclandi, 11/1928, comunista; Cesare Ragni, 67/1928, comunista; Alfierio
Guerri, 12/1929, comunista;-Silvano Fedi, Fabio Fondi, Carlo Gìovannelli
e Giovanni La Loggia, .8/1940, antifascisti; Pietro Marcati e Guglielmo
Zimolo, 55/1927, comunisti; Ottavio Antonini, 62/1938, comunista; Vito
Bevilacqua e Giovanni Farina, 52/1928, comunisti; Michele Guasco, Lui­
gi Dal Santo e Mario de Pasquale, 12/1937, gieìlisti; Mario Colivichi, 51/
1930, comunista; Pietro Bulleri, Tito Raccolti e Alberto Vestri, 53 /1930,
comunisti; Prosdocimo Cedronelli, Secondo Goltata, Alberigo Negrini e
Calisto Lui, 56/1927, comunisti; Silvio Bertona, Gaudenzio Pagani,
Bartolomeo Pagani, Antonio Majoni, Antonio Tozzini, Giovanni Majoni,
Vittorio Tozzini e Bartolomeo Giacometti, 84/1928, comunisti; Giulio
Montanari, Elisa Veracini, Ida Scarselli e Giacomo Bottino, 37/1927, co­
munisti. Le commissioni provinciali d'assegnazione al confino, emetto­
no invece a carico degli anarchici 667provvedimenti su un totale di 13157.
Cfr., C. G hini-A. D al Pont, Gli antifascisti al confino. 1926-1943, Editori

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vimento può però ancora contare su una sensibile presenza
di nuclei e quadri diffusi a livello locale, che consentono di
intraprendere alcune importanti iniziative tese a preservare
una rete d'opposizione clandestina alla dittatura fascista. Dalla
consultazione dei rapporti prefettizi e delle relazione fidu­
ciarie, apprendiamo così che in diverse città sono in atto azioni
di sostegno e di solidarietà in favore di Nicola Sacco e
Bartolomeo Vanzetti5. A Milano, ad esempio, cellule di fab-

Riuniti, Roma, 1971; A. D al P ont - S. C arolini, L'Italia al confino. 1926-


1943, Milano, 1983. Anche in questa circostanza, occorre però considera­
re le imprecisioni di cui sopra. In definitiva, tra i condannati dal Tribuna­
le Speciale e i relegati nelle isole di confino, gli anarchici costituiscono il
gruppo politico più numeroso dopo i comunisti. Va osservato, inoltre,
che l'esattezza dei condannati dal Tribunale Speciale e degli assegnati al
confino dalle Commissioni Provinciali, è stata messa in dubbio in alcuni
recenti studi storiografici. La discussione più approfondita in proposito
è contenuta in: L. C asali, E se fosse dissenso di massa, in "L'Italia contem­
poranea", n. 144,1981.
5 Anarchici italiani emigrati negli Stati Uniti, condannati, nel luglio
1921, alla pena di morte per omicidio volontario. Com'è noto, il caso
Sacco e Vanzetti scatena una vasta mobilitazione intemazionale che vede
scendere in campo non soltanto tutte le forze politiche progressiste, ma
anche numerosi esponenti del mondo culturale. La vicenda si trascina
sino al 9 aprile del 1927 quando, sebbene rivelazioni e prove schiaccianti
sull'inconsistenza dell'intero impianto accusatorio siano andate man
mano accumulandosi nel corso degli anni, la corte dì giustizia del
Massachustes conferma la sentenza di condanna alla pena capitale per ì
due anarchici italiani. "La sentenza" - ha scrìtto anni più tardi Francis
Russel - "fu un rintocco di campane a stormo. Nel corso dei [...] mesi
successivi, il processo doveva divenire fonte di accese passioni, e il nome
dei due italiani in catene sarebbe risuonato come un grido di battaglia in
tutti gli angoli del globo. Milioni di uomini, in decine di paesi, pur aven­
do in gran parte una conoscenza nebulosa dei fatti, dovevano identifi­
carsi con i due condannati italiani in un vincolo emotivo così forte che il
loro destino sarebbe apparso come un chiaro simbolo dell'ingiustizia
delTuomo verso l'uomo. Agli occhi di molti uomini della sinistra euro­
pea, quel caso sembrava Tavvenimento più importante che si fosse veri­
ficato dalla Rivoluzione d'Ottobre in poi. Nel 1927, Stalin, al congresso
del Partito, citò le recenti dimostrazioni popolari in favore di Sacco e
Vanzetti quali prova che si era <alle soglie di nuovi eventi rivoluziona-

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brica libertarie stanno prodigandosi nella "diffusione clan­
destina tra le maestranze operaie" di materiale propagandi­
stico di vario tipo e taglio/ dove si esorta il proletariato di
tutte le nazioni ad insorgere senza indugi per la liberazione
dei due martiri anarchici. Copie di manifestini dai contenuti
simili, vengono ritrovate anche in alcuni stabilimenti indu­
striali a Torino, mentre una sottoscrizione per raccogliere fondi
da inviare alle famiglie dei due condannati, è stata avviata in
varie aziende ed officine genovesi. A Firenze, c'e persino chi
non ha rinunciato alle vie legali e ha deciso di promuovere
una campagna di raccolta firme da inviare all'ambasciata
americana a Roma, come istanza di revisione del processo.
"Anche noi anarchici", ricorda Angelo Cantini,

decidemmo di dare inizio ad una vasta raccolta di firme da inviare


all'Am basciata americana. [...] Ciascuno di noi si incaricò di racco­
gliere il maggior numero di firme ed a m e toccò un discreto plico di
fogli a protocollo. Mi posi con entusiasmo all'opera, ma subito do­
vetti accorgermi che la cosa non era facile a causa della situazione
politica [...] Era m olto se riuscivo a persuaderne dieci o quindici. [...]
Dopo vari giorni ero riuscito a riempire cinque fogli a protocollo su
tutte e quattro le facciate. [...] Piegati in due quei fogli feci un bel
plico con una busta bianca e li spedii com e m anoscritti raccomandati
all'Am basciata americana a Rom a6.

Forme ben più dirompenti, assume invece la mobilitazio­


ne pro-Sacco e Vanzetti all'estero dove, soprattutto negli Sta­
ti Uniti, il movimento ricorre sovente anche alla realizzazio-

ri>". Testimonianza di Francis Russel, cit. in: G. F iori, L’anarchico Schirru


condannato a morte per l'intenzione di uccidere Mussolini, Mondadori, Mila­
no, 1983. Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti sono giustiziati il 23 agosto
1927, nel penitenziario di Charleston. Su Sacco e Vanzetti, cfr.: E. L yons,
Vita e morte di Sacco e Vanzetti, New York, 1928; B. V anzetti, Lettere sul
sindacalismo, L'Antistato, Cesena, 1957; G. Fiori, op. cit., pag. 67.
6 Testimonianza di Angelo Cantini, cit. in L. Di L embo, Il movimento
anarchico a Firenze (1922 -1930), in "Città e regione", n. 6,1980, pp. 189-
190. Sequestrato dalla polizìa, il materiale non giungerà mai a destina­
zione mentre il Cantini, subito individuato quale mittente del plico, è
tratto in arresto e rinviato alle autorità giudiziarie.

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ne di attentati dinamitardi contro uomini e sedi istituziona­
li7. Va detto, peraltro, che in terra d'esilio gli anarchici entra­
no più volte in collisione con le altre correnti politiche di sini­
stra, deprecate per la loro propensione ad esaurire la protesta
"pro-Sacco e Vanzetti" in futili azioni "legalitarie" o in cam­
pagne di ag itazio n e fin alizzate esclu siv am en te alla
sensibilizzazione dell'opinione pubblica. Il Comitato di dife­
sa intemazionale anarchica "Sacco e Vanzetti", costituitosi a
Parigi nella primavera del '27, dirama ad esempio un comu­
nicato dove emerge evidente lo sforzo di voler differenziare
le proprie modalità di lotta da quella degli altri partiti autori­
tari8; mentre dall'Argentina Severino Di Giovanni si scaglia

7 Cfr.: U. F edeli, Un trentennio dì attività anarchica. 1919-1945.


U Antistato, Cesena, 1953; S. Di G iovanni, Il pensiero e l'azione, Gratis, sen­
za luogo di pubblicazione, 1983; D. T arizzo, L'Anarchia. Storia dei movi­
menti libertari nel mondo, Mondadori, Milano, 1976; A. Borghi, Mezzo seco­
lo di anarchia, E.S.I., Napoli, 1956.
HNel documento, si legge: "Un gruppo di compagni di nazionalità
diverse ha costituito un comitato di difesa Sacco-Vanzetti ritenendo ur­
gente informare questa propaganda allo spirito puramente anarchico.
Questi compagni concepiscono - ammettono anche - che gli umanitari
prendano a cuore la difesa delle due vittime nostre però pensano che la
loro tattica e lo spirito che anima la loro azione non può manifestarsi in
conformità del nostro pensiero. Ma essi ci tengono soprattutto a diffe­
renziarsi dagli uomini politici i quali difendono i nostri compagni unica­
mente a scopo di opposizione verso i partiti che detengono il potere. Essi
intendono evitare la deviazione delle idee e dei metodi anarchici: idee e
metodi che corrono il pericolo - associandoli con queste personalità - di
confondersi con i partiti autoritari. E' compito dei Comitato di difesa
intemazionale anarchica Sacco-Vanzetti di lasciarli continuare ritenendo
che la loro agitazione può contribuire a salvare i due compagni nostri ma
vuole, allo stesso tempo, fare la sua campagna basandola sul terreno anar­
chico. Per questo invita gli anarchici di tutte le tendenze, organizzati e
non organizzati, di venire ad aggiungere la loro attività al comitato per
prospettare rapidamente metodi e possibilità d'azione e collaborare as­
sieme per strappare alla sedia elettrica Sacco e Vanzetti; e ciò conservan­
do - senza compromessi malsani - la dignità e la purezza delle idee anar­
chiche". CIDA, Comunicati, in "Il Monito", n. 9, del 25 maggio 1927. "Il
Monito", Parigi, settimanale con irregolarità. Direttore: Raffaele Schiavina.
Cfr., L. B ettini, Bibliografia dell'anarchismo, voi. I, tomo 2, Periodici e nu-

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contro quanti si limitano a "scendere demagógicamente in
piazza a versare fiumi di verbaiolismo", spronando all'azio­
ne diretta/ individuale e collettiva, per distruggere "la sedia
elettrica su cui la borghesia della liberissim a terra di
Washington e di Monroe ha risolto di farvi morire Sacco e
Vanzetti"9.
L'Italia fascista non è certo il terreno più favorevole per
inverare i proclami rivoluzionari di Di Giovanni. Per quanto
contenute e prive di pericolosità, le iniziative "pro-Sacco e
Vanzetti" mettono però subito all'erta gli apparati di polizia;
anche perché la "revisione della corrispondenza" e il fermo
di alcuni emissari del "soccorso anarchico", consentono in­
tanto di scoprire l'esistenza di una fitta trama di collegamen­
ti tra i militanti attivi all'interno e quelli fuorusciti- In effetti,
nonostante la soppressione per decreto ministeriale del Co­
mitato nazionale di difesa libertaria - luglio 1926 - il movi­
mento. sta cercando di proseguire in forme clandestine l'ope­
ra di soccorso alle vittime politiche, servendosi dei fondi che
i vari Comitati costituitisi all'estero inoltrano in Italia10 - a
Genova, Palermo, Certaldo, Roma, Torino, Milano, Verona,

meri unici anarchici in lingua italiana pubblicati all'estero (1872-1971),


C.P. editrice, Firenze, 1976.
9 Su Severino Di Giovanni, cfr.: S. Di G iovanni, Il pensiero e l'azione,
Gratis, senza luogo di pubblicazione, 1983; O. B ayer, Severino Di Giovanni
idealista della violenza, Vallerà, Pistoia, 1973.
10 Tra il 1926 ed il 1939, una profusione di Comitati prò-vittime poli­
tiche si costituiscono all'estero. Nel 1927-28 sono attivi, tra gli altri: il
Comitato pro-vittime politiche d'Italia, il Comitato per la liberazione di
Mario Castagna ed Ernesto Bonomini e il Comitato d'emigrazione del-
l'USI, a Parigi; il Comitato anarchico pro-figli dei carcerati politici d'Ita­
lia, a Marsiglia; il Comitato pro-vittime politiche di Nizza ed il Comitato
pro-vittime politiche de "La Diana", a Nizza; una sottoscrizione perma­
nente per le vittime politiche, a Ginevra; il Comitato pro-vittime politi­
che di Bellinzona; il Comitato pro-vittime politiche ed il Comitato per la
liberazione di Sergio Di Modugno, a New York; il Comitato per la difesa
di Vincenzo Capuana e Armando Borghi, a Manchster (Massach.). Se­
condo un rendiconto, pubblicato nel 1928 su "Resistere", i soccorsi am­
montano a circa ottomila franchi mensili. "Resistere. Pubblicazione-ren­
diconto del Comitato Anarchico pro-vittime politiche d'Italia", Parigi,

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Pisa11. Per riuscire ad aggirare i controlli delle autorità, ma
quasi sempre con scarsi risultati, si ricorre in genere a spedi­
zioni sotto fascia, a militanti non ancora schedati, a corrieri
con passaporti falsi, a marinai e a ferrovieri operanti nelle
zone di confine. Proprio quest'ultimo, è uno degli espedienti
adottati da Antonio Gagliardi - membro del Comitato pro­

numero unico dei novembre-dicembre 1928. Cfr. L. B etoni, op. cit. Sin
dal 1926, inoltre, è in funzione a Parigi il CIDA (Comitato intemazionale
di difesa anarchica), una struttura di coordinamento a livello internazio­
nale dei vari organismi di solidarietà, sorta in origine per avviare una
campagna d'aiuti in favore degli anarchici spagnoli Buenaventura
Durruti, Domingo Ascaso e Gregorio Jover, imputati di complotto ai danni
dei reali di Spagna. Al CIDA aderiscono: l'Unione comunista anarchica
francese; le sezioni comuniste-anarchiche russa, polacca, bulgara e ita­
liana; il comitato di soccorso russo e il Comitato per la liberazione di
Castagna e Bonomini. Nel luglio del 1927, l'organismo avvia anche le
pubblicazioni di un "Bollettino mensile", al fine di "raggruppare sui ter­
reno internazionale il massimo delle forze anarchiche per meglio utiliz­
zarle nel rendere alla libertà le innumerevoli vittime della reazione capi­
talista e della giustizia di classe, impiegando tutti i mezzi a sua disposi­
zione, dall'intervento giuridico alla manifestazione di piazza". Chiarimenti
necessari, in "Bollettino del Comitato internazionale di difesa anarchica",
n. 1, del primo luglio 1927.
11 "La circostanza nella quale è lanciato il presente appello", si legge
in un "Appello urgente ai compagni all'estero" diramato dall'UAI (Unio­
ne Anarchica Italiana) nel novembre 1926, "ci obbliga a spendere poche
parole e presentare subito ai compagni la situazione nostra. Sulla china
della più feroce tirannide, il fascismo ha stretto la morsa ovunque e, con
l'applicazione della nuova legge, ha iniziato il rastrellamento degli ostaggi
per inviarli al confino, nuova espressione del domicìlio coatto. Impossi­
bilitati a sottrarsi all'arresto, molti compagni soffrono già il carcere. Le
famiglie hanno bisogno assoluto di essere aiutate, altri compagni devo­
no essere salvati. La proposta che noi facciamo ai compagni all'estero, è
di continuare ad inviare ora quegli aiuti, che prima erano destinati alla
stampa italiana, in favore di queste nuove vittime politiche. La Commis­
sione di Corrispondenza, a contatto con le diverse regioni e dì comune
accordo coi superstiti, assume completa responsabilità dei suoi atti e si
augura che il grido di soccorso non sarà lanciato invano UAI, Ap­
pello urgente ai compagni all'estero, in "II risveglio anarchico", n. 707, del
novembre 1926. "Il risveglio anarchico", Ginevra, quindicinale. Diretto­
re: Luigi Bertoni. Cfr. L. B etoni, op. cit.

17
vittime politiche di Bellinzona. Come si legge su una relazio­
ne prefettizia, l'esule può avvalersi della complicità degli "ex
ferrovieri Bella Longa e Feroni di Milano" che, coadiuvati a
loro volta da "altri ferrovieri, ex compagni, della stessa set­
ta", s'incaricano di "portare in Italia il denaro per la linea di
Chiasso"12. Chi preferisce utilizzare canali diretti, è invece
Pietro Bruzzi - segretario del Comitato anarchico pro-vittime
politiche d'Italia di Parigi. L'anarcoindividualista milanese è
da ritenersi una delle pedine fondamentali dei collegamenti
intessuti tra l'Italia e la Francia, tanto che dopo il suo arresto
tutta l'attività di soccorso subisce un sensibile rallentamen­
to13. Sotto quest'aspetto, tuttavia, una prima cesura è provo­
cata dal fermo, avvenuto nell'autunno del 1927, di una mili­
tante di Certaldo - Ida Scarselli - che permette alla polizia di
neutralizzare la rete di soccorsi allestita nel triangolo Parigi-
Certaldo-Roma. Finanziata direttamente dai fratelli esuli a
Parigi14, la Scarselli provvedeva infatti sia alla distribuzione
dei sussidi a Certaldo15, che a recarsi nella capitale per rifor­
nire alcuni elementi romani. Privato di due delle sue princi­
pali arterie d'approviggionamento, il "soccorso anarchico"
procede a singhiozzo per tutto il 1928, affidandosi soprattut­
to all'iniziativa individuale di singoli attivisti. E' il caso, tra
gli altri, di Casim iro Chiocchini, A lberto di Giacomo e
Tancredi Strolinghi, che a Roma stanno promovendo sotto­

12 ACS, Min. In t, Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1927, busta
164, fsc. K1 A/Movimento anarchico, AA. GG., Appunto per l'On. Divi­
sione Affari Generali e Riservati. Roma, 14 giugno 1927.
13 Pietro Bruzzi è arrestato a Parigi nei primi mesi del 1928.
14 Oscar e Tito.
15 ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1927, busta
164, fsc. K1A/Movimento anarchico, AA. GG. Nella distribuzione dei
fondi, cooperano con Ida Scarselli anche Giulio Montanari, Elisa Veracini
e Giacomo Bottino. I quattro anarchici vengono condannati rispettiva­
mente a 2 anni e 6 mesi, 1 anno e 6 mesi, 2 anni, 3 anni. Cfr. AA.VV., Aula
IV, op. cit. Ida Scarselli ed Elisa Veracini sono le prime due donne ad
essere processate dal Tribunale Speciale. Su Elisa Veracini, cfr.: P. V eracini,
Vittime del fascismo a Certaldo per i “fatti della Fiera", in "Miscellanea stori­
ca della Valdesa", senza data né luogo di pubblicazione.

18
scrizioni in favore di Luigi Galleani16, Errico Malatesta e la
sua compagna Elena Melli17.
I Comitati pro-vittime politiche, d'altra parte, attraversa­
no una fase di riflusso anche all'estero dove, a prescindere
dagli arresti operati dalle autorità locali, proprio l'attività di
soccorso è motivo di un'animosa polemica tra le varie cor­
renti del movimento. Ad avviarla sono i gruppi antiorga-
nizzatori ed individualisti, gravitanti attorno ad alcune im­
portanti testate18, secondo i quali la raccolta fondi starebbe
distogliendo gli anarchici dai ben più impellenti obiettivi di

16 Nel 1926, Luigi Galleani è condannato a tre anni di confino alle


isole Lipari. Sebbene alla soglia dei settantanni e minato da una grave
forma di diabete, Lindo mito rivoluzionario non è però disposto a barat­
tare la libertà con la propria dignità di militante anarchico. "La <clemen-
za> del magnìfico <duce>", ricorda un suo compagno di confino, "ave­
va dato vita ad una legge che concedeva Lamnistia a tutti coloro che
fossero detenuti per aver offeso la sua persona come capo del governo
fascista. Gigi Galleani, come tutti gli altri, doveva venir liberato. Il preto­
re gli fece comunicare l'imminenza della sua scarcerazione e Gigi stava
raccogliendo la sua poca roba per essere pronto ad uscire non appena la
porta venisse aperta, allorché il segretario della pretura lo fece chiamare
nello stanzino del carceriere. E là estrasse un foglio da una busta di cuo­
io. Lo porse a Gigi e gli disse: <Firmi, e lei è lib e r o . Il vecchio combat­
tente rivoluzionario lesse: era il modulo nel quale il detenuto liberato
ringraziava il <duce> dell'atto di clemenza. La sua fronte si corrugò: sor­
rise sprezzante e restituì il foglio all'inviato del pretore. - Lei e il suo
gerarca debbono ringraziamenti a chi loro assicura la riscossione dello
stipendio. Io, nulla - disse; rientrò nella cella. Rimanendovi fino a pena
interamente scontata". Testimonianza di Rino Bianchi, cit. in "Storia Ri­
belle. Rassegna di studi, ricerche e memorie", n. 1, inverno 1995, Biella.’'
17ACS, Min. Int„ Dir. Gen. P.S., AA. GG. RR., CC. AA, 1928, busta 207,
fsc. K1A/Movimento anarchico, AA. GG., Informazione fiduciaria in­
viata al capo della polizia. Roma, 15 giugno 1928. Elena Meìlì è arrestata
per sospetta "propaganda sovversiva".
18 Quali "La Diana", "Il monito", "Il culmine" e "L'adunata dei re­
frattari". "La Diana", quindicinale, Parigi. Direttore: Renato Siglich {Re­
nato Souvarine); "Il culmine", mensile, Buenos Aires. Direttore: Severino
Di Giovanni. "L'adunata dei refrattari", New York, settimanale. Diretto­
re: Iìario Margherita, dal 1927 al primo maggio 1928, Raffaele Schiavina
(Max Sartin), in seguito. Cfr. L. B etoni, op. cit

19
rottura rivoluzionaria. Ad essere posto in discussione, ovvia­
mente, non è il soccorso in quanto tale, bensì la tendenza dif­
fusa tra tanti compagni a farne il fine esclusivo della propria
mobilitazione militante. Come tutte le altre forme di lotta, si
rammenta, la solidarietà ai perseguitati va invece ricondotta
alla sua dimensione naturale, che è quella di fungere da stru­
mento dell'agire politico anarchico airinterno di un più va­
sto disegno strategico, tracciato seguendo una specifica
diversificazione attributiva della dialettica mezzi-fini. Per le
sue peculiarità contenutistiche, afferma Severino Di Giovan­
ni con l'eloquenza del linguaggio che gli è tipica, l'anarchismo
non può risolversi in una mera attività di sostegno finanzia­
rio, ma esige, nella sua applicazione integrale e complessiva,
il ricorso imprescindibile all'azione insurrezionale:

L'anarchismo s'afferm a, valorizzandolo completamente, col com bat­


timento contro il nemico che vuole tentare di eliminarlo. L'anarchismo
se ha il bisogno di chi [...] lo sussidi finanziariamente, ha anche biso­
gno - principalmente - di essere difeso con l'estrem o sacrificio dei
suoi [...] sostenitori. Per essere rivoluzionario, anarchico, non basta
dirlo, ma anche saper combattere da tale contro l'attuale stato di cose
e contro chi difende la società presente. Non ci rimane che provarlo
nel campo dell'azione, [...] nell'afferm are la nostra idea con l'olocau­
sto della nostra vita se ve ne sia bisogno. Contro la violenza statale,
per il trionfo nostro, ci vuole tanta e tanta ribellione19.

E' comprensibile che l'arringa di questi esponenti del mo­


vimento finisca per sollevare il malcontento di quanti, tra le
mille tribolazioni della vita d'esilio, stanno adoperandosi con
grande spirito d'abnegazione nella predisposizione di sem­
pre nuove iniziative assistenzialistiche. Ad irritarsi sono so­
prattutto i membri della corrente unionista20, che replicano

19 S. Di G iovanni, op cit.r pag. 94.


20 Per unionisti, s'intendono quei gruppi aderenti all'Unione Anar­
chica Italiana (UAI), ricostituitasi nel 1927 a Parigi. Dotata di un proprio
organo di stampa, "La lotta umana", l'UAI aggrega circa 150 gruppi sparsi
nel territorio francese. Nel 1927, sono membri della commissione di rela­
zione dell'UAI: Savino Fornasari, Renato Castagnoli, Amleto Astolfi,

20
ai compagni individualisti ed antiorganizzatori di possedere
una concezione riduzionista del "soccorso anarchico", non­
ché di tralasciare l'importante e complessa questione dei tem­
pi. Quella della raccolta fondi, puntualizza "La lotta uma­
na"21, non deve essere reputata come un'opera umanitaria
fine a se stessa, ma quale momento culminante di una serie
di "attività promozionali" che, in una fase di riflusso rivolu­
zionario, assolvono ima vera e propria funzione propulsiva e
rivificatrice dell'azione individuale e collettiva. Indipenden­
temente poi dagli effetti politici sortiti, prosegue la testata, la
solidarietà alle vittim e della repressione è un elemento
categoriale da cui non si può prescindere senza calpestare i
principi costitutivi stessi dell'etica anarchica, specialmente in
un momento storico caratterizzato da persecuzioni e violen­
ze a tutto spiano. "Il compagno o la vecchia madre dissecca­
ta nel pianto di un qualsiasi paesello del Meridionale", scrive
Virgilio Gozzoli,

sanno o vedono o sentono a dire che degli amici lontani si ricordano


e si preoccupano, soffrono e lottano coi loro fratelli d'Italia: quale
balsamo per i desolati! Tutto non è dunque finito, qualche cosa è
dunque sopravvissuto. C 'è una nave che tenta frangersi un cam mi­
no fra i banchi di ghiaccio per giungere alle tende rosse della morte
in cui i nostri sono asserragliati22.

I contrasti tra i diversi orientamenti sono destinati ad esa­


cerbarsi ulteriormente nell'estate del 1928, quando il Comi­
tato pro-vittime politiche di Parigi si propone quale struttura
centralizzata di coordinamento dei vari comitati attivi a li­
vello locale. L'iniziativa, ovviamente, non è per nulla condi­
visa dai gruppi individualisti ed antiorganizzatori che, dalle

Leonida M astrodicasa, Remo Franchini e la spia fascista Bernardo


Cremonini.
21 "L a lotta um ana", Parigi, bimensile. Direttore: Luigi Fabbri
(Ludovico Schlosser).
22 II C omitato, Relazione morale, in "Resistere", numero unico, del no­
vembre-dicembre 1928.

21
colonne dei propri giornali, si scagliano subito contro l'orga­
nismo parigino accusandolo di voler monopolizzare il soc­
corso anarchico attraverso un'operazione autoritaria di
centralizzazione burocratico-amministrativa. La contrappo­
sizione va spiegata anche con la profonda diffidenza nutrita
verso la figura del nuovo segretario del Comitato - Virgilio
G o z z o li23 - che, oltre a provenire dalla frazione rivale
unionista, è tra quei militanti rimasti ingenuamente coinvolti
nella famigerata vicenda garibaldina del 192624. Inutilmente,
dunque, Gozzoli ricorre alle più svariate argomentazioni per
persuadere gli oppositori che una struttura di collegamento
dei vari organismi periferici si rende necessaria per migliora­
re l'efficienza del "soccorso anarchico"; così come del tutto
vano risulta il suo tentativo di difendersi dalle accuse di au­
toritarismo specificando che il tipo di centralizzazione pro­
posta è di natura prettamente amministrativa e non intacca
in alcun modo la libertà d'iniziativa locale25. Talvolta, ad esa-

23 Nominato dopo l'arresto di Pietro Bruzzi.


24 Tra gli anarchici più noti che aderiscono aH'imziativa garibaldina,
si ricordano: Virgilio Gozzoli, Alberto Meschi, Ugo Fedeli, Enzo Fantozzi,
Vittorio Messerotti, Angelo Diotallevi, Antonio Cieri, Remo Franchini ed
Erasmo Abate. Sulla vicenda garibaldina, cfr.: L. Di L embo, Guerra di clas­
se e lotta umana. L'anarchismo in Italia dal biennio rosso alla guerra di Spagna
(1919 —1939), Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 2001; S. T ombaccini, Storia
deifuorusciti italiani in Francia, Mursia, Milano, 1988; H. R ollano (E. A ba­
te), Il sindacalismo anarchico di Alberto Meschi, La Nuova Italia, Firenze,
1972; A. Borghi, Mezzo secolo di anarchia, op. cit.; AA. VV., Gli italiani fuori
d'Italia. Gli emigrati italiani nei movimenti operai dei paesi d'adozione. 1880-
1940. Atti del convegno organizzato dalla Fondazione G. Brodolini a Milano il
18-19-20 marzo 1982, a cura di B. B ezza, Franco Angeli, Milano, 1983.
25 "L'organizzazione centralizzata che noi proponiamo è questa: a) I
fondi vengano diretti unicamente (per essere distribuiti in Europa) a
quella iniziativa che dia maggior affidamento di serietà e capacità; b) Si
creino ovunque comitati locali di raccolta e dì distribuzione locale; que­
sti comitati avranno iniziative proprie ed indipendenti nella loro sfera
delimitata e faranno ricorso al Comitato unico quando i loro mezzi non
bastassero a fronteggiare i bisogni della località; per iniziative di caratte­
re generale, prendere sempre accordi col centro. Non si sollecitino fondi
se non localmente; c) Si sopprimano i comitati personali e si stabilisca

22
sperare gli animi, basta un piccolo quanto irrilevante episo­
dio. Quando, ad esempio, trapela che il Comitato ha indetto
alcune riunioni all'insaputa degli individualisti, la testata "La
Diana" si inalbera a tal punto da arrivare ad apostrofare la
"premiata Gozzoli" una "fogna cappellaia" dove "tutto è
mistero garibaldino, tutto deve essere manipolato nel segre­
to della padella, tutto è riservato al m onopolio di una
combriccoletta di guastamestieri e d'imbroglioni che non ol­
trepassano la dozzina, disprezzati da tutti e tenuti assoluta-
mente lontano dal movimento anarchico"26.
Gli sforzi di dotare il "soccorso anarchico" di una più soli­
da struttura organizzativa, dunque, sono vanificati dalle la­
ceranti polemiche intestine. Il particolare clima dell'emigra­
zione, del resto, non contribuisce certo a sm ussare la
spigolosità di una diatriba che, il più delle volte, appare del
tutto sterile e fine a se stessa. A soffiare sul fuoco ci si metto­
no peraltro anche i cosiddetti "piattaformisti" che27, serven­
dosi come parametro di riferimento del ben più potente "soc­
corso rosso internazionale", lamentano a più riprese le gravi
carenze finanziario-organizzative in cui si dibatte l'organi­
smo parigino. Questa volta, le rimostranze sono davvero
pretestuose, poiché tralasciano di considerare che, a differen­
za di quello comunista ben protetto "dall'alto", il "soccorso
anarchico" si fonda sui criteri esclusivi dell'autofinanziamento
e del volontariato. Le precisazioni del Gozzoli a riguardo, ci
sembrano quindi pienamente condivisibili:

una misura d'aiuto uguale per tutti, consentendo il privilegio soltanto in


rapporto al maggior bisogno e non ai fatto di essere più o meno noto ai
compagni. Concludendo: centralizzazione amministrativa e libertà d'ini­
ziativa locale. Questo per il buon senso e per un pò di giustizia: tutte
cose che l'anarchismo non disdegna". M. M., Sul centralismo amministra­
tivo, in "Resistere", art. cit.
26 L a D iana, Per finirla, in "La Diana", n. 5, del primo giugno 1928.
17 Si tratta di quei gruppi - d efiniti spregiativ am en te
"anarcobolscevichi" - che hanno accettato le formulazioni teoriche della
"Piattaforma organizzativa", redatte dal "Gruppo di anarchici russi in
esilio". Vedi il paragrafo 4 di questo capitolo.

23
Non si dimentichi che i componenti di esso [il Com itato di Parigi,
n.d.a.] non sono che quattro o cinque compagni disponenti dei solo
tempo che lascian loro libero ¡'orario d'officina e qualche altra occu­
pazione sempre dedicata alle cose del movimento, e che il CA.V.P.d'It.
[...] non è né può né vorrà mai essere un organismo burocratico di
partito, o, peggio, di Stato, com 'è appunto il Soccorso Rosso, viven­
do esso per volontà e coi rubli del governo dei Sovietti ed avente le
sue ramificazioni nei consolati ed ambasciate russe di ogni paese, e
sezioni con relativi im piegati e propagandisti stipendiati in ogni cen­
tro; e che la solidarietà anarchica non ha niente di paragonabile colla
solidarietà (?) comunista che esclude chiunque non giuri sul verbo di
Stalin, mentre la nostra non domanda tessere a chicchessia e si esten­
de dall'individualista all'organizzatore al sindacalista senza esclu­
sione di sorta28.

2 -L a propaganda e la strategia degli attentati

Accanto all'attività in favore di Sacco e Vanzetti e al soc­


corso pro-vittime politiche, il movimento anarchico sta ado­
perandosi in una serie d'iniziative propagandistiche finaliz­
zate a mantenere vivo lo spirito di ribellione nelle masse pro­
letarie. A testimoniarlo sono sia i tanti arresti di quadri e sim­
patizzanti per "diffusione di stampa sovversiva"29, che i-1 ri­
trovamento in alcune città di piccoli opuscoli, manifestini,
volantini, cartoline illustrate ed esemplari di giornali anar­
chici30. Si tratta di materiale proveniente per lo più dall'este­
ro ed introdotto in Italia servendosi degli stessi canali utiliz­
zati per l'inoltramento dei sussidi finanziari31, pur non man­
cando talvolta una produzione alla macchia autoctona32.

28V. Gozzou, L'organizzazione dei soccorsi in Italia, in "Resistere", num. cit.


2y Cfr. A a .Vv ., Aula IV, op. cit.; A. D al P ont-S. C arolini, L'Italia dissi­
dente e antifascista, op. cit.; C. G hini-A. D al P ont, Gli antifascisti al confino,
op. cit.; A. D al Pont-S. C arolini, L'Italia al confino, op. cit.
30 II caso più eclatante si verifica a La Spezia, dove in un collegio
vengono sequestrati 9077 volumetti e 700 cartoline illustrate di propa­
ganda anarchica.
35 Da M arsiglia, ad esem pio, provengono alcuni m an ifestini
inneggianti a Lucetti ritrovati a Torino e Milano.
32 Come a Livorno, dove è in piena attività una cellula (Banda di

24
Ad assumere una consistenza ancora maggiore, sono però
i verbali di denuncia di cittadini di estrazione popolare sor­
presi nei luoghi di socialità diffusa ad inneggiare alla libertà
e all'anarchia o a prorompere in imprecazioni e in invettive
irriverenti all'indirizzo del fascismo e del suo duce. C'è chi in
osteria grida "carne venduta" ad alam i militi della MVSN,
chi acclama Malatesta, Bresci e Lucetti in un mercato rionale,
o chi, rammaricandosi per il fallito attentato Zamboni, escla­
ma inferocito: "Se capita nelle mie mani gliela farò io a quel
cornuto di Mussolini"33. Più che di fronte a forme di dissenso
politico in senso stretto, ci troviamo in questo caso in presen­
za di fenomeni d'insoburdinazione di natura culturale, di un
tipo di ribellione spontanea e individuale contro il potere e
l'autorità costituita che, proprio in quanto tale, è destinata a
protrarsi anche quando il regime inizia a mettere in funzio­
ne, accanto a quella repressiva, la macchina della persuasio­
ne. Senza volerci qui addentrare in ima tematica vasta e com­
plessa, va osservato che negli ultimi anni lo studio di queste
manifestazioni di "antifascismo esistenziale" ha consentito
di restituire alla memoria storica un intero universo ancora
inesplorato di simboli, comportamenti, valori e solidarietà
collettive che, seppur non immediatamente riconducibile ad
ambiti e dislocazioni politiche, ha indotto ad approfondire e
ad estendere il campo d'indagine concernente il rapporto
masse/fascismo. Ad essere messa in evidenza, in particolare,
è stata la presenza nella realtà viva dell'Italia fascista "di un
reticolo famigliare, parentale e comunitario talmente solido"
da resistere a tutti quei tentativi di "innescare processi di
acculturazione e iniziative volte a destrutturate le identità e

Ardenza) che, oltre a diffondere le testate antifasciste inviate dalla Fran­


cia, si serve di una tipografia locale per stampare manifestini ed opuscoli
rivoluzionari.
33 Per questi e tutti gli altri episodi, vedi: A a.Vv ., Aula IV, op. cit.; A.
D al P ont-S. C arolini, L'Italia dissidente e antifascista, op. cit.; C. G hini-A.
D al P ont, Gli antifascisti al confino, op. cit.; A. D al Pont-S. C arolini, L'Ita­
lia al confino, op. cit.

25
le appartenenze sedimentatesi in precedenza"34. Si è giunti
così ad asserire che i "termini fascismo-antifascismo, consen­
so-dissenso, sono in questo caso troppo circoscritti e non suf­
ficienti per comprendere gli atteggiamenti e i comportamenti
delle masse popolari, per le quali si può parlare di un codice
morale e di ima resistenza che sarebbe riduttivo assorbire nella
tradizionale terminologia politica. Si deve piuttosto ricorrere
a termini quali l'alterità, diversità rispetto alle regole domi­
nanti; resistenza ad una disciplina imposta; incomprensione
dei metodi del regime che violentavano un codice morale di
vita le cui origini vanno rintracciate nella trama dei rapporti
di solidarietà aU'interno della famiglia, del vicinato, della
comunità"35.
Seppur privo di pericolosità in termini di ordine pubbli­
co, il susseguirsi costante di questi fenomeni di dissenso è
seguito con particolare attenzione dagli apparati di polizia,
consapevoli che "l'apparente rassegnazione dei settori prole­
tari non significa affatto rinunzia alle idee perseguite". Negli
ambienti popolari, avverte una relazione fiduciaria inviata
alla questura di Roma,

ogni singolo mantiene rod io antifascista gelosamente serrato nel pro­


prio cuore. Ognuno spera fortem ente che questo periodo passi più o
meno presto per sfogare e sferrare l'ira così fortemente compressa:
[...] Nessuno ha disarmato, se pur ciascuno sì è appartato. Tutti spe­
rano in due cose di capitale interesse: nell'azione che i <com pagni>
svolgono all'estero e di qualche grosso <p ro w id en zia!e> errore dei
fascism o che sollevi il m alcontento popolare. E tutti attendono
fiduciosi gli eventi prontissimi a riprendere l'antico posto di lotta,
con questo in più: l'odio furibondo che cova intenso nelTanimo di
ciascuno il quale spera nella vendetta dei fati36.

34 G. D e L una - M. R evelli, Fascismo/Antifascismo. Le idee, le identità,


La Nuova Italia, Firenze, 1995, pp. 72-73.
35 D. G agliani, Memoria storica e resistenza al fascismo, in C. V enza, Com­
pagno tante cose vorrei dirti. Il funerale di Giovanni Casale, anarchico", Cen­
tro editorale friulano, Prato ¿am ico, 1984, pag. 81
36ACS, Min. Int., Divisione Polizìa Politica (fascicoli per materia), bu­
sta 101, fascicolo 14 (Partito anarchico). Relazione fiduciaria inviata alla
questura di Roma, in data 21 ottobre 1927.

26
L'apprensione del fiduciario va spiegata anche col forte
radicamento su cui l'antifascismo rivoluzionario può conta­
re nei rioni e nelle borgate popolari romane. Nel caso degli
anarchici, poi, c'è in più la presenza in città di Errico Malatesta
che, come la polizia è ben al corrente, gode ancora di un po­
tente ascendente sulle masse proletarie: a Porta San Lorenzo,
Piazza Vittoria, Porta Metronia, Trastevere e Trionfale - infor­
ma uno dei tanti confidenti della questura - il "verbo
malatestiano regna immutabile ed incontrastato"37. Natural­
mente, la sorveglianza a vista del fascismo, costringe l'anzia­
no militante a limitare la propria azione a sporadiche relazio­
ni epistolari con alcuni noti esponenti del fuoruscitismo anar­
chico38 e a saltuarie collaborazioni con alcune testate libertarie
pubblicate all'estero39; relazioni e collaborazioni sulle quali,
peraltro, le autorità sono pronte ad intervenire al minimo ac­
cenno di pericolosità.
Sebbene ufficialmente libero, dunque, Errico Malatesta è
costretto a trascorre gli ultimi anni di vita in condizioni di
sostanziale prigionia. Egli stesso, d'altronde, ironizza spesso
con i compagni sulla "tranquillità della tomba" in cui gli con­
sente di "sopravvivere" il "magnanimo" duce. Nel gennaio

37 "Il Malatesta", aggiunge subito dopo la spia fascista, "ad onor del
vero e in omaggio all'esattezza scrupolosa di questi rapporti, non giun­
ge ad alimentare l'odio e la vendetta, sempre - egli dice - sterili e privi dì
risultati pratici. Egli spera e vuole la rivoluzione non già perchè essa si
perda nel soddisfacimento dei rancori, ma perchè essa giunga diritta -
per vie maestre - alla sua meta, quale è quella di rovesciare il Governo
dittatoriale e qualsiasi altro Governo, per arrivare al conseguimento de­
finitivo dell'anarchia". ACS, Min. Int., Divisione Polizia Politica (fascico­
li per materia), busta 101, fsc. 21 (anarchici), Relazione di un fiduciario
della questura di Roma del 21 ottobre 1927.
38 In particolare, con Luigi Fabbri e Gigi Damiani. Su Luigi Fabbri,
vedi: L uce Fabbri, Luigi Fabbri. Storia ài un uomo libero, Biblioteca Franco
Serantini, Pisa 1996. Su Gigi Damiani vedi: U. F edeli, Gigi Damiani. Note
biografiche. Il suo posto nell'anarchismo, Antistato, Cesena, 1954.
37 Proprio durante il '27, Malatesta fornisce, con una serie di articoli
apparsi su "il risveglio anarchico", un importante contributo al dibattito
teorico sulla "Piattaforma Archinov". Vedi paragrafo 4 di questo capitolo-:

27
1927, ad esempio, scrive a Gigi Damiani di essersi pienamen­
te ristabilito da una fastidiosa patologia ortopedica, ma di
non riuscire proprio a "guarire" dalla "sorveglianza della
polizia che si fa sempre più stretta". E conclude:

Ho le guardie alla porta ogni giorno e di notte. N on cercano più di


non farsi scorgere, ma dicono francamente, che hanno rigorosa con­
segna di non perderm i di vista. Se non esco vengono, con pretesti
barocchi, a bussare alla porta per vedere se ci sono. Se esco, mi se­
guono da vicino dovunque vado; e se qualcuno viene a casa o mi
avvicina per la strada, Io fermano e gli domandano i documenti40.

40 E. M alatesta, Scritti scelti, a cura di Giovanna Berneri e Cesare


Zaccaria, RL edizioni, Napoli, 1954, pp. 210-211. Nell'agosto 1931, poi,
narra all'amico un episodio occorsogli a Terracina, ove si era recato, die­
tro suggerimento medico, per ristabilirsi da una grave forma di bronchi­
te: "La polizia ci rendeva la vita impossibile colà. Nessuno poteva acco­
starsi a noi e chi lo faceva era arrestato. Ci avevano mandato indietro
una ventina di poliziotti ed un automobile con a capo un commissario
che ha la reputazione di essere il peggiore di Roma. Per dirtene una tra le
tante ti racconterò questa. Un pomeriggio entro in un ristorante in riva al
mare; domando un bicchiere di birra, resto un pò a guardare il mare,
bevo, pago e vado via. Appena mi fui un pò allontanato un poliziotto
chiama il cameriere che mi aveva servito e gli domanda che cosa io gli
avevo detto. Il cameriere, tutto meravigliato, risponde: niente, ha preso
della birra, l'ha pagata ed è andato via. Sta bene, replica il poliziotto; ma
se toma bada a non parlargli se non vuoi rischiare di andare in carcere.
Quello è il famoso ecc. ecc., e noi stiamo qui per sorvegliarlo ed impedir­
gli di scappare. Ebbi l'idea di andare a protestare presso il comando loca­
le dei carabinieri. Il comandante, un tenente, mi disse: [.... ] Lei ha avuto
torto di venire qui. Se fosse andato a villeggiare in montagna, non avreb­
be avuto più noie di quelle che ha a Roma; ma Lei è venuto al mare e le
autorità temono che Lei se ne voglia andare dal regno per mezzo di un
motoscafo. Perciò le impediranno qualunque contatto con la gente del
paese, specialmente se gente di mare. Altro che darmi il passaporto. In-
somma dovemmo partire, anche perchè quelli che d'istinto simpatizza­
no con noi vedendoci così perseguitati incominciavano a dar segni d'im­
pazienza, ed io non volevo che altri si compromettesse inutilmente per
noi". Ivi, pp. 224 - 225.

28
Può sorprendere che, malgrado la sorveglianza soffocan­
te che l'attanaglia, l'anziano rivoluzionario rinunci più volte
a fuggire all'estero avvalendosi dei piani di evasione ideati
dai suoi compagni di lotta41. In realtà, a trattenere Maìatesta
in Italia sono la convinzione di un'imminente caduta della
dittatura mussoliniana e la speranza che la sua presenza e la
sua lunga esperienza militante possano risultare determinanti
"il giorno in cui, scosso il giogo dittatoriale e debellato il vi­
rus fascista, il proletariato d'Italia ritornerà allo spirito di ri­
volta e al senso della libertà". "Quando avverrà il crollo del
fascismo", scrive in una lettera a Sebastian Faure,

[i compagni] rientreranno in massa e con tanto più ardore alla lotta,


quanto più a lungo ne saranno stati, loro malgrado, lontani; ma non
conosceranno abbastanza bene la situazione; saranno poco o male
informati sul corso degli avvenimenti, sulla m entalità delle masse
popolari, sui centri di agitazione antifascista e sulle possibilità di azio­
ne rivoluzionaria, ed avranno necessariamente di quelle esitazioni,
di quelle m ancanze di audacia, di quegli eccessi di temerità, di que­
gli errori tattici che possono riuscire fatali ai m ovim enti rivoluziona­
ri. Ebbene! Io sarò qui. So bene che non ci sono uomini indispensabi­
li; ma, in determinate circostanze, ce ne sono degli utilissimi ed io
spero che il giorno in cui, scosso il giogo dittatoriale e debellato il
virus fascista, il proletariato d'Italia ritornerà allo spirito di rivolta e
al senso della libertà, io spero che quel giorno la mia presenza e la
mia lunga esperienza non saranno inutili. Comprendi, ora, per quali
gravi ragioni, e malgrado il dispiacere che ne provo, ricuso di abban­
donare il posto, di vigilanza oggi e di lotta domani, che gli eventi mi
assegnano?42.

41 Nei primi mesi del 1928, ad esempio, si paventa un suo espatrio in


Francia organizzato da un "comitato anarchico" capeggiato da Attilio
Paolinelli. Nella vicenda sarebbero coinvolti anche un emissario comu­
nista e la sorella del calzolaio anarchico Merenda. ACS, Min. Int., Dir.
Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1928, busta 207, fsc. KlA/M ovimento
anarchico, AA. PP. (Roma), Appunto per l'On. Divisione Polizia Politica,
Roma, 20 febbraio 1928.
42 E. M alatesta, Scritti scelti, op. cit., pp. 209 - 210.

29
Le confessioni estorte ai militanti arrestati e le indagini per
risalire ai centri di smistamento del materiale propagandisti­
co sequestrato nel paese, consentono intanto alla polizia di
scoprire che l'introduzione clandestina della stampa sovver­
siva in Italia, costituisce ima delle principali iniziative di lot­
ta del fuoruscitismo anarchico. Da New York, ad esempio, il
gruppo redazionale de "L'adunata dei refrattari" è riuscito a
far pervenire a Milano un questionario dove si chiedono ai
"compagni italiani" notizie circa lo stato del movimento per
definire nuove strategie e concordare un'azione comune di
lotta. Nel capoluogo lombardo, è attiva anche un'arteria di
congiunzione con la Svizzera. Lo attesta un dispaccio tele­
grafico inviato dal Ministro dell'Interno a tutti i "Prefetti del
Regno", per informare che alcuni pamphlets di propaganda,
stampati a Ginevra da Luigi Bertoni, stanno per "essere por­
tati prossimamente in Italia e precisamente Milano donde poi
sarebbero inoltrati nelle varie province del Regno per essere
distribuiti ad operai stabilimenti industriali e lanciati nei cam­
pi di grano per essere rinvenuti dai contadini al momento del
prossimo raccolto. Manifestini verrebbero portati in Italia da
donne"43. Dalla Francia, dal Belgio, dalla Germania e dalla
Svizzera, provengono invece esemplari di un giornaletto -
"Non molliamo"44 - e di un appello rivoluzionario - "A i lavo­
ratori d'Italia" - che vengono rinvenuti nei primi mesi del
1927 in diversi cornimi e capoluoghi di provincia.
Come si vede, dunque, il movimento anarchico sta prose­
guendo all'estero l'attività propagandistica troncata in Italia

43 ACS, Min. Int., Divisione Polizia Politica (fascicoli per materia),


busta 101, fascicolo 21 (anarchici), Dispaccio telegrafico inviato dal Mini­
stero dell'Interno ai Prefetti del Regno, il 19 giugno 1927.
44 "Non Molliamo", Marsiglia, mensile. Direttore: Gigi Damiani. Cfr.
L. B ettini, op. cit. "Non Molliamo" viene introdotto in Italia in buste indi­
rizzate a case industriali scelte a caso. I destinatari sono poi sollecitati a
favorirne la diffusione sia passandolo a propri conoscenti, che lasciando­
ne copie "in un tram, in treno, in un caffè, per la strada, nel cantiere, nel­
l'officina, alPuffido ed anche in chiesa, al teatro, al cinematografo". Awisetti
che è necessario leggere, in "Non Molliamo", n. 1, del gennaio 1927.

30
dalla soppressione delle libertà. Ed a voler giudicare dagli ap­
pelli rivoluzionari che si moltiplicano sulle testate libertarie,
quasi tutti sono persuasi "che larghi strati della popolazione
sottostanno al fascismo, per fame, per viltà, perchè terrorizzati
o per calcolo, ma odiano e disprezzano il fascismo"45. Ordine
pubblico e spirito pubblico, non sono sinonimi! Sotto que­
st'aspetto/ la propaganda insurrezionale in Italia è ritenuta un
mezzo potentissimo per alimentare lo stato d'insofferenza del
proletariato italiano. "Data l'attuale situazione di completo
soffocamento d'ogni pubblicazione legale, antifascista", sostie-
ne Luigi Bertoni, "[gli] stampati, insieme ad altre modeste pub­
blicazioni costituiscono un veicolo di propaganda e di
eccitamento, che il perpetuarsi di tale stato di cose, in Italia,
rende necessario"46- La convinzione generale, insomma, è che
in Italia basti una scintilla per far scoccare l'incendio rivoluzio­
nario. Gigi Damiani ne è talmente sicuro, da sollecitare la rea­
lizzazione di forme di "guerriglia autonoma per ordine sparso
[...] di piccole entità, comitati o gruppi d'azione", pronti a
"martellare costantemente, d'iniziativa propria, e con cento, e
diverse e autonome iniziative il fascismo"47. Persino "La lotta
umana" non sembra nutrire alcun dubbio in proposito; tanto
che, nel presentarsi ai lettori, l'organo dell'UAI fa esplicito ri­
ferimento al programma messo a punto prima dell'avvento
del fascismo, esortando, ora come allora, alla "lotta intransi­
gente contro ogni forma di sfruttamento e di oppressione del-
l'uomo sull'uomo, a mezzo dell'azione diretta e rivoluziona­
ria, individuale e collettiva, organizzata libertariamente con­
tro la triplice incarnazione dell'autorità, costituita dal Capita­
lismo, dallo Stato e dalla Chiesa"48.

45 Ibidem,
46 L. B ertoni, Per un'iniziativa, in "Il risveglio anarchico", n- 714, del
19 marzo 1927.
47 ACS, Min. In t, Dir, Gen. PS, AA, GG. RR., CC. AA., 1927, busta
164, fsc, KlA/M ovim ento anarchico, AA- GG., Informazione fiduciaria
senza luogo, né data, né alcuna altra specificazione.
48Per U "Risveglio settimanale", in "Il risveglio anarchico", n. 720, d ell'll
giugno 1927.

31
Logicamente, alla stregua delle sottoscrizioni finanziarie,
anche il materiale stampa inviato dall'estero finisce in gran
parte per essere intercettato dalle strutture di controllo e di
vigilanza preposte all'uopo dagli organi di polizia, che rie­
scono così a reprimere sul nascere quasi tutte le iniziative pro­
pagandistiche messe in atto dal movimento. Ad allarmare in
modo ben più serio le autorità, sono invece i numerosi pro­
getti di attentare alla vita di Mussolini orditi negli ambienti
del fuoruscitismo anarchico. Soprattutto dopo il sequestro a
Marsiglia di un opuscolo pubblicato da Camillo Berneri - "Ele­
menti di chimica antifascista" - le relazioni fiduciarie sull'ar­
gomento diventano di una quantità impressionante49. Natu­
ralmente, i timori della polizia si spiegano nella circostanza
con Soggettiva difficoltà di prevenire e reprimere un'attività
fondata in gran parte sull'iniziativa individuale o di gruppi
molto ristretti. Per comprendere però la puntigliosità mania­
cale con cui confidenti, collaboratori, spie e informatori rife­
riscono anche sulle voci più stravaganti ed inverosimili ri­
guardanti propositi violenti contro il capo del fascismo, oc­
corre far riferimento alla particolare personalità di Arturo
Bocchini, o meglio, alla sua visione pressappochista della sto­
ria. Convinto che a far crollare le dittature siano sempre state
o le guerre o la morte dei dittatori50, il capo dell'Ovra impar­
tisce a tutta la sua rete di fiduciari disposizioni rigorosissime
sulla materia degli "attentati al duce", quasi come se quella
di salvaguardare l'incolumità fisica di Mussolini fosse una
sorta di "missione" affidatagli dagli eventi.
D'altra parte, è incontrovertibile che, a prescindere dai ben
noti episodi di Gino Lucetti, Anteo Zamboni, Michele Schirru
ed Angelo Sbardellotto51, gli anarchici facciano dell'elimina­
zione fisica di Mussolini una vera e propria strategia di lotta.

4- ACS, Min. In t, Dir. Gen. PS, AA. GG. RR, H2, Complotti ed atten­
tati, 1922-1943. Dal 5 luglio 1933 viene istituito un apposito "Elenco di
sovversivi capaci di compiere attentati ed atti terroristici", per regolare
la materia in modo autonomo.
50 G. L eto, OVRA, fascismo-antifascismo, Cappelli, Bologna, 1952.
51 Gino Lucetti attenta a Mussolini nel settembre 1926. Per le "inten-

32
Occorre tuttavia specificare che, nella teorizzazione libertaria,
il gesto individuale ha importanza in quanto diretto a scuo­
tere la passività delle masse nei confonti della dittatura. In
questo senso, si può addirittura sostenere che l'esito positivo
rappresenta solo un aspetto del progetto e nemmeno il più
significativo. A contare è invece l'atto esemplare in sé, la sua
carica d'eroismo, il suo valore di testimonianza; è, insomma,
la "propaganda del fatto"! Nessun esponente del movimento
ha mai dichiarato che "la sparizione di Mussolini avrebbe
avuto per effetto il crollo del fascismo e l'inizio della reden­
zione"52. "Il fascismo", scrive Gigi Damiani, "é un sistema di
oppressione o meglio è l'oppressione perfezionata [...] Ed è
un sistema che ha le sue legioni di armati e d'interessati a che
si perpetui. Per rovesciare tutto quel sistema un colpo solo, lo
si riconosce, è poco. Apre una crepa, ma in quella crepa biso­
gna infliggere più picconi e far leva"53. Nella dialettica anar­
chica m ezzi/fine, il "tirannicidio" va quindi ricondotto al
primo dei due fattori. E' importante tener sempre presente
quest'identità poiché, sin dai prim i attentati alla vita di
Mussolini, esplode una violenta contrapposizione tra gli anar­
chici e le altre forze dell'antifascismo rivoluzionario. Persua­
si che soltanto una vasta ed organizzata azione di massa avreb­
be potuto creare i presupposti per l'abbattimento del fasci­
smo, concentrazionisti e comunisti reputano infatti l'atto in­
dividuale una vera e propria azione controrivoluzionaria, de­
stinata a non sortire altro effetto che quello di un inasprimen­
to delle m isure rep ressive e della crim in alizzazion e
indiscriminata del nemico. Si ripropongono così in questi anni
due antinomiche concezioni delle articolazioni tattiche e stra­

zioni" di Michele Schirru ed Angelo Sbardellotto, vedi capitolo tre, para­


grafi primo e terzo.
52 ACS, Min. Int., Divisione Polizia Politica (fascicoli per materia),
busta 101, fascìcolo 14 (Partito anarchico), Documento proveniente da
Parigi, senza data né altre specificazioni.
53 ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1927, busta
164, fsc. KlA/m ovim ento anarchico, AA. GG., Appunto per l'On. Divi­
sione Affari Generali e Riservati. Roma, 17 settembre 1927.

33
tegiche del processo rivoluzionario: l'una, quella socialco-
munista, che subordina la lotta armata alla strategia classista;
l'altra, quella anarchica, per la quale la giustificazione storica
dell'azione individuale risiede nella teorizzazione dell'azio­
ne esemplare- Già al momento dell'attentato Lucetti, "La
Diana" ringhiava contro i comunisti che avevano tacciato di
"insurrezionalismo velleitario e personalistico" il gesto del­
l'anarchico. Ricorrendo ad un'analisi dal vago sapore deter­
ministico, i redattori della testata non esitavano a replicare:

La dottrina e la teoria anarchica interpretando esattamente le leggi


della casualità sociale (siamo deterministi, noi!) e la filosofia delle
rivoluzioni, ne spiegano le cause e ne giustificano i necessari e bene­
fici effetti degli atti di rivolta individuale affermando, con la storia
a lia m an o , ch e tu tte le riv o lu z io n i so n o sta te p re c e d u te e
preannunziate da atti individuali. Meglio: essi dicono che l'atto indi­
viduale è una parte, un aspetto, l'inizio stesso della rivoluzione. I
terroristi russi non sono forse gli iniziatori della Rivoluzione Russa?
Forse che l'hanno fatta solo i bolscevisti? Così di tutte le rivoluzioni.
Una rivoluzione la fa sem pre un popolo intero con tutti i partiti
d'avanguardia. Essa non è opera d'un solo partito. Non ci sono rivo­
luzioni senza l'intervento del popolo, senza gli atti di rivolta. Gli atti
individuali sono anche l'indicazione, coll'esem pio, che solo per le
vie della Rivolta si arriva alle grandi liberazioni. Gli anarchici hanno
sempre aperto la via alle rivoluzioni col ferro e fuoco. Le dominazio­
ni, le oppressioni, le tirannidi, provocheranno sempre gli atti di ri­
volta, i quali non sono che sforzi di liberazione che si paga con la
propria v ita!54.

Impostata la questione in questi termini, non può sorpren­


dere che i contrasti tra anarchici e comunisti si riaccendano
ad ogni episodio di ribellione individuale. Non di rado, anzi,
i toni divengono così acrimoniosi da trascinare alcuni gruppi
libertari ad asserire che "gli astuti comunisti in malafede bol­
lano" come controrivoluzionario l'atto individuale solamen­
te "per calunniare e diffamare e far apparire ridicoli gli anar-34*

34 Vannunziatore della rivoluzione italiana, in "La Diana", n. 6, del 20


settembre 1926.

34
chici davanti il proletariato che loro vogliono conquistare per
servirsene come carne da barricata"53. Chi si distingue per
serenità del dibattito e lucidità d'analisi è invece Luigi Fab­
bri. Anziché scaraventarsi a testa bassa contro i comunisti per
la loro avversione alla "propaganda del fatto", l'anarchico af­
fronta la questione facendo riferim ento alle indicazioni
empiriche scaturite dalla storia, per dimostrare come gli atti
individuali il senso dell'eroico, lo spirito di abnegazione dei
singoli, siano stati spesso l'elemento propulsivo e il fattore
caratterizzante dei grandi processi di trasformazione sociale.
"I grandi sacrifici, fino a quello supremo della vita", scrive
inoltre Fabbri,

sono necessari anche essi come coronamento dei piccoli nei molti.
Quelli sono poi di sprone a questi, ne sono i migliori suscitatori [...]
Deprimere e screditare gli elementi individualistici della rivoluzione
per non badare che a quelli collettivi, scoraggiare le rivolte e le cospi­
razioni dei pochi per aspettare solo l'intervento delle grandi masse,
significa in realtà non avere mai nè gli uni nè gli altri: equivarrebbe
ad evirare un organismo per ingrassarlo. Ne avrete un corpo enor­
me, ma incapace del minimo sforzo. Il bastone fascista l'accopperà di
nuovo, senza trovare resistenza5556.

L'incompatibilità tra le diverse posizioni riemerge nettis­


sima al momento dell'attentato di Milano - aprile 192857. Al
contrario di concentrazionisti e comunisti, che condannano
senza alcuna attenuante la carneficina di piazzale Giulio Ce­
sare, gli anarchici solidarizzano invece con chi ha cercato di
colpire Vittorio Emanuele III, ritenuto tra i maggiori respon­
sabili dello stato di terrore in cui il fascismo ha fatto precipi­
tare il paese. Certo, la strage alla Fiera Campionaria esula dalla
diatriba sulla "propaganda del fatto" intesa nell'accezione più
ristretta; va allocata, cioè, nella tipologia dell' "atto terroristi-

55 Ibidem.
56 T opo di Biblioteca, Hanno gli occhi e non ci vedono, in "La lotta uma­
na", n. 7, del 12 gennaio 1928.
57 Vedi pagina 43.

35
co" più che in quella dell" "attentato individuale", per ripren­
dere un linguàggio di salveminiàna memoria58. Anche in que­
sta occasione, tuttavia, la tendènza dominante è quella di giu­
stificare la determinazione terroristica individuale appellan­
dosi alle categorie teoriche dell'amoriìsmo etico e del vitalismo
liberatore59. Alcuni gruppi individualisti, anzi, arrivano per­
sino à compiacersi per le "formidabili esplosioni che ogni tanto
il popolo italiano produce sotto la immane tirannide fasci­
sta", in mancanza deile quali "l'Italia sarebbe davvero un ci­
mitero di umilissime carogne vegetanti nella schiavitù in at­
tesa di essere cancellato dal novero dei popoli civili"60.
La polizia fascista, dunque, ha tutti i motivi per temere un
risveglio dell'azione terroristica anarchica nel paese. E' quanto
esprime a chiare lettere un vice questore inviato in missione
a Gàrdone Riviera che, nel giugno 1927, trasmette un rappor-

5M"A me sembra", scrive il meridionalista, "che sia necessario tener


nettamente distinto il <terrorismo> dall'<attentato individuale:*. Latto
di <terrorismo> viene compiuto contro ignoti, senza discriminare fra in­
nocenti e colpevoli. La bomba del teatro Diana fu Un atto di terrorismo.
L'attentato individuale, invece, prende di mira una persona determina­
ta. Gaetano Bresci compì un attentato individuale su Umberto I, e non
un atto di terrore... Io non riesco a capire come anarchici i quali invocano
una superiore giustizia per regolare le relazioni umane possano appro­
vare il terrorism o... D iverso è il caso dell'atten tato individuale. Il
<tirannicidio>, quando la comunità non ha altri mezzi per mettere fine a
una oppressione ingiusta, è stato giustificato anche da solennissimi
moralisti della Chiesa cattolica. Il gesuita padre Mariana, nel secolo XVI,
in un libro pubblicato con la licenza della censura ecclesiastica, approvò
l'ammazzamento del re di Francia Enrico III... Mazzini consentì ad un
attentato contro Carlo Alberto e non disse parola per rifiutare la propria
parte di responsabilità in esso... Umberto I, negli ultimi anni del suo re­
gno, si era messo a fare il tiranno nel significato classico della parola,
tenendo mano allo strangolamento delle libertà politiche... Ecco perchè
la memoria di Gaetano Bresci è rimasta circondata con un'aureola di sim­
patia e gratitudine nella coscienza di molti italiani, anche non anarchi­
ci". Riportato in G. Fiori, L'anarchico Sellimi condannato a morte, op. cit.
5y Vedi pagina 46.
60 W ehwalt, Contro la "tesi di Lazzi”, in "La Diana", n. 5, del primo
giugno 1928.

36
to urgente a Roma per sollecitare un incremento delle misure
di sorveglianza a carico dell'

attività anarchica in Francia e in Belgio, tenendo presente che quasi


tutti gli anarchici individualisti, pericolosi nei riguardi degli attentati,
si sono stabiliti colà. Costoro pensano ora che è meglio lavorare fuori
frontiera senza essere disturbati e preparare <qualche colpo> con mag­
giore ponderazione e sicurezza, nonché coi mezzi necessari6162

Proprio dalla Francia arriva la notizia che alcuni militanti,


aderenti al partito volontista52, hanno preso accordi con qua­
dri attivi nella zona di Iesi e Chiaravalle per organizzare un
attentato alla vita di Mussolini. Anche Agostino Sette sareb­
be in procinto di rientrare in Italia per sopprimere il duce,
mentre Bruno Misefari starebbe a sua volta preparando un
attentato contro Vittorio Emanuele III con bombe collocate
sui binari della stazione di Villa S. Giovanni63. Al di là, co­
munque, di questi tre episodi, i rapporti fiduciari sui "com­
plotti anarchici" per attentare al duce, al monarca o a singole
personalità fasciste, si succedono senza interruzione lungo
tutto il 1927-28; anche se gli ordini tassativi di Bocchini di
riferire su qualsiasi voce, indiscrezione o circostanza sospet­
ta, portano molto spesso spie, confidenti e informatori alla
segnalazione di trame, piani e progetti palesemente inverosi­
mili64.

61 ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1927, busta
164, fsc. K1A/movimento anarchico, AA. GG., Rapporto inviato alla po­
lizia politica, il 5 giugno 1927.
62 C ostitu ito dallo scrittore M ario M ariani. Su posizioni
sodalisteggianti, il movimento è dotato di un proprio organo di stampa,
"Volontà". Durante la sua breve esistenza, è ricettacolo di spie, infiltrati
e provocatori al soldo fascista.
63 E. M isefari, Bnmo, biografia di un fratello, Zero in condotta, Milano,
1989.
64 Una relazione fiduciaria proveniente da Marsiglia, ad esempio, in­
forma che gli anarchici di Rovigo avrebbero ideato di attentare alla vita
del duce provocandone una caduta dal cavallo. ACS, Min. Int., Divisio­
ne Polizia Politica (fascicoli per materia), busta 66, fsc. 8 (Complotto

37
La preoccupazione delle autorità per l'attivismo anarchi­
co si lega anche alla situazione del paese dove la manovra
monetaria, tesa a stabilizzare la lira a "quota novanta", ha
determinato una crisi di assestamento che sta ripercuotendo­
si duramente sui ceti meno abbienti - riduzione dei salari re­
ali, aumento delle imposte dirette sui consumi, incremento
dei tassi di disoccupazione, e così via65. Con l'approssimarsi
dell'estate, la congiuntura si aggrava a tal punto che in alcu­
ne province iniziano a verificarsi i primi timidi tentativi di
astensione dal lavoro66- Questo rapporto di polizia illustra,
con precisione il clima di malessere diffuso che, alimentan­
dosi su una dinamica di effettivo disagio delle fasce più de-

Picconiere), Appunto per il Ministero dell'Interno, s. d. Un confidente


attivo a Parigi, riferisce invece che un gruppo di recente costituzione - "I
Vendicatori" - starebbe organizzando un colpo sensazionale ai danni di
alcuni membri del Gran Consiglio del fascismo, la cui trama consistereb­
be addirittura nell'uccidere "una delle personalità più importanti che
vengono a Roma pel Gran Consiglio", per poi irrompere con un'auto­
mobile durante i funerali in pompa magna sparando a vista sulla folla
convenuta. ACS, Min. Int., Divisione Polizia Politica (fascicoli per mate­
ria), busta 66, fsc. 8 (Complotto Picconiere), Informazione fiduciaria pro­
veniente da Parigi, il 26 luglio 1928.
65 Oltre a configurarsi come "una mossa obbligata per Mussolini, che
ha urgente bisogno dei prestiti internazionali per rilanciare l'economia
italiana", la rivalutazione della lira risponde per gli anarchici anche a
motivazioni di natura politica. Il deprezzamento della moneta, infatti, sì
ritorceva gravemente su quella categoria di risparmiatori costituita dalla
piccola borghesia urbana e rurale, vera base sociale del fascismo. Cfr.
Quota novanta, in "Il monito", n. 7, del 15 maggio 1928.
66 Le province sono: Alessandria, Ancona, Aosta, Bari, Bergamo, Bre­
scia, Brindisi, Chieti, Como, Cremona, Cuneo, Ferrara, Firenze, Fiume,
Forlì, Frosìnone, Imperia, Livorno, Lucca, Macerata, Massa, Milano, Na­
poli, Novara, Padova, Palermo, Parma, Pavia, Perugia, Pesaro, Piacenza,
Pisa, Pola, Ravenna, Reggio Calabria, Reggio Emilia, Roma, Rovigo,
Savona, Sondrio, Spezia, Taranto, Temi, Torino, Trento, Treviso, Trieste,
Varese, Venezia, Vercelli, Verona e Vicenza. ACS, Presidenza del Consi­
glio dei Ministri, Gabinetto (1919-36), busta 307, fsc. 3/31, n. 643. Dati
statistici sulla situazione delle industrie locali nelle varie Province in rap­
porto alla disoccupazione e al tenore dei salari.

38
boli della popolazione, sta emergendo in modo vistoso nel
paese:

Negli industriali è ora rinata la fiducia che l'attuale disagio verrà fe­
licem ente su perato m ercé i p rovvedim enti del G overno per la
stabilizzazione della m oneta a quota novanta, m a nella m assa opera­
ia il disagio stesso è m olto più sentito, in quanto che, oltre la disoccu­
pazione vera e propria, esiste un'altra specie di disoccupazione dis­
simulata dai turni di lavoro, sistema questo che ha ormai invaso qua­
si tutti i principali stabilimenti industriali, nei quali la massa operaia
lavora soltanto tre o quattro giorni della settimana, a turno, riscuo­
tendo, in conseguenza, un salario pressoché uguale alla metà di quello
normale. A tale riduzione di salari, derivante dalla diminuzione del­
la giornate lavorative, è da aggiungere la riduzione di salario conve­
nuta in relazione alla rivalutazione della lira, mentre il prezzo dei
generi di prima necessità continua ad essere elevato e non ancora in
relazione ai salari percepiti, malgrado la tenace azione calmieratrice
degli organi tecnici e delle Autorità. Tutto ciò crea nella m assa opera­
ia uno stato di orgasmo e di sfiducia, forse peggiore di quello dipen­
dente dalla vera disoccupazione, ed è in vista specialmente dell'ap-
prossimarsi delTinverno, che occorre preoccuparsi di tale diffuso
malessere, specie nella categoria dei braccianti, buon numero dei quali
quest'anno non ha trovato nemmeno di estate di che occuparsi. Q ue­
ste sono le condizioni dell'ordine pubblico nei riguardi della disoc­
cupazione, condizioni che per quanto delicate, non destano, per ora,
gravi preoccupazioni per la totale assenza di manifestazioni esteriori
di particolare rilievo. L'Autorità di PS, comunque, si m antiene co­
stantemente vigile allo scopo di prevenire ed eventualmente repri­
m ere, con prontezza, qualsiasi atto inconsulto che possa m eno­
mamente turbare l'ordine pubblico67.

Il malcontento operaio e l'aggravarsi costante della con­


giuntura economica suscitano tali aspettative tra i gruppi
anarchici che i maggiori esponenti del movimento rifugiatisi
all'estero ritengono persino di essere alla vigilia di eventi in­
surrezionali decisivi68. Si tratta di una valutazione ottimisti­

67 ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1927, busta
109, fsc. "Statistica mensile delle agitazioni ed astensioni del lavoro".
68 Resta inteso che la liberazione dellTtalia dal regime fascista deve

39
ca che denuncia una conoscenza superficiale della dinamica
sociale italiana, dove lo stato d'insofferenza del mondo del
lavoro è ben lontano dal tradursi in una forma di protesta
generalizzata. E' vero invece che il malumore delle masse
proletarie induce la polizia a stringere ulteriormente la mor­
sa repressiva, scatenando una nuova ondata di arresti e di
persecuzioni ai danni delle dissidenze antifasciste69. Durissi-

essere il portato di un processo insurrezionale “dal basso", e non di


un'azione normalizzatrice "dall'alto". "La liberazione del popolo italia­
no", scrìve Camillo Berneri, " non può essere che opera del popolo stes­
so. Qualunque normalizzazione che venisse dall'alto verrebbe troppo
tardi per salvare l'Italia dall'intera rovina economica, si risolverebbe in
un bluff politico, perpetuerebbe l'ineguaglianza sociale. L'unica
normalizzazione è l'ordine nuovo che gli operai, i contadini ed i tecnici
creeranno sopra le rovine dell'Itaìia plutocratica, monarchica, clericale e
militarista. Quell'Italia che ha generato il fascismo". C. B erneri, Mussolini
"normalizzatore" e il delirio razzista, Archivio Famiglia Berneri, Pistoia, 1986,
pag. 33. Alle parole di Berneri, fanno eco quelle di Gigi Damiani che,
polemizzando con quei settori deH'antifascismo legalitario che sperano
ancora in un intervento risolutorio di Vittorio Emanuele III, dichiara: "Se
si pensa che è stata sempre la vecchia tattica dei Savoia calcolare tutte le
eventualità diverse per poterle poi affrontare o sfruttare con un certo
successo, si deve ritenere con maggiore sicurezza che la Corte non è af­
fatto estranea a certe sotterranee insidie. Bisogna perciò affrettarsi a sven­
tare un simile gioco del quale i Savoia hanno sempre usato e abusato [...]
In ogni caso resti stabilito che l'antifascismo monarchico è un controsen­
so: peggio: ima frode. E il suo crimine contingente è quello di cospirare
per preparare una sanatoria al maggiore responsabile dell'attuale situa­
zione italiana, oltre che per conservare integre tutte quelle cause che con­
ducono al fascismo, anche quando questo muta di nome o si riveste di
funzioni democratiche". Il re prigioniero, in "Non Molliamo", n. 2, del
febbraio 1927. Secondo Renzo De Felice, le speranze dell'antifascismo
liberaldemocratico in un intervento normalizzatore di Vittorio Emanue­
le, svaniscono definitivamente al momento della costituzionalizzazione
del Gran Consiglio del Fascismo (1928). Cfr. R. D e F elice, Mussolini il
fascista, op. cit, pag. 311.
m Nonostante l'approvazione della Carta del Lavoro (aprile 1927), a
spegnere i fuochi antifascisti tra le masse proletarie è ancora la macchina
repressiva. Del resto, come è stato affermato in sede di analisi storica,
sotto "il profilo sociale e in particolare del miglioramento delle condizio­
ni di lavoro, la Carta del lavoro non innovava in realtà gran che. A parte

40
mo, poi, è il trattamento riservato a quanti sono reclusi nelle
patrie galere. Sulle loro condizioni le denunce della stampa
anarchica lasciano intravedere uno scenario raccapricciante.
La testata individualista "La Diana", racconta di spaventosi
supplizi cui sono vittime i prigionieri antifascisti, molti dei
quali, gravemente minati nella mente e nel fisico, sprofonda-

alcune enunciazioni piuttosto generiche, varie norme in essa contenuta


già preesistevano legislativamente, altre erano già allo studio ed in un
clima politico diverso sarebbero quasi certamente già maturate natural­
mente, logico portato dello sviluppo sociale di un paese in trasformazio­
ne abbastanza rapida come era l'Italia, e si può dire che lo spirito di com­
promesso che presiedette a tutta l'elaborazione della Carta del lavoro le
rese, se mai, meno incisive. Contrariamente a quanto sbandierato dal
fascismo, che parlò dì <punto di partenza per la costituzione della nuo­
va organizzazione della società italiana>, di <Stato del popolo> e di altre
cose del genere, nulla insomma -vi era di <rivoluzionario> nella Carta
del lavoro. La sua pubblicazione servì però bene agli scopi che Mussolini
si era prefissi. Essa valse infatti a dare ima patina di socialità al nuovo
regime, permettendogli dì presentarsi come avviato su una strada nuo­
va e giusta, con un Mussolini che - ormai libero da ogni impaccio - mo­
strava di essere pronto ad <andare al popolo> e a sfidare anche le
oligarchie economiche". R. De F elice, Mussolini il fascista, op. cit. La posi­
zione anarchica rispetto alla Carta del lavoro è, naturalmente, di opposi­
zione totale: "La Carta del lavoro non costituisce una serie di realizzazio­
ni interamente conseguite, ma un programma di conquiste da realizzare.
E' una dichiarazione di principi. Tolto il fatto che lo Stato raccomanda ai
lavoratori dì dare la preferenza agli inscritti al partito fascista, la Carta
non fa che legalizzare una situazione preesistente [Essa] è inaccettabile
perché è un atto di governo, e sarebbe inaccettabile anche se fosse un
atto di governo più o meno socialista, perché subordina in modo assolu­
to il cittadino produttore alla sovranità dello Stato impersonificato nelle
sue gerarchie privilegiate. E', e sarebbe sempre inaccettabile perché con­
sacra il privilegio della proprietà privata, l'iniquità del salariato, l'inco­
raggiamento del militarismo industriale, l'ostracismo del partito domi­
nante nei confronti degli eterodossi, perchè perpetua lo sconcio di sot­
trarre ai produttori che, soli, ne hanno il diritto, i mezzi della produzio­
ne. Pel resto siamo in pieno socialismo di Stato e basterà che il regime
apra le porte della mastodontica burocrazia che l'attuazione dei principi
proclamati nella cCarta del lavoro> comporta, perché assistiamo ad una
copiosa sfilata di antifascisti d'occasione sulla spaziosavia di Damasco".
La Carta del lavoro, in "Il Monito", n. 8, del 30 aprile 1927.

41
no in uno stato di perenne follia70. Frequente è anche il "sui­
cidio" mediante impiccagione/ secondo una tipica procedura
adottata nei regimi di polizia per i detenuti politici torturati a
morte. Il comunista Gastone Sozzi e l'anarchico Antonio
Sanvito71 - "im piccati" rispettivamente nella fortezza di
Perugia e a San Vittore - la comunista Lina Morandetti e l'anar­
chico Natale Girolimetti72 - impazziti entrambi per le sevizie

70 Ecco alcuni dei sistemi di tortura attuati nelle carceri fasciste: colpi
con bastoni riempiti di piombo nella parte superiore; colpi di pugno col
guanto dì ferro; digiuno e violente bastonature al buio; iniezione di so­
stanze provocanti il delirio; puntura dei testicoli con degli spilli; legatu­
ra dei testicoli con catene e corde e graduazione del dolore con una pres­
sione sem pre più fo rte; punture con sp ille sotto le unghie;
somministrazione di iodio provocante piaghe all'intestino; tagli della lin­
gua con coltelli o temperini; strappo dei peli dal pube; uso d'insetti per
ottenere confessioni (tipica quella dello scarabeo posto suü'ombellico della
vittima).
71 La cui unica colpa, è quella di essere un portinaio "negligente". "E'
noto che, in base al regolamento di polizia della primavera del 1927, un
portinaio non può esercitare la sua professione che a patto di divenire un
indicatore della questura. Egli è incaricato della sorveglianza e della de­
nuncia delle idee politiche degli inquilini. E in caso di negligenza, è con­
siderato come complice delle manifestazione e dell'attività antifascista
di cui i suoi inquilini si rendono colpevoli. In applicazione di sifatto re­
golamento, il portiere Sanvito è stato sottoposto, con gli altri prigionieri
a delle torture senza nome. Si voleva conoscere da costoro il piano della
diffusione e il nome dei responsabili della diffusione della rivista. Il por­
tinaio non poteva, naturalmente, dir nulla, poiché non sapeva nulla di
tutto ciò. Cosicché [...] il portinaio Sanvito, vecchio e malato, morì. Due
settimane dopo il suo imprigionamento, non si ebbero più sue notizie. Si
seppe più tardi che era morto... Ma quando? In quale data? In quali con­
dizioni?". Torture, supplizi e assassini, in "Il Monito", n. 6, del 25 aprile
1928.
72 Merita di essere riportata la vicenda di Natale Girolimetti, esempio
tipico delle tribolazioni vissute da tanti militanti durante gli anni del
dominio fascista: "Deportato in Italia dall'America fu uno dei primi pre­
so di mira dai fascisti. Egli tenne testa sempre ñeramente, solo contro
cinquanta mercenari neri. Nelle sedi dei fasci, o nei tribunali gridò sem­
pre alta la sua fede libertaria in faccia ai teschiati, pagando con terribili
"bastonature di stile" il suo ardimento. Per farmi visita all'ospedale di
Sant'Arcangelo di Romagna, dove giacevo nell'inverno del 1923, si espo-

42
subite - i comunisti Giuseppe Riva e Carlo Ruota e gli anar­
chici Amodei e Romolo Tranquilli - tutti morti in seguito ad
atroci torture - sono solo alarne delle vittime del sistema
carcerario fascista tra il 1927 ed il 1928. E' una pagina molto
nera del fascismo su cui la storiografia ha finora poco insisti­
to. Sul piano della violenza e della repressione, il rapporto
fascismo-nazismo ha infatti privilegiato un'immagine del re­
gime tutto sommato meno truce e sanguinaria di quella emer­
sa dalle testim o n ian ze d ella p u b b licistica e della
memorialistica anarchica.
Il 12 aprile s'inaugura a Milano in gran pompa la Fiera
Campionaria. Alle dieci del mattino, pochi istanti prima del
passaggio del corteo reale, esplode una bomba in piazzale
Giulio Cesare provocando un'orrenda strage - diciotto morti
e circa cinquanta feriti in modo grave. La stampa di regime
indica subito tra gli antifascisti, in particolare "elementi anar­
chici a contatto coi fuorusciti", i responsabili della carnefici-

neva ai pericoli di vita; ma ci veniva ugualmente, malgrado le mie ar­


denti esortazioni e proibizioni e sfidava tutto e tutti. Era ricercato dap­
pertutto e lo bastonavano terribilmente alla testa e sul viso. Uscendo di
prigione gli facevano ala per tentare di ucciderlo, perchè avevano l'ordi­
ne, quelle iene, di "rendergli la vita impossibile", insanguinandolo tutto.
Finalmente, dopo mille vicende, riuscì a ripararsi in Francia illudendosi,
anche lui, di mettere piede nella terra dei diritti dell'uomo, e del diritto
d'asilo. Arrestato a Belfort, venne espulso, dopo sette mesi di prigione,
per pochi toscani per uso suo! Passò al Lussemburgo, poi in Germania;
ma cadde ammalato a motivo delle terribili precedenti legnate alla testa.
Fu consigliato a rimpatriare per curarsi... Triste consiglio! Non appena
varcata la frontiera, fu arrestato e trascinato nelle famose prigioni di Forlì.
Per caso, mi cadde in mano una sua lettera, dove mi dice: <Ora non mi
bastonano più. Sono protetto dai carabinieri. Vengono a farmi visita tre
volte il giorno!!!> Non lo inviarono a domicilio coatto perché impazzito.
Giacente su un misero giaciglio di prigione, sragiona, canta sorride e
dice: <Ora non mi bastonano più!...> Perché l'hanno fatto impazzire dal­
le bastonature " di stile". Una persona che l'ha visto recentemente mi scrive
che non c'è più alcuna speranza, e che il dottore stesso ha riconosciuto
che la follia è una conseguenza delle bastonature alla testa". D ino da
M ontefeltro, Natale Girolimetti reso pazzo, in "La Diana", n. 5, d ell'l giu­
gno 1928.

43
na73. Nei giorni successivi, una furiosa "caccia al sovversivo"
imperversa in tutta la città; mentre bande squadriste scoraz­
zano per le strade abbandonandosi ad ogni sorta di violenza,
la polizia setaccia a tappeto interi quartieri popolari e centi­
naia d'abitazioni di antifascisti. Nella retata d'arresti operati
dalle forze dell'ordine, si contano alla fine circa cinquecento
cittadini, di cui trentadue sono deferiti al Tribunale Speciale
per supposta complicità nella strage. Gli autori dell'attenta­
to, restano però ancor oggi ignoti74.
Sebbene nel composito universo antifascista siano i soli a
non condannare l'accaduto75, anche gli anarchici cominciano
ben presto a sospettare che l'attentato sia in realtà stato con­
gegnato "dallo stesso Mussolini per liberarsi dello scomodo
ed ingombrante alleato sabaudo ed imporre la sua dittatura
assoluta nel paese"76. Certo, c'è anche chi non condivide che
l'obiettivo del complotto sia da individuarsi in Vittorio Ema­
nuele III, giudicato un sostegno ancora indispensabile per il
capo del fascismo77. Nessuno sembra però nutrire dubbi sul

73 Tutti i militanti coinvolti, come indiziati o apologeti, nella strage


del Diana del marzo 1921 vengono arrestati e sottoposti a pesanti inter­
rogatori. Tra questi: Carlo Molaschi, Nella Giacomelli e i fratelli Libero e
Henry Molinari, a Milano; Novio De Bartolomeis, a Venezia; Italo Garinei,
a Sanremo; Romolo Tranquilli, a Como; Filippo Colombo, a Gallarate;
Gino Bibbi, a Roma. In un albergo a Milano, infine, viene assassinato per
ritorsione Galli di Clivio.
74 Cfr., M. F ranzinelli, I tentacoli dell'Ovra. Agenti, collaboratori e vitti­
me della polizia polìtica fascista, Bollati Boringhieri, Torino, 2000.
75 Vedi pagina 35.
76 "La lotta umana". Non è stato possibile rintracciare il titolo dell'ar­
ticolo e il numero di serie del giornale.
77W ehwalt, "Contro la tesi di Buzzi", in "La Diana", n. 5 dell'l giugno
1928. La testata individualista scrive: "Noi crediamo che se Mussolini
osasse far attentare ai suoi potenti padroni di Casa Savoia, riassumente
otto secoli di bestiale reazione nera, si scaverebbe l'abisso da per lui. Eser­
cito e Marina, vale a dire la potente Mano Nera Militare, che Salvemini
comincia a denunziare come la vera organizzatrice del fascismo, lo ab­
batterebbe ben presto. Essa segue e appoggia Mussolini in quanto questi
esegue tutti i suoi ordini. [...] E' la Casa Savoia, quindi, che, alla testa

44
fatto che l'attentato sia maturato in ambienti fascisti per giu­
stificare agli occhi dell'opinione pubblica il ricorso a nuove
misure di terrore poliziesco. A suffragare questa lettura sono
i tanti misteri che ruotano attorno alla strage, a partire dal
modo stesso in cui è avvenuto l'agguato, durante una ceri­
monia pubblica gremita di forze dell'ordine. Ci sono poi
l'omertà degli apparati istituzionali, l'assoluta mancanza di
prove a carico di centinaia d'antifascisti incarcerati, le ambi­
guità e i retroscena emersi nel corso dalle indagini; ci sono,
insomma, elementi tali da far ritenere:

1 - Che l'attentato è stato compiuto da fascisti. 2 - Che questi fascisti


per compierlo dovevano indispensabilmente avere un ordine e un
salvacondotto dall'alto. 3 - Che la polizia aveva l'ordine di russare....
4 - Che coloro che hanno dato quest'ordine e questo salvacondotto
fanno, come al solito, passare per antifascisti i loro sicari78.

A prescindere da queste considerazioni, la mancanza di


una rivendicazione politica del gesto terroristico, pone il mo­
vimento dinnanzi al dilemma di quale posizione assumere
nei confronti degli attentati "anonimi". Accanto a chi propen­
de, sotto l'aspetto tattico, per una valorizzazione comunque
protestataria dell'atto individuale, c'è infatti la gran maggio­
ranza di quelli che mantengono ben distinto l'attentato
"so v v ertito re" - azione di "riv o lta " contro la violenza
espropriatrice del dominio sociale - dall'attentato "eversivo"
- azione di "provocazione" teso ad innescare un processo di
ridefinizione in senso autoritario delle articolazioni cardini
di un regime politico. L'attentato di Milano, mette in guardia
"Il risveglio anarchico", va analizzato criticamente, "apprez­
zandolo nei vari aspetti ch'esso presenta", e non "valorizzato
aprioristicamente", rischiando così di "concepire per nostro
un atto che fosse invece compiuto ai nostri danni dai nostri

della potentissima Mano Nera Militare, per mezzo dell' "umilissimo ser­
vo" Mussolini, restaurò le sue prerogative quasi millenarie". Ibidem.:
7HADA, in "lì Monito", n. 7, del 15 maggio 1928.
nemici"79. Per quanto possa sembrare scontata la chiarifica­
zione della testata ginevrina, va considerato che le differenti
posizioni rispecchiano due diverse tradizioni dell'anarchismo
teorico: quella deir"individualismo d'azione" e quella della
"propaganda del fatto". E' questo un distinguo che affiora
con evidenza anche al momento di affrontare la spinosa que­
stione delle vittime innocenti rimaste coinvolte nell'esplosio­
ne della bomba. Se, infatti, le correnti individualiste ribadi­
scono nella circostanza il valore assoluto dell'azione indivi­
duale, richiamandosi alle categorìe concettuali d ell'am orfi­
smo etico" e del "vitalismo liberatore", i restanti settori del
m ovim ento fanno in vece riferim en to ai fond am enti
escatologici del "rivoluzionarismo giustizierò", ribattendo che
la violenza è un valore relativo, da circoscriversi entro i limiti
ben definiti della legittima difesa80. Mentre per gli individua­
listi, dunque, quello delle vittime rimaste coinvolte nell'at­
tentato è ima questione irrilevante nella misura in cui "non
vi sono innocenti nella società borghese", per gli altri gruppi
si pone come "problema della massima importanza la riper­
cussione che l'atto avrà sulla società di cui vuol essere vendi­
catore"81 . "Alle celebrazioni fasciste", si chiedono i redattori
de "Il risveglio anarchico", "quanti sono presenti, o per non
perdere il pane o per non venir sospettati? Pochezza d'ani­
mo, si dirà. Sì certo, ma non mai meritevole della pena di
morte!"82.
Dopo la strage di Milano, la polizia comincia a vedere dap­
pertutto "complotti terroristici anarchici"83. Che si tratti di

79 A. d'A., Discussioni e polemiche, in "Il monito", n. 9, del 5 luglio


1928.
■ 80Per un approfondimento sulle categorie concettuali dell' "amorfismo
etico", del "vitalismo liberatore" e del "rivoluzionarismo giustizierò",
vedi: N. B erti, Il pensiero anarchico del Settecento al Novecento, Piero Lacaita
Editore, Manduria-Bari-Roma, 1998; M. A ntoniou -P.C. M asini, Il sol del­
l'avvenire, Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 1999.
81 Idee sugli attentati, in "Il risveglio anarchico", n. 760, del 1929.
82 Ibidem.
83 E non manca chi cerca di approfittare del clima dì sospetti per com-

46
attentati alle linee ferroviarie84/ di rinvenimenti di ordigni
esplosivi85/ o degli incendi che stanno divampando nel paese
in questa " arroventata" estate del 192886/ le indagini per in­
dividuare i responsabili di questi episodi vengono indirizza­
te quasi esclusivamente verso gli ambienti libertari. Le infor­
mazioni fiduciarie che continuano a fioccare dall'estero/ d'al­
tra parte/ non sono a riguardo per nulla rassicuranti. Un con­
fidente attivo a Lugano, comunica allarmato che si sono te­
nuti alcuni "abboccamenti segreti" nei quali si è discusso sul­
l'eventualità di sopprimere Arnaldo Mussolini, reputata la
mente direttiva del servizio di spionaggio all'estero. Di "col­
pi ben preparati" da eseguirsi "al più presto", si trama con
insistenza anche a Zurigo87, mentre da Ginevra si segnala che
"un tentativo d'accordo per l'esecuzione di un piano di azio­
ni violente si è manifestato durante una riunione [alla quale]

piere anche piccole vendette personali. Tipico l'episodio avvenuto a Santa


Maria Capua Vetere dove, per motivi di gelosia professionale, viene fat­
to rinvenire nella bottega di un tipografo un manifesto in cui s'inneggia
all'attentato milanese.
84 Una bomba ad altissimo potenziale esplosivo (45 chili di dinamite
proveniente da uno stabilimento militare del Piemonte) viene rinvenuta,
pochi minuti prima del passaggio del treno di Mussolini, sulla tratta
Milano-Piacenza, nelle vicinanze del casello di Melagnano. Sotto le rota­
ie della tratta Bologna-Forlì, viene invece scoperto, da un guardiano ad­
detto alle ispezioni di linea, uno scavo per introdurvi delle bombe.
*5 Alcuni militanti, ad esempio, vengono ritenuti responsabili del­
l'occultam ento di bom be in una barca orm eggiata alla "N ave di
Rovezzano". Tra questi: Mario e Torello Bigi, Giuseppe Monni, Egidio
Corti, Archimede Vitellozzi.
Come a Frosinone - in un edificio del centro e nel palazzo del go­
verno - a Napoli - in un deposito di tram - a Ferrara - alla casa dei sinda­
cati. Case e boschi in fiamme anche sul monte Cerreto, a Villafranca, a
Roma, a Casteldelfino, a Pontecurone, a Ghìrla, a Magenta, a Ghedi, a
Brescia, a Pecetto, a Sandigliano, a Teramo, a Parma, a Colle Val d'Elsa
ed in alcuni paesi del savonese e del bolognese.
H7 ACS, Min. Int., Divisione Polizia Politica (fascicoli per materia),
busta 66, fsc. 8 (Complotto Picconiere), Appunto per l'On. Divisione Af­
fari Generali e Riservati. Roma, 11 aprile 1928.

47
partecipò anche il Bertoni"8*88; il fuoruscito - prosegue la rela­
zione - "avrebbe in animo di essere spalleggiato da elementi
comunisti per tentare delle azioni violente in Svizzera e gesta
terroristiche in Italia, vista l'esiguità dei compagni anarchi­
ci"89. Particolare inquietudine, poi, suscita un rapporto pro­
veniente da Anversa dove si avverte che un gruppo di mili­
tanti esuli a Bruxelles, ben fornito di fondi ed in possesso di
una cospicua quantità di materiale dinamitardo occultato in
alcuni depositi a Ginevra, ha pianificato un attentato a Roma,
"durante i ricevimenti dove dovrebbero esser presenti il re o
M ussolini", e uno a Ginevra, alla sede della Società delle
Nazioni. Ci sarebbe anche chi ha incaricato turisti stranieri,
commessi viaggiatori ed antifascisti jugoslavi di portare in
Italia, attraverso il passaggio della Gola di Gonda, una batte­
ria di bombe ad orologeria da consegnare successivamente
ad alcuni compagni attivi nel varesino e nel comasco90. E'
però dalla Francia che le relazioni sui "complotti anarchici"
provengono a gran profusione; e non potrebbe essere altri­
menti se si considera che proprio a Parigi l'Ovra può avva­
lersi, tra le altre, della collaborazione di uno dei suoi più pre­
ziosi confidenti: l'anarchico Bernardo Cremonini91. Natural­
mente, va considerato che, per i motivi già esposti, molti di
q u esti "c o m p lo tti" sono in realtà p riv i di qu alsiasi
attendibilità. Non manca, oltretutto, chi cerca di approfittare

8S ACS, Min. Int., Divisione Polizia Politica (fascicoli per materia),


busta 26, fsc. 18 (Complotto anarchico), Informazione fiduciaria prove­
niente da Ginevra, il 25 ottobre 1928.
KyIbidem.
w ACS, Min. Int., Divisione Polizia Politica (fascicoli per materia),
busta 66, fsc. 8 (Complotto Picconiere). Informazione fiduciaria prove­
niente da Bruxelles, il 2 luglio 1928.
91 Confidente della Divisione Polizia Politica dal 1927 (numero 6),
Bernardo Cremonini aderisce alla Uai, alla Ucapi e alla Fapi. Nelle sue
competenze, inoltre, rientra tutta l'attività svolta dall'Usi all'estero. Tra
il dicembre 1929 e il novembre 1933, dirige anche il quindicinale "Lotta
anarchica", mentre nel 1936-37 è tra i principali promotori del Comitato
libertario pro-Spagna, nonché collaboratore del mensile "Guerra di clas­
se".

48
del clima di "caccia alle streghe" per allestire delle vere e pro­
prie provocazioni92, Va anche detto, però, che la solerzia ma­
n ia ca le con cui le au to rità reg istran o p ersino il più
immaginifico episodio di "sovversivismo", è in parte dovuta
ai numerosi attentati che gli anarchici stanno effettivamente
compiendo in questi mesi all'estero. Ecco alcuni degli episo­
di più eclatanti93 . Maggio, New York: una bomba esplode nella
residenza di Robert C. Eliot, esecutore della condanna a mor­
te di Sacco e Vanzetti. Agosto, Marsiglia: viene arrestato En­
rico Zambonini, accusato di aver attentato all'agente consi­
gliare Giacomo Di Mauro, a Saint Raphael. Novembre, Nancy:
Angelo Bartolomei uccide a colpi di rivoltella il prete Cesare
Cavaradossi - vice console fascista a Nancy - che gli aveva
proposto di tradire i propri compagni in cambio del permes­
so di soggiorno94. Maggio, Buenos Aires: Severino Di Gio­
vanni fa saltare in aria il consolato italiano - nove morti e
trentaquattro feriti - colloca una bomba nella farmacia del
fascista Beniamino Mastronardi e attenta alla vita del colon­
nello Afeltra.

92 Come il console italiano a Marsiglia - Barduzzi - che, su suggeri­


mento del commissario di PS Rizzo, s'inventa di sana pianta un attenta­
to terroristico per implicare nella vicenda Camillo Bemeri ed ottenerne
l'estradizione dalla Francia Nella vicenda restano implicati anche Gino
Bagni, Antonio Cieri, Rina Belloni, Persici, Giulio Bacconì. Cfr. F. M.
S antos, Camillo Bemeri. Un anarchico italiano (1897-1937 )■ Rivoluzione e
controrivoluzione in Europa (1917-1937 ), Archivio famiglia Berneri, Pistoia,
1985, pp. 207-208. Nell'agosto del '28, poi, un fiduciario attivo a Marsi­
glia comunica che Camillo Berneri avrebbe ideato di immettere del ma­
teriale esplosivo nel manico di alcuni bastoni, per poi spedirli "possibil­
mente dall'Italia, o in mancanza dall'estero, a personalità del partito e
del Regime". ACS, Min. Int., Divisione Polizia Politica (fascicoli per ma­
teria), busta 66, fsc. 8 (Complotto Picconiere). Appunto per l'On. Divisio­
ne Affari Generali e Riservati. Parigi, 22 agosto 1928.
93 Per un elenco dettagliato, cfr. U. F edeli, Un Trentennio, op. c/f.; "Al­
manacco libertario pro-vittime politiche". Anni 1928 e 1929.
94Angelo Bartolomei viene scarcerato nel febbraio del '30. Il governo
belga, riconosciuto il carattere polìtico del gesto, respinge infatti la ri­
chiesta di estradizione dell'imputato inoltrata dal governo francese.
3 - i gruppi

Tra le forme di lotta deirantifascismo anarchico, va anno­


verata anche quella tesa alla ricomposizione di gruppi auto­
nomi d'azione clandestina. Gran fermento di iniziative si re­
gistra a Roma dove, in quel reticolo di addensamenti sovver­
sivi costituito dalle borgate e dai rioni popolari, cellule e sin­
goli quadri si riuniscono assiduamente per ristabilire i con­
tatti e definire nuove strategie di lotta95. Come accade un pò
in tutte le altre realtà territoriali, nella capitale il movimento
agisce spesso in sintonia con le altre forze antifasciste. In una
sala riservata della Biblioteca Nazionale, ad esempio, si svol­
gono alcuni incontri segreti ai quali partecipano anche espo­
nenti socialisti e repubblicani. Di un abboccamento avvenuto
"tra gli arditi del popolo del rione M onti e l'anarchico
Bandinella attivissimo organizzatore dei comitati di assistenza
alle famiglie dei confinati", parla poi una relazione fiduciaria
inviata alla questura nella primavera del 1928.

ys Come le riunioni che hanno avuto "luogo in Piazza della Consola­


zione nella trattoria del ciociaro e nel cantinone di Via Urbana, alle quali
avrebbero partecipato gli anarchici Montesi, Lecce, calzolaio, con botte­
ga in Via Cavour, ed un tale di cui il confidente non è in grado di indicare
il nome, ma che viene classificato come individualista pericoloso, che fa
il fornaio e frequenta Tosteria detta di Righetto, sita in Via Bonella". O
come quella organizzata, dinnanzi alla tomba di Spartaco Spagnetti, da
una cellula di via della Penitenza per proporre la ricostituzione dei vec­
chi nuclei "18 marzo" e "Scheider". ACS, Min. In t, Dir. Gen. PS, AA. GG.
RR., CC. AA., 1927, busta 164, fsc. KlA/M ovim ento anarchico, AA. GG.,
Riservata inviata alla questura di Roma, il 13 dicembre 1927. "Nel cam­
po anarchico", segnala un'altra relazione fiduciaria, "regna un fermento.
Un gruppo di tre o quattro si è riunito in questi giorni nella casa di un
certo Ceci che ha una macelleria nei pressi di piazza delle Carrette. Altra
riunione è avvenuta a San Lorenzo presso un negoziante di elettricità e
un'altra riunione c'è stata fuori porta San Giovanni presso la casa di un
tramvierie già anarchico il cui nome non sono riuscito a sapere". ACS,
Min. Int., Divisione Polizia politica (fascicoli per materia), busta 101, fsc.
Partito Anarchico, Informazione fiduciaria inviata alla questura di Roma,
in data 16 maggio 1928.

50
Al riallacciamento dei nuclei sparsi nell'Italia centro-set­
tentrionale, sta invece provvedendo Ugo Mazzucchelli che,
da Carrara, si mantiene in relazione con il gruppo livornese
della "Banda di Ardenza"96 e con i compagni attivi a La Spe­
zia, a Torino e a Milano. Proprio nel capoluogo lombardo sono
tratti in arresto sette militanti mentre è in pieno corso un ra­
duno clandestino indetto allo scopo di ridar vita ad un'oppo­
sizione sindacale dopo l'approvazione della Carta del lavoro
fascista97. L'intercettazione di alcune lettere di un anarchico
tedesco, consente inoltre di scoprire che un gruppo di
anarcosindacalisti si ritrova spesso in un caffè di Piazza Ve­
nezia per discutere d'iniziative dirètte ad accrescere il mal­
contento delle masse per le disagiate condizioni economiche.
Stando alle testimonianze inviate alle testate libertarie all'este­
ro, Milano è tra le città più colpite dalla repressione polizie­
sca. "Nello spazio di due mesi", si legge in una lettera pub­
blicata su "Il risveglio anarchico",

sono state fatte tre <lev e> di sovversivi con un complesso di venti
giorni di detenzione; [...] la grande maggioranza dei compagni e dei
rivoluzionari è im possibilitata a sottrarsi a simili conseguenze in
quanto che la loro qualità di diffidati e di sorvegliati li inchioda in
casa dalle nove di sera alle sette del mattino, con sul capo pendente
la pena di tre mesi di carcere e il conseguente invio al domicìlio coat­
to in caso di m ancata presenza alle m ultiple visite notturne dei
questurini; si aggiungano [...] nuove manganellature di compagni e
di sovversivi in genere, im posizioni, licenziamenti dal lavoro [...]
Altri, più fortunati, riescono a sottrarsi alle violenze o all'arresto solo
con l'abbandonare lavoro, affari, famiglia, dandosi la ventura in una
stagione che si fa di giorno in giorno più inclemente [Nelle ultime
settimane] due altri giovani compagni hanno dovuto fuggire per sot­
trarsi alle bastonature della teppaglia in cam icia nera e all'arresto
della polizia. Dei compagni caduti tra le loro grìnfie non c'e mezzo di
saper nulla98.

98 Vedi nota 32.


97 Si tratta di Nicola Modugno, Gaetano Gervasio, Giuseppe Papini,
Vito Bellaveduta, Giuseppe Farina, Anseimo Galassi ed Osvaldo Benci.
Cfr. A A .W , Aula IV,op. cit.
98 Lettere dall'Italia, in "La lotta umana", n. 3, del 5 novembre 1927.

51
La situazione del capoluogo lombardo, ad ogni modo, è
analoga a quella degli altri centri industriali, dove "l'atm o­
sfera di terrore creata dalla vasta rete di vigilanza e di spio­
naggio che si esercita ovunque e su tutto"99, costringe il mo­
vimento ad agire nella più rigorosa clandestinità. Non c'è da
meravigliarsi, dunque, se è proprio in una località di provin­
cia - Cecina (LI) - che viene smantellato il gruppo anarchico
di maggiore consistenza - "G li scarponi"100. Si tratta di una
struttura formata da quindici membri, capeggiata dall'ex ar­
dito del popolo Arnaldo Menicagli101, che è riuscita abilmen­
te a camuffarsi sotto l'innocua denominazione di "Società
Sportiva Benito Mussolini". Gli organi di PS, paventano però
che l'associazione sia solo "una filiazione di m aggiori
aggruppamenti dalla denominazione cLiberi Azzurri> aventi
sede in località di altre Province e che fra gli aderenti al movi­
mento figurano nomi di persone note e di illustri professioni­
sti"102. Nel corso delle indagini, in effetti, viene a galla che il
gruppo può contare su basi anche a Pisa103, a Milano104, a Li­

99 Ibidem
100 II caso è destinato a suscitare tanto scalpore che nell'indagine in­
tervengono personalmente il segretario del partito fascista - Augusto Tu­
rati - il seniore dell'ottantottesima legione della MVSN ed il federale dì
Livorno - Alberto Capitani.
1111All'associazione aderiscono: Arnaldo Menicagli; Duilio Panicucci,
ex carabiniere; Alvaro Rusticali, muratore; Gino Gennai, bracciante; Azelio
Tori, falegname; Giulio Perini, falegname; Mario Rocchi, meccanico; Ro­
berto Massini, commerciante; Carlo Trino, cementista; Bruno Bardìni,
bracciante; Libero Matteoni, manovale; Gualberto Faccini, operaio; Tullio
Guazzini, scalpellino; Orfeo Menicagli, commesso; Arturo Orlandini,
macchinista teatrale. ACS, Min. In t, Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA.,
1928, busta 207, fsc. K1A/M ovimento anarchico, AA. PP. (Livorno), Re­
lazione dell'ispettore generale di PS, inviata a Roma il 19 novembre 1927
102 ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1928, busta
207, fsc. K1A/Movimento anarchico, A A. PP. (Livorno), Relazione del­
l'ispettore generale di PS, inviata a Roma il 19 novembre 1927.
103 Dove opera il capitano Giulio Sassi.
104 Con Duilio Panucci.

52
vorno105 ed in Calabria106. Sembra, inoltre, che ci sia la possi­
bilità d'accedere in un locale della prefettura, adibito a ma­
gazzino delle armi e delle munizioni sequestrate come "cor­
pi dei reati". Uno dei membri della "setta", infine, sarebbe
sul punto di recarsi a Roma per compiere un attentato alla
vita di Mussolini107. Ce n'è insomma quanto basta per spin­
gere le autorità a intervenire con urgenza e stroncare l'attivi­
tà del gruppo: la sera d e ll'll novembre 1927, mentre è in cor­
so una riunione dei vari affiliati, reparti armati irrompono
nel locale e procedono ad arresti e perquisizioni a tappeto108.

305 Dove è attivo l'anarchico Agenore Terreni, che ha il compito di


procurare al gruppo materiale esplosivo.
10h Con l'anarchico Arturo Orlandni, in procinto a sua volta di costi­
tuire un nucleo a Ni castro.
307Alvaro Rusticali.
10KNella perquisizione dello stabile, vengono sequestrate: armi e mu­
nizioni; un gagliardetto nero - su cui è ricamato un pugnale bianco e la
sigla, in rosso, "Gruppo anarchico gli scarponi di Cecina"; documenti
organizzativi - tra cui l'elenco delle cariche sociali; i verbali di adunanza;
varie medaglie dì riconoscimento; un cifrario; lo statuto del gruppo; la
formula iniziatica. In quest'ultim a si legge: "Di fronte al vessillo
riconsacrato dal valore di uomini di fede indiscussa, giuriamo di vendi­
care i martiri della fede caduti nelle piazze e nelle strade d'Italia sotto la
tirannia fascista e demagogica. Giuriamo di aiutarci a vicenda in tutto e
per tutto. Uno per tutti - tutti per uno. Giuriamo tutti indistintamente di
non tradire la causa, di morire col grido Anarchia sulle labbra. Anche se
presi per sospetti o per fatti della polizia giuriamo silenzio assoluto. I
compagni vendicheranno gli arrestati. Viva l'Anarchia. Per i martiri Sac­
co e Vanzetti giustiziati in America per volere Vendetta - Vendetta. Silen­
zio e fede giuro. Aiuto e propaganda. Viva la causa anarchica". ACS,
Min. In t, Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 192S, busta 207, fsc. K1Á /
Movimento anarchico, AA. PP. (Livorno), Relazione della prefettura di
Livorno, del 25 maggio 1927. Tutti i membri del gruppo sono denunciati
al Tribunale Speciale per cospirazione ai danni dello Stato. Nel processo,
tenutosi Tanno successivo, vengono condannati: Arnaldo Menicagli (7
anni), Duilio Panicucci (4 anni e 2 mesi), Alvaro Rusticali, Gino Gennai,
Azelio Tori, Giulio Perini, Mario Rocchi, Roberto Massini, Carlo Trino e
Bruno Bardini {1 anno). Sono invece prosciolti in istruttoria: Libero
Matteoni, Gualberto Faccini, Tullio Guazzini e Orfeo Menicagli. Assolto,
infine, Arturo Orlandini. Ivi, Relazione della prefettura di Livorno, del 6
ottobre 1928.

53
A prescindere dagli episodi finora riportati sacche di resi-
stenza anarchica sono presenti anche nelle regioni meridio­
nali e nord orientali del paese. Particolarmente attivi, sono i
siciliani Salvatore Renda, Filippo Gramignano e Vincenzo
Mazzone. I tre individualisti non solo hanno mantenuto ope­
rativi i rapporti con Paolo Schicchi ed un gruppo di compa­
gni rifugiatisi a Tunisi e a Marsiglia, ma si stanno adoperan­
do, a livello locale, in una proficua azione di rivitalizzazione
dei nuclei trapanesi e palermitani109. A Palermo, oltretutto,
transita spesso per motivi di studio l'anarchico carrarino Gino
Bibbi che110, approfittando dei suoi frequenti spostamenti, è
riuscito ad intessere una rete di collegamenti individuali nel
quadrilatero Paìermo-Carrara 111 -Milano 112 -Verona113. Proprio
in quest'ultima città sono tratti in arresto i membri di una
cellula, con Paccusa di "avere preparato la diffusione di
manifestini violenti contro S. M. il re e contro il Duce, orga­
nizzato un piano di rivolta in Verona e provincia, a mezzo di
atti terroristici e premeditato Puccisione di personalità in vi­
sta"134. Sempre in Veneto - ad Adria - viene infine sgominato
un gruppo misto di anarchici e comunisti che115, in collega-

loy Cfr. F. G ramignano, II tentativo rivoluzionario di Paolo Schicchi del


1930, Samìzdat, Pescara, 1996.
110Gino Bibbi, è infatti iscritto alla facoltà d'ingegneria mineraria del­
l'università di Palermo. Secondo Gramignano, gli studi di Bibbi avevano
"l'evidente scopo di trovarsi a minor disagio per potere espatriare". F.
G ramignano op. cit., pagina 54.
1,1 Con Ugo Mazzucchelli.
112 Con Pietro Costa.
513 Con Giovanni Doma schi.
114 Vengono anche sequestrate armi e cinque bombe Sipe, che erano
state sotterrate in una grotta. ACS, Min. In t, Dir. Gen. PS, A A. GG. RR.,
CC. A A., 1928, busta 195, fsc. K1A/Movimento anarchico, AA. PP. (Vero­
na), Protocollo inviato alla questura di Milano dal questore di Verona, in
data 14 aprile 1928. Si tratta degli anarchici Giovanni Domaschi, già con­
finato alle isole Lipari, Achille Marinoni, Umberto Bonetti, Gian Battista
Barcelli, Bruno Fracasso e Giovanni Braida. Vengono tutti condannati
dal Tribunale Speciale a pene che variano da un minimo di 5 ad un mas­
simo di 17 anni di reclusione. Cfr., AA.VV., Aula IV, op. cit.
115 Del gruppo fanno parte: Irma Zanella, Giuseppe M oretti,

54
mento con altri antifascisti adriesi emigrati in varie località
del Nord Italia116, si dedicava a "riorganizzare le masse alla
riscossa, capaci, e sempre pronti a favorire e partecipare ad
un eventuale complotto contro i poteri del nuovo Stato Fasci­
sta"117.
L'accanita "caccia al sovversivo" seguita alla strage di
Milano, inferisce un colpo pesantissimo all'azione cospirativa
anarchica. Per ritrovare qualche iniziativa degna di rilievo,
bisogna così attendere gli ultimi mesi del 1929, quando i ri­
flessi del crollo di Wall Street aprono nuovi scenari di lotta
anche in Italia. Il vistoso ripiegamento non sembra però esse­
re percepito nella giusta misura all'estero, dove continua ad
albergare la convinzione di un prossimo crollo del regime
fascista. Proprio in virtù di questa previsione, il Congresso
dei profughi dell'Unione Sindacale Italiana - tenutosi a Berli­
no alla fine del 1927 - delibera la costituzione un organismo
rivoluzionario allo scopo di intensificare la propaganda in­
surrezionale in seno alle masse e promuovere la formazione
di gruppi d'azione "pronti a rientrare nel paese al momento
opportuno". Nelle risoluzioni votate al termine del dibattito
congressuale, sono elencate persino le misure da adottarsi per
impedire, come avvenuto in Russia, il soffocamento della ri-

ì'ombrellaio Giovanni Beccheri, Luigi Vivarini, Ruschi Vicolo, il barbiere


Nino Dona, il capomastro Zanforlin, Cesare Galimberti, Mario Garbin,
Celeste Chiossi, Leonida Zen, il maestro di musica Stignani, Giovanni
Baruffali, Paolo e Fausto Bighin, Antonio Mori, Antonio Camerini, Remo
Fabbris, Aristide Marchiandi, Delladea, Ennio Beccato, il calzolaip
Menina, il capomastro Enrichetto Barbi ani ed i fratelli Guarneri. Vengo­
no condannati al confino: Antonio Camerini, Cesare Galimberti, Mario
Garbin, Fausto Beghin ed Irma Zanella. Viene ammonito Giuseppe
Crepalldi, sottoposti a vigilanza tutti gli altri. AA. W ., Alila JV,op. cit.
116 Tra cui: Giuseppe Crepaldi, a Genova, Fernando Zilli e Torquato
Bonadini, a Belluno, Romeo Veronese, a San Martino, Pietro De Carli, a
Vercelli, Carlo Crepaldi, a Milano e Alberto Gambalunga, a Torino.
1,7 ACS, Min. Int., Divisione Polizia Politica (fascicoli per materia),
busta 101, fsc. Partito anarchico, Relazione del commissario aggiunto di
PS inviata al questore di Rovigo. Rovigo, 24 luglio 1928.

55
voluzione sociale: massimo decentramento territoriale ed
amministrativo mediante la costituzione di liberi comuni;
gestione comunale della proprietà terriera, degli stabilimenti
industriali e dei mezzi di scambio; affidamento delle struttu­
re federali alle organizzazioni dei lavoratori manuali ed in­
tellettuali; formazione di comitati rivoluzionari di quartiere;
milizia popolare in sostituzione dell'esercito nazionale; e così
via118.

4 - Gli anarchici italiani e la Plateforme d'organisation de YUnion


Generale des Anarchistes Projet

All'inizio del 1927,1'"internazionale anarchica" è tormen­


tata dall"ennesima controversia sulla questione organizzativa.
A sollevarla è l'elaborazione, da parte del "Gruppo di anar­
chici russi in esilio"119, della "Piattaforma di organizzazione
dell'unione generale degli anarchici", meglio nota come "Piat­
taforma Archinov"120.
Promossa già negli anni precedenti, la "Piattaforma" si con­
figura come un progetto diretto alla creazione di una vasta e
forte organizzazione internazionale anarchica, imperniata
sulla "unità ideologica e tattica" dei singoli aderenti e sul prin­
cipio della "responsabilità collettiva". Al momento della di­
scussione dell'elaborato - Congresso Internazionale di Bourg
La Reine, 20 aprile 1927 - le delegazioni presenti si dividono

1114 II congresso dei profughi dell'Unione sindacale italiana in Francia, in


"Guerra di classe. Bollettino mensile del Comitato d'emigrazione del-
l'USI", n. 8, dicembre 1928.
1,9 Più precisamente, dalla redazione del periodico "Dielo Truda",
formata da Pietro Archinov, Nestor Mackhno, Valensky, Linsky e Ida Mett.
no jj vero ispiratore del progetto, è infatti da considerarsi Pietro
Archinov. Di qui, anche il nome di "archinovisti" per indicare i sosteni­
tori della "Piattaforma". Sulla "Piattaforma di organizzazione dell'unio-
ne generale degli anarchici ", cfr.: G. C errito, Il ruolo dell'organizzazione
anarchica, RL, 1973; F. M. S antos, op. cit.

56
subito in favorevoli e contrari121. A favore, si schierano: gli
anarcosindacalisti francesi e parte di quelli italiani e spagno­
li; la rappresentanza bulgara; la redazione del periodico ita­
liano "Bandiera nera". Sono invece contro: la frazione russa
guidata da Volin; il gruppo italiano "Pensiero e volontà" - cui
fanno riferimento Luigi Fabbri, Ugo Fedeli e Camillo Berneri;
la corrente federalista francese; numerosi altri militanti a ti­
tolo individuale. La divisione si spiega anche con la diversa
esperienza vissuta: da una parte il bolscevismo, dall'altra il
fascismo. Come ha scritto infatti Gino Cerrito, la "Piattafor­
m a" "è il prodotto di un particolare clima e venne seguita da
militanti appartenenti alla generazione maturata attraverso
la guerra, delusa dal successo bolscevico e perciò alla ricerca
di una leva capace di vincerlo sul terreno della lotta quotidia­
n a"122. Va sottolineato, comunque, che gli stessi esponenti in
aperto dissenso con le formulazioni teoriche della "Piattafor­
m a", danno atto agli estensori del progetto di aver contribu­
ito a riaprire il dibattito su tematiche di importanza cruciale
ai fini dello sviluppo e dell'attualizzazione del pensiero e del­
l'azione anarchica. Intervenendo sulla questione dalle pagi­
ne de "Il martello", Luigi Fabbri non esita a riconoscere ai
"compagni russi" il merito di "aver operato per il bene della
causa", ponendo "sul terreno della discussione una quantità
di problemi inerenti al movimento anarchico, al posto degli
an arch ici n ella riv o lu zio n e, alla organ izzazion e
dell'anarchismo nella lotta, ecc., che devono essere risolti, al­
trimenti la dottrina anarchica non continuerà a rispondere
alle esigenze crescenti della lotta e della vita sociale nel mon­
do contemporaneo"123.

121 Tra i delegati presenti ai congresso, annoveriamo: il gruppo russo


estensore della Piattaforma e quello capeggiato da Volin; la frazione
bulgara di Pavel; il gruppo di anarcosindacalisti italiani, rappresentati
dall'individualista Bifolchi, e quello "Pensiero e volontà", rappresentato
da Fabbri, Bemeri e Fedeli; gli spagnoli Orbòn, Fernàndez, Gibanel; le
delegazioni di Odeòn-Ferandel e di Dauphin-Meunier; la corrente po­
lacca, guidata da Ranko e Valeki, e quella cinese, capitanata da Cen, :
122 G. C errito, Il ru olo , op. cit., pag. 90.
125 L. F abbri, S u un p rogetto di organ izzazion e an archica, in "Il Martello",

57
A sollevare le prime divergenze tra i due schieramenti, è
una lettura antitetica delle cause che hanno impedito agli
anarchici d'imprimere un indirizzo libertario alle lotte sociali
che hanno contraddistinto gli armi del dopoguerra in Euro­
pa. Nella riflessione dei piattaformisti, queste cause sono da
individuarsi soprattutto nella tradizionale carenza di un'or­
ganizzazione "specifica" - in grado cioè di riunire tutti i mili­
tanti dello stesso orientamento ideologico - e di un program­
ma politico uniforme. Il parametro di riferimento principale
degli archino vis ti, sono le vicende dispiegatesi durante la Ri­
voluzione d'Ottobre. A loro avviso, infatti, l'esautoramento
degli anarchici russi da parte dei bolscevichi va spiegato pro­
prio con la mancanza di un modello associativo libertario forte
e compatto, atto a reggere il confronto col partito leninista di
"avanguardia rivoluzionaria". Di qui la necessità di munirsi
quanto prima possibile di un organismo unitario di "tenden­
za" che, fondato sulla "unità ideologica e tattica" dei propri
affiliati, si ponga quale momento di coagulo di tutti i gruppi
e i militanti della stessa provenienza correntizia.
Ben diversa da quella dei piattaformisti, è l'impostazione
analitica dei raggruppamenti dissidenti. Secondo il loro pun­
to di vista, la debolezza manifestata dall'anarchismo nei mo­
menti di crisi sociale o, come in Russia, "durante" e "dopo"
la rivoluzione, non è tanto da attribu irsi ad un vuoto
o rg an izzativ o qu anto alla in su fficie n z a p ro p o sitiv o -
costruttiva palesata da gruppi, quadri e federazioni attivi nelle
rispettive realtà territoriali. Più che ad un organismo di "ten­
denza", occorrerebbe quindi dar vita ad una forma associati­
va di "sintesi", ad una struttura, cioè, che, aperta agli espo­
nenti di tutte le correnti, consenta un confronto collettivo e di
più ampio respiro sulle soluzioni teoriche e pratiche da adot­
tare nei momenti decisivi. Al di là della diversa chiave
interpretativa delle dinamiche storico-sociali, il rifiuto del

del settembre 1927. "Il Martello"1, New York, settimanale (quindicinale


dal 27 gennaio 1934 al 28 dicembre 1937 e dal 16 gennaio 1939 al 14 no­
vembre 1944). Direttore: Carlo Tresca. Cfr. L. B etteni, op. cit.

58
m od ello asso ciazio n istico d egli arch in ov isti ha p erò
scaturigini prettamente teorico-concettuali. Si è infatti con­
vinti che un'organizzazione di "tendenza" fondata suH'"unità
ideologica e tattica" e sul principio della "responsabilità col­
lettiva", sia destinata ineluttabilmente a tradursi in un appa­
rato burocratico centralizzato, autoritario ed esclusivista, sor­
retto dalla più classica "tirannia della maggioranza". Con la
loro propensione a voler estromettere dall'anarchismo tutti
quegli orientamenti in dissenso con l'ideologia ed il program­
ma dell' "Unione Generale Anarchica", scrive Luigi Fabbri, i
compagni russi commettono lo stesso "errore esclusivista in
cui sono caduti i partiti socialisti e rivoluzionari autoritari
che, una volta stabilito un programma e un'organizzazione
propria, hanno dogmatizzato che fuori dai loro quadri non
v'è salvazione, vale a dire, non v'è nessun altro socialismo o
rìvoluzionarismo possibile"124. Prerogativa specifica dell'eti­
ca anarchica, è invece -la ricusa della "virtù intrinseca delle
maggioranze o delle minoranze" in quanto tali, tanto che "se
vi fosse soltanto un anarchico dissidente e fuori della nostra
organizzazione, questa non potrebbe rappresentare tutti gli
anarchici"125. E' vero, conviene l'anarchico italiano, che oc­
corre debellare al più presto la "febbre gialla della disor­
ganizzazione"; ma ciò va fatto senza intaccare quel delicato

124 L. Fabbri, Su un progetto, cit.


125 Ibidem. Scrìve ancora il Fabbri: "Quando ci si parla di una "Unio­
ne anarchica generale" non dobbiamo certamente spaventarci delle pa­
role; piuttosto per le idee da esse espresse, che non ci sembrano buone.
Però a condizione che non si possa pretendere che un'organizzazione
che s'è data un tal nome possa rappresentare tutta la "generalità" degli
anarchici, e escluda da essa generalità quelli che non appartengono a
tale organizzazione, chè in realtà sarebbe sempre "particolare" e non
generale. Noi che vogliamo organizzare per la propaganda e la lotta quanti
anarchici è possibile, che sono d'accordo sopra fini determinati e deter­
minate forme d'azione, dobbiamo allontanarci dal pericolo di prendere
la nostra "parte" per il tutto; di essere ingiusti verso gli altri che non
sono d'accordo con noi, pretendendo rappresentare - noi che siamo una
parte, quantunque la più grande dell'Anarchismo - tutto l'Anarchismo".
Ibidem.

59
equilibrio su cui si regge il rapporto dialettico m ezzi/fini. In
questo senso, i modelli associativi ai quali si tende devono
ispirarsi ad una concezione libertaria dell'agire politico che,
proprio in virtù delle sue peculiarità intrinseche, non può as­
solutamente prescindere dalla salvaguardia dell'autonomia
e della libertà di iniziativa dei singoli e dei gruppi.
Alle parole di Luigi Fabbri fanno eco quelle di Errico
Malatesta, che interviene nel dibattito dalle colonne de "Il
risveglio anarchico". Nella misura in cui "la verità anarchica
non può e non deve diventare il monopolio di un individuo o
di un comitato, né può dipendere dalle decisioni di maggio­
ranze vere o fittizie"126, asserisce l'anziano rivoluzionario,
un'organizzazione libertaria deve necessariamente fondarsi
sul presupposto "che tutti abbiano, ed esercitino, la più am­
pia libertà di critica, e che ciascuno possa sostenere le proprie
idee e scegliersi i propri com pagni"127. Intenzione degli
archinovisti, sembra invece quella di voler "scomunicare tutti
coloro che non accettano il loro programma"128. A dimostrar­
lo in modo eloquente è l'introduzione nella "Piattaforma" del­
la "responsabilità collettiva", vale a dire del principio secon­
do cui "tutta l'Unione sarà responsabile dell'attività rivolu­
zionaria e politica di ogni membro e ciascun membro sarà
responsabile dell'attività rivoluzionaria e politica dell'Unio­
n e "129. Come potrebbe garantirsi questa reciproca responsa­
bilità, si chiede infatti Malatesta, se non attraverso il ricorso a
strumenti coercitivi e burocratici preposti a "sorvegliare l'azio­
ne dei singoli membri e prescrivere loro quello che debbono
fare o non fare" - comitati esecutivi, organi periferici di con­
trollo, strutture centralizzate di vigilanza, e così via. Piutto­
sto che di "responsabilità collettiva", si deve allora parlare di
"responsabilità individuale", cioè di quel dovere morale di

126 E. M alatesta , Un progetto di organizzazione anarchica, in E.


MALATESTA, Pensiero e volontà, op. cit, pagina 298.
127 Ibidem.
128 Ibidem.
129 Ivi, pagina 305.

60
rispettare gli accordi e gli impegni reciproci che spetta ai mem­
bri di un'associazione sorta per cooperare al raggiungimento
di uno scopo comune130. A giudizio del Malatesta, insomma,
ben altri sono i canoni sui quali deve fondarsi un modello di
organizzazione anarchica:

Piena autonomia, piena indipendenza, e quindi piena responsabilità


degli individui e dei gruppi; accordo libero tra quelli che ritengono
utile unirsi per cooperare ad uno scopo com une; dovere morale di
mantenere gli impegni presi, e di non far nulla che contraddica al
programma accettato. Su queste basi si adottano poi le forme prati­
che, gli strumenti adatti per dar vita reale all'organizzazione. Quindi
i gruppi, le federazioni dei gruppi, le federazioni di federazioni, le
riunioni, i congressi, i comitati incaricati della corrispondenza o al­
tro. M a tutto questo deve essere fatto liberamente, in modo da non
incappare il pensiero e l'iniziativa dei singoli, e solo per dare mag­
giore portata agli sforzi che, isolati, sarebbero impossibili o di poca
efficacia [...] In un'organizzazione anarchica i singoli m embri posso­
no professare tutte le opinioni e usare tutte le tattiche che non sono in

130 Malatesta scrive: "Da parte mia io mi domando che cosa possa
mai significare in bocca di un anarchico questa espressione di responsa­
bilità collettiva. Io so che tra i militari si usa decimare un corpo di soldati
che si è ribellato o si è mal condotto in faccia al nemico, fucilando indi­
stintamente quelli che la sorte designa. So che i capi di esercito non si
fanno scrupolo di distruggere un villaggio o una città e massacrare tutta
una popolazione, fanciulli compresi, perchè qualcuno ha tentato di resi­
stere all'invasione. So che in tutte le epoche i governi hanno in vario
modo minacciato ed applicato il sistema della responsahilità collettiva
per tenere a freno i ribelli, esigere le imposte, ecc. E comprendo che que­
sto possa essere un mezzo efficace di intimidazione e di oppressione. Ma
come si può parlare di responsabilità collettiva tra uomini che lottano
per la libertà e la giustizia, e quando non si può trattare che di responsa­
bilità morale, sia essa poi seguita o no da sanzioni materiali?!! Se, per
esempio, in uno scontro con una forza armata nemica il mio vicino si
conduce da codardo, il danno può esser mio e di tutti, ma la vergogna
non potrà essere che di colui che non ha avuto il coraggio di sostenere la
parte che si era assunta. Se in una cospirazione un affiliato tradisce e
manda in galera i suoi compagni, saranno forse i traditi responsabili del
tradimento?" E. M alatesta, A proposito della "Plateforme", in E. M alatesta,
Pensiero e volontà, op. cit., pagina 313.

61
contraddizione coi principi accettati e non nuocciono all'attività de­
gli altri. In tutti i casi una data organizzazione dura fino a che le ra­
gioni di unione sono superiori alle ragioni di dissenso. Altrimenti si
scioglie e lascia luogo ad altri aggruppamenti più omogenei. Certo la
durata, la perm anenza di un'organizzazione è condizione di succes­
so nella lunga lotta che dobbiamo combattere, e d'altronde, è natura­
le che qualunque istituzione aspira, per istinto, a durare indefinita­
mente. M a la durata di un'organizzazione libertaria deve essere la
conseguenza dell'affinità spirituale dei suoi componenti e dell'adat­
tabilità della sua costituzione ai continui cam biam enti delle circo­
stanze: quando non è più capace di compiere una missione utile m e­
glio che m uoia131.

Come si vede, dunque, la forma associativa propugnata


da Fabbri e da Malate sta differisce profondamente da quella
degli archinovisti. Ma la critica degli anarchici italiani inve­
ste anche altri nodi teorici affrontati dal progetto in ambito
programmatico, quali il periodo transitorio, la lotta di classe,
la violenza, la rivoluzione sociale, la democrazia, lo stato, i
rapporti intercorrenti tra il movimento anarchico e il movi­
mento operaio. Proprio quest'ultimo punto, costituisce il nu­
cleo tematico della riflessione polemica di Camillo Berneri.
Ad essere avversato dall'esule, in particolare, è il postulato
archinovista dell'esistenza di una natura intrinsecamente ri­
voluzionaria delle classi popolari, cui egli contrappone una
visione delle masse ben più realistica e disincantata. A suo
parere non esiste "il popolo, omogeneo, ma folle varie, cate­
gorie; non c'è la volontà rivoluzionaria delle masse, ma mo­
menti rivoluzionari nei quali le masse sono enormi leve"132.
Soprattutto, non vanno sottovalutati gli istinti egoistici e le
tendenze conservatrici innate nelle classi popolari che, in de­
terminate circostanze, potrebbero persino costituire "il peri­
colo maggiore dell'arresto e della deviazione della rivoluzio­
ne". Diviene allora necessario, incalza Berneri, liberarsi al più
presto "degli apriorismi ideologici ", "uscire dal romantici­

131 E. M alatesta, Un progetto di organizzazione anarchica, art. cit.


133 C. B erneri, La Piattaforma, in "Volontà", n. 7, del 30 giugno 1952. L.
F abbri, Sii un progetto, art. cit.

62
sm o" e "vedere le masse in modo prospettico". Il problema
cruciale che si profila, infatti, non è, come credono i russi,
quello di "far da capi" alla folla, ma quello di impedire che
"la folla se li crei"133.
Il sospetto di un eccesso di leaderismo è alimentato anche
dalla questione del "ruolo guida" che, secondo i piattaformisti,
gli anarchici avrebbero dovuto assumere durante le varie fasi
del processo rivoluzionario - prima, durante e dopo. Su que­
sta tematica, anzi, le posizioni tra i due raggruppamenti ap­
paiono più che mai divergenti; anche perché, così come con­
cepito nel progetto, il "ruolo guida" ricalca talmente da vici­
no la famigerata "dittatura del proletariato" da riaccendere
subito i contrasti sul periodo transitorio134. Ad evidenziare
l'a p o ria teo rico -m eto d o lo g ica in cui incap pano gli
archinovisti, provvede ancora una volta Errico Malatesta che,
dall'alto della sua esperienza, fa osservare come non si pon­
ga tanto un problema di "ruoli", quanto di modalità di ge­
stione del processo rivoluzionario:

Si può dirigere col consiglio e coll'esem pio, lasciando che la gente,


messa nella possibilità e nella necessità di provvedere da sé ai propri
bisogni, adotti in piena libertà i nostri metodi e le nostre soluzioni, se
esse sono, o le sem brano, migliori di quelle proposte e praticate da
altri. M a si può dirigere anche assumendo il comando, cioè diven­
tando governo ed im ponendo a mezzo di gendarmi le proprie idee e
i propri interessi [...] Noi siamo anarchici perchè crediamo che il go­
verno (ogni governo) sia un male, e che non si possa arrivare alla
libertà, alia fratellanza, alla giustizia, se non per mezzo delia libertà.
Quindi non possiamo aspirare a governare, e dobbiamo fare tutto il
possibile per im pedire che altri - classe, partito o individuo - s'im ­
possessi del potere e diventi governo135.

Protrattasi sino alla prima metà degli anni trenta, la


querelle sulla "Piattaforma" provoca nell'immediato la scis-

133 Ibidem.
134 Cfr. G. C errito, Il ruolo, op. cit
135 E. M alatesta, A proposito délia "Plateforme", art. cit.

63
sione dei movimenti bulgaro, russo, polacco e francese136. Fe­
dele al vecchio schema federativo dell'UAI, si mantiene in­
vece la corrente organizzativa italiana che, nell'autunno del
1927, invia ai compagni russi un'apposita relazione per illu­
strare le ragioni del proprio dissenso:

Ci sembra ci sia in voi uno spirito molto lontano da quello per cui noi
non sapremmo concepire che un'organizzazione internazionale anar­
chica aperta al m aggior num ero dì individui, gruppi, federazioni che
siano d'accordo sui principi della lotta organizzata anarchicamente
contro il capitalismo e lo Stato su basì permanenti nazionali e inter­
nazionali, ma senza certi esclusivism i ideologici e tattici e senza
formalismi che inceppino l'autonom ia e la libertà degli individui nei
gruppi e di questi nelle varie unioni nazionali e internazionali... ab­
biamo l'im pressione che lo spirito informativo dell'UAI non collimi
abbastanza con quello delie vostre proposte ideologiche e tattiche; e
nel dubbio ci corre il dovere di astenerci da una adesione che potreb­
be impegnarci in senso diverso. Voi stessi dite essere necessaria, per
il lavoro da voi iniziato, una "unità ideologica e tattica" e, poiché
questa non appare completa come ci vorrebbe, meglio è non prende­
re impegni reciproci che siano d'im paccio a voi e a noi137.

A prescindere dalla posizione degli anarchici italiani, va


osservato che difficilmente il progetto organizzativo elabora­
to dagli archinovisti avrebbe potuto riscuotere i consensi di
quei gruppi di militanti attivi in ambienti e realtà radicalmente

Nell'ottobre del '27 gli anarcosindacalisti si scindono dagli anar­


chici federalisti guidati da Fouree e Louis Lecoìn e danno vita ad una
sorta di partito libertario. Nel commentare la frattura del movimento
francese, Ugo Fedeli scrive: "Si è tenuto il congresso dell'U.A. comunista
francese che per le sue idee ferocemente "destre" merita di essere richia­
mato alla memoria. La malattia bolscevica ha invaso questi compagni
che nella smania di far bene sembra si siano dati la parola di far male [...]
Le conseguenze del congresso si fanno sentire ogni giorno più deleterie
per il nostro movimento non solo francese ma intemazionale". Testimo­
nianza riportata in L. Di L embo, L'Europa tra guerra di stato e guerra di
classe (1919 - 1939), in AA.VV., L'antifascismo rivoluzionario, op. cìt., pag.
16, nota 16
137 Cfr. G. C errito, Il ruolo, op. cit., pagina 95.

64
diverse rispetto a quelle della Russia bolscevica. Ad essere
guardato con sospetto, era soprattutto quel suo marcato spi­
rito autoritario ed esclusivista, che contrastava in modo stri­
dente con i tradizionali parametri costitutivi di un modello
organizzativo comunista-libertario. Come ha scritto Luigi Di
Lembo, la Piattaforma "era [infatti] l'abbandono della tradi­
zione organizzativa anarchica che non era solo forma ma so­
stanza. Si abbandonava quel nesso inscindibile tra fini e mez­
zi che è la difficoltà prima degli anarchici ma è anche la loro
forza e anzi la loro ragion d'essere. In altri termini si propo­
neva un'organizzazione di anarchici ma non un'organizza­
zione anarchica"138. Certo, c'è anche chi ha sottolineato che il
rifiuto del modello piattaformista non fu accompagnato dal­
la simultanea elaborazione di un progetto alternativo che si
discostasse dallo "spontaneismo generico e sconclusiona­
to " 139 . E in effetti, la mancanza di un organismo unitario, for­
te e compatto è destinata in futuro a pesare gravemente in
termini di concorrenza politica con le altre forze di sinistra,
relegando il movimento a recitare un m olo subalterno o,
tuttalpiù, di protagonista comprimario, nei grandi momenti
di crisi sociale e rivoluzionaria - come ben dimostrerà, per
attenerci al caso italiano, la vicenda resistenziale del 1943 -
'45. Va anche detto, però, che "il nesso inscindibile tra mezzi
e fini" impedisce una valutazione storica dell'anarchismo
imperniata sulle tradizionali categorie dell'agire politico. Dal
punto di vista dell'etica libertaria, infatti, una vittoria conse­
guita contravvenendo i principi fondamentali della dottrina
non potrebbe che configurarsi come la più irrimediabile del­
le sconfitte. Ce lo rammentano le parole di Errico Malatesta
che, polemizzando con un compagno dalle colonne de "L'adu­
nata dei refrattari", scrive nell'agosto del 1931:

N on pensa egli che noi dobbiamo agire sempre da anarchici, anche a


rischio dì esser vinti, rinunziando così ad una vittoria che potrebbe

13t! L. Di L embo, Il federalismo libertario e anarchico in Italia, dal risorgi­


mento alla seconda guerra mondiale, Livorno, 1994.
13y G. C errito, Il ruolo dell'organizzazione, op. cit.

65
essere la vittoria delle nostre persone, ma sarebbe la sconfitta delle
nostre idee140.

Nel frattempo, però, alla stregua di quanto sta avvenendo


in tutti gli altri ambienti politici, il mito del "partito forte" sta
cominciando a fare proseliti anche tra gli anarchici, trascinan­
do una fascia tutt'altro che esigua di militanti a patrocinare la
costituzione di un "partito anarchico" sul modello di quello
leninista di "avanguardia rivoluzionaria". Il deviazionismo
autoritario insito in questi atteggiamenti provoca naturalmen­
te l'immediata reazione delle personalità di maggiore rilievo
del movimento, per non parlare poi degli esponenti della cor­
rente individualista. "Fintantoché esisterà un Partito", tuona
Tintino Rasi, "esisterà un P otere". N ella m isura in cui
l'anarchismo non ambisce alla conquista del potere, non mira
alla presa del Palazzo d'inverno, non aspira alla determina­
zione coercitiva dall'alto di un nuovo ordine sociale, una for­
ma aggregativa sul tipo di quella dei partiti autoritari si rive­
lerebbe per sua stessa natura in contrasto stridente con i fini
della "Rivoluzione sociale, anarchica, liberatrice, emanci­
patrice". "L'Anarchia", scrive ancora il Rasi,

è antitesi di Classe e di Partito. Per sopprimere un m ale bisogna sop­


prim ere non solo gli effetti, m a le cause. Le cause dei governi e dei
poteri, sono le classi ed i partiti. Soppresse le classi, soppressi i parti­
ti, soppressi i governi, la società sarà finalmente liberata da ogni ne­
fasto germe di autorità e di dom inio141.

Illudersi, poi, che il "partito anarchico", solo perchè tale,


possa restare immune da tutte quelle logiche verticistico-bu-
rocratiche che informano gli altri raggruppamenti politici, si­
gnifica per gli individualisti ignorare quali siano i meccani­
smi costitutivi stessi della forma-partito. E' evidente infatti

140 E. M alatesta, A proposito di "Revisionismo", in Pensiero e volontà, op.


cit., pagina 393.
141 A. d'A. (T intino R asi), senza titolo, in "Il Monito", n. 5, del 7 aprile
1928.

66
che, per ottenere quella compattezza ed unità di sforzi in vir­
tù dei quali è sorta, nessuna organizzazione può rinunciare
ad imporre ai propri affiliati una direzione centralizzata, un
programma unitario di lotta, un orientamento ideologico
uniforme ed un'unica linea strategica. E gli effetti letali sortiti
da questa prassi esclusivista non si limitano al soffocamento
dell'autonomia dei singoli e dei gruppi, ma si riflettono sugli
stessi modelli comportamentali dei singoli militanti. "Per
libertarii che siano", assicura "Il monito", "i partiti educano
sempre al gregarismo, mortificando lo spirito d'iniziativa e
d'indipendenza, abituano ad attendere dagli altri la soluzio­
ne di ogni problema e l'ordine per ogni azione, inculcano il
fanatismo, l'esclusivismo e l'intolleranza. Questi malanni
dello spirito e della mente sono quanto meno può capitare a
chi cresce nell'avvelenata atmosfera di partito"142. In un mo­
mento storico in cui "uomini e partiti sembrano indirizzarsi
verso form e di au toritarism o vieppiù com pressive ed
assolutiste", compito principale degli anarchici diviene allo­
ra quello di "sollevare contro queste aberrazioni autoritarie
del governo forte, della classe forte, del partito forte, la ribel­
lione spirituale e materiale degli individui e delle masse po­
polari"143.

5 - La questione delle alleanze e i rapporti con i concentrazionisti

In parte connessa alla diatriba sul modello organizzativo


è la spinosa questione dell'unità d'azione con le altre forze
antifasciste. Destinato a trascinarsi sino al "Convegno d'inte­
sa degli anarchici italiani emigrati in Francia, Svizzera e Bel­
gio" - Saurtouville, novembre 1935144 - il dibattito sulla stra­
tegia delle alleanze coinvolge solo a tratti le correnti indivi-
dualiste ed antiorganizzatrici.- Persuasi che intese ampie ed

142 Ibidem.
143 Elogio della ribellione, in "Il Monito" n. 3, del 16 febbraio 1928.
144 Vedi il capitolo 5.

67
indefinite avrebbero necessariamente comportato non solo lo
sviluppo di atteggiamenti devazionistici ed opportunistici ma
anche, come accaduto in precedenti esperienze, un alto ri­
schio di infiltrazioni da parte di agenti provocatori fascisti,
questi settori del movimento si oppongono radicalmente a
qualunque ipotesi di collaborazione o d'intesa con "realtà
estranee all'anarchismo", schierandosi per tutto il periodo del­
l'em ig razion e su posizioni di rigido intransigentism o
dottrinale e di irremovibile integralismo ass io logico145. Del
tutto diversa sulla problematica, è invece la collocazione stra­
tegica dei gruppi organizzatori e anarcosindacalisti che, pur
percependo i pericoli insiti in eventuali accordi con movimenti
o partiti di altra provenienza politica, sono però propensi a
mantenere aperto il dialogo con alcune delle componenti più
avanzate dell'arco antifascista. Come ha scritto Gaetano
Manfredonia, la questione delle alleanze produce dunque
un'oscillazione "tra la tentazione dell'isolamento e della chiu­
sura del movimento su se stesso, e la coscienza (nella sua parte
più politica) della necessità di rompere questo isolamento, al
fine di aprire delle nuove prospettive all'azione anarchica ed
alla rivoluzione italiana"146.
In effetti, gli esponenti dell'ala organizzatrice e anarcosin-
dacalista sono pienamente consapevoli che soltanto un'azio­
ne comune, vasta e differenziata, frutto della convergenza di
tutti gli elementi sovversivi, avrebbe reso possibile la libera-

Non rinunciando, peraltro, a scatenare delle vere e proprie cam­


pagne di linciaggio morale contro quegli esponenti del movimento schie­
rati su posizioni possibiliste. "Uacrimonia raggiunta da quelle lotte
fratricide, dovuta al settarismo religioso di coloro che han creduto o pre­
teso che soltanto il loro modo di pensare e di agire potesse essere accetta­
bile", ha scritto anni più tardi Alberto Meschi, "produsse dissidi facil­
mente propagabili in Europa o nelle Americhe. La tradizione di dissensi
faziosi o individualistici avrebbe prima o poi fornito il pretesto". Testi­
monianza contenuta in E. S antarelli, II socialismo anarchico in Italia,
Feltrinelli, Milano,1973, pp. 195-196.
146 G. M anfredonia , Gli anarchici italiani in Francia nella lotta antifasci­
sta, in A a .V v ., La resistenza sconosciuta,op. cit., pag. 240.

68
zione dell'Italia dalla dominazione fascista. Naturalmente, si
pone subito il problema di individuare una soluzione alter­
nativa alla vecchia formula del "Fronte Unico", da tutti rite­
nuta la ragione principale che nel biennio rosso aveva con­
dotto alla paralisi delle forze rivoluzionarie e, di conseguen­
za, alla affermazione del blocco conservatore-reazionario. La
tendenza dominante che si afferma in proposito, è quella di
procedere alla realizzazione di intese di tipo occasionale ed
episodico, rigorosamente circoscritte all'obiettivo della lotta
antifascista e, soprattutto, tali da non intaccare, neppure da
un punto di vista tattico, la strategia classista o la meta finale
della rivoluzione sociale. Finanche chi, come "Il martello" di
Carlo Tresca, si spinge sino a propugnare "l'unione di tutte le
forze democratiche per l'abbattimento del fascismo", avver­
te subito dopo che "ogni gruppo politico non deve perdere di
vista la propria posizione ideologica e i propri fini rivoluzio­
nari" 147 . Sulla natura di accordi o collaborazioni, del resto, si
era pronunciato chiaramente già Luigi Bertoni che, nell'esta­
te del '26, aveva affermato di non credere all'esistenza di una
formula teorica in grado di poter unire tutti gli antifascismi.
Nei primi mesi del 1927, un appello per l'unità proletaria nel­
la lotta antifascista, indirizzato dai socialisti a comunisti, re-
pubblicani ed anarchici, fornisce al direttore de "Il risveglio
anarchico" lo spunto per tornare sulla politica delle alleanze:

E ' evidente che l'accordo non può farsi che per determinati atti, il cui
sviluppo sarà quel che sarà, secondo circostanze e opportunità, forze
e possibilità, ma sarebbe assurdo esigere da chiunque di rinunciare
ad influire sugli avvenimenti in senso proprio, soprattutto quando si
tratta, com e nel caso nostro, di salvaguardare libertà per tutti [...] V
gruppi senza confondersi e seguendo ciascuno il proprio cam mino
possono convergere tutti contro il fascismo148.

147 In difesa del nostro atteggiamento nelle lotte rivoluzionarie, in "Il Mar­
tello", n. 4, del 22 gennaio 1927.
Manrovesci e Battimani, in "Il risveglio anarchico", n. 713, del 5
marzo 1927.

69
Una coalizione antifascista tra gruppi di diversa prove­
nienza politica, va quindi disegnata caso per caso, per singo­
le circostanze, singole azioni, singoli obiettivi, lasciando che
ciascuna componente mantenga intatta la propria autonomia
e la propria specificità. In questo senso, si può dire che l'unità
delle forze deve prospettarsi per il movimento come l'effetto
e non la causa detrazione. "Se l'antifascismo per le sue diver­
se origini, interessi e finalità, non può marciare unito", di­
chiara Severino Di Giovanni, "agisca disunito. Non si avrà
l'unità per l'azione, ma l'unità nell'azione"149.
A contribuire in modo determinante alla chiarificazione
del rapporto tra gli anarchici e le altre forze antifasciste, è
soprattutto l'accurata riflessione condotta da Luigi Fabbri. Ri­
prendendo con ima serie di articoli pubblicati su "La lotta
umana" la sua indagine sulla natura del fascismo, l'anarchi­
co ne approfondisce lo studio delle componenti autoritarie e
liberticide arrivando al superamento della rigida interpreta­
zione classista contenuta in un precedente lavoro del 1922 -
"La controrivoluzione preventiva"150. Dopo la svolta dittato­
riale del 1926, Fabbri acquisisce infatti cognizione che il fasci­
smo non può più essere definito semplicemente come una
delle forme che hanno assunto l'offensiva contro il movimento
rivoluzionario dei lavoratori e la sua repressione da parte del
capitalismo. Le origini della reazione mussoliniana, vanno
invece rintracciate nella "crisi di civiltà" innescata dalla Gran­
de Guerra del 1914-18 e contrassegnata da un arretramento
di tutti i valori morali, di tutti i principi umanitari, di tutti
quegli ideali di giustizia, libertà ed eguaglianza affermatisi
dopo secoli di lotta contro l'oscu ran tism o religioso e
l'assolutismo politico. Continuare a "combattere il fascismo
solo come una forma di guerra di classe", significherebbe al­
lora ignorare "quello che esso è integralmente, in tutto il suo
complesso: l'attentato più violento e pericoloso contro la ci­

149 S. Di G iovanni, op. cit., pagina 117


!S0 L. F abbri, La controrivoluzione preventiva, Collana Vallerà, Pistoia,
1975.

70
viltà umana che la storia ricordi"151152.Per eludere il pericolo di
cadere in questo gravissimo "errore storico e tattico", Fabbri
ritiene necessario che la mobilitazione antifascista si spogli al
più presto della sua succedaneità contenutistica per prospet­
tarsi invece quale "primo e più importante compito dell'anar­
chismo":

Il fascism o è il nostro nemico. Il fascismo è oggi un governo, e noi


siamo nem ici di tutti i governi. Il fascismo è la prepotenza eretta a
sistem a, e noi siamo nemici di tutte le prepotenze. Ma il fascismo
non è soltanto uno dei governi come tutti gli altri, una delle prepo­
tenze come tutte le altre; esso è il governo più prepotente e la prepo­
tenza più autoritaria che im maginar si possa, è l'esaltazione massi­
ma nella teoria e nella pratica del principio d'autorità. L'anarchismo,
esaltazione e rivendicazione del principio di libertà, è quindi il più
fiero e più conseguente nemico del fascismo. In questo senso si po­
treb b e dire che il vero e più logico e co eren te an tifascism o è
l'anarchism o132.

Dal momento che "il nemico del fascismo non è solo l'ope­
raio desideroso di emanciparsi [...] ma è addirittura l'Uomo
qualsiasi degno di questo nome, dotato di spina dorsale e di
cervello p en san te"153, puntualizza Fabbri, tutte le forze
progressiste, qualunque sia il loro programma, hanno "giu­
ste ragioni per battersi contro la barbarie teschiata". Sotto
questo aspetto, l'anarchico tende a smussare la velenosa po-

151 Ibidem.
152L. S chlosser (L. F abbri), Il Fascismo: ecco il nemico, in "La lotta uma­
na", n. 2, del 23 ottobre 1927. In un successivo intervento, Fabbri aggiun^
ge: "Dirsi antifascisti sarebbe quindi per noi un pleonasmo; che baste­
rebbe dirsi anarchici, per dire insieme tutto ciò che l'antifascismo può
dire. E se, nonostante, adoperiamo la parola, è semplicemente come
espressione di guerra, che nel momento ha una speciale efficacia. Ma
ì'antifascismo è tutto contenuto nell'anarchismo, che anzi lo supera, in­
tegrandolo con la lotta contro tutte le forma di autorità e di sfruttamento
dell'uomo sull'uomo". L. Schlosser (L. Fabbri), Lettere dall'Italia, in "La
lotta Umana", n. 10 del 23 febbraio 1928.
153L. F abbri, Che cos'è il fascismo, in "Il risveglio anarchico", n. 865, del
14 gennaio 1933.

71
lemica sul socialfascismo154, anche se non si esime dall'espri-
mere un severo giudizio politico tanto sul Pedi che sui partiti
appena riorganizzatisi nella "Concentrazione d'azione anti­
fascista"155. Mentre, però, nei confronti dei comunisti egli
mantiene immutata la pregiudiziale antiautoritaria, ribaden­
do la critica già esposta in precedenti interventi156, più artico­
lata risulta la sua analisi sull'atteggiamento da assumere nei
riguardi dei concentrazionisti. La diversificazione nasce an­
che dalla necessità di combattere le tendenze revisioniste di
alcuni gruppi minoritari che, trascinati dalla brama di azio­
ne, si mostrano propensi ad aderire agli appelli all'unità con­
tro il nemico comune lanciati da massimalisti, repubblicani e
confederali. Pur riconoscendo che la "Concentrazione" segna
un indubbio progresso rispetto all'immobilismo del passato,
Fabbri è spinto così a richiamare l'attenzione dei compagni
sullo steccato insormontabile che divide gii anarchici, per i
quali esiste una precisa corrispondenza dialettica tra lotta
antifascista e rivoluzione sociale, e i concentrazionisti, che
concepiscono invece "la salvezza del popolo italiano solamen­
te o quasi in una sostituzione del potere e in un ripiegamento
verso il passato piuttosto che in uno slancio verso l'avveni­
re"157. Nonostante questa palese incompatibilità di principio,
Fabbri non si colloca su posizioni di rigido intransigentismo
ideologico. Certo, anch'egli stigmatizza senza remissione la
fantasmagoria di formule e di linguaggi del "Fronte Unico",
che ha solo prodotto polemiche laceranti portando al soffo­
camento dell'azione rivoluzionaria delle masse. Allo stesso

154 Appena rilanciata dal VI Congresso delllnternazionale Comuni­


sta.
155Alla "Concentrazione" aderiscono il partito socialista massimalista,
il partito socialista unitario, il partito repubblicano, la LIDU, la CGdL e, a
titolo individuale, alcuni esponenti liberaidemocratici e popolari. Su
Concentrazione, vedi: S. F edele, Storia della Concentrazione antifascista,
Feltrinelli, Milano, 1976.
156 Cfr. L. F abbri, Dittatura e rivoluzione, V Antistato, Cesena, 1971.
157 L. F abbri, La crisi dell'antifascismo, in "Studi Sociali", n. 19, del 10
maggio 1932.

72
tempo, però, egli invita i compagni a non isolarsi politica­
mente e a cercare punti d'intesa e di convergenza con gli ele­
menti più avanzati della coalizione concentrazionista. Una
volta chiarita la'inconciliabilità delle rispettive posizioni, in­
fatti, nulla impedisce di stringere alleanze episodiche e a tito­
lo individuale, sostenendo ed affiancandosi a tutte quelle ini­
ziative ritenute "serie e concrete" e, soprattutto, che non sia­
no in contrasto con l'ideale anarchico ed i suoi fini program­
matici.
Al di là delle aperture di Luigi Fabbri, i margini per una
collaborazione tra le due forze sono in realtà molto ristretti,
poiché a porsi non è solo una questione ideologica o di mo­
delli politici di riferimento, ma principalmente un problema
dì forme e modalità dell'azione antifascista. Deciso ad ogni
costo a "portare la lotta in Italia", il movimento accusa a più
riprese i concentrazionisti di restare ancorati sulla vecchia
sponda aventiniana, attendista e legalitaria, esaurendo tutta
la propria attività in iniziative propagandistiche sterili e fini
a se stesse. "Laddove, l'antifascismo, non prende iniziative
di propaganda e contemporaneamente d'azione insurrezio­
nale e rivoluzionaria", ammoniscono i redattori de "Il moni­
to", "non esiste lotta antifascista"158. "L'antifascismo social-
democratico e borghese", rincara la dose il foglio, ha invece
sempre manifestato la più profonda avversione per l'azione
diretta delle masse, tanto che quando la protesta si è estrinsecata
in forme violente, ha assunto posizioni di condanna così aspre
e veementi da finire col riversare "più maledizioni e più odio
sui proletari che incendiavano qualche fabbrica e qualche fat­
toria e sugli anarchici che lanciavano qualche bomba per coir
pire nel vivo la reazione, che non sulle orde squadriste mar-
cianti al saccheggio, allo stupro e al massacro"159. Delle ogget-

158 ALGO, Le contraddizioni dell'antifascismo, in "Il Monito", n. 3, del


16 febbraio 1928.
Ibidem. "Cacciato con ogni violenza fuori d'Italia", prosegue l'ar-
ticolo, "questo antifascismo ha persistito ad illudere le masse nella virtù
dei suoi bluff cialtroneschi, da una parte; ed a vilipendere, peraltro, la
figura e il gesto di coloro che sacrificavano la libertà e la vita per additare

73
tive difficoltà che si frappongono ad un'azione comune di
lotta, ne è d'altronde consapevole lo stesso Luigi Fabbri. A
prescindere dalla posizione possibilista, l'esule reputa infatti
di primaria importanza che i compagni

sviluppino una loro azione propria, autonoma, non più soltanto come
critici eterni di quello che fanno o non fanno gli altri, ma come
iniziatori e realizzatori essi stessi di un proprio movimento rivolu­
zionario e insurrezionale, che stringa in un fascio le forze anarchiche
organizzabili all'estero, che eserciti un'influenza trascinatrice ed
eccitatrice sulla parte di proletariato em igrato più propensa a seguir­
lo, che riesca ad infiltrar la propria attività individuale e collettiva in
Italia, in modo che nella penisola si riprenda a sperare nell'iniziativa
anarchica, che questa vi provochi qualche fatto decisivo, e che nel
giorno della riscossa delle forze popolari italiane l'anarchism o possa
in seno ad essa rappresentare il lievito propulsore e darle il proprio
indirizzo libertario ed egualitario1“ .

6 - Antifascismo anarchico e antifascismo comunista

Per tutto il periodo dell'emigrazione forzata, gli anarchici


mantengono sostanzialmente invariato il giudizio di condan­
na sulla Russia bolscevica che, sin dai primi anni venti, aveva
contraddistinto i loro interventi e le loro analisi sul comuni­
Smo di tipo sovietico161. Le notizie provenienti da Mosca sul-

coll'esempio agli esuli la via della liberazione. Mediante questa, or nega­


tiva ed ora nefasta, attività dell'antifascismo politico, il Fascismo ha po­
tuto da partito diventare governo, e da governo diventare Stato e Regi­
me. Oggi la lotta dell'antifascismo, non è più la lotta contro un partito;
ma è lotta contro il governo, contro lo Stato e contro tutte le istituzioni
politiche, economiche, civili, militari e religiose in cui il partito s'identifi­
ca. Quindi è lotta necessariamente rivoluzionaria". Ibidem.
160 L. F abbri, I compiti dell'ora, art. cit.
161 Cfr.: S. F edele, Una breve illusione. Gli anarchici italiani e la Russia
sovietica (1917-1939), Franco Angeli, Milano, 1996; P. C. M asini, Gli anar­
chici italiani e la rivoluzione russa, in "Rivista Storica del Socialismo", Mi­
lano, nn. 15-16 d el g e n n a io /a g o sto 1962; G.P. M a x im o f f , Gli
anarcosindacalisti nella rivoluzione russa, CP editrice, Firenze, 1973; F. M.
S antos, op. cit.; 1 P uccia , La posizione degli anarchici italiani di fronte alla

74
le nuove persecuzioni staliniane152 e le testimonianze sempre
più numerose sui meccanismi di funzionamento della "Ditta­
tura del Proletariato"/ contribuiscono del resto a dissipare an­
che gli ultimi dubbi sulla reale natura del regime bolscevico
che, a dieci anni dalla Rivoluzione d'Ottobre, viene ormai inte­
ramente equiparato alla dittatura fascista italiana. E" interes­
sante notare che nella riflessione anarchica l'identità fascismo/
bolscevismo investe ambiti e dislocazioni che trascendono la
dimensione squisitamente politica. Viene infatti evidenziato
come le due dittature siano accomunate non soltanto dagli ele­
menti costitutivi tipici di un regime autoritario, ma anche dal
tentativo di procedere alla trasformazione dei modi di pensa­
re, dei codici comportamentali e dello stile di vita dei cittadini,
mediante un intervento massiccio e costante in tutti i campi
della società civile. Va delineandosi insomma ima nuova
tipologia del potere politico che non s'accontenta più di an­
nientare ogni forma di dissenso e di opposizione mediante il
ricorso a misure di terrore poliziesco, ma aspira ad un'identifi­
cazione totale tra Stato e società in nome di un'ideologia
onnicomprensiva. "La scuola", si legge su "Il monito",

è fascista o comunista; e gli scolari non debbono essere istruiti ed


educati da insegnanti che non siano fascisti o comunisti. La giustizia
è fascista o com unista; ed essa non deve essere am m inistrata che da
m agistrati fascisti o comunisti. Le poste, i telegrafi, le ferrovie, i lavo­
ri pubblici, la finanza, il commercio, l'industria, la marina, l'esercito,
l'aviazione, etc., sono amministrazioni fasciste o comuniste, e nes­
sun funzionario che non sia fascista o comunista può esservi ammes­
so o tollerato. I comuni, le province, il parlamento, sono enti e istitu­
zioni fasciste o comuniste i cui amministratori o membri sono eletti
dal governo stesso. La stampa, i sindacati, le società ginnico-sporti-

rivolu zion e russa d alle pag in e d i " U m anità N ova" d eg li an n i 1920-1922 , Uni­
versità degli studi dì Firenze, Facoltà di Magistero, Tesi di Storia contem­
poranea, Relatore: Gino Cerrito, anno accademico 1973-1974; V olin , La
rivolu zion e scon osciu ta , Franchini, Carrara, 1976.
162 Anche per le vittime della dittatura bolscevica, gli anarchici intra­
prendono numerose iniziative assistenzialistiche e di solidarietà. In que­
st'attività si distingue, in particolare, il CIDA.

75
ve, le mutue, le cooperative etc., sono altrettanti organi di propagan­
da, di educazione, di preparazione e di lotta esclusivam ente fascista
o com unista1*53.

Sono queste tutte considerazioni di una certa rilevanza poi­


ché mostrano come, già sul finire degli anni venti, gli anar­
chici intuiscano quanto complesse siano le risposte che i due
regimi hanno dato al problema del governo in una società di
massa. Come è noto, i tentativi di irregimentazione totalita­
ria sortiscono effetti diversi a seconda delle singole realtà di
riferimento. Indipendentemente però dagli esiti finali, la per­
cezione del progetto di bolscevizzazione integrale spinge il
movimento ad una denuncia sempre più incalzante e circo-
stanziata della sedicente "Patria del Proletariato". Questa
apparsa su "Il monito", è solo una delle tante analisi sulla
Russia stalinista in cui è frequente imbattersi scorrendo le te­
state anarchiche del periodo:

Quali sono le linee che caratterizzano TOGGI in Russia e ne prepara­


no il DOM ANI? POLITICAM ENTE: il più assoluto dispotismo, forte
governo esclusivo d'u n partito politico e che barbaram ente soppri­
me ogni sintomo di opposizione e di dissenso. ECO N O M ICAM EN ­
TE: capitalismo di Stato e privato, con tutti i suoi inevitabili corollari
di sfruttamento, di degradazione e di soggezione dei lavoratori. IN ­
TELLETTUALM ENTE: apoteosi dei partito politico dom inante, dei
suoi leaders e dello Stato onnisciente ed infallibile; intensificazione
dello spirito d'autorità e di cieca obbedienza; coltivazione della di­
sciplina m ilitarista e totalitarism o di partito; ritorno al fanatism o
incubatore di bigotti dalla volontà mutilata e dal pensiero tarpato
con Teliminazione d'ogni libertà di parola e la soppressione di ogni
dottrina e cultura obiettiva. SOCIALM ENTE: situazione di terrore; il
partito politico dominante unico arbitro di ogni azione, pensiero e
morale; un regime che coltiva le più basse qualità dell'uom o susci­
tando la paura, Tinsicurezza, l'ipocrisia e l'abdicazione 163164.

163 Elogio della ribellione, in "Il Monito", n. 3, del 16 febbraio 1928.


164N ino dal V espro, Il Chigi ed il Cremlino, in "Il Monito", n. 5, del 1°
giugno 1928.

76
Profondamente disapprovate dagli anarchici, sono anche
le nuove strategie di politica estera adottate dalla Russia so­
vietica che, dopo anni di isolamento internazionale, sta av­
viandosi a normalizzare le relazioni diplomatiche con le
liberaldemocrazie dell'occidente capitalistico. Giustificati dal­
la stampa comunista con l'esigenza di sostenere il processo
di sviluppo della "prima economia socialista al m ondo"165, i
nuovi orientamenti di Mosca sanciscono invece per il movi­
mento il definitivo abbandono della rivoluzione internazio­
nale proletaria in vista della piena integrazione nella struttu­
ra finanziaria ed industriale del mondo capitalistico. "Di Ri­
voluzione in Russia da parte dei politicanti del Kremlino",
scrive "Il monito", "non se ne parla più; si parla piuttosto di
continuare nell'opera di restaurazione del potere e di strin­
gere sempre più i rapporti con la borghesia internazionale"166.
Come tutti i governi delle altre nazioni, prosegue la testata
individualista, anche quello sovietico ha dovuto alla fine pie­
garsi alle esigenze della ragion di Stato e, dopo essersi
autoproclamato "Patria del Proletariato", terra d'asilo per le
masse oppresse e sfruttate di tutto il mondo, estremo baluar­
do contro l'imperioso avanzare della controrivoluzione in­
ternazionale, è ora costretto ad un umiliante Canossa nel ten­
tativo di "accattivarsi la fiducia ed il concorso del Capitali­
smo privato e statale, e dimostrare così che lo Stato bolscevico
non è poi quella malabestia antiborghese che si teme, dal
momento che ha aperto le porte della Russia alla speculazio­
ne ed allo sfruttamento capitalistico"167. A scatenare l'ira del
movimento, sono però soprattutto i trattati politico-commer­
ciali stipulati da Mosca con l'Italia fascista che, come già al
momento dell'accordo italo-sovietico (1923) e del riconosci­
mento della Russia da parte del governo italiano (1924)168,

165 Nel 1928, infatti, viene lanciato il primo piano quinquennale per
Tindustrializzazione accelerata del paese.
166 N ino dal V espro, 11 Chigi ed il Cremlino, art. cit
lfi7 Ibidem.
16BCon il riconoscimento della Russia, r Itali a mirava a controbilanciare
la presenza francese nella regione danubiano-balcanica. "Quello che

77
vengono giudicate delle vere e proprie pugnalate alle spalle
inferte alla classe operaia italiana ed internazionale. L'indi­
gnazione per le "perverse connivenze tra Roma e Mosca" rag­
giunge livelli tali che quando dalla Russia arrivano notizie di
sempre nuovi arresti e persecuzioni ai danni di antifascisti
italiani dissenzienti169, la stampa libertaria ravvisa in questi
episodi altrettanti "atti di omaggio di Stalin a Mussolini" per
saldare ulteriormente le loro "già buone relazioni d'amici­
zia"170.
Come si può ben comprendere, la condanna della dittatu­
ra stalinista è destinata a ripercuotersi gravemente sui rap­
porti tra il movimento e il Pedi e, di conseguenza, sulle pro­
spettive di costituire un fronte unico di lotta antifascista. Per
i militanti anarchici, non è possibile ipotizzare alcuna forma
d'intesa con chi è pronto a "urlare contro il boia fascista quan­
do tortura ed assassina, per delitto d'opinione, i sovversivi, in
Italia, e fare nello stesso tempo cinicamente l'apologià del boia
quando tortura ed assassina, per delitto d'opinione, il fior fiore
dei rivoluzionari, in Russia!"171. Ad acuire le diffidenze del

taluno ha voluto chiamare la nuova politica dell'Italia verso la Russia


sovietica'' dichiarava nel 1928 il ministro degli esteri Dino Grandi, "non
è, del resto, una novità. Una delle prime realizzazioni della polìtica este­
ra di Mussolini all'indomani della Marcia su Roma fu precisamente ra c­
cordo commerciale italo-sovietico del 1923 e l'istituzione dì normali rela­
zioni diplomatiche tra Roma e Mosca. L'Italia fascista fu la prima nazio­
ne europea a entrare in rapporti normali con la Russia, e ciò fece mentre
ancora fumavano in Italia le macerie delle organizzazioni comuniste che
il fascismo aveva distrutto. Fu quello un atto di coraggio e di alta saggez­
za il quale dimostrò che l'Italia non intendeva allora, come non intende
oggi, subordinare all'interesse di un'ideologia politica quelli che sono i
permanenti interessi della Nazione". Testimonianza cit. in: R. DE FELI­
CE, Mussolini il duce, op. cit., pagina 372.
lfiyCfr. "Almanacco libertario prò-vittime politiche", anni 1927-1928 -
1929 -1930.
m Cfr. S. F edele, op. c it
171 L a D iana, Verità dure, in "La Diana", n. 3, del 31 marzo 1928.

78
movimento, ci sono del resto anche le polemiche sulla que­
stione degli attentati e deiratto individuale, di cui già si è
parlato in precedenza. A pochi mesi dalla strage di Milano,
peraltro, le tensioni si riaccendono a causa dell'assassinio del
segretario del fascio di Ponte Buggianese - Buonamici - ad
opera di un militante comunista - Michele Della Maggiora172.
Ripudiato dai vertici del partito come atto controrivoluzio­
nario, il gesto è invece difeso appassionatamente dagli anar­
chici, che ne esaltano il supremo valore di "rivolta individua­
le" richiamandosi agli strumenti categoriali dell' "azione
esemplare" e della "propaganda del fatto "173.
La contrapposizione è a ben vedere insanabile perché ri­
flette una visione antitetica del rapporto masse/avanguardie
che è alla base dei processi di aggregazione militante. La scon-
fessione comunista dell'atto individuale, infatti, è l'effetto
ineluttabile di una concezione organizzativa gerarchica ed
autoritaria che non lascia alcun margine alle iniziative auto­
nome dei singoli ma che, anzi, finisce quasi sempre per sacri­
ficare la radicalità dei contenuti di cui la base è portatrice al
codificazionismo ideologico e alle esigenze tattiche del parti­
to, Cementata soprattutto da legami di natura etica e priva di
apparati centralizzati, la "comunità" anarchica non rivendi­
ca invece quella zona di confine, quella separatezza "antro­
pologica", quella compartimentazione cromosomica tra la
base e le dirigenze tipica di tutti i modelli associativi a strut­
tura verticisticp-piramidale, E non potrebbe essere altrimenti
dal momento che la sua origine non promana dalla volontà
di "capi" o di "avanguardie cristallizzate", uia è il portato di
un processo di maturazione ideologica del proletariato che
nasce, prende forma e si sviluppa dall'unità delle masse e
non dall'unità dei gruppi dirigenti.
Nell'ambito piu ristretto della lotta antifascista, la conce­
zione autoritaria dei processi organizzativi del Pedi è desti­

172 Michel? Della Maggiora viene fucilato il 18 ottobre 1928 presso il


cimitero di Ponte Buggianese. C E , M. Rossi, Avanti siam ribelli, op, cit.
173 Vedi pagine 33,34,35 e 46.

79
nata a tradursi nel disegno di assumere la direzione esclusi­
va deirantifascismo rivoluzionario. Ed è proprio questa pro­
pensione egemonica ad indurre gli anarchici a chiudere
definitivamente il discorso sulle alleanze. Naturalmente, nes­
suno nega che, a differenza dei concentrazionisti, il Pedi stia
profondendo enormi energie nell'attività cospirativa in Ita­
lia, subendo repressioni durissime ed attirandosi ogni sorta
di persecuzione; allo stesso tempo, però, non si perdona ai
comunisti di concepire la mobilitazione antifascista "più come
mezzo per vincere e assorbire in -una concorrenza settaria e
bottegaia tutti i movimenti collaterali ed affini, che come stru­
mento di una lotta efficace contro la dittatura"174. Con il loro
settarismo ideologico ed il loro spirito dogmatico e autorita­
rio, scrive Luigi Fabbri, i comunisti non solo hanno

inasprito i rapporti tra le varie frazioni proletarie italiane, acuendo


tutte le ragioni ed i motivi di dissenso e di sospetto reciproco [ma]
hanno sciupato anche molte idee, inizialmente e per se stesse ottime,
come quelle del fronte unico e dell'unità proletaria, come l'iniziativa
del "soccorso rosso" ed il tentativo dei gruppi proletari antifascisti175.

Questa breve disamina sui rapporti tra anarchici e comu­


nisti non potrebbe concludersi senza avvertire che il conflitto
tra le due forze resta circoscritto agli ambienti del fuoru-
scitismo e non compromette affatto una loro collaborazione
in Italia, dove la dominazione fascista pone di fronte a pro­
blemi ben più immediati e concreti rispetto a quanto avviene
in terra d'esilio. Come ha scritto Luigi di Lembo, gli echi del­
le tensioni tra gli emigrati

arrivarono [nel paese] presto sm orzati, incomprensibili, spesso sot­


tovalutati come stupide polemiche. Chi era rimasto doveva fare i conti
con un fascismo sempre più forte e con un proletariato al quale veni­
va tolta, a poco a poco, la sua mem oria storica. U n proletariato che il

174L. S chlosser (L. F abbri), Icomunisti e l'antifascismo, in "La lotta uma­


na", n. 8 del 26 gennaio 1928.
175 Ibidem.

80
più delle volte poteva essere riagganciato solo nell'immediatezza dei
problemi concreti, senza la possibilità di inquadrare una linea di fon­
do. D 'altra parte la stessa propaganda anticomunista del regime con­
tribuiva, senza volerlo, ad accentuare in qualunque sovversivo il mito
della Russia. Infine, all'interno del paese, anarchici e comunisti pote­
rono rimanere sulle loro posizioni solo finché si limitarono a piccole
azioni di disturbo o alla sopravvivenza dei piccoli nuclei, ma non
appena si ripresentò la possibilità e la necessità di agire più diretta-
mente sul proletariato, fu giocoforza lasciare da parte eventuali po­
lem iche"176.

Che il "morso della catena fascista" porti istintivamente


tutti i sovversivi ad accantonare le rispettive appartenenze
partitiche e a solidarizzare tra loro, è del resto una realtà di
cui si è del tutto consapevoli anche all'estero. Persino gli espo­
nenti delle frazioni individualiste ed antiorganizzatrici, am­
morbidiscono notevolmente il loro intransigentismo ideolo­
gico quando si tratta di dover valutare i "sentimenti" e gli
"stati d'animo" che in Italia spingono all'unione di tutte le
forze contro il comune nemico fascista:

Fronte Unico, si grida da ogni parte, "fronte u nico" [...] L'Italia è una
prigione. I fascisti soli vi hanno diritto di cittadinanza, tutti gli altri
sono ì prigionieri. E i prigionieri si sa, sono portati dalla comune scia­
gura a fraternizzare. Comune è pure l'odio ognora crescente per i
carcerieri. Comune la speranza della riscossa. [...] Chi non lo com­
prende? E ' così umano! Ed è salutare perchè occorrono nemici del
fascismo per abbattere il fascismo e non c'è che da augurarsi che sia­
no molti. E' lo stato d'anim o che crea l'unanim ità dell'insurrezione
popolare all'alba della rivoluzione sociale; l'effusione di un sentimen­
to generale che rende insopportabile resistente ordine delle cose e
com pie il primo passo verso la redenzione. E ' un sentimento, quindi.
Un sentimento che nasce spontaneo, spesso al di fuori d'ogni calcolo
opportunistico e si spiega, anche quando non lo si giustifichi, finché
resta in Italia dove è presente sempre e dappertutto il morso della
catena fascista; in Italia dove ha da nascere la pressione che esplo­
dendo spezzi, prima, quella catena177.

176L . Di L embo, II movimento anarchico, op. cit, pag. 198.


177Ancora sul fronte unico, art. cit.

81
7 - L a condanna dello Stato-Nazione e le prospettive di una nuova
guerra

In uno dei suoi ultimi interventi178, Giampietro Berti ha


evidenziato come nel periodo compreso tra le due guerre la
concettualizzazione storico-politico libertaria sia contraddi­
stìnta da un'irremovibile "persistenza ideologica". Con que­
sto termine, lo studioso vuol indicare la tendenza dell'anar­
chismo a far ricorso alla tradizionale separazione m eto­
dologica tra l'elemento "variabile" e quello "costante" del po­
tere politico e, dunque, a mantenere ben distinta lotta "mate­
riale" (elemento variabile) contro il fascismo, dalla lotta "ide­
ologica" (elemento costante) contro il potere in quanto tale.
E' questa una premessa teorica di fondamentale importanza,
poiché fa assumere alla mobilitazione antifascista anarchica
le prerogative di una condanna che investe tutte le categorie
pratico ideali dello Stato-nazione, a prescindere dalle carat­
terizzazioni politiche o dalle colorazioni ideologiche assunte
in un determinato momento storico - liberalismi, democra­
zie, dittatura fascista, dittatura del proletariato.
La ricusa di principio del potere politico in quanto tale,
spinge il movimento in una sorta di separatezza che lo isola
in parte dalle altre forze antifasciste e ne delinea un percorso
del tutto precipuo nella lotta in Italia e all'estero. Se, infatti,
l'emigrazione forzata implica per tutti gli altri partiti e movi­
menti un più diretto coinvolgimento nelle vicende interne ed
internazionali delle diverse nazioni dove hanno trovato asi­
lo, gli orientamenti politici delle democrazie occidentali, così
come quelli deH'Unione Sovietica, influiscono invece solo in
minima parte sull'elaborazione ideologica e sulla definizio­
ne degli indirizzi strategici dell'antifascismo anarchico in esi­
lio. Sotto questo profilo, il movimento resta per così dire avul­
so dal complesso dibattito intemazionale che prelude alla crisi
della Società delle Nazioni; nel senso che la tormentata vi-

17i! "I quaderni di Vincenzo Toccafondo". L'estratto è consultabile


presso il Centro Studi Libertari di Milano.

82
cenda dell'Europa di Versailles, destinata prima a cadere per
metà nelle mani delle dittature fasciste e poi in un nuovo e
più devastante conflitto m ondiale, è ritenuta del tutto
prevedibile e scontata.
Momento centrale della tematizzazione anarchica, è il ri­
corso allo "strutturalismo capitalista", inteso quale peculiari­
tà contenutistica comune a tutti gli Stati-nazione. Attraverso
questo parametro interpretativo, il movimento avvia un'ana­
lisi degli indirizzi di politica estera seguiti dai vari governi,
spiegando come sia mai possibile che paesi retti da regimi
ideologici così antitetici, quali le nazioni democratiche, l'Ita­
lia fascista e la Russia bolscevica, possano poi stipulare tra
loro reciproche intese, patti, accordi e trattati politico-econo-
m ico-m ilitari. Naturalm ente, nessuno ignora il secolare
assioma della impermeabilità dei rapporti internazionali ai
condizionamenti di tipo ideologico; allo stesso tempo, però,
viene evidenziato come, nell'attuale congiuntura, la "salva-
guardia degli ordinamenti capitalistici" sia diventata un ele­
mento di tale rilevanza ed imprescindibilità da assurgere ad
unico principio ispiratore delle relazioni diplomatiche tra le
nazioni. "Tutto si arrangia nel nome e nel comune interesse
della salvaguardia degli ordinamenti capitalistici", commen­
ta la redazione de "Il monito", "Briand invita Scialoja a ban­
chetto, e sarà ospite di Mussolini; Litivinoff se la intende con
Chamberlain; la Democrazia va a letto ad adulterare col fa­
scismo; e la ... Rivoluzione Proletaria russa fornica col Con­
servatorismo Imperialista inglese. La Società delle nazioni,
ruffiana e complice necessaria, tien loro il m occolo"179.

179 Senza autore, senza titolo, in "Il monito", numero 21, del 10 di­
cembre 1927. Per quanto poi concerne i prestiti finanziari concessi aìl'Ita-
lia dagli Stati Uniti, la testata commenta: "Spesso e volentieri si annuncia
il fallimento economico del regime: sta però il fatto che tutta la borghesia
di tutto il mondo non esita ad accordare a Mussolini il credito di aver
saputo riordinare l'economia dello Stato, e che i banchieri americani gli
tributano volentieri i loro elogi e l'ausilio considerevolissimo di prestiti
cospicui. Si può discutere sulla moralità dei banchieri americani, e più
ancora del loro spirito democratico, ma non si può dubitare della loro

83
Le connivenze instauratesi tra i vari Stati, non devono però
indurre a credere che popoli e nazioni siano ormai avviati
alla "pacifica convivenza internazionale". Agii occhi degli
osservatori libertari, l'Europa di Versailles si regge infatti su
equilibri fragilissimi e sempre sul punto di infrangersi. A mi­
narli sono oggi non solo l'annosa questione franco-tedesca e
il contenzioso ancora aperto sui territori coloniali, ma anche
la recente rottura diplomatica tra Gran Bretagna e Russia180,
e, soprattutto, l'aggravarsi delle tensioni tra Roma e Parigi
che, immediatamente ripercossesi sui paesi delle regioni
danubiano-balcaniche, hanno delineato due blocchi ben de­
finiti di potenze contrapposte: la Piccola Intesa - gravitante
in orbita francese - da una parte; Grecia, Turchia, Ungheria e
Bulgaria - sotto l'influenza dell'Italia fascista - dall'altra. "I
circoli politici francesi", scrive "Il monito",

sono allarm ati dall'eccezionale attività che sta svolgendo la lena


[Mussolini. N.d.a.] La Grecia, la Turchia, la Bulgaria, la Polonia, Lun­
gherìa, e altri paesi dove regna il Terrore dittatoriale hanno inviato in
queste ultime settimane i loro rappresentanti presso Mussolini per
tramare trattati segreti, armamenti militari e blocchi guerreschi. D 'al­
tra parte la Francia, la Jugoslavia, l'Austria e la Cecoslovacchia im ­
p re s s io n a te da q u e sta p e rn ic io sa a ttiv ità , n e g o z ia n o una
controffensiva di patti, di trattati e di alleanze econom ico-militari181.

Sulla base di queste considerazioni/non può meravigliare


se gli entusiasmi suscitati nell'opinione pubblica mondiale
dalla sottoscrizione del patto Briand~Kellog1S2, non contagi-

competenza in materia di finanze. E se affidano i capitali, di cui sono


tanto avari, alla custodia di Mussolini e dei suoi sicari, vuol dire che
vedono nel regime un adeguato sostegno per Lordine capitalista". Anco­
ra del fronte unico, in "Il monito", n. 4, del 12 marzo 1927.
180 Rottura causata dalla scoperta di una centrale di propaganda e di
spionaggio russa attiva a Londra (La società commerciale anglo-sovieti­
ca).
181 Mosconi, in "Il monito", n. 6, del 23 aprile 1928.
182 Firmato da quindici nazioni, il documento ribadisce ufficialmente
il ripudio della guerra come mezzo per dirimere le controversie intema­
zionali.

84
no minimamente gli anarchici. Anche in questa circostanza,,
infatti vengono esposti tutti i gravi motivi di contesa presen­
ti tra le grandi potenze, evidenziando come a profilarsi al­
l'orizzonte non siano affatto gli scenari della "pacifica convi­
venza internazionale", ma quelli ben più foschi e oscuri di
una nuova guerra mondiale.
E' in questo stesso contesto che va inserita la polemica anar­
chica verso la Società delle Nazioni. Etichettata variamente
"accozzaglia imperialista", "cloaca plutocratica", "ricettacolo
diplomatico della borghesia conservatrice e reazionaria", l'or­
ganism o sovranazionale è ritenuto una vera e propria
"impostura del capitalismo mondiale", creata all'unico fine
di avallare i progetti di conquista e di espansione delle gran­
di potenze. E' vero, si osserva, che ad ogni sessione ginevrina
tutti gli uomini di governo fanno "sfoggio d'eloquenza paci­
fista", presentandosi come gli "apostoli indefessi della fratel­
lanza dei popoli e i grandi sacerdoti votati alla religione del­
l'umanità e della Pace " 183 ; ma allo stesso tempo, nessuno di
loro si astiene dal compiere le più brutali e sanguinarie ag­
gressioni imperialiste: da Chamberlain » che "manifesta la sua
fervente Fede nella pace, mentre massacra nei Dominìons e
fa bombardare le popolazioni cinesi" 184 - a Mussolini - che
"parla di Pace mentre bombarda le popolazioni di Corfù, tru­
cida in Libia e in Tripolitania, e consegna il moschetto in luo­
go del libro di scuola a migliaia di ragazzi quindicenni"185;
da Briand - che "invoca la Pace con fervore di evangelista,
mentre invia le truppe a maciullare le popolazioni di Siria e
del Marocco " 186 - a Kellog - che "propone di mettere la guer­
ra <fuori le g g o mentre aggredisce il Messico e scarica il piom­
bo dei cannoni stellati sulle popolazioni del Nicaragua"187.
Se, insomma, tutti i "rappresentanti dei grandi Stati capitali-

183G old o ' B ay, L'impostura pacifista, in "Il monito", n. 3, del 16 febbra­
io 1928.
184 Ibidem.
185 Ibidem.
186 Ibidem.
187 Ibidem.

85
stici" non perdono occasione per "giaculare gesuiticamente
il [proprio] orrore verso la guerra e per riaffermare la loro
ostinata volontà di Pace"188, la realtà dimostra poi che "ciò
che si fa a Ginevra sono chiacchiere e rispondono alla volon­
tà del popolo", mentre "ciò che si fa in patria sono dure leggi
e fatti odiosi che rispondono alla volontà ed agli interessi del
capitalismo"189.
Oltre alle dinamiche di politica estera internazionale, lo
"strutturalismo capitalista" comune a tutti gli Stati-nazione
consente di comprendere anche il fenomeno della progressi­
va degenerazione dei sistemi parlamentari in sistemi autori­
tari di tipo fascista, che sta investendo ad una ad una tutte le
nazioni del Vecchio Continente. A parere del movimento, in­
fatti, è stata proprio "la mole poderosa dei problemi econo­
mici e sociali precipitata dalla crisi di guerra" ad aver inne­
scato anche nelle liberaldemocrazie dell'Europa Centrale ed
Occidentale un processo di reintegrazione conservatrice e
reazionaria molto simile a quello che in Italia, in Spagna e nei
paesi baltici e balcanici, è già sfociato neirinstaurazione di
regimi dittatoriali. "La democrazia borghese", argomentano
i redattori di "Lotta anarchica", "appunto perchè tale, è do­
minata dalle potenze del denaro; e queste, ch'ebbero interes-

lfifi Ibidem.
,iiy Nel paese del popolo sovrano, in "Il monito", n.° 21, del 10 dicembre
1927. Bersaglio dell'invettiva anarchica è anche la sfrenata corsa agli ar­
mamenti che, malgrado le promesse di disarmo graduale e progressivo,
sta investendo tutte la nazioni europee. "Ora, è vero che Briand e Paul
Boncour vanno a Ginevra a fare sfoggio d'eloquenza pacifista ed a
propugnare il disarmo; ma Painlevè nello stesso tempo accresce le spese
militari, moltiplica gli armamenti di terra, di mare e dell'aria, e lo stesso
Paul Boncour fa approvare dalla Camera una legge di mobilitazione mi­
litare talmente pacifista che pone tutti i cittadini d'ambo i sessi d'ogni
età alla mercè del dispotismo militarista in caso di guerra". Per arrivare
insomma alla "Pace... che vogliono gli apostoli del capitalismo e del na­
zionalismo imperialista internazionale, occorrono i fucili, le mitragliatri­
ci, i cannoni, le bombe, i gas mortiferi, le corazzate, gli eserciti e le arma­
te... Occorrono le guerre per poi fare la pace. Come si potrebbe fare gii
apostoli per la pace se non ci fossero più guerre?". Mosconi, art. cit.

86
se per quasi un secolo a mantenersi nel giusto mezzo del
liberalismo, ora aspirano sempre più a soffocare attorno a sé
ogni libertà e mostrano maggiore fiducia nei regimi politici a
tipo dittatoriale e fascista"190. Le repressioni sociali e le restri­
zioni delle libertà individuali e collettive in atto nei paesi de­
mocratici, dunque, dimostrano che, in quanto espressione
dello stesso potere borghese, i governi "costituzionali" non si
distinguono affatto da quelli fascisti, ma sono pronti ad adot­
tare i loro stessi metodi autoritari e liberticidi al primo mani­
festarsi di forme di dissenso o di non omologazione al siste­
ma dominante. Nel luglio del '28, "Il monito" esprime chia­
ramente questo concetto:

Il governo fascista ha soppresso la libertà di stampa, di riunione, di


pensiero, di associazione, ed ha proclamato la legge dell'intolleran­
za. In regime di dem ocrazia repubblicana e antifascista... tutte queste
libertà non sono soppresse, esistono nel diritto scritto; ma se osate
stampare un giornale, scrivere un artìcolo, riunirvi in un caffè, asso­
ciarvi in un circolo politico, esprimere il vostro pensiero, partecipare
ad un comizio, professare le vostre idee, siete im mediatamente ed
irrimediabilmente cacciato, nei m odi soliti alle polizie, dalle guardi­
ne alla frontiera. Le libertà non sono soppresse, ma guai a chi osasse
valersene. L'intolleranza non è proclamata, ma guai a chi si rivela
per un elemento sospetto di sovversivismo. La reazione fascista non
esige più di quello che im pone la reazione democratica: sottomissio­
ne silenziosa allo sfruttamento capitalistico, rinunzia ad ogni attività
politica, ad ogni professione di fede, ad ogni m anifestazione di pen­
siero, ad ogni rivendicazione m orale e m ateriale191.

Certo, la polemica anarchica verso le democrazie borghe­


si va spiegata anche con le vicissitudini vissute da tanti mili-'
tanti in terra d'esilio dove, alle angustie e alle ristrettezze ti­
piche di ogni emigrazione192, si aggiunge l'atteggiamento

m lino sguardo indietro, in "La lotta umana", n. 7, del 12 gennaio 1928.


191 U n A ntifascista, Democrazia, in "Il monito", n. 9, d el 5 luglio 1928.
192 Per l'ambiente politico e sociale dell'emigrazione cfr.: A. G arosci,
Storia dei fuorusciti, Laterza, Bari, 1953; G. S alvemini, Memorie di un fuoru­
scito, Milano, 1965; A a .V v ,, Gli italianifu ori d'Italia. Gli emigrati italiani nei

87
profondamente ostile degli apparati giudiziari e polizieschi.
Tra tutti i gruppi politici rifugiatisi all'estero, gli anarchici sono
infatti i più colpiti dai provvedimenti di espulsione e dalle
misure restrittive varate nei confronti degli stranieri dai go­
verni locali193. Proprio a favore del riconoscimento del diritto
d'asilo a tutti i perseguitati politici, senza distinzione di clas­
se, di fede o di partito, il movimento si mobilita incessante­
mente lungo tutto il periodo dell'emigrazione forzata, lan­
ciando appelli, organizzando campagne di sensibilizzazione
dell'opinione pubblica, indicendo manifestazioni di protesta
e affiancandosi a tutte le iniziative intraprese in tal senso dal­
la LIDU194.
A rendere ancor più insopportabile il clima all'estero, ci
sono poi le numerose provocazioni di spie, informatori, agenti
collaboratori e confidenti inviati dall'Italia per scompaginare
le fila dell'antifascismo. Mascherati da militanti rivoluziona­
ri, e forti della copertura dei consolati italian i, questi
doppiogiochisti si fanno portatori di progetti insurrezionali,
complotti e attentati, riuscendo spesso ad attirare nella loro
rete gli antifascisti più pericolosi195. Proprio nei primi mesi
del 1928, ad esempio, suscita enorme scalpore l'assassinio,
avvenuto a Parigi, della spia Angelo Savorelli; l'episodio con­
sente infatti ai fuorusciti di smascherare molti membri e

movimenti operai dei paesi d'adozione 1880-1940, Atti del convegno orga­
nizzato dalla Fondazioni G. Brodolini a Milano il 18-19-20 marzo 1982, a
cura di B. Bezza, Franco Angeli, Milano, 1983; S. T ombacini, op. cìt.
w Come dimostra l'ondata di arresti e di espulsioni che colpisce nu­
merosi militanti anarchici nei mesi successivi all'esecuzione di Nicola
Sacco e Bartolomeo Vanzetti, quando il solo inneggiare al nome dei due
martiri italiani costituisce reato di "apologia e provocazione all'assassi­
nio".
194Sono di questi mesi, ad esempio, le iniziative per impedire l'estra­
dizione di Sergio Di Modugno, Francesco Gasparini, Sante Pollastro, Carlo
Locati.
195 Sulle provocazioni fasciste negli ambienti dell'emigrazione, vedi
tra gli altri: E. M enapace, Tra ifuorusciti, s.L, s.d.; M. R ygier, Rivelazioni sul
fuontscitismo italiano in Francia, Roma, 1946; M. F ranzinelli, I tentacoli,
op. cit.

88
comprimari di una struttura spionistica attiva tra Parigi e
Bruxelles196. Delle nuove rivelazioni del caso Savorelli, si ser­
ve anche Camillo Bem eri per approfondire ed ultimare la sua
indagine suirinfiltrazione fascista all'estero, che già da alcu­
ni mesi lo sta impegnando in un'intensa attività di contro-
spionaggio197. Nell'inverno del 1929, l'anarchico può così li­
cenziare alle stampe un manuale che, oltre a fornire informa­
zioni dettagliate su alcuni agenti della rete spionistica fasci­
sta operativa in Francia sin dal 1923, documenta con dovizia
di particolari come "lo spionaggio, l'insidia poliziesca, l'im­
piego, in tutti i centri di emigrazione, di molti gruppi di in­
formatori e di provocatori circolanti in mezzo agli ambienti
di profughi, [siano] i normali mezzi di lotta del governo fa­
scista"198. Nonostante il valore intrinseco dell'opera, non va
però taciuta la stretta amicizia che legava lo stesso Bemeri ad
alcuni personaggi di primo piano coinvolti nel caso Savorelli.
"Amicizia" che finisce non solo con l'attirargli i sospetti delle
autorità francesi199, ma anche col sottoporlo alla tempesta di
ingiurie ed invettive dei compagni delle correnti individuali-
ste, pronti ad approfittare dell'intera vicenda per scagliarsi
contro lo "stercorario Camillo" e

tutti quei sedicenti anarchici, confusionisti, sbraccioni, ficcanaso,


pasticcioni, sporcaccioni che [come lui] si infilano dappertutto, che
hanno i piedi in tutti i partiti autoritari, e che non fanno altro che
im brattar loro stessi e l'anarchism o. L'ondata di fango che coprì
l'anarchism o anche questa volta la si deve ancora una volta a questi
confusionari che saranno dei bravi, cari e miti com pagni, e magari
capi antifascisti; cioè tutto quello che volete, fuorché anarchici. Si os­
servi come a motivo e sempre attraverso questa gente sedicente anar­
chica, e anfibia, spuria e sporcacciona il movim ento anarchico è a

m Cfr. E. M enapace, op. cit.; F.M. S antos, op. cit.; M. F ranzinelu , I


tentacoli, op. cit.
W1 C. B erneri, L o spionaggio fascista all'estero, ESIL (pagine dall'Italia
libera, n.3), Marsiglia, 1928.
iyHCitato in F.M. S antos op. cit., pagina 210.
iyy Inizialmente, infatti, la polizia francese sospetta che l'istigatore
del delitto Savorelli sia proprio Camillo Bemeri.

89
contatto con le spie [...] Noi abbiamo un bel star lontani e isolati. E'
questa brava genia di anfibi e di sudicioni che ci mette a contatto
indiretto con le spie; e alle quali riferiscono vita e miracoli e del no­
stro m ovim ento e delle nostre abitudini. E quando noi siamo arresta­
ti ci meravigliamo se la Prefettura è cosi bene informata su tutti e su
tutto200.

200S ire, L'O khrana fa scista a P arigi , in "La Diana", n. 3, del 31 marzo
1928. La stessa indagine di controspionaggio di Camillo Berneri, del re­
sto, viene apertamente disapprovata dai gruppi individualisti, che la ri­
tengono un'indebita intromissione nella sfera privata dei fuorusciti:
"Mirate, o compagni che non avete perduto il bene dell'intelletto, in qua­
le cloaca il capo dei monitori Camillo Berneri, capo dell'UAI, difeso ed
esaltato da tutti i dirigenti dell'Uai e da tutti i giornali anarchici, ha get­
tato l'Anarchismo e come corrompe e deprava gli anarchici nell'infame
attività del controspionaggio, della quale noi siamo le prime vittime". R.
S iguch, Camillo stercorario confesso, in "La Diana", numero 3, del 15 luglio
1929.

90
C apitolo secondo

1929-1930

1 -1 / consolidamento del fascismo e il riflusso del movimento

Tappa fondamentale del processo di consolidamento del


regime, la firma dei Patti Lateranensi (11 febbraio 1929) non
stimola alcuna particolare riflessione tra gli anarchici fuoru­
sciti. Nella loro analisi interpretativa, l'alleanza con la Chiesa
si configura come una mossa politica obbligata per il fasci­
smo, ancora troppo debole e arrancante per poter governare
una moderna società di massa senza il supporto di quella
messe di consensi garantita dal secolare radicamento nel pa­
ese della subcultura cattolica. Ad essere messo in evidenza, è
invece che "la nuova coalizione tra il rogo ed il palo d'esecu­
zione" ha decretato il tramonto definitivo di quegli ultimi
residui della tradizione risorgimentale che erano resistiti allo
smantellamento dello Stato liberale e dei suoi fondamenti
politico-ideologici. Con la soppressione dei principi di liber­
tà di coscienza e di laicità dello Stato, scrive Luigi Fabbri, la
conciliazione tra Roma e il Vaticano "segna il rinnegamento
di quei tratti d'indipendenza civile che l'epopea risorgimen­
tale aveva, pur nelle sue espressioni più moderate e conser­
vatrici, conquistato fin dal 1860 con la politica dai piedi di
piombo della Destra storica: politica che pure sembrò insuffi­
ciente, rinunciataria e quasi di tradimento a Mazzini, a
Garibaldi, a Bertani, ecc. Il fascismo va più indietro ancora: è
più rinunciatario dei Lanza e dei Sella, più traditore dei
Persano"201.

201 L. Fabbri, Il patto del Luterano, in "Almanacco libertario prò vittime


politiche", 1930, pag. 72. La Conciliazione fornisce anche lo spunto per
polemizzare con i concentrazionisti: "C i rimbomba ancora all'orecchio

91
Reazioni di totale indifferenza accolgono anche lo strepi­
toso successo riscosso dal regime nella consultazione eletto­
rale del 24 marzo 1929202. A giudizio del movimento, infatti,
l'esito "plebiscitario" della votazione non trova alcun riscon­
tro nei reali sentimenti del popolo italiano203, ma riflette il
clim a di "to tale illib e rtà " in cui, come era facilm ente
prevedibile, s'è svolta la consultazione elettorale204. In soste­
gno della loro tesi, gli anarchici dispongono delle tante testi­
monianze giunte dai compagni in Italia, tutte concordi nel
riferire sulle intimidazioni, sulle violenze e sui mezzi di pres­
sione di varia natura adoperati nei confronti dei cittadini so­
spettati di volersi astenere o di voler votare NO. Si tratta di
corrispondenze provenienti da varie località e che sarebbe

l'asserzione becera di quel socialismo deformato che diceva: <La que­


stione clericale è un fatto che non preoccupa più, dato che la Chiesa non
domina più>. Perché? Perchè la Chiesa che conosce l'arte di Loyola, sa
adattare la lotta a seconda che lo esigono le circostanze. Quando Pio X
comprese che la tattica intransigente era insostenibile, data la piega degli
eventi, si premura a togliere il non expedit, dando incarico a Gentiioni di
trattare accordi con i candidati disposti a servire gli interessi della Santa
Sede, allora affidati ai parroci, alle casse rurali e alle leghe operaie. Si
erano venuti così a formare due generi di partito socialista: quello rosso
e l'altro cristiano. I preti facevano concorrenza ai rossi, presentando can­
didati operai". L 'E sule, 11 discorso della divina provvidenza, in "Il risveglio
anarchico", n. 771, del 1929.
202Sull'89,63 % dei cittadini recatisi alle urne, la lista fascista ottiene il
98% dei v o ti favorevoli {otto m ilioni e m ezzo votano SI,
cento trentaseimi lacentonovantottoNO).
203 Alcuni osservatori anarchici, anzi, ritengono che il plebiscito ab­
bia consacrato più il potere temporale del papa e "dell'ignobile pretume
che ha condotto il gregge alle urne", che quello della dittatura fascista.
La Reazione mondiale, art. cit.
204 Del resto, nell'ultima seduta della XVII Legislatura, tenutasi alla
Camera l'8 dicembre del '28, lo stesso Mussolini era stato molto eloquen­
te in proposito. Pur dichiarando, infatti, che "il popolo" avrebbe votato
"perfettamente libero", che il Plebiscito si sarebbe svolto "in assoluta tran­
quillità" e che non sarebbero state esercitate "seduzioni o pressioni", il
Duce aveva subito dopo puntualizzato: "Ho appena bisogno di ricordare,
tuttavia, che una rivoluzione può farsi consacrare da un plebiscito, giammai
rovesciare". R. D e F elice, Mussolini il duce, op. cit., pagina 439.

92
difficile riassumere in poche righe. Per la meticolosità della
descrizione e per l'ambiente geografico di riferimento - una
città a forte insediamento operaio - merita però che ci si
soffermi su questo reportage inviato da Torino a "Il risveglio
anarchico":

Tutti i sistem i più loschi sono stati messi in esecuzione, ogni for­
ma di pressione, di minaccia, d'im posizione, di terrore è stata adope­
rata. N el corteo di sabato 23 marzo, gli squadristi portavano un gran
cartellone con questa dicitura: Doman giorno di festa chi non andrà a
votargli romperem la testa. Ma malgrado tutti i loro fulmini, già i com i­
zi erano stati altrettanti fiaschi. Gli oratori dovettero contentarsi di
parlare ad un pubblico composto di squadristi e di balilla. Falliti quelli
delle piazze, si cercò di organizzare dei comizi negli stabilim enti, ma
anche questa prova lasciò tutti gli oratori delusi: generali, questori,
prefetto e segretari delle federazioni fasciste. Il primo tentativo è sta­
to fatto alla Fiat Lingotto. Qui le m aestranze non si sono lasciate usci­
re col chiudere senz'altro i cancelli. Inutile dire che gli oratori sono
stati accolti con molta indifferenza e freddezza. Uno di essi, visto che
non poteva strappare applausi, si sdegnò dello sm acco subito e giun­
se a dire: Lo so che siete tutti nemici, ma alla resa dei conti ci vedremo e
guai se non andrete a votare, sarete tutti licenziati. Per i ferrovieri e di­
pendenti dello Stato si adoperò un altro sistema, cioè ognuno ha do­
vuto firmare una dichiarazione che avrebbe votata la scheda del si e
consegnata quella del no al proprio superiore. Questo sistema è stato
messo in pratica anche per gli im piegati delle opere pie di San Paolo
[...] Qualche nostro compagno ha dovuto votare, perchè accom pa­
gnato con buona scorta alle urne. Per questo servizio sono state re­
quisite tutte le automobili pubbliche e private, e così andarono casa
per casa a prendere gli elettori ritardatari, astensionisti per convin­
zione o per apoliticità. Si ebbe così una vera caccia all'elettore [...]
Nelle sezione fuori città si è adoperato un altro sistema molto più
spedito, cioè si consegnava all'elettore solo la scheda del sì, in modo
che non poteva più sbagliarsi- L'opinione pubblica è convinta che si
sono certam ente individuati tutti coloro che hanno avuto il coraggio
di votare no. Tutte le schede del sì erano contrassegnate da una pie­
ga; a molti ci hanno messo addirittura il nome. La beffa dell'aum ento
dello stipendio agli impiegati dello Stato alla vigilia delle elezioni è
già una cosa vecchia, di marca gioiittiana, un bluff e non altro. Il fa­
scismo volle fare di più e nella settimana prima della fiera elettorale,
numerosi disoccupati vennero ripresi negli stabilimenti, specialmente

93
alla Fiat, ma ieri sono già incominciati i licenziam enti in massa. A n­
che questo è un bel giuoco205.

Liquidata la questione del consenso con la natura coattiva


della consultazione ed elusa qualsiasi riflessione sulle moti­
vazioni che, nonostante tutto, hanno spinto larghi strati po­
polari al voto fascista206, il dibattito sul plebiscito finisce solo
col fomentare nuove polemiche con il Pedi, come quella, per
la verità alquanto sterile e pretestuosa, sulla diversa posizio­
ne assunta durante il periodo preeletorale - i comunisti ave­
vano esortato a votare NO, gli anarchici ad astenersi. A scate­
nare lo scontro sono alcuni articoli apparsi sulla testata co­
munista "Il riscatto", dove si accusa la propaganda asten­
sionista anarchica di aver contribuito, aggravando la condi­
zione di passività e d'immobilismo del proletariato italiano,
a rendere ancor più schiacciante la vittoria fascista alle vota­
zioni. L'insinuazione, ovviamente, solleva l'immediata rea-

205 G erminai. (C. S obrito), La commedia del Plebiscito, in "Il risveglio


anarchico", n. 767, del 1929.
20S Come, ad esempio, lo stato d'animo di rassegnazione e di sfiducia
che comincia a diffondersi tra le masse proletarie. "Dopo anni di batta­
glie perdute, di persecuzioni e di violenze", scrive Renzo de Felice, "an­
che la maggioranza del proletariato era però sfiduciata e stanca, preoc­
cupata di salvare il salvabile, convinta o, almeno, rassegnata che, per il
momento, il fascismo avesse vinto. In questa situazione - specie appena
le sue condizioni di vita e di lavoro si erano fatte meno precarie e alcuni
episodi avevano fatto sperare che ì sindacati fascisti e lo stesso governo
ritenessero ormai giunta la situazione stessa ad un punto in cui non si
potevano più chiedere altri sacrifici ai lavoratori - la maggioranza del
proletariato, più che a correre il rischio di nuovi giri di vite, era orientata
a non perdere ciò che aveva potuto salvare e a non pregiudicarsi la pos­
sibilità di fruire di quei benefici normativi e soprattutto assistenziali che
la politica "sociale" del regime poteva assicurarle; poco, certo, rispetto
alle sue necessità e soprattutto a quanto non molti anni prima era sem­
brata sul punto di conquistare, ma pur sempre qualcosa a cui i più non si
sentivano di rinunciare per correre dietro all'alea di un'opposizione che
non avrebbe potuto capovolgere la situazione e avrebbe procurato loro
solo sacrifici, disoccupazione, persecuzione, prigione". R. D e F elice,
Mussolini il duce, op. cit., pagina 453.

94
zione del movimento. Al di là del fatto che tutte le testimo­
nianze pervenute dall'Italia raccontano invece di una vera e
propria "caccia agli astensionisti", replica "Il risveglio anar­
chico", incitare le masse a disertare le urne rispondeva nella
circostanza ad una duplice motivazione di ordine logistico; e
cioè:

che andare a votare non poteva influenzare per nulla l'esito del...
plebiscito, i cui risultati num erici sono stati quelli che i fascisti
incontrollati hanno voluto che fossero; [...] che, se e dove possibile, il
sommovimento e la lotta popolare contro il fascismo sarebbe stato
più facile organizzarla in difesa del diritto di astenersi, e quindi com­
batterla individualm ente e collettivamente nei rioni popolari delle
proprie abitazioni od altri luoghi di ritrovo che non nei luoghi e sul
terreno scelto dal fascismo evidentemente perchè più rispondente
alla sue vedute e possibilità di lotta207.

Il teorema comunista che l'astensionismo elettorale deter­


mina un affievolimento dello spirito di lotta delle masse, è
destinato però a rinfocolare anche i contrasti sulla questione
delle vie legalitarie e parlamentari. Nell'occasione, infatti, la
stampa libertaria ribatte ricordando che ad allontanare il pro­
letariato operaio e contadino dall'azione diretta e dallo scon­
tro violento con le istituzioni borghesi, è stata invece la pro­
paganda riformista dei partiti marxisti, la loro cieca fiducia
nelle libertà di voto democratiche, la loro mistificazione della
scheda elettorale quale mezzo d'emancipazione sociale. Per
di più, quando gli anarchici ammonivano che "per vincere la
reazione capitalista e statale bisognava prepararsi e piazzarsi
sul terreno della lotta diretta insurrezionale e non sul terreno
elettorale e parlamentare, deviatore e corruttore"208, veniva­
no tacciati dalle altre forze di sinistra di essere degli inguari­
b ili u to p isti, leg ati ancora a form e an acron istich e di
"ribellismo ottocentesco". Oggi, poi, li s'incolpa addirittura

207U no del G ruppo P ensiero e V olontà, Rettificazione, in "Il risveglio


anarchico", n. 774, del 1929.
208 Ibidem

95
di aver favorito il successo plebiscitario del fascismo. Il gio­
co, insomma, è sempre quello degli "astuti comunisti in ma­
lafede" di voler screditare gli anarchici agli occhi della classe
operaia; tanto è vero che si è subito cercato di assimilare la
tesi astensionista anarchica con la tesi astensionista dei
"socialfascisti" di "Concentrazione"209 - peraltro subito retti­
ficata da uno dei suoi più autorevoli esponenti: Filippo Tura­
ti. Ma "la tesi astensionista in materia elettorale", puntualizza
"Il risveglio anarchico",

è la nostra tesi, è la tesi anarchica, vecchia quanto l'idea ed il movi­


mento anarchico, e quindi, caso mai, sarebbe stata invece quella del­
la Concentrazione ad incontrarsi con la nostra. E, lo noti bene il R i­
scatto, l'intervento personale di Turati sulla Libertà, anziché essere stato
determinato da ragioni di concorrenza coi comunisti, è molto più
probabile invece che lo sia stato da quella di correggere l'errore del­
l'atteggiamento astensionista dei suoi amici polìtici, atteggiamento
che infatti contrastava in pieno e con le teorie e con tutta la passata
pratica del suo partito210.

Mentre all'estero divampano le polemiche, l'attività clan­


destina in Italia subisce un brusco rallentamento a causa tan­
to dei processi di mutazione in atto nel paese quanto della
dura repressione, legale ed extralegale, che continua ad acca­
nirsi sugli antifascisti. Tra i più colpiti dalla nuova ondata di
persecuzioni211, quadri e gruppi anarchici sono costretti a con-

2W"Anche in questo caso", si legge sulla testata comunista "Il riscat­


to", "la tesi anarchica s'incontra con quella della Concentrazione".
210 Rettificazione, art. cit.
211 Come accade a Pasquale Bulzamini, assassinato a Viareggio da
una squadraccia fascista. Così ne da notizia X"Almanacco libertario pro­
vittime politiche": "Una delle vittime più recenti della ferocia fascista è
Pasquale Bulzamini barbaramente ucciso a Viareggio nell'ottobre dello
scorso anno. Dopo l'uccisione di Della Maggiora, il nostro compagno,
provocato dai fascisti, aveva espresso con parole di sdegno la sua ripro­
vazione per il fatto avvenuto. In seguito a ciò, mentre alla sera rincasava
col figlio Ercole, fu fermato fuori città da un gruppo di fascisti e dappri­
ma percosso a sangue. Al figlio che tentava di aiutarlo a difendersi fu

96
tenere notevolmente le proprie iniziative di lotta, anche se a
livello locale si'sta cercando di mantenere accesi piccoli foco­
lai di resistenza. In Sicilia, ad esempio, proseguono i tentativi
di Salvatore Renda e Filippo Gramignano di " organizzare
qualche movimento antifascista nell'isola"212, in vista dell'im-

rotto un braccio. Il povero Bulzamini intanto, tramortito dai colpi, giace­


va a terra; le belve lo sollevarono di peso e lo gettarono giù dal ponte
della ferrovia. Trasportato in ospedale in stato pietoso, moriva pochi giorni
dopo di commozione cerebrale. Già alcuni anni prima il Bulzamini era
stato fatto segno alle violenze dei fascisti del luogo perchè si era rifiutato
di aderire alla beffa delle corporazioni fasciste. Pasquale Bulzamini fu
un sincero e fedele soldato dell'anarchia che pagò con la vita la <colpa>
di aver espresso fieramente ed apertamente il suo pensiero". Pasquale
Bulzamini, in "Almanacco libertario prò-vittime politiche", anno 1930,
pp. 34-35. Anche iì sistema carcerario fascista, continua intanto a mieter
vittime, Tra queste, va ricordato l'anarchico Ettore Aguggini - uno dei tre
autori dell'attentato al Diana nel 1921 - deceduto nel penitenziario di
Alghero: "Il 13 marzo 1929", si legge sull' "Almanacco Libertario pro-vit-
time politiche", "moriva nel penitenziario di Alghero il compagno Ettore
Aguggini. E' nota a tutti la tragedia in cui fu coinvolta la sua giovane esi­
stenza- Sull'attentato del Diana, avvenuto nel marzo 1921, ognuno di noi
può aver espresso allora l'opinione che gli consentiva il suo temperamen­
to [...] Quello che è certo però è che i protagonisti di quella tragedia erano
degli uomini coraggiosi, sinceri, disinteressati, sempre pronti al sacrificio
ed all'azione, degni quindi della nostra stima, della nostra solidarietà e del
nostro compianto [...] Le sofferenze e le torture della segregazione hanno
logorato la tempra di quei generosi, già baldi e promettenti, e spezzata
quella di Aguggini, che era il più giovane di essi. Agli innumeri martìri
della nostra causa, viene così ad aggiungersi il suo nome, esempio di ge­
neroso disinteressamento, di giovanile entusiasmo, di suprema noncuran­
za della vita nella lotta per la libertà". Ettore Aguggini, in "Almanacco
libertario pro-vittime politiche", 1930, pp. 33-34.
in In un protocollo di polizia, inviato a Roma dal Comando Generale
della MVSNf si notifica: "L'attività delTanarchico Salvatore Renda, per
poter organizzare qualche movimento antifascista in Sicilia continua.
Attualmente attende con molta impazienza un compagno proveniente
dalla Sicilia, coi quale dovrebbe prendere accordi circa la futura azione,
mentre però il piano e gli uomini sarebbero ormai scelti, rimane ancora
insoluta la questione finanziaria perchè i gruppi anarchici sono comple­
tamente sprovvisti di denaro. Il Renda agisce in perfetta intesa col noto
Paolo Schicchi il quale contìnua a manifestare in corrispondenze private

97
mínente rientro di Paolo Schicchi che, proprio in questi mesi,
ha lanciato da Marsiglia due proclami insurrezionali - "La
guerra civile" e "Siciliani" - per incitare "il popolo dei Ve­
spri" alla rivolta armata contro la dittatura213. Renda, poi, sta­
rebbe anche ideando un piano per far evadere Luigi Galleani
dal confino alle isole Lipari. Costantemente in attività sono
anche le cellule romane di Porta Trionfale, Trastevere e Porta
Metronia, che stanno progettando una serie di azioni dirette
al rilan cio del so cco rso p ro -v ittim e p o litich e e alla
ricostituzione di un embrione di tessuto organizzativo. In
evidente riduzione sono invece gli episodi di "antifascismo
esistenziale" di matrice libertaria, riassumibili in alcune scritte
murali inneggianti aU'anarchia, a Bresci e a Lucetti, rinvenu­
te in località della Toscana, delia Liguria e della Lombardia.
Singolare, infine, è la vicenda di Vincenzo Toccafondo che, a
Milano, ha escogitato un metodo inusuale di propaganda
destinato a rivelarsi di tutta efficacia per sfuggire alla censu­
ra della polizia: compila a mano su quaderni di scuola un
bollettin o divu lgativo - "L 'A n tistato . R ivista m ensile
libertaria" - che poi fa circolare alla macchia tra i compagni
più fidati214.
Al di là della vicenda di Toccafondo, il capoluogo lombar­
do è senza dubbio la città dove si registra il maggior fermen­
to anarchico. Proprio nel giugno del 1929, giunge a conclu­
sione un'accuratissima inchiesta, condotta personalmente dal
questore Rizzo, che porta allo smantellamento di due gruppi

propositi di fare ritorno nel Regno per compiervi atti terroristici". ACS,
Min. Int., CPC, fsc. Renda Salvatore, Protocollo di polizia inviata dal
Comando Generale della Milizia Volontaria della Sicurezza Nazionale, il
24 aprile 1929. Renda e Gramignano sono attivi anche neìl'organizzazio-
ne di espatri clandestini.
2,3 Per inoltrare le sue pubblicazioni in Italia, Schicchi si serve della
complicità di un marinaio in servizio sulle navi della linea Tunisi-Paler-
mo - Giovanni Gonella. Cfr., F. G ramignano op. cit.
214 Cfr., I. Rossi, "VAntistato", quaderni clandestini editi da Vincenzo
Toccafondo, in Bollettino n.l dell'Archivio G. Pinelli, Milano, febbraio 1995.
I quaderni di Toccafondo sono consultabili presso il Centro studi libertari
di Milano.

98
clandestini capeggiati da un ex ferroviere anarcosindacalista
di Castelboìognese - Pietro Costa - ed in stretto collegamento
con le cellule veronesi. Ad attirare i sospetti della polizia è
inizialmente lo stesso Costa che, nelle discussioni a quattr'oc­
chi coi compagni di fede, si lascia più volte andare in escan­
descenze inneggiando al gesto attentatore e all'azione indivi­
duale. Caso vuole che tra i suoi più intimi confidenti ci sia
proprio un infiltrato della questura215, che si convince a tal
punto dei proclami dell'ex ferroviere da sospettarne un di­
retto coinvolgimento nell'attentato alla Fiera Campionaria216.
Parte così una serie di indagini che consente alla polizia di
addentrasi pian piano nell'intero labirinto cospirativo anar­
chico, fino a giungere all'individuazione di una vasta rete clan-

215 Tal Alessandro Santini, pseudonimo di Alessandro De Corleto.


2U> Già in un primo abboccamento, Costa aveva confidato alla spia:
"E ' vero che oggi non è possibile alcun movimento di massa per la di­
struzione del Regime, però una congiuntura favorevole, un fatto straor­
dinario che scuotesse Topinione pubblica potrebbe essere senz'altro il
punto di partenza di un rivolgimento generale. Per esempio se l'attenta­
to Lucetti fosse riuscito, dato che in quei giorni v'erano nel popolo malu­
more e malcontento per la questione del pane nero, dalla morte del Duce,
si sarebbe andati certamente alla caduta del Regime e del Fascismo. Se
non è possibile alcuna azione collettiva è però sempre possibile l'azione
e il gesto individuale". ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG., RR., CC.
AA., 1929, busta 195, fsc. KlA/M ovim ento anarchico, AA. PP. (Milano),
Informazione fiduciaria. Milano, 20 gennaio 1929. Dopo il Concordato
tra la Chiesa e il fascismo. Costa aveva poi affermato: "Il Regime viene
acquistando nuova forza. Non vi sono più possibilità di azioni dì massa.
Bisogna ormai affidarsi al caso, ad una congiuntura favorevole. Un gesto
individuale potrebbe certamente scuotere Topinione pubblica ed essere
il principio di una rivolta, lo penso che se si mandasse al Creatore il Duce
ne nascerebbero moltissime cose. Ma chi sa - l'ultima parola non è anco­
ra detta". Ivi, Informazione fiduciaria. Milano, 25 febbraio 1929. Nel marzo
del '29, infine, il Costa aveva svelato alla spia: "Sono stato due volte a S.
Fedele per le ragioni che conosci. Ambedue le volte ho notato una gran­
de distrazione ed indifferenza in quelli che si trovavano. Agenti e Cara­
binieri non domandavano nulla ad alcuno ed a niente badavano. Ho
pensato che sarebbe facile andarvi con una valigetta da lasciare lì, perchè
scoppi dopo cinque minuti". Ivi, Informazione fiduciaria. Milano, 5 marzo
1929.

99
destina che il Costa stesso aveva allestito sin da dopo il varo
delle leggi speciali del novembre 1926. In primo luogo, emer­
ge che l'anarchico romagnolo è il leader di un gruppo di dieci
membri che

agivano di conserva, ma senza i vincoli ed i form alism i che legano


anche le più limitate consorterie; con relativa libertà individuale; brevi
colloqui, rari incontri in luoghi non in vista; niente corrispondenza
ai domicili conosciuti; atteggiamenti addirittura da fascisti; grandi
cautele con persone non intimamente note e poi nell'om bra il lavorio
trem en d o d el cieco fa n a tism o se tta r io : sc a m b io di id e e con
co rrelig io n a ri esteri an ch e a m ezzo di p erso n e sp e cia liz z a te;
riorganizzazione nascosta dei gruppi; attivazione del soccorso pro­
letario, contatti con fuorusciti e confinati politici; siti celati per ricevi­
menti di corrispondenza; propaganda cauta; preparazione di atten­
tati terroristici - tutto, insomma, lo svolgimento dei piani idonei per
combattere ed abbattere Fattuale assetto della Nazione217.

Come se non bastasse, Costa risulta anche essere Felemento


centrale dell'attività di soccorso che si dipana nel quadrilatero
Bellinzona-Milano-Verona-Lipari. E' a lui, infatti, che il ferro­
viere anarchico svizzero Giuseppe Pere tri, membro del Co­
mitato prò-vittime politiche di Bellinzona, s'incarica di con­
segnare i fondi da smistare ai militanti milanesi, a quelli ve­
ronesi218 e ad alcuni compagni in confino alle isole Lipari219.
Ed è proprio questo collegamento tra Milano e la Svizzera ad
allarmare maggiormente le autorità. Negli ambienti anarchi­
ci, informa un rapporto dell'Ispettore Generale di PS,

217 ACS, Min. Int. Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1929, busta
195, fsc. K1A/Movimento anarchico, AA. GG., Rapporto delFIspettore
generale di PS al Tribunale Speciale. Roma, 25 giugno 1929. Dei gruppo,
oltre al Costa, sono membri: Cesare Ragni, Antonio Dall'Oppio, Tommaso
Baroncini, Giuseppe Petrella, Saiuccio Casadio, Ernesto Zaccherini, Ma­
rio Casini, Francesco Pasquali, Antonella Gatti e Rosa Marchini. Vengo­
no condannati al confino: Ragni, Dall'Oppio e Baroncini {cinque anni),
Pratella e Zaccherini (tre anni). Sono invece ammoniti, Casini e Casadio;
diffidati, Pasquali, Gatti e Marchini. Ivi, Rapporto dell'Ispettore Genera­
le di PS. Milano, 16 giugno 1929.
21BTramite l'intermediazione di Umberto Biscardo.
Tra cui, Giovanni Domaschi e Domenico Guad agnini.

100
non solo si era ripristinato da anni il soccorso anarchico vietato dalle
Autorità, quanto la continuità del mezzo che serviva a tenere in vita
e pronti contro il Regime gruppi ed organizzazioni dichiarati legal­
mente disciolti e sappiamo purtroppo che questo del soccorso è uno
dei mezzi più potenti di cui si avvalgono i nemici della Patria per
tenere desta la fiamma sovversiva, inquadrare le masse, eccitandole
a qualsiasi azione criminosa! E se Peretti con tanta costanza e fiducia,
da tre anni per lo meno, affrontando rischi è venuto qui a portare
questi soccorsi ai compagni d'Italia se è giunto perfino a con­
durre qualcuno dalla Svìzzera, segretamente, e non si sa a quale sco­
po, sarebbe negare il vero se si dubitasse che egli partecipava in toto
alle macchinazioni degli anarchici milanesi, servendo da tratto di
congiunzione fra costoro e quelli elvetici220.

Per concludere, si scopre inoltre che Costa è tra gli espo­


nenti di una struttura di coordinamento logistico tra Milano
ed il Veneto, direttamente implicata nell'organizzazione del
piano di rivolta a Verona della primavera del '28, cui s'è fatto
cenno nel precedente capitolo. "D a quanto precede", si legge
in un altro documento di polizia,

si deduce che il Peretti Giuseppe suddito svizzero, Costa Pietro,


Cimoso Guglielmo, Rognoni Angelo latitante, Guadagnini Domenico
e moglie Villa Ermenegilda, Biscardo Umberto, Bibbi Gino e Asara
Romeo sono stati in rapporti fra loro e con anarchici esteri dal 1926
ad oggi e hanno svolto cauta e intensa azione diretta a ripristinare
l'organizzazione di gruppi anarchici in M ilano, Verona e località li­
mitrofe, nonostante l'ordine di scioglimento delle associazioni comun­
que contrarie all'ordine nazionale, allo scopo dì tenere desto nelle
masse il principio della lotta di classe e combattere ad oltranza il go­
verno ed il fascismo. Che nonostante fin dal 1925 [...] fossero stati
disciolti il com itato per il soccorso proletario e per le vittime politi­
che, tali com itati sono stati rim essi in efficienza dai prevenuti,
avvalendosi così di un mezzo potentissimo di propaganda, mercè
raccolta di fondi fra compagni di fede e comitati italiani e stranieri
elargendo somme per un valore imprecisato ed in epoche che vanno

220ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1929, busta
195, fsc. KlA/M ovim ento anarchico, AA. GG., Rapporto dell'Ispettore
generale di PS al Tribunale Speciale. Roma, 25 giugno 1929.
dai 1926 ai 1929. Che Costa, Bibbi, Guadagnini Domenico e Biscardo
devono altresì rispondere di partecipazioni a fatti criminosi scoperti
e repressi a Verona nella primavera del 1928 per avere di concerto
con gli anarchici veronesi, dei quali era a capo il Biscardo, dato in
momenti diversi dal 1926 al 1928 aiuti morali e materiali a quelli di
Verona, dopo aver riorganizzato le fila di quel gruppo [...] L'Asara,
poi, di detenzione di materiale atto alla fabbricazione di bom be a
tempo ed anche alla contraffazione di monete221.

Il coinvolgimento di Giuseppe Peretti nella retata di Mila­


no suscita una vasta eco all'estero, dove un pò tutte le forze
del fuoruscitismo si mobilitano a fianco degli anarchici per la
liberazione del ferroviere svizzero222, ritenuto vittima dell'en­
nesimo complotto ordito da agenti provocatori fascisti legati
ai consolati italiani223 . Ma gli anarchici sono in prima linea

221 Ibidem. Sono denunciati ai tribunale speciale: Pietro Costa, Giu­


seppe P eretti, G uglielm o Cim oso, A ngelo R ognoni, D om enico
Guadagnini, Umberto Biscardo, Gino Bibbi, Romeo Asara e Ermenegilda
Villa. Cfr: AA. VV., Aula IV, op. cit.
222 Che, tra l'altro, è sospettato anche di collusioni massoniche per i
suoi legami con alcuni esponenti della LIDU. "Il Peretti", si legge in una
fantasmagorica relazione fiduciaria, "in ogni suo viaggio era seguito at­
tentamente da agenti massonici, i quali immediatamente al suo arresto
informavano il Bertoni capo degli anarchici ginevrini, ma nello stesso
tempo agente della massoneria. Il Bertoni ne informò subito la lega dei
D.U. la quale ha fatto propria la causa del Peretti. Con ciò dicono che i
viaggi del Peretti in Italia non erano solo per scopi anarchici, ma anche
per incarichi massonici, che dovevano essere di natura più importante
che non quello del semplice finanziamento dei compagni". ACS, Min.
Int., Dir. Gen. PS., AA. GG. RR., CC. AA., 1929, busta 195, fsc. Soccorso
Anarchico, Informazione fiduciaria proveniente da Ginevra, il 3 dicem­
bre 1929.
223 L'Alleanza Antifascista della Svizzera, ad esempio, dirama un co­
municato - "Ai Lavoratori Ticinesi Antifascisti" - in cui si legge: "E, in­
nanzi tutto, voi lavoratori ticinesi dovete riprendere l'agitazione per la
liberazione di Peretti, per strappare Peretti alla galera fascista. Bisogna
che i responsabili del suo arresto sappiano che la loro infamia non può
restare impunita. L'Alleanza Antifascista vi invita ad attuare il più rigido
boicottaggio dei fascisti. Non dimenticate che ogni fascista è complice
dell'azione di spionaggio che si svolge nei vostri paesi [...] Perciò nessun

102
anche nelle agitazioni in difesa di Fernando De Rosa224, Vit­
torio Malaspina225, Gino Ascanio226, Francesco Ghezzi227, An­
tonio Petrini228 e di tutte le vittime della repressione fascista
ed internazionale, Se si escludono però queste azioni in so­
stegno di singole personalità, nonché qualche iniziativa per
ripristinare i canali di approvvigionamento dei soccorsi pro­
vittime politiche229, il movimento manifesta sintomi di evi-

operaio cosciente deve aver rapporti di qualsiasi genere con la canaglia


fascista. A lleanza A ntifascista della S vizzera, Ai lavoratori ticinesi
antifascisti, senza data, in ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS., AA. GG. RR., CC.
AA., 1929, busta 195, fsc. Soccorso Anarchico.
224 Vedi nota 290.
225 Vedi nota 278.
226Militante anarchico rifugiatosi all'estero, si rende responsabile, nel­
l'aprile del '30, degassassimo del cancelliere dell'ambasciata italiana in
Lussemburgo - Alfonso Arena. Condannato nel maggio del '30 a 15 anni
di lavori forzati, Ascanio muore "suicida" dopo pochi mesi di detenzio­
ne, Così, "L'adunata dei refrattari", ricorda la figura del giovane compa­
gno scomparso: "Gino Ascanio, giovane simpatizzante delle nostre idee,
perseguitato in Italia fin dagli anni più teneri, rifugiato e a volta a volta
espulso dalla Francia, dal Belgio, dall'Olanda, dalla Germania e dalla
Svizzera, veniva ultimamente arrestato in Francia e condannato a quat­
tro mesi di detenzione per infrazione al decreto d'espulsìone>. Nell'oc­
casione di questo arresto fu anche bastonato, com'è d'uso inquisitoriale
nelle sentine poliziesche della terza repubblica, perchè imparasse - come
gli dicevano gli aguzzini ed egli ci ripeteva al suo arrivo in Belgio - a
<non mettere più piede in Francia>. Scontata la pena tornò nel Belgio
donde, in seguito a un breve soggiorno fu messo alla frontiera del Lus­
semburgo, sulle orme dì mille e mille paria cui nessuna terra consente
un tetto ospitale. Ma nemmeno nel Granducato del Lussemburgo pote­
va rimanere: senza carte di identificazione, senza passaporto, com'era,
regolarmente rilasciato dall'autorità consolare. Tentò di procurarsele onde
avere dopo tante peripezie un pò dì tregua. Invano. L'agenzia Havas
annunziando il 30 aprile l'uccisione del consigliere di legazione Arena
ne indicava Fautore nella persona di Gino Ascanio, e il movente nel perchè
<avendo egli chiesto documenti d'identità personale il consigliere Arena
si era rifiutato di rilasciargliene a lc u n o ". Gino Ascanio, in "L'adunata
dei refrattari", n. 19, del 15 giugno 1929.
227 Vedi nota 279.
22s Vedi nota 279.
m Anche il soccorso anarchico, peraltro, attraversa una fase di rista-

103
dente riflusso anche in terra d'esilio. Persino le segnalazioni
fiduciarie che concernono le trame ed i complotti di attentati
anarchici sono in netta diminuzione rispetto alla mole degli
anni precedenti. A non placarsi, sono invece le polemiche in­
terne tra i vari gruppi che, anzi, assumono toni così roventi
da indurre Errico Malatesta ad intervenire personalmente per
cercare di distendere gli animi e ritrovare la serenità di un
libero confronto dialettico:

E ' doloroso che in un momento in cui sarebbe più che m ai necessario


la concordia e l'unione, o almeno la reciproca tolleranza, degli uom i­
ni che in fondo combattono per la stessa causa, sciupino le loro forze
attaccandosi l'un l'altro nel modo più sconcio. Poiché, da quello che
ho potuto vedere, o non è più la polemica serena fatta per intendersi,
o per d istinguersi, m a sem pre n ell'in teresse della causa che si
propugna e dei m etodi che si credono migliori. E ' l'attacco, violento,
oltraggioso che sembra ispirato solo dall'odio, dal rancore e non so
da quali altre cattive passioni. Sembra che per sopraffare l'avversa­
rio non si cerchi l'argom ento più valido, il fatto più probativo, ma la
più oscena parola, l'insulto più sanguinoso [...] Io non voglio indaga­
re chi ha ragione e chi ha torto, o piuttosto quanta parte dì ragione e
quanta parte di torto abbia l'uno o l'altro [...] Intendo solo rivolgermi
a tutti i contendenti per fare appello al loro amore della causa, al loro
buon senso, alla loro dignità [...] Io vorrei dunque che si troncasse

gno. "C i limitiamo a segnalare", sì legge in un appello diramato nel mar­


zo del '29 dal CAPVPI di Parigi, "che la scarsità delle entrate ci obbliga a
ridurre i soccorsi in Italia; che non è possibile dare validamente aiuto a
tutte le vittime della reazione belga, francese, lussemburghese che a noi
fanno appello; che dobbiamo fronteggiare tutta una serie di processi per
attentati, richieste ed estradizione in Italia; Caddea, Bonomini, Sanna,
Bartolomei ed altri, per i quali, oltre alle difese legali, intendiamo orga­
nizzare campagne pubbliche di valorizzazione delle nostre idee; che i
sempre più numerosi casi di espulsione, persecuzione, bando ammini­
strativo e politico provocati dalla rinvigorita repressione francese ed este­
ra, ci pongono di fronte spesso ad angosciosi dilemmi. Il Comitato dice
ai compagni: questa è la situazione. Aiutate!". ACS, Min. Int., Dir. Gen.
PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1929, bu sta, fsc. K 1A / Movimento anarchico.
Telegramma postale inviato da Parigi al Capo della polizia. Parigi, 23
marzo 1929.

104
ogni polemica personale; e se qualcuno continuasse non gli si rispon­
desse, salvo, ove fosse il caso, smentire con calma e linguaggio de­
cente, gli errori di fatto e le possibili calunnie230 .

A prescindere dalle schermaglie intestine, il ripiegamento


della lotta in Italia spinge le figure di maggior rilievo del
movimento a riflettere più a fondo sulla trasformazione dei
rapporti di forza in atto nel paese. Nonostante la convinzio­
ne generale permanga quella di una precarietà intrinseca della
dittatura fascista231, inizia infatti ad essere avvertita la neces-

230 E. M alatesta, A proposito di certe polemiche tra anarchici italiani al­


l'estero, in "Fede", n. 4, del 28 gennaio 1930. "Fede", Parigi, quindicinale.
Direttore: Virgilio Gozzoli. Cfr. L. B etoni, op. d i. Più o meno dello stesso
tono, è quest'appello lanciato da Leonida Mastrodicasa in occasione del­
la festa dei lavoratori del 1929: "Questo primo maggio 1929 ha sorpreso
il nostro movimento in una assai triste situazione. Si direbbe ch'esso re­
spira oggi più che mai l'aria dei tempi e ne sconti le conseguenze. E que­
st'aria è quella fredda, pesante e greve della sconfitta che si prolunga,
della ricerca rabbiosa delle altrui responsabilità e mancanze anziché del­
le proprie, dello studio di una situazione non facile ad una situazione
angosciosa e terribile per tutti, soluzione che potrebbe essere affrettata
soltanto dallo sforzo di ciascuno, coordinato nella libera volontà di tutti.
E' fuori luogo, d'altra parte, che la presente situazione spinge le tremule
e basse coscienze a tutte le dedizioni, rinnegamenti e tradimenti e le altre
a tutti gli accorgimenti, sospetti e diffidenze, cosicché nel momento stes­
so in cui necessiterebbe maggior calma operosa e solidale si ha invece la
più grande confusione, il maggior disaccordo e sciupio di forze e di tem­
pori motivi? Le ragioni? Noi non possiamo né vogliamo entrar terzi tra i
litiganti, anche perchè sentiamo imperioso il bisogno ed il dovere di ri­
chiamare i compagni alla brutta realtà del momento, che non consente di
dare spettacoli buoni soltanto a sollazzare i nostri nemici". N umitore (LI
M astrodicasa), Note parigine, in "Il risveglio anarchico", n. 772, del 1929,
231 II discorso intimidatorio tenuto da Mussolini alla ricorrenza del
VII0 anniversario della "Rivoluzione Fascista", ad esempio, è letto da
alcuni esponenti come il segnale inequivocabile di ima dittatura tutto
sommato vacillante e della paura che ancora attanaglia il suo capo. "Nel
suo discorso vacuo e banale", scrive Randolfo Velia, "egli ha dato ordine:
di abbrancare ancora il manganello che ha fracassato tante costole e tanti
crani; egli ha parlato di fucili, di mitragliatrici e di cannoni; ma perchè,
gli si può chiedere, se tu hai il consenso generale del paese? Non minac-

105
sità di doversi liberare dal "dottrinario fantasticare di
dantesche apocalissi ", per interrogarsi sulla reale situazione
interna, sullo stato di rassegnazione e di sfiducia in cui sem­
bra essere precipitato il proletariato italiano, sul ruolo delle
minoranze anarchiche nella nuova congiuntura232. Nell'attua­
le contesto, spiega Camillo Berneri, la lotta antifascista non
può più esaurirsi nell'atto violento tout court, né tantomeno
essere affidata esclusivamente all'"azione saltuaria" di ristret­
te avanguardie proletarie. Urge, al contrario, un'accurata
ridefinizione della priorità degli obiettivi, una rielaborazione
degli orientamenti tattici e strategici, una rilettura delle for­
me e delle modalità di mobilitazione, una nuova imposta­
zione, insomma, dei percorsi operativi che punti tanto a mi­
nare le basi di consenso al regime quanto a fomentare un mo­
vimento a carattere insurrezionale nella penisola. Determi­
nanti, da questo punto di vista, diventano tutte le iniziative
di natura propagandistica che, però, per cercare di risveglia­
re le masse dal torpore in cui sono sprofondate, non possono
più limitarsi ai soliti vaghi e generici appelli insurrezionali,
ma devono essere corredate da un'analisi rigorosa "dei pro­

ciano così capi di governo che pur non vantano tanto consenso e tanta
devozione. Oh! egli se tale minacce ha lanciate, sa bene il perchè. Forse
lui solo sa meglio degli altri come la bufera popolare ingrossa tutti gli
istanti, e pur senza rumore, sta per travolgerlo. Solo lui sa che il suo
dispotismo non è solido, come gli stolti lo reputano; e per questo minac­
cia, e calca il piede sui petto affannoso dell'Italia che rantola", G li Esuli,
Criminaliloquio, in "Vogliamo", n. 4, del novembre 1929. "Vogliamo",
Biasca, Rivista mensile. Direttore: Randolfo Velia. Cfr. L. B etoni, op. cit.
232 "Che importa se non siamo in molti?", si legge su "L'adunata dei
refrattari", "Noi ben possiamo essere la parte incentiva, la forza di pro­
pulsione, il valore suggestivo atto a far scoppiare l'odio popolare al mo­
mento opportuno. E' storicamente dimostrato che ogni rivoluzione non
è stata iniziata da tutta una massa di popolo; ma che è stata opera di
pochi spiriti eletti e coraggiosi che coi loro scritti critici e ideali hanno
seminato il germe della rivolta: germe fecondo che più tardi un manìpo­
lo di generosi ed ardimentosi ha saputo raccogliere e accendere in ma­
gnifiche fiammate di eroismo". T ranquillo, La lotta contro il fascismo, in
"L'adunata dei refrattari", n. 22, del 16 luglio 1929.

106
blemi della rivoluzione italica", da una "critica intelligente
del fascismo", da un "esame dei suoi precedenti necessari nel
pseudo-liberalismo", da un'articolata riflessione "dei mezzi
e modi migliori per abbatter [lo]"233. Certo, l'eroismo militan­
te resta per Berneri il principale fattore trainante di lotta; an­
che sotto quest'aspetto, però, egli non esita a polemizzare
duramente con gli apologeti indefessi del gesto individuale,
reputando indispensabile concepire una strategia volta a co­
ordinare il singolo atto dimostrativo in un'azione unica di
"u rto storico g e n e ra le ". Su lla funzione p rop u lsiva e
rivivificatrice che, nell'attuale fase di lotta, può svolgere una
vasta e capillare attività propagandistica, conviene anche Fe­
lice Vezzani che, dalle pagine de "Il risveglio anarchico", sug­
gerisce espressamente di organizzare "nuclei di uomini riso­
luti e capaci di aprire gli occhi alle masse" su "fatti reali",
sull'"attuale situazione", su "obiettivi minimi ed alla portata
di tutti". Seguiamo la sua riflessione:

Prima colla critica, la quale può essere fatta sotto diverse forme, dal­
la forma rude e violenta, alla forma ironica e satirica. Si approfitti di
tutte le occasioni e soprattutto degli errori, i quali non mancano mai
nel fascismo. [...] Quando si biasima il fascismo, si abbia cura di cita­
re fatti reali e non si dimentichino i suoi numerosi delitti e le sue
mostruosità. Si stabilisca soprattutto un parallelo fra la situazione
attuale e quella negli anni in cui il regime non c'era, quando il prole­
tariato poteva ancora far sentire la sua voce, quando si difendeva
contro la caparbietà padronale, mediante i suoi organismi di resi­
stenza, quando si riuniva nelle sue camere del lavoro, nei suoi circo­
li, nelle sue biblioteche, nelle sue cooperative. Si insìsta su questo
raffronto e si spinga il lavoratore a riconquistare il diritto, strappato­
gli con la violenza, e nuovi diritti [...] Il parallelo fra il regime fascista
trionfante, apportatore di fame e di forca, ed il regime costretto ad
ammettere il calmiere opposto dalla classe lavoratrice all'ingordigia
dello sfruttamento, sarà schiacciante pel fascismo. Coraggio adunque,
e all'azione per schiacciare la malabestia234.

233 C. B erneri, Scuotiamoci dal tedio di un'attesa imbelle, indegna di noi, in


F.M. S antos, Camillo Berneri, op. c it, pagina 585
234 Lux (F. V ezzani), Per un'azione antifascista, in "Il risv eg lio anarchi­
c o " , n. 771, del 1929.
In realtà, ad aprire le prime crepe neiredificio fascista non
è affatto il "parallelo fra la situazione attuale e quella negli
anni in cui il regime non c'era", quanto l'avanzare inarrestabile
della crisi economica mondiale. Anche se il crollo di Wall Street
non ha in Italia ripercussioni così drammatiche come nelle
altre nazioni europee235, la recessione internazionale finisce
però con 1'aggravare ulteriormente i disagi del mondo del
lavoro236, spingendo i ceti proletari alle prime vere manife­
stazioni di protesta e di dissenso alla dittatura fascista. Una
serie di astensioni dal lavoro, scioperi ed agitazioni varie co­
minciano così ad interessare gli stabilimenti del settore tessi­
le per poi propagarsi rapidamente alle miniere e ai cantieri
edili237. Certo, come ha scritto Simona Colarizi, "la dimensio­
ne e soprattutto la qualità del fenomeno palesano la timidez­
za dei lavoratori che il pugno di ferro della dittatura ha or­
mai posto in uno stato di totale soggezione. La paura delle
sanzioni paralizza l'iniziativa o la fa abortire sul nascere. Si
incrociano le braccia per poche ore, si abbandona il lavoro
per un giorno; il contegno degli scioperanti - come riferisco­
no i prefetti - è sempre calmo e disciplinato; soprattutto manca,
in ogni caso, il movente politico"238. Eppure, bastano già questi
piccoli episodi di rottura della legalità per scatenare l'imme­
diata reazione del regime: a Bergamo, dove è avvenuto il pri­
mo sciopero, le forze dell'ordine procedono all'arresto di otto
manifestanti, tra cui persino il fiduciario fascista del sindaca­
to operaio locale. Per quanto rigorosa e tempestiva, la repres­

235 L'orientamento delia produzione verso il mercato interno, aveva


infatti in parte già anticipato gli effetti negativi della recessione.
236 Si pensi che, dall'ottobre del 1929 al dicembre dei 1930, la disoccu­
pazione passa dalle 304.000 alle 742.235 unità. Cfr. S. C olarizi, L'opinione
degli italiani sotto il Regime. 1929-1943, Laterza, Bari, 1991, pagina 38, nota
14.
237 Durante il 1929 sono indette 5 serrate, 8 agitazioni, 81 astensioni
dal lavoro, 4 scioperi, 8 scioperi bianchi e 68 dimostrazioni a carattere
collettivo. Cfr. R. D e F elice, Mussolini il fascista, op. cit, pagina 452, nota
2; R. D e F elice, Mussolini il duce, op. cit., pagina 77.
23KS. C olarizi, L'opinione degli italiani, op. cit., pagina 39.

108
sione può però solo momentaneamente contenere una prote­
sta popolare che è destinata ad acuirsi con l'avvento del nuo-:
vo anno, quando la crisi economica comincia ad espandersi
in tutto il paese investendo le zone ad alta concentrazione
industriale e a forte insediamento operaio.

2 - L a ripresa nel 1930

Sebbene si tratti di un fenomeno dovuto più al profondo


disagio prodotto dalla depressione economica generale che
al risveglio rivoluzionario delle masse, la protesta popolare
contro la disoccupazione, le decurtazioni salariali239, il caro­
vita e le imposte, sta dilagando dal Sud al Nord della peniso­
la delineando uno scenario di contrapposizione m asse/pote-
re del tutto inedito per l'Italia fascista240. Le forme di ribellio­
ne più frequenti sono quelle che riecheggiano la tipologia di
lotte contadine ottocentesche, quali incendi alle esattorie e
alle tesorerie comunali, assedi ai municipi, ai palazzi comu-

239 Le riduzioni salariali del 1930, sono per gli operai dell'8%, per gli
impiegati, con stipendio superiore alle mille lire al mese, del 10%, per
tutti gli altri impiegati dell'8%. Nel settore agricolo si stabiliva invece
una percentuale del 4%. Cfr. S- C olarizi, L'opinione degli italiani, op. cit.
240 Nel 1930 si verificano 176 agitazioni e 149 dimostrazioni a caratte­
re collettivo. Le regioni interessate sono: ' Piemonte (Torino, Antignano
d'Asti, Varalle), Lombardia (Milano), Liguria (Genova), Veneto (Vero­
na), Toscana (Montevarchi, Arezzo), Emilia Romagna (Faenza, Piacenza,
Bologna), Lazio (Poggio Catino, Ariccia, alcune zone dei Castelli roma­
ni), Abruzzo (San Benedetto dei Marsi), Marche (Ancona), Campania
(Castellamare), Calabria (Castrovillari), Puglia (Martina Franca, Bitonto,
Novoli), Sicilia (Pachino, Modica, Alcamo, Randazzo, Castigliono,
Linguaglossa, Barrafranca, Messina, Trapani, Catania) e Sardegna;
(Montevecchio). Cfr., R. D e F elice, Mussolini il duce, op. cit. Sulla protesta
sociale durante gli anni della crisi economica internazionale, vedi.; S.
C olarizi, L'opinione degli italiani, op. cit. N. T ranfaglia, La prima guerra
mondiale e il fascismo, UTET, Torino, 1995; M. C hiodo, Geografìa e forme del
dissenso sociale in Italia durante il fascismo (1928-1934), Pellegrini, Cosenza, ;
1990; U. F edeli Un trentennio, op. cit.

109
nali, alle sedi dei fasci locali o alle case dei podestà241. Nume­
rose sono però anche le dimostrazioni operaie nei grandi centri
industriali del Nord, molte delle quali degenerano peraltro
in tumulti e scontri violenti con le forze dell'ordine. In alcune
località, infine, si verificano persino attentati dinamitardi con­
tro sedi istituzionali e redazioni di giornali242, nonché esecu­
zioni a freddo di singole personalità in vista del regime243.
Le tensioni sociali che infuriano nel paese, favoriscono una
rapida ripresa del movimento anarchico che, alla pari delle
altre forze antifasciste244, cerca subito di collegarsi al malcon-

241 Eccone alcuni esempi. Palermo: numerose manifestazioni di pro­


testa, ribellioni e tumulti avvengono dinnanzi al municipio ed alle sedi
dei fasci locali; Piacenza: il 1° luglio, una manifestazione degenera in
scontri a fuoco tra fascisti ed antifascisti; S. Benedetto dei Marsi: alcuni
esattori, presi d'assalto da folle inferocite, sono costretti a rifugiarsi nella
caserma dei carabinieri, che viene assediata da 150 persone; Faenza: tra
il 3 e il 4 gennaio, notte di duri scontri tra contadini e squadristi;
Linguaglossa, 1600 persone invadono il municipio, il dopolavoro, la casa
del fascio, la sezione combattenti, la pretura e gli uffici delle imposte;
Castrovillari: tremila persone, esasperate e urlanti, assediano la casa del
podestà; Martina Franca: una mobilitazione popolare contro l'imposta
sul vino degenera in una vera e propria sommossa. Cfr. S. C olarizi, L'opi­
nione degli italiani, op. cit; "Almanacco libertario pro-vittime politiche",
anno 1930; U. F edeli, Un trentennio, op. cit.
242 Come l'attentato alla redazione del "Popolo di Trieste", realizzato
da un gruppo di militanti sloveni; quattro di questi sono condannati alla
pena di morte. Cfr., "Almanacco libertario pro-vittime politiche", anno
1930; U. F edeli, Un trentennio, op. c it
243 II 3 gennaio viene ucciso a Faenza un milite fascista, mentre il 7
ottobre, a Viilasanta (Mi), Giovanni Covolcoli spara contro il podestà ed
il segretario del fascio locale, ferendo quest'ultimo gravemente. Il 13
marzo un operaio antifascista, tal Giorgini, penetra nella sede del fascio
di Ravenna ed uccide per vendetta lo squadrista Angelini. Cfr., "Alma­
nacco libertario pro-vittime politiche", anno 1930; U. F edeli, Un trentennio,
op. cit.
244Tra le tante iniziative intraprese nel 1930, va ricordato il clamoroso
gesto del giellista Giovanni Bassanesi che, l'undici luglio, compie un'in­
cursione aerea su Milano riversando sulle strade numerose copie di
manifestini che incitano alla sollevazione armata popolare contro la ti­
rannia fascista. Nel novembre 1931, Bassanesi organizza un nuovo volo

110
tento popolare per imprimere alla protesta contenuti rivolu­
zionari. Dalla consultazione degli archivi di polizia e della
documentaristica libertaria, emerge come un pò in tutte le
regioni stia avvenendo tanto una proliferazione di piccoli
gruppi, cellule e nuclei d'azione, quanto cui considerevole svi­
luppo di tutte le tipiche forme di lotta antifascista: diffusione
di materiale propagandistico, riallacciamento dei collegamenti
con i militanti in esilio, raccolta e distribuzione dei soccorsi
pro-vittime politiche, organizzazione di espatri clandestini,
progetti di attentati contro il duce o alte personalità istituzio­
nali.
In intensa attività sono i quadri che operano in Toscana.
Riunioni segrete di "combriccole anarchiche" vengono segna­
late a Cerbaiola245, mentre a Pisa, a Pistoia e a Livorno, la po­
lizia rinviene esem plari di m anifestini di propaganda
libertaria inneggianti alla festa dei lavoratori e alla rivoluzio­
ne sociale. Ad Empoli, poi, viene arrestata un'intera famiglia
di anarchici ritenuta coinvolta in un'esplosione dinamitarda,
avvenuta nella notte tra il 16 ed il 17 maggio alla caserma dei
carabinieri246. Da Firenze, un fiduciario rivela invece che al-

suiritalia, che però non porta poi a compimento. Cfr. J. P etersen, Gli
antifascisti italiani in Germania e il volo di Bassanesi nel novembre 1931, in "Il
Movimento di liberazione in Italia", ottobre-dicembre 1968, pp. 37 sgg.
Un'incursione aerea su Roma, con lancio di manifestini contenti appelli
al Vittorio Emanuele affinchè liberi l'Italia dalla tirannia fascista, viene
invece effettuata da Lauro De Bosis il 3 ottobre 1931. Cfr., L. D e B osis,
Storia della mia morte, op. cit
245 Nel mese di aprile, ad esempio, la polizia fa irruzione in una riu­
nione di un gruppo misto di militanti anarchici e comunisti. Tra gli anar­
chici presenti, sono, segnalati: Ottavio Antonini, Settimio Lazzaretti,
Quirino Raffaelli, Giuseppe Galigani, Renato Marmugì e Oreste Masi.
ACS, Min. Int. Divisione Polizia Politica (fascicoli per materia), busta 39,
fsc. KIB/Partito comunista (Firenze 1930-1931), Rapporto del prefetto di
Firenze, del 20 giugno 1930.
146 Insieme a Bruna Antonimi, incriminata per l'esplosione, sono ar­
restati il padre, la madre, la zia, il nonno e persino il falegname che lavo­
ra nella bottega di famiglia. Dopo un anno, Bruna Antonini viene scarce­
rata per insufficienza di prove. La bomba alla caserma, era stata colloca­

li!
curii ex quadri anarcosindacalisti stanno adoperandosi, in
collaborazione con elementi comunisti, nel rilancio delle lot­
te operaie nelle fabbriche della Galileo e del Pignone. Que-
s f ultima informazione è accolta con particolare apprensione
dalle autorità, che temono insubordinazioni proletarie in oc­
casione della imminente visita di Mussolini a Firenze; anche
perché, in alcuni quartieri popolari, sono state ritrovate copie
di volantini che esortano le masse a far 'Vedere a codesto
Duce come Firenze è"247. Sotto questo aspetto, la segnalazio­
ne più preoccupante arriva però da Massa Carrara: sarebbe
infatti attivo in città un nucleo terroristico - "Mano nera"248 -
che avrebbe già pronto un piano per attentare alla vita del
capo del fascismo. Gran fermento organizzativo si registra
anche nel Lazio dove, oltre alle solite iniziative dei gruppi
rionali romani, si denuncia la presenza di cellule anarchiche
nella zona dei Castelli ed a Civitavecchia249. "Covi anarchici"
vengono poi scoperti ad Arnaz (Val d'Aosta), a Rovereto

ta da un miliziano fascista per motivi di rancore personale. Cfr. L. Di


L embo, Il movimento anarchico, op. c it, pp. 194-195.
247 "Non possiamo metterci contro (troppa forza hanno nelle loro
mani) ma facciamo almeno vedere a codesto Duce come Firenze è. Vi
costringeranno al corteo, andate col passo stanco, lasciate trasparire dai
vostri volti che vi hanno mandato, non acclamate, ma assistete in silen­
zio ad una delle ultime manifestazioni fasciste". S. C olarizi, L'opinione
degli italiani, op. cit., pp. 44-45.
2Aii "La sede dell'associazione", si legge in una relazione di polizia,
"sarebbe in Massa, in Piazza Mercuria, in un solaio, nell'immobile al cui
pian terreno trovasi la panetteria-osteria "dalia Roma", gestita da una
donna di malaffare. I sowenzionatori del complotto sarebbero gli avvo­
cati Piovani e Cecchieri, ambedue di Massa Carrara. Un importante de­
posito di armi, fucili, mitragliatrici, cannoni, munizioni, rimontante al
periodo post-bellico, si troverebbe in località Sulbuio, comune di San
Francesco (Carrara), in ima galleria sotterranea di una casa sita al piè di
una collina". ACS, Min. In t, Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1930-
31, busta 400, fsc. KlA/M ovim ento anarchico, AA. PP. (Massa Carrara),
Riservatissima del vice consolato d'Italia a Tolosa, Auch., 26 marzo 1930.
24yDove - segnala una nota fiduciaria - alcuni militanti si radunano in
un ex convento per preparare materiale dinamitardo con esplosivi sot­
tratti al poligono militare della città.

112
(Trentino) e a Genova. I fenomeni di protesta sociale scoppia­
ti in diversi centri e zone rurali della Sicilia, convincono in­
tanto Paolo Schicchi a rientrare in Italia per mettere in atto i
suoi progetti insurrezionali. Partito da Tunisi insieme a Sal­
vatore Renda e Filippo Gramignano, Schicchi e i suoi compa­
gni sono però traditi dalla delazione di un doppiogiochista250,
e catturati appena sbarcati nel porto di Palermo. Subito dopo,
sono tratti in arresto alcuni esponenti dei nuclei palermitani
e trapanesi che avrebbero dovuto fungere da supporto
logistico ai piani dello Schicchi251.
N atu ralm ente, i tim ori della p olizia per il rilancio
dell'antifascismo anarchico nel paese si accrescono a dismi-
> sura non appena spie, confidenti ed informatori avvertono
di un incremento delTattività cospirativa nelle zone ad alta
concentrazione operaia. Le relazioni fiduciarie provenienti da
Milano, ad esempio, non sono a riguardo per nulla rassicu­
ranti. Malgrado la retata di arresti seguita alla vicenda Costa-
Peretti, i gruppi milanesi continuano infatti a mostrare segni
di gran vitalità. Con particolare attenzione vengono seguite
le mosse di Augusto Castrucci252 - che sta adoperandosi a
riallacciare i collegamenti tra i diversi nuclei attivi in città -

250 Paolo Schicchi, Salvatore Renda e Filippo Gramignano sono de­


nunciati al Tribunale Speciale con l'accusa di aver ordito un complotto
"per promuovere una violenta propaganda insurrezionale a mezzo di
manifestini incitanti alla rivolta; per compiere attentati terroristici [...];
per raggiungere infine l'obiettivo di provocare un movimento insurre­
zionale in Sicilia speculando anche sull'attuale disagio economico, non­
ché presumibilmente per attentare alla vita di S.E. il Capo del Governo
in occasione della sua preannunziata prossima venuta a Palermo". ACS,
t CPC, busta 4693, fsc. Schicchi Paolo, Relazione del prefetto di Palermo
del 23 agosto 1930. Schicchi, Renda e Gramignano, vengono condannati
rispettivamente a: 10 anni; 8 anni, 9 mesi e 15 giorni; 6 anni. Nel 1932
Salvatore Renda inoltra domanda di grazia a Mussolini. Liberato dal car­
cere, l'anarchico diviene un informatore al servizio della questura di Tra-::,
pani. Sulla intera vicenda, vedi: F. G ramignano, op. cit.
251 Tra cui Nino Guarisco, Calogeno Pontillo, Nino Casubolo ed il
socialista Ignazio Soresi.
252 Ex ferroviere, membro del consiglio generale della SFL

113
Pietro De Gaetano - che "riceverebbe stampe e manifesti sov­
versivi, farebbe propaganda tenendo riunioni con elementi
fidati e si manterrebbe in relazione con diversi anarchici del
Regno"253 - e Fioravante Meniconi - che sarebbe rientrato in
Italia "per ristabilire i contatti tra i militanti all'interno e quelli
all'estero". Frequenti, poi, sono gli incontri segreti nei luoghi
di socialità diffusa "per tracciare un quadro della situazione
e ristabilire i contatti a livello locale"254. In netto recupero ri­
spetto al 1929, sono anche le iniziative di natura propagandi­
stica. Una perquisizione operata in una tipografìa "sospet­
ta", porta al sequestro di mille copie di un volantino inneg­
giante alla festa dei lavoratori255, mentre esemplari del nu­
mero unico di "Umanità Nova" - pubblicato a Buenos Aires
per la ricorrenza del primo maggio - vengono reperiti in vari
punti della città. Alcuni operai anarchici dell'Alfa Romeo,
sono invece tratti in arresto perché sorpresi a diffondere opu­
scoli e manifestini antifascisti durante una manifestazione
indetta per protestare contro il caro-vita e la disoccupazione.
La città dove la crisi economica ha aggravato a tal punto
le condizioni di vita delle masse da far temere un'esplosione
del malcontento popolare, è però Torino. Alla Fiat Lingotto,
informa una relazione fiduciaria, è in atto una propaganda

diretta alla completa astensione dal lavoro a scopo di ostile dim o­


strazione il giorno in cui S.E. il Capo del Governo, in occasione del
viaggio a Torino, intendesse portarsi colà a visitare gli stabilimenti. A
tal riguardo sarebbero già stati presi accordi tra alcuni capi reparto
per prospettare in quella data a chi di ragione, siccom e dovute a
malattie, le assenze degli operai256 .

253 ACS, Min. In t, Divisione Polizia Politica (fascicoli per materia),


busta 92, fsc. F4 (Umanità Nova), Appunto della Divisione Polizia Politi­
ca, Milano, 11 gennaio 1930.
254 II 2 marzo, ad esempio, alcuni militanti vengono sorpresi nel cor­
so di una riunione in una trattoria di via Panfilo Castaldi 26. Un gruppo
di circa dieci membri, riesce invece appena in tempo a dileguarsi, da
un'osteria di Borgo Pio, prima dell'irruzione della polizia.
255 E' la tipografia dei fratelli Baraldi, sita in viale Abruzzi 92.
256 ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CI (1927-1933), busta
17, fsc. Roma, Relazione fiduciaria del 26 aprile 1930.

114
In occasione dell'anniversario del primo maggio, poi, si
denuncia il ritrovamento di volantini e la comparsa di scritte
murali che inneggiano alla festa dei lavoratori in numerosi
quartieri proletari e borghi di periferia. Nello stesso giorno,
gli operai della Fìat riescono ad imporre al personale direttivo
che l'orologio dei cartellini timbri in rosso anziché, come di
norma, in blu. Una dimostrazione contro le decurtazioni sa­
lariali ed il licenziamento di 600 compagni, indetta il 31 lu­
glio dai lavoratori delle Ferriere, costringe invece militi, re­
parti di cavalleria e forze di polizia a caricare duramente i
d im o stra n ti e a procedere a numerosi arresti. Ma è col so­
praggiungere dell'inverno che la situazione si aggrava peri­
colosamente. Il 24 novembre, il prefetto telegrafa che circa
trecento disoccupati "recatisi uffici collocamento, non aven­
do potuto ottenere lavoro, si sono diretti in massa in Piazza
Castello con intenzioni presentarsi at me per chiedere lavoro.
Lungo tragitto hanno emesso grida: cvogliamo pane e lavo­
r o " 257 . Due giorni più tardi, dopo aver assaltato alla Barrie­
ra di San Paolo e alla Barriera di Milano un camion che tra­
sporta generi alimentari,

un corteo di circa duemila dimostranti si è formato nelle adiacenze


della ex Camera del Lavoro, incanalandosi per corso Galileo Ferraris
verso il centro. Sbandati dalla polizia all'altezza di corso Vittorio
Emanuele i dimostranti hanno ugualmente raggiunto via Roma, dove
il corteo si è costituito sem pre al grido di: Pane e Lavoro! Giunto in
piazza San Carlo, dove ha sede la Questura, numerose forze di poli­
zia hanno caricato con inaudita violenza a colpi di bastone e di scia­
bola, costringendo i dimostranti a sciogliersi. Furono operati num e­
rosi arresti. L'impressione in città è enorme. Le autorità seriamente
preoccupate hanno preso enormi misure di sicurezza. Pattuglioni di.
carabinieri e di agenti perlustrano giorno e notte la città258 .

Questa condizione di alta fibrillazione sociale costituisce:;


un humus particolarmente fertile su cui attecchire per le cel-

257 Cit. in: N. T ranfaglia, op. cit., pagina 473.


258 G erminal (C. Sobrito), Lettere dall'Italia, in "Il risveglio anarchico",
n. 811, del dicembre 1930.

115
lule anarchiche sparse nei rioni proletari della città. Simulta­
neamente al dispiegarsi della protesta, i quadri torinesi stan­
no infatti prodigandosi nella predisposizione di una serie di
iniziative dirette tanto al rilancio della lotta antifascista quanto
ad accrescere e diffondere il malcontento popolare per il peg­
gioramento delle condizioni di vita. Ad allertare la polizia
sono soprattutto la "Barriera di Nizza" e la "Barriera di Mila­
no"259, due gruppi, rispettivamente di sei e dieci membri, at­
tivi nella propaganda rivoluzionaria nelle fabbriche, nella dif­
fusione della stampa proveniente dall'estero, nell'azione di
soccorso pro-vittime politiche, nell'organizzazione di espatri
clandestini e nel mantenimento dei collegamenti con i mili­
tanti in esilio260. Elementi di spicco ne sono Michele Guasco,
Dante Armanetti, Vindice Tosi e Settimo Guerrieri. Come in­
forma un fiduciario della questura, i quattro hanno costituito
un comitato di coordinamento delle varie cellule allo scopo
precipuo "di approfittare del disagio economico prodotto dal-

^ Barriera di Milano e Barriera di Nizza erano due quartieri periferi­


ci delia città ad alta concentrazione industriale e forti tradizioni libertarie.
Alla Barriera di Milano, si era inoltre formata una comunità di anarchici
piombinesi emigrati dal paese di origine intorno ai primi anni venti. Molti
di loro vengono assunti come operai alla Fìat Ferriere. Si ricordano: i
fratelli Ilio e Giuseppe Baroni, Aldo Demi, ì fratelli Vindice e Muzio Tosi,
Tillio Ticciatì, Settimo Gurerrieri, i fratelli Giacomelli, Cafiero Meucci,
Mario Carpini, Luigi Ravenni, Marino Ripoli, Dario Franci, Ivan Ricucci,
Esmeraldo Agnarelli, Antonio Frosoli e Balilla Forti. Cfr. T. Imperato, Anar­
chici a Torino, in "Rivista storica dell'anarchismo", n. 2, Biblioteca Franco
Serantini, Pisa, 1995, pagina 62; F. G iuuetti, lgruppi anarchici "Barriera di
Nizza” e "Barriera di Milano" nella rete della polizia fascista. Torino 1930, in
"Rivista storica dell'anarchismo", n.2, Biblioteca Franco Serantini, Pisa,
1997. E' da ricordare che Barriera di Milano era stato anche uno dei rioni
teatro dei moti popolari contro il caroviveri e la guerra, scoppiato nel­
l'agosto del 1917.
260 In particolare con Luigi Bertoni in Svizzera e con un gruppo di
militanti piemontesi e toscani emigrati a Lione e aderenti al circolo "Sac­
co e Vanzetti" - Giovan Battista Saroglia, Luigi Mario Ravenni, Alvaro
Pìetrucci, Marino Ripoli, Socrate Franchi, Gemisto Vailesi, Mario Garello,
Tito Salvadori, Marcello Basso e Giovanni Matteozzi. Per un cenno bio­
grafico su questi anarchici rifugiatisi a Lione, cfr. F. G iuuetti, op. cit.

116
la disoccupazione tra gli operai per sfruttare qualche even­
tuale manifestazione, e nel caso anche organizzarle, onde tra­
scendere ad azione violenta e creare torbidi"261. Nelle riunio­
ni che il comitato indice presso i locali della "Mutua fra
fonditori", prosegue allarmato il confidente, si contano a vol­
te sino a centoventi presenze. Sembra, inoltre, che si possa
disporre "di armi sottratte a suo tempo alla Fiat durante l'oc­
cupazione delle fabbriche"262, nonché di un ciclostile per stam­
pare alla macchia materiale propagandistico di vario tipo e
taglio. Ce n'è insomma quanto basta per avviare una vasta e
capillare indagine che, diretta dal com m issario di PS
Mambrini, porta nel giro di pochi mesi al fermo di tutti gli
esponenti della "Barriera di Nizza" e della "Barriera di Mila­
n o "253. Per non compromettere il lavoro di spie e fiduciari
infiltratisi abilmente tra i gruppi, non vengono invece arre­
stati i membri degli altri nuclei minori che264, d'altra parte,

2fil ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., PS, CC. AA., 1930-31,
busta 400, fsc. K1A/Movimento anarchico, AA. PP. (Torino), Rapporto
della questura di Torino, d ell'll ottobre 1930.
262 Ibidem.
263 Per una descrizione dettagliata dell'indagine di polizia che con­
duce all'individuazione dei gruppi ''Barriera di Nizza" e "Barriera di
Milano", vedi F. G iulietti, op. cit. Alla "Barriera di Nizza" aderiscono:
Cesare Sobrito, Emilio Bernasconi, Michele Guasco, Michele Candela,
Eugenio Martinelli e Vittorio Levis. Della "Barriera di Milano", sono in­
vece membri: Settimo Guerrieri, Dario Franci, Arduilio D'Angina, Dante
Armanetti, i fratelli Vindice e Muzio Tosi, i fratelli Cornelio e Nunzio
Giacomelli e Mario Carpini. Vengono condannati, al confino Guerrieri (5
anni), D'Angina (3 anni), Armanetti e M. Tosi (2 anni); aH'ammonizione
Bernasconi, C. Giacom elli e Carpini; alla diffida V. Tosi, Candela,
Martinelli, Guasco e il Levis.
264 In particolare, i membri dei gruppi "Barriera San Paolo" e "Cam­
pidoglio": Corrado Quaglino, Pietro Mazzini, Guido Cazzola, Felice:
Quagliotti, Alberto Grimaldi, Carlo Oldani, Giacinto Repossi, i fratelli1
Ilio e Giuseppe Baroni, Aldo Demi, Ti Ilio Ticciati, Carierò Me ucci,
Esmeraldo Agnarelli, Antonio Frosoìi, Balilla Forti, Giuseppe Bolin, Gui­
do Polidori, Antonio Mairone, Bartolo Giambarda, Mario De Pasquali,
Luigi Dai Santo, Mario Neggia, Eugenio Botto, Antonio Garino, Spartaco
Bastioni, Carlo Cacciolatto e Giovanni Gravele.
dopo la retata dei loro com pagni sono costretti a limitare sen-
sibilmente la propria azione clandestina.
Le notizie provenienti dall'Italia, infondono ovviamente
grande entusiasmo all'estero dove comincia sempre più a ra­
dicarsi la convinzione di trovarsi alle soglie di un vero e pro­
prio processo di rivolgimento sociale. L'ottimismo che per­
vade i fuorusciti è così alto che persino la nuova ondata di
terrore poliziesco scatenatasi nel paese viene letta come
l'"estremo rantolo" di una dittatura agonizzante e ormai sul
punto di crollare265. "La repressione", asserisce la redazione
di "La lotta umana",

significa che il fascismo sente tutta l'im m inenza del pericolo. E sotto
questo aspetto ci rallegriamo dell'aum entata furia repressiva [...] Il
fascismo è allo stremo, e il suo furore si accresce in ragione della po­
tenza e dell'energia degli attacchi che da ogni parte ormai lo stringo­
no, e dai quali ha un bel divincolarsi ma non si libera più [...] Compa-

265 Si pensi che, nel solo 1930, il Tribunale speciale commina pene per
un ammontare di 11 secoli. Nello stesso anno, vengono introdotte nel
codice penale alcune leggi che prevedono sanzioni dai 5 ai 12 anni a chi
dirige, propaganda o aderisce ad associazioni anarchiche. Sempre nel
1930, infine, il Ministero dellTntemo dà disposizione ai prefetti di tra­
smettere periodicamente a Roma gli elenchi delle "persone da arrestarsi
in determinate contingenze", suddivisi in cinque categorie: "1°) persone
pericolosissime (pericolose tra le pericolose), categoria questa nella qua­
le dovranno essere compresi i sovversivi ritenuti capaci di commettere
gravi azioni criminose (attentati contro personalità, attentati terroristici,
ecc.) e coloro che si ritengono capaci di organizzare gli stessi delitti o di
compierli per mandato dei priori; 2°) persone pericolose, quelle cioè che
in occasione di cerimonie, festeggiamenti od altro debbano essere arre­
state in quanto capaci di turbarne il tranquillo svolgimento, con atti in­
consulti; 3°) persone da ritenersi pericolose in casi dì turbamento dell'or­
dine pubblico perchè capaci di organizzare, dirìgere o prendere parte ad
azioni delittuose collettive; 4°) squilibrati di mente; 5°) pregiudicati per
delitti comuni ritenuti effettivamente pericolosi ed il cui arresto, nelle
circostanze su accennate, sì rende necessario per la sicurezza dei luoghi
e delle persone". ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA.,
1930-31, busta 400, fsc. K1A/Movimento anarchico (AA. GG.). Roma,
Circolare del Ministero dell'Interno ai Prefetti del Regno, del 28 giugno
1930.

118
gni e lavoratori d'Italia, speratelo e pensatelo con noi: siamo alia vi­
gilia di eventi risolutivi. La barcaccia fantasma fa acqua da tutte le
parti. La crisi infierisce e di giorno in giorno si aggrava in tutti i rami
dell'attività nazionale [...] e le popolazioni cadono nell'ultim o grado
della miseria e piom bano nelle strette angosciose della fame [...] E' la
fine. La belva rantola, la belva è agli estremi. Su: su tutti in un impeto
unanime e concorde, a vibrare gli ultimi colpi. E ' l'ora 256.

Al di là di queste previsioni alquanto avveniristiche, la spe­


ranza di un imminente moto insurrezionale nella penisola
determina un incremento di tutta l'attività anarchica all'este­
ro, in particolare in Francia. Tra le tante iniziative portate a
compimento in questi mesi, va segnalata la trasformazione
strutturale dell'UAI nelTUCAPI (Unione comunista anarchi­
ca dei profughi italiani), avvenuta a Parigi nel gennaio del
1930. Il fine dell'operazione è quello di creare un organismo
in grado di proporsi quale elemento di confluenza e di aggre­
gazione di tutti i gruppi anarcocomunisti in esilio, molti dei
quali non avevano aderito all'UAI a causa delle sue peculia­
rità di "sintesi". L'aggiunta dell'aggettivo "comunista" come
attributo identitario della nuova organizzazione, si presta però
alle critiche di quanti avversano un modello associativo di
"tendenza", per non parlare poi del dissenso delle correnti
individualiste ed antiorganizzatrici. Nonostante queste
incongruenze, l'UCAPI provvede subito alla convocazione
di diverse riunioni, durante le quali viene avviata un'opera
di ricostituzione di gruppi d'azione preposti ad alimentare la26

266 La belva all'agonia, in "Lotta anarchica", n. 3, del novembre 1930.


"M ai come oggi", rincara la dose "L'adunata dei refrattari", "si è vista
così vicina la fine del dominio dei briganti che opprimono il popolo ita­
liano; mai come oggi è stato prossimo il giorno del giudizio. In Italia è
cominciato il principio della fine. I fascisti lo sanno bene, cercano con,
tutti i mezzi che la paura loro ispira, di terrorizzare il popolo, per affer­
mare ancora il loro dominio. La fine di questa vergogna è più vicina di
quanto non si creda, ed i compagni tutti sappiano in "quel giorno d'alle­
gra vendetta" colpire tutti i cairn che per pusillanimità e per lucro, tradi­
rono la fede ed i fratelli di lotta". Per non dimenticare, in "L'adunata dei
refrattari", n. 35, del 27 settembre 1930.

119
lotta in Italia. Come si legge nell'editoriale apparso sul primo
numero del suo organo di stampa - "Lotta anarchica"267 -
l'UCAPI si propone infatti di

coordinare l'attività dei compagni fuorusciti e di quelli rimasti in Ita­


lia, aiutando questi ultimi nei loro sforzi rivoluzionari con ogni mez­
zo; affrettare lo scoppio dell'insurrezione e intanto preparare m ate­
rialmente gli anarchici, invitandoli a costituire gruppi d'azione; stu­
diare i problem i concreti del domani e perciò indicare alle masse cosa
gli anarchici intenderebbero sostituire all'attuale organizzazione au­
toritaria, puntualizzando il ruolo del m ovim ento268.

Indipendentem ente dalla piattaform a rivendicativa


dell'UCAPI, un prezioso lavoro di coordinamento con i mili­
tanti attivi all'interno è in piena realizzazione anche in Bel­
gio, in Svizzera e negli Stati Uniti. "Apprendiamo e comuni­
chiamo", si legge in un rapporto confidenziale proveniente
da Ginevra,

che organizzazioni anarchiche di Ginevra, Parigi, Belgio, America


ricevono corrispondenze dall'Italia sotto nom i ipotetici e non sem­
pre im postate nella stessa località. Le lettere trattano di organizza­
zioni anarchiche in Italia, di notizie di spostam enti di grandi perso­
naggi, di feste con intervento di Sovrani e del Duce, indicando luo­
ghi e preparazioni senza alludere a persone o dimostrare interessa­
mento o sospetto per una eventuale censura. Quando la lettera parla
e spiega di organizzazione,non si accenna quale organizzazione, né

267 "L otta anarchica", Parigi, quindicinale. D irettori; Leonida


Mastrodicasa e Bernardo Cremonini. Cfr. L. Bettini, op. cit.
268 "Lotta anarchica", n .l, del 6 dicembre 1929. "Lotta anarchica" vie­
ne diffuso in Francia, nelle zone di Parigi, Marsiglia, Tolone, Lione e nel
Dipartimento del Doubs; in Svizzera, a Ginevra, Basilea, Zurigo e nel
Canton Ticino; in Belgio, a Liegi, Bruxelles e nel Bacino di Charleroi; in
Argentina, a Buenos Aires; negli Stati Uniti, in particolare a Pittsburg e
in California; in Inghilterra, a Londra; in A ustralia, nella zona di
Melbourne. Tramite Domenico Zavattero, che può contare a sua volta su
diversi emissari attivi a Milano, Torino, Genova, Bologna, Ancona, Na­
poli ed altre città, si fanno pervenire in Italia 15.000 delle 30.000 copie del
giornale, che però vengono in gran parte sequestrate dalla polizia.

120
dove e come, ma ci si mantiene sulle generali in modo che a leggerla
non smaschera il vero concetto. Così pure quando si tratta di testa o
di personalità vien fatta una narrazione come fosse una notizia del
luogo che si da ad un famigliare269.

I numerosi riferimenti agli "spostamenti di grandi perso­


naggi" e alle "feste con intervento dei Sovrani e del Duce",
fanno temere alla polizia che negli ambienti del fuoruscitismo
si stia tramando per organizzare nuove azioni terroristiche.
In effetti, le relazioni fiduciarie sull'argomento segnano ima
forte impennata dopo l'arretramento del 1929. Sempre da Gi­
nevra, ad esempio, si rende noto non solo che Luigi Bertoni,
Carlo Frigerio, Giuseppe Bonaria ed Ernesto Grandi stanno
raccogliendo fondi per attuare una serie di attentati contro
alti esponenti del regime, ma che Camillo Berneri ed alcuni
militanti giellisti stanno progettando di compiere un'azione
terroristica alla sede della Società della Nazioni. Un complot­
to per sopprimere Mussolini, in occasione della sua visita a
Milano per la ricorrenza del Natale di Roma, sarebbe invece
stato ordito dagli anarchici esuli negli Stati Uniti, mentre da
Parigi si segnala che Antonio Cieri sì appresterebbe a rientra­
re in Italia con "propositi violenti e criminosi", A Lione, infi­
ne, i membri del circolo "Sacco e Vanzetti"270, avrebbero ide­
ato un piano finalizzato a "sequestrare e tenere come ostaggi
diversi fascisti e poscia fare una richiesta direttamente al Mi­
nistero di Grazia e Giustizia, per costringere il governo a con­
cedere un'amnistia ai condannati politici"271. E l'elenco di
questi episodi, come s'è più volte avvertito, potrebbe conti­
nuare all'infinito.

269 ACShMin. Int. Divisione Polizia Politica (fascicoli per materia),


busta 101, fsc., 21 (anarchici), Informazione fiduciaria proveniente da Gi­
nevra, il 10 dicembre 1930.
270 Vedi nota 260.
271ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. A A .,1930-31, busta
400, fsc. KlA/M ovim ento anarchico, AA. PP. (Torino), Rapporto della
questura di Torino, del 30 maggio 1930.

121
3- 7/ contesto internazionale

Mentre la crisi economica sta propagandosi in tutti gli Stati


europei scatenando tensioni politiche e fermenti sociali, la si­
tuazione internazionale attraversa invece una fase di disten­
sione e di relativa stabilità. A rasserenare i rapporti tra le gran­
di potenze, sono soprattutto l'elaborazione del piano Young
(giugno 1929)272273e lo sgombero della Renania dai reparti fran­
co-belgi, che segnano un'ulteriore tappa di quel percorso di
disgelo e di ravvicinamento tra Parigi e Berlino già in atto da
alcuni anni. Naturalmente, sono ancora tanti i contenziosi ri­
masti irrisolti, a cominciare dagli attriti sui territori coloniali;
ma la convinzione che dirimendo la questione franco-tede­
sca venga a cadere il fattore principale di turbamento inter­
nazionale è cosi diffusa e radicata che negli ambienti diplo­
matici cominciano persino a circolare progetti di una federa­
zione politica di Stati, primo nucleo di un'Europa pacifica e
unita.
Questo clima d'ottimismo indiscriminato, non è affatto
condiviso dal movimento anarchico che, anche in questi anni,
m antiene sostanzialm ente invariato il proprio modello
interpretativo degli avvenimenti internazionali. Non muta,
ad esempio, quella certezza che, nonostante i tentativi di go­
verni e cancellerie di preservare gli equilibri decretati a
Versailles, la contesa tra i vari Stati per la supremazia ed il
predominio nel mondo è destinata prima o poi a riemergere
in tutta la sua dirompenza, trascinando l'Europa in un nuovo
e ancor più terrificante conflitto mondiale. "Quello che oggi
a noi sembra tempo di pace", afferma senza mezzi termini "Il
m onito", "è in realtà tempo di preparazione alla guerra" 272. Ad
attestarlo, è proprio l'ambizioso progetto federativo che, sban­
dierato come la pietra m iliare di un futuro processo di

272 C h e rid u ce u lterio rm en te l'e n tità d elle rip arazio n i ted esch e e n e
g rad u a il p ag am en to in s e s s a n ta n n i.
273 G old o ' B ay, L'utopia della p ace, in " Il m o n ito ", n. 5 , del p rim o ag o ­
sto 1929.

122
pacificazione generale, ha invece fatto subito riaffiorare tutte
le rivalità che ancora dividono le nazioni europee. Se l'Italia
auspica una federazione "sotto il segno del littorio e agli or­
dini del Duce", commenta "Il risveglio anarchico", Briand non
è certo disposto a rinunciare all'egemonia francese subVec-
chio Continente. L'Inghilterra, poi, ha già lasciato intendere
di gradire soltanto un'unione che le consenta di salvaguar­
dare e consolidare i propri domini coloniali, mentre la Ger­
m ania ha posto com e prem essa ad una sua adesione
l'azzeramento dei debiti di guerra e la revisione dei trattati di
pace. Nei tanto agognati Stati Uniti d'Europa, dunque, "cia­
scuno avrebbe nulla da dare e molto da chiedere. Così l'unio­
ne significherebbe, per la constatata sua impossibilità, la peg­
giore disunione"274. Per il momento, prosegue l'analisi anar­
chica, l'u n ico effetto concreto sortito dalla ipotesi di
un"'associazione europea" è stato quello di inasprire i rap­
porti tra Roma e Parigi. Sospettoso, infatti, che la proposta
federalista di Briand mirasse in realtà ad estendere l'egemo­
nia della Francia in Europa mediante un rafforzamento del
fronte antitedesco, Mussolini ha immediatamente orientato
la politica italiana verso una collaborazione, in sede di Socie­
tà delle Nazioni, con la Germania; sia appoggiandone le ri­
chieste di revisione dei trattati di pace e di assoluta eguaglian­
za di diritti, che differenziando la posizione italiana da quel­
la francese quando si è trattato di condannare l'unione doga­
nale austro-tedesca. Tutto, insomma, lascia intendere che fin
quando popoli e nazioni saranno retti da Stati e governi, una
loro unificazione non potrà mai realizzarsi. "Più di mezzo
secolo fa" - conclude Luigi Bertoni - "Leverdays parlando di
una proposta di stati europei scriveva: <Non si assoceranno
le bestie da preda>. E gli stati sono rimasti e rimarranno sem­
pre le stesse bestie da preda. L'unione verrà dopo la loro di­
struzione"275.

274 Manrovesci e battimani, in "Il risveglio anarchico", n. 778.


275 Ibid em .
Anziché farsi assordare dagli utopici progetti europeisti
"strombazzati dai cantori della pacifica convivenza", la pro­
paganda anarchica invita così a riflettere sull'imperioso avan­
zare della reazione in tanti paesi del Vecchio Continente, che
ben più foschi scenari lascia intravedere all'orizzonte. Oltre
che nell'Italia di Mussolini e nella Russia di Stalin, fa notare
"Il Martello", il "terrore dittatoriale" regna ormai anche nella
Spagna di Berenguer, nel Portogallo di Salzar, nella Turchia
di Mustafà Kemal, nella Polonia di Pilsudski, nella Lituania
di Voldemaras, nell'Albania di Zogu I, nella Jugoslavia di Ales­
sandro I, nella Romania di Carol n, nella Bulgaria di Boris III
e nella Ungheria di Horthy. E che il fenomeno sia inarrestabile
lo dimostra l'aggravarsi della repressione sociale anche nelle
grandi democrazie occidentali, travagliate dalla più grave crisi
che abbia mai investito il mondo capitalista.
Gli avvenimenti intemazionali, dunque, rappresentano per
gli anarchici la prova eloquente di quella graduale e progres­
siva degenerazione dei sistemi parlamentari in regimi auto­
ritari di tipo fascista, che costituisce uno dei capisaldi del loro
schema interpretativo276. D'altra parte, lo s'è visto, l'avver­
sione del movimento per le democrazie "borghesi" è alimen­
tata anche dalla dura repressione che colpisce i militanti
libertari anche in terra d'esilio. Violentissima, ad esempio,
prosegue l'invettiva contro la "Democratica Francia, Patria
dei Diritti dell'Uomo", dove proprio nel 1929 una vera e pro­
pria "offensiva di reazione espulsionistica" si abbatte sui ri­
fugiati politici anarchici, costringendo tanti alla fuga verso il
Belgio, la Svizzera, il Lussemburgo ed i paesi d'oltreoceano277.

276 Vedi capitolo primo, paragrafo sette.


277 Nel gennaio del '29 viene espulsa da Parigi tutta la redazione di
"La lotta umana" - Luigi Fabbri, Camillo Berneri, Ugo Fedeli e Torquato
Gobbi. Riparati temporaneamente in Belgio, i redattori proseguono le
pubblicazioni del giornale sino al 18 aprile, quando la testata viene sosti­
tuita dal quindicinale "Lotta anarchica". Singolare è la vicenda di Camillo
Berneri che, nel solo 1930, subisce 4 espulsioni (Belgio, Olanda, Lussem­
burgo e di nuovo Belgio), 3 processi e condanne per un ammontare di 2
anni e 21 mesi di reclusione.

124
"La Francia", tuona 1'"Almanacco libertario pro-vittime po­
litiche",

si vanta di possedere le istituzioni governative più libere del mondo.


Viceversa la sua Repubblica, si incammina verso un Regime sempre
più reazionario, in cui vige incontrastato l'im pero della polizia poli­
tica e si pratica correntemente il "passage à tabac" [pestaggio, n.d.a]
e l'espulsione amministrativa. E ' il caso di ripetere la nota esclama­
zione: "Q uant'era bella la Repubblica sotto l'Im perol"278.

La condanna di principio di tutti gli Stati, dì tutti i governi


e di tutti i regimi politici, continua intanto a ripercuotersi in
modo pernicioso sui rapporti con le altre forze antifasciste
che, come detto, sono intimamente legate alle vicende inter­
ne ed internazionali delle nazioni in cui hanno trovato asilo.
Soprattutto con i comunisti, i contrasti diventano ancora più
veementi a causa tanto della recrudescenza delle persecuzio­
ne staliniane, di cui sono vittime anche alcuni anarchici ita­
liani279, che del perpetuarsi delle relazioni diplomatico-com-

27ti Nel paese dei "diritti dell'uomo", in "Almanacco libertario pro-vitti­


me politiche", 1930, pag. 21. Il "passage à tabac," risulta fatale a Vittorio
Malaspina, accusato ingiustamente dell'attentato esplosivo contro la casa
del fascio di Juan Les Pins. "Vittorio Malaspina di San Remo", si legge
nel cronologio pubblicato sull' "Almanacco Libertario pro-vittime poli­
tiche", "fu davvero una buona tempra rivoluzionaria. Un male insidioso
lo portò alla tomba giovane ancora, pieno di fede ed entusiasmo, mentre
trovavasi esule nel Belgio. Sullo sviluppo fatale della malattia che cova­
va in lui devono soprattutto aver influito le percosse che gli prodigaro­
no, nella caserma della gendarmeria, in Antibes, i poliziotti francesi della
Mobile con sede a Marsiglia, in quei giorni al servizio del Consolato italia­
no [...] Oppositore del regime che insanguina ed opprime l'Italia, egli do­
veva cadérne vittima anche all'estero, dove erasi rifugiato nella speranza
di trovarvi un asilo. Dovunque il fascismo trova nei ceti dirigenti e negli
organi polizieschi dei complici compiacenti: la fine dolorosa e prematura
del nostro giovane compagno, già malato e spìnto alla tomba dalla violen­
za degli sbirri francesi ne è una prova". Vittorio Malaspina, in "Almanacco
libertario prò vittime politiche", 1930, pagina 35. f
27yNel 1929, ad esempio, viene arrestato l'anarchico Francesco Ghezzi,
accusato dì spionaggio fascista. Rifugiatosi in Russia perchè implicato
nell'esplosione al Diana del 1921, Ghezzi aveva promosso una campa-

125
merciali tra Mosca, ¡'Occidente capitalista e l'Italia fascista280.
Si rinnovano così tutte quelle accuse di autoritarismo, oppor­
tunismo, esclusivismo e settarismo che avevano contraddi­

g l i di agitazione in favore di Alfonso Petrini, un altro militante anarchi­


co arrestato nel 1927 con l'eguale accusa di spionaggio. Dopo la condan­
na del Ghezzi a tre anni di reclusione, Ugo Fedeli scrive: "Simile odiosa
calunnia [l'accusa di spionaggio. N.d.a.] non regge, signori stalinisti.
Chiunque abbia conosciuto i nostri due compagni non dubiterà un solo
istante della loro probità rivoluzionaria e sarà con noi bel difenderli, al­
tamente. Non cesseremo quindi dal domandare la loro liberazione o un
processo pubblico, che ne metterà in luce la perfetta innocenza, confon­
dendo coloro che si accaniscono ad uccidere la rivoluzione russa nelle
idee e nei fatti per salvare soltanto il loro potere mostruoso in tutto de­
gno di quello zarista". H. T reni (U. F edeli), Per Ghezzi e Petrini, in "Il
risveglio anarchico", n. 773, del 1929. Su Francesco Ghezzi, vedi: C.
T acquier, Vaffaire Francesco Ghezzi. Le vie et la mori d'un anarcho-syndacaliste
italien in URSS, in "Annali dellTstituto milanese Storia, Resistenza e
Movimento operaio", Milano, n. 2,1993.
2so Profonda indignazione, ad esempio, suscita un trattato stipulato
dal governo russo con le officine di Villar Perosa. "L'Italia", scrive da
Torino Cesare Sobrito, "sta attraversando un periodo di crisi di tutte le
industrie, crisi che può contribuire a determinare la caduta del fascismo.
Con quale scopo la Russia bolscevica fa tante ordinazioni in Italia? [...] Il
signor Stalin dà lavoro per molti milioni ai pescecani del fascismo. Per
esempio le officine di Villar Perosa, come tutte le altre erano in piena
crisi, ed ecco una grande ordinazione di cuscinetti a sfera per un valore
complessivo di cinquanta milioni, con una commissione tecnica di venti
ingegneri, residenti in permanenza a Torino. Non è così dimostrato che
tra le due dittature esiste la più cordiale intesa, una certa identità di ve­
dute nel sistema di oppressione e di sfruttamento, una complicità mora­
le e materiale? Io vorrei ingannarmi, ma purtroppo i fatti danno intera­
mente ragione a noi anarchici, nemici inconciliabili dì ogni forma di go­
verno, anche se detto d'operai e dì contadini, mentre è in realtà di soliti
politicanti, venuti dalla borghesia piccola, media o grande. Ad ogni modo,
cosa pensare di gente che accusa il mondo intero di continui tradimenti e
va così a braccetto col fascismo?". G erminai (C. S obrito), Lettere dall'Ita­
lia, in "Il risveglio anarchico", n. 801, del 26 luglio 1930. Quando poi una
squadra di trentacinque velivoli italiani comandati da Italo Balbo, viene
accolta ad Odessa con i più alti onori dalle autorità sovietiche, "L'aduna­
ta dei refrattari" commenta sprezzante: "La solidarietà della dittatura
bolscevica con la dittatura fascista, Tintreccio ibrido delle note di <giovi-

126
stinto la polemica anarchica negli anni precedenti, decretan­
do la ricusa di un'alleanza con il Pedi. Con la tendenza a vo­
ler "legare tutte le correnti del movimento rivoluzionario al
carro loro", ringhia "Umanità Nova", le "giberne di Stalin
non arrivano invece che a dividere maggiormente i rivolu­
zionari e contribuire ad allontanare le stesse possibilità rivo­
luzionarie che volta a volta si sono presentate o possono pre­
sentarsi"281. D'altra parte, la fede assoluta nella "dittatura del
proletariato" che contraddistingue indistintamente tutti i se­
guaci del marxismo, impedisce agli anarchici di avviare for­
me di collaborazione o d'intesa anche con i cosiddetti gruppi
"eretici". Nessuno dubita, infatti, che, se fossero al potere,
trotskisti, bordighisti e luxemburghiani adotterebbero gli stes­
si metodi liberticidi della dittatura stalinista. "Ortodossi" o
"eretici" che siano, assicura "Il risveglio anarchico", i comu­
nisti non riescono a concepire altra forma di lotta che quella
finalizzata all'esclusiva conquista del potere. Essi non si bat­
tono per l'eliminazione di tutte le forme di sfruttamento e di
oppressione dell'uomo sull'uomo, ma affinché gli sfruttati
divengano sfruttatori, gli oppressi oppressori, gli schiavi ti­
ranni, Ma a questa lotta per il potere, il dominio e l'autorità, il
movimento anarchico non potrà mai prender parte:

Ovunque è autorità, ivi è privilegio, sfruttamento, oppressione, ti­


rannia! Solo se ciascuno è padrone di se stesso, nessuno è più padro­
ne d'altri; solo se il mondo non viene nuovamente diviso in gover­
nanti e governati, scompaiono le classi; solo se tutto è di tutti e non
d'uno Stato-partito, non ci sono più usurpatori e diseredati. Uem an­
cipazione è inconcepìbile al di fuori dell'anarchia La cosa è tanto

nezza> e della cmarcìa reale> con quelle dell' <intemazìonale> e gli ar­
chi di trionfo eretti in onore di Balbo, di Terrazzi e dell'aviazione milita­
re della monarchia fascista, non sono che le manifestazioni esteriori del­
la più intima solidarietà del governo bolscevico col capitalìsmodìnanzia-
rio internazionale", L’Internazionale, in "L'adunata dei refrattari", n, 20,
del 22 luglio 1929.
3f!1 Considerazioni sul primo maggio, in "Umanità nova", numero unico,;
del primo maggio 1930.
chiara, più chiara del sole in pieno meriggio! Eppure sono molti che
ancora ci credono e abboccano nell'am o. Dalla bottega del calzolaio
mai sono stati cuciti abiti, però sem pre scarpe, e dai sarto sempre
abiti mai scarpe. L'autorità non sarà mai madre della libertà, poiché
essa è la sua u nica e sp ietata riv a le , p o ich é essa sarà la sua
strangolatrice. AI gesuitismo dittatoriale mascheratosi col nome di
"proletariato" sol perchè gli è più facile trovare un seguito, un parti­
to che lo sostenga al potere, è necessario lavorare senza tregua per
smascherarlo e presentarlo al popolo nella sua vera veste282.

4 ~ L'incontro con Giustizia e Libertà283

La fondazione a Parigi, nell'estate del 1929, del movimen­


to Giustizia e Libertà284, è destinata a mutare profondamente
gli scenari di lotta antifascista all'estero. Sin dalla sua appari-

282 Chi la fa ¡'aspetti, "Il risveglio anarchico", n. 764, del 1929.


2K3Per comodità della trattazione, si estende l'arco cronologico di que­
sto paragrafo sino al 1935.
m Giustizia e Libertà viene fondata da Carlo Rosselli, Fausto Nitti ed
Emilio Lussu, evasi dalle isole Lipari grazie alla complicità di Gaetano
Salvemini, Alberto Cianca, Alberto Tarchiani e Gioacchino Dolci. Costi­
tuita da elementi di diversa provenienza politica - repubblicani, sociali­
sti unitari, ex combattenti delLItalia Libera, interventisti democratici -
Giustizia e Libertà si propone quale punto di convergenza di un'area
laica, liberaldemocratica, socialista e repubblicana, in grado di coniuga­
re valori quali libertà politica e giustizia sociale. Sulla fuga di Lussu, Nitti
e Rosselli dalle Isole Lipari cfr. E. Lussu, Per l'Italia dall'esilio, a cura di M.
B rigaglia, Cagliari, 1976; E. Lussu, La catena, Respublica, Paris, 1932; F.
Nnri, Le nostre prigioni e la nostra evasione, Parigi-Londra, 1930; C. R osselli,
Fuga in quattro tempi, in "Almanacco socialista per il 1931"; A. T archiani,
L'impresa di Lipari, in "No al fascismo", Torino, 1963. Su Giustizia e Liber­
tà la storiografia è ricca di contributi. Si vedano i più significativi: A.
G aroso , Vita di Carlo Rosselli, Firenze, 1973; A. G aroso , Storia dei fuorusci­
ti, Bari, Laterza, 1985; N. T ranfaglia, Carlo Rosselli dall'interventismo a "Giu­
stizia e libertà", Bari, Laterza, 1968; A a .V v ., Giustizia e Libertà nella lotta
antifascista e nella storia d'Italia. Attualità dei fratelli Rosselli a quaranta anni
dal loro sacrificio, Atti del Congresso internazionale organizzato a Firenze il 10-
12 giugno 1977, a cura di C. F rancovich, La Nuova Italia, Firenze, 1978; P.
Bagnoli, Carlo Rosselli. Tra pensiero politico e azione, Passigli editori, Firen­
ze, 1985; C. M alandrino, Socialismo e libertà. Autonomie, Federalismo, Euro­
pa da Rosselli a Silone, Franco Angeli, Milano, 1990.

128
zione, la nuova formazione si pone infatti come obiettivo prio­
ritario quello di superare le posizioni "atteudiste" e "legali­
tarie" in cui s'è arenata la Concentrazione Antifascista, per
definire una linea strategica che punti ad aprire un fronte ri­
voluzionario direttamente in Italia, avvalendosi di tutte le
forme di azione diretta ed insurrezionale, individuale e col­
lettiva.
La comparsa di Giustizia e Libertà è accolta inizialmente
con vivo interesse dagli anarchici fuorusciti. Ad essere ap­
prezzati sono innanzitutto i requisiti identitari del gruppo di
Carlo Rosselli, quei suoi connotati movimentisti285, quel suo
contraddistinguersi come ima forza nuova, senza legami com­
promettenti con uomini o partiti del passato ne, tanto meno,
con "qualche vecchia cariatide politica brancolante nell'esi­
lio"286 . In gran parte condivise, sono anche le forme di lotta
antifascista propugnate da GL che, con i richiami all'atto in­
dividuale, alla "propaganda del fatto" e alla necessità di "la-

2S5 "Provenienti da diverse correnti politiche", recita il manifesto


programmatico di Giustizia e Libertà - "Insorgere per risorgere" -
"archiviamo per ora le tessere dei partiti e creiamo un'unità d'azione.
Movimento rivoluzionario e non partito Giustizia e Libertà è il nome ed
il simbolo".
286 "Pur dissentendo non poco dalle loro concezioni ideologiche e
politiche", si legge in una corrispondenza inviata dall'Italia a "L'aduna­
ta dei refrattari", "non posso fare a meno dal riconoscere in questi tre
giovani [Rosselli, Lussu e Cianca, n.d.a.] una generazione che non ha
nulla a che vedere con quella passata. Rosselli ha vedute assai larghe. Ha
vissuto intimamente con qualche compagno intelligentissimo. Conosce
bene e le nostre dottrine e il nostro movimento. Ci comprende molto e ci
simpatizza. Lussu mi ha dichiarato che nella sua famiglia è tradizionale
il culto per la libertà. [...] Quindi spiritualmente e tradizionalmente è più
vicino agli anarchici che a qualche vecchia cariatide politica brancolante
nell'esilio. Non conoscevo Nittì [...] E' un giovane molto affabile, studio­
so, già rotto alla lotta, tanto da meritare le furie e i fulmini di Mussolini. I
Dunque, la tradizione battagliera, la cultura, il fascismo, il carcere, il do­
micilio coatto, la vivacità intellettiva hanno innalzato questi giovani in
una atmosfera di vita nuova. Sono pieni di entusiasmo, ardore, di buoni
propositi...". Orrori e infamie fasciste nelle isole maledette, in "L'adunata dei
refrattari", n. 31, del 14 settembre 1929.

129
vorare in Italia", riecheggiano molto da vicino quelle moda­
lità dell'agire politico clandestino da tempo predicate ed adot­
tate dagli anarchici287. Ad accrescere ulteriormente le possi­
bilità di scambi e di contatti tra le due formazioni, c'è poi
l'amicizia di vecchia data che lega Carlo Rosselli e Camillo
Berneri288, sebbene quest'ultimo assuma spesso un atteggia­
mento molto critico nei riguardi di alcune posizioni politiche
deH'amico. Gran parte delle simpatie e delle attenzioni del
movimento, del resto, sono rivolte alle singole personalità
gielliste, alla loro passione per la libertà, alla volontà di lotta
che li anima, e non a GL in quanto tale che, anzi, sotto il pro­
filo ideologico e dei lineamenti programmatici, è reputata una
forza tipicamente moderata ed espressione della "proscritta
borghesia antifascista italiana"289.

287 "Il programma del movimento che s'intitola Giustizia e Libertà",


commenta la redazione de "Il risveglio anarchico", "non è il nostro, ma
in quanto tende a far insorgere il popolo italiano contro il fascismo lo
salutiamo con gioia anche perchè non avanza una pretesa di direzione
esclusiva, non nega a priori la possibilità di accordi fra varie correnti,
non si dà per unico interprete di una dottrina infallibile, di cui ha mono­
polizzato la rivelazione e l'esecuzione". Giovanni Bassanesi, in "Il Risve­
glio anarchico", n. 801, del 26 luglio 1930.
288 Al suo arrivo a Parigi, Rosselli riceve numerose attestazioni di sti­
ma e di affetto dai suoi amici. Uno dei primi a scrivergli, è proprio Camillo
Berneri, al quale il giellista risponde con una lettera che ben documenta
l'amicizia dì vecchia data tra i due rivoluzionari: "Carissimo, gli amici più
cari sono sempre peggio trattati. Non ti posso che infatti scrivere due righe
per abbracciarti e ringraziarti della tua carissima [...] Sono pieno di energia
e di voglia di fare. Questa impotenza triennale ha accumulato in me una
volontà esplosiva. Io non ho che'un programma: lavorare in Italia. Tutto il
resto non è inutile ma secondario [...]". C. B ernerj, Epistolario inedito. Volu­
meprimo, Archivio Famiglia Berneri, Pistoia, 1980, pagina 120. In una lette­
ra inviata a Luigi Fabbri, Berneri invece rassicura sulla tempra rivoluzio­
naria di Rosselli. "Saprai già della fuga di Cario Rosselli, che sarà prezioso.
E' un socialista unitario, ma ha ima testa solida ed è un vero tipo di com­
battente. Per me è un gran piacere il saperlo fuori, oltre che come a’mico,
anche perchè a Firenze ho potuto conoscere le sue qualità di primo ordi­
ne". F. M. S antos, Camillo Berneri, op. cit., pagina 214, nota 28.
289 L'estrazione "borghese" dei militanti giellisti viene spesso sottoli-

130
I presupposti per un'intesa tra anarchici e giellisti ci sono
comunque tutti, anche perché, nel primo anno di vita, la sma­
nia d'azione induce Rosselli a cercare i propri interlocutori
politici proprio nell'area libertaria. Di comune accordo, le due
forze intraprendono così alcune iniziative dirette alla prepa­
razione di attentati e al rilancio della lotta in Italia290. Dopo
pochi mesi, però, questo primo embrione di collaborazione è

neata polemicamente dagli anarchici. Subito dopo l'arrivo in Francia di


Rosselli, Nitti e Lussu, ad esempio, "L'adunata dei refrattari" commen­
ta: "Dunque, nel momento stesso in cui venivano ospitalmente accolti in
terra di Francia, tre giovani esponenti della borghesia antifascista italia­
na [...] il governo democratico francese consegnava alla vendetta politica
dei cannibali in camicia nera la giovinezza plebea di Sante Pollastro [...]
Mentre Lussu, Nitti e Rosselli, giovani speranze della proscritta borghe­
sia antifascista italiana [...] ricevono festose accoglienze e larga ospitalità
presso la borghesia antifascista francese, il governo di questa stessa bor­
ghesia consegna tra gli artigli dei carnefici teschiati la vita di Sante Polla­
stro, anarchico, proletario [...]" Infamie Democratiche, in "L'adunata dei
refrattari", n. 32, del 21 settembre 1929.
290 Già al momento dell'attentato del socialista Fernando De Rosa al
principe Umberto di Savoia, avvenuto a Bruxelles nell'ottobre 1929, ne­
gli ambienti di polizia si vocifera con insistenza di un coinvolgimento di
elementi giellisti e anarchici. A proposito dell'attentato De Rosa, Camillo
Bemeri scrive: "Il De Rosa ha attentato al principe autoritario non con la
superbia di Bruto, non con la disperazione dello stanco, non con la sfidu­
cia nell'azione rivoluzionaria di popolo. L'atto suo risponde alla situa­
zione. E' l'espressione intera, come coscienza del fine e come rivolta
morale di una tendenza: quella dì coloro che vedono con chiari occhi la
mìsera realtà di un fuoruscitismo imbelle, che si sdraia nell'attesa del
miracolo, che s'inebetisce nelle bizantinerie e nelle polemicucce perso­
nali, che continua una crìtica impastata di minutaglie e di pettègolezzi,
nonché di catastrofiche profezie economiciste. Dare un lievito di entu­
siasmo, dare esempio di audacia e di spirito di sacrificio, scuotere l'acci­
dia, riscattare la vergogna di questi anni persi: ecco la missione che s'è
data il De Rosa [...] Una vita spezzata stavo per scrivere. Ma mi ripugna
il pensarlo. Non può essere vano questo sacrificio! Ho bisogno di esser
certo che giungerà la luce di altre audacie a rischiarare la notte e che ai
lampi solitari seguirà la tempesta. Se non fosse così, la tragedia di Bru­
xelles si risolverebbe in un suicidio di protesta. Di protesta contro il fa­
scismo, ma anche di protesta contro l'antifascismo imbelle, quello che
ripugna la violenza ed aspetta la cbella notizìa>, come quello che esulta

131
destinato rapidamente a sgretolarsi. Alla sua frantumazione
contribuiscono tanto gli strascichi polemici seguiti ad un epi­
sodio di spionaggio fascista particolarmente eclatante scop­
piato a Parigi291, quanto l'avversione di alcuni gruppi gìellisti
verso la prosecuzione della tattica dell'atto individuale e del­
le azioni spettacolari che, a loro avviso, aveva finito col rive­
larsi poco proficua dal punto di vista della lotta e addirittura
nefasta sotto l'aspetto giudiziario-polizìesco292. La vera e pro­
p ria ro ttu ra si consum a p erò quando G L, allen tati
drasticamente i contatti con gli anarchici, inizia il suo percor­
so di riavvicinamento ai settori deH'antifasdsmo socialdemo­
cratico; riavvicinamento che, dopo la firma di un accordo col
PSI nel luglio del 1931293, culmina nell'adesione del movimen­
to di Carlo Rosselli alla Concentrazione Antifascista (Ottobre
1931)294.
A rendere ancora più conflittuali i rapporti tra le due for­
ze, sopraggiunge poi la pubblicazione, nel gennaio 1932, del
programma di Giustizia e Libertà295, che diviene subito og­
getto della critica serrata di tutti gli esponenti di maggior ri-

od esalta con la lingua o con la penna, senza sentire che è compito di


ognuno, oggi, porsi quel problema di coscienza che condusse a Bruxelles
Ferdinando De Rosa". C. B erneri, Qualcuno guastò la festa, in "Il risveglio
anarchico", n. 783, del 1929.
291 Si tratta di un fantomatico complotto terroristico che prevedeva la
realizzazione di una serie di attentati diretti a colpire il ministro Rocco -
durante la sua visita di Stato in Belgio - Dino Grandi - in missione a
Ginevra come delegato italiano alla Società delle Nazioni - e il treno che
conduceva in Italia la principessa del Belgio Maria Josè ~ promessa sposa
di Umberto di Savoia. La spettacolare montatura, orchestrata dalla spia
fascista Ermanno Menapace, aveva portato all'arresto dì Berneri, Rosselli,
Cianca e Tarchiani e alla condanna dei primi due rispettivamente a sei e
tre mesi di detenzione. Cfr., F. M. Santos, op. cit., pp. 214 - 218.
292 Nell'ottobre del 1930 e nel gennaio del 1932, la polizia sgomina i
gruppi milanesi e torinesi di GL.
293Accordo in base al quale i socialisti affidano ai giellisti la gestione
del fronte interno per la lotta in Italia.
294 Cfr. A. G arosci, Vita di Carlo Rossell, op. cit.
295 Nel primo numero di "Quaderni di Giustizia e Libertà".

132
lievo del movimento anarchico. Pur riconoscendo "un certo
valore di attualità al documento", se ne stigmatizzano infatti
con recisione i contenuti "borghesi" e "statalisti" 296, appena
mitigati, si sostiene, dai richiami ad un socialismo di vaga
ispirazione riformista297. Trascinato dall'impeto della polemi-

^ Circa la Costituente contemplata nel programma giellista, ad esem­


pio, "Lotta anarchica" argomenta: "La logica e l'esperienza ci dice e di­
mostra ch'essa costituzione è venuta e verrebbe ad ergersi barriera lega­
le e statale non tanto contro un ritorno al passato ma contro ulteriori
slanci verso l'avvenire, determinando un principio conservatore e stati­
co, e quindi reazionario in contrapposto alle leggi dell'evoluzione e del
progresso e l'essenza dinamica del pensiero degli uomini. Alla "soluzio­
ne" [...j di G. e L. i comunisti anarchici contrappongono quella della sop­
pressione ed eliminazione del potere politico dello Stato e del privilegio
econom ico del cap italism o, sostitu end o alla C ostitu en te [...]
l'organamento dei liberi Comuni, nei quali convengano gli agenti diretti
dell'attività sociale per il compito della ricerca dei mezzi più atti al mi­
gliore e maggiore soddisfacimento dei bisogni e dei desideri della Co­
munità". Un gruppo di A narchici aderenti all'U nione C omunista-A nar­
chica dei P rodughi Italiani, Gli Anarchici per la Rivoluzione Sociale e l'Anar­
chia, in "Lotta anarchica", n. 22, del 10 marzo 1932.
297 Quando poi trapelano voci che i giellisti avrebbero precluso l'in­
serimento nelle proprie fila di anarchici e comunisti, Luigi Fabbri com­
menta: "[...] noi abbiamo visto il sorgere e 1'affermarsi di questo nuovo
organismo con viva simpatia, perchè facendola finita con le chiacchiere,
scendeva in campo dell'azione dov'era più pericoloso e utile insieme: in
Italia. Ma ci siamo resi conto subito del carattere democratico borghese,
appena verniciato di un pò di socialismo riformista, dei suoi fini ultimi.
Il fatto stesso di aver fin dall'inizio avuta tanta fretta di dichiarare esclusi
dalle sue fila gli anarchici e i comunisti rivelava tale carattere intenzio­
nalmente poco rivoluzionario". L. F abbri, La crisi dell'antifascismo, in "Studi
so ciali", n. 19, del 10 giugno 1932. "Studi so ciali", quindicinale,
Montevideo - Buenos Aires, Direttore: Luigi Fabbri. Cfr, L. B etoni, op. cìt.
Il giudizio di Fabbri provoca Timmediata rettifica di Rosselli: "Orbene:
questa circostanza non esiste. Per quanto concerne i comunisti è vero che
noi abbiamo affermato la nostra opposizione a qualunque dittatura, e
implicitamente la nostra opposizione al Partito comunista. Ma per quan­
to concerne gli anarchici noi non ci siamo mai sognati di pronunciare
esclusive sciocche e contrarie a quanto pensiamo. Fu <L'Adunata dei
re frattari [...] a scriverlo [...] noi smentimmo subito". Lettera di Carlo
Rosselli inviata a Luigi Fabbri, cit. in L. P ezzica, Luigi Fabbri e l'analisi del

133
ca, c'è anche chi finisce con l'assimilare le posizioni dei giellisti
a quelle moderato-conservatrici di "Alleanza Nazionale"298.
"La paura della rivoluzione sociale", scrive Camillo Berneri,
"è il principale fattore di successo dell'alleanza nazionale. Ma
tale paura è egualmente evidente nel programma di Giusti­
zia e Libertà. In fondo tra le due associazioni non v'è una
sostanziale differenza"299. La severità di giudizio dei leaders

fascismo, in "Rivista storica deiranarchismo", n. 2, del luglio-dicembre


1995, Biblioteca Franco Serantini, Pisa, pag. 20. Va detto che in seguito
Fabbri ammorbidisce notevolmente la propria posizione, tanto da fonire
anche una collaborazione episodica alla rivista "Quaderni di Giustizia e
Libertà". D'altra parte, già nel 1932, egli aveva scritto al Berneri: "[...] ho
seguito e seguo la tua polemica anticoncentrazionista. In tutto o quasi
tutto ciò che dici c'è molto di giusto, e potrei dir tutto [...] Quello che mi
spiego meno è l'atteggiamento tanto ostile a <Giustizia e Libertà>, lonta­
na da n o i... da non confondercisi in nessun modo, ma sempre più [...] un
passo avanti della Concentrazione [.„] Che lo stare tanto lontano mi fac­
cia cadere in equivoco? Può darsi. Ma la lettura dei due numeri scritti da
<Giustizia e Libertà> [...] mi ha dato di qualcosa di nuovo, di vivo, di
sincero". Lettera di Luigi Fabbri a Camillo Berneri del 22 luglio 1932.
Ibidem. Nel 1933, Fabbri ribadisce inoltre: "Sull'atteggiamento di fronte
al movimento di Giustizia e Libertà forse il mio parere tanto permeato di
cordiale simpatia troverà dissenzienti non pochi miei amici politici, ben­
ché parecchi lo condividano e qualcuno anzi vada troppo in là nel suo
entusiasmo.... Credo che se questo movimento conserverà il suo slancio
iniziale e soprattutto il suo carattere d'azione sul terreno cospiratorio ed
insurrezionale in Italia esso potrà essere un fattore di primo ordine per la
rivoluzione italiana. Ciò che soprattutto approvo in esso è l'idea che la
rivoluzione debba procedere immediatamente... senza rimandarla a più
tardi". L. Fabbri, Qualche risposta all’inchiesta di "G.L.", "Quaderni di Giu­
stizia e Libertà", Parigi, n. 7, del giugno 1933, cit. in L. P ezzica, op. cit.,
pag. 21.
m Gruppo d'ispirazione monarco-cattolica costituito a Roma, nel giu­
gno 1930, da Lauro De Bosis, Mario Vinciguerra e Renzo Rendi. La sua
esperienza politica si consuma in appena un anno, quando la polizia pro­
cede all'arresto di Rendi e Vinciguerra - De Bosis riesce invece a riparare
all'estero. Su "Alleanza Nazionale" vedi: L. D e B osis, Storia della mia mor­
te, Torino, 1948; M. V inciguerra, U ”Alleanza Nazionale" e Lauro De Bosis,
in Trentanni di storia italiana (1915-1945), Torino, 1961.
2WC. B erneri, L'alleanza nazionale, in "L'adunata dei refrattari", n. 9-
10, del 5 marzo 1932. Rosselli risponde indignato all'assimilazione

134
del movimento, va spiegata anche con la necessità di correg­
gere l'approccio revisionista di alcuni loro compagni che, tra­
sportati da un eccessivo entusiasmo per i riferimenti all'azio­
ne rivoluzionaria contenuti nell'elaborato di GL, finiscono per
accettarne acriticamente l'intera piattaforma rivendicativa.
Emblematico, in proposito, è il contraddittorio scoppiato tra
Berneri e Alberto Meschi circa un'eventuale adesione degli
anarchici ai "Comitati locali rivoluzionari" - che nel program­
ma giellista sono intesi come strutture aventi "il compito di
porre le basi del nuovo Stato"300. Al parere favorevole di
Meschi, Berneri replica evidenziando tutta la contraddizione
in termini che comporterebbe una partecipazione libertaria
ad organismi sorti allo scopo precipuo di "porre le basi del
nuovo Stato". Gli unici comitati rivoluzionari ai quali gli anar­
chici potranno aderire, redarguisce Berneri, saranno quelli
scaturiti dalla spontanea iniziativa popolare, controllati e ge­
stiti direttam ente dalle m asse, liberi d all'in fluenza di
qualsivoglia avanguardia o partito sedicente rivoluzionario,
e, soprattutto, in contrapposizione irriducibile al governo, allo
Stato e a tutti quegli organamenti deputati a prosciugare i
mille rivoli e i mille rigagnoli in cui il flusso rivoluzionario
scorre e si dispiega.
A favorire una ricomposizione della frattura tra le due forze
antifasciste subentrano il progressivo distacco di GL da Con­
centrazione e, soprattutto, la firma, nell'estate del 1934, del
patto di unità d'azione tra socialisti e comunisti. Oltre ad as­
sociare anarchici e giellisti in ima comune condanna di quel­
la che è ritenuta una strategia perdente in partenza301, il "pat­
to" finisce con l'isolare il movimento di Rosselli dal resto

bemeriana, sottolineando l'assoluta incompatibilità tra il suo movimen­


to, rigidamente repubblicano, ed i filomonarchici di Alleanza Nazionale.
300 governo sorto dalla rivoluzione e ai Comitati locali rivoluzio­
nari" si legge nel preambolo del programma di Giustizia e Libertà, "spet­
terà il compito d i porre le basi del nuovo Stato" F. M . S antos, Camillo
Berneri, op. cit, pagina 251, nota 15.
301 G. M anfredonia, Gli anarchia italiani in Francia nella lotta antifasci­
sta, op. cit., pagina 249.
dell'antifascismo in esilio e, dunque, col favorire un suo sen­
sibile riaccostamento ai gruppi dell'area libertaria. La nuova
apertura è suggellata però anche da alcune successive
precisazioni apportate da Giustizia e Libertà alla propria base
programmatica. Il progetto di Rosselli, già abbozzato in un
precedente lavoro del 1930302, di ritagliarsi una collocazione
ideologica in antitesi tanto al liberalismo tradizionale quanto
al socialismo statalista d'ispirazione marxista, conduce infat­
ti GL su posizioni teoriche molto attigue a quelle del sociali­
smo antiautoritario di matrice libertaria. In un editoriale dal
titolo "Contro lo Stato", ad esempio, il leader giellista affer­
ma espressamente che la futura rivoluzione antifascista, per
evitare di degenerare "in un nuovo statalismo" e in una "più
feroce barbarie e reazione", deve ripartire da una ricostruzio­
ne del paese che sia imperniata su "federazioni di associazio­
ni quanto più libere e varie possibili"303, riproponendo così
un modello autonomista-federalista di organizzazione socia­
le di chiara ispirazione anarchica. In un articolo successivo,
"A proposito di revisionismo anarchico", Rosselli si spinge
ancora più a fondo e, dopo essersi riallacciato alla tematica
proudhoniana della contrapposizione Stato-società, ricono­
sce senza reticenze "il valore morale e pratico" che la "rivolta
libertaria" riveste nell'attuale momento storico304.
Sebbene apprezzata e seguita con particolare attenzione,
la rielaborazione ideologica dei giellisti non riesce a dissipa­
re le tante riserve e le tante perplessità dei militanti anarchici.
Non persuade, ad esempio, la teorizzazione antistatalista di
Rosselli, Danubiano e Ginsburg, che viene considerata il frutto
di una costruzione meramente intellettuale, del tutto spoglia
di quella autentica "volontà di astensione dal ruolo governa­
tivo", e ancora così legata alla tradizione del liberalismo clas-

302 C. R osselli, Socialismo liberale, Einaudi, Torino, 1979.


303 C. R osselli, Contro lo Stato, in ''Giustizia e Libertà", n. 19, dei 21
settembre 1934.
304 C. R osselli, A proposito di revisionismo anarchico, in "Giustizia e Li­
bertà", n. 12, del 22 marzo 1935.

136
sico da cadere nella grossolana antinomia di voler "creare lo
Stato con i mezzi dell'anarchia". Altrettanto scettici lascia la
enunciazione federalista rosselliana, nella quale non si ravvi­
sa alcuna originale creazione sociale dal basso ma, nella mi­
gliore delle ipotesi, ima forma un pò più estesa di decentra­
mento amministrativo a compartecipazione popolare. Per
Camillo Berneri, ad esempio, il federalismo di Giustizia e Li­
bertà è il portato di una sintesi alquanto ambigua e farraginosa
tra le formulazioni deH'autonomismo unitario del liberalismo
democratico, le teorizzazioni federaliste-legalitarie della tra­
dizione repubblicana e le concezioni dell'autonom ism o
comunalista d'estrazione libertaria305.
A prescindere da queste considerazioni di natura ideolo­
gica, la "svolta" di GL suscita forti diffidenze anche sotto
l'aspetto squisitamente politico. L'improvvisa "conversione
libertaria" di Rosselli, quel suo autoproclamarsi "libertario
del XX0 secolo" e i suoi reiterati inviti agli anarchici ad ab­
bandonare "l'assoluto libertario" per contribuire "a dar vita
in Italia al nuovo grande libero movimento socialista italia­
no", fanno affiorare il sospetto che GL, trasformatasi ormai
in un vero e proprio partito politico, miri ad un assorbimento
degli anarchici tra le proprie fila. E il rischio che questa sotti­
le politica di proselitismo possa sortire i suoi effetti non è per
nulla remoto, se si considera che una nutrita componente
anarchica, particolarmente sensibile ai "richiami libertari" di
Rosselli, sta cominciando a considerare GL non solo un po­
tenziale alleato nella lotta antifascista, ma addirittura una
forza dalle caratteristiche affini a quelle anarchiche306. Si pensi

305 Per una piu accurata trattazione di queste suddivisioni tra le varie
forme dì federalismo, cfr., F, M. Santos, Camillo Berneri, op. cit, pp. 259
sgg.; L. Di L embo, Il federalismo libertario e anarchico in Italia. Dal Risorgi­
mento alla seconda guerra mondiale, Livorno, 1994, pp. 54-57.
306 In un articolo pubblicato su ''Giustizia e Libertà", ad esempio,
l'anarchico Umberto Consiglio non solo sostiene che gli anarchici avreb­
bero dovuto allearsi con Giustizia e Libertà, ma assegna al movimento di :
Rosselli il ruolo di protagonista della futura rivoluzione antifascista in .
Italia. Cfr., Gli anarchici e G.L., in "Giustizia e Libertà", n. 47, del 22 noe.:
vembre 1935.

137
che la PAPI (Federazione anarchica profughi italiani) decide
di diffondere un'apposita circolare per mettere in guardia sin­
goli e gruppi sulla "propaganda demagogica" che i giellisti
stanno realizzando in seno al movimento. Finanche Camillo
Berneri, che pur è da annoverarsi tra i militanti più favorevo­
li alla realizzazione di forme d'intesa con GL, è costretto più
volte a scendere in campo per ricordare ai compagni le in­
compatibilità e le divergenze di fondo che separano anarchi­
ci e giellisti e per specificare, allo stesso tempo, che un'even­
tuale alleanza tra le due forze va rigorosamente circoscritta
all'obiettivo comune della lotta antifascista. Intervenendo di­
rettamente sulle pagine di "Giustizia e Libertà", Berneri av­
visa inoltre Rosselli che l'anarchismo è un movimento con
sua storia, una sua ideologia, una sua tradizione politica, una
sua, insomma, specificità identitaria che lo rende irriducibile
a qualsiasi altra corrente, gruppo o partito d'ispirazione ri­
voluzionaria:

Gli anarchici non sono disposti a fare, in seno a G.L., la parte che il
rosmarino fa nell'arrosto. Essi hanno un program m a proprio, un m o­
vimento proprio e tra i giellisti non possono trovare che scambi di
idee, impostazione di problemi, riesame di teorie. M a anche per que­
sto genere di contatti i giellisti farebbero bene a rinunciare al titolo di
libertari del XX° secolo, anche perchè non è passato un secolo da
quando essi tenevano più ad ingraziarsi i liberali e i socialdemocratici
che gli anarchici ottocentisti357.

Possibilista circa una collaborazione con GL, Berneri ritie­


ne nondimeno indispensabile mantenere intatto l'intero pa­
trimonio teorico che è alla base della stessa identità anarchi­
ca. Quella che si ripropone ai suoi occhi, insomma, è la spino­
sa problematica delle alleanze. Convinto che il movimento
non avrebbe più potuto continuare a fare "il cavaliere solita­
rio" della rivoluzione antifascista, ma altrettanto consapevo­
le dei rischi di deviazionismo che un'azione comune di lotta307

307 C. B erneri, Gli anarchici e GL, in "Giustizia e Libertà", n. 49, del 6


dicembre 1935.

138
avrebbe necessariamente comportato, Berneri è del parere che
il punto cruciale, nell'attuale fase storica, sia "quello di sce­
gliere tra un integralismo tradizionalista e un possibilismo
che, anche mantenendo fermo lo sguardo alla stella polare
dell'ideale, permett[a] di introdursi fecondamente nella linea
di frattura delle forze rivoluzionarie"308.
Il tipo di collaborazione da instaurare con Giustizia e Li­
bertà viene fissato dettagliatamente subito dopo lo scoppio
della guerra d'Etiopia (Ottobre 1935). Le speranze di un'evo­
luzione della dinamica politica italiana in senso favorevole
all'antifascismo che il conflitto in Abissinia suscita tra gli anar­
chici fuorusciti, ripone infatti in termini non più prorogabili
il problema dell'alleanza tra tutte le forze sovversive su un
terreno comune di lotta cospirativa ed insurrezionale. Al
"Convegno d'intesa degli anarchici italiani emigrati in Euro­
pa", tenutosi a Saurtouville poche settimane dopo l'avvio delle
operazioni militari in Africa Orientale, la complessa questio­
ne dei rapporti tra il movimento e Giustizia e Libertà giunge
così alla sua sistemazione definitiva309.

3(WC. B erneri, Discussione sui federalismo e l'autonomia, in "Giustizia e


Libertà", n. 25, del 27 settembre 1935.
m Vedi capitolo 5, paragrafo 2.

139
C apitolo terzo

1931-1932

1 - Michele Schirru310

Il fascism o com e tu tte le altre dittature e tirannie, m i ha sem ­


pre inspirato orrore. M ussolini, con le sue vigliaccherie, con le sue
feroci persecuzioni di tutto un popolo, coi suoi cinism i brutali non
aventi altro scopo che di conservargli il potere, io l'h o sem pre con­
siderato un rettile dei più dannosi per l'um anità. Le sue pose da
N erone, da boja, da carnefice, m i hanno sem pre insp irato odio,
odio e ribrezzo, non per l'u om o, che è poco più di m ezzo quintale
di carne flaccida ed avariata, m a pel tiranno m assacratore dei m iei
com pagni, traditore di tutti quei lavoratori, che sino a pochi anni
prim a l'avevano sfam ato. Q uesto odio accum ulato da anni e anni
di riflessione, com presso nel m io cuore di uom o libero, dovrà un
giorno esplodere311.

Così, nel dicembre 1930, scrive nel suo testamento "politi­


co" Michele Schirru, anarchico sardo emigrato negli Stati Uni­
ti, prossimo a rientrare in Italia per attentare alla vita del capo
del fascismo.

310 Su Michele Schirru, consulta: G. G alzerano, Attentati anarchici et


Mussolini, in A a .Vv ., L'antifascismo rivoluzionario, Biblioteca Franco
Serantini, Pisa, 1993; G. A rtieri, Tre ritratti politici e quattro attentati, Roma,
1953; M. C orsentino, Michele Schirru e l'attentato anarchico, Catania, 1990;
G. F iori, Vita e morte di Michele Schirru, l'anarchico che pensò di uccidere
Mussolini, Bari, 1990; G. F iori, L'anarchico Schirru, op. cit; G. L eto, Ovra,
fascismo ed antifascismo, op. cit.; ACS, CPC, ad nomen; M inistero della
D ifesa, Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato, Decisioni emesse nel 1931,
Roma, 1980; Aa.Vv., Aula IV, op. cit.
311 Dal testamento "politico" di Michele Schirru. In Aa.Vv,, La Resi­
stenza sconosciuta, op. cit., pp. 255 - 258.

141
Quando Schirru viene arrestato a Roma, nel febbraio del
1931, è circa un anno che l'Ovra è freneticamente alla sua ri­
cerca. Nell'aprile del '30, infatti, urn telegramma inviato dal
consolato italiano a New York al Ministero dell'Interno, ave­
va comunicato:

Scorso mese noto anarchico Schirru partito per Francia con passa­
porto americano. Ora ha scritto da Apt, Vaucluse, a un compagno
anarchico di qui per informarlo di una pericolosa impresa che dovrebbe
compiere a M ilano maggio prossimo, secondo impegni da lui assunti verso
compagni di P arigi e gli raccomanda il proprio figlio perchè, nell'even­
tualità che egli muoia in tale im presa, venga educato a principi anar­
chici312 .

Quale sia la "pericolosa impresa" che l'anarchico si ap­


presterebbe a compiere, non è certo un mistero per Arturo
Bocchini. A prescindere dalla sua predisposizione a temere
per la vita del duce ad ogni segnalazione di "complotti terro­
ristici anarchici"313, questa volta c'è anche la raccapricciante
coincidenza che proprio nel mese di maggio è previsto un
viaggio di Mussolini a Milano per presenziare una serie di
manifestazioni celebrative. Non appena ricevuta la scottante
notizia, l'alto funzionario attiva così tutta la potente macchi­
na dell'Ovra nella speranza di riuscire a catturare Schirru
prima del suo arrivo in Italia. Sin dall'inizio, il compito si ri­
vela però particolarmente complesso. Non solo, infatti, l'anar­
chico viaggia munito di regolare passaporto americano inte­
stato a suo nome314, ma il suo fascicolo personale è privo di
una foto segnaletica che possa in qualche modo agevolarne il
riconoscimento.
A rendere ancora più intricata la situazione, si aggiunge
poi il timore che Schirru possa colpire già il 25 aprile, quando

312 Cit. in G. F iori, L'anarchico Schirru, op. cit, pagina 111.


3,3 Vedi capìtoli precedenti.
314 Nel gennaio dei 1930, infatti, Schirru era stato naturalizzato citta­
dino americano. Sui passaporto, appariva il nome contraffatto di Mike
Schirn.

142
è in programma un viaggio del monarca a Milano in visita
alla Fiera Campionaria. E il sospetto è talmente forte che, fal­
liti i tentativi di rintracciare l'anarchico, Bocchini non soltan­
to raccomanda agli uffici di PS milanesi di potenziare al mas­
simo le misure di sorveglianza al corteo regale, ma imparti­
sce ordini tassativi alla stampa di far passare quasi sotto si­
lenzio la visita del sovrano. Giunto a Milano in "forma priva­
tissima", Vittorio Emanuele III è costretto a ripartire dopo
essersi intrattenuto in città per sole poche ore. Qualcuno, molti
anni più tardi, scriverà:

M ai visita regale fu in egual misura sottaciuta. Mai più accadrà in


Italia, neppure nei m omenti di più furibonda offensiva terroristica,
che un capo di Stato si riduca a m uoversi nel proprio paese con simili
precauzioni di specie catacombale315.

Mentre le indagini proseguono a pieno ritmo, un telegram­


ma proveniente da Ventimiglia informa intanto che Schirru
avrebbe in realtà già attraversato la frontiera italiana e si tro­
verebbe in località ignota del Regno. Per il capo dell'Ovra, la
segnalazione è dì quelle sconcertanti: con l'intero apparato
poliziesco alle calcagne, il "pericoloso sovversivo" non solo è
riuscito ad entrare in Italia senza destare il minimo sospetto
alla milizia confinaria, ma si aggira indisturbato per la peni­
sola pronto ad attuare i suoi propositi criminali. Come se non
bastasse, alla visita di Mussolini mancano ormai pochi gior­
ni; e Mussolini, si sa, non è Vittorio Emanuele. Certo, si può
imporre alla stampa di non pubblicizzare più di tanto l'even­
to; ma non si può pretendere che si taccia la notizia. A diffe­
renza del monarca, peraltro, è previsto che il duce si fermi in
città per un'intera settimana. Arturo Bocchini, vive insomma
momenti palpitanti. Telegrafa al Prefetto di Milano, raccoman­
dandogli di "fare effettuare accuratissimo straordinario con­
trollo in alberghi, camere mobiliari, affittacamere e intensifi­
care ricerche nel campo sovversivo per ritrovare tracce

315 G. Fiori, L'anarchico Schirru, op. cit., pagina 117.

143
[Schirru]"316. Allo stesso tempo, provvede che piazze, strade
e luoghi compresi nel programma di visite del duce, siano
blindate sino all'inverosimile. Infine, dispone che si esegua
una vasta operazione di polizia in tutti gli ambienti antifascisti.
Il clima che si respira a Milano sin dall'indomani dell'arrivo
di Mussolini, è così quello tipico dello stato d'assedio, con
un'ondata d'arresti preventivi d'elementi sospetti, un immane
dispiegamento di forze dell'ordine e la militarizzazione qua­
si completa del territorio.
Eppure, Michele Schirru è a Milano sin dal 18 aprile. At­
traversata la frontiera di Domodossola senza ricorrere ad al­
cun particolare espediente, sta trascorrendo il suo soggiorno
milanese come un comune turista americano, girando per la
città e raccogliendo impressioni sull'Italia fascista, che poi ri­
ferisce ai suoi compagni a New York317. Il 22 maggio, anzi, gli

31fi Ivi, pagina 122.


317 "Ho potuto constatare", scrive a Raffaele Schiavina, "che in Italia
il popolo che da otto armi subisce la tirannia del fascismo ne è stanco, e la
paura del tribunale speciale e della prigione non basta a far tenere nasco­
sti questa stanchezza e il disgusto... Perfino in quei giorni di maggio a
Milano, giorni di molta polizia e di esaltazione, per cui c'era da guardar­
si dallo sparlare del fascismo, io ho udito molti, ma molti, che non aveva­
no peli sulla lingua e non risparmiavano né Mussolini né il regime. I più
audaci si auguravano apertamente che qualcuno lo levasse di mezzo [...]".
G. F iori, L'anarchico Schirru, op- cit., pag. 130. "Sono da qualche settima­
na qui", si legge invece in una lettera inviata a Joe Meloni, "il viaggio
non è stato male. Qui c'è molta miseria, e anche disoccupazione. Chi
lavora è mal pagato. Però, in cambio, quasi ogni domenica ci sono delle
celebrazioni. Quella del pane, che forse in tante famiglie manca. Quella
del prodotto nazionale. Fiere, mostre campionarie, ecc. Tutto ciò rende
un poco allegri in mezzo a tante sciagure. C'è una prostituzione enorme.
Ad ogni passo incontri donne giovani e donne attempate che ti vogliono
vendere un poco di amore. Fanno schifo, ma qui tutto si vende, amori,
pensieri, coscienze. Il denaro ha corrotto tutto, anche l'aria [...] Il popolo
mormora ovunque... Le tasse son o enormi [...] Hanno aumentato i tabac­
chi a prezzi proibitivi, ed io sto facendo il possibile per non fumare più
(...) I giornali si appellano al patriottismo degli italiani invitandoli a fu­
mare di più... Meno male che nessuno la prende tragicamente. Altri­
menti ci sarebbe il suicidio in massa". Ivi, pp. 128-129.

144
capita persino di imbattersi nell'automobile presidenziale che
sta percorrendo piazza Sant'Ambrogio; ed è talmente vicino,
da rendersi conto che avrebbe potuto anche colpire Mussolini
se avesse avuto delle bombe. "Immagina", scrive rammari­
cato alcuni giorni dopo a Raffaele Schiavina,

vedertelo passare a tre metri di distanza, benché in automobile chiu­


sa e con i vetri bulìet-prrof rialzati. Ma se ci fossero state una o due
"patate", anche i vetri si sarebbero infranti. Se l'autom obile fosse sta­
ta aperta come in Toscana, avrei tentato il colpo con la "p ip a". Veder­
lo passare così vicino e non poter far niente... Credimi, non si soffre
di dolore più intenso318.

Al contrario di quanto affermerà al momento del suo arre­


sto, da questa lettera sembra che l'anarchico abbia già "ma­
turato l'idea" di uccidere Mussolini319. Il vero e proprio pro­
getto d'eliminazione del duce, comunque, prende corpo solo
alla conclusione del suo soggiorno in Italia.
Circa eventuali mandanti o fiancheggiatori di Schirru,
molto s'è già discusso in sede di analisi storiografica320, e dai
nostri studi non sono emersi elementi di particolare rilievo.
Senza dubbio determinante, ai fini dell'argomento, è tentare
di ricostruire gli spostamenti e le relazioni intessute daH'anar-
chico tra l'estate e Tinverno del 1930. Dalle sue dichiarazioni,
rese nel corso dell'istruttoria e poi dinnanzi al Tribunale Spe­
ciale, sappiamo che, dopo aver soggiornato a Parigi dal giu­
gno all'agosto, si trasferisce in Belgio dove risiede fino a di­

318 Ivi, pagina 131.


3WDopo l'arresto, Schirru dichiara che a Milano "non possedev[a]
alcuna arma, né alcun ordigno esplosivo, perchè non avev[a] ancora ma­
turato l'idea di compiere attentati". Come si deduce dalla lettera inviata
allo Schiavina, l'anarchico è invece già armato di una pistola (la pipa).
320 G. G alzerano, Attentati anarchici a Mussolini in A a.V v., L'antifascismo
rivoluzionario, Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 1993; G. A rtieri, Tre ri­
tratti politici e quattro attentati, Roma, 1953; M. C orsentino, Michele Schirru
e l'attentato anarchico, Catania, 1990; G. F iori, Vita e morte di Michele Schirru,
l'anarchico che pensò di uccidere Mussolini, Bari, 1990; G. F iori, L'anarchico
Schirru, op. cit.; G. L eto, Ovra, fascismo ed antifascismo, op. cit.

145
cembre spostandosi tra Bruxelles, Charleroi e Liegi. Nella ca­
pitale belga assiste, come corrispondente de "L'adunata dei
refrattari", al processo a Fernando de Rosa, rimanendo favo­
revolmente impressionato dal clima di giustificazione mora­
le dell'atto individuale emerso durante il dibattimento. Il suo
piano d'azione inizia ad assumere forme concrete verso il
mese di ottobre, quando da Bruxelles decide di spostarsi a
Charleroi. Qui, infatti, stringe amicizia con un anarchico
marchigiano (Pietro) che non solo lo aiuta a confezionare le
bombe in una piccola officina di cui è titolare321, ma gli forni­
sce anche un biglietto di presentazione per un certo Cioffi,
residente a Liegi, che è in grado di procurargli l'esplosivo da
introdurre negli ordigni322. Armato di due bombe cariche di
cheddite323, Schirru ritorna quindi a Bruxelles dove, prima di
ripartire per l'Italia, scrive il suo testamento "politico" che
affida poi all'amico Raffaele Schiavina.
Naturalmente, nella sua confessione, l'anarchico omette
molti particolari che avrebbero potuto compromettere com­
plici o finanziatori del progetto. Nei mesi trascorsi a Parigi,
ad esempio, è da presumere che sia entrato in contatto con
Angelo Damonti ed Antonio Scotto - animatori del Comitato
pro-vittime politiche - con qualche esponente del gruppo anar­
chico della regione parigina - in Fountenay-sous-bois - con
Emilio Lussu - col quale ha alcuni abboccamenti su cui l'ex
giellista manterrà sempre il più stretto riserbo - e con Emidio
Recchioni - curiosamente di transito a Parigi in questi stessi
mesi del '30324. Un ruolo non marginale nella vicenda deve

321 Secondo Giuseppe Guelfi, un anarchico passato al servizio della


polizia fascista nel 1933, Pietro sarebbe in realtà l'anarchico romano Muzio
Muto, ed avrebbe egli stesso fornito le bombe allo Schirru. Guelfi, inol­
tre, afferma che Schirru avrebbe ottenuto finanziamenti anche dal Comi­
tato d'agitazione anarchica di Montereuil. ACS, CPC, busta 2569, fsc.,
111217 (Guelfi Giuseppe).
322 In sede processuale, Schirru dichiara che Pietro e Cioffi erano en­
trambi all'oscuro dei suoi reali intendimenti.
323 Con un raggio d'azione rispettivamente di 30 e 70 metri.
324 Considerato dall'Ovra il maggiore finanziatore, ispiratore e idea-

146
aver poi rivestito Giuseppe Polidori che/ da Londra, non solo
versa ad intervalli regolari somme di denaro allo Schirru ma
gli invia anche alcune lettere per indicargli come individuare
con sicurezza i luoghi dove Mussolini si reca. Sicuramente,
inoltre, non sono all'oscuro del complotto Joe Meloni - suo
intimo amico325 - ed Osvaldo Maraviglia che326, da New York,
effettua "varie rimesse in danaro allo Schirru nel periodo in
cui si preparava a tornare in Italia"327. Il principale complice
e sostenitore dell'im presa, è però da ritenersi Raffaele'
Schiavina. Al direttore de "L'adunata dei refrattari", infatti,
l'anarchico sardo non solo comunica il suo "incontro" con
Mussolini a Milano e affida il proprio testamento "politico",
ma invia anche varie lettere per mantenerlo aggiornato sugli
sviluppi dell'operazione.
L'epifania del 1931 è il giorno scelto da Schirru per rien­
trare in Italia. Sebbene già da alcuni mesi una sua foto sia
stata pubblicata sul "Bollettino delle ricerche"328, l'anarchico
riesce nuovamente ad attraversare la frontiera di Ventimiglia
senza destare alcun sospetto alla polizia di confine. Dopo aver
sostato a Sanremo, a Pisa e a Firenze, giunge a Roma la sera
del 12 gennaio. Sin dalla mattina successiva al suo arrivo, ini­
zia a percorrere pazientemente tutto il tratto di strada che
collega Porta Pia a Piazza Venezia. Il suo piano consiste nel

tore dei " complotti terroristici anarchici", Emidio Recchioni risiedeva a


Londra dove era riparato già nel 1900 per sfuggire alle persecuzioni po­
liziesche. Nell'estate del 1933, la polizia intercetta una corrispondenza
tra due esuli anarchici, nella quale si legge: "Fu lui, il nostro "Nemo" che
aiutò l'eroico Schirru nella lodevole e ottima preparazione dell'attentato^
appena in tempo sventato. Fu lui, "Nemo", che pensò di far nascondere
le bombe allo Schirru nei noti recipienti. Ed è lui anche che ha pensato ad
un'altra forma di bomba che si può nascondere nella cintura". ACS, Min.
Xnt., Divisione Polizia Politica (fascicoli per materia), b. 79, fsc. 5, Rela­
zione fiduciaria senza data né altra specificazione.
325 Vedi nota 315.
326Amministratore de "L'adunata dei refrattari".
327Informativa del Consolato di New York, del 9 gennaio 1932. Cit. in
G. FIORI, L'anarchico Schirru, op. cit., pag. 162.
328 Con provvedimento "da fermare, perquisire e arrestare".

147
cercare di individuare l'automobile presidenziale che traspor­
ta M ussolini studiarne attentamente gli itinerari e scegliere
un punto dal quale poter colpire il duce lanciandogli contro
una delle due bombe. E' certo, insomma, che prima o poi gli
si ripresenterà l'occasione di M ilano quando, a Piazza
Sant'Ambrogio, si era trovato a soli pochi metri dal bersa­
glio. Questa volta, però, dopo giorni e giorni di estenuanti
appostamenti, ancora non gli è capitato di incrociare l'auto
del duce. Decide allora di scrivere in America per chiedere ai
compagni d'attivare qualcuno in Italia che lo possa affianca­
re; ma alle sue lettere non riceve risposta alcuna. Nell'am­
biente del fuoruscitismo, in effetti, si stenta a comprendere i
suoi temporeggiamenti: basterebbe acquistare un qualsiasi
giornale locale per risalire ai luoghi dove il dittatore può es­
sere bombardato. Giuseppe Polidori gli spedisce persino un
ritaglio della "Tribuna" dove giganteggia una foto di un'adu­
nata militare tenutasi in Piazza di Siena, in occasione dell'ot­
tavo anniversario della fondazione della milizia fascista; e an­
nota allusivamente: "Avrei desiderato essere con te per go­
dere questo bello spettacolo e battere le mani con te. Spero
che non avrai mancato di vederlo"329. Di giornali, in realtà,
Schirru ne compra a profusione; ma i compagni all'estero igno­
rano che egli ha scartato in partenza l'ipotesi di colpire du­
rante le cerimonie pubbliche; vuole uccidere il "tiranno", non
provocare un'inutile strage.
Verso la fine di gennaio, uno stato d'animo di rassegna -
zione e di sfiducia comincia ad impadronirsi di Schirru. As­
salito da un senso d'impotenza, demoralizzato ed indeciso
sul da farsi, sembra quasi sul punto di arrendersi e rinuncia­
re a portare a termine il suo disegno. Cerca allora di distrarsi
con la vita spensierata e inizia a frequentare gala, convegni,
riviste. Conosce anche una ballerina ungherese (Anna
Lukovszky) con la quale inizia a trascorrere giorni romantici
e felici. Giorni, ma anche notti. E' con lei, infatti, quando la
sera del 3 febbraio un inserviente bussa alla porta della sua

G. F iori, L'anarchico Schirru, op. cit., pagina 178.

148
camera all'Hotel Colonna per avvisarlo che giù alla hall lo
aspetta la polizia. Sperando che non si sospetti nulla di gra­
ve, Schirru si presenta agli agenti disteso e sorridente, rispon­
dendo con garbo alle loro domande e non lasciando trapela­
re alcun segno d'inquietudine neanche quando viene invita­
to a seguirli al commissariato. Durante il tragitto, anzi, si
mostra disinvolto, parla spagnolo, finge entusiasmo dinnanzi
alla Fontana di Trevi, offre persino ai poliziotti di entrare in un
bar a sorbire un caffè. Poi, al commissariato, il drammatico ri­
conoscimento. Confrontato il passaporto con il "Bollettino delle
ricerche", il vice commissario gli contesta adirato: "Voi non siete
né inglese né spagnolo. Siete Michele Schirru, l'anarchico che
da tempo venivamo ricercando". Vistosi smascherato, Schirru
estrae di scatto una pistola, ma gli agenti gli si lanciano subito
addosso per tentare di disarmarlo. Inizia allora una mischia
furibonda e dal mucchio di corpi in colluttazione partono acci­
dentalmente alcuni colpi che feriscono i tre funzionari di PS e
lo stesso Schirru, che resta riverso a terra con il volto insangui­
nato e deformato da un proiettile.
Quali fossero le reali intenzioni di Schirru una volta im­
pugnata Tarma da fuoco, nessuno, ovviamente, potrà mai
saperlo. Nella versione ufficiale, si parla di un "tentativo di
strage di un sanguinario terrorista" deciso a vendere cara la
pelle uccidendo quanti più poliziotti fosse possibile. Durante
gli interrogatori e in sede di dibattito processuale, Schirru ha
invece sempre sostenuto di volersi suicidare e che il ferimento
degli agenti è stato un effetto fortuito prodotto della confu­
sione della rissa330. E' questa sicuramente la versione più cre­

330 Anche in alcune corrispondenze inviate alle persone più care,


Schirru conferma la versione del tentato suicidio e del ferimento fortuito
degli agenti. "Come vedete", scrive ai familiari undici giorni dopo la
sparatoria, "mi trovo neU'infermeria chirurgica del carcere dovendomi
curare la ferita al capo da me stesso prodottami nel momento che realiz­
zavo che per me non c'era altro che prigionia. L'orrore che destò in me il
pensiero della prigione mi spinse a quel punto. Gli agenti, accortisi del
mio gesto, cercarono di disarmarmi. Partirono dalla mia arma dei colpi.
Quei colpi ferirono degli agenti, e ne sono molto dolente, perché non

149
dibile331 , accreditata anche dal tipo di trauma riportato dal­
l'anarchico - ferita alla regione mascellare e temporale destra
con foro di uscita al labbro superiore. Sulla tesi del tentato
suicidio conviene anche Giuseppe Fiori, che alla figura del­
l'attentatore sardo ha dedicato ben due libri. A suo parere,
Schirru si apprestava a compiere un gesto supremo di ripara-
zione-dimostrazione-espiazione per scongiurare un'eventuale
sconfessione da parte dei suoi stessi compagni, che avevano
non poche ragioni di criticare il suo comportamento in tutta
la vicenda. E cioè:

intendevo far loro alcun male, bensì por fine ai miei giorni. Il destino
volle che solamente rimanessi ferito". Ivi, pp. 182 - 183.
331 "Se avesse voluto colpire il vice-commissario", afferma ad esem­
pio Cesare Rossi, "ci sarebbe riuscito agevolmente. Anche il tipo di ferita
riportata dallo Schirru, attesta la versione del suicidio: ferita alla regione
mascellare e temporale destra con foro di uscita al labbro superiore.
Schirru non sparò contro di se per scherzo... Lo stesso dottor De Simone
(il vice commissario, n.d.a.), finì per ammettere la possibilità che Schirru
si volesse suicidare. Il direttore superiore di Regina Coeli, Gemelli, era
dello stesso parere; tanto che chiese, in una sua riservata al Tribunale
Spedale, di mettere Schirru in compagnia di qualche detenuto 'perché
non ripetesse il tentativo di suicidio commesso nell'ufficio di PS". Ivi,
pagina 182. "I colpi partiti alTimpazzata", asserisce l'avvocato d'ufficio
di Schirru, Cesare D'Angelantonio, "furono effetto della colluttazione
con gli agenti che volevano disarmarlo.... E' noto che un proiettile s'infì-
lò sul ritratto del Re. Ma neppure quel regicidio simbolico fu voluto da
Schirru. Egli voleva soltanto morire. Appena potè svincolarsi dalla pre­
sa, si tirò un colpo in direzione dell'orecchio, poco sotto alla tempia: il
colpo classico per una morte istantanea. Ma la pallottola, per un'impen­
sabile fatalità, girò intorno all'osso cranico, asportando mezzo padiglio­
ne auricolare". Ivi, pp. 183-184. "La versione più seria ed obiettiva del-
ì'accaduto", sostiene infine Guido Leto, "è la seguente. Quando lo Schirru
impugnò Tarma, il dottor De Simone gli voltava le spalle. Messo sull'av­
viso da uno degli agenti presenti, il De Simone si voltò e si lanciò subito
sullo Schirru cercando di disarmarlo, e gli agenti gli diedero man forte.
Tutti rotolarono per terra. E dall'arma, nella colluttazione, partirono col­
pi che ferirono gravemente un agente e leggermente un altro agente e lo
stesso vice commissario..... Schirru affermò sempre che voleva togliersi
la vita. E in effetti, dalle deposizioni rese davanti al Tribunale Speciale
dal dottor De Simone, che fu realissimo ed obiettivo, questa versione
sembrava accettabile". Ivi, pagina 183.

150
1) Inazione, Non ha combinato molto. Nemmeno tentato. Lucetti e De
Rosa fallirono il bersaglio, ma almeno ci avevano provato. Lui no,
neppure questo. E ha lasciato l'America da ormai undici mesi. Dovrà
in qualche modo riparare. 2) Vigliaccheria. Tale è il raggio d'azione delle
bombe, Luna di trenta, l'altra di settanta metri, che il rischio, lancian­
dole, era d'esserne uccisi. Sempre il lanciatore di bom be di quella
potenza ha messo nel conto la propria morte. Allora: è stata la paura
di morire, invece che la prudenza umanitaria, a trattenerlo dal bom ­
bardare cerimonie? Ecco un sospetto legìttimo. Dovrà dimostrare che
la morte non lo spaventa. 3) Libertinaggio. E ' caduto non proprio eroica­
mente, pescato a letto con una ballerina. S'è mangiato i soldi anche in
sbafi indecorosi, ha ingannato famiglia e compagni. Non questa le­
zione di vita gli veniva dalle esistenze tribolate di Giovarmi Antioco
Mura, Pietro Gori, Luigi Galleani, Bartolomeo Vanzetti, Nicola Sac­
co, Errico M alatesta, Arm ando Borghi, Raffaele Schiavina... Dovrà
espiare...'13,2

Sottoposto ad interrogatorio due giorni dopo Parreste,


Schirru confessa tutta la verità: ammette la sua identità, rico­
nosce di essere venuto in Italia per attentare al capo del fasci­
smo, narra le fasi di preparazione del suo piano. Resistendo
alle pressioni degli inquirenti, riesce però a non svelare so­
stenitori e fiancheggiatori del complotto, ribadendo più vol­
te di aver agito senza alcuna complicità di terzi. Con partico­
lare fermezza, infine, dichiara di "non aver mai pensato di
compiere l'attentato in occasione di cerimonie, ben compren­
dendo che lì il lancio di una bomba avrebbe causato numero­
se vittime innocenti" 32333 .
Processato dal Tribunale Speciale il 28 maggio 1931, Schirru
mantiene durante il dibattimento un contegno fiero e deter­
minate, riconfermando senza reticenze e senza trincerazioni

332 Ivi, pagina 181.


333 "N on ho mai pensato", dichiara l'anarchico, "di compiere l'atten­
tato in occasione di cerimonie. Ben comprendendo che lì il lancio di una
bomba avrebbe causato numerose vittime innocenti. Mi ero proposto di
compiere l'attentato con il minor numero possibile di vittime. Il mio pia­
no era di accendere la miccia con una sigaretta e di lanciare quindi la
bomba contro Mussolini". G. F iori, op. cit., pagina 179.

151
di sorta l'insieme delle dichiarazioni già rilasciate nel corso
della fase istruttoria. Per la pubblica accusa, l'imputato si è
reso responsabile di un vero e proprio "tentativo" di attenta­
re alla vita del capo del governo, "non verificatosi per causa
indipendente dalla [sua] volontà". La richiesta, dunque, è
quella della pena capitale mediante fucilazione alla schiena.
Alla requisitoria del PM, l'avvocato d'ufficio - Cesare
D'Angelantonio - sceglie di contrapporre un impianto difen­
sivo fondato esclusivamente sulla clemenza dei giudici, sen­
za nemmeno provare a replicare che il reato attribuito al suo
assistito non aveva avuto alcun principio di esecuzione, che
la semplice "intenzione" di compiere un delitto non può es­
sere omologata al "tentativo" di consumarlo334, che, insom­
ma, a Schirru non si era mai presentata l'occasione di "tenta­
re" di uccidere Mussolini335. Avrebbe avuto "gioco facile", ha
scritto Giuseppe Fiori,

a rovesciare gli arg o m en ti del PM rep lican d o g li che la teoria


penalistica distingue fra atti preparatori e tentativo, e possono esser­
ci atti preparatori in sé non sufficienti, se non in concom itanza d'al­
tre circostanze, a permettere l'inizio d'esecuzione del delitto e posso­
no esserci contrattempi (com 'è l'im possibilità d'incontrare la vittima
designata) che bloccano l'attentatore al di sotto della soglia del tenta­
tivo. Schirru mai una volta ha visto M ussolini, e dunque sem pre gli è
mancata l'occasione di tentare di ucciderlo336.

Condannato alla pena capitale mediante fucilazione alla


schiena, l'anarchico è ricondotto alle prime ore della sera nel­
la sua cella a Regina Coeli. Scrive una lettera alla madre, una

334 Tentativo che nel codice penale Rocco è equiparato al reato com­
messo.
335Eppure, durante il loro primo incontro, D'Angelantonio aveva detto
a Schirru: "La mia difesa sarà basata sulla legge, la quale secondo me
non consente, in questo caso, la pena capitale; perché io ritengo che è
mancato, quali che fossero le sue intenzioni, ogni principio di esecuzio­
ne di un tentativo punibile". G. F iori, L’anarchico Schirru, op. cit, pagina
222.
336 Ivi, pagina 220.

152
alla moglie, poi si addormenta. Alle 2,30, lo svegliano per la
traduzione a Forte Braschi. Ad attenderlo, un plotone d'ese­
cuzione formato da ventiquattro volontari337. Schirru si av­
via alla sedia. E' sereno e sorridente. Lo legano. A quindici
passi i suoi carnefici. Caricano, puntano ... "A bbasso il
fascismo! Viva l'anarchia!". Poi, la lugubre scarica. Sono le 4,27
del 29 maggio 1931338.

337Per disposizioni impartite dallo stesso Mussolini, il plotone d'ese­


cuzione doveva essere composto da legionari provenienti dalla stessa
terra d'origine del condannato: la Sardegna.
338 Dopo la fucilazione a Forte Braschi, si verificano diversi episodi di
solidarietà verso l'anarchico sardo. Il caso più eclatante è rappresentato
dal tentato suicìdio della guardia carceraria addetta al controllo di Schirru,
che la notte stessa dell'esecuzione, si taglia le vene dei polsi e dei piedi.
Numerose, poi, sono le denunce e gli arresti effettuati dalla polizìa di
cittadini sorpresi ad inneggiare all'attentatore. Tra questi: Sante
Tompetrini - casellante ferroviario di Roccastrada - denunciato per aver
affermato: "Anziché Schirru, dovevano fucilare chi ha emesso la senten­
za"; Patrizio Maruzzi - lattoniere milanese - che impreca contro i giudici
del Tribunale Speciale che avevano condannato Schirru, definendoli
mascalzoni e vigliacchi; Antonio Apolloni - manovale di Frosinone, che
esclama: "Il governo fascista ci fa morire di fame. Mussolini pagherà con
la vita Tassassimo di Schirru"; Niccolò Masia - bracciante sardo - arresta­
to per aver urlato nelle strade di Roma: "Viva la Sardegna! Viva Michele
Schirru!"; Giovanni Mele - terrazziere - colto mentre grida: "Se Schirru
fosse riuscito a compiere l'attentato sarebbe stata una fortuna per noi!";
Angelo Temperini - calzolaio di Monte S. Giusto - che viene sorpreso
mentre scrive sul muro della latrina del paese: "W l'attentatore di
Mussolini!". Cfr., A a .V v ., L'Jtalia al confino, op. cit. Così, "L'adunata dei
refrattari", tesse l'elogio del sacrificio di Michele Schirru: "Ancora non è t
spenta l'eco della lugubre scarica di Roma, che già il nome di Schirru è
fatto bandiera delle speranze e segnacolo delle rivolte emancipatrici del
popolo italiano. Non è il nome di un eroe da dozzina. E' il nome di una
grande volontà che s'è assegnato un compito storico di prima importan­
za e lo persegue con tenacia, con fede, con temerarietà, fino alle estreme
conseguenze. E quando vede la meta sfuggirgli, non ha più amore per la
vita, che ha consacrata tutt'intera la sua causa, combatte l'ultima batta­
glia sul terreno che il nemico gl'impone e poi cerca la morte; e quando
anche la morte lo respinge chiede di suggellare col martirio la sublimità
del suo olocausto assoluto [...] Michele Schirru ha con la temerarietà del

153
2 - La speranza della rivoluzione

Sebbene dopo il caso Schirru la repressione diventi ancor


più accanita339, raggravarsi costante della crisi economica e

suo coraggio, prima, e con l'atrocità del suo martirio, poi, scavato nel-
l'impalcatura del regime una breccia che né le armi dei pretoriani dome­
stici, né i milioni dei complici stranieri, riusciranno mai più a riparare.
Nel suo disegno era tutta la giustizia; nel suo ardimento, tutta la magna­
nimità; mentre nella vendetta dei suoi carnefici, è tutta l'infamia; nel loro
regime, tutta la turpitudine". Dopo il supplizio, in "L'adunata dei refratta­
ri", n. 20, del 6 giugno 1931.
33y "Le Prefetture", recita una circolare inviata dalla Direzione gene­
rale PS "a tutte le Prefetture del Regno", "dovranno tenere in speciale
evidenza tutti gli anarchici segnalati con altre circolari e ciascuna Prefet­
tura inoltre dovrà riesaminare la posizione degli anarchici fuorusciti o
residenti nel Regno, che siane nati, dimorino od abbiano dimorato nel
territorio della provincia e farli attentamente vigilare, per accertarne l'at­
tività e gli eventuali movimenti e per conoscere se tengano relazioni con
correligionari, specialmente espatriati, comunicando ogni emergenza a
questo Ministero, per le necessarie valutazioni e ulteriori indagini da
compiersi all'estero". ACS, Min. Int., Divisione Polizia Politica (fascicoli
per materia), busta 101, fsc. 14 (Partito Anarchico), Circolare inviata dal­
la Direzione Generale di PS a tutte le Prefetture del Regno, il 14 febbraio
1931.1 timori della polizia sono alimentati anche dai numerosi attentati e
azioni individuali che stanno verificandosi nel paese. Tra il 1931 e il 1932,
attentati dinamitardi si verificano a Poggio Catino, Varalle, Milano,
Montevecchio, Portanaccio, Roma, Verona, Bologna, Torino e Genova.
Cfr.: U. F edeli, Un trentennio, op. cit.; M. F ranzinelli, I Tentacoli, op. cit;
"Almanacco libertario pro-vittime politiche", anni 1932-1933; R. D e F eli­
ce, Mussolini il duce, op. cit. Autore degli attentati a Genova, Bologna e
Torino, è l'industriale repubblicano Domenico Bovone, che resta a sua
volta gravemente mutilato in seguito allo scoppio casuale di alcuni ordi­
gni ad orologeria che stava confezionando nel proprio appartamento.
Condannato alla pena capitale, l'antifascista viene fucilato a Forte
Braveria, il 17 giugno 1932. Tra le azioni individuali più eclatanti, vanno
invece segnalate l'assassinio di sei militi fascisti (tre a Barrafranca, uno
ad Antignano d'Asti, uno a Piacenza e uno a Binello) e l'uccisione a colpi
di pistola, il 2 aprile a La Spezia, dell'industriale fascista De Biasi avve­
nuta per mano dell'anarchico Doro Raspolini. Raspolini muore nell'au­
tunno dello stesso anno mentre è detenuto nel penitenziario di Sarzana.
L'"Almanacco libertario pro-vittime politiche", così ricorda la figura del

154
rintensificarsi dei fenomeni di protesta sociale340 favorisco­
no un ulteriore sviluppo dell'antifascismo anarchico dopo
quello già consistente realizzatosi nel 1930. Gran vivacità si
manifesta nel campo delle iniziative propagandistiche. A
Pordenone e a Molvena, ad esempio,, sono tratti in arresto
due militanti sorpresi a diffondere stampa "sovversiva"341,
mentre a Livorno, a Parma e a Torino, membri della "Federa­
zione giovanile anarchica" riescono a disseminare numerose
copie di un manifestino celebrativo del 60° anniversario del­
la Comune342. Un episodio alquanto curioso, si verifica a Mi­

giovane militante anarchico: "E' caduto in mano al nemico con l'arma in


pugno, il 2 aprile dello scorso anno il giovane Doro Raspolini sparava
suH'industrìale De Biasi che fu uno dei responsabili principali dell'assas­
sinio di suo padre, barbaramente trucidato dai fascisti nei noti fatti di
Sarzana. Giovanissimo allora, ancora quattordicenne, Doro Raspolini
giurava di vendicare un giorno il padre assassinato; ed egli seppe man­
tenere la promessa appena ne incontrò l'occasione. Arrestato e imprigio­
nato nelle carceri di Sarzana, il nostro eroico compagno, degno figlio di
suo padre per coraggio ed abnegazione all'idea, fu sottoposto ai più atroci
maltrattamenti da parte degli sgherri fascisti. Fu certo in seguito alle se­
vizie inflittegli nel periodo della sua prigionia a Sarzana, che il giovane
ed eroico Doro è morto nello scorso ottobre in quel carcere. Il cadavere fu
rinchiuso nella cassa senza che nessun parente fosse ammesso a vederlo.
Il fascismo assassino esercita la sua malvagità feroce fin verso i morti.
Ma il ricordo di Doro Raspolini rimarrà imperituro nella mente dei po­
polani di Sarzana, ì quali conservano viva la memoria delle sanguinose
giornate che gettarono la devastazione e la strage nella loro città, e vedo­
no nel vendicatore degassassimo del proprio padre il vendicatore di
tutte le infamie commesse dal regime di fango e di sangue che li opprime
così barbaramente e duramente". Doro Raspolini, in "Almanacco libertario
pro-vittime politiche", anno 1932, pagina 44.
340 Nel 1931, si contano 172 agitazioni e 287 dimostrazioni a carattere
collettivo. Cfr.: R. D e F elice, Mussolini il duce, op. cit; S. C olarsi, L'opi­
nione degli italiani, op. cit. N. T ranfaglia, La prima guerra mondiale, op. cit;
M. C hiodo, op. cit.
341 Santa Dreina, a Pordenone, e Sebastiano Farina, a Molvena. ACS,
Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1930-31, busta 400, fsc.
K1A/Movimento anarchico (AA. GG.).
342 Nel manifesto, si legge: "A noi giovani, non ancora avviliti dal­
l'abiezione generale, il dovere dell'appello ai Caduti della Comune, in

155
lano: un vigile notturno smarrisce proprio dinnanzi al com­
missariato di Porta Monforte un blocco di trenta talloncini
gom m ati con sopra in ciso "W 1/A n arch ia/ abbasso
Mussolini"343. "A morte M ussolini W l'Anarchia", è invece
scritto su di un cartello trovato affisso alla cancellata del mu­
nicipio a Limbiate, dove vengono sequestrati anche alcuni
esemplari di un opuscolo divulgativo - "Perché siamo anar­
chici" - che si sospetta siano stati introdotti da macchinisti
addetti alle linee ferroviarie di confine.
Una vera e propria rete di diffusione clandestina del ma­
teriale propagandistico proveniente dall'estero, è stata poi al­
lestita a Genova. Come si legge in una nota riservatissima
della questura, è infatti attivo in città un gruppo, capeggiato
da Carlo Stanchi, che si mantiene in strette relazioni "con
anarchici residenti in Francia, i quali, attraverso un comitato
segreto, si adoperano per trovare elementi audaci del movi­
mento, allo scopo di dare un forte impulso alla propaganda

questo suo 60° anniversario. I vegliardi, o si rassegnarono al silenzio, o si


piegarono, forse tementi più che il sepolcro dei corpi, quello dello spiri­
to: il confino, ove si muore di fame e di disperazione sotto il bavaglio o le
percosse, o le patrie galere. Morti della Comune gloriosa, Voi preferiste
la morte alla resa, e noi vi seguiremo, rispondendo per Voi all'appello
della Rivoluzione Sociale: P resente. Il Vostro ricordo risplende come faro
luminoso fra le tenebre della storia contemporanea. Lavoratori, guarda­
te a quel faro [...] La Questione Sociale non si risolve coi palliativi statali.
E' questione che interessa tutto il tronco della società capitalistica. Biso­
gna dar giù al tronco ed instaurare le nuove basi economiche della Socie­
tà, nella Comune libera, federata con tutte le Comuni e tutte le Patrie.
Questo il solo rimedio. La pena di morte, il confino, la Terra del Fuoco, la
fame, il malcontento, Timperialismo, i perpetui arbitraggi, il carcere, la
morte, nulla possono! C'è solo un mezzo per liberarci: La Comune. Un
solo fine: L'A narchia". ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC.
A A., 1930-31, busta 400, fsc. K1A/Movimento anarchico (AA. GG.), Vo­
lantino ritrovato dall'Ovra, nel marzo 1931, a Livorno, a Parma e a Tori­
no.
343 Si tratta di Francesco Gozzini. A Milano, comunque, il movimento
può contare anche sulTinstancabiìe operato di Pietro De Gaetano e di
Vincenzo Toccafondo, che sta proseguendo nella diffusione alla macchia
del suo mensile divulgativo "L'Antistato". Vedi capitolo secondo, para­
grafo uno.

156
anarchica in Italia"344. In effetti, data la sua particolare collo­
cazione costiera, il capoluogo ligure costituisce un punto stra­
tegico di rilevanza cruciale per rinoltramento della stampa
in Italia. Una perlustrazione a tappeto operata da pattuglie
di carabinieri in alcuni quartieri popolari, ad esempio, porta
al ritrovamento di varie copie della edizione speciale della
testata "Lotta anarchica" - "Lotta anarchica. Per l'insurrezio­
ne armata contro il fascismo"345 - edita a Parigi. Oltre ad un
susseguirsi di appelli incitanti il proletariato italiano alla ri­
volta, nell'inserto sono contenuti anche due manifesti - "Alle
madri proletarie"346 ed "Ai giovani d'Italia"347 - che esortano

344ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1930-31, busta
400, fsc. K1A / Movimento anarchico (Genova), Riservatissima della Que­
stura di Genova, del 18 agosto 1931.
345 "Lotta anarchica. Per l'insurrezione armata contro il fascismo",
Parigi, periodicità irregolare. Cfr. L. B etoni, op. cit.
346 "E ' a voi donne", recita l'appello, "che noi rivolgiamo la parola d'in­
citamento, di fede, di speranza e di riscossa. A voi, martiri oscure del so­
gno di libertà che infiamma tutti i cuori proletari, a voi, coscienti e
combattive ribelli che, vinte ma non dome, attendete l'ora della riscossa
liberatrice. Urge affrettarla quell'ora, o compagne, con deliberato corag­
gio, con fiducia di successo [...] Vi è stato brutalmente tolto quanto vi ren­
deva buona e lieta l'esistenza, vi è negata ogni speranza, ricusato ogni
diritto, violentata ogni aspirazione. Ogni giorno assistete a fatti che dimo­
strano come il sopruso, la tirannide, stringono sempre più i freni, ma è
necessario che non vi abbandoniate alla rassegnazione, allo sconforto che
vi ridurrebbero a soffrire doppiamente [...] Preparatevi per la riscossa, o
compagne proletarie, e tenetevi pronte ad assecondare l'azione degli uo­
mini. Non facciamoci illusioni: ci troveremo in condizione d'inferiorità ma­
teriale, quindi nessuna capacità e forze nostre, devono andare perdute.
Dimostrate con l'esempio di un sereno coraggio e di un'attività costante
diretta ad abbattere gli ostacoli che chiudono la via dell'avvenire nostro,
nel quale sì cancellerà fin l'ultima traccia di quell'onta, di quel dolore, di
quegli spasmi che ci hanno avvelenato 1'esistenza per anni. Affrettiamoci,
die domani potrebbe essere troppo tardi. Agire, bisogna e subito [...] L'avere
concorso, nella misura delle vostre forze, al trionfo della rivoluzione so­
ciale, vi renderà fiere di voi stesse. E nell'ora della pace e delle libertà con-.
quìstate, verrà a voi, donne, dalla vita rinnovata del popolo, una gioia
pura e profonda [...] Donne, o compagne, al lavoro. Contro il fascismo, per:
la libertà, per la rivoluzione sociale". Alle madri proletarie, in "Lotta anar­
chica. Per l'insurrezione armata contro il fascismo", n. 13, del 5 marzo 1931.
347 Dove è scritto: "Non è più tempo di parole e di fiducia nelle paro-

157
donne e giovani antifascisti a compiere azioni di sabotaggio
e di boicottaggio "su tutto quanto è cosa, istituzione ed opera
del fascismo", ed a tenersi pronti in caso d'insurrezione ge­
nerale. Un totale di circa cinquecento manifestini di propa­
ganda anarchica, occultati tra le merci, sono invece scoperti
sul piroscafo "Teresa Schiaffino". La capitaneria di porto ri­
tiene che il materiale "sovversivo" sia stato immesso "da qual­
cuno degli operai intenti allo scarico delle merci o da altra
persona che sia riuscita ad introdursi nelle stive, camuffan­
dosi da operaio e confondendosi con questi"348. Sempre al-
Tinterno di una nave - "Italia" - vengono rinvenute un centi­
naio di riproduzioni di un opuscolo - "Una parola di anar­
chici ai lavoratori d'Italia" - che incita le masse ad insorgere
per la rivoluzione sociale349 . Ben diciotto kg. di giornali
antifascisti, infine, vengono sequestrati nel corso di una per­

le, quantunque esse siano feconde di idee. Per ribellarci, per riscattarci e
rendere agli altri la coscienza di quanto debbano fare per scuotere il
giogo opprimente che ci soffoca, occorre nel momento attuale, una pro­
paganda di fatti [...] Si richiedono, perciò, giovani di coraggio e risoluti
che si rendano conto della responsabilità morale che assumono [...] A
questo duello all'ultimo sangue, tra voi, giovani, e le milizie fasciste, non
una esitazione, non una tregua [...] Sarete i liberatori di tutto un popolo
sommerso fin qui sotto la valanga di una compressione crudele che l'ha
reso schiavo ed affamato. Datevi dunque e subito, o giovani, alla causa
della liberazione. Non appartatevene più. Non distoglierete mai né il
pensiero, né 1'animo dallo scopo prefisso. Costituite dei gruppi. Non pre­
occupatevi del numero. Scegliete i più buoni, i più forti, i più decisi [...]
Zamboni, la Gibson, Lucetti, Schirru, han gettato un fascio di luce nella
tetra densità della notte che sembrava eterna. Penetri quell'insegnamen­
to nei vostri cuori a recarvi la scintilla e i germogli dell'ardimento ga­
gliardo col quale essi additarono agli immondi despota la loro fine, e al
popolo vinto e incatenato la via seguendo la quale si vincerà il sistema di
oppressione, di violenza e d'obbrobrio che disonora, insulta la dignità di
tutto il mondo. Giovani: alle armi, alla rivolta, alla vittoria!". Ibidem.
348ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1930-31, busta
400, fsc. K1 A /M ovim ento anarchico, (Genova), R elazione della
Capitaneria di porto di Genova, del 16 giugno 1931.
349 "Il crollo del regime fascista in Italia", spiega il volantino, "non
deve significare il trionfo dei vecchi partiti; né di quelli che erano.al pote-

158
quisizione a sorpresa effettuata neirappartamento dello stes­
so Stanchi. L'arresto dello Stanchi, seguito daH'immediata
cattura di tutti gli altri tredici componenti del gruppo350, com­
porta ovviamente un drastico ridimensionamento dell'atti-

re, né di quelli che ne agognavano la conquista. Esso non deve neppure


spianare la via all'instaurazione della dittatura del proletariato, perchè
sotto quest'ingannevole, per quanto allettante denominazione, si cela un
tentativo di truffa detestabile, con la quale politicanti di nuovo conio
brigano per imporre essi e a proprio vantaggio la dittatura della loro
combriccola anche sul proletariato [...] Lavoratori italiani, è la vostra
emancipazione economica, è la distruzione del regime capitalista, è la
R ivoluzione S ociale che devono costituire il programma pratico e fattivo
del movimento che già rumoreggia nella penisola, e che domani esplo­
derà incontenibile". ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA.,
1930-31, busta 400, fsc. K1A/M ovimento anarchico, (AA. GG e PP.), Se­
questro di volantini anarchici senza data né altre specificazioni. L'appel­
lo si conclude inneggiando alla lotta del popolo spagnolo che ha condot­
to alla recente instaurazione della repubblica in Spagna: "Sotto la pres­
sione della volontà popolare, ancora una dittatura è caduta, ancora un
trono è crollato. Il popolo spagnolo si è aperto la via verso i suoi nuovi
destini; è lecito sperare che non s'appagherà del primo passo compiuto.
Sarà la massa dei lavoratori italiani da meno di esso? E si vorrà essa
arrestare a un cambiamento di regime ancor sotto l'egida dei sistemi e
degli organismi borghesi? No; ciò non ha da essere. L'ora che sta per
suonare deve segnare l'inizio delle soluzioni radicali [...] Compagni, fra­
telli, ardite! Avanti tutti, verso le mete comuni! Che dopo tanti anni di
avvilimento ci arrida infine la gloria dello sforzo liberatore". Ibidem. Gli
avvenimenti in terra iberica carpiscono a più riprese l'attenzione degli
anarchici italiani, molti dei quali accorrono in Spagna ben prima della
guerra civile del 1936 -1 9 3 9 . Nella partecipazione alle lotte del proleta­
riato spagnolo, infatti, viene ravvisata un'occasione concreta per com­
battere faccia a faccia contro la reazione intemazionale.
350 Si tratta di: Attilio Stanchi, Giuseppe Pastorino, Gaetano Mosti,
Oreste Picco, Beniamino Restori, Giacomo Testani, Augusto Guarducci,
Lorenzo Biselli, Giovanni Cortese, Antonio Grasso, Pietro Caviglia e Fran­
cesco Alverino. Vengono condannati al confino: Carlo e Attilio Stanchi,
Giuseppe Pastorino, Gaetano Mosti, Oreste Picco, Beniamino Restori,
Giacomo Testani, Augusto Guarducci e Lorenzo Biselli. E' invece sotto­
posto solo al vincolo dell'ammonizione Giovanni Cortese, mentre Anto­
nio Grasso, Pietro Caviglia e Francesco Alverino sono prosciolti nel con:
so dell'istruttoria Cfr. C. G hini-A. D al Pont, op. cit.

159
vità dei quadri genovesi che, per lunghi mesi, sono costretti a
limitarsi a sporadici tentativi "di infiltrarsi nelle masse con
qualche scritto", come ricorda uno dei militanti riusciti a sfug­
gire alla retata di polizia351.
Si è accennato in precedenza al ritrovamento di alcune co­
pie deiredizione speciale di "Lotta anarchica", "Lotta anar­
chica. Per rinsurrezione armata contro il fascismo". Redatto
specificamente per la diffusione in Italia352, l'inserto è tra gli
organi di stampa che più spesso si riesce ad introdurre nel
paese aggirando la censura della polizia fascista. Oltre che a
Genova, esemplari della testata vengono sequestrati anche
nelle Marche, in Romagna, in Puglia, in Lombardia, in Friuli,
in Toscana, nel Lazio e nelle isole. L'idea di compilare un sup­
plemento di "Lotta anarchica" era maturata, nell'inverno del
'30, come una delle tante iniziative dirette ad accrescere ed
estendere le forme d'intervento in Italia353. Sebbene la repres­
sione delle autorità locali e le ristrettezze economiche avesse­
ro costretto a sospenderne le pubblicazioni dopo l'uscita di
soli due numeri, il grande successo riscosso dal giornale spin­
ge il Comitato di Propaganda deH'UCAPI a riavviarne le stam­
pe già nel marzo 1931354. In effetti, come si evince dalia copiosa

351 G. B arroero, Anarchismo e resistenza in Liguria, in "Rivista storica


dell'anarchism o", n. 2, del luglio-dicembre 1998, Biblioteca Franco
Serantini, Pisa, 1998, pagina 69.
352 ACS, Min. Int., Divisione Polizia Politica (fascicoli per materia),
busta 107, fsc. UAI aU'estero (1930 -1937).
353 Vedi capitolo secondo, paragrafo due.
354 A tal proposito, nell'estate del 1931, il Comitato di propaganda
d iffon d e un com u nicato p er esortare i com p agn i a sosten ere
finanziariamente e moralmente l'iniziativa: "Senza che ve ne fosse biso­
gno, oltre le migliaia di carcerati e relegati nelle isole maledette, il pro­
cesso sommario e l'affrettato assassinio del compagno Schirru, è venuto
a rammentarci quanto è dura e pericolosa, ma pur tanto necessaria sia la
prosecuzione in Italia della lotta senza quartiere contro la tirannide fa­
scista, quanto sia imperioso il dovere che spetta a noi beneficiari di ima
situazione meno schiacciante, di aiutare in tutti i modi possibili i compa­
gni rimasti sulla breccia, contro il nemico. Il lavoro, che da oltre un anno
svolge questo comitato per venire in aiuto ai compagni, ha permesso di

160
corrispondenza proveniente dall'Italia, il foglio sta fungendo
da vera e propria panacea per tutti quei militanti rimasti a
lottare in un ambiente sempre più oppressivo e intimidato­
rio, contribuendo a risollevare il morale, rinfrancare gli ani­
mi, riaccendere gli entusiasmi, a mantenere viva, insomma,
la speranza "che non tutto sia andato perduto". "Questa vita",
si legge in una lettera pubblicata su "Il risveglio anarchico",

m i è insopportabile. Son quasi sei mesi che non lavoro e non so più
dove sbattere la testa. Cadere alle pretese dei barbari non mi sento;
ho resistito fino ad oggi e continuerò. Preferisco morire piuttosto che
cedere a queste canaglie. Qui come ben saprai, non hanno fascistizzato
n e s s u n o . S o n o sem p re le ste s s e c a n a g lie ch e c o n tin u a n o a
spavaldeggiare. Spesso mi trovo con ì tuoi vecchi compagni i quali
mi dom andano sempre tue notizie; sono riuscito ad avere un nume­
ro di Lotta Anarchica e l'ho fatto circolare; sembra di rivivere. Una
parola di riconforto, una speranza che viene a colmare il vuoto. Cer­
cate di inviarcela più sovente. Il seme che avete lasciato germogliare

riallacciare un discreto collegamento ed inviare ai nostri compagni, deci­


ne di migliaia, della nostra stampa clandestina. Questo modesto lavoro
di propaganda in Italia, ha incontrato il consenso di tutti i nostri compa­
gni e delle masse proletarie, negli ambienti ove è possibile la distribuzio­
ne: Marche, Romagna, Friuli, Ferrara, Puglia, Lombardia ed isole, sono
le regioni che hanno zone che svolgono con cautela l'attività anarchica
assieme ai compagni deH'"Unione comunista-anarchica". Per sopperire
a tutte le necessità [..,] il gruppo iniziatore si trova concorde di fare ap­
pello a tutti i compagni a ciò che uniscano i loro sforzi per compiere un
lavoro d'insieme, ben atto a rappresentare in questo momento storico,
gli anarchici di ogni scuola e tendenza. Giova dire che questo lavoro d'in­
tesa tra Parigi e Bruxelles si sta svolgendo proficuamente tra le varie
correnti deH'anarchismo ed osiamo sperare incontrare l'adesione entu­
siasta dì tutti i compagni, il cui segno tangibile d'approvazione sarà ac­
compagnato da un (sia pure modesto) contributo finanziario dai relativi
consigli e suggerimenti sulla opera da svolgersi, che saranno tenuti nel
dovuto massimo conto. Compagni! Se ognuno darà moralmente e
finanziariamente quanto può, il risultato sarà apprezzabile, malgrado la
più feroce reazione fascista. Avanti per la rivoluzione sociale e l'anar­
chia". ACS, Min. Int., Divisione Polizia Politica (fascicoli per materia),
busta 65, fsc. 8 (Partito anarchico).

161
nei nostri cuori intrattenetelo, lavorate voi, almeno; noi qui ne atten­
diamo la manna dal cielo355 .

Tornando alla lotta in Italia, va detto che il forte incremen­


to delle iniziative propagandistiche è solo un aspetto del ben
più ampio processo di sviluppo che sta interessando un po'
tutte le forme di mobilitazione dell'antifascismo anarchico.
In gran rispolvero è Tattività di raccolta e di distribuzione
dei fondi pro-vittime politiche. Da Parigi, Bruxelles, Ginevra
e dal Massachussets (Stati Uniti), giungono in continuazione
soccorsi a Genova, a Modena, a Carrara e a La Spezia, mentre
sottoscrizioni interne vengono promosse a Roma ed in alcu­
ne fabbriche a Torino e a Milano. Poderosa, poi, è l'azione
finalizzata alla ricomposizione di un tessuto organizzativo
con ramificazioni locali356. Oltre ai gruppi "Barriera di Nizza"
e "Barriera di Milano", a Torino357, e a quello di Carlo Stan­
chi, a Genova, nuclei, cellule o "covi" anarchici sono indivi­
duati a Molinella, ad Arnatz, a Belluno, ad Albizzate, a Lec­
co, a Spilimbergo, a Prato, in Gragnana, a Pisa, ad Arezzo358,
a Livorno359 e a Napoli. Destinati ad arenarsi, sono invece gli
sforzi riorganizzativi a Roma dove la durissima repressione
seguita all'arresto di Michele Schirru rende arduo mantenere
inviolati persino gli spazi più intimi e riservati della sfera pri-

355 Lettere dalVltalia, in "Il risveglio anarchico", n. 831, del 19 settem­


bre 1931-
356 Ponza, intanto, Bruno Misefari ed Antonio Failla danno vita alla
Federazione Anarchica Italiana, cui aderiscono circa 80 membri. La Fe­
derazione si dota di una cassa comune di solidarietà, organizza una bi­
blioteca clandestina ed avvia una serie di conversazioni teoriche sui prin­
cipi fondamentali dell'anarchismo.
357 Vedi capitolo secondo, paragrafo due.
358 Dove viene sgominato un nucleo dedito alla preparazione di at­
tentati. Ad esclusione di Tarquinio Pusterella, che riesce a rendersi lati­
tante, tutti i membri della cellula vengono condannati per tentata strage
e detenzione di armi e di esplosivi. Cfr. A a .V v ., Aida IV, op. cit.
3551Dove sarebbero attivi tre gruppi - "Barriera Garibaldi", "San Mar­
co" e "Venezia" - coordinati da Augusto Consani e dagli anarchici sicilia­
ni Ugo e Aldo Cagliata.

162
vata ed individuale. In questa lettera, inviata a "L'Emancipa­
zione" dopo soli cinque giorni dall'arresto dell'anarchico sar­
do, si coglie bene il dramma esistenziale, ancor prima che
politico, che sta investendo non solo quadri ed attivisti, ma
anche tutti coloro che vivono ai margini della dimensione
prettamente militante:

In questi ultimi giorni ho avuto delle noie straordinarie, dalle quali


dovrei essere esente, vista la stretta sorveglianza sotto cui vivo. La
mattina del 4 corrente, mentre stavo a letto ammalato, ebbi la casa
invasa da una squadra di poliziotti con a capo un commissario i qua­
li m i buttarono ogni cosa sottosopra e poi se ne andarono portandosi
via una quantità di carte [...] Quella mattina non potetti sapere la
ragione di quella perquisizione straordinaria, ma la capii poi due gior­
ni dopo, quando i giornali raccontarono che un anarchico [Michele
Schirru, n.d.a.] in un commissariato si era ribellato all'arresto ed ave­
va fatto fuoco addosso ai poliziotti. Tu mi domanderai che c'entravo
io. Ma qui si usa così: quando la polizia ha qualche dispiacere se la
piglia......con tutti quelli che non ne sanno nulla. Infatti anche in que-
st'ultim a occasione hanno arrestato un'infinità di persone, compa­
gni e non compagni, che stanno nella lista dei sospetti. Ora, dopo
una dozzina di giorni di carcere, hanno incominciato a rilasciarle...
per poi ripigliarle di nuovo appena accade qualche cosa di nuovo o
semplicemente quando ricorre qualche anniversario che potrebbe dar
luogo a manifestazioni360.

A prescindere dalla dinamica semplificata della realtà ro­


mana, la condizione di disagio esistenziale descritta nella let­
tera colpisce indiscriminatamente tutti gli anarchici rimasti
in Italia. Emblematico è il caso di Luigi Galleani, che nel feb­
braio del '30 termina di scontare il suo periodo di detenziorte
alle isole Lipari. Sebbene malato di diabete e visibilmente
provato dai duri anni di confino, l'anziano rivoluzionario :
continua ad essere sottoposto a severissime misure di sorver-
glianza, tanto che ben presto è costretto ad abbandonare le
mura domestiche per evitare di procurare noie e disagi ai suoi

360 "L'Emancipazione", n.2, dei marzo 1931. "L'Emancipazione", San


Francisco, mensile. Direttore: Vincenzo Ferrerò. Cfr. L. B ettini, op. czt.

163
famigliari. Riparato a Caprigliola, e guardato a vista da due
carabinieri anche in questo piccolo paesino della Val di Ma­
gra, Galleani non ha però perduto la tempra ribelle e il senso
dell'umorismo. La sua protesta è una passeggiata, ogni volta
che piove, per comprare le sigarette in una lontanissima ta­
baccheria trascinandosi dietro i due "sfortunati" poliziotti
senza ombrello. Forse con il sorriso sulle labbra lo coglie dun­
que la morte, che sopraggiunge all'improvviso proprio men­
tre sta compiendo una delle sue rituali passeggiate "sim boli­
che". "Restava pur sempre un sorvegliato", ricorda un suo
compagno di lotta,

perciò veniva tenuto costantemente d'occhio da due Carabinieri [—3


Quando vedeva il tempo m ettersi al peggio, preannunciando piog­
gia o neve, "si ricordava " im provvisamente d'aver bisogno di andare
a comprarsi le sigarette alla tabaccheria, che non c'era a Caprigliola
ma solo ad Albiano, ad una discreta distanza. Quando scendeva la
pioggia... partiva. Ed ecco allora dal colle di Caprigliola scendere verso
la M agra e poi Albiano un piccolo corteo: davanti Galleani, im per­
turbabile, intabarrato e riparato dalEombrello, e, dietro, i due sfortu­
nati "servitori dello Stato", costretti a trottargli dietro senza riparo,
condannati a bagnarsi completamente, per l'ultim a simbolica beffa e
"guerra" ingaggiata da G alleani contro il potere che rappresentava­
no. Il 4 novembre 1931 [...] stava facendo la sua passeggiata "simboli­
ca": im provvisamente cadde a terra e spirò"361.

Come già nel 1930, le notizie provenienti dall'Italia sul-


l'aggravarsi della crisi economica e sull'accrescersi del mal­
contento sociale, sono accolte con grande entusiasmo negli
ambienti del fuoruscitismo anarchico dove quasi nessuno
sembra più dubitare che nella penisola siano ormai mature le
condizioni per una sollevazione armata popolare. E, come
sempre, ad avallare questo convincimento contribuisce an­
che l'ennesima valanga d'arresti e di persecuzioni che sta ab­
battendosi sul paese. "Oggi in Italia", si legge su "Lotta anar­
chica",

361 Itinerari della memoria. Gli anni dell'ultimo confino di Luigi Galleani a
Caprigliola, in "Storia ribelle”, op. c it, pp. 95-96.

164
v 'è lana situazione realmente adatta per essere incamminata in una
grande rivoluzione, verso una lotta violenta [...] M ussolini è sicura­
m ente spaventato e la ferocia del tribunale speciale, e le centinaia di
anni di galera dati ai grandi e fieri precursori del rinnovamento so­
ciale, e le continue deportazioni nelle isole di dolore, attestano in pie­
no la suprema vigliaccheria del tragico pagliaccio di Predappio, l'in­
coscienza di quell'om ettino e "aborto m orale" di Vittorio, e la perfi­
dia mostruosa del rubicondo e miope Ratti. In Italia si attende la nuova
aurora362.

Per quanto fallace, la previsione di un'imminente moto


in su rrezio n ale n ella p en iso la in nesca una d in am ica
moltiplicatrice di tutte le iniziative dirette ad alimentare la

362 A. C., Intensifichiamo la lotta, in "Lotta anarchica", n. 13, del 5 mar­


zo 1931. Riflessioni del genere appaiono un po' su tutte le testate anar­
chiche del periodo. Sull'"Almanacco libertario pro-vittime politiche", ad
esempio, Virigilìa D'And rea scrive: "Eppure la rivolta passa come fumo
fra tutte le fessure; striscia e s'infiltra, come ombra, fra tutte le strettoie;
trasuda dallo sguardo, dal silenzio, dalla stretta di mano, da ogni attitu­
dine; e si allarga e si propaga fra le stesse categorie sociali che avevano
già creduto "sacra e inviolabile" la legge. E di tratto in tratto, fra il buio
fìtto dove brancola un popolo bendato e imbavagliato; fra le ombre degli
uccisi; fra il cigolio delle ritorte; fra lo stridore dei catenacci e il crepito
del plotone d'esecuzione, una folgore vendicativa e liberatrice scoppia
d'improvviso: Zamboni! De Rosa! Lucetti! Schirru!... ad affrontare il
linciaggio e la galera, a sfidare la pena di morte oggi, pur di colpire la
vipera annidatasi fra le mura di Roma. E là d ov e una giovinezza cad e,
un'altra si leva più forte, più perfetta e più pura [...]Più luce! ancora più
luce!". V. D'A ndrea, Sprazzi di luce fra le tenebre, in "Almanacco libertario
pro-vittime politiche", anno 1932, pagina 23. Su per giù dello stesso tono,
è questo "Appello al popolo italiano", pubblicato su "Il risveglio anar*
chico" nel settembre 1931: "Popolo italiano, non concedere quartiere ai
fascisti, non risparmiarli né in alto, né in basso; non risparmiare quanti li
sostengono e li difendono. Non potrai mai liberarti di essi se non oppo­
nendo terrore a terrore. E non devi contare che su te stesso. E non devi
abbrutirti nell'attesa di liberazioni miracolose e legali. Devi agire; devi
colpire; devi danneggiare il fascismo in tutti i modi e con tutti i mezzi [...]
Tutto il resto è perdita di tempo. Dalli al fascismo; dalli al fascista; dalli ai
suoi protettori! Con tutti i mezzi, i grandi come ì piccoli; dove sì può,
come si può, quando si può. Per la tua libertà! Per la libertà!". Appello al
popolo italiano, in "Il risveglio anarchico", n. 831, del 19 settembre 1931.

165
lotta in Italia, Oltre airattività svolta dall'UCAPI in Francia363,
un importante lavoro di riallacciamento con i militanti attivi
all'interno è in atto anche in Svizzera ed in Belgio. Proprio a
Bruxelles, viene costituita una nuova sezione dell'USI nell'in­
tento di seguitare a stampare un'importante testata mensile -
"Guerra di classe " 364 - le cui pubblicazioni erano state avvia­
te a Parigi, nel settembre del '30, dal Comitato d'emigrazione
dell'USI. Il giornale si pone come momento di analisi, di ri­
flessione e di confronto su temi e problematiche di natura
sindacale, nel tentativo tanto di attualizzare il rapporto tra
anarchismo e movimento operaio quanto di definire nuovi
programmi e nuove strategie di lotta. A prescindere dalla re­
dazione di "Guerra di Classe", anche FUSI sta però profon­
dendo gran parte delle proprie forze nel rilancio dell'azione
clandestina in Italia. "Quello che maggiormente ci sta a cuo­
re, è la ripresa rivoluzionaria in Italia", si legge in un comuni­
cato dell'organismo apparso, nel febbraio del 1931, sulle co­
lonne di "Lotta anarchica"365. E in effetti, già da alcuni mesi,
è stata avviata n ella p en iso la una p roficu a opera di
ricostituzione di quadri che ha reso possibile una prima
ricomposizione organizzativa a livello locale366.
La Direzione Generale di PS, comunque, è ben al corrente
di quanto si trama e si ordisce all'estero. Uno dei membri più
influenti dell'USI e dell'UCAPI, infatti, è proprio Bernardo
Cremonini367, puntualissimo nel fornire un quadro dettaglia­
to di tutte le iniziative di lotta che i suoi compagni sono sul
punto di intraprendere. Una sua relazione del gennaio 1931,
informa ad esempio che

363 Vedi capitolo secondo, paragrafo due.


364 "Guerra di classe", Fountenay-sous-bois/Bruxelles, mensile. Di­
rettore Giuseppe Bifolchi. Cfr., L. B etoni, op. cit
365 C omunicato dell Usi, in "Lotta anarchica", n. 31, del 20 febbraio
1931.
366 Vedi capitolo quarto.
367 Vedi capitolo primo, paragrafo due.

166
gli anarchici fuorusciti avrebbero costituito un comitato segreto di
propaganda per riunire gli elem enti più noti ed audaci del movi­
m ento anarchico, con lo scopo di dare nuovo impulso alla propagan­
da anarchica in Italia, mediante rin v io clandestino di stampati, di
allacciare relazioni con ì correligionari qui residenti, dì far entrare
nascostamente nel Regno alcuni dei loro elementi più fidati e di pre­
parare azioni terroristiche. Poiché gli anarchici riterrebbero propizio
ai loro fini l'attuale m om ento di depressione economica, essi cerche­
rebbero evidentemente di svolgere la loro azione nei centri industriali
e dove maggiormente si è prodotto il fenomeno della disoccupazio­
ne368 .

Indipendentemente dalle informazioni confidenziali tra­


smesse dal Cremonini, sono ancora una volta le relazioni sui
"complotti terroristici anarchici" a costituire la porzione più
ampia dei rapporti fiduciari provenienti dall'estero; anche per­
ché, dopo la vicenda Schirru, le disposizioni a riguardo di­
ventano ancor più rigorose. Da Bruxelles, Parigi, Lione, Mar­
siglia, Ginevra e Barcellona, è così tutto un piovere di
segnalazioni su progetti di attentati al re, a Mussolini, a
gerarchi fascisti, a sedi istituzionali e a palazzi presidenziali.
Non una parola, un incontro, una riunione sembrano sfuggi­
re alla rete spionistica deli'Ovra. Lo sanno bene Emidio
Recchioni, che vede sistematicamente andare in fumo tutti i
suoi progetti "terroristici", e Francesco Barbieri, del quale ven­
gono prontamente intercettati due plichi esplosivi inviati alle
redazioni del "Corriere della sera" e del "Popolo d'Italia"369.
Resta invece ignoto il piano ideato in Spagna da Gigi
Damiani, Gino Bibbi e Federica Montseny, per far fuggire
Malatesta dall'Italia. "Venne deciso", ricorda la Montseny,

363 ACS, Min. Int., Divisione Polizia Politica (fascicoli per materia),
busta 101, fsc. 14 (Partito Anarchico), Circolare inviata dalla Direzione
Generale di PS a tutte le Prefetture del Regno, il 14 febbraio 1931.
^ Il primo febbraio del '31, viene fucilato a Buenos Aires uno dei
maggiori attentatori anarchici: Severino di Giovanni. Cfr S. Di G iovanni,
Il pensiero, op. cit. pp. 19-37. "A ll'alba del 1° febbraio 1931", narra
l'"Almanacco libertario pro-vittime politiche", "cadeva sotto la scarica
del plotone d'esecuzione, nel carcere di Buenos Aires, l'anarchico Severino

167
di tentare l'avventura epica: strappare M alatesta dalle grinfie di
Mussolini. Per realizzare ciò si offriva un'opportunità: il vecchio lot­
tatore andava ogni anno a trascorrere un paio di mesi in un paesetto
della costa. La polizia, pur vigilando, non gli aveva vietato questi
trasferimenti, consigliati dai medici, giacché il cam biamento d'aria e
lo iodio marino portavano beneficio ai suoi bronchi. Bibbi ed io riu­
scimmo a m etterci in contatto con un antico compagno che allora
godeva di una posizione vantaggiosa. [...] Costui, per suo conto ed a
suo rischio, mise a nostra disposizione un apparecchio ed un pilota
[...] Bibbi doveva accompagnarlo e raccogliere il M alatesta, di notte
nella piccola spiaggia dove stava passando l'estate. Per mezzo di un
sistema ermetico di corrispondenza, M alatesta era al corrente e d'ac­
cordo per approfittare di quell'occasione unica. Tutto era deciso, sta­
bilito ed organizzato. Lo sapevano soltanto Damiani, Bibbi, la sotto-
scritta, il comandante di cui sopra [...] Neppure l'aviatore che dove­
va pilotare l'apparecchio sapeva con precisione ciò che andava a
fare370.

Al mettere sul chi vive la polizia, ci pensa però il segretario


della Confederación Nacional de Trabajo (CNT), Angel Pestaña.
Risentitosi perché la CNT era stata tenuta all'oscuro dell'ope­
razione, Pestaña dirama un comunicato-diffida su "Solidaridad
Obrera" che, rendendo di pubblico dominio il progetto, ne com­
promette irrimediabilmente la realizzazione.

Di Giovanni [...] Era - lo si ricorda - il tragico epilogo di una lotta epica e


disperata fra le forze dell'ordine e pochi audaci ribelli decisi a non arren­
dersi e pronti a sacrificare la propria vita piuttosto che sottomettersi al
nemico. Da tempo Severino Di Giovanni era ricercato dalla polizia [...] e
la sua esistenza di <fuorilegge> assume a volte aspetti di leggenda. Di
temperamento ardente e di animo audace, egli si lancia a capofitto nel­
l'azione individuale e terroristica. Ogni iniziativa di propaganda lo tro­
va però fervente cooperatore e, poiché nel frattempo si compie il colpo di
stato militare di Uriburu ed ogni voce di protesta è soppressa con la for­
za, egli contribuisce alla stampa di pubblicazioni clandestine. Fu appun­
to mentre usciva da una tipografia dove si era recato per sistemare F u sa­
ta di pubblicazioni di carattere rivoluzionario, che la polizia lo sorprese,
riuscendo ad arrestarlo soltanto dopo una caccia disperata e un combat­
timento accanito e cruento di cinquanta contro uno". "Almanacco
libertario pro-vittime politiche", anno 1933, pagina 20
370 U. F edeli, Gigi Damiani. Note biografiche. Il suo posto nell'anarchismo,
Antistato, Cesena, 1954, pagina 39.

168
3 - Angelo Sbardellotto371

Roma, 4 giugno 1932. Angelo Sbardellotto s'aggira presso


un caffè di piazza Venezia. Due agenti gli si avvicinano. Mo­
stra i documenti. Breve conciliabolo. E' spinto in un portone.
Rapida perquisizione. Voci alterate, sussulti concitati... due
bombe e una pistola sotto la cinta dei pantaloni.
E' la terza volta, in poco più di sette mesi, che l'anarchico
scende in Italia allo scopo di attentare alla vita del capo del
fascismo. Nato a Mei (Belluno), il primo agosto 1907, Angelo
Sbardellotto aveva lasciato il suo paese ancora minorenne per
seguire nell'emigrazione il padre Luigi. Dopo aver vissuto in
Francia e in Lussemburgo, lavorando come minatore e come
operaio meccanico, si trasferisce in Belgio stabilendosi nella
cittadina di Searing, una piccola località di provincia dove ha
trovato rifugio un nutrito gruppo di anarchici italiani.
Sebbene già da tempo avesse in animo di sopprimere
Mussolini, l'occasione per inverare i suoi propositi tirannicidi
gli si presenta soltanto nella primavera del 1931 quando, nel
corso di una riunione indetta per raccogliere fondi prò-vitti­
me politiche e definire alarne iniziative in commemorazione
di Michele Schirru, confida ad un compagno (Vincenzo
Cantarelli372) di essere pronto ad emulare l'eroico sacrificio
dell'anarchico sardo. Persuaso della sincerità del giovane, e
colpito dalla sua risolutezza, Cantarelli decide allora di orga­
nizzargli un incontro con Emidio Recchioni, il personaggio
più indicato, come sappiamo, ad esprimere un parere in pro­
posito e, casomai, ordire la trama intera del complotto. Ed è

371 Per una ricostruzione accurata della vicenda Sbardellotto, vedi:


ACS, CPC, ad nomen; M inistero della D ifesa, Tribunale Speciale per la Di­
fesa dello Stato, Decisioni emesse nel 1932, Roma, 1980; A a.Vv., Aula IV, op.
cit; G. G alzerano, op. cit; G. A rtieri, op. cit; E. M agri, Ifucilati di Mussolini,
Baldini & Castaldi, Milano, 2000. F. B erti, Per amore della libertà, in "A n ­
numero 9, del dicembre 2000 - gennaio 2001, Milano 2001.
372 Arrestato nel febbraio 1941, viene deferito al Tribunale Speciale
per complicità nel progetto di attentato di Sbardellotto e condannato a
trenf anni di reclusione.

169
proprio questo che avviene quando i due si vedono a Bruxel­
les nel luglio del '31. Accertatosi dopo una breve conversa­
zione dell'affidabilità dello Sbardellotto, Recchioni gli sug­
gerisce di compiere l'attentato il 28 ottobre, giorno in cui sono
in calendario alcune manifestazioni pubbliche per celebrare
la ricorrenza del nono anniversario della marcia su Roma.
Indicatagli nei dettagli l'operazione, gli fissa quindi un suc­
cessivo incontro a Parigi, il 23 ottobre, alla Gare du l'Est, per
procedere alla consegna del materiale necessario ai fini del­
l'attuazione del piano. Al nuovo rendez-vous parigino, si pre­
senta con Recchioni anche una terza persona che, sebbene
ignota a Sbardellotto, assume un ruolo decisivo in tutta la
vicenda. Se, infatti, è Recchioni a finanziare il progetto, è però
lo sconosciuto a procurare armi - una pistola e due bombe a
mano373 - e documenti - un passaporto svizzero rilasciato a
Bellinzona ed intestato a Angelo Galvini.
Con ordigni esplosivi, rivoltella e un falso documento
d'identità, Angelo Sbardellotto parte dalla Francia la notte
del 25 ottobre. Varcata la frontiera italiana senza destare so­
spetti alla polizia di confine, giunge a Roma la mattina del
28. Appena in stazione, acquista subito una testata locale - "Il
Messagero" - per informarsi sui luoghi dove Mussolini si sa­
rebbe recato per presenziare le commemorazioni. Benché le
occasioni non manchino, è però la prima volta che l'anarchi­
co visita Roma e le sue strade gli sono pressoché ignote. Pen­
sa allora di recarsi direttamente a piazza Venezia, dove ha
letto che alle 19,30 è previsto un intervento del duce. La sua
idea è di bombardare Mussolini mentre parla affacciato dal
noto balcone; giunto il fatidico momento, comprende però
che senza l'ausilio di un lanciabombe non sarebbe mai riusci­
to a centrare l'obiettivo.

373 Una fiaschetta di acciaio con miccia contenente 80 grammi di


cheddite, con un raggio di azione di cinquanta metri e con esplosione
dopo quattro secondi dall'accensione. E un tubo di ferro piegato ad arco
con miccia, contenente 400 grammi di dinamite, con un raggio di azione
di cento metri e con esplosione dopo quattro secondi dall'accensione.

170
Ripartito dall'Italia, l'anarchico fa tappa a Parigi per ri­
consegnare le bombe e la pistola alTenigmatico personaggio
conosciuto alla Gare du l'Est; allo stesso tempo, però, assicu­
ra di essere sempre pronto ad agire non appena se ne ripre­
senti l'occasione favorevole. Temendo di essere localizzato e
sorvegliato dalla polizia, trascorre i mesi successivi spostan­
dosi in diverse nazioni europee374, finché, nella primavera del
'32, ha un nuovo incontro con Emidio Recchioni, a Bruxelles.
D opo alcune brevi consid erazioni di natura logistica,
Recchioni suggerisce di ritentare l'attentato il 21 aprile, quan­
do è in programma una serie di festeggiamenti per celebrare
la ricorrenza del Natale di Roma; ma questa volta Sbardellotto
si manifesta perplesso e titubante sulla data indicata dal com­
pagno. La sua precedente esperienza in Italia gli ha mostrato
che, durante le cerimonie patriottiche, l'imponente schiera­
mento di forze di polizia rende praticamente impossibile av­
vicinarsi al "tiranno" ed averlo a portata di tiro; soprattutto,
lo ha reso consapevole che lanciare una bomba in quelle cir­
costanze avrebbe significato provocare una strage sicura di
innocenti375. Suggerisce allora di anticipare l'operazione ad
un giorno qualsiasi e propone di colpire Mussolini mentre
viaggia nell'auto presidenziale, come Gino Lucetti aveva già
tentato nel '26 e Schirru progettato nel '31. Alla fine di marzo,
l'anarchico parte così di nuovo per Roma dove arriva la mat­

374 Dove trova ospitalità dai suoi compagni di lotta: Enrico Zambonini
e Ham Day, a Bruxelles, e Ernesto Bruna, a Dusserdolf, ad esempio.
375 "Ero a piazza dell'Esedra, sotto i portici", confida ai secondino,
addetto alla sua sorveglianza nelle ore precedenti la fucilazione, "Lui
passò a pochi metri da me, per la via. Stavo per lanciare la bomba calco­
lai la distanza, freddamente, ma aU'ultimo momento un pensiero mi trat­
tenne: lui era circondato da migliaia di persone e la bomba aveva un
raggio d'azione di duecento metri, sarebbe stata una carneficina". La
versione contrasta però con quanto affermato nella confessione rilascia­
ta al giudice istruttore, nella quale Sbardellotto scrive di non essersi mai
riuscito ad avvicinarsi al duce a causa "dell'imponente servizio d'ordine
che circondava i luoghi dove egli si recava per presenziare manifestazio­
ni e commemorazioni".
tina del primo aprile. Seguendo i punti del suo piano, vaga
per ore e ore tra Palazzo Venezia, la Camera e il Senato; ma
nonostante il continuo andirivieni, non riesce mai a scorgere
Lauto del duce. A pomeriggio inoltrato teme anche di essere
stato notato nel suo aggirarsi tra i palazzi del potere. Decide
allora di allontanarsi dalla zona e di ripartire al più presto
per la Francia.
Nonostante il fallimento di quest'ultimo tentativo, Ange­
lo Sbardeìlotto non recede dai suoi propositi tirannicidi. L'eli­
minazione di Mussolini, è ormai diventata la sua unica ra­
gione esistenziale, una vera e propria opera messianica, un'af­
fermazione solenne di fede umana, un atto supremo, insom­
ma, da compiersi anche a costo dell'olocausto della propria
vita. "Io non chiedo agli uomini gratitudini o ricompense
d'onori per il sacrificio che sto per compiere" - scrive in que­
sti mesi da Monaco - "Chiedo solo che quanti avranno com­
preso il significato del mio atto, ne seguano l'esem pio"376.
Deciso a non abbandonare più l'Italia senza aver portato a
termine la sua "m issione", l'anarchico riparte così una terza
volta per Roma, dove giunge la mattina del primo giugno. E'
infatti al corrente che, il giorno due, Mussolini si sarebbe re­
cato alla stazione Termini per accogliere in forma solenne l'ar­
rivo delle ceneri di Anita Garibaldi; dopo una breve cerimo­
nia, è poi previsto che il corteo del duce prosegua sino al
Verano, dove avverrà la traslazione. Mai come questa volta,
insomma, le circostanze si profilano particolarmente propi­
zie; la precisione di luoghi, strade, orari, per non parlare poi
di tutto il tempo a disposizione nella giornata per studiare a
fondo itinerari e percorsi. Ciononostante, quando la mattina
del due si reca alla stazione, la cerimonia è già terminata.
Sperando di poter ancora raggiungere il dittatore, si dirige
allora velocemente verso il Gianicolo; ma la zona è resa inac­
cessibile dal fitto servizio di sicurezza. Del tutto vani sono
destinati a rivelarsi anche appostamenti, perlustrazioni e
sopralluoghi che il giovane effettua per l'intera giornata suc-

376 In "L'adunata dei refrattari", n. 28-29, del 16 luglio 1932.

172
cessiva. Il quattro giugno, però, si ripresenta l'occasione fa­
vorevole: Mussolini sarà di nuovo al Gianicolo per inaugura­
re un monumento ad Anita Garibaldi. Il tragitto gli è noto, la
zona anche, perfettamente calcolabili i tempi, eppure ... quan­
do arriva sul posto, la commemorazione si è già conclusa.
Decide allora di riportarsi a Piazza Venezia in attesa del rien­
tro dell'auto presidenziale; ma il suo aggirarsi nella zona que­
sta volta non passa inosservato377. E' nei pressi di un caffè
quando un agente si avvicina per identificarlo. Il passaporto
svizzero non presenta anomalie, ma l'anarchico risulta privo
del permesso di soggiorno obbligatorio per gli stranieri. Vie­
ne allora condotto in un portone di un palazzo della zona,
dove ...
Sottoposto ad immediato interrogatorio, Sbardellotto è co­
stretto dopo una breve resistenza a rivelare agli inquirenti la
sua identità, il motivo della sua presenza a Roma e i suoi due
precedenti tentativi di portare a com pim ento il piano
prefissatosi. Sia per le torture subite che per un crollo psico­
logico causato dal fallimento della missione, finisce però per
ammettere anche di aver avuto complici e finanziatori. Due
giorni dopo l'arresto, anzi, rilascia al giudice istruttore un
memoriale scritto nella sua cella a Regina Coeli dove indica
nei dettagli e con dovizia di particolari identità o tratti somatici
dei suoi fiancheggiatori, date degli incontri e tutti gli
spostamenti effettuati nei mesi antecedenti l'arresto. Succes­
sivamente, infine, riconosce in ima foto di Alberto Tarchiani,
l'oscuro personaggio che gli aveva fornito passaporto,
valigetta, bombe e pistola378.
Conclusasi rapidamente la fase istruttoria, l'anarchico vie­
ne deferito al Tribunale Speciale con l'incriminazione di aver

377 Secondo l'Artieri, circa 50.000 riproduzioni dì una sua foto segna­
letica erano state diffuse a tutte ìe questure d'Italia.
37N Tutti gli accu sati, natu ralm ente, respingono qu alsiasi
coinvolgimento nella vicenda. Recchionì vince persino una causa per
diffamazione contro il "Daily Telegraph", che aveva sostenuto, senza al­
cuna prova, la tesi della sua responsabilità.

173
"tentato" di uccidere il capo del governo. Dopo poco più di
un anno, dunque, si ripresenta il caso giudiziario che aveva
visto condannare Michele Schirru per la sola "intenzione" di
voler commettere un delitto. E, naturalmente, anche in que­
sta circostanza il verdetto è quello della pena capitale. All'al­
ba del 17 giugno del 1932, nel cortile di Forte Bravetta, Ange­
lo Sbardellotto è fucilato alla schiena da un drappello di mili­
ti del 112° battaglione, comandati da Armando Giuia. Alle
parole di una guardia carceraria, affidiamo il racconto delle
sue ultime ore di vita:

Nel pom eriggio che seguì la condanna a morte, un secondino entrò


nella cella in cui Sbardellotto, seduto sul bordo della brand ina, atten­
deva tranquillo la scarica del plotone d'esecuzione che avrebbe stron­
cato i suoi venticinque anni. Aveva il compito d'indurlo a firmare
una domanda di grazia [...] Ma Sbardellotto, udita la proposta, si alzò
fiero, terribile nella sua decisione: "S e è venuto per parlarm i di que­
sto, può andar via subito" gridò. E poiché il secondino, preso da uma­
na pietà, insisteva - "Vi accorderanno la grazia certam ente, vivrete.
Se non volete farlo per voi, se non vi importa di morire, fatelo per la
vostra famiglia, per i vostri genitori..." - Sbardellotto lentam ente,
pensando, assaporando quasi le parole, rispose. "N o! Non lo farei
nem m eno se sapessi che le pallottole m i entreranno qui, nelle carni,
lentamente, una dopo l'altra... L am ia domanda di grazia non l'avran­
no!". L'altro non ebbe il coraggio d'insistere, ma rimase nella cella
del condannato a dividere con lui quelle ultime ore. Sbardellotto era
tranquillo, narrò la storia del suo attentato, piano, senza eccitarsi,
come si narra a un bimbo una fiaba. "E ro a piazza dell'Esedra, sotto
i portici. Lui passò a pochi metri da m e, per la via. Stavo per lanciare
la bom ba calcolai la distanza, freddamente, ma all'ultim o m omento
un pensiero m i trattenne: lui era circondato da migliaia di persone e
la bom ba aveva un raggio d'azione di duecento metri, sarebbe stata
una carneficina. Centinaia di innocenti avrebbero pagato per una
colpa non loro. Lui doveva pagare, lui solo. Non lanciai la bomba,
ma ormai era tutto finito. "D om attina verso le sei busserò alle porte
dell'altro mondo... Toc, toc, toc... - e bussò tre colpi contro il muro con
le nocche delle dita, sorridendo com e per un gioco da ragazzi - e
chiederò a San Pietro se c'è un posto per m e..." Ed era sereno [...]
Trascorse la notte dormendo profondamente: non un sussulto, non
un gemito. Sapeva che lo avrebbero svegliato per portarlo davanti al
plotone, ma se un rimpianto aveva, non era per la giovinezza gettata

174
allo sbaraglio: se un rimpianto ebbe fu per non essere riuscito a por­
tare a termine la sua missione. Alle quattro del mattino lo chiamaro­
no. Si dirizzò sulla branda e chiese, stropicciandosi gli occhi; - E' ora?
Accese una sigaretta, si svestì lentamente, come si preparasse per
avviarsi al lavoro, ed uscì dalla cella. Prim a di imboccare le ripide
scalette, accese un'altra sigaretta, si soffermò nel cancello che immette
alla "rotond a", si svolse indietro, e con un largo gesto della mano
abbracciò tutti i compagni di carcere che non avrebbe m ai più visto: -
Arrivederci a tu tti!-. - gridò. Ed uscì tra le guardie a testa alta. E
prim a che la raffica troncasse quella giovinezza offerta ad un'ideale
di libertà, gettò in faccia al mondo il suo grido di fede: "Viva l'Anar­
ch ia!"379.

Come già Michele Schirru prima di lui, anche Angelo


Sbardellotto risponde dunque aH'ordine di morte con un urlo
supremo di fede e di speranza. Per quanto possa sembrare
sorprendente, il contegno fiero ed esemplare mantenuto dai
due anarchici davanti al plotone di esecuzione susciterà l'am-
mirazìone persino di Benito Mussolini che, ritornando anni
più tardi sulla vicenda dei suoi attentatori, dichiarerà in un'in­
tervista;

37y Testimonianza riportata nel "Bollettino dell'archivio G. Pinelli",


n. 5, del luglio 1995, pp. 19-21. Angelo Sbardellotto lascia il proprio de­
naro ai militi incaricati della sua fucilazione. Nei mesi successivi all'ese­
cuzione, diversi cittadini vengono denunciati sotto Tincriminazione dì
apologia deU'attentato di Sbardellotto. Così "Lotta anarchica" saluta la
morte del giovane compagno: "Salve o compagno Angelo Sbardellotto
che a fronte alta, in atto di sfida hai affrontato i giudici ed il plotone
d'esecuzione voluto contro di te dal brigante Mussolini- Salve a te che,
solo contro uno stuolo di briganti assassini, là dove qualche minuto pri­
mo era caduta il non meno eroico Bovone, con il sorriso sulle labbra ti sei
seduto e all'ordine di morte lanciato da un vile sicario in camicia nera
hai risposto col grido fatìdico: Viva l'Anarchia! Grido di fede e di speran­
za per te e per noi, di terrore e di spavento per i tuoi carnefici.!—] Il tuo
nome sarà inciso sulle nostre bandiere accanto a quelli di Bresci, di Lucetti,
di Zamboni, di Schirru, di Belloni e di tanti altri! Salve a voi tutti o eroi
puri al servizio dell'umanità! Voi potete dormire o sognare in pace, pa­
ghi di aver compiuto il vostro dovere, additando a noi la via da percorre­
re". Saìve!, in "Lotta anarchica", n. 26, del 25 giugno 1932.

175
Avrei usato dem enza a Sbardellotto e a Schirru. Non ho mai pensato
di usarla nei confronti di Bovone, cieco esecutore di atti terroristici
diretti a fare il vuoto tra le masse le quali nulla avevano a che spartire
con la politica. Ma Sbardellotto ventiduenne [in realtà venticinquenne/
n.d.a.] che rispose all'invito del magistrato a firmare la domanda di
grazia dichiarando solo di rimpiangere di non aver eseguito l'atten­
tato; ma Schirru anarchico, ottimo combattente della grande guerra
che grida la sua fede davanti al plotone d'esecuzione, sono uomini
veramente degni di un destino m igliore di quello che la sorte ha loro
riservato380.

4 - II ripiegamento e il dibattito sulla situazione internazionale

Il 1932 segna per la dittatura fascista l'avvio di una fase di


stabilizzazione e di consolidamento che, in forme ed intensi­
tà diverse, è destinata a protrarsi sino allo scoppio del secon­
do conflitto mondiale. Sebbene la crisi economica raggiunga
il momento culminante proprio nell'inverno del '32381, la dura

380 Vedi G. A rtieri, op. cit, pagina 226.


381 Come testimonia, tra le altre, questa lettera proveniente da una
provincia contadina, pubblicata su "Il risveglio anarchico" nell'ottobre
1932: "Carissimi figli, vi prevengo che l'Antonio è venuto a casa in con­
gedo e arrivato l'8 di settembre. Egli è qui inoperoso, lavoro non ce n'è di
nessuna sorte. Fortuna che quel p ez zetto di terra, dopo di aver sudato io
e la mamma tutta l'estate, ci ha dato un po' di raccolto, così che l'inverno
lo passeremo a polenta e poco più, quindi in casa nostra fame niente
quest'inverno. Dico così perchè qui quelle famiglie che saltano uno ed
anche più pasti al giorno non si contano più, considerando però che que­
sto è uno fra i paesi fortunati, perchè qui vi sono i boschi e sebbene la
legna costa pochissimo, prendono sempre da comperarsi qualche chilo
di polenta. Quest'anno nessun boscaiolo va più a tagliar legna per i pa­
droni, perchè la legna non vale più niente e non prendono abbastanza dì
che mangiare, quindi i lavoratori sono tutti sulla strada scalzi e laceri,
chiedendo qualche cicca e colla cintola ben stretta. Non si sa più come
salvarsi dai questuanti, vengono sulla porta a frotte, insomma spettacolo
di miseria uguale non lo ho mai visto. I bottegai non fanno più credito a
nessuno. Sono poche quelle famiglie che non hanno qualche migliaio di
lire sul libro del bottegaio [...] L'esattore non sa più cosa pignorare, perchè
non sa cosa pignorerà la seconda volta, ecc. ecc. [...] La mia mente non

176
repressione dei mesi precedenti è riuscita a contenere le pun­
te più esasperate del malcontento popolare/ mentre le misure
"sociali" adottate per fronteggiare la recessione stanno co­
minciando a sortire i primi effetti benefici contribuendo ad
attenuare il disagio delle classi proletarie per il carovita, la
miseria e la disoccupazione. Certo, scioperi, agitazioni e di­
sordini, continuano a verificarsi con una certa frequenza in
numerose località del paese382; ma la polveriera operaia, che
sembrava sul punto di esplodere nel 1930-31, sta ormai spe­
gnendosi rapidamente. E' quanto si affrettano a segnalare,
rapporti, relazioni ed informazioni fiduciarie inviate dalle
varie province, tutte concordi nel riferire sulla normalizza­
zione dell'ordine pubblico e sul progressivo miglioramento

arriva a capire più niente, nessuno più parla, il terrore li tiene tutti in una
morsa, il povero lavoratore è spaventato, egli sopporta tutto ciò con ras­
segnazione, tace e non si fida a parlar con nessuno, perchè non sa distin­
guere chi sia la spia. Guai a colui che parla male del regime, quello non
lavora più. Termino perchè mi ripugna a scrivere di più. Tu, Bice, pareva
che quest'anno avresti avuto voglia di fare una scappatina qui da noi.
Cara, saresti venuta a veder troppe brutte cose, speriamo nell'awenire".
Lettere dall'Italia, in "Il risveglio anarchico", n. 859, dei 22 ottobre 1932.
382 Nel 1932 si contano 129 agitazioni e 520 dimostrazioni a carattere
collettivo. Tutte, com'è ovvio, prontamente represse dalle autorità di PS.
A Carrara, ad esempio, per protestare contro una riduzione delle paghe
salariali "il lunedì mattina [...] quasi tutti gli operai del piano ed un'esi­
gua parte di quelli del monte si astennero dal lavoro. Il martedì l'asten­
sione fu generale; il mercoledì, in seguito all'opera di repressione della
polizia e delle squadre d'azione del Partito, le astensioni diminuirono; il
giovedì quasi tutti gli operai tornarono al lavoro. Furono operati alcuni
arresti in parte mantenuti e furono sostituiti con disoccupati, delle stesse
categorie, un centinaio di operai scioperanti [...] Fu per stroncare ulte­
riori proteste che sabato e domenica scorsa circolarono per Carrara squa­
dre di fascisti capitanate dagli industriali [...] Tutti gli operai - fascisti e
non fascisti - che la sera dell'assemblea [...] presero la parola per prote­
stare contro le riduzioni salariali sono stati bastonati di santa ragione
come dei volgari malfattori dalle squadre suddette. Quando si Incontra­
va un operaio per la strada gli si avvicinavano in tre o quattro e gli do­
mandavano: <Sei contento delle riduzioni delle paghe?> e senza atten­
dere alcuna risposta lo picchiavano fortemente". Testimonianza riporta­
ta in G. C errito, Gli anarchici nella resistenza, op. cit, pp. 30-31.

177
dello stato d'animo delle classi lavoratrici. "Nessuna rivol­
ta'^ si legge in una di esse,

ma la calm a più perfetta ovunque. Le condizioni dello spirito pub­


blico [...] sono andate sempre migliorando. E ' ormai convinzione ge­
nerale che quanto è possibile fare in favore delle classi lavoratrici per
alleviare il loro disagio, sia prontamente messo in atto dal Regim e e
che ogni m anifestazione mirante a turbare l'ordine pubblico e a sov­
vertire le istituzioni dello Stato si tradurrebbe in un aggravam ento
della presente situazione. La stragrande maggioranza della popola­
zione, anche per la fiducia cieca che ha nel capo del governo, [è] con­
vinta che il Regime fa Timpossibile per superare la bufera mondia­
le383.

Il placarsi della protesta sociale finisce per riflettersi in


modo pernicioso sulle capacità propositive dell'antifascismo
anarchico che, durante il 1932, subisce un vistoso ripiegamen­
to rispetto al profluvio di iniziative intraprese nei due anni
precedenti. Naturalmente, si sta tentando in tutti i modi e
con tutti i mezzi di mantenere in vita quantomeno un em­

383 Relazione citata in: S. C olarizi, L'opinione, op. c it, pp. 134-135. La
stessa vasta amnistia concessa in occasione della ricorrenza del decennale
della nascita del fascismo (vengono liberati 639 detenuti e 595 confinati),
è stata letta dalla storiografia come il portato di questo processo di
normalizzazione dell'ordine pubblico. Con la concessione deU'amnistia,
ha scritto Renzo De Felice, "il regime voleva dimostrare al tempo stesso
sia la sua forza sia la sua generosità e, quindi, di aver ormai conseguito la
piena vittoria sull'antifascismo". R. D e F elice, Mussolini il duce, op. cit.,
pp. 305 - 306. Completamente diversa, ovviamente, era l'opinione del
movimento anarchico in esilio. Per "Umanità Nova", l'atto di clemenza
era indicativo delle paure e delle apprensioni che ancora attanagliavano
il fascismo: "Mussolini ha fatto una delle sue manovre. Manovra fortu­
nata? Non lo crediamo. Ed ecco perchè: il fatto che tanti valorosi
antifascisti siano dei sepolti vivi, è uno dei maggiori stimoli affettivi a
continuare la lotta ed uno dei maggiori aspetti caratteristici del regime
fascista e della situazione italiana. Una normalizzazione, sia pure del
tutto apparente, sarebbe di giovamento al fascismo [...] L'amnistia con­
cessa [—] è segno che il movimento antifascista in Italia è preoccupante
per il regime". L'Amnistia: o l ’ultima beffa, in "Umanità Nova", n. 3, del 25
novembre 1932. Per 1'"Almanacco libertario prò vittime politiche", inve-

178
brione di tessuto cospirativo384; ma l'occlusione dei consueti
canali di mobilitazione clandestina costringe ad esaurire gran
parte dell'attività nella organizzazione di attentati e di "com­
plotti terroristici" 385 . "Procurarsi materiale esplosivo da al­
cuni minatori del porto per compiere una serie di attentati ai
danni di esponenti in vista del regime", è così il principale

ce, il vero obiettivo dell'atto di demenza consisteva nello "sfollare le car­


ceri troppo piene per l'esausto bilancio del regime, e quello di far posto
nelle prigioni al crescente numero di nemici del fascismo, destinati a so­
stituire i delinquenti comuni liberati" II "decennale" e la commedia dell'am­
nistia, in "Almanacco libertario pro-vittime politiche", anno 1933, pp. 24-
25. Mentre molti condannati beneficiano della "magnanimità" del duce,
duecento antifascisti reclusi nelle prigioni di Civitavecchia - tra cui Gino
Lucetti, Antonio Gramsci, Bruno Bauer e Zaniboni - avviano uno sciope­
ro della fame per protestare contro le dure condizioni carcerarie di cui
sono vittime i detenuti politici. Cfr., U n gruppo d i A narchici, Per i 200
martiri di Civitavecchia, in "Umanità Nova", n. 1, del 20 ottobre 1932.
3H4A Fossombrone, ad esempio, vengono affissi sui muri una quindi­
cina di manifestini inneggianti alla rivoluzione sociale, compilati da Gino
Lucetti e due militanti comunisti. Vedi: L. D el Boca, Il dito dell'anarchico.
Storia dell'uom o che sognava di uccidere M ussolini, Piemme, Casale
Monferrato, 2000. Un mazzo di fiori con allegato un bigliettino con su
scritto: "Errico Malatesta è morto. Noi ricordiamo. Per i morti del Tribu­
nale speciale un giorno faremo vendetta", viene invece rinvenuto sul
monumento al milite ignoto al cimitero di Forlì, pochi mesi dopo la mor­
te del vecchio internazionalista (giugno '32). In iniziative di natura pro­
pagandistica stanno adoperandosi anche Loris Ariani e Francesco
Bartolini, due anarchici di Pistoia che, approfittando dei frequenti
spostamenti dovuti a motivi di lavoro (sono artisti del circo equestre),
diffondono la stampa clandestina proveniente dall'estero in varie zone
del paese. Sottoscrizioni per raccogliere fondi pro-vittime politiche, vei\-
gono poi promosse a Torino e Milano, mentre del tutto paralizzata è l'at­
tività tesa alla costituzione di nuclei e gruppi autonomi d'azione. ACS,
Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1932, busta 25, fsc. K l/A
Movimento anarchico (AA. GG.).
385 "In considerazione dell'intensificata attività dei gruppi anarchici
e della loro persistenza nell'ordire attentati contro il Regime", si legge in
una nota della Divisione Polizia Politica, "si reputa opportuno che ven­
ga controllata la corrispondenza di tutti gli anarchici [...] sia di quelli
dimoranti all'estero come di quelli residenti nel Regno, per sorprendere
eventuali intese che venissero da essi presi per attuare propositi delit-

179
obiettivo di una cellula attiva a Genova386, mentre "della ne­
cessità di un'azione diretta terrorista da svolgere con criteri
pratici e con obiettivi ben determinati allo scopo di scuotere
le basi del Fascismo", discutono i quadri romani nelle loro
riunioni segrete387.
Come se non bastasse, un grave lutto colpisce nel frattem­
po il movimento: nel giugno 1932, muore a Roma Errico
Malatesta. Logicamente, la Direzione Generale PS predispo­
ne subito una serie di misure per impedire che le esequie del
rivoluzionario possano acquisire colorazioni "politiche" o,
peggio ancora, dar luogo a manifestazioni "sovversive"388.

tuosi". ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RRV CC. AA., 1932, busta
25, fsc. K1 / A Movimento anarchico (AA. GG.), Nota della Divisione Po­
lizia Politica, del 7 agosto 1932. Proprio nel '32 desta particolare clamore
l'arresto, avvenuto in una stazione ferroviaria a Parigi, degli anarchici
Lelli, Merli e Granata, sorpresi con 38 Kg di esplosivo contenuti in una
valigia. Attentati di matrice anarchica continuano poi a verificarsi in va­
rie nazioni europee e negli Stati Uniti. Cfr. U. F edele, Un Trentennio, op.
cit.
3!ir’ "Alleanza Anarchica". ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR.,
CC. AA., 1932, busta 25, fsc. K l/A Movimento anarchico (Genova), Re­
lazione della Prefettura di Genova, del 23 novembre 1932. Al gruppo,
aderiscono: Giovanni Rolando, Silvio Battistini, i fratelli Giacomo e Gio­
vanni Gaggero e Attilia Pizzorno.
387 ACS, Min. Int., Divisione Polizia Politica (fascicoli per materia),
busta 80, fsc. 8 (Complotto anarchico), Informazione fiduciaria del 4 gen­
naio 1932. Si tratta di: Nino Banci, Alberto Di Giacomo (il Moretto), Adolfo
Ducei, Cesare Centanni, Alfredo Olivieri, Zoi Lanciotti, Cesare Iacolucci,
Nazzareno Feliciano, Secondo Bacchiolìni, Giulio Bonomi, Giulio
Capodaglio, Alfredo Pelilli, Alessandro Pierdominicì, Giovanni Cuculi,
Francesco Cursi, Federico Uberti, Enrico Graziosi, Giovanni Cesarini,
Plinio Caruzzi e Pietro Boiar.
388 A prescindere dal caso di Malatesta, comunque, tutti i funerali di
antifascisti erano sottoposti a rigorose misure di sicurezza. Come ha ri­
cordato il Gagliani, la preoccupazione "che un funerale potesse dar vita
ad una manifestazione politica antifascista, spingeva la maggioranza dei
funzionari locali del regime a predisporre una serie di misure per impe­
dire sul nascere la manifestazione. Veniva seguita una trama che andava
dalla richiesta ai familiari di non comunicare pubblicamente le esequie,

180
Dapprima, si cerca in tutti i modi di mantenere segreta la
notizia deir avvenuto decesso; successivamente, si proibisce
ai compagni di partecipare al rito funebre e di assistere alla
tumulazione; due poliziotti, infine, vengono posti giorno e
notte a guardia del suo sepolcro al Verano. Ma lasciamo la
parola alla stessa compagna di Malatesta, Elena Melìi:

Morto Errico, la polizia prese tutte le precauzioni per non farlo sape­
re, mandò un enorm e rinforzo, prendevano le generalità a tutti quel­
li che s'avvicinavano alla nostra porta [...] Il funerale fu fatto sabato
alle 15, ritinerario fu fissato dalla polizia e lungo tutta la strada in
tutte le vie che sboccavano in quella dei percorso funebre, vi erano
piazzati carabinieri e guardie in borghese per impedire ai compagni
di trovarsi <per c a s o a passare di là. Era loro im posto di cambiare
strada, pena l'arresto. E così per tutto il tragitto fino al Verano, den­
tro il quale vi era un altro spiegamento di forze che ci attendeva.
Seguivano il feretro tre carrozze di parenti e amici, l'automobile del­
la polizia che aveva sempre fatto servizio dietro a Errico piena di
poliziotti, un furgone e poliziotti in bicicletta di qua e di là che passa­
vano avanti e indietro strada facendo. Non fu permesso di fare nem­
meno un passo a piedi, ci obbligarono a salire in carrozza appena
fuori dal cancello e via di gran corsa. Corone ce n'era una, quella
della famiglia [...] Alcune bambine del vicinato portarono qualche
mazzo di fiorì, un mazzo di fiori rossi fu comandato dal fioraio per la
povera Gemma che voleva portarlo in braccio seguendo il suo papà,
e una quarantina di garofani rossi che portò alcuni compagni. I garo­
fani furono sparsi sulla salma e rinchiusi nella cassa, il mazzo di fiori

al controllo di quanti si avvicinavano alla casa del morto o alla sala


mortuaria dell'ospedale, fino al fare anticipare Torario dei corteo, devia­
re il feretro per vie secondarie e allontanare chi volesse seguirlo. Quandp
alla famiglia del morto giungevano lettere di condoglianze di amici e
conoscenti, esse, se vi comparivano riferimenti anche velati al passato
"rosso" del defunto, venivano censurate o non consegnate. Se poi qual­
cuno faceva recapitare alla cassa o all'ospedale un mazzo dì fiori rossi,
per prima cosa gli uomini di piantone distruggevano queH'"odioso" sim­
bolo, successivamente partivano le indagini per individuare il fioraio,
che veniva interrogato finché non confessava il nome o le sembianze deh
diente "colpevole". Comporre una corona di fiori dava origine a tali fa­
stidi, che era difficile trovare un fioraio disposto ad intrecciarla". D.
G agliani, Memoria storica, op. cit., pagina 80.

181
rossi la polizia ci fece sapere che non avrebbe perm esso alla figlia
quella ostentazione di portare lei in braccio tutto quel rosso e che se
lo avesse fatto glieli avrebbero strappati [...] Adesso, sulla tomba di
Errico, ci sono i poliziotti di servizio i quali continuano come quando
era in vita. Cioè: prendono le generalità a tutti quelli che osano avvi­
cinarsi alla fossa di lui. E ' stato portato via senza croce, ciononostante
era stata messa la croce sulla tomba. Io andai e la feci togliere [...] Lo
abbiamo messo nel campo comune in mezzo al popolo umile e dise­
redato, in mezzo a quel popolo dove visse, dove passò tutta la vita e
al quale la sua vita donò389.

La sepoltura di Malatesta, comunque, rassicura solo in par­


te la polizia fascista. Non solo, infatti, si temono dimostrazio­
ni di cordoglio e di solidarietà in m em oria del vecchio
internazionalista scomparso, ma si sospetta che gli anarchici
stiano ordendo una serie d'attentati per vendicarsi dello sta­
to di segregazione e d'isolamento in cui il fascismo ha relega­
to il loro "venerato capo" nei suoi ultimi anni di vita. Tutte le
questure d'Italia vengono così "invitate" ad incrementare
drasticamente la sorveglianza negli ambienti anarchici, pre­
stando massima attenzione a qualsiasi movimento, sposta­
mento o contatto sospetto. Un telegramma inviato ad Ancona,
ad esempio, raccomanda di "intensificare la vigilanza su ele­
menti anarchici impedendo qualsiasi eventuale Manifestazio­
ne [...] tenuto conto che il Malatesta aveva molti seguaci qui,
perché risedette diversi anni e svolse efficace propaganda."390.
Non sempre, tuttavia, l'opera di prevenzione delle autorità si
rivela irreprensibile. Proprio a Roma, anzi, alcuni quadri rie­
scono a far circolare per la città un manifestino, stampato alla
macchia, dove si annuncia la morte dell'"am ato" compagno
e si esorta anarchici e lavoratori a proseguire la lotta per ono­
rarne la memoria:

m G. B erneri e C. Z accaria, Scritti scelti di Errico Malatesta, RL edizio­


ni, Napoli 1954, pag. 235.
390 ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1932, busta 25,
fsc. K l/A Movimento anarchico (AA. GG.), Telegramma n. 7956, inviato
da Roma alla questura di Ancona, il 22 luglio 1932.

182
ERRICO M ALATESTAE' MORTO: l'Uom o tanto amato dai proletari
di tutto il mondo e tanto odiato dalla borghesia è scomparso mentre
il governo fascista lo teneva suo ostaggio- Non muoviamo lamenti.
Constatiamo. La notizia è tenuta religiosamente celata ma essa come
tante altre varcherà dom ani le frontiere e i lavoratori di tutto il mon­
do tributeranno al grande scomparso quelle onoranze che nella pa­
tria di lui sono vietate. L'im m onda speculazione fascista di far sape­
re che M alatesta vive in Italia liberamente mentre decine di agenti
notte e giorno per dieci anni hanno asserragliato la sua casa e lui
tenendolo prigioniero e vietandogli perfino le cure di cui aveva biso­
gno è finita. Anarchici! Lavoratori! riunite le vostre forze e continuia­
mo la nostra battaglia, intensifichiam ola e solo così onoreremo la
memoria del nostro grande che è scomparso con una visione di un'Ita­
lia libera391.

Le notizie provenienti dall'Italia sul riflusso della lotta,


gettano in uno stato di sconforto i militanti anarchici in esi­
lio392. Quella convinzione, profondamente radicatasi negli
anni precedenti, che la recessione avrebbe ben presto prodot­
to le condizioni per una sollevazione armata popolare, sta
iniziando a frantumarsi di fronte alla capacità della dittatura
fascista di superare quasi indenne le insidie arrecate dalla crisi
economica e dalla protesta sociale. Naturalmente, la disillu­
sione e l'amarezza per l'immobilità di una situazione che si
era ritenuta preinsurrezionalìsta sono destinate a provocare
un brusco assottigliamento di tutta l'attività antifascista al­
l'estero. A risentirne, è soprattutto l'azione specìficamente

391 ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1932, busta 25,
fsc. K1 / A Movimento anarchico (AA. GG.), Nota della Divisione Polizia
Politica, del 12 settembre 1932.
392 Indicativo, a riguardo, ci sembra questo articolo commemorativo
dei primo maggio apparso su "Lotta anarchica": "Ancora un Primo Mag­
gio in esilio e che noi avevamo invece sperato e creduto di poter festeg­
giare in Italia [...] Ancora un Primo Maggio che ci si presenta come la
prova della differenza deficitaria fra le nostre possibilità limitate ed i com­
piti grandi da assolvere, come il prolungamento di una vigilia, dì un'al­
ba che sì attarda dietro la selva degli errori e le nuvole delle illusioni [...]
Ancora un Primo Maggio, speriamo l'ultimo, in esilio". Primo Maggio
1932, in "Lotta anarchica", n. 23, del primo maggio 1932.

183
orientata ad alimentare e diffondere la lotta all'interno della
penisola che, nel 1930-31, aveva invece assorbito gran parte
delle forze e delle energie del fuoruscitismo. Tra le poche ini­
ziative di rilievo poste in essere in questi mesi va segnalata la
riedizione a Puteaux, con scadenza quindicinale, della testa­
ta "Umanità N ova"393.
La decisione di riavviare le pubblicazioni del glorioso pe­
riodico malatestiano, scaturisce dal progetto di fondere i vari
fogli di "tendenza" redatti in Francia in un unico organo di
"sintesi", in grado di porsi quale momento di confluenza, di
intesa e di collegamento tra tutti i raggruppamenti diffusi nel
territorio, indipendentemente dalla scuola di appartenenza
o dalla corrente di provenienza. "Abbiamo dato al nostro gior­
nale il nome della sua sorella maggiore", si legge nell'edito­
riale del primo numero, "perché il nostro quotidiano fu un
fecondo esempio di convergenza di tutte le nostre correnti"394.
La scelta, proseguono i redattori, era tra il

tirare avanti col solito andazzo, oppure, cercare di raccogliere intor­


no a noi il più gran numero possibile di adesioni e di simpatie e veni­
re alla luce con un organo nuovo, eclettico, aperto, capace di chiam a­
re a raccolta giovani e vecchi e di gettare nel popolo il seme fecondo
delle nostre idee libertarie, facendo appello a diversi collaboratori,
senza distinzione di scuola, alla sola condizione di mantenersi rigo­
rosamente sul terreno della propaganda generica senza mai abbor­
dare gli scogli pericolosi delle polemiche dottrinarie e personali [...]
Esso vuol essere l'organo delle forze libertarie, senz'altra distinzio­
ne. Apre le sue colonne a chiunque abbia qualcosa di sensato da dire.
Non incensa nessuno, non esclude nessuno. Non è monopolio di nes­
sun Gruppo, di nessuna tendenza355

m La rinascita di "Umanità Nova" viene progettata nel corso di un


convegno svoltosi a Lione nel gennaio del '32. Dopo la pubblicazioni di
sei numeri il foglio, a causa della repressione, muterà nome intitolandosi
"La Protesta", prima, e "La Vecchia Umanità Nova", poi. Vedi capitolo
successivo.
354 I C ompilatori, Come siamo nati, in "Umanità Nova", n. 1 , del 20
ottobre 1932.
355 Ibidem. Ancora nel quinto numero, i redattori ribadiscono questa

184
Obiettivo dichiarato del nuovo quindicinale, è quello di
" chiarire e propagare le vedute libertarie sulla rivoluzione
italiana, in rapporto alla situazione politica e sociale di un
futuro prossimo, nel quadro delle forze reali, lasciando da
parte i miraggi di un futuro lontano e le sabbie mobili del
romanticismo"395. In questo senso, "Umanità Nova" si pre­
figge di stimolare il dibattito su una serie di temi attuali e di
problematiche specifiche, privilegiando un taglio "sociale"

peculiarità di "sintesi": "Il giornale si varrà delle collaborazioni, ne sol­


leciterà anzi, ma non vuole essere schiavo dei collaboratori nel senso di
perdere la propria organicità {...] Vogliamo rimanere fedeli al program­
ma esposto nel nostro primo numero. In quei limiti, tutti i perfeziona­
menti e tutte le tolleranze sono possibili. Poiché il nostro non è un gior­
nale personale o di una data cappella, ma il giornale di un certo numero
di gruppi anarchici che lo sostengono direttamente e di quanti anarchici
vogliono sostenerlo. Tra questi gruppi e tra questi isolati non prevale
alcuna corrente ideologica e tattica, sì che il nostro giornale potrà ancor
più facilmente conservare quel carattere di sintesi anarchica che è una delle
sue principali ragioni di vita. E, speriamo, di successo". Pro domo nostra,
in "Umanità Nova", n. 5, del 25 dicembre 1932.
3* Il comitato di redazione, Salpando, art. cit. Formulazione che peral­
tro lascia alquanto scettici i redattori de "Il risveglio anarchico": "I com­
pagni farebbero bene a spiegare cosa intendono per questi miraggi
futuristi e relative sabbie mobili romantiche. Potrebbero dar luogo ad
errate interpretazioni, soprattutto che corrispondono ad accuse, usate
ed abusate dai nemici nostri. Deve ben rimanere stabilito che noi voglia­
mo e cerchiamo l'anarchia in tutti i campi, senza nessuna rinuncia a prio­
ri. E quelle che eventualmente dovremo fare più tardi, devono apparire
come mali che ci sono imposti o anche come risultato d'una nostra inca­
pacità che ci proponiamo di superare. A rivoluzione scoppiata si manife­
stano delle forze ignorate prima, per cui, in materia rivoluzionaria per
determinare le forze reali, in più di quello che è, bisognerebbe stimare
quello che oscuramente diviene. Insistiamo particolarmente perchè si spie­
ghi cosa s'intende per romanticismo. Abbiamo sott'occhi un articolo de­
dicato da uno dei rinnegati del Lavoro di Genova ad Errico Malatesta ed
intitolato appunto <Storia ultraromantica>. Vedono dunque i compagni
a che equivoco può dar luogo l'uso di certe parole. In verità nessuno fu
più realista di Malatesta, ed il suo romanticismo starebbe dunque nella
sua audacia di pensiero e dì azione, senza di cui non c'e vero rivoluzio­
nario [...]". Comunicati, in "Il risveglio anarchico", n. 860, del 5 novembre
1932.

185
più che "politico", e, soprattutto, cercando di astenersi da quel
tipo di propaganda generica e dottrinaria, avulsa dalla realtà
in cui si opera. Particolare attenzione, naturalmente, è pre­
stata alla "vita operaia", di cui il giornale si propone di fun­
gere da "eco ampia e sonora". Al mondo del lavoro, è del
resto dedicata un'intera pagina della testata, che però, si spe­
cifica subito, non va intesa come "la pagina dei collaboratori
operai, quasi una scala di servizio di casa padronale", bensì
come uno spazio "che raccoglie le corrispondenze relative
all'officina, al cantiere, alla miniera, alla fattoria, ecc., nonché
gli avvenimenti classisti (disoccupazione, scioperi, ecc.) e gii
abusi e soprusi padronali"397. Un'ampia finestra, è aperta
anche sull'evolversi del contesto internazionale e sulle vicen­
de interne alle singole nazioni, con particolare riguardo alle
trasformazioni politico-sociali in atto nei paesi dove la testa­
ta gode di una maggiore diffusione (Francia, Belgio e Lus­
semburgo) e nella Spagna che, a giudizio dei redattori, pre­
senta "una specie di quadro preventivo della rivoluzione ita­
liana"398 . Frequenti, infine, sono le analisi e le considerazioni
circa la questione dell'alleanza con le altre forze antifasciste.
A tal proposito va detto che, se restano sostanzialmente
immutati i rapporti con concentrazionisti, comunisti e giellisti,
il distacco del partito repubblicano da "Concentrazione"
(1932) sembra invece aprire al movimento nuovi margini di

397 II comitato di redazione, Salpando, art. cit.


39HIbidem. "Umanità Nova", si legge neH'articolo "Pro domo nostra",
si propone come "una eco fedele, vibrante ed aggiornata della vita socia­
le della Francia, del Belgio, del Lussemburgo [...] Il Risveglio di Ginevra
adempie a questa missione per quanto riguarda i compagni abitanti in
Svizzera. L'Adunata, adempie a questa missione negli Stati Uniti. Ma
quanti giornali nostri sono avulsi dall'ambiente in cui vivono i loro com­
pilatori e la maggioranza dei loro lettori. Umanità Nova non vuole esse­
re mondiale. Vuole avere una funzione specifica. Tratterà, principalmen­
te, i problemi della rivoluzione italiana. Si occuperà, principalmente, del
movimento anarchico italiano in Europa. Mandiamo il giornale a pochis­
simi compagni delle due Americhe e dell'Australia appunto per non es­
sere costretti a mutare le linee direttive della compilazione". Pro domo
nostra, art. cit.

186
dialogo e di collaborazione. A catalizzare l'attenzione degli
anarchici, è soprattutto la corrente della sinistra repubblica­
na, nella quale si ravvisa la presenza di elementi giovani, at­
tenti alle grandi trasformazioni sociali in corso e capaci di un
lavoro "concreto" sul piano rivoluzionario, al di là delle ban­
diere ideologiche e degli schieramenti di partito. Logicamen­
te, una serie di pregiudiziali si frappongono ben presto ad
un'alleanza organica tra le due forze; per il momento, comun­
que, nelle nuove posizioni del PRI i militanti libertari scorgo­
no una chiara affermazione di rinnovamento e una recisa
volontà di liberarsi dalle "scorie conservatrici-tradizionalisti-
che e dagli addentellati con la democrazia massonica". "La
sinistra repubblicana", dichiara Camillo Berneri,

è alla nostra destra, ma noi seguiamo con interesse e simpatia questa


m aturazione, memori dei legami che hanno sem pre avvinto gli ope­
rai repubblicani alla causa dell'emancipazione popolare [...] Il dissi­
dio ideologico tra i repubblicani e noi è m olto attenuato, essendo or­
mai lontana l'epoca del duello Mazzini-Bakounine. Da un lato i re-
pubblicani stanno liberandosi dalla teologia mazziniana, dall'altro
noi ci siamo liberati del maximo. Ma restano molti pianti di opposi­
zione, che andrem o man mano illustrando. Per questa volta ci basta
l'aver richiam ata l'attenzione dei compagni su questa nostra inten­
zione di occuparci particolarmente dei giovani repubblicani399.

In verità Berneri non si limita soltanto a "richiamare l'at­


tenzione dei compagni". Spingendosi ben oltre di quanto sia
disposta a tollerare la maggioranza del movimento, egli arri­
va infatti a sostenere che i repubblicani avrebbero potuto ri­
velarsi un prezioso alleato nella "futura rivoluzione italiana
contro la Monarchia, il Papato, il capitalismo, non solo, ma
anche contro l'instaurazione di una dittatura comunista"400.
Quelle di Berneri, del resto, sono spesso posizioni squisita­
mente personali, che non hanno alcuna rilevanza ai fini di

C. B erneri, I repubblicani di destra, gli altri e noi, in "Umanità Nova",


n. 1, del 20 ottobre 1932.
400 Ibidem

187
una linea strategica unitaria, ma rispecchiano il pensiero di
un intellettuale isolato, alla ricerca costante di potenziali
interlocutori nella lotta antifascista e attento all'emergere di
qualsiasi forza nuova, dinamica e disposta ad una collabora­
zione su un comune terreno rivoluzionario. Come già acca­
duto col movimento di Carlo Rosselli, l'anarchico non esita
peraltro ad instaurare rapporti diretti e personali con singoli
esponenti repubblicani, insieme ai quali da vita anche ad al­
cune importanti iniziative di lotta. Nel 1928, ad esempio, ave­
va fondato un giornale con Italo Schettini401, allo scopo preci­
puo "di aprire un dibattito che possa condurre ad un accordo
operativo dell'ala più radicale dell'antifascismo".
La bufera economica che infuria in Europa sta intanto ri­
percuotendosi gravemente sulle dinamiche interne alle sin­
gole nazioni402, contribuendo ad accelerare un po' dovunque
quei processi di involuzione autoritaria che la recessione ave­
va già innescato negli anni precedenti. A prescindere dal caso
della Germania, dove si aprono le prime crepe nell'edificio

401 "L'iniziativa".
402 "L'anno trascorso", si legge sull"'Almanacco libertario pro-vitti-
me politiche", "ha visto accentuarsi la crisi economica in modo accelera­
to. Il numero dei disoccupati nel mondo è aumentato in proporzioni gi­
gantesche, mentre all'orizzonte polìtico le nubi fosche delle peggiori in­
cognite non accennano a diradarsi. In Italia, il fascismo prosegue la sua
opera dì compressione violenta e sanguinaria di ogni pensiero discorde,
e di dissanguamento sistematico delle forze vive del paese, mentre al­
l'estero è preso ad esempio dai suoi metodi di reazione antioperaia, di
difesa dei privilegi dell'alta finanza e delle istituzioni oppressive dello
Stato. Gli "organi competenti" sul terreno economico e politico interna­
zionale si rivelano sempre meno adatti a risolvere pacificamente ì pro­
blemi mondiali della produzione, della ripartizione e del disarmo, e ad
ogni modo la loro influenza resterebbe inoperante, di fronte ai formida­
bili interessi od alla caparbietà degli arbitri effettivi de! mondo nel regi­
me attuale: la finanza, il militarismo, l'autorità statale. Solo il risveglio
dei popoli e la loro azione diretta e rivoluzionaria potrà aprire la via ad
una soluzione radicale dei problemi mondiali che ci attanagliano". Crisi
e disoccupazione,, in "Almanacco libertario pro-vittime politiche", anno
1933, pagina 17.

188
della Repubblica di Weimar, movimenti di ispirazione fasci­
sta stanno minacciosamente avanzando anche nelle demo­
crazie più solide e di più antiche tradizioni liberali. Ancora
una volta, dunque, il contesto intemazionale sembra corro­
borare la previsione anarchica di una graduale e progressiva
degenerazione dei regimi parlamentari in sistemi autoritari
di tipo fascista. Logicamente, il movimento è del parere che
questa dinamica regressiva sia destinata ben presto a far
riaffiorare tutte le tensioni e le rivalità tra le grandi potenze e,
quindi, a trascinare l'Europa in un nuovo e ancor più deva­
stante conflitto m ondiale. Come sappiamo, infatti, nella
concettualizzazione logico-argomentativa degli anarchici,
guerra e fascismo sono due fenomeni in stretta connessione
dialettica, in quanto entrambi espressione dello "strutturali­
smo capitalista" che sorregge indistintamente tutti gli Stati-
nazione403. E che gli equilibri internazionali siano sempre pre­
cari e scricchiolanti lo dimostra, a loro avviso, il totale falli­
mento con cui si sono concluse le recenti conferenze interna­
zionali sulla limitazione degli armamenti (Ginevra) e sulla
questione dei debiti di guerra (Losanna). Ad impedire il
raggiungimento di un accordo a Ginevra, asserisce "L'adu­
nata dei refrattari", sono stati proprio gli "appetiti" egemonici
di Francia, Inghilterra e Stati Uniti; così come la strenua op­
posizione francese all'ipotesi di una cessazione delle ripara­
zioni dovute dalla Germania, ha risolto l'incontro di Losanna
nella stipulazione di un inutile "Protocollo", che ha lasciato
sostanzialmente invariata la scottante questione dei debiti di
guerra. "Anche a volerlo giudicare con la massima indulgen­
za", scrive "Il risveglio anarchico",

non si può a meno di trovare ridicolo un atto [il protocollo di Losanna,


n.d.al, subordinato alle più vane ratifiche e condizioni più o meno
sperabili, e con tutto ciò non m uta nulla alla situazione di prima: una
Germ ania ben decisa a non pagare più nulla e le altre potenze in una
situazione d'attesa di non sanno bene quale miracolo, mentre la crisi
continua a travagliare indistintamente il mondo intero. Tutta la scienza

403 Vedi capitolo primo, paragrafo settimo.

189
politica, economica, finanziaria, diplomatica, ecc. di lor signori pa­
droni del mondo, non ha saputo trovar di più né di meglio. E non ne
siamo affatto meravigliati per questa ben sem plice ragione: che il re­
gim e capìtalistico-statale è un regime norm alm ente impossibile e che
si regge soltanto attraverso le peggiori anormalità, sopportate da
masse apatiche o stiracchiate in tutti i sensi dai peggiori avventurieri
della politica404.

Mentre l'Europa capitalista è travagliata da una crisi sen­


za precedenti, la Russia di Stalin taglia il traguardo del primo
piano quinquennale (1928-1932) forte di un incremento della
produzione industriale del 50%. Accolto con ammirazione
anche dagli osservatori occidentali, portati a riflettere sugli
effetti benefici della pianificazione economica, il "miracolo"
sovietico viene invece duramente criticato dagli esponenti
anarchici. Più che sorprendersi per i prodigiosi risultati rag­
giunti in termini produttivi, il movimento si sofferma sulle
modalità di realizzazione del modello di sviluppo, rievocan­
do le inenarrabili violenze ed i crimini più efferati che sono
stati commessi in nome deirindustrializzazione forzata, a
partire dallo sterminio dei kulacky come classe. Sotto l'aspet­
to meramente economico, poi, gli anarchici ritengono che la
pianificazione sovietica non sia affatto un esempio di orga­
nizzazione socialista dei mezzi di produzione e di scambio,
quanto p iu ttosto una form a di "cap italism o di sta to "
imperniata sulla "centralizzazione burocratica dell'economia"
e su uno sfruttamento della classe operaia persino maggiore
di quello vigente nei paesi a tradizionale struttura capitali­
sta.
Sin dai primi trattati finanziari e commerciali stipulati dalla
Russia con i paesi dell'Occidente, d'altra parte, il movimento
aveva denunciato vibratamente "la crescente intimità dell'eco­
nomia sovietica con l'econom ia delle nazioni borghesi",
evidenziando come Mosca stesse ormai abbandonando la
meta della "Rivoluzione mondiale proletaria" per integrarsi

404 Protocollo di Losanna, in "Il risveglio anarchico", n. 853, del 23 lu­


glio 1932.

190
nella struttura economico-finanziaria del mondo capitalista405.
Perpetuatosi nel tempo senza scosse, questo processo è quin­
di entrato nella sua fase culminante negli armi della pianifi­
cazione e deirindustrializzazione forzata. Dal momento, però,
che la sua realizzazione è stata resa possibile dalla com­
mistione col capitale straniero e da uno sfruttamento senza
eguali delle masse operaie e contadine, il "miracolo" sovieti­
co viene anche a sancire "la definitiva affermazione della
ragion di Stato sulla rivoluzione sociale livellatrice". "Non si
può intendersela con Mussolini e Ford e Hindeburgh", affer­
ma alquanto realisticamente "L'adunata dei refrattari", "e far
allo stesso tempo gli interessi dei minatori del Don, degli
operai di Mosca, o dei contadini Ucraini"406.
Resta da osservare che, nell'ambito più ristretto della lotta
antifascista, i rapporti tra comunisti ed anarchici sono desti­
nati ad inasprirsi ulteriormente dopo gli episodi di Michele
Schirru ed Angelo Sbardellotto. Alcune testate comuniste,
infatti, arrivano ad insinuare che la vicenda dei due attenta­
tori sia in realtà da leggersi come la tipica provocazione ordi­
ta da agenti fascisti, in cui i due giovani "idealisti" sono loro
malgrado ingenuamente caduti. La spudorata calunnia, ov­
viamente, non può che scatenare la furibonda reazione del
movimento. "Per le giberne stolide e perfide di Stalin", scri­
ve un indignato Max Sartin,

l'attentato individuale (atto... dittatoriale) non è mai che opera di


agenti provocatori. Perché l'individuo non ha ragione di odiare il
regime ed i suoi uomini - coi quali patteggiano continuamente gli
agenti di M osca; non ha diritto d'insorgere, senza il crisma della ter­
za internazionale, senza il nulla osta delle cellule comuniste; perchè
muoversi quando le masse, "disorganizzate", restano inerti è anate­
ma; perchè non ci sono più uomini disposti a tutti i sacrifici per un
alto ideale di libertà e di giustizia, e se ce ne sono ancora, non posso­
no essere anarchici. Perché la rivoluzione verrà quando la decretano

405 Vedi capitolo primo, paragrafo sesto.


m Costruendo il socialismo, in "L'adunata dei refrattari", n. 17, del 9
maggio 1931.

191
le giberne di Stalin, e il m onopolio delle sue battaglie e dei suoi ero­
ismi appartiene di diritto alle legioni della Ghepeu407.

407 M ax S artin, Le giberne di Stalin alla riscossa, in "L'adunata dei re­


frattari", n. 22, del 20 giugno 1931.

192
C apitolo quarto

1933-1934

1 - L'antifascismo anarchico nel 1933-34

Sebbene il progressivo miglioramento della situazione


economica contribuisca a spegnere anche gli ultimi focolai
della protesta proletaria408, il movimento anarchico non sem­
bra risentire particolarmente del processo di stabilizzazione
in atto nel paese. Superata una prima fase di disorientamento
per la mancata esplosione dell'insurrezione popolare, qua­
dri, singoli e gruppi stanno infatti adoperandosi in un pronto
rilancio di tutte le tipiche iniziative di lotta antifascista, ma­
nifestando persino un'apprezzabile capacità di recupero dopo
il temporaneo inaridimento del 1932.

m Cfr. R. D e F elice, Mussolini il duce, op. cit.; S. C olarizi, L'opinione


degli italiani, op. cit. N. T ranfaglia, La prima guerra mondiale e il fascismo,
UT ET, Torino, 1995; M. C hiodo, Geografia e form e del dissenso sociale in Ita­
lia durante il fascismo (1928 - 1934), Pellegrini, Cosenza, 1990; U. F edeli,
Un trentennio, op. cit. Nel corso del 1933, pur verificandosi 251 dimostra­
zioni a carattere collettivo, si registrano solo 82 agitazioni. Cfr. R. D e F e­
lice, Mussolini il duce, op. cit. Teatro dei disordini, sono soprattutto i pic­
coli centri agricoli. E' per questo che gran parte della corrispondenza
anarchica proveniente dallTtalia esorta i compagni fuorusciti ad incre­
mentare le iniziative di lotta nel mondo contadino: "Il materiale dell'in­
surrezione", si legge in una lettera inviata a "Il risveglio anarchico", "è
costituito dai contadini, che più di tutti soffrono le conseguenze del regi­
me fascista. E' un errore tattico prendere in considerazione gli operai ed
i piccoli borghesi delle città: la insurrezione italiana sarà iniziata e fatta
dalle masse contadine, specie del Meridionale, quelle masse cioè che erano
considerate come la palla di piombo del proletariato italiano. Ed è laggiù
che bisogna volgere lo sguardo e concentrare gli sforzi, là dove è possibi­
le topograficamente ancora concentrare e lanciare alla guerra i votati alla
morte per la rivoluzione italiana". Y. X., La situazione italiana (Lettera dal­
l'Italia), in "Il risveglio anarchico", n. 882, del 23 settembre 1933.

193
Come si evince dalla consultazione della documentazione
archivistica, particolare dinamismo sta contraddistinguendo
Fattività di soccorso pro-vittime politiche. Dall'America del
Nord, dalla Francia, dalla Svizzera e dal Belgio un flusso inin­
terrotto di fondi perviene a Pisa409, La Spezia410, Roma411, To­
rino412, Milano413, Vicenza414, Verona415 e nelle Isole, mentre
sottoscrizioni interne sono promosse un po' in tutte quelle
zone e località a più consistenti tradizioni libertarie416. Natu­
ralmente, come già in passato, una larga parte dei sussidi in­
viati dall'estero417 è destinata ad essere sequestrata dalle strut-

409 Airindirìzzo di Giuseppe Chellotti.


4,0 Al recapito di Gustavo Mondani.
411 Dove, alla distribuzione dei fondi provenienti dagli Stati Uniti, si
dedicano Sottovia, Moreschi, Bellini, Capecchi e Di Giacomo. Temistocle
Monticelli, invece, ha promosso una sottoscrizione tra i compagni per
costruire una lapide in memoria di Errico Malatesta.
412 Airindirizzo di Caterina Piolatto.
413 Dove operano Michele Veglia, Alfredo Brocheri ed Ugo Fedeli.
414 Dove operano Marcello Mambrin, Domenico e Vittorio Tescaro,
Cesare Mazzaroli.
415 Dove è attivo Attilio Scaltri, che funge anche da corriere per la
Svizzera.
41S A Carrara, ad esempio, Rinaldo Del Fiandra, Andrea Chicca,
Guglielmo Secchiari e Corrado Musetti, hanno promosso, tra gli operai
delle cave, una sottoscrizione in favore dei carcerati politici.
457 Dove, però, proseguono i contrasti tra i vari Comitati su forme e
modalità deir attività di soccorso. Proprio nel 1933, ad esempio, suscita
aspre polemiche il progetto del C.I.D.A. di dar vita ad un' "Internaziona­
le di difesa anarchica", allo scopo di "formare una specie di sintesi anar­
chica sul terreno della difesa fra tutti coloro che ripudiano il principio
dell'autoritarismo", prescindendo da "conflitti ideologici e di metodo" e
ispirandosi alla "sola solidarietà anarchica come comune denominato-
re". Una nutrita frazione del movimento, infatti, ravvisa neH"Tnterna-
zionale" propugnata dal C.I.D.A il tipico organismo centralizzato, desti­
nato inevitabilmente a soffocare l'autonomia locale, l'iniziativa indivi­
duale e quella dei gruppi minoritari. Profondamente avversi alla propo­
sta del C.I.D.A, naturalmente, sono gli esponenti delle correnti indivi-
dualiste ed antiorganizzatrici. Per Max Sartin, non v'è alcuna necessità
di delegare le iniziative assistere ialistiche ad una struttura di coordina­
mento dall'alto, dal momento che "un numero non indifferente di vitti-

194
ture di vigilanza e di controllo preposte all'uopo dall'Ovra
che, nel frattempo, sta procedendo ad un ulteriore perfezio­
namento delle tecniche d'indagine e d'infiltrazione nel "soc­
corso anarchico"418. La "revisione della corrispondenza" e l'ar­
resto di alcuni corrieri dei Comitati pro-vittime politiche, con­
sentono peraltro di scoprire anche resistenza di alcune arte­
rie di congiunzione interne tra nuclei e quadri attivi a livello
locale. Una rete con ramificazioni in Sicilia è in funzione a
Milano, dove non solo si è instaurato un collegamento trian­
golare tra Ugo Fedeli, Augusto Bianco - a Puteaux - e Giaco­
mo Barca - a Trapani - ma una cellula di Porta Ticinese ha
sta b ilito un co n tatto d iretto con un v ecch io gruppo
anarcocomunista di Gela - "Pietro Gori"419. Un protocollo del
ministero delTinterno, segnala invece che "in Milano ed in
Sicilia, specialmente in Palermo, gli anarchici avrebbero re­
capiti con parola d'ordine <L'Artigliere>, pseudonimo di
Antonino Napolitano, in collegamento con i compagni attivi
nell'agrigentano"420. Sempre a Milano, vengono smantellate
due importanti centrali d'espatrio clandestino, coordinate da
Cesare Ragni e Camillo Caloni, la prima, e da Alfredo Brocheri
e Ludovico Corti, la seconda.421. Per fuggire dall'Italia si se­
guono ora principalmente le vie dell'imbarco a Genova, tra­

me riceve già fin d'ora assistenza per altre vie che non siano quelle dei
Comitati".
41HAnche se è destinato a fallire il tentativo di utilizzare il nome di
Schicchi per insinuarsi nella corrispondenza del "soccorso anarchico".
4iy Promosso da Gaetano Di Bartolo, corrispondente, sotto io pseu­
donimo di Nunzio Tempesta, de "Il risveglio anarchico" dalla Sicilia.*
420ACS, Min. In t, Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1934, busta 35,
fsc. K1A/Movimento anarchico (AA. PP.) Roma, Protocollo del Ministe­
ro delTinterno, del 13 ottobre 1934.
421 L'arresto di Alfredo Brocheri, in particolare, assesta un duro colpo
alla rete di espatri clandestini. Come scrive infatti Mauro De Agostini,
"furono in molti a scappare per la <via di Brocheri> [...] Brocheri era in
corrispondenza con Pietrino Sini, esule a Parigi. Quando Michele Schirru
venne in Italia, latore tra l'altro di una somma pro-vittime politiche, ven-:
ne dal Sini indirizzato a Brocheri (che peraltro non potè incontrare). In
seguito all'arresto di Pietro Foglio, un emissario giunto dalla Francia,
mite un'apposita struttura attiva a La Spezia e in collegamento
con Tunisi422, o del passaggio per la Valtellina, dove si può
contare sull'esperienza di una guida alpina anarchica423. Fre­
quente, comunque, resta il ricorso alla complicità dei ferro­
vieri operanti nelle zone di confine, come attesta il caso di
due militi ferroviari, in servizio a Chiasso, che "in rapporti
con il centro anarchico di Parigi"424, favoriscono "l'entrata e
l'uscita di anarchici in relazione con i vari gruppi organizzati
a Roma e a Milano"425.
Un notevole sviluppo rispetto al 1932, segnano anche le
iniziative di natura propagandistica, attraverso cui si sta cer­
cando tanto di "mantenere vivo lo spirito di rivolta delle
masse", quanto di rivitalizzare settori di antifascismo silente.
Perquisizioni a tappeto operate da pattuglie di agenti di PS,
ad esempio, portano al ritrovamento di numerose copie di
manifestini, opuscoli e volantini di propaganda libertaria in
alcune località della provincia ligure, toscana, lombarda e
veneta. Nella diffusione di "stampa sovversiva nelle fabbri­
che", sta invece adoperandosi un gruppo misto di anarchici e
sindacalisti rivoluzionari attivo a Milano e con dislocazioni a
Monza, a Sesto San Giovanni e a Precotto426. Quarantuno pii-

caddero nella rete anche Brocheri e Ludovico Corti. Brocheri, condotto


nel carcere romano di Regina Coeli, vi fu orrendamente torturato (con
l'uso tra l'altro di un cerchio di ferro che veniva progressivamente stret­
to attorno al capo), nella vana speranza di farlo parlare. Le sevizie furo­
no tali da fargli perdere la ragione. Minato nella mente e nel fisico morì
qualche anno dopo al confino". M. D e A gostini, Gli anarchici milanesi nel­
la lotta di liberazione, in "Lettera ai compagni", op. cit., pagina II.
422 Dove opera Gino Bibbi.
423 Marcello Mambrin, già collaboratore di "Umanità Nova" e de "Il
Libertario".
424 ACS, Min. In t, Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. A A., 1934, busta
35, fsc. KlA/M ovim ento anarchico (AA. GG.), Telespresso del Ministero
degli Affari esteri, del 28 novembre 1934.
425 Si tratta di Attilio Bugatto e Pierino Ferraretti.
426 Composto da circa venticinque membri, il gruppo dispone anche
di un ciclostile con cui ha intenzione di avviare le pubblicazioni di un
foglio clandestino - "Il comunista".

196
chi di manifestini anarchici427, poh sono sequestrati, su due
motonavi partite da Tunisi428, a Paceco, a Trapani e a Paler­
mo, mentre "sonetti romaneschi dileggianti il Duce e il Regi­
m e" sono stampati dai militanti romani in una tipografia sita
in via Dataria. A Cogne e allo scalo di Porta Susa, vengono
infine rinvenute, su due carri ferroviari provenienti dalla Fran­
cia, quarantasei copie di un opuscolo stampato dalla "Fede­
razione anarchica del sud est di Francia" - "Gli anarchici ai

427 " Abbozzo di proclama al popolo italiano". Nel volantino, si legge:


"Gli anarchici, o popolo italiano, non hanno nessun nuovo governo da
proporti o da importi per quando tu sarai liberato dal giogo di quello
regio-clerical-fascista. Essi non ti chiedono neppure di batterti per que­
sto o quel programma [...] non cercano il potere, ma la libertà e per que­
sta, soltanto per questa, f invitano a insorgere e combattere; per quella e
non per aprire una successione, nel potere, che altri in tuo nome e per se
intende dì avere già ipotecata [...] Non altre soluzioni sicure ed efficaci si
prospettano per il problema della tua libertà, o popolo italiano, che solo
quella che tu stesso puoi produrre ritrovando la tua dignità, vincendo la
paura del terrore, insorgendo contro i tuoi oppressori Questa con-'
vinzione, che cioè soltanto una rivoluzione possa abbattere il potere fa­
scista è certamente anche la tua. Ma tu attendi che qualcuno ne prenda
l'iniziativa o ch'essa sia presa dagli esuli [...] Non mettere tutte le tue
speranze negli esuli: essi daranno certamente per la tua liberazione tutto
quello che possono dare e i più per chiedertene poi uno sproporzionato
compenso. I loro sforzi potranno coincidere coi tuoi; ma il massimo sfor­
zo devi compierlo, in tutti i tuoi strati, te stesso [...] Rovesciato il fasci­
smo che fare? Gli anarchici, o popolo italiano, pensano che, avendo tu
infine fatta la tua rivoluzione per la conquista della tua libertà a questa
tu non debba più rinunciare affidandone la difesa e la cura ai sop rag­
giunti nuovi legislatori i quali avranno una loro libertà da importi e farti
rispettare. E poiché colle armi alla mano quella libertà avrai tu
riconquistata, resta anzitutto armato, per non lasciartela un'altra volta
scamottare. Sotto nessun pretesto fatti disarmare che altrimenti le tue
tribolazioni ricominceranno la rivoluzione dev'essere difesa e contro i
nemici della vigìlia e contro i profittatori di essa e contro quanti volesse­
ro ridurre le conquiste e le aspirazioni". ACS, Min. In t, Dir. Gen. PS, AA,
GG. RR., CC. AA., 1934, busta 35, fsc. K1 A/Movimento anarchico (AA.
GG.), Sequestro del volantino "Abbozzo di proclama al popolo italiano",
senza data né altre specificazioni.
42i( "Città di Tunisi" e "Città di Agrigento".
lavoratori". Oltre agli ennesimi appelli airinsurrezione armata
antifascista, il volantino esorta le masse alla rivoluzione
espopriatrice anticapitalista contro tutti i tentativi di restau­
razione statalista, sotto qualsiasi colorazione ideologica o ca­
ratterizzazione politica essi si celino. "Purtroppo", si legge
nel testo,

i politicanti di tutti i partiti chiedendo tutti un potere esclusivo non


possono che mantenere pericolosi equivoci. E ' così che all'idea di dit­
tatura fascista si oppone l'idea di dittatura bolscevica, ì'una e l'altra
esigendo sottomissione assoluta allo Stato [...] E' abitudine oggi ve­
dere tutti i mali in una pretesa libertà e di augurare così un "potere
forte" che non può esserlo se non schiacciando i suoi sudditi. Noi
anarchici vogliamo l'elim inazione di ogni potere, affinché le forze
sociali assoggettate non diventino strumento di terrore e di tirannia,
come lo sono sempre. LAVORATORI, nessuna riforma anodina è ef­
ficace contro il fascismo, la crisi e la guerra: bisogna prepararsi alla
rivoluzione espropriatrice [...] Noi dobbiamo proporci la gestione
sociale e diretta di tutti i mezzi di consumo, di produzione e di scam ­
bio, e non una gestione statale che farebbe dello Stato il gran padrone
di tutto e di tutti. N on si dimentichi che il nostro nemico è il nostro
padrone e non si deve cam biarlo, ma sopprimerlo. Non autorità e
arruolamento, ma libertà e associazione! VIVA LA RIVOLUZIONE
SOCIALE! VIVA L'ANARCHIA!429.

Simultaneamente al dispiegarsi delle iniziative propagan­


distiche e al soccorso pro-vittime politiche, prosegue intanto
Cattività tesa all'organizzazione di attentati, "complotti ter­
roristici" e, più in generale, di azioni dirette al rovesciamento
violento della dittatura fascista. A Canosa, vengono tratti in
arresto dodici membri di un gruppo clandestino "per aver
progettato una manifestazione sediziosa che prevedeva di
scen d ere in p iazza arm i alla m a n o "430. Un fiduciario

429ACS, Min. In t, Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA-, 1934, busta 35,
fsc. KlA/M ovimento anarchico (AA. GG.), Sequestro del volantino "Gli
anarchici ai lavoratori", senza data né altre specificazioni.
430 L'episodio è rubricato dalla polizia come "complotto comunista".
In realtà dei dodici membri aderenti al gruppo, solo tre erano comunisti.
Cfr., Bollettino dell' archivio G. Pinelli, numero 13,1999, pagina 6.

198
deìl'Ovra431, riesce invece a sventare appena in tempo un com­
plotto ordito dagli anarchici romani, che prevedeva la collo­
cazione simultanea di ordigni a Palazzo Braschi, in una ca­
serma militare e alla sede del dopolavoro fascista 432 . Tre mili­
tanti, poi, sono incriminati per una serie di attentati verifica-
tisi nelTestate del '33 a Livorno 433 . Ideatore dell'azione terro­
ristica è ritenuto Vincenzo Capuana, definito "uno degli ele­
menti anarchici peggiori per la violenza del carattere e per la
tendenza al terrorismo, [che] ovunque si è messo in vista per
la parte attiva presa sul movimento dei peggiori gruppi anar­
chici" 434 . Ad insospettire le autorità, sono soprattutto alcune
lettere inviate dal Capuana ai compagni all'estero, dove tra­
pela non solo che l'anarchico sta fungendo da elemento
d'intermediazione logistica tra gruppi di fuorusciti ed i nu­
clei livornesi, ma che sia rientrato in Italia al fine deliberato
di compiere un attentato alla vita di Mussolini435 , Di un com-

431 Riuscitosi ad infiltrare tra i gruppi fingendosi un emissario


concentr azionista,
432 Si tratta di: Zoi Lanciotto, Plinio Carrozzi, Nino Band, Zoattini,
Enrico Graziosi, Secondo e Duilio Bacchiali, Alberto Di Giacono (il
Moretto), Alessandro Pierdomini, Francesco Cursi, Federico liberti, Giulio
Capodoglio, Giovanni Cuculi, M ario Cavallo, Lucchetti, Arnaldo
Pierangeli, Adolfo Ducei, Cesare Centenni, Alfredo Olivieri, Cesare
Iacoluccì, Nazzareno Feliciano,Giulio Bonomi, Pompeo Lazzaretti, An­
drea Bellini, Pietro Bencivenga, Luigi Venanzetti, Sottovia, Fanti, Balzelli,
Virgilio Cenni, ACS, Min. Int., Divisione Polizia Politica (fasciscoli per
materia), busta 80, fsc. 8 (Complotto anarchico). Gli anarchici possono
inoltre contare sulla complicità di: Pietro Boiar, in possesso di quattro
bombe, Fernando Zironi, capofficina di una polveriera, e il gestore di
un'armeria. 11 materiale esplosivo viene occultato nel magazzino di una
fornace. Il Carrozzi, infine, ha diffuso tra i compagni un libello dì sua
compilazione sulla fabbricazione e manipolazione di esplosivi.
433 Contro la caserma della milizia e tre sedi del dopolavoro fascista.
I tre militanti sono: Vincenzo Capuana, Angelo Lenzi e Gino Bolognesi.
434 ACS, Min. Int., Divisione Polizia Politica (Fascicoli per materia),
busta 81, fsc. 9, (Complotto anarchico verso S. E. il capo del Governo),
Pro memoria fiduciario, del 9 maggio 1933. Nel 1926, Capuana era stato
condannato in America a sette anni di reclusione, perchè trovato in pos­
sesso di due bombe a mano.
435 In alcune lettere inviate ad Osvaldo Maraviglia, negli Stati Uniti, e

199
plotto ordito dalle cellule carraresi per far esplodere alcune
bombe in città, infine, riferisce la spia anarchica Bruno
Ambrosini, secondo cui i nuclei "sarebbero in stretto contatto
con gruppi di Sarzana dai quali avrebbero atteso per lettera
istruzioni, nonché duemila copie di manifestini da distribui­
re ed esplosivi, che sarebbero arrivati con camion"436. Il con­
fidente parla anche di un'emissaria genovese in procinto di
giungere in città per "portare due bombe confezionate, che
sarebbero poste una all'abitazione del Segretario Federale e
l'altra al Duomo, il mattino del 25 corrente"437. Al di là di
quest'ultima segnalazione, gli episodi di Canosa, di Livorno
e di Roma preoccupano a tal punto i vertici del potere che,
dopo l'esplosione di una piccola bomba ad orologeria avve­
nuta nella Basilica San Pietro438, Mussolini decide di interve­
nire personalmente per sollecitare un incremento dell'"opera
di vigilanza" e "del servizio fiduciario nel campo anarchico".
E i toni non sono certo dei più concilianti. "Il risveglio del­
l'attività anarchica", si legge nel promemoria inviato "a tutte
le autorità provinciali",

per concordi notizie provenienti dall'estero e per alcuni episodi veri­


ficatisi recentemente, è assai notevole e non può non destare appren­
sioni. Il M inistero ha reiteratamente, e con maggiore frequenza negli
ultimi tempi, raccomandato alle autorità provinciali di seguire con
particolare interesse Tatti vita anarchica, ma ha motivo di ritenere che
ancora molte deficienze si riscontrano, deficienze che possono dar
luogo ~ come è ovvio - a spiacevoli sorprese e che, comunque, sono

a Ugo Boccardi, a Marsiglia, Capuana chiede finanziamenti per portare a


compimento il "progetto" prefissatosi.
434ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1934, busta 35,
fsc. KlA/M ovim ento anarchico (AA. PP.), Rapporto della prefettura di
Massa Carrara, delTotto febbraio 1934.1 membri del gruppo, sarebbero:
Bernardo Canepa, Gastone Galeotti, Edmondo Ravenna, Gino Giorni e
Carlo Rebecchi.
437 Ibidem.
438 In seguito a questo attentato sono condannati Renato Cianca,
Bucciglione (trent'anni) e Claudio Cianca (diciassette anni). Vedi, M.
F ranzinelli, I tentacoli, op. cit.

200
preoccupanti [...] Consegue la necessità di un approfondimento e di
un intelligente riesame della posizione dei singoli anarchici ed in una
su ccessiv a d iu tu rna opera di v ig ilan za. P er la p rim a parte si
appaleserebbe particolarmente utile l'ausilio dell'Ovra, ausilio che
dovrebbe essere immediato approfittando anche che, in atto, essa è
pochissim o impegnata e dispone di mezzi sufficientissimi alla biso­
gna. I funzionari dell'Ovra [...] dovrebbero rivedere, particolarmente
nelle Questure dei piccoli centri, la posizione di tutti gli anarchici -
residenti nel Regno ed all'estero [...] L'azione dell'Ovra, paziente e
metodica, [...] potrebbe fra l'altro avere frutti sensibili nel m igliora­
m ento del servizio fiduciario nel campo anarchico, che oggi all'inter­
no del Regno non è molto efficiente439.

Dopo le nuove direttive impartite dal duce, ci si orienta


subito verso un ampliamento qualitativo del reclutamento
spionistico; nel senso, cioè, che s'inizia a lavorare con intensi­
tà nelle fila dello stesso movimento. A questo proposito, va
detto che, proprio dalla fine del '33, l'Ovra può contare sulla
preziosa "collaborazione" di un nuovo confidente: Giuseppe
Guelfi. Già espulso da tutti gli stati d'Europa, ben noto negli
ambienti del fuoruscitismo, nonché saltuario collaboratore del
giornale anarcosin d acalista "Solid aried ad O brera" di
Barcellona, Guelfi è sicuramente da annoverarsi tra gli infor­
matori anarchici più efficienti e intraprendenti a servizio del­
la polizia fascista 440 . Trattate personalmente da Guido Leto,
le sue relazioni forniscono un quadro ampio e dettagliato non
solo sull'attività "terroristica", i progetti insurrezionali e le
varie iniziative di lotta promosse dai gruppi in Italia e all'este­
ro, ma anche su quanto si trama, si ordisce e si vocifera nelle
carceri e nelle isole di confino, dove lo si assegna allo scopo^
precipuo di meglio accreditarlo tra i suoi ex compagni441. Resta

439ACS, Min. Int. Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA, 1933, busta 19,
fsc. KlA /M ovim ento anarchico, AA. GG., Promemoria del Ministero
degli Interni, dell' 11 settembre 1933.
440 Insieme a Bernardo Cremonini, Bruno Toccafondi e Gaetano Del
Massa.
441 "Ho fatto poi intendere al Guelfi", si legge in una relazione inviata
dall'Ispettore generale di PS al capo della polizia, "che il provvedimento

201
inteso che non sempre Guelfi risulta pienamente attendibile.
Infondata, ad esempio, si rivela la notizia circa la presenza a
Livorno di una microstruttura anarchica, diretta ramificazio­
ne del Comitato di agitazione antifascista di Montereuiì; così
come alquanto perplessi lasciano alcune sue segnalazioni su
presunti emissari inviati dall'estero per compiere una serie
di attentati terroristici nella penisola. Nonostante queste
incongruenze, è tuttavia incontrovertibile che il flusso costante
d'informazioni confidenziali trasmesso da Guelfi alle autori­
tà, costituirà un elemento spesso determinante ai fini dell'ope­
ra di prevenzione e di repressione del "sovversivismo anar­
chico".
Le apprensioni per il "risveglio dell'attività anarchica" nel
paese, spingono intanto la polizia ad incrementare i controlli
nei quartieri, nei borghi e nei rioni popolari delle varie città.
Sotto quest'aspetto, va osservato che un po' ovunque si molti­
plicano le denunce degli episodi di "antifascismo esistenzia­
le", segno indelebile della persistenza in vasti settori proletari
di un atteggiamento d'insofferenza verso l'autorità costituita e
il potere in quanto tale. Acclamazioni anarchiche a Carrara442,

di assegnazione al confino è fatto allo scopo di accreditarlo presso i suoi


compagni dì fede e che, appunto per tale motivo, si rende necessario. Il
medesimo ha detto di essere sicuro che al suo arrivo all'Isola, sarà subito
dal Capuana, che lo conosce bene per i suoi precedenti, presentato ed
accreditato presso tutti gli altri. E' poi convinto che dopo una sua non
lunga permanenza, sarà messo ai corrente di tutto quello che è a cono­
scenza dei confinati". ACS, Min. In t, CPC, busta 2569, fsc. 111217 (Guelfi
Giuseppe), Relazione inviata dall'Ispettore generale di PS al Capo della
polizia, il 7 maggio 1934. Guelfi viene assegnato alle colonie di Ponza,
Tremiti e Ventotene, e tradotto nei penitenziari di Napoli e di Trapani.
442 E' il caso di Giuseppe Venturini e di Amedeo Bastieri, arrestati per
aver inneggiato all'anarchia; di Paolo Monconi, che urla: "Vogliamo par­
tire per mare e per terra, l'anarchica bandiera vogliamo sventolar"; di
Anseimo Dalla Mura, che grida "Viva TAnarchia" ed intona canzoni
libertarie; di Argante Pedroni, sorpreso a cantare il noto motivo anarchi­
co "Addio Lugano bella"; etc. ACS, Min. Int. Dir. Gen. PS, AA. GG. RR.,
CC. AA, 1933, busta 19, fsc. KlA /M ovim ento anarchico, AA. GG.; ACS,
Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1934, busta 35, fsc. K1 A /
Movimento anarchico (AA. GG.}.

202
a Savona 443 e a Torino444; canti libertari a Belluno445, a Son­
drio446 e a Trieste; vilipendio alla regina, a Roma, ed oltraggi
a M u ssolini, a Como; scritte m urali che inneggiano a
Malatesta, in Calabria447; e così via. Sembra quasi che questi
fenomeni minori dTnsoburdmazione individuale, proceda­
no in maniera inversamente proporzionale al riflusso della
protesta sociale. Talvolta, si arriva anche a vere e proprie di­
mostrazioni di dissenso collettivo. Uno dei casi più eclatanti
in proposito, è sicuramente rappresentato dal funerale del-
l'anarchico Giovanni Casali448, celebratosi a Prato Gamico nel
193 3 4 4 9 _M a[gr a c [0 ie consuete misure di ordine pubblico, que­

sta volta le autorità di PS non riescono ad impedire che un


numero massiccio di antifascisti, appartenenti a tutte le fra­
zioni politiche, partecipi al corteo funebre snodandosi per le
vie principali della città450. E 7 un po' la stessa dinamica che,

443 Dove viene arrestato il bracciante Agostino Sassavo. ACS, Min.


Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1934, busta 35, fsc. K1 A/M ovi­
mento anarchico (AA. GG.).
444 E' il caso di Romolo Baragli, sorpreso a gridare in stato di ubria­
chezza: "Viva l'anarchìa. Gli operai italiani sono sfruttati dal governo".
ACS, Min. Int. Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA, 1933, busta 19, fsc.
KlA/M ovim ento anarchico, AA. GG.
445 Qui viene ammonito Ernesto Debettin, per aver intonato il canto
libertario "Addio Lugano bella". ACS, Min. Int. Dir. Gen. PS, A A. GG.
RR., CC. AA, 1933, busta 19, fsc. KlA/M ovim ento anarchico, AA. GG.
446 E' il caso dei pescatori Primo Bresciani, Benigno ed Aldo Della
Nave, sorpresi a cantare inni inneggianti a Sante Caserio. ACS, Min. Int.
Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA, 1933, busta 19, fsc. KlA/Movimento
anarchico, AA. GG.; ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA,-r
1934, busta 35, fsc. KlA/M ovim ento anarchico (AA. GG.).
447Per quest'episodio viene, arrestato Rosario Gramuglia. ACS, Min.
Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1934, busta 35, fsc. K lA /M ovi­
mento anarchico (AA. GG.).
448 Morto in un incidente stradale in Francia.
m Roccaforte dell'anarchismo e del comuniSmo friulano, Prato:
Carnico era definita dalla polizia fascista la "Patterson del Friuli". Du-::
rante tutto il ventennio, il grado di fascistizzazione delle popolazioni
della valle fu pressoché inesistente.
450 Da una testimonianza di Idro Petris: "Casali era molto conosciuto.

203
con i dovuti distinguo, sta nel frattempo dispiegandosi nelle
isole di confino, dove alla rivolta individuale di Arturo Mes­
sinese - che ad Ustica schiaffeggia il direttore della colonia - e
di Stefano Vatteroni - che a Tremiti rifiuta di ottemperare al-
Tobbligo del saluto romano - si affianca una protesta di mas­
sa allusola di Ponza - quando ben 152 confinati indicono
un'agitazione contro i nuovi provvedimenti restrittivi adot­
tati dalla direzione confinaria451.
S'è accennato nel capitolo precedente ai tentativi del Co­
mitato d'emigrazione dell'Usi di rilanciare l'azione sindacale
clandestina in Italia. Da un rapporto confidenziale stilato
dall'anarchico di Rovereto Emilio Strafeline e trasmesso a

Volevano quindi dare una buona accoglienza alla sua salma, perchè era
un'occasione per rendergli onore. Così, quando arrivò, verme collocata
davanti al municipio, e poiché lui abitava due chilometri più oltre, in
una frazione, si formò un corteo per andare a quel cimitero. Lì diversi
presero parola per onorare questo compagno, ma non potendo parlare
chiaramente, lo fecero in forma allusiva. Comunque, i fascisti che erano
presenti presero i nomi di chi aveva parlato e di chi aveva organizzato il
corteo e li denunciarono". "Bollettino dell'archivio G. Pinelli", n. 14,1999,
pagina 29. L'episodio suscita tale clamore da costringere Mussolini ad
intervenire personalmente, chiedendo un'esemplare condanna per gli
organizzatori del funerale e la destituzione del podestà e del segretario
polìtico del fascio locali, rei di non essere riusciti ad impedire che la ma­
nifestazione avesse luogo. Vengono condannati al confino: Luigi D'Agaro,
Italo Cristofoli, Osvaldo Fabian, Guido Cimador (cinque anni) ed Edoardo
Monaci (un anno); vengono ammoniti: Ezio Puntil, Vittorio Machin, Se­
condo Monaci e Odorico Gonano; vengono diffidati: Ermenegildo Martin,
Giuseppe Solari e Albino Cleva. Cfr. C. V enza-M . P uppini-D . G agliani,
Compagno tante cose vorrei dirti, op. cit. Episodi simili, si verificano anche
in occasione di altri funerali, come al corteo funebre del militante comu­
nista Camici, a Livorno, o alle esequie dell'anarchico Luigi Quadrelli, a
Cesenatico.
451 Arrestati e denunciati al Tribunale di Napoli, sono tutti condanna­
ti, nel giugno 1933, a cinque mesi di detenzione per "manifestazione se­
diziosa e contravvenzione agli obblighi di confino" - tranne quattro di
loro, condannati ad undici mesi. Su questo ed analoghi episodi verifica-
tisi alle isole di confino, cfr.: U. F edeli, Una resistenza lunga venti anni, in
"Bollettino dell'archivio G. Pinelli", n. 5, 1995.

204
Roma dai Cremonini nel gennaio 1934452, sappiamo in effetti
che già da alcuni anni un lavoro teso alla ricostituzione di
quadri si è svolto regolarmente in Veneto, in Trentino, in Lom­
bardia, nel Lazio e in Puglia. Il recente rientro di alcuni ex
attivisti dal confino, ha poi favorito l'estensione di quest'atti­
vità di ricomposizione a gran parte del territorio nazionale.
Si è andata così allestendo una vasta rete organizzativa che
da Rovereto, dove "nove rappresentanti di categoria forma­
no una specie di consiglio generale"453, si dirama in tutto il
Trentino e in alcune città dellltalia settentrionale e centrale,
dove operano i rispettivi fiduciari di zona - Verona, Milano,
Monza, Udine, Sesto S. Giovanni, Roma, Civitavecchia, Bolo­
gna e Rimini454. Naturalmente, siamo al cospetto di iniziative

452 E' io stesso Strafelini a consegnare una copia della relazione segre­
tissima a Cremonini che, nel trasmetterla a Roma, raccomanda: "Queste
informazioni scritte me le ha raccomandate anche perché una leggerezza
qualsiasi metterebbe nelle mani del Tribunale speciale i migliori dei no­
stri e si potrebbe far pensare a delazioni". Cfr.: M. F ranzinelli, I tentacoli,
op. cit., pagina 273.
453 ACS, Min. Int. Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., G l, busta 304, fsc. 1005,
Rapporto confidenziale di un comitato dell'USI cernito recentemente a Parigi
dall'Italia, 1934, senza altre specificazioni. A Rovereto, si legge nel rap­
porto, "nove rappresentanti di categorìa formano una specie di consiglio
generale e sono quelli che informano altre zone. In ogni fabbrica vi è un
fiduciario e questo per tutto il Trentino. Hanno a loro disposizione per il
collegamento una motocicletta e due rappresentanti di commercio con
abboccamento ferroviario". I rappresentanti di categoria sono: Mario
Zover (manifattura tabacchi), Raos Severino (officina Gaz), Zeni e Giovi
(muratori), Emilio Rigo (Montecatini Alluminio), Vittorio Dosighelìi
(Dolceri e pianificazione), Secondo Boschetti (rappresentante di commer­
cio), Angiolino Galvagni (contadini), Mario Ruele (falegnami), Andreatta
(tipografi). I "rappresentanti di commercio con un abboccamento ferro­
viario" sono: Consolati e Dusatti. Nelle altre località del Trentino opera­
no: i panettieri Pedrolli e Fumagalli e il portalettere De Pasquali, a Trento;:
il falegname Francesco Oso, a Pergine, l'oste Valle Pompilio, a Folgorìa,:
il calzolaio Luigi Cagliari, a Borgo; il tessitore Carlo Pardenza, a Riva; il
manovale Natale Bianchì, a Bolzano; etc. Ibidem.
454 1 fiduciari in collegamento col centro sono: il panettiere Carneva­
le, a Verona; Timpiegato Michelagnoli, a Venezia; Voglia, Guerrì e Ragi, a
Milano; il meccanico Carcano e la tessitrice Ronconi, a Monza; il fa legna-

205
orientate soprattutto a coinvolgere le masse su obiettivi di
lotta concreti, immediati e alla portata di tutti. Da una parte,
si incita quindi la classe contadina ad "abbandonare le terre,
date le forti tasse ed affitti, [a] non subire angherie e, per rap­
presaglia, bruciare ipagliai"455; dall'altra, invece, si sprona la
classe operaia al "rifiuto o [alla] resistenza nel prendere o nel
pagare le tessere dei sindacati fascisti"456, a distribuire nelle
fabbriche manifestini antifascisti stampati alla macchia, a fo­
mentare scioperi parziali per protestare contro le dure condi­
zioni economiche ed i magri salari, e così via.
A differenza di quanto sta avvenendo in Italia, l'attività
antifascista all'estero non riesce a risollevarsi dalla fase di ri­
stagno in cui è piombata nel 1932. Ad ostacolare il rilancio
della lotta, è fondamentalmente la nuova ondata di arresti e
di espulsioni che si abbatte sui fuorusciti dopo il "rap-
prochment" diplomatico tra Francia ed Italia. In seguito alle
pressioni esercitate dall'ambasciata italiana, le autorità fran­
cesi procedono poi anche alla soppressione, nel gennaio del
'33, di "Umanità Nova"457. E' segno di quanto il governo fa­

me Romanutti, ad Udine; lo scultore Cattaneo, il muratore Bonizzoli, l'im­


piegato Formi, il marmista Braga, il calzolaio Banometti e il pellettiere
Verdelli, a Sesto San Giovanni; l'ex segretario fornaciari e il manovale
Alberto Di Giacomo (il moretto), a Roma; il facchino di porto Salerai, a
Civitavecchia; il meccanico Guidi, il venditore ambulante Diolaiti ed il
facchino Dante Luzzari, a Rimini. Ibidem.
453 Ibidem.
45fi "La categoria dei tipografi di Rovereto", segnala il memoriale, "non
ha prelevato che due tessere dei Sindacati Fascisti su sessanta iscritti. La
fabbrica di alluminio della Montecatini (Marco) fu chiusa per quindici
giorni causa il malcontento delle maestranze. Nella tessile (affiliata al
gruppo Pirelli) furono licenziati trentuno operai per rifiuto di contributo
al sindacato fascista". Ibidem.
457 Pressioni che, ovviamente, non sfuggono agli anarchici: "Il 14 gen­
naio u. s. la polizia di Chiappe ha reso un servizio all'ambasciata fascista
sequestrando e sopprimendo il nostro confratello cUmanità Nova>. Sarà
questo uno dei primi risultati del famoso <rapprochement> franco-ita­
liano, di cui l'antifascismo rivoluzionario è chiamato a far le spese". Sa­
lutiamo il caduto, in "La protesta", n. 1 del 20 febbraio 1933. "La protesta",
Puteaux, quindicinale. Direttori: Camillo Berneri ed Antonio Cleri. Cfr.
L. B etoni, op. cit.

206
scista tema la capacità della rivista di fungere, grazie alla sua
peculiarità di "sintesi", da elemento di coesione e di collega­
mento tra i gruppi anarchici dei vari orientamenti. Dalla sua
fondazione nel 1920, è la terza volta che il periodico è sotto­
posto a sequestro di polizia. Si cerca anche di aggirare i con­
trolli della censura editando il foglio con un altro titolo458 -
"La protesta"459, prima, e "La Vecchia Umanità Nova"460, poi;
ma dopo l'uscita di quattro numeri complessivi, anche que­
ste successive esperienze sono destinate rapidamente a tra­
montare.

458La decisione di proseguire le pubblicazioni della testata viene pre­


sa nel corso di una riunione, tenutasi in un ristorante parigino, alla quale
partecipano: Umberto Tommasini, Eugenio Brandolini, Alfredo Gori,
Antonio Cieri, Renato Castagnoli, Camillo Berneri, Savino Fornasari,
Remo Franchini, Amleto Astolfi, Virgilio Gozzoli, Mattia Leoni e Rivoluzio
Giglioli. Prima di quest'incontro, si era anche ipotizzato di fondere "Uma­
nità Nova" e "Lotta anarchica" in un'unica testata. Berneri, a sua volta,
aveva vagliato la possibilità di affidare le pubblicazioni del giornale di­
rettamente a Carlo Frigerio, a Ginevra, e aveva scritto all'amico: "Il co­
mitato di cUmanità Nova> è deciso a continuare. Come? Con numeri
unici non si può andare avanti [...] Potresti tu assumerti l'impegno di
curare l'edizione del giornale col titolo cUmanità Nova> a Ginevra? Di
qui manderemo il materiale. Tu non avresti che da curare: il pagamento
del tipografo, Timpaginazione, la riscossione dei vaglia [...] Se tu non
accetti finirà a Bruxelles. E vorremo evitare questa soluzione". Riportato
in F. S chirone, Umanità Nova in esilio, in "Rivista storica dell'anarchismo",
anno quattro, numero uno (sette), Biblioteca Franco Serantìni, Pisa, gen­
naio-giugno 1997, pagina 109, nota 53.
4SyDel giornale vengono pubblicati tre numeri (gennaio - marzo 1933).
A commento della fugace esperienza de "La protesta", Francisco Madrid
Santos ha scritto: "Gli obiettivi degli editori del periodico erano molto
ambiziosi; ma questa ambizione si trasfuse nella realtà in molti casi con­
creti, soprattutto nell'analisi del fascismo, non solo italiano, ma come
una macchia d'olio che si estendeva in tutti i paesi d'Europa. Quel che è
più dubbio è che avesse un grande successo, principalmente a causa del­
la sua scarsa diffusione provocata dalla sua precarietà e dalla sua conti­
nua repressione che come una spada di Damocle era costantemente so­
spesa sulle loro teste". Cit. in F. S chirone, Umanità Nova in esilio, op. cit,
pp. 110-111, nota 60.
460 Di cui esce un solo numero.

207
Soppressa "Umanità Nova", non svanisce però quell'esi­
genza unitaria che aveva spinto a riavviarne le pubblicazioni
nel 1932; anche perché la recrudescenza della repressione ren­
de ancor più impellente accantonare le polemiche e le reci­
proche diffidenze per ritrovare un minimo di compattezza e
di solidità interna. Si spiega così il riassetto organizzativo av­
venuto nel novembre 1933, quando, nel corso di un conve­
gno tenutosi in una sala del municipio di Puteaux461, i Grup­
pi anarchici della regione parigina procedono alla trasforma­
zione strutturale delI'UCAPI (Unione Comunista Anarchica
Profughi Italiani) nella FAPI (Federazione Anarchica Profu­
ghi Italiani). Come si evince dalla stessa mancanza dell'attri­
buto "comunista" nella sigla, la FAPI si propone quale orga­
nizzazione non più di "tendenza" ma di "sintesi", come un
organismo, vale a dire, ampio ed eterogeneo, atto a fungere
da polo di aggregazione, di intesa e di convergenza tra i gruppi
e gli esponenti di tutte le correnti, scuole o tendenze. In linea
con questo indirizzo organizzativo, si delibera poi di fondare
un nuovo organo di stampa - "Lotte sociali" 462 - che subentra
così alla precedente testata deìl'UCAPI - "Lotta anarchica".
Un comunicato della Commissione di corrispondenza, diffu­
so nell'estate del 1934, ci fornisce un quadro generale dei prin­
cipali obiettivi di lotta che il foglio si propone di perseguire:

tó1 Al convegno, partecipano tra gli altri: Virgilio Gozzoli, Leonida


Mastrodicasa, Amleto Astolfì, Remo Franchini, Ernesto Bonomini,
Domenico Lodovici, Emilio Strafelini, Enzo Fantozzi, Lorenzo Gamba,
Bruno Fattori, Ciro Beltrandi, Randolfo Velia, Attilio Bolzanini, Giusep­
pe Spotti, Guido Rusconi.
462 il foglio, si legge al quarto comma delle risoluzioni congressuali,
si pone quale "espressione viva degli aderenti alla Federazione, aperto a
tutte le correnti del movimento anarchico, che nel rispetto reciproco vo­
gliono esporre e sviluppare le diverse concezioni teoriche e soprattutto
studiare sotto i vari punti di vista i problemi contingenti del pre e post-
rivoluzione". L. B ettini, op. cit., pagina 137. "Lotte sociali", Parigi,
periodicità varia. Redattori: Leonida Mastrodicasa, Virgilio Gozzoli,
Amleto Astolfì, Remo Franchini.

208
Estendere l'organizzazione dei nostri Gruppi ad altri centri, creando
attorno alla Federazione un movimento sostanziale, vibrante e po­
tenziato di operosità, di fede e di decisione. Diffondere il nostro gior­
nale, collaborarvi, raccogliere fondi per assicurargli la vita, inviargli
corrispondenze e procurargli abbonati. Partecipare a tutte quelle di­
mostrazioni ed azioni che venissero promosse ed accettate dagli anar­
chici, allo scopo di sbarrare il cammino al fascismo ed alle forze della
reazione. Arrivare ad avere in Italia in ogni centro, un più saldo col-
legamento fra i com pagni colà rimasti, aiutandoli in tutte quelle ini­
ziative atte a preparare a determinare atti, azioni e m ovim enti insur­
rezionali e rivoluzionari. Indugiare il meno possibile in chiacchiere
inutili o superflue: in un m om ento di convulsioni, di probabili
capovolgimenti e di incognite, come il presente, quello che più conta
è AGIRE!463.

Come si vede, dunque, obiettivi molto avanzati che, però,


quasi mai riescono ad entrare nella loro fase esecutiva. Falli­
mentare in termini di azione rivoluzionaria, logorata dalle
contraddizioni e dalle ambiguità connaturate all'eclettismo
di una struttura di "sintesi", costantemente esposta, per di
più, alle persecuzioni sfiancanti delle autorità locali, la FAPI
si scioglie ad appena un anno dalla sua costituzione senza
aver realizzato alcuno dei fini prefissatisi464 . "Lotte sociali",

463F ederazione A narchica P rofughi Italiani, Comunicato della commis­


sione di Corrispondenza, in "Lotte sociali", n. 4, del giugno 1934.
464 "Fra qualche mese, si legge su "Lotte sociali", "la fed erazio n e
anarchica dei profughi italiani> compirà il suo primo anno di vita e do­
vrà logicamente tirare il bilancio dell'annata. [...] il bilancio non potrà
essere che un ben misero osso poiché - ed è meglio dirlo chiaro anche4a
costo di sentirsi chiamare mascalzone da chi vorrebbe tutto coprire - dal
giorno che è nata fino ad oggi la Federazione non ha fatto proprio niente.
Di chi la colpa? Di tutti e di nessuno come sempre accade nelle cose
umane, ma è però certo che se parecchi non hanno voglia di fare c'è qual­
cheduno che sembra prender gusto a non lasciare fare allungando tutte
le cose oltre misura o sminuzzandole piano piano fino alla loro completa
polverizzazione [...] La cavillomania si è impossessata un po' di tutti e
c'è qualcheduno che se ne serve anche troppo e per fini non sempre no­
bilissimi". A. D 'A rcola, Bilancio sconfortante, in "Lotte sociali", n. 5, del
settembre 1934.

209
invece/ continua ad uscire con scadenze irregolari sino al feb­
braio del '35, quando l'espulsione dalla Francia dei suoi re­
dattori ne fa cessare automaticamente le pubblicazioni.
Sfumato il tentativo di riassetto organizzativo, gravemen­
te compromessa Fazione propagandistica, praticamente pa­
ralizzate tutte le iniziative tese ad alimentare la lotta in Italia,
l'attività antifascista del fuoruscitismo anarchico finisce per
forza di cose col restringersi all'organizzazione di attentati e
di "com plotti terroristici". E, naturalm ente, le relazioni
fiduciarie a riguardo si succedono ancora una volta senza so­
luzione di continuità. Tra le tante, vale la pena di menzionare
quella che riferisce di un'importante riunione tenutasi in un
Cafè a Chambery, dove è stato deciso "di passare immediata­
mente all'azione terroristica mediante azioni individuali con
esplosivi, da compiersi all'interno ed all'estero. Tali propositi
di attività delittuosa dei nostri anarchici sarebbero in relazio­
ne con analoghe decisioni prese da anarchici di tutti i pae­
si " 465 . Ce n'è insomma quanto basta, per spingere le autorità
ad "intensificare al massimo grado" i "servizi di prevenzione
e di vigilanza" in campo anarchico:

Data la speciale situazione politica del momento è necessario far con­


vergere sugli anarchici la nostra particolare attenzione [...] Occorre
perciò che tutti i servizi di prevenzione siano intensificati al m assi­
mo grado; alla frontiera, sui treni e mezzi di trasporto in genere, ne­
gli alberghi e locali di alloggio per mercede, presso gli antifascisti
capaci di prestarsi ad ospitare sicari antifascisti, presso i congiunti
dei fuorusciti anarchici o di altri partiti pericolosi per capacità ed atti
inconsulti. [...] La prego pertanto di voler fare ai suoi collaboratori
vivissime raccomandazioni perchè le riferiscano ogni notizia relati­

465 ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1934, busta 35,
fsc. K1A/Movimento anarchico, AA. GG. (Chambery), nota di polizia,
dei 4 gennaio 1935. Alla riunione partecipano, tra gli altri: Luigi Bertoni,
Domenico Bonfiglio, Angelo Pozzi, Pietro Magliocco, Guido Polidori,
Giuseppe Tinti, Giulio Conte, Randolfo Velia, Sabino Fornasari. A titolo
personale sono presenti anche alcuni esponenti gielìisti, socialisti e co­
munisti.

210
va a spostamenti o partenze dì anarchici o quant'altro abbia attinen­
za con la criminosa attività che si sono proposti466.

2 - L'avvento al potere di Hitler e le nuove alleanze antifasciste

Momento cruciale per l'Europa sorta dalle macerie della


Grande Guerra, l'avvento di Hitler al potere non muta il mo­
dello interpretativo anarchico degli avvenimenti intemazio­
nali. In linea con le analisi tracciate negli anni precedenti, il
movimento ritiene che il crollo della Repubblica di Weimar
costituisca soltanto un'ulteriore tappa di quel processo di gra­
duale degenerazione delle democrazie borghesi in regimi au­
toritari di tipo fascista che, avviatosi sin dalla prima metà de­
gli anni Venti, è ormai sul punto di sfociare in un nuovo ed
ancor più devastante conflitto mondiale. Se, dunque, la mi­
naccia di guerra che l'espansionismo hitleriano fa subito gra­
vare su tutto il Vecchio Continente, comporta una immediata
ridefinizione delle strategie di politica estera delle grandi po­
tenze 467 , gli anarchici mantengono invece ferma la condanna
contro gli Stati, i governi e le loro direttrici di politica
imperialista, ponendo per l'ennesima volta in evidenza come
il rimescolamento del sistema di alleanze e la stipulazioni di
sempre nuovi patti, intese, accordi e trattati, possano dirimere
solo momentaneamente e le rivalità tra le singole nazioni e la
loro contesa per l'espansione ed il predomìnio nel mondo468.

466 ACS, Min. Int. Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1934, busta 35,
fsc. KlA/M ovim ento anarchico, AA. GG., Chambery, nota di polizìa, deh
4 gennaio 1935.
467 Come, ad esempio, il rapprochement diplomatico tra Italia e Fran­
cia, o il primo riavvicinamento dell'URSS alle potenze democratiche per
contenere l'avanzata dei fascismi in Europa, indirizzo destinato succes­
sivamente a culminare nella polìtica dei Fronti Popolari.
4(WIn occasione della Conferenza per il disarmo dì Ginevra, ad esem­
pio, il movimento evidenzia non solo come la rivalità franco-tedesca ab­
bia raggiunto livelli di tensione altissimi, ma che pericolosi focolai stan­
no divampando anche sul versante danubiano-balcanico, dove la Ger­
mania ha indirizzato le sue mire per crearsi "una congiunzione verso

211
Anziché dilungarci sulle tematiche più volte esposte in
questo lavoro,, riteniamo però di maggior interesse soffermarci
sulle nuove riflessioni circa la natura dei totalitarismi di de­
stra, che l'ascesa al potere del nazismo in Germania stimola
tra gli anarchici in esilio. A distinguersi per lucidità d'analisi
e ricchezza di contenuti sono ancora una volta gli studi con­
dotti da Luigi Fabbri. Analizzando le similitudini tra i mec­
canismi di conquista del potere in Italia e in Germania, Fab­
bri perviene ad elaborare una vera e propria teoria dei "due
tempi" che lo distacca ulteriormente dalla originaria inter­
pretazione classista del fenomeno fascista 469 . Se è vero che il
fascism o si configura inizialm ente com e una reazione

rUngheria e la Bulgaria contro la Francia e la Piccola Intesa". Inesorabi­


le, poi, è il commento in occasione del Patto a Quattro tra Italia, Francia,
Inghilterra e Germania, firmato a Roma nel giugno del '34. In contrasto
stridente con l'entusiasmo con cui l'evento è accolto dall'opinione pub­
blica europea, si sostiene infatti che "ciascuno dei firmatari continuerà
nei suoi intrighi di prima sviluppandoli e moltiplicandoli secondo le
nuove possibilità del nuovo patto", per poi concludere che "sulla base
capitalistica e statale si può far durare più o meno una tregua, ma non
fondare la pace". Note sulla situazione, in "Lotte sociali", n. 4, del giugno
1934.
469 Vedi capitolo primo, paragrafo cinque. Soffermandosi poi sull'ete­
rogeneità sociale della componente borghese, Fabbri sottolinea come al­
cuni settori conservatori, timorosi dello "spostamento di poteri e di pri­
vilegi" che assicura loro lo "statu-quo capitalistico e statale", prediliga­
no di gran lunga i regimi liberaldemocratici ai regimi totalitari: "Il fasci­
smo rappresenta, anche pei conservatori, un'incognita. L'esempio d'Ita­
lia insegna, fra l'altro, che il fascismo significa bensì la fine della libertà
tanto odiata anche nelle sue esplicazioni più anodine e lo schiacciamento
e asservimento assoluto della classe operaia; ma significa anche uno spo­
stamento di poteri e di privilegi pericoloso per i beneficiari dello statu-
squo capitalistico e statale [...] Molti posti di privilegio, nell'alta burocra­
zia, nell'esercito, nella polizia, ecc. che la stupida democrazia aveva la­
sciato ai vecchi titolari, certamente saranno tolti a questi dai fascisti, che
sono del tutto senza scrupoli. Inoltre il fascismo, per contentare il suo
seguito numeroso sarà costretto a mantenere qualcuna delle sue promesse
socialistoidi; e di questo certi conservatori non vogliono sentir parlare
neppure per ischerzo". L. F abbri, I duefascismi in Germania, in "Lotta anar­
chica", n. 32, del 1933.

212
antiproletaria prodotta dalla società capitalista, osserva l'anar­
chico, è però altrettanto irrefutabile che, una volta stanziatosi
al governo, esso indirizza i suoi attacchi contro lo stesso po­
tere borghese, per procedere alla liquidazione violenta della
Stato costituzionale e all'instaurazione della dittatura totali­
taria. Disconoscere questo "secondo tempo" della reazione
fascista, prosegue Fabbri, significherebbe cadere nell'errore
grossolano di ignorare le profonde differenze che intercorro­
no tra "regimi autoritari di natura assolutistica" e "regimi
autoritari di tipo parlamentare". E ' inconfutabile infatti che,
sebbene "formali", "parziali" e sottoposte a reiterate viola­
zioni da parte dei governi, le libertà politiche e i diritti indivi­
duali rivestano un evidente significato di progresso umano e
civile rispetto alla schiavitù e alla barbarie che sorreggono il
sistema di potere fascista. Sotto quest'aspetto, Fabbri racco­
manda più volte i compagni a stare ben attenti a non confon­
dere i fenom eni di p ersecu zion e p o litica, prepotenza
liberticida e repressione antiproletaria in atto nelle democra­
zie borghesi, con quella "glorificazione suprema nella teoria
e nella pratica del principio d'autorità" che costituisce l'inti­
ma essenza dei "regimi autoritari di natura assolutistica":

Non faccio qui una questione di principio puro ed assoluto, secondo


il quale qualunque forma di autorità contiene qualcosa di fascista,
essendo il fascismo la pratica dell'autorità spinta al massimo di ac­
centram ento e di violenza fino alla sua stessa esasperazione. Ogni
teoria autoritaria, per quante pretese liberali e sociali possa essa ave­
re, ha una qualche parentela col fascismo. Tutto ciò è vero. Ma è an­
che vero che praticamente, di fatto, e insieme nelle intenzioni degli
uomini, il fascismo propriamente detto si diversifica completamente,
da tutte le altre teorie autoritarie, anche le più retrive; e nessun altro
sistem a di governo può essere confuso con esso [..-1 II fascismo è lo
stroncamento della dignità umana sotto l'im perio brutale del delitto
e della menzogna diventati sovrani. Il nemico del fascismo, che il
fascism o odia, non è solo l'operaio desideroso di emanciparsi, il cit­
tadino che ama la libertà, lo studioso che pensa a modo suo; ma è
addirittura l'uomo, qualsiasi uomo degno di questo nome, dotato di
spina dorsale o di cervello pensante Il fascismo è insomma il ne­
mico dell'um anità; e combattendo contro di lui il proletariato non
solo si difende come produttore sfruttato, o il libertario come suddi­

213
to oppresso/ ma l'uno e l'altro combattono per difendere la propria
dignità di uomini, per salvare la civiltà umana dalla peggiore minac­
cia che ne abbia nel corso della storia insidiato il continuo diveni­
re470.

Come già in passato, dunque, Fabbri pone l'accento sul­


l'elemento di "stroncamento della dignità umana" che con­
traddistingue i regimi fascisti instauratisi al potere in gran
parte delle nazioni europee. Ora, però, gli avvenimenti tede­
schi lo spingono sino ad ipotizzare una tregua della mobilita­
zione anarchica contro le democrazie borghesi. A suo avviso,
infatti, il crollo della Repubblica di Weimar ha dimostrato
come la rigida intransigenza classista finisca col ritorcersi mor­
talmente sulla stessa lotta antifascista, verso la quale, in que­
sto particolare momento storico, occorre invece concentrare
tutte le forze e tutti i mezzi a disposizione. Proprio l'opposto,
quindi, di quanto hanno fatto i comunisti tedeschi che, "sicu­
ri di poter abilmente sfruttare i colpi del fascismo contro la
democrazia per vincerlo a sua volta"471, hanno orientato la
propria azione quasi esclusivamente contro la socialdemo­
crazia. Nella misura in cui "qualsiasi successo del fascismo"
si traduce in una "sconfitta di tutto il proletariato", ribadisce
in conclusione l'anarchico italiano, è necessario allora che nes­
suna strategia, nessuna tattica, nessuna iniziativa, "nulla, in­
somma, venga risparmiato per sbarrargli la via e stroncarlo
in sul nascere".
A prescindere dalle considerazioni di Luigi Fabbri, tutto il
movimento anarchico conviene sul fatto che un ruolo deter­
minante nell'ascesa di Hitler al potere in Germania lo abbia­
no giocato proprio i comunisti. Convinto che il nazionalso­
cialismo rappresentasse solo l'ultimo residuo di un capitali­
smo ormai rantolante472, spiega "La protesta", il KPD non solo

470 L. F abbri, Che co se il fascismo, in "Il risveglio anarchico", n. 865, del


gennaio 1933.
471 Ibidem.
472Riflesso della concezione teorica terzinternazionalista, secondo cui

214
ha continuato a scagliarsi violentemente contro il sistema di
Weimar, ma si è illuso di potersi servire delle orde naziste per
"procedere alla presa di possesso del governo e del paese".
Questa del "tanto peggio tanto meglio", però, si è rivelata
alla lunga una vera e propria tattica suicida. Privo del suo
storico nemico di classe e con una socialdemocrazia attaccata
su due fronti, Hitler ha infatti potuto conquistare il potere
"senza aver dovuto combattere una sola battaglia campale".
"L'armata rossa germanica", scrivono i redattori del foglio,

è rimasta im pigliata nella tattica consistente nel punzecchiare con la


baionetta ^hitlerism o, tempestando col calcio del fucile il sistema di
Weimar, illudendosi che il prim o facesse da ariete contro il secondo a
profitto del bolscevism o, che per la breccia, sarebbe entrato al mo­
mento indicato dall'intelligenza marxista, per procedere alla presa
di possesso del governo e del paese473.

Al di là degli errori tattico-strategici commessi dal KPD,


la disinvoltura con cui Hitler ha potuto demolire le organiz­
zazioni proletarie più forti e numerose dell'occidente capita­
listico - SPD e KPD - è spiegata soprattutto con la disarmante
passività manifestata nella circostanza dalla classe operaia te­
desca. Anche quest'atteggiamento remissivo, tuttavia, è at­
tribuito nella sua sostanzialità alla "nefasta influenza eserci­
tata dai politicanti marxisti". Viene infatti evidenziato come
la visione gerarchica del rapporto masse/avanguardie dei
partiti autoritari, la loro concezione verticistica dei processi
di aggregazione m ilitante e la loro logica burocratico-
organizzativa, si sia estrinsecata nella creazione di formida­
bili organismi, forti di milioni di aderenti, perfettamente db
sciplinati e rigorosamente obbedienti alle direttive delle diri­
genze, ma assolutamente privi di un'adeguata preparazione
sul terreno dell'azione diretta e della lotta armata insurrezio­
nale. Senza una cultura propria dello scontro di classe e inca-

rorganizzazione economico-sociale capitalista era ormai giunta albultima


fase del suo sviluppo.
473 Cielo: tre quarti coperto, in "La protesta", n. 3, del 28 marzo 1933.

215
pace di intraprendere iniziative autonome di lotta, il proleta­
riato tedesco s'è così dovuto arrendere senza quasi colpo fe­
rire alle ben più agguerrite e determinate squadre naziste. La
lezione che si ricava dalla disfatta della classe operaia in Ger­
mania, dunque, è che un esercito rivoluzionario non si crea
irreggimentando le masse in mastodontiche organizzazioni,
bensì forgiando delle coscienze rivoluzionarie "capaci di di­
scernere le vie della propria emancipazione" e di percorrerne
autonomamente i sentieri474.
Gli sviluppi della situazione internazionale si riflettono in­
tanto anche sull'antifascismo italiano, provocando un muta­
mento delle strategie di lotta e del sistema di alleanze. In
sintonia col riavvicinamento dell'URSS alle potenze demo­
cratiche, socialisti e comunisti siglano, nell'agosto del 1934,
un patto d'unità d'azione. Giustizia e Libertà, a sua volta, ini­
zia ima proficua collaborazione con l'Alleanza Socialista Re­
pubblicana475, mentre gli anarchici stanno vagliando l'ipote­
si di stringere intese individuali ed episodiche con singoli
esponenti giellisti e della sinistra repubblicana476.
Contro le pregiudiziali e le incompatibilità di sempre, s'in­
frange invece un'eventuale adesione del movimento al Fron­
te Unico, che la nuova alleanza socialcomunista si affretta
subito a rilanciare. Sotto l'asp etto ideologico, anzi, la
riappropriazione dei valori democratici che informa il patto
d'unità d'azione, riduce ulteriormente i margini di dialogo
con i comunisti; anche perché si è persuasi che la svolta stra­
tegica del Pedi, passato da un atteggiamento d'assoluta in­
transigenza ideologica a posizioni di massima apertura e di­
sponibilità, non si giustifichi affatto con la necessità di rende­
re più efficiente la lotta antifascista, ma sia l'effetto dell'alli­
neamento dogmatico alle direttive di Mosca e, dunque, ai suoi
interessi imperialistici. La stessa polemica anarchica sulla

474 Cronache sovversive, in "L'adunata dei refrattari", n. 27-28, del 15


luglio 1933.
475 Cfr., A. G arosci, op. cit.
476 Vedi capitolo secondo, paragrafo cinque, e capitolo terzo, para­
grafo quattro.

216
"strategia del lavoro legale"477, va iscritta in questa cornice di
rigida contrapposizione alla nuova impostazione "socialde­
mocratica" e "collaborazionista" del Pedi. Nella circostanza,
si rimprovera ai comunisti di suggerire al proletariato italia­
no di insinuarsi nei sindacati, nel dopolavoro, nelle mutue e
nelle cooperative fasciste, quando sarebbe invece necessario
incitare ad oltranza alla cospirazione armata, all'attività clan­
destina, all'azione di sabotaggio e di boicottaggio, alla
disobbedienza, al dissenso, a mettere in atto, insomma, tutte
quelle forme di lotta in grado quantomeno d'intaccare il si­
stema di potere dominante. Naturalmente, contro la "strate­
gia del lavoro legale" c'è soprattutto una condanna di natura
morale. Indipendentemente dalle concrete possibilità di suc­
cesso, si reputa infatti che esortare i proletari a "collaborare
con i loro tiranni, i loro sfruttatori e gli assassini feroci dei
propri compagni", sia una manovra degna del cinismo più
opportunista e spregiudicato, che solo i comunisti potevano
essere in grado di concepire.
A precludere una partecipazione anarchica al Fronte Uni­
co, sono però principalmente le propensioni egemoniche,
autoritarie ed esclusiviste del Pedi. Sebbene propagandato
come unione dal basso delle masse operaie, il movimento
ritiene che il Fronte si configuri ancora una volta come
un'operazione "dall'alto", un atto realizzato e imposto dal­
le dirigenze di partito, una manovra di vertice della quale i
"politicanti bolscevichi" intendono servirsi come uno stru­
mento per consolidare la propria posizione politica a disca­
pito di quella degli altri schieramenti della sinistra rivolu­
zionaria. Non, quindi, un'alleanza tra tutti i militanti di base
a prescindere dal credo ideologico e dalle appartenenze po­
litiche; ma un mero assorbimento nel Pedi di "un amalga­
ma amorfo di gruppi ed individui, pronti a prestarsi al gio­
co del Cremlino". Ben diversi, come si può comprendere,
sono invece i param etri di riferimento della concezione
frontista anarchica:

477 Lanciata proprio in questi mesi sulle pagine di "Stato operaio".

217
Il fronte unico si costituisce tra gente che anche professando opinioni
diverse, ha in comune la buona fede e la volontà di cooperare - senza
im porre bavagli a sé e alla verità - al vantaggio di finì determinati, di
comune vantaggio. Cerca intesa non per frodare, non per conquista­
re privilegi, ma per giovare agli altri mentre gli altri giovano a se
stessi, abbattendo i privilegi che già esistono e realizzando per tutti
una condizione di libertà piu vasta e di benessere più diffuso. Ma di
questo fronte unico, fatto volontariamente tra uomini liberi e coscienti,
non per incatenarsi reciprocamente, ma per moltiplicare le rispettive
energie, i partiti politici, i partiti socialisti - riformisti o com unisti -
non vogliono sapere. Essi hanno bisogno di gregge numerose da sfrut­
tare, di masse ubbidienti da comandare, di moltitudini incoscienti
per governare47*5.

Questa del direttore de "L'adunata dei refrattari", è un'opi­


nione condivisa da tutti i maggiori esponenti del movimen­
to. Anche chi è disposto ad accantonare le divergenze ideolo­
giche, di metodo e programmatiche, considera infatti impre­
scindibile che un'alleanza antifascista debba fondarsi sul­
l'azione diretta delle masse, al di fuori dell'influenza dei par­
titi, del loro settarismo, dei loro opportunismi strategici, dei
loro fini autoritari. Ovviamente, i comunisti sono subito pronti
ad accusare gli anarchici di disfattismo ed individualismo pic­
colo borghese per la loro avversione al Fronte; ma la verità è
che il movimento ha invece colto in pieno quali reali insidie
si nascondano dietro la proposta di un'azione comune di lot­
ta lanciata dal Pedi. A testimoniarlo sono le stesse parole di478

478 M. S artin , La commedia del fronte unico, in "L'adunata dei refratta­


ri", n. 15-16, del 29 aprile 1933. La contrapposizione ai comunisti è così
totalizzante, da escludere qualsiasi forma d'intesa anche con ì militanti
di base: "Siamo divisi dai bolscevichi da forti ragioni programmatiche"
scrive Max Sartin, "loro sono per la dittatura, noi per la libertà intesa in
senso anarchico. Ma ciò potrebbe costituire un particolare [...] se si aves­
se a che fare con compagni proletari liberi da influenze ed ordini di
direttorio governativo. Invece i proletari comunisti non sanno pensare
né muoversi senza ordine del loro governo. E sono i primi ad ammettere
questo stato di cieca mentalità gregaria, quando con fanatismo settario
difendono politica e malefatte della dittatura bolscevica". Bluff, in "Il ri­
sveglio anarchico", n. 880, del 26 agosto 1933.

218
Paimiro Togliatti che, intervenendo di persona sulla questio­
ne delle alleanze, dichiara inequivocabilmente:

Il m ovim ento anarchico in Italia ha una grande importanza [...] Esi­


stono degli operai anarchici sin ceri Questi elementi, che oggi sono
privati dell'elem ento avvelenatore che è la stampa anarchica, sono
più facilmente avvicinabili. Il problema del fronte unico con gli ope­
rai anarchici si pone ad Ancona, in Toscana, a Trieste, ecc. E' possibile
che gli operai anarchici ci diano più aiuto di quello che non ci diano
i quadri riform isti che sono più facilmente conquistabili dal fascismo
con l'esca di qualche posto di dirigenza nei sindacati fascisti, nel
Dopolavoro, ecc. Gli anarchici sono restii ad occupare quei posti [...]
Noi abbiamo avuto contatti e dei successi più o meno grandi. Ma
sono apparse anche delle grandi difficoltà. Le difficoltà consistono
nell'abisso fra la nostra e la loro ideologia [...] Queste differenze pos­
sono essere attenuate fino quasi a scomparire soltanto nella lotta per
le rivendicazioni immediate [...] Ma quando, come nell'em igrazione
avviene, il fronte unico si effettua soprattutto sul terreno della pro­
paganda, staccato dalle lotte im mediate, otteniamo sì dei successi
ma tem poranei [...] Oggi ci troviamo di fronte gli anarchici nell'em i­
grazione. Domani li troveremo certam ente alTinterno come nem ici
accaniti. E combatteranno certam ente sul terreno della libertà: "E '
caduta la dittatura fascista - diranno - e i comunisti vogliono instau­
rare un'altra dittatura" [...] Il problem a che si pone di fronte a n o i è
qu ello di collegarsi, sulla base del fronte unico, con dei gruppi di
operai anarchici. N oi dobbiam o, attraverso questa azione del fron­
te u n ic o , r iu s c ir e a d is tru g g e re le b a s i r e a li d i m a ssa
delTanarchism o. Le condizioni esistono: noi possiamo trascinare le
m asse su lla base delle rivendicazioni im mediate. C osì noi possia­
m o distruggere le basi di m assa delTanarchism o e prevenire la re­
sistenza di dom ani479.

47y P. Togliatti, Opere complete, voi. Ili, Roma, 1973, pp. 663 e sgg. Il
grassetto è nostro.

219
C apitolo quinto

1935 -1936

1 - 1935: un arido scenario

Nell'anno di massimo consenso alla dittatura fascista/ il


movimento anarchico attraversa una fase di crisi e di profon­
do disorientamento. A determinare l'inaridimento deflazio­
ne cospirativa contribuisce tanto l'ennesima ondata di arresti
e di persecuzioni che si abbatte su quadri e gruppi ancora
attivi a livello locale, quanto il prosciugarsi di tutte le mani­
festazioni di dissenso e di malcontento popolare, che si riflet­
te pesantemente sulle capacità di penetrazione del movimento
nei tradizionali settori di reclutamento militante480. Le mol­
teplici forme di lotta in cui si era estrinsecato l'antifascismo
anarchico in passato, finiscono così per ridursi a sporadiche
"riunioni tra le maestranze operaie" delle fabbriche del
Nord 481 e alla occasionale diffusione di materiale propagan­
dista "sovversivo" nei luoghi di socialità diffusa di alcune
città e località di provincia482. A conservare una certa consi-

4ìi0 Significativa, in proposito, è la vistosa riduzione dei fenomeni di


"antifascismo esistenziale". Se si escludono, infatti, rare scritte sui muri
inneggianti l'anarchia - a Roma - e canti anarchici - a Trieste, Forlì ed
Avenza - gli unici episodi degni di rilievo avvengono nelle isole di con­
fino. Nell'aprile 1935, ad esempio, i confinati all'isola di Ventotene pro­
muovono un'agitazione per protestare contro i nuovi provvedimenti
restrittivi adottati dalla direzione confinaria - divieto di interloquire con
gli abitanti del luogo, scioglimento degli spacci, sequestro di biblioteche,
proibizioni di passeggiare in numero maggiore di tre, divieto di espri­
mersi in lingua straniera, rigidi controlli delle mense, soppressione dei
permessi di dormire in camere separate, etc. Cfr. U. F edeli, Una resistenza:
lunga ve7iti anni, in B ollettino dell'A rchivio G. P inelli, n. 5,1995.
m Come alla Breda di Sesto San Giovanni.
482 Cfr.: ACS, Min. In t, Dir. Gen. PS, AA. GG. RR, CC. AA., 1936,

221
stenza è invece l'attività di collegamento con i compagni fuo­
rusciti, nei quali sono riposte gran parte delle speranze di
riscossa in questo momento di crisi operativa. Sebbene quasi
sistematicamente intercettati dalle autorità, fondi e sovven­
zioni inviati dalla Francia 483 e dagli Stati Uniti484, continuano
ad affluire a Torino485, ad Ancona 486 , a Vicenza487, a Milano488 ,
a Napoli 489 , a Cagliari490 e a Verona. Alcuni esemplari de
"L'adunata dei refrattari", vengono invece spediti dagli Stati
Uniti a destinatari residenti a Cagliari491 e a Verona492, men­
tre arterie di congiungimento diretto sono in funzione tra Mar­
siglia e Roma493, Barcellona e Milano494, Berna e Bologna495,
Ginevra e Torino496. Tre manifestini di propaganda anarchica
- "Dichiarazione degli anarchici al proletariato d'Italia", "Con­
tro la guerra e il fascismo", "Alle forze italiane" - vengono
infine ritrovati a Cogne, su un treno proveniente dalla Fran-

busta 23, fascicolo KlA/M ovim ento anarchico, AA. GG; ACS, PNF, Si­
tuazione politica per province, bb. 7, (fsc. Milano), 1 (fsc. Genova), 25
(fsc. Torino), 11 (fsc. Padova), 28 (fsc. Vicenza), 6 (fsc. Bologna); A. Dal
P ont-S. C arolini, L'Italia dissidente, op. cit; A.A.V.V, Aula IV, op. cit; C.
G hini-A. D al P ont, Gli antifascisti al confino, op. cit; A. D al P ont-S. C arouni,
L'Italia al confino, op. cit.
483 Da Augusto Bianco.
m Da Nick Di Domenico ed Osvaldo Maraviglia.
485All'indirizzo di Caterina Piolatto, che poi recapita parte dei fondi
ad alcuni detenuti della banda di Sante Pollastro - in particolare a Giu­
seppe De Luisi e a Luigi Peotta.
486 A Cola Cañero.
487 Al recapito di Domenico Tescaro.
4BSAd Ugo Fedeli.
489A Francesco Pesciotti.
490 A Mattu e Caterina Chierchi.
491 A Laria Consolata.
492AlTindirizzo di Nina Doria.
493 Grazie ad Ivan Avia ti e Marco Palio ttella.
494 Dove Ugo Fedeli si mantiene in collegamento con alcuni militanti
emigrad nella città catalana.
495 Dove Vera Caimmi e Vincenzo Simoncelli sono in stretta relazione
epistolare con Attilio Bulzamini.
496 Dove Dante Armanetti è in contatto con Carlo Frigerio.

222
eia. Per quanto preziose ai fini del mantenimento di una rete
clandestina d'opposizione alla dittatura, tutte queste inizia­
tive non riescono però a rivitalizzare più di tanto la lotta. Lo
dimostra l'incapacità di alimentare e di dare uno sbocco con­
creto all'avversione nutrita da vasti settori proletari per la
guerra fascista in Africa Orientale (ottobre 1935 - maggio 1936).
Al di là di sporadici casi di diserzione individuale e di qual­
che isolato focolaio di contestazione, prontamente sedato dalla
polizia, non si verifica infatti alcuna protesta degna di rilievo
contro l'impresa militare in Etiopia497,
Ben altra vitalità sta invece caratterizzando l'attività anar­
chica in terra d'esilio. Specialmente in Francia, viene avviato
un proficuo lavoro di riallacciamento tra i vari gruppi sparsi
nel territorio, che permette in breve tempo di risollevarsi dal­
l'immobilismo operativo in cui si era sprofondati negli anni
precedenti, Oltre alle consuete mobilitazioni contro i provve­
dimenti di espulsione degli emigrati politici e per il ricono­
scimento del diritto d'asilo498, va segnalata la nascita a Pari-

4y? Lo conferma la stragrande maggioranza delle relazioni di polizia


sull'ordine pubblico e sullo spirito pubblico della popolazione in ogni
parte d'Italia "Durante tutto Tanno 1935", si legge nella "Relazione ge­
nerale sulTarmo 1935", redatta dal Ministero dell'Interno, "l'ordine pub­
blico è stato assolutamente normale, Si è verificata qua e là qualche agi­
tazione che ha avuto, però, carattere prettamente ambientale Dette
agitazioni sono sempre state limitate ad un ristretto numero di aderenti;
non hanno avuto neppure un lontanissimo scopo politico, né uno sfondo
comunque degno di particolare rilievo". Relazione generale sull'anno
1935 redatta dal ministero deU'intemo, in R. D e F elice Mussolini il ducei,
op. cti., pp. 617-618, nota 3, SulTargamento, si veda la documentazione
archivistica riportata in: S, C olarizi, L'opinione, op, cìt.
Ecco un elenco approssimativo degli anarchici italiani colpiti dal
decreto d'espulsione dalla Francia: Amleto Astolfi, Antonio Cìeri, Rena­
to Castagnoli, Angelo Damonti, Remo Franchini, Alfredo Gorì, Giusep­
pe Giallyca, Rivoluzip Giglioli, Mario Perissino, Antonio Persici, Gio­
vanni Sabbatini, Pietro Sini, Enzo Fantozzi, Mario Frazzoni, Antonio
Moscardini, Ciro Paradisi, Ernesto Eonomlni, Angiolino Bruschi, Raniero
Cecili, Michele Centrane, Virgilio Gozzoli, Leonida Mastrodicasa, Guido
Schiaffonati, Tintine Rasi, Umberto Tommasini, Marcello Bianconi, Gino

223
gì, nell'aprile 1936, della FAI (Federazione Anarchica Italia­
na), che colma così il vuoto organizzativo seguito all'estin­
zione della FAPI. Come già i suoi predecessori, anche la FAI
provvede subito a predisporre una serie di iniziative finaliz­
zate al rilancio della lotta nella penisola. Considerato il mo­
mento di particolare ristagno, ci si preoccupa soprattutto di

e Bruno Bibbi, Giuseppe Bifolchi, Ugo Boccardi, Camillo Berneri, Gino


Balestri, Vittorio Cantarelli, Pietro Cucci, Ernesto Capannesi, Dario
Castellani, Natale Cicuta, Luigi Damiani, Italo Del Proposto, Corrado
Faiani, Antonio e Ferdinando Franchi, Ernesto Gregori, Ulisse Merli,
Antonio Napolitano, Giuseppe Pasotti, Emilio Pedrieri, Amos Pagani,
Giulio Ricci, Emilio Strafelini, Angelo Sbrana, Antonio Scottu, Cesare
Squadrani, Paolino Puddu, Vincenzo Console, Umberto Tonellì, Angelo
Boriilo, Luigi Cierillo, Duilio Romanelli, etc. ACS, CPC, busta 2412, fsc
Giglioli Rìvoluzio. Appunto della Direzione Polizia Politica, senza data.
Tra le tante proteste che vedono protagonisti gli anarchici merita di esse­
re segnalato un insolito episodio che si verifica a Parigi, nel marzo 1936,
quando Giulio Schiaffonati, Raniero Cecili, Rìvoluzio Giglioli, Mario
Perissino e Virgilio Gozzoli, si presentano provocatoriamente in un com­
missariato di polizia sollecitando il proprio arresto per infrazione al prov­
vedimento di espulsione. Molto nutrita, inoltre, è la rappresentanza anar­
chica alla Conferenza internazionale per il diritto d'asilo, tenutasi a Pari­
gi il venti ed il ventuno giugno 1936. Nel febbraio del 1935, infine, CAPVPÌ
diffonde un comunicato di protesta contro i recenti provvedimenti di
espulsione varati dal governo francese. Nel testo, si legge: "Il Comitato
Anarchico P.V.P. d'Italia protesta energicamente contro le numerose, ar­
bitrarie ed inique espulsioni di libertari e di rivoluzionari di altre dottri­
ne che la Repubblica Francese sta effettuando calpestando i cosidetti di­
ritti dell'uomo e d'asilo. Delle espulsioni in massa avvenute dopo l'in­
contro a Roma del ministro degli affari esteri in Francia Lavai e Mussolini,
sono la conferma dell'ignobile baratto consumato ai danni dei rivoluzio­
nari italiani dai due rinnegati della causa proletaria [...] Non un gesto di
pietà dai rappresentanti di questo popolo francese, tradizionalmente
generoso, non un atto dì semplice umanità verso questi uomini colpevo­
li solamente di essere rimasti fedeli alle loro idee [...] Noi siamo e rima­
niamo solidali con i nostri compagni e con tutti i rivoluzionari degni di
tal nome, espulsi da ogni paese e siamo convinti che tutti gli anarchici
faranno ogni sforzo onde d'essere d'aiuto con ogni mezzo ai loro compa­
gni sc a ccia ti senza colpa> dalla peste reazionaria di ogni paese". Comu­
nicati', Corrispondenze e bilanci, in "Lotte sociali", n. 8, del febbraio 1935.

224
ricomporre i legami con la classe operaia e contadina. In una
circolare inviata a tutte le sezioni anarchiche federate, ad esem­
pio, si fa esplicito riferimento sia all'urgenza di avviare
un'azione di coordinamento e di ricongiungimento "con le
masse, col movimento, coi fatti della vita quotidiana", che
alla necessità di "partecipare a tutte le manifestazioni di que­
ste masse, di questo movimento, di questa vita che si vive
tutti i giorni, e che di tanto influenza noi, di quanto non arri­
viamo noi ad influenzare esse" 499 . D'altra parte, va conside­
rato che l'ennesimo riassetto strutturale avviene mentre sta
combattendosi la guerra coloniale in Abissinia; vale a dire, in
piena prospettiva rivoluzionaria. Alla pari degli altri raggrup­
pamenti antifascisti, anche gli anarchici ritengono infatti che
le ripercussioni economiche del conflitto saranno così pesan­
ti per il paese, già stremato dalla recessione degli anni prece­
denti, da spingere le masse a rompere finalmente gli indugi e
insorgere per il rovesciamento violento della dittatura. Pro­
prio in previsione di un'imminente rientro armato in Italia, i
militanti emigrati in Francia, Belgio e Svizzera indicono, nel
novembre 1935, un "Convegno d'intesa" a Saurtouville, per
fare il punto sulla situazione e munirsi di un programma ri­
voluzionario specifico 500 .
A prescindere dalle risoluzioni congressuali di Saurtou­
ville501 , molto intensa è però anche l'attività più squisitamen­
te di controinformazione, mediante cui si punta a denunciare
alle masse le reali motivazioni imperialiste che sottendono la
campagna fascista in Abissina502. Alla propaganda di regime,

w ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1935, busta 32,
fsc. K1A/M ovimento anarchico, AA. GG., Circolare della F.A.I. indiriz­
zata a tutte le sezioni anarchiche federate, senza data.
5oo Vedi paragrafo successivo,
so' Iv L
502 "Leggiamo sui giornali locali", è scritto su un volantino stampato
e diffuso in Francia, "un comunicato col quale s'invitano gli italiani a
presentarsi negli uffici del Consolato d'Italia per deporvi il dossier - ine­
rente al rinnovo delle carte d'identites - prima di recarsi agli uffici pre­
posti della polizia francese. Ci consta che il Console e i relativi scagnozzi;

225
che presenta la guerra come una presunta missione di libera­
zione delle tribù indigene sottomesse alla tirannia del negus,
si contrappone un lungo elenco delle efferatezze, delle vio­
lenze e dei massacri di cui si sta macchiando il colonizzatore
italiano all'unico scopo di appropriarsi di terre e risorse delle
popolazioni etiopi503. Ma è soprattutto contro la parola d'or­
dine della "guerra proletaria" che si scaglia reiteratamente il
movimento. Ed è del tutto comprensibile se si tiene conto che

speculando sulla miseria, sulla disoccupazione e d'ingenuità di quanti


ubbidiscono a quell'invito, fanno pressioni di ogni sorta e promesse lu­
singhiere per indurli ad ingaggiarsi per la guerra in Abissinia. Proletari!
Rispondete ai negrieri del Consolato d'Italia con uno sdegnoso rifiuto, si
vuole fare di voi degli assassini di un popolo che non domanda che di
vivere in pace, vi si vuole inviare a morire nei deserti dell'Abissinia cui
aspira al possesso una Società Italiana (La SAIS) per sfruttarla con pian­
tagioni di Caffè, Cotone, Zucchero, ecc., ecc. Nuovi profitti in vista per i
capitalisti italiani, la morte sicura per voi. Questa è la verità. Perché il
console in prima linea e quanti sono alle sue dipendenze, che da anni
mangiano alla greppia delle istituzioni italiane, non ci danno questo esem­
pio di alto patriottismo? Di partire volontari in Abissinia. Abbasso la
guerra! Viva la Rivoluzione Sociale". ACS, Min. Tnt., Dir. Gen. PS, AA.
GG. RR., CC. AA., 1935, busta 32, fsc. KlA/M ovim ento anarchico, AA.
GG., Contro la guerra. Armiamoci e partite, Volantino stampato e diffuso in
Francia, senza data né altre specificazioni, firmato "Gli Anarchici".
a,:i "Un regime", scrive Camillo Berneri, "che ha ridotto a schiavitù
polìtica e morale un popolo di 42 milioni di cittadini in grandissima par­
te degni di esser considerati tra i più evoluti degli europei; un regime che
ha instaurato il lavoro forzato nelle proprie colonie e ha deportato, in
massa e a fini strettamente di conquista, ben 80000 cirenaici; un regime
instaurato mediante una guerriglia spietata e che si conserva mediante
un arbitrario sistema di governo, non è certo un regime che può impugna­
re la bandiera antischiavista e che possa godere del più piccolo credito in
materia di libertà e di giustizia. Basta il generale Graziarli, che in Tripolitania
ed in Cirenaica è stato l'Attila più feroce e dei più cupido colonialismo, a
dare luce sinistra a questa... "crociata". Ma ancor più disvela la truffa sfac­
ciata, il fatto che fu proprio l'Italia fascista a sostenere, assieme alla Fran­
cia, l'Etiopia "schiavista" di fronte alla Società delle Nazioni, quando quel­
l'impero presentò la propria candidatura a membro della Lega delle Na­
zioni". C. B erneri, La verità sulla schiavitù in Etiopia, in "Almanacco libertario
pro-vìttime politiche", anno 1936, pagina 55.

226
la retorica fascista della nazione povera, affamata, alla legitti­
ma ricerca di "terra e lavoro" per i suoi figli, sta riscuotendo
un indubbio successo tra le masse proletarie a basso grado di
politicizzazione. Sfogliando la stampa libertaria del periodo,
ci s'imbatte così in numerosi articoli divulgativi che conten­
gono un'esposizione dettagliata dei requisiti ideologici, delle
prerogative sociali e dei contenuti classisti sui quali deve ne­
cessariamente fondarsi ima "guerra proletaria". Valga per tutti
questo pezzo di Vincenzo Toccafondo che, dopo aver incitato
le masse al sabotaggio alla disobbedienza e alla diserzione,
conclude:

La guerra proletaria è la guerra sociale, è la guerra dei proletari con­


tro i borghesi, la guerra dei nullatenenti contro gli abbienti, è la guer­
ra contro il duplice nefasto privilegio dei potere e della ricchezza, è
infine la rivoluzione sociale [La guerra proletaria] non è concepibile
se non è accompagnata dall'espropriazione degli espropria tori, dalla
lotta a fondo contro lo Stato, per l'edificazione della società anarchi­
ca; dalla lotta contro tutte le disuguaglianze sociali per l'elim inazio­
ne delle caste, delle classi e degli antagonismi di classe, per l'elim ina­
zione, infine, dello sfruttam ento e del dominio dell'uom o sull'uo­
m o504 .

Per quanto concerne i rapporti con le altre componenti


dello schieramento antifascista, va detto che l'opposizione alla
guerra d'Etiopia scandisce un'ulteriore tappa di quel proces­
so di riavvicinamento a Giustizia e Libertà, innescatosi subi­
to dopo il distacco del movimento di Rosselli da Concentra­
zione Antifascista505. A differenza dei partiti dell'area marxista,
che com'è noto si associano alla politica delle sanzioni della
Società delle Nazioni506, anarchici e giellisti si schierano su

504 Rilievi e commenti. Guerra proletaria?, in "Uantistato", n. 1, del gen­


naio 1936.
so? Vedi capitolo secondo, paragrafo quattro, e capitolo quarto, para­
grafo due.
50f’ Dopo l'attacco all'Abissinia, la Società delle Nazioni dichiara Vita­
lia stato aggressore. Con l'annessione dell'Etiopia all'Italia, le sanzioni,
vengono definitivamente abrogate.

227
posizioni di rigido intransigentismo rivoluzionario, sostenen­
do che alla guerra imperialista fascista debba contrapporsi la
sollevazione armata del popolo italiano507. Il contrasto tra le
reciproche posizioni è così stridente da spingere anarchici e
giellisti a disertare il "Congresso degli italiani all'estero con­
tro la guerra d'Etiopia", tenutosi a Bruxelles il 12 e il 13 otto­
bre 1935. Già in questi mesi, dunque, si disegnano i grandi
temi della guerra civile di Spagna e del secondo conflitto mon­
diale, quando airinterno della sinistra si consuma una pro­
fonda frattura tra due antitetiche concezioni delle articolazioni
tattiche e strategiche della lotta contro le dittature fasciste:
quella della mobilitazione "dall'alto", secondo le direttrici
dello scontro tra Stati, di matrice socialcomunista; quella del­
la m obilitazione "d al b asso ", secondo l'accosta-m ento
dialettico lotta antifascista/rivoluzione sociale, propugnata
dagli anarchici. Naturalmente, la posizione anarchica si spie­
ga nella circostanza anche con la convinzione che le
liberaldemocrazie occidentali guardino con assoluta indiffe­
renza all'aggressione fascista in Etiopia508. Dopo non aver
nemmeno preso in considerazione l'ipotesi di intervento mi­

507Da una circolare delia FAI: "Per vincere contro questa ondata guer­
riera del Fascismo è necessario che ognuno sia pronto a gettarsi nella
mischia, se fosse necessario, facendolo diligentemente e sufficientemen­
te armato, senza mettervi nessuna condizione dilatoria. Non bisogna con­
sigliare di attendere per vedere come andranno gli eventi, bisogna inve­
ce far si che essi vadano secondo il nostro desiderio e la nostra aspirazio­
ne. La condizione indispensabile della nostra vittoria, è la pronta deci­
sione e la simultaneità dell'azione". ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, A A.
GG. RR., PS, CC. AA., 1935, busta 32, fsc. K1A/Movimento anarchico,
AA. GG., Circolare segreta personale inviata ad ogni singolo membro
della Federazione Anarchica Comunista. Parigi, 11 marzo 1935.
50ii Come dimostra il comportamento ambiguo assunto nella vicenda
da Francia e Gran Bretagna. Quest'ultima, peraltro, continua a fornire il
petrolio a Roma sìa clandestinamente, tramite la Germania, sia approv­
vigionando le navi italiane a Suez. Cfr., tra gli altri: R. D e felice, Mussolini
il duce, op. cit.- A.J.R T aylor, Storia dell'Inghilterra contemporanea, Laterza,
Roma-Bari, 1975; L. R agione, La socialdemocrazia europea tra le due guerre.
Dall'organizzazione della pace alla resistenza al fascismo, Carocci, Roma, 1999.

228
litare contro Mussolini, fa notare "Il risveglio anarchico", Fran­
cia, Inghilterra e gli altri Stati del fronte sanzionista hanno
poi pensato bene di escludere dall'embargo alcuni prodotti
di larga utilizzazione nell'industria civile e alcune materie
prime essenziali - una per tutte, il petrolio509. Se si aggiunge
inoltre, rincara la dose il foglio, che i provvedimenti restrittivi
non impegnano le nazioni dissociatesi dal fronte sanzionista510
e gli Stati non aderenti alla Società delle Nazioni511, si può
allora comprendere quale sia la reale volontà punitiva della
grandi potenze capitaliste.

2-1/ Convegno d'intesa degli anarchici italiani emigrati in Europa

Come s'è accennato in precedenza, nell'ottobre 1935, gli


anarchici italiani emigrati in Francia, Belgio e Svizzera, con­
vocano un "Convegno d'intesa" a Sartouville (Parigi)512, per
"elaborare una specie di programma insurrezionale e di rea-

Lo stesso Mussolini, durante la conferenza di Monaco nel 1938,


confiderà ad Hitler: "Se la Lega delle Nazioni [...] avesse seguito il consi­
glio di Eden ed estese al petrolio le sanzioni contro l'Italia, nello spazio
di otto giorni avrei dovuto battere in ritirata in Abissinia. Sarebbe stata
per me un'indicibile catastrofe". P. S chmidt, Da Versaglia a Norimberga,
Roma, 1951, pagina 318.
510 Come Austria, Ungheria ed Albania.
511 Quali Brasile, Giappone, Germania e Stati Uniti.
512 Al convegno partecipano: Rivoluzio Giglioli (Barbetta), Camillo
Berneri, Enzo Fantozzi, Sabino Fornasari, Renato Castagnoli, Bernardo
Cremonini, Umberto Tommasini, Carlo Frigerio (Ginevrino), Umberto
Marzocchi (Zocca), Leonida Mastrodicasa (Leo), Giulio Bacconi (Marsi­
glia), Marcello Bianconi (Grosso), Remo Franchini (Ancona), Mario
Mantovani (Bruxelles), Umberto Consiglio (Lambrusco), Onofrio Giglioli,
Rodolfo Gunscher, Mario Persino, Silvestro Spada, Virgilio Gozzoli, An­
gelo Dìotallevi, Ernesto Bonomini, Angelo Bruschi, Antonio Cieri, Gui­
do Schiaffenati, Giuseppe Vari, Adriano Vincenzoni, Attilio Bulzamini,.
Adelino Aini, Giusmano Mariani, Carlo Castagna, Folise Amerio, Tana,::
e altri. Il Comitato Organizzatore è composto da Rivoluzio Giglioli/
Camillo Berneri, Enzo Fantozzì, Sabino Fornasari, Renato Castagnoli e
Bernardo Cremonini.

229
lizzazioni pratiche immediate, in previsione di un'imminen­
te sollevazione armata popolare in Italia"513.
Nella prima delle tre relazioni sottoposte a dibattito du­
rante rincontro - Proposte sull'azione preventiva ed immediata
degli anarchici di fronte all'insurrezione514- sono formulati alcu­
ni punti cardine sui quali incentrare la lotta "nella nuova si­
tuazione venutasi a creare in Italia". Nell'ambito dell'attività
propagandistica, ad esempio, si sollecita un immediato in­
cremento di tutte quelle iniziative divulgative e di informa­
zione in grado di accrescere e di diffondere il malcontento
popolare per la guerra in Africa Orientale. In particolare, vie­
ne prospettata "l'edizione di una serie di manifesti destinati
a far sapere al popolo italiano quale eco di esecrazione il fa­
scismo ha suscitato in tutto il mondo con la sua aggressione
contro l'Etiopia, a sfatare le leggende sulle ricchezze di quel
paese, a smascherare le mistificazioni sentimentali, ad incita-

5,3 Aa.Vv., Convegno d'intesa degli anarchici italiani emigrati in Europa.


Ottobre 1935, Archìvio famiglia Berneri, Pistoia, 1980, pagina 5. "Ritorna­
re in Italia", afferma Rivoluzio Giglioli, "vuol dire - con nove probabilità
su dieci - andare a far la rivoluzione [...] Di qui la necessità di presentarci
sulla scena rivoluzionaria con dei concetti chiari, pratici, alla portata di
tutti ed immediatamente realizzabili [...] Quindi necessità imperiosa per
noi di partire di qua con un programma specifico, senza fronzoli retorici
[...] In questo programma, che per essere comprensibile e di facile assi­
milazione - cioè alla portata di tutti - deve essere breve: noi dobbiamo
fissare laconicamente le caratteristiche essenziali della nostra tattica in­
surrezionale - e quelle che secondo noi dovranno essere le realizzazioni
immediate dalle quali dipenderà l'avvenire della rivoluzione [...] Il pro­
gramma generale ideologico dottrinario del movimento anarchico [...]
esiste già da un pezzo [...] Compito nostro è invece - nelle circostanze in
cui ci troviamo - di fare la disamina fra la teoria pura ed astratta e quelle
conquiste e realizzazioni attuabili nel tempo nostro, cioè in Italia, doma­
ni, nel corso di pochi mesi e in rapporto alla situazione in cui ci trovere­
mo: di fronte alla borghesia (che non è più quella del '19) di fronte al
proletariato (col quale abbiamo perduto contatto per circa tre lustri) e di
fronte agli altri partiti autoritari che sognano, qual più qual meno, una
qualunque dittatura". Ivi, pagina 41.
5WRelazione stilata da Camillo Berneri.

230
re alla disobbedienza militare e civile/ al sabotaggio"515. Ad
un "Comitato Anarchico d'Azione Rivoluzionaria", è invece
affidata la funzione di coordinamento e di stimolo alla lotta.
Progettato come una struttura specifica, atta a garantire "pron­
tezza e simultaneità d'azione", il Comitato agisce a diversi
livelli operativi, quali la penetrazione della stampa clande­
stina in Italia, la costituzione di nuove cellule o nuclei d'as­
salto, il reperimento di mezzi bellici e finanziari per la lotta, e
così via. Di fondamentale importanza, è poi quella parte del­
la relazione dove si provvede alla chiarificazione e alla siste­
mazione definitiva della complessa questione dei rapporti con
le altre forze antifasciste. Le soluzioni adottate in proposito,
possono considerarsi un po' come la concettualizzazione sin­
tetica del tormentato dibattito condotto negli anni preceden­
ti. Riconosciuto infatti che, "per povertà di mezzi e per limi­
tata influenza sulle masse, non potremo da soli fare una rivo­
luzione''516, si suggerisce di "cercare adesione ed aiuti in altri
campi affini al nostro, nell'intento di abbattere il nemico che
non potremo vincere da soli"517. Ribadita l'ostilità verso qual­

515 Aa.Vv ., Convegno d'intesa degli anarchici italiani, op. cit., pagina 18.
51fi Ivi, pagina 18. Rivoluzìo Giglìoli calcola che, al ritorno in Italia, gli
anarchici potranno disporre di circa cinque o seimila uomini, suddivisi
in quattro gruppi: "1° - una schiera di bravi diavoli, onesti, buoni, lavo­
ratori, capaci di sopportare la fame la miseria, di far schioppettate e an­
che d'immolarsi per l'ideale, ma inatti a discutere le idee, a diffonderle
con chiarezza, a prendere delle iniziative, a risolvere dei problemi, in
una parola a formare queU'èUte attiva, dinamica, perspicace, senza di
cui un movimento rivoluzionario non può sviluppare e prosperare. 2° -
Un'esigua minoranza di elementi selezionati, possedenti quel minimo
di cultura generale, di educazione politica, di senso pratico e di ascen­
dente personale che è indispensabile al ruolo di agitatore politico. 3° -
Un certo numero di elementi equivoci, psicopatici, amorali, erroneamente
inseriti nel movimento anarchico, i quali potranno essere utili momenta­
neamente in alcune circostanze, ma che però non possono costituire una
base solida per un movimento dì idee. 4° - Un gruppo dì matti e dì squi­
librati che rilevano molto più della psichiatria che del movimento anar­
chico". Ivi, pagina 40.
517 Ivi, pagina 18.

231
siasi forma di collaborazione tanto "coi partiti e gli uomini
del passato" quanto con i comunisti autoritari si propone
quindi di stringere "un'intesa libera coi Sindacalisti Giusti­
zia e Libertà e una parte dei repubblicani", specificando però
che l'alleanza dovrà rivestire "un carattere assolutamente
provvisorio e circoscritto all'azione" e "non dovrà impegna­
re o comunque compromettere la nostra autonomia di pro­
paganda e di critica politica"518. Resta inoltre inteso che, "non
appena sarà raggiunto l'obbiettivo sul quale sarà basata la
provvisoria cooperazione, ci considereremo slegati da qual­
siasi vincolo e marceremo sulla nostra strada per la realizza­
zione della libera federazione delle comunità anarchiche"519.
Nella "Relazione B" - Rapporto sull'atteggiamento degli anar­
chici nell'insurrezione520- vengono invece passati in rassegna
una serie di obiettivi "concreti ed immediati" la cui realizza­
zione è ritenuta indispensabile per "affrettare il successo del­
l'insurrezione" ed "impedire che si rinsaldi il ferreo cerchio
del potere autoritario-statale". Quindi: assalto alle strutture
belliche - negozi d'armi, posti di polizia, caserme, depositi
militari, arsenali; occupazione delle centrali dei servizi pub­
blici - poste, ferrovie, acqua, gas, elettricità; impossessamento
dei grandi magazzini e dei depositi di generi alimentari e di
merci di prima necessità; demolizione di tutti i gangli del po­
tere politico-giuridico-istituzionale - archivi della proprietà,
ministeri, prefetture, questure, penitenziari; espropriazione
delle industrie; collettivizzazione delle terre; appropriazione
dei mezzi di propaganda. Come si è già verificato in tutti i
grandi eventi rivoluzionari, si sottolinea nella relazione, a que­
sta fase iniziale dell'insurrezione antifascista subentra ben pre­
sto un processo di restaurazione statalista che è destinato non
solo a frenare gli slanci popolari verso ulteriori conquiste ri­
voluzionarie ma, soprattutto, ad esautorare la rivoluzione
stessa, svuotandola di tutti i suoi contenuti "sociali". Contro

S1ii Ivi, pagina 19.


5,9 Ibidem.
520 Redatta, probabilmente, anch'essa da Camillo Berneri.

232
questa ineluttabile involuzione autoritario-conservatrice, si
esorta a battersi con tutte le proprie forze, diversificando però
la lotta a seconda delle realtà territoriali di riferimento. In
quelle località dove il movimento rappresenta una corrente
politica maggioritaria, ad esempio, va immediatamente av­
viata l'attuazione di forme di autogoverno popolare fondate
sui principi comcmalisti-autonomisti di organizzazione socia­
le. Dove invece la presenza libertaria è nettamente minoritaria
rispetto alle altre forze, occorre "manovrare a dar sì che, ap­
profittando delle divergenze e dei contrasti che si manifeste­
ranno tra i diversi partiti e correnti politiche, il ferreo cerchio
del potere non si rinsaldi"521. Naturalmente, tra i più accaniti
fautori del processo di restaurazione autoritario-statalista,
viene indicato il "partito comunista ufficiale", definito "il
nemico più perfido e più insidioso dopo il fascismo". Basti
pensare che, pur di impedire ai "bolseevichi" di conquistare
il potere, si è disposti anche a stringere forme di alleanze tem­
poranee con gli altri "partiti sovversivi":

Soprattutto, diffidare nel modo più assoluto dei "bolscevichi" e non


lasciamoci isolare, anche a costo di patteggiare, in certi momenti e in
date circostanze, con gli altri partiti sovversivi: socialisti, repubblica­
ni e comunisti dissidenti. Mai dimenticare che per noi e per la rivolu­
zione sociale, il nemico più perfido e più insidioso, dopo il fascismo,
è il partito comunista ufficiale, che bisogna combattere ad oltranza.
Alla mistica del "com unism o alla russa" con il suo apparato statale,
militare, dittatoriale, dobbiamo sostituire la mistica del comunismo
libertario basata sull'autonom ia com unale e sui soviet liberi522.

E veniamo ora alla "Relazione C" - Rapporto sui compiti


ricostruttivi degli anarchici nel periodo post-insurrezionale. De­
terminante dal punto di vista della dimensione progettuale-
strategica libertaria, il testo si propone di fornire alcune solu­
zioni in merito ai problemi politici, economici, monetari,
demografici, alimentari ed edilizi, "per sbarazzare il terreno

521 VV., Convegno d'intesa degli anarchici italiani, op. cit., pagina 22.
522 ivi, pagina 26.
dalle rovine della vecchia società" e procedere alla ricostru­
zione del consorzio sociale secondo i parametri organizzativi
libertari. Sotto il profilo politico, viene così propugnata l'at­
tuazione "del massimo decentramento territoriale possibile"
mediante la costituzione di liberi comuni, intesi tanto quali
organi di autogoverno popolare, che come strutture di ge­
stione della proprietà e dei servizi sociali523. A specifici nuclei
di combattimento sorti all'interno dei Comuni - i Comitati
rivoluzionari di quartiere - spetta invece il compito di pro­
clamare "l'abolizione della proprietà privata e del diritto d'ere­
d ità " 524, delia m agistratura525, dell'am m inistrazione
penitenziaria526, della polizia politica e giudiziaria, delle ban­
che private. Per quanto concerne la questione economica, si
prescrive che:

a) ha proprietà individuale capitalistica deve scomparire; b) Tutti gli


elem enti della produzione capitalistica devono divenire proprietà
comune della società ed essere amministrati e distribuiti dai produt­
tori stessi; c) La vita economica del paese dovrà essere affidata ai
sindacati e ai comuni527.

Agli stessi principi, ovviamente, s'ispira la ripartizione del­


la proprietà fondiaria:

Per la terra faremo scom parire i limiti, confini, siepi, fossati che ser­
vono oggi a separare un podere dall'altro; avremo così dei tracciati

523 "Terre, case, officine, miniere, mezzi di trasporto, depositi di ma­


terie prime e manufatti, tutto dovrà divenire proprietà del comune (da
non confondere con la nazionalizzazione)". Ivi, pagina 27.
524 L'abolizione della proprietà privata e il diritto d'eredità, si specifi­
ca nella relazione, debbono essere limitate "a quelle sole proprietà e ric­
chezze che permettono lo sfruttamento dell'uomo - il che vuol dire che
certe forme di piccola proprietà saranno tollerate in quantocchè non nuoc­
ciono al benessere della collettività". Ivi, pagina 28.
525 Alla quale si sostituisce la giustizia popolare "con sistema di
probivirato elettivo".
526Ai penitenziari subentrano "istituti dì cura e dì rieducazione scien­
tifica dei criminali".
527 A a .V v ., Convegno d'intesa degli anarchici italiani, op. cit., pagina 29.

234
geometrici limitati soltanto dalle arterie di circolazione e dai corsi
d'acqua. La terra, proprietà comunale inalienabile, sarà concessa agli
operai agricoli - braccianti, contadini, fittavoli, mezzadri di oggi -
che lavoreranno in comune nel modo che meglio converrà loro, cioè
in cooperative, o sotto l'egida dei sindacati agricoli, o in gruppi di
famiglie a secondo dei casi e delle località528 .

Con un sistema di scambi in natura e di compensi fondati


su "buoni lavoro", si pensa poi di poter risolvere la questione
monetaria; mentre al problema demografico si fa fronte con
p rop oste che v ann o d alla lib ertà di aborto a form e
neomalthusiane di propaganda. Per la soddisfazione imme­
diata dei beni e dei generi di prima necessità, si contemplano
infine un servizio pubblico gratuito del pane e un'equa
ridistribuzione degli alloggi - ritenuta di agevole attuazione,
"dato il numero di case inoccupate e di vasti appartamenti
oggi riservati alle famiglie borghesi e data anche l'abbondan­
za in Italia di mano d'opera edile e di materiali di costruzio­
n e"529.
Dopo quattro sedute d'intenso dibattito, i congressisti ap­
provano all'unanimità un ordine del giorno che, tenuto con­
to delle proposte, delle osservazioni e degli emendamenti con­
tenuti nei singoli interventi, annuncia la costituzione di un
"Comitato Anarchico d'Azione Rivoluzionaria"530, dotato di
"autonomia di movimento per quanto riguarda la propria
attività specifica, ma con mandato imperativo per quanto ri­
guarda il suo atteggiam ento p o litico "531. Vero "centro
propulsore" e "cumulatore di mezzi polarizzanti delle volon­
tà", il "Comitato" è preposto a:

Provocare e rendere possibili dei contatti coi compagni degli altri paesi
e promuovere anche, se possibile, il risveglio attivo di un'intesa anar-

52s Ivi, pagina 27.


52y Ivi, pagina 30.
530 form ato da Camillo Bemeri, Carlo Frigerio, Umberto Marzocchi,
Leonida Mastrodicasa, Giusmano Mariani e Bernardo Cremonini.
551 Nel senso di un'astensione "da qualsiasi manifestazione che costi­
tuisca compromesso con partiti e movimenti autoritari".

235
chica internazionale che venga in sostegno del nostro lavoro di pre­
parazione rivoluzionaria. Raccogliere del denaro per alimentare det­
ta azione. Promuovere e coordinare i contatti tra i com pagni em igrati
e quelli stabiliti in Italia e facilitare la riorganizzazione anarchica in
Italia. Studiare i mezzi d eiratto rivoluzionario. Promuovere l'intro­
duzione in Italia sia di appelli rivoluzionari al popolo, sia di testi
adatti alla situazione aiutandone finanziariamente la riproduzione e
la diffusione per opera dei Compagni d'Italia. Compilare periodica­
mente un bollettino "SERVIZIO STAMPA" fornente notizie sulla si­
tuazione italiana ed estera in relazione alla guerra Italo-Etìopica [...]
Compilare e diramare ai m ilitanti più attivi sparsi nei vari centri una
relazione periodica, sotto forma di circolare, la quale nelle grandi
linee, informi sull'attività del Comitato e, in generale, del m ovim en­
to532.

Sebbene la vittoria fascista in Africa Orientale impedisca


al movimento di collaudare la validità delle risoluzioni re­
datte durante il Convegno, Saurtouville rappresenta una tap­
pa cruciale ai fini di una ridefinizìone complessiva degli obiet­
tivi di lotta a breve. Quando dopo pochi mesi scoppia la guerra
civile in Spagna, gli anarchici italiani possono infatti accorre­
re in sostegno dei compagni spagnoli muniti di un ben arti­
colato programma di realizzazioni pratiche ed immediate, di­
mostrando cosi che tutto il 'lavoro di elaborazione e coordi­
nazione dei concetti rivoluzionari" svolto nella cittadina fran­
cese, non si era affatto risolto in una vana fatica di Sisifo.

3 - La grande occasione: la guerra civile in Spagna

La delusione che dilaga tra gli anarchici per gli esiti favo­
revoli al fascismo della guerra d'Etiopia è paragonabile allo
scoramento e alla disillusione diffusesi nel 1932, quando era
apparso ormai chiaro che il regime era riuscito ad arginare
con successo gli effetti più destabilizzanti prodotti dalla crisi
economica internazionale533. Come allora, infatti, i pronostici

532 Aa.Vv., Convegno d'intesa degli anarchici italiani, op. cit., pagina 16.
533 Vedi capitolo terzo, paragrafo quattro.

236
di un'imminente sollevazione popolare armata in Italia sono
stati sonoramente smentiti dallo sviluppo degli eventi. Se,
però, agli anni bui della recessione doveva seguire un perio­
do di progressivo consolidamento della dittatura, questa volta
la decisione di Mussolini di intervenire militarmente in Spa­
gna per coadiuvare i generali golpisti è destinata a far emer­
gere nel paese i primi segnali di una vera e propria frattura
classista, che consente al movimento una timida ripresa dopo
la stasi e l'immobilismo del 1935.
A suscitare la profonda avversione dei ceti operai, sono
soprattutto i connotati ideologici della nuova impresa milita­
re fascista. Rispetto alla guerra coloniale in Africa Orientale,
quello che si sta combattendo in Spagna si presenta ai loro
occhi come un conflitto dagli inequivocabili contenuti di clas­
se: da una parte le masse diseredate, gli operai, i contadini, i
lavoratori in lotta per la libertà, che hanno trovato la solida­
rietà dell'Unione Sovietica e di tutto l'antifascismo europeo;
dall'altra le forze oscurantiste e reazionarie, i padroni, i
dominatori e gli oppressori di sempre, in favore dei quali stan­
no invece mobilitandosi Italia e Germania, decise a far trion­
fare la dittatura liberticida anche in Spagna. E' quindi com­
prensibile che l'intervento fascista a sostegno dei franchisti
finisca per determinare una sorta di risveglio di coscienza dei
settori proletari, facendo riaffiorare alla memoria delle masse
quell'immagine del fascismo liberticida, della "guardia bian­
ca" del capitale, dell'irriducibile nemico di classe, oggi pron­
to persino ad accorrere in difesa dei capitalismi stranieri pur
di fermare l'avanzata del movimento operaio. Come segna­
lano rapporti fiduciari e relazioni prefettizie, "un inconfessato
senso di solidarietà coi comunisti spagnoli" comincia col pas­
sare delle settimane a diffondersi nel mondo del lavoro, "nel­
la speranza che il trionfo dei Rossi in Spagna [...] possa se­
gnare l'inizio della capitolazione dello spirito autoritario fa­
scista in Italia"534. Ma c'è anche chi non è per nulla disposto;

534 "Gli avvenimenti in Spagna" - notìfica un'altra relazione fiduciaria


- "hanno risvegliato sopite speranze in chissà quali rivolgimenti politici.;

237
ad attendere gli esiti del conflitto e, sfidando i controlli delle
autorità e delle polizie di confine, decide di partire clandesti­
namente per la Spagna per contribuire in prima persona alla
mobilitazione del proletariato iberico. Al di là di tutte le mo­
tivazioni politico-ideologiche, per loro la guerra civile spa­
gnola si configura soprattutto come una possibilità di lotta,
come un'opportunità d'azione, come un'occasione concreta,
insomma, per riuscire finalmente a sconfiggere quel stato
d'animo d'impotenza e quel senso di frustrazione generato
da lunghi anni di passività e di completa sottomissione al
nemico. Ad alimentare questa volontà di partecipazione, con­
corre del resto anche l'intervento in Spagna dei volontari
antifascisti, che nella circostanza ritornano alla ribalta della
cronaca circonfusi da un'aura di eroismo guerriero del tutto
inedita per l'Italia fascista. Come ha scritto Simona Colarizi,
il "glorioso" esempio dei compagni fuorusciti sta rapidamente
frantumando quella

immagine spregevole degli esiliati politici, vili, codardi e traditori


della patria, costruita abilmente dal fascismo per soffocare nell'am -
mo della gente anche il più piccolo moto di solidarietà verso gli
antifascisti perseguitati e costretti ad espatriare. Questi uomini pau­
rosi, fuggiti all'estero, privi del coraggio di battersi a viso aperto, ma
instancabili nel tramare oscure congiure e perfidi attentati contro il
duce, sono gli stessi che oggi, con ammirevole generosità, hanno ab­
bracciato la causa del popolo spagnolo, pronti anche al sacrificio del­
la vita535.

a più o meno breve scadenza, che dovrebbero segnare la capitolazione


dello spirito autoritario fascista in Italia e fuori". ACS, PNF, Situazione
politica per province, busta 1, fsc. Genova. Relazione fiduciaria in data
Genova, 10 agosto 1936. "Le classi operaie - si legge ancora in una nota
di polizia - sono quelle nelle quali gli avvenimenti spagnoli hanno fatto
più presa [...] In alcuni operai c'è un inconfessato senso di solidarietà coi
comunisti spagnoli. L'eco della rivoluzione ha risvegliato in loro la sopita
<lotta di cla sso , malgrado tutte le provvidenze del Regime". ACS, PNF,
Situazione politica per province, busta 7, fsc. Milano, Relazione fiduciaria
del 26 agosto 1936. Per la documentazione archivistica a riguardo, cfr.: S.
C olarizi, L'opinione, op. cit.
535 S. C olarizi, L'opinione, op. cit., pagina 232.

238
E' in questi nuovi scenari di dissenso proletario, dunque,
che va collocato un primo rilancio dell7antifascismo anarchi­
co nel paese. Naturalmente, pullulano soprattutto le iniziati­
ve in favore del popolo spagnolo, come dimostra l'abbondan­
za di arresti eseguiti un po 7 dovunque per propaganda orale
"pro-Spagna rivoluzionaria", diffusione di stampa "pro-sov-
versivi spagnoli", sottoscrizioni "per i rossi di Spagna", re­
clutamento di volontari antifascisti, allestimento di reti di
espatrio clandestino536. Ad essere in maggior fermento, sono
ancora una volta i quadri attivi a Torino. Qui, il già noto Mi­
chele Guasco537, ha riorganizzato un gruppo di diciotto mem­
bri che sta adoperandosi nella raccolta e nella distribuzione
di fondi pro-vittime politiche, nella diffusione alla macchia
di stampa antifascista e nel mantenimento dei collegamenti
con i compagni fuorusciti a Ginevra, a Parigi e a Chambery538.
Allo stesso tempo, Guasco è riuscito ad instaurare un prezio-

ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR, CC. AA., 1936, busta 23,
fascicolo KlA/M ovim ento anarchico, AA. GG; ACS, PNF, Situazione
politica per province, bb.: 7 (fsc. Milano), 1 (fsc. Genova), 25 {fsc. Tori­
no), 11 (fsc. Padova), 28 (fsc. Vicenza), 6 (fsc. Bologna); A. D al P ont-S.
C arolini, L'Italia dissidente, op. cit; A.A.V.V, Aula IV, op. cit; C. G hini-A .
D al P ont , Gli antifascisti al confino, op. cit; A. D al P ont-S. C arolini, L'Ita­
lia al confino, op. cit.
537 Su Michele Guasco, cfr.: ACS, CPC, busta 5263, fsc. 79292 (Guasco
Michele); ACS, Min. Int., Div. Poi. Poh, (ff. personali), busta 641, fsc.
Guasco Michele; ACS, Min. Int., Div. Poi. Poh, (ff. per materia), busta 119,
fsc. 3 (Guasco Michele e Giustizia e Libertà); ACS, Min. Int., Div. Poi. Poh
(ff. per materia), busta 101, fsc. 14 (Part. An.); ACS, Min. Int., Dir. Gen.
PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1930-31, busta 400, fsc. KlA/M ov. An., AA-
PP. (TO); ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1937, busta
43, fsc. KlA /M ov. An., AA. PP. (TO); Ministero della Difesa, Tribunale
Speciale per la difesa dello Stato. Decisioni emesse nel 1937, Roma 1994; P. C.
Mas ini, Anarchici e comunisti nel movimento dei consigli a Torino, "Quader­
ni di studi anarchici, 3 (1970), Firenze, 1970; R. Luraghi, Il movimento ope­
raio durante la Resistenza, Einaudi, Torino, 1958.
53ii Cfr. P. B ianconi, op. cit., pp. 162 e sgg.; T. I mperato, Anarchici a
Torino, in "Rivista storica dell'anarchismo'7, n. 2, Luglio 1995, pagina 64;
G. S acchetti, Gli anarchici nell'Italia fascista attraverso le carte di polizia, in
"La Resistenza sconosciuta", Milano, Zero in condotta, 1995, pagina 227.

239
so contatto diretto con Giulio B accorti539, che da Marsiglia sta
lavorando attivamente per rilanciare la lotta armata in Ita-
lia540. L'arresto in città di ventiquattro militanti giellisti541,
consente poi di scoprire che l'anarchico ha intessuto stretti
rapporti anche con i nuclei torinesi di Giustizia e Libertà. Non
solo, infatti ha avviato una collaborazione con un giornaletto
giellista d'informazioni operaie diffuso clandestinamente
nelle fabbriche - "Voci d'officina"542 - ma sta fungendo da
elemento d'intermediazione logistica tra Carlo Rosselli e al-

539 Cfr. P. B ianconi, op. cit., pagina 162.


540 "Il Bacconi" si legge in una relazione di polizia, "si riprometteva
di trovare mezzi finanziari sufficienti per organizzare attentati terroristi­
ci nel Regno a mezzo di elementi disposti a tutto, compreso il sacrificio
della loro vita, ricercandoli fra gli anarchici che esasperati dalla miseria e
dalla tubercolosi e adusati al pericolo [...] presumeva adatti ad affrontare
qualsiasi rischio. Egli aveva però bisogno di costituire delle basi in Italia
ricercandole fra anarchici residenti nel Regno che fossero disposti a ri­
prendere la loro attività segreta e a ricostituire i rapporti fra i vari anar­
chici neiritalia Settentrionale". ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR,
CC. AA., 1937, busta 43, fsc. K1A/Movimento anarchico, A A. PP. (Tori­
no). Relazione di polizia in data Roma, 8 novembre 1937.
541 Si tratta di: Leopoldo Zaramella, Guglielmo Bertolino, Giulio
Todeschini, Emilio Zanelìo, Giuseppe Salamone, Romano Bogliaccino,
Enzo Forcellini, Orazio Sintucci, Giuseppe Bertozotta, Alfredo Rossetti,
Davide Garbin, Mario Yesi, Antonio Delfino, Maria Castagneris, France­
sco Olmo, Giuseppe Garello, Francesco Cremonesi/ Roberto Ceresole,
Luigi Miglietti, Silvia Fabris, Matteo Cuzzi, Giovan Battista Pagliassa,
Aldo Giverso, Maria Rosa.
542Diretto da Mario Andreis, "Voci d'officina" era un giornaletto d'in­
formazioni operaie che forniva notizie sulla situazione interna e sugli
abusi padronali nelle fabbriche. Il foglio, però, rivestiva anche una fun­
zione di popolarizzazione dei leaders del movimento giellista. Tirato in­
teramente a mano, con un duplicatore primitivo consistente di un rullo a
mano e di una scatola piatta in cui s'incorniciava lo <stencil>, "Voci d'of­
ficina" ebbe inizialmente una tiratura di 2300 copie, per poi raggiungere
i 15000 esemplari nel suo momento di massima diffusione. A causa della
penuria di mezzi finanziari, che ne impedivano una larga diffusione a
mezzo corrispondenza, il foglio era distribuito quasi interamente a mano.
Cfr. A. G arosci, Vita di Carlo Rosselli, Voi. I. Vallecchi, Firenze, 1973.

240
curii quadri attivi all'interno543. In seguito ad accurati ed in­
cessanti pedinamenti544, si appura infine che, sin dai primi
giorni della mobilitazione antifranchista, Guasco ha esteso
ulteriormente il raggio della propria azione, predisponendo
alcune iniziative dirette al reclutamento di volontari per la
guerra civile di Spagna545. L'attività clandestina dell'anarchi­
co, insomma, ha assunto una tale ampiezza e consistenza da
spingere le autorità a rompere gli indugi e procedere ad una
vasta operazione di polizia. Arrestato all'alba del 10 ottobre
insieme ad altri diciassette militanti546, Michele Guasco è de-

543In un rapporto confidenziale, trasmesso da Cremonini al commis­


sario di PS Mambrini, si legge: "Occorre tener d'occhio Guasco il cui
indirizzo ho già fatto recapitare a Rosselli. Si conoscerà, così, la persona
di fiducia che è inviata per conto del Rosselli a prendere contatti con
elementi dell'interno". ACS, Min. IntT, Divisione Polizia Politica (fascico­
li personali), busta 641, fsc. Guasco Michele e (fascicoli per materia), bu­
sta 119, fsc, 3 (Guasco Michele e Giustizia e Libertà).
544 Da una riservata della questura di Torino: "Costui esercita il com­
mercio ambulante di chincaglierie nei mercati di Torino e dei paesi vici­
ni, E' provvisto di motocarrozzetta, con la quale si reca generalmente il
lunedì, martedì, venerdì, e sabato in Vaile dì Susa, ad Avigliana, Giaveno
e S. Antonino. Il mercoledì ed il giovedì fa il giro dei mercati rionali della
città (S. Secondo, Madonna di Campagna, ecc-). Esce di casa al mattino
quasi sempre verso le ore sei e rientra alle 14. Dedica qualche pome­
riggio al rifornimento delle sue mercanzìe. La sera rimane in casa, ad
eccezione del venerdì e sabato, in cui si reca, con la moglie, al cinemato­
grafo "Spezia" o "Italia", vicini alla sua abitazione,—.Intanto non posso
tacere che la vigilanza nei confronti del Guasco è resa difficile dai sugi
quotidiani spostamenti. Sarei del parere di far controllare/ in modo asso­
lutamente riservato, i contatti che egli ha, da un mio fiduciario che in
parecchie occasioni ha dimostrato intelligenza e capacità, e che potrebbe
anche seguirlo nei mercati dei paesi vicini". ACS, Min- Ini., Divisione
Polizia Politica (fascicoli personali), busta 641, fsc. Guasco Michele, Ri­
servata della questura di Torino, del 12 maggio 1936,
545 Sia incoraggiando gli espatri che promovendo sottoscrizioni per
sostenere ehi ha deciso di arruolarsi.
54tì Con Michele Guasco, sono arrestati: Francesca Guasco, Luigi Dal
Santo, Mario De Pasquale, Leonida Cavallo, Bortolo Giambarda, Anto-:
nio Mattone, Felice Quagliotti, Sebastiano Vaira, Pietro Enrietti, Giusep­
pe Bianco, Antonio Ansaldi, Michele Rossi, Sebastiano Pugliese, France-,

241
nunciato al Tribunale Speciale "quale responsabile di delitti
di cospirazione politica mediante associazione per attentare
alla costituzione dello Stato, per aver dato adesione alla setta
G. e L. e di arruolamento di cittadini a servizio dello stranie­
ro". Dalla relazione del prefetto di Torino, inviata a Roma nel
dicembre 1936547:

Il Guasco fu arrestato con altri il 9.10.1936 perchè sospetto di ap­


partenenza alla setta di Giustizia e Libertà. Nella perquisizione ope­
rata venne trovato in possesso di numerosi opuscoli antifascisti e di
alcune copie di G. e L. ricevuti dal compagno di fede Armanetti Dan­
te che egli aveva aiutato ad espatriare clandestinamente. Noto per le
sue idee anarchiche il Guasco aveva aderito al movimento di G iusti­
zia e Libertà superando distinzioni di programmi e divisioni di fede
politica allo scopo di tendere alla meta comune dell'abbattim ento
del Regime. Oltre a svolgere propaganda antifascista anche a mezzo
di distribuzione di stampati sovversivi, il Guasco avvicina amici e
compagni di fede per determinarli a partire od a trovare reclute per
la Spagna mentre chiedeva a ciascuno il concorso finanziario per le
spese. In data 10. II u. s. venne denunciato al Tribunale Speciale qua­
le responsabile di delitti di cospirazione politica mediante associa­
zione per attentare alla costituzione dello Stato, per aver dato ade­
sione alla setta G. e L. e di arruolamento di cittadini a servizio dello
straniero548.

sco Fxìmann, Alice Armanetti, Luigi Scala (giellista) e Pier Leone Migliardi
(giellista)- ACS, Min. In t, Divisione Polizia Politica (fasciscoli per mate­
ria), busta 119, fsc. 3 (Guasco Michele e Giustizia e Libertà). Relazione
del prefetto di Torino, del 15 ottobre 1936.
547 Oltre al Guasco, sono denunciati al Tribunale Speciale: Francesca
Guasco, Luigi Dal Santo, Mario De Pasquale, Antonio Mairone, Alice
Armanetti, Luigi Scala, Pier Leone Migliardi; sono ammoniti Leonida
Cavallo e Bortolo Giambarda; sono diffidati tutti gli altri. Vengono
condannati Luigi Scala (12 anni), Michele Guasco (8 anni), Luigi Dal Santo
(4 anni) e Mario De Pasquale (2 anni e sei mesi). Vengono invece assolti
per insufficienze di prove Antonio Mairone e Luigi Migliardi. Francesca
Guasco ed Alice Armanetti erano già state assolte durante Tistruttoria.
ACS, Divisione Polizia Politica (fasciscoli per materia), busta 119, fsc. 3
(Guasco Michele e Giustìzia e Libertà). Relazione della prefettura di To­
rino, del 30 aprile 1937.
5m ACS, CPC, busta 2563, fsc. 79292 (Guasco Michele). Relazione del
prefetto di Torino, del 4 dicembre 1936.

242
4 - L'intervento degli anarchici italiani in Spagna. Dalla "rivolu­
zione antifascistai" alla "guerra antifascista" (luglio - dicembre 1936)

Il 19 luglio 1936, contingenti dell'esercito spagnolo coman­


dati dai generali E Franco, E. Moda, J. Sanjurio e G. Queipo
de Llano, si ribellano al governo repubblicano del Fronte Po­
polare ed assumono il controllo di alcune province del paese.
Una vasta mobilitazione popolare, guidata dalle organizazioni
sindacali socialiste - Ugt (Union General del Trabajo) - e anar­
chiche - Cnt (Confederación Nacional del Trabajo) - ed il so­
stegno di una parte delle forze armate rimaste fedeli al go­
verno, impediscono ai golpisti d'impossessarsi della capitale
e delle regioni nord orientali più ricche ed industrializzate.
Ha così inizio una sanguinosa guerra civile, destinata a pro­
trarsi per tre lunghi anni e a concludersi con un bilancio di
600 mila morti e centinaia di migliaia di feriti549.

5451Sterminate sono la pubblicistica e la memorialistica anarchiche sulla


guerra civile di Spagna. Tra i lavori di maggior spicco, si segnalano: AA.
W ., Memorie di Stefano Romiti detto "Bimbo", senza data né luogo di pub­
blicazione; A. A guzzi, Gli anarchici italiani nei fatti di maggio, op. cit.; W. L.
B erneker, Il movimento anarchico e le collettivizzazioni nella guerra civile spa­
gnola. Bilancio storiografico, in "Dimensioni e problemi della ricerca stori­
ca", n. 1,1989; C. B erneri, Guerra di classe in Spagna, RL, Genova, 1979; C.
B erneri, Epistolario inedito, op. cit.; G. B ifolchi, La colonna italiana sul fronte
di Huesca, in "Rivista abruzzese di studi storici. Dal fascismo alla Resi­
stenza", n.3, novembre 1980; G. C alandrone, La Spagna brucia, Roma,
1974; L. C asali, La memoria ambigua. Guerra e rivoluzione in Catalogna negli
scritti degli italiani, in "Storia contemporanea", numero 1,1987; U. C onsì­
glio , Ricordi di Spagna, in "Era Nuova", Palermo, maggio-giugno 1946;
G. D ellacasa, Rivoluzione e Fronte popolare in Spagna, Jaca Book, Milano,
1973; L . Di L embo, La sezione italiana della colonna Francisco Ascaso, in "Ri­
vista storica dell'anarchismo", n. 2, luglio-dicembre 2001, Biblioteca Fran­
co Serantini, Pisa, 2001; H. M. E nzensberger, La breve estate dell'anarchia.
Vita e morte di Buenaventura Durruti, Feltrinelli, Milano, 1998; U. F edeli,
Un trentennio, op. cit.; F. G arcia , Collettività contadine e operaie durante la
Rivoluzione Spagnola, Jaca Book, Milano, 1980; H. E. K aminski, Quelli di
Barcellona, Il Saggiatore, Milano, 1966; T. I mperato, Umberto Marzocchi,
ricordi di Spagna, in "Bollettino dell'archivio G. Pinelli", numero 10, Mila­
no, dicembre 1997; L aval, Né Franco, né Stalin. Le collettività anarchiche:

243
Le notizie provenienti da Madrid generano uno stato d'ani­
mo di euforia e di gran concitazione negli ambienti dell'emi­
grazione anarchica italiana. Dopo tanti anni di sconfitte subi­
te e di battaglie perdute, un popolo in armi si è finalmente
sollevato riuscendo ad impedire che un'altra nazione euro­
pea precipitasse sotto il giogo della reazione fascista. Passa-

spagnole nella lotta contro Franco e la reazione staliniana, Istituto Editoriale


Italiano, Milano, 1952; La colonna italiana, a cura di A. L opez, quaderno n.
5 dell'AICVAS, Roma 1985; C. S. M an , Rivoluzione e controrivoluzione in
Catalogna, Antistato, Milano 1974; U. M arzocchi, Le Comunità libertarie in
Catalogna, in Storia dell'antifascismo italiano, a cura di L. A rbizzani e A.
C attabiano, Volume lì, Editori Riuniti, Roma, 1964; U. M arzocchi, Ricor­
dando Camillo Berneri e gli avvenimenti della Rivoluzione Spagnola del 1936-
1939, in Camillo Berneri nel cinquantenario della morte; memoria antologica,
saggi critici e appunti biografici, Archivio Famiglia Berneri, Pistoia, 1986;
C. S. M aura, Libertatl Rivoluzione e controrivoluzione in Catalogna, Eleuthera,
Milano, 1966; A. M. M erlo, Gli anarchici e l'esperienza collettivistica durante
la guerra civile spagnola, in "Rivista di Storia Contemporanea", n. 4,1981;
G. O rwell, Omaggio alla Catalogna, Mondadori, Milano, 1982; A. PAZ,
Durruti e la rivoluzione spagnola, Biblioteca Franco Serantini, La Fiaccola,
Zero in condotta, Pisa, Ragusa, Milano, 2000; J. P eirats, La Cnt nella rivo­
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collettivizzazioni anarchiche in Catalogna durante la guerra civile spagnola.
1936-1939, in "Quaderni storici", 1972; V. R ichards, Insegnamenti della ri­
voluzione spagnola (1936-1939), Vallerà, Pistoia, 1974; C. M. S anz , La rivo­
luzione armata in Spagna: memorie di un anarcosindacalista, La Fiaccola,
Ragusa, 1978; F. M. S antos, Camillo Berneri, op. cit.; M. S ignorino, Il mas­
sacro di Barcellona, Fabbri, Milano, 1973; C. S ilingardi, Rivoluzio Giglioli.
Un anarchico nella lotta antifascista. 1903-1937, Quaderni dell'Istituto Sto­
rico della Resistenza, di Modena, numero 12; N. T orcellan , Gli italiani in
Spagna. Bibliografia della guerra civile spagnola, Franco Angeli, Milano, 1988;
C. V enza, Il sogno collettivista. Recenti studi sull'esperienza autogestionarìa
nella guerra civile spagnola, in "Spagna Contemporanea", n. 1, 1992; C.
V enza , La Spagna libertaria nell'anarchismo di lingua italiana. L'esperienza e
la memoria di Umberto Marzocchi, in "Rivista storica dell'anarchismo", n.
1,1995, Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 1995; C. V enza, Tra rivoluzione e
guerra. Libertari italiani nella Spagna degli anni trenta, in La resistenza scono­
sciuta, op. cit.; C. V enza, U. Tommasini. L’anarchico triestino, Milano, 1984;
C. V enza - T. I mperato, Memorie di Stefano Romiti, detto "bimbo", Stampa
Alternativa, Roma 1991; P. V illar, La guerra di Spagna, Lucarinì, Roma,
1988.

244
no soltanto pochi giorni dal fallito golpe dei militari e un'im­
pazienza di unirsi alla mobilitazione dei compagni spagnoli
inizia rapidamente ad impadronirsi dei fuorusciti550, che dal­
la Francia, dal Belgio, dalla Svizzera e da tutti i territori d'esi­
lio salpano alla volta della Spagna con uno slancio, un
tempismo ed una determinazione da lasciare esterrefatti551.

550 E pur dì combattere in terra spagnola, si accantonano affetti, pas­


sioni, sentimenti e legami primari. Una testimonianza toccante, in pro­
posito, è fornita da questa lettera scritta alla moglie da un militante anar­
chico - Rivoluzio Giglioli - poche ore prima di morire: "M ia Lulù cara,
mìo grande amore, quando riceverai questa lettera il tuo povero Bougnat
non sarà più. Non ho voluto scomparire senza lasciarti un'ultima parola
che affido alla benevolenza dì quelli che mi raccoglieranno. Tracciando
queste linee soffoco una lacrima furtiva; Lulù carissima perdonami tutto
il male che ti ho fatto. Non è a me che penso in questo momento, è al tuo
grande dolore, al dramma della tua vita troncata. Non ho avuto in vita
mia che due grandi passioni, tu e la rivoluzione. Bisognava che morissi
per l'uno o per l'altro. La sorte ha voluto che sia per la seconda. Non
saprai mai mia cara quanto ti ho amato e quanto ho sofferto pensando
alla tua disgrazia. Ma si può lottare contro il proprio destino? io vorrei
che tu vivessi e che fossi felice. Ma potrai mai esserlo tu? Se la solitudine
e il dolore ti pesano troppo vieni a raggiungermi nell'eternità, le nostre
anime si ritroveranno nello spazio infinito. Penso anche a mia madre, tu
e lei siete i due esseri che ho amato di più al mondo. Anche lei soffrirà
molto, quasi quanto te, povera vecchietta. Addio mia cara, mio amore,
depongo sulle tue braccia il mio ultimo bacio". C. S ilingardi, Rivoluzio
Giglioli. Un anarchico nella lotta antifascista. 1903-1937, pagina 88.
Secondo i registri di arruolamento della sezione italiana, deposita­
ti presso gli archivi della CNT, gli anarchici italiani combattenti in Spa­
gna furono circa 653 - 60 morti e oltre 150 feriti. Da un'indagine curata
dallo storico G. Cerrito, risulta che nella sola sezione italiana della colon-,,
na Ascaso combatterono, dall'agosto del '36 all'aprile del '37, circa 700
miliziani, dì cui oltre 500 anarchici. Cfr. G. C errito, Gli italiani fuori d'Ita­
lia, op. cit. Ulteriori studi, infine, fanno risalire a circa 1000 il numero
degli anarchici italiani che intervennero in Spagna. Per la polizia fasci­
sta, nel giugno '37 sono presenti in Spagna circa 553 antifascisti italiani.
Cfr., ACS, Min. Int., Polizia Politica (fascicoli per materia), busta 50, fsc.
Notizie dirette dalla Spagna. Antifascisti combattenti nelle milizie rosse
spagnole. G. Calandrane, parla invece di 4180 volontari antifascisti ita­
liani, di cui circa 750 caduti. Cfr. G. C alandrone, La Spagna brucia, Roma,
1974. Una recente ricerca, svolta da alcuni studenti liceali di Varese, ha

245
La fervida volontà di partecipare alla lotta armata contro il
nuovo fascismo è accresciuta anche dalle concrete prospetti­
ve rivoluzionarie che essa lascia intravedere. Profondi cono­
scitori della realtà politico-sociale spagnola, per essersi molti
di loro uniti alle lotte ingaggiate dal proletariato locale sin
dalla proclamazione della repubblica nel 1931, gli anarchici
italiani sanno che questa volta s'impugnano le armi per com­
battere in un paese dove sono attive un'organizzazione sin­
dacalista (la Cnt) e una federazione politica (la Fai - Federación
Anárquica Iberica) che possono avvalersi di vaste aree di
mobilitazione subculturale a tinte federaliste ed antistataliste.
In questo senso, l'immediatezza con cui tanti militanti accor­
rono a fianco dei compagni spagnoli si spiega anche con la
valutazione che quanto più a lungo sarebbe durato lo scon­
tro armato con i franchisti, tanto minori sarebbero state le
possibilità di trasformare la guerra civile in una rivoluzione
sociale.
La decisione di intervenire militarmente in Spagna viene
adottata, dai membri del Comitato Anarchico ¿'Azione Ri­
voluzionario552, durante una riunione informale tenutasi a
Parigi, a pochi giorni dallo scoppio delle ostilità553. Subito
dopo, un primo scaglione di fuorusciti varca i Pirenei e si di­
rìge verso Barcellona, dove giunge il 29 luglio. Soltanto in
seguito ad un confronto tra i rappresentanti di tutte le com­
ponenti dell'antifascismo italiano, avvenuto a Parigi il 28 lu­
glio554, parte invece un secondo e ben più folto gruppo di

rubricato 4000 volontari antifascisti: 1310 comunisti; 328 anarchici; 1449


di provenienza politica incerta. Cfr., Aa.Vv., Il coraggio della memoria e la
guerra civile spagnola, a cura di F. G iann Antoni e F. M inazzi, Artigliere, in
corso di pubblicazione.
552 Nominato a Sartouville. Vedi paragrafo due di questo capitolo.
553 Cfr. L. Di Lembo, L'Europa tra guerra di Stato e guerra dì classe (1919-
1939), in Aa.Vv., L'antifascismo rivoluzionario, op. cit.
554 Durante la riunione, anarchici e giellisti si dichiarano favorevoli
ad un intervento militare in Spagna, mentre gli esponenti degli altri schie­
ramenti politici si mantengono su posizioni attendiste, limitandosi a pro­
porre l'invio di aiuti umanitari al popolo spagnolo.

246
militanti che, insieme ad una ventina di giallisti555, una deci­
na tra repubblicani "intransigenti" e socialisti massimalisti555,
e tre comunisti dissidenti557, raggiunge Barcellona nella pri­
ma settimana di agosto. Ed è proprio dalla fusione di questi
due raggruppamenti originari di volontari che nasce la pri­
ma colonna di antifascisti italiani combattenti in Spagna558.
Nonostante Carlo Rosselli e altri esponenti giellisti siano
propensi a preservare alla formazione una propria autono­
mia ideologica e operativa, le pressioni della maggioranza
libertaria e valutazioni di ordine logistico, convincono alla
fine per un inquadramento nelle milizie controllate dalle Cnt-
Fai559 - con la denominazione ufficiale di "Sezione Italiana"
della colonna "Francisco Ascaso"560. Per salvaguardare la fi­
sionomia pluralista del reparto, si specifica però, nell'atto di

555 Guidati da Carlo Rosselli e Aldo Garosci.


556 Rappresentati rispettivamente da Mario Angeloni e Bodoni.
557 Casati, Lantini e Bantoni.
SSHNumerose sono le spie, gii agenti provocatori ed i doppiogiochisti
che il regime fascista riesce ad intrufolare tra i volontari italiani accorsi
in Spagna, Per una trattazione accurata dell'argom ento, vedi: M,
F ranzinelli, op, cit.
55y La decisione delle altre correnti politiche di inquadrare la colonna
nella divisione Ascaso è, ovviamente, accolta con molta soddisfazione in
campo anarchico* "Gli anarchici italiani arruolati nella milizia della CNT
e della FAI", si legge in una risoluzione approvata il 5 agosto, "salutano
fraternamente i volontari antifascisti italiani, di <Giustizia e Libertà>,
del Partito Socialista massimalista, del Partito Repubblicano e dell'Azio­
ne Repubblicana Socialista, che hanno preferito, riconoscendo il grande
ruolo dell'anarchismo spagnolo nella lotta contro il fascismo, la nostra
alle altre milizie- Decidono la formazione di un Comitato di coordina­
mento fra i volontari italiani inquadrati nella nostra milizia, destinato ad
utilizzare nel miglior modo possibile le capacità tecniche dei volontari".
Dichiarazione riportata in U. F edeli, Lì « trentennio, op. cit., pagina 183.
m Dopo il decreto di militarizzazione delle milizie varato dal gover­
no del Fronte Popolare - 24 ottobre 1.936 - la colonna assume il nome di
"battagliane intemazionale" della XXVIII Divisione Francisco Ascaso e,
poi, di "battaglione italiano" della stessa divisione. Come "Centuria
Malatesta", dal nome della caserma dove il gruppo si era acquartierato,
era invece conosciuta negli ambienti anarchici spagnoli, mentre sempli-

247
costituzione, che "la Colonna come tale manterrà il carattere
di formazione unitaria antifascista al di sopra delle distinzio­
ni dipartito"561. Forte di circa 130 effettivi - ottanta anarchici,
una ventina di giellisti, altrettanti tra comunisti e socialisti e
una decina di repubblicani - la colonna è munita di un equi­
paggiamento alquanto precario562, tanto che gli stessi miliziani
spagnoli nutrono inizialmente non poche perplessità sulle sue
capacità di tenuta e di manovra. Dopo un breve periodo di
addestramento, sotto la direzione di Mario Angeloni, Rosselli
e Giuseppe Bifolchi, la divisione diviene operativa il 19 ago­
sto quando, abbandonata la caserma "Bakunin", esce in pa­
rata da Barcellona per raggiungere il fronte aragonese nelle
vicinanze di Huesca, a nord-est di Saragoza563. Appostatasi
su una collina situata in posizione strategica - soprannominata
da Angeloni "Monte Pelato"564 - la "Sezione Italiana" fa la
prova del fuoco all'alba del 28 agosto: i fucilieri comandati
da Bifolchi e i mitraglieri di Angeloni -110 uomini - respin­
gono brillantemente un attacco dei nazionalisti - circa 700
unità coadiuvate da autoblindate - diretto ad espugnare la
postazione militare nemica.
Prima vittoria miliziana in campo aperto565, la battaglia di

cernente come la "Colonna" era indicata tra i volontari italiani in Spa­


gna. Tra gli antifascisti esuli in Francia, infine, era nota come "Colonna
Rosselli".
561 Atto firmato il 17 agosto da Camillo Berneri, Carlo Rosselli e Ma­
rio Angeloni - rispettivamente commissario politico, comandante dei
fucilieri e comandante dei mitraglieri. Per l'atto costitutivo della colonna
cfr.: "Volontà", del 19 luglio 1951.
562 Una tuta d'operaio come uniforme, fucili Mauser ricevuti a
Barcellona, un reparto di quattro mitragliatrici, diciotto muli dei Pirenei
e la Ford di Rosselli. Più tardi si potrà disporre anche di una batteria di
cannoni Schneider da 75 mm e di un ospedaletto da campo.
563 L'Aragona, è una delle regioni cadute in mano degli insorti.
564Posto a circa metà percorso tra Huesca e Almudevar, "Monte Pela­
to" sovrasta l'altopiano della Galocha consentendo di controllare la car­
rabile Saragoza-Huesca-Jaca.
565 Non sembra dello stesso avviso Alberto Meschi, che, nelle sue me­
morie, ha scritto: "L'incontro a Monte Pelato non andò molto bene. Si

248
"Monte Pelato" accresce notevolmente il prestigio dei volon­
tari italiani tra i combattenti dello schieramento aragonese. Il
Comitato delle milizie antifasciste della Catalogna, decide
persino di aggregare alla colonna un reparto di circa 1 2 0 0 ef­
fettivi, mentre a grande richiesta "los italianos" vengono po­
sti al comando di alcune divisioni armate locali, A ridimen­
sionare gli entusiasmi sopraggiunge però, dopo soli pochi
mesi, il rovinoso esito della battaglia di Almudevar. Nei pia­
ni strategici dei miliziani, la cittadina aragonese costituisce
un obiettivo di rilevanza cruciale, giacché la sua conquista
consentirebbe sia di recidere i collegamenti tra le forze nazio­
naliste di stanza a Huesca e quelle acquartieratesi a Saragozza,
che di servirsi di una preziosa arteria di congiunzione tra la
Catalogna, dotata di industrie di trasformazione, e i paesi ba­
schi, ricchi invece di minerali e di industrie dì base. L'offensi­
va scatta il 2 2 novembre: dopo un breve fuoco di artiglieria
tre battaglioni, guidati rispettivamente dagli anarchici Emi­
lio Canzi, Antonio Cieri e Giuseppe Bifolchi, riescono a rag­
giungere la stazione, il cimitero e le prime case di Almudevar;
ma il mancato intervento della colonna comunista di appog­
gio e le avversità meteorologiche fanno fallire la conquista
del paese. La ritirata è così disastrosa da provocare maggior
perdite dell'attacco: 80 tra morti e feriti contro i pochi feriti
dell'assalto.
Indipendentemente dalle pesanti perdite e dai contrasti
che scatena all'interno della colonna italiana566, la disfatta di
Almudevar è destinata ad influire anche sui tempi e sulle

perdettero troppi uomini senza infliggere adeguate perdite al nemico".


H. R olland, Il sindacalismo anarchico di A. Moschi, op. cit., pagina 209.
Nella battaglia di Monte Pelato cadono, tra gli altri: Mario An geloni; gli
anarchici Fosco Falaschi, Michele Centrone e Vincenzo Perrone; il giellista
Giuseppe Zudas; i comunisti Attilio Papperotto e Andrea Colliva. Dopo
la morte di Angeloni il comando della colonna passa a Rosselli, mentre
Berneri diviene delegato politico. Per gli anarchici caduti nella battaglia
cfr.: "Guerra di classe", n. 1 del 9 ottobre 1936. "Guerra di classe",
Barcellona, periodicità varia. Direttore: Camillo Berneri e, dal 28 maggio
1937, Virgilio Gozzoli. Cfr. L. B etoni, op. cit.
566 Vedi pagina 262.

249
modalità di conduzione delle operazioni militari. A partire
da questo momento, infatti, una lunga e logorante "guerra di
posizione" a fronte stabile subentra a quella "guerra di slan­
cio e di movimento" che aveva contraddistinto le prime fasi
del conflitto. Sebbene sostenuto dagli stessi vertici militari
anarchici, il mutamento strategico finisce per ripercuotersi
dannosamente proprio sull'efficienza e sull'incisività delle for­
mazioni libertarie che, in prevalenza, s'ispirano invece alle
tecniche di assalto tipiche della guerriglia rivoluzionaria. Non
a caso, in sede di dibattito storiografico, molti studiosi hanno
ravvisato nella stabilizzazione del fronte uno dei fattori de­
terminanti non tanto della sconfitta militare contro Franco,
quanto del soffocamento della rivoluzione sociale libertaria.
Sim u ltan eam en te a lla gu erra civ ile tra fa sc isti ed
antifascisti, infatti, un vero e proprio processo di trasforma­
zione sociale egualitario sta dispiegandosi in tutte quelle re­
gioni del paese dove gli anarchici costituiscono la schiaccian­
te maggioranza delle forze rivoluzionarie. Soprattutto in
Catalogna, è un susseguirsi costante di collettivizzazioni di
terre, espropriazioni di fabbriche, socializzazioni dei servizi
pubblici, occupazioni di sedi istituzionali; e tutte le strutture
da cui sgorgano i mille rivoli della vita produttivo-sociale,
sono im p erniate sui m o d elli o rg an izzativ i an arch ici
dell'autodeterminazione e dell'autogoverno popolare. Siamo
insomma al cospetto di un profluvio di realizzazioni e di li­
bere sperimentazioni comunitarie che sprigionano un'atmo­
sfera così entusiasmante e straordinaria da sedimentarsi nel­
la memoria storica libertaria come "la breve estate dell'anar­
chia"567.

567 "Nella memoria degli anarchici italiani partecipanti alia lotta del
1936-1939", ha scritto Carlo Venza, "le collettivizzazioni sono ritenute
un pilastro fondamentale della storia spagnola del periodo. Con il passa­
re del tempo, anzi, alle nuove generazione di anarchici in Italia ciò che
sarà trasmesso dell'esperienza spagnola riguarderà molto più l'aspetto
costruttivo dell'autogestione dei lavoratori nelle fabbriche e nei campi,
che non le imprese armate, collocate dai militanti anziani in un ambito
storico ben preciso e mai esaltate in quanto tali". C. V enza, Tra rivoluzione

250
Naturalmente/ si tratta di un'esperienza che le altre com­
ponenti politiche dello schieramento repubblicano del Fron­
te Popolare si adoperano in tutti i modi a sabotare. Allarmato
da una situazione sociale in costante fermento e sviluppo, il
governo centrale di Madrid cerca subito di ripristinare l'au­
torità dell'apparato statale attraverso un'azione di progressi­
vo e graduale esautoramento delle strutture rivoluzionarie
sorte dalle spontanee iniziative dal basso: si comincia col sot­
toporre a controllo istituzionale le comuni agricole, per poi
avvicendare i consigli e i comitati operai sorti nelle fabbriche
d'interesse strategico con organismi nominati direttamente
dal potere politico. Forti diffidenze a livello istituzionale, su­
scitano del resto le stesse formazioni combattenti anarchiche
di base. Non piace la loro "indisciplina", il loro "estremismo",
la loro refrattarietà ad ogni sorta di ordine, grado, gerarchia,
comando; soprattutto, non piace la loro incontrastata egemo­
nia in ambito "sociale". Si spiega così la massiccia campagna
diffamatoria avviata dalle forze governative ai danni delle
colon ne an arch iche e pou m iste sch ierate sul fronte
aragonese 568 . La disfatta di Almudevar, ad esempio, è colta a
pretesto per denunciare a gran voce imperizie, precarietà e
inefficienze manifestate nella circostanza dai miliziani, tacen­
do però del valore, del coraggio e dello spirito di abnegazio­
ne di cui molti si sono resi protagonisti nonostante le tante
avversità e le innegabili carenze organizzativo-militari. Nel
contempo, faide, violenze, prepotenze, massacri e tutto quanto
di disdicevole una guerra civile per sua stessa natura com­
porta, è imputato unicamente ad "elementi anarchici" e "agen­
ti provocatori poumisti", che vengono così infangati per pura
avversione politica. "Il fronte aragonese", dichiara un adira-

e guerra. Libertari italiani nella Spagna degli anni trenta, in La resistenza sco­
nosciuta, op. cit., pagina 266.
56S Si pensi, solo per citare un esempio, alla vignetta satirica apparsa
sul periodico 'comunista di Barcellona "Las noticias", dove il fronte
aragonese è raffigurato da un pescatore obeso e beato, in procinto di ad­
dormentarsi con una canna da pesca in mano, la sigaretta sull'orecchio e
la bottiglia di vino al fianco.

251
to Camillo Berneri, "è il fronte della Divisione Ascàso e della
Divisione Durruti, è il fronte sul quale gli anarchici, il Poum
ed il partito federale hanno la maggior parte delle loro forze
armate. Ciò basta ai settari dello stalinismo e della socialde­
mocrazia per realizzare una campagna di diffamazione tanto
fraudolenta quanto ingiusta"569. Sotto l'aspetto militare, poi,
si fa di tutto per intralciare l'attività delle milizie catalane,
tanto da privarle persino dei rifornimenti necessari per sfer­
rare nuove offensive ed ampliare le aree liberate. Viene in­
somma attuata una vera e propria azione di ostruzionismo
che non mancherà di riflettersi pesantemente sulle sorti della
stessa guerra civile. Come ben sanno anche i combattenti non
anarchici, la Catalogna "libertaria" costituisce infatti la prin­
cipale risorsa economica e materiale in queste prime fasi del­
lo scontro bellico. "La Catalogna", constata Carlo Rosselli, "ha
nelle mani l'avvenire di tutta la Spagna. Potrebbe armare 300
mila uomini e in tre mesi la guerra sarebbe vinta. Perchè non
s'è già fatto? Perchè è stata se non boicottata, trascurata. Il
socialismo madrileno, accerchiato, ha continuato ad insegui­
re il suo centralismo unitario, mentre a Barcellona non arri­
vano che le briciole. Il socialismo, il comunismo internazio­
nale gu ard avan o con p reoccu p azion e qu esta n atu ra
eterodossa"570. Persino un insospettabile come il colonnello
francese Castagnet, non esita ad affermare:

La caduta di M adrid sarà un fatto doloroso ma non sarà la catastrofe,


perchè resta ancora quell'em porio im m enso di energie che è la
Catalogna, che se impiegato in pieno ed a tempo, la guerra sarebbe
finita da un pezzo con la vittoria della repubblica571.

Le discriminazioni attuate dal governo centrale madrileno


nei confronti delle formazioni catalane, costituiscono soltan­
to il preludio del processo di controrivoluzione statalista che

569 C. B erneri, Il fronte calunniato: VAragona, in "Guerra di c la sse ", n.


14, del primo maggio 1937.
570 L. Di L embo, Il federalismo libertario ed anarchico, op. cit., p ag in a 66.
571 H. R ollano , op. cit., pagina 204

252
prende il via nel paese subito dopo l'intervento militare del-
l'URSS di Stalin572. A differenza dell'Inghilterra e dell'alleato
francese, che si mantengono in posizione defilata, il dittatore
russo non resta indifferente alle vicende spagnole e decide di
sostenere il governo del Fronte Popolare mediante l'invio di
uomini e di mezzi. Allo stesso tempo, però, condiziona i ri-
fornimenti alla centralizzazione del comando militare e della
polizia politica sotto la direzione di emissari sovietici e alla
revoca delle collettivizzazioni già compiute o in fase di attua­
zione573 . Il disegno strategico del Kremlino, dunque, è quello
di assumere il controllo politico-militare dello scontro per
procedere alla restaurazione della legalità e dell'ordine "bor-

572 Nell'agosto 1936, Francia Gran Bretagna Italia e Germania sotto­


scrivono un accordo di "non intervento" nella crisi spagnola. La clauso­
la, come è noto, è violata da Hitler e Mussolini. Circa il comportamento
assunto dalla Francia nelle vicende spagnole, il movimento constata: "Da
Lavai, che lasciò mani libere a Mussolini in Africa, in poi, la politica re­
missiva di fronte al fascismo sul terreno internazionale non cambiò
direttive in Francia. Si agita lo spettro della guerra, e, col pretesto vano di
<salvaguardare la pace>, si lascia assassinare alle spalle un popolo dopo
l'altro in odio al diritto delle genti ed alle tante invocate norme di sicu­
rezza della Lega delle Nazioni. Toccava ad un governo di fronte popola­
re di associarsi alla politica imposta dagli esponenti dell'alta finanza in­
ternazionale i quali, in ragione degli ingenti interessi materiali che pos­
seggono in Spagna, preferirebbero mille volte la vittoria di un Franco a
quella delle milizie operaie. La politica del <non interv en to inaugurata
dal governo di Blum nei rispetti della Spagna, è servita in realtà a favori­
re Fazione di Franco e dei suoi complici, Mussolini e Hitler. Questi ulti­
mi, fin dal primo momento, non hanno cessato col fornire <i ribelli> di
armi moderne, di munizioni, e perfino di uomini, mentre al popolo spa­
gnolo insorto per la difesa dei suoi diritti si è negato per parecchi mesi
ogni aiuto, lasciando che i generali spergiuri conquistassero la metà del
paese, sottoponendolo al loro regime di ferro e di sangue. Decine di mi­
gliaia di esseri umani sono stati sacrificati in questa lotta senza quartiere,
senza che i governi democratici sentissero il dovere d'intervenire per far
cessare tanto scempio". La politica della paura, in "Almanacco libertario
pro-vittime politiche", anno 1937, pp. 18-19.
$73 oltre che alla consegna del tesoro di stato come cauzione per gli.:
aiuti militari.

253
ghese". Subito dopo barrivo delle forniture belliche e la for­
mazione dei primi nuclei delle "Brigate Internazionali", si
provvede infatti all'inquadramento forzato dei miliziani in
un esercito regolare e alla soppressione delle conquiste rivo­
luzionarie realizzate dalle masse - come, ad esempio, la resti­
tuzione ai latifondisti delle terre collettivizzate e la riconsegna
agli industriali delle fabbriche socializzate.
Sebbene la complessità della guerra civile spagnola ne im­
pedisca una riduzione contenutistica ad una mera contrap­
posizione tra controrivoluzione stalinista e rivoluzione sociale
libertaria, è irrefutabile che, nei primi mesi del conflitto, Mo­
sca reputasse di prioritaria importanza riuscire a scardinare
il predominio sociale e militare detenuto da anarchici e
poumisti. A testimoniarlo in modo eloquente, è la stessa vi­
cenda dell'inquadramento forzato delle milizie in un esercito
regolare che, presentata sotto l'aspetto tecnico di migliorare
l'efficienza delle colonne, va in realtà letta come un'operazio­
ne diretta a privare anarchici e poumisti delle proprie radici
sociali o, come più correttamente è stato scritto, "a tagliare il
rapporto organico dei miliziani con le realtà sociali - quartie­
re, fabbrica, sindacato - che li armavano e sostenevano"574.
In questo modo, la militarizzazione delle milizie si traduce
immediatamente in una militarizzazione dell'intero scontro
sociale, in un'abdicazione, vale a dire, di quella impostazione
"dal basso" della mobilitazione antifranchista in favore del
modello strategico dello scontro "dall'alto" tra Stati rivali. E'
la logica dei fronti popolari, del patto d'unità d'azione, del­
l'alleanza tra la socialdemocrazia ed il comunismo interna­
zionali; è, insomma, il passaggio dalla "rivoluzione antifasci­
sta" alla "guerra antifascista". "Fare la Rivoluzione per vin­
cere la Guerra", era stata la parola d'ordine nei primi mesi
del conflitto; "Vincere la Guerra per fare la Rivoluzione", è
invece lo slogan di Mosca. Uno slogan che, come ben perce­
piscono gli anarchici combattenti nelle colonne, è destinato374

374 L. Di Lembo, L'Europa tra guerra dì stato e guerra di classe, op. cit,
pagina 31.

254
fatalmente a sfociare neiraffossamento della rivoluzione so­
ciale:

Codesta organizzazione [l'esercito regolare, n .d .a.j, giustamente e in


nome della sua efficienza, porterà all'insuccesso della rivoluzione,
perchè questo organismo comincerà ad imporsi, sempre in nome del­
l'efficienza, eserciterà una sua autorità e finirà per imporre il suo
potere alla rivoluzione. In nome dell'efficienza i bolscevichi assassi­
narono la rivoluzione russa, cosa che sicuram ente non volevano, ma
era fatale che così finisse. Lasciamo che la nostra rivoluzione si svi­
luppi per le sue strade575.

La questione che si pone per i miliziani anarchici, dunque,


non è tanto di efficienza militare quanto di gestione del pro­
cesso rivoluzionario. Va d'altra parte considerata la profon­
da avversione nutrita dai combattenti di base verso la tradi­
zionale concezione militaresca, gerarchica, verticistica e bu­
rocratica. In questo senso, la prospettiva di un inquadramen­
to in un esercito regolare, con la reintroduzione del comando
unico, dei gradi militari, dell'uniforme e del soldo differen­
ziato, finisce non soltanto col provocare un generale aftievo­
limento dello spirito combattentistico e dell'eroismo militan­
te, ma anche con l'allontanare dalla lotta molti di quelli che
erano stati spinti ad imbracciare le armi proprio dal sostan­
ziale egualitarism o regnante aH'interno delle divisioni
libertarie. Sintomatica, a riguardo, è questa dichiarazione ri­
lasciata dai miliziani della Cnt-Fai non appena a Madrid co­
mincia a ventilarsi l'ipotesi della militarizzazione forzata.

Non rifiutiamo di compiere il nostro dovere civile e rivoluzionario.


Noi vogliamo andare a Saragozza e liberare i nostri fratelli. Voglia­
mo essere miliziani della Libertà; non saremo, non possiamo essere
soldati in uniforme. L'esercito regolare si è concretamente dimostra­
to un pericolo per il popolo [...] Non possiamo difendere l'esistenza
né capire la necessità di un esercito regolare, in uniforme e obbligato-,
rio. Questo esercito deve essere sostituito dalle milizie popolari, dal

575 Dichiarazione riportata in L. Di L embo, Il federalismo libertario, op; .


c it, pagina 63.

255
popolo in armi, unica garanzia che la libertà sarà difesa c o n entusia­
smo e che nell'om bra non si tram ino nuove cospirazioni576.

L'elemento che desta maggiore impressione ad uno sguar­


do retrospettivo d'insieme, è che gli effetti controrivoluzionari
sortiti dal processo di restaurazione statalista fin qui descrit­
to, vengono completamente ignorati proprio dalle dirigenze
anarchiche spagnole. Non solo, infatti, i vertici della Cnt-Fai
non oppongono alcuna concreta resistenza alla soppressione
delle realizzazioni sociali dal basso ed alle istanze di
militarizzazione provenienti da Madrid ma, profilandosi
un'offensiva delle forze franchiste sulla capitale, pensano bene
di entrare con quattro ministri nel secondo governo del Fron­
te Popolare presieduto da Largo Caballero577. Si tratta di
un'iniziativa che, come è agevole comprendere, scatena un
vero e proprio putiferio nell'universo libertario, e che ancor
oggi è argomento di un serrato dibattito storiografico. Per
un'ampia fascia di studiosi, la scelta "ministerialista" della
Cnt-Fai va spiegata soprattutto con le oggettive difficoltà dei
v ertici anarch ici, im p egn ati a gestire un processo di
sconvolgimenti sociali inedito e complesso che, peraltro, si
dispiegava all'interno di un altrettanto vasto e composito con­
flitto militare. Probabilmente, l'accordo governativo è sem­
brato in quel momento una mediazione ragionevole di fron­
te alla prospettiva di assumersi da soli l'intera responsabilità
della guerra e della rivoluzione sociale. Certo, se si considera
quanto numerose fossero le milizie anarchiche e la vastità delle
aree territoriali dove erano insediate le organizzazioni
libertarie, la collaborazione al fronte popolare non appare una
mossa felice, in grado cioè di salvaguardare l'immenso patri­
monio rivoluzionario accumulato nei primi mesi di guerra. Il
vero nodo interpretativo, dunque, ruota sul perché si intra­
prenda questa strada invece di focalizzare tutti gli sforzi per

576 Documento citato in: J. P eirats, op. cit., Volume primo. Dalla Prima
Internazionale al 1936, pagina 251.
577 Federica Montseny, alla sanità; Garcia Oliver, alla giustizia; Juan
Peirò, aH'industria; Juan Lopez Sánchez, al commercio.

256
potenziare al massimo le strutture di base e gli organismi di
autodifesa popolare già operativi. Una risposta che appare
persuasiva sta nella convinzione delle dirigenze confederali
che/ dati i rapporti di forza, la sconfitta di Franco fosse per
così dire propedeutica alla lotta per il compimento definitivo
della rivoluzione sociale. Una visione strategica, quindi, del
tutto analoga a quella bolscevica e che, sebbene sorretta da
intenti diversi, non differisce però nei suoi effetti complessi­
vi. Come ha infatti scritto F. M. Santos, l'ingresso di ministri
anarchici nella compagine governativa guidata da Largo
Caballero, decretava ufficialmente "l'abbandono del proces­
so rivoluzionario a favore della lotta antifascista. Il che com­
portava alla lunga l'abbandono delle conquiste rivoluziona­
rie, quale che fosse il risultato della guerra civile"578. Natu­
ralmente, il processo alle gerarchie confederali spagnole, nel­
l'immediato e negli anni successivi, tocca tutte le corde e tutti
i temi. Accuse di sudditanza psicologica nei confronti delle
altre componenti dello schieramento repubblicano, di men­
talità autoritaria di stampo "archinovista", addirittura di una
profonda diffidenza, se non di una vera e propria avversio­
ne, nutrita nei confronti dello spontaneismo rivoluzionario
delle masse. La tendenza generale, in altre parole, è stata quel­
la di tracciare una linea di demarcazione ben definita tra gli
atteggiamenti militar-governativi delle dirigenze politico-sin­
dacali e le istanze di trasformazione sociale delle masse pro­
letarie. Si tratta di una diversificazione attributiva che, a dir
il vero, appare il più delle volte arbitraria e riduttiva, consi­
derando che quella della collaborazione di tipo frontista, in­
tesa come necessità dura ed ineluttabile, è una prerogativa
largamente diffusa anche a livello di base. Valga per tutti"
l'esem pio del leggendario rivoluzionario Buenaventura
Durruti che, pur presagendo i rischi e le insidie intrinseche
nell'adozione della strategia dei "due tempi", non indugia a
marciare con un proprio battaglione in difesa di Madrid, mi­
nacciata dall'avanzata delle forze nazionalisteS79. "Forse un

57ii F. M. S antos, op. cit., pagina 343.


S7y L'intervento della colonna, accolta dalla popolazione al grido di

257
giorno", dichiara ai suoi miliziani al momento della partenza
per la capitale,

il nostro governo tornerà ad aver bisogno dei militari per schiacciare


il m ovimento operaio. Per la pace e la tranquillità dell'Unione Sovie­
tica, Stalin ha abbandonato i lavoratori tedeschi e cinesi alla barbarie
fascista. A Hitler e M ussolini rompiamo più i coglioni oggi noi, con
la nostra rivoluzione, di tutta l'A rm ata Rossa. M ostriamo col nostro
esempio alla classe operaia tedesca e italiana, come ci si deve com ­
portare col fascismo. Non mi aspetto nessun sostegno da parte di
nessun governo del m ondo per ima rivoluzione del comuniSmo
libertario580.

Tra i più risoluti antagonisti del processo di restaurazione


statalista, sono sicuramente da annoverarsi gli anarchici di
lingua italiana. Dotatisi nell'ottobre del 1936 di un proprio
organo di stampa - "Guerra di classe " 581 - le maggiori perso­
nalità del movimento accorse in Spagna avviano dalle colon­
ne del giornale una lucida e serrata battaglia contro la
normalizzazione dello scontro sociale, la militarizzazione del­
le milizie e la linea "ministerialista" seguita dalla Cnt-Fai582,

"Viva Madrid senza governo", si rivela decisivo per arginare l'avanzata


dei ribelli. Nella battaglia, periscono 800 miliziani e 1400 franchisti.
Buenaventura Durruti muore il pomeriggio del 19 novembre trafitto da
una pallottola al petto di sospetta provenienza. L'ipotesi maggiormente
accreditata, tuttavia, è quella di un proiettile partito incidentalmente dal
suo stesso fucile. Su Buenaventura Durruti confronta tra gli altri: H. M.
E nzensberger , La breve estate dell'anarchia. Vita e morte di Buenaventura
Durruti, Feltrinelli, Milano, 1998.
580 Citato in A a .V v ., L'antifascismo rivoluzionario, op. cit., pagina 30.
581 "Guerra di classe", Barcellona, settimanale. Direttore: Camillo
Bemeri - Virgilio Gozzoli dal maggio 1937. Cfr. L. B ettini, op. cit.
582 II 10 ottobre 1936, i componenti della Sezione italiana della Colon­
na Ascaso redigono un documento in cui si legge: "I componenti la Se­
zione Italiana della Colonna Ascaso, provenienti quali volontari delle
diverse nazioni per apportare il loro contributo alla causa della libertà
spagnola e quindi della libertà universale, presa visione del decreto pro­
mulgato dal Consiglio della Generalità relativo alla trasformazione della
costituzione delle milizie, mentre riconfermano la loro decisione alla causa

258
"Guerra civile e rivoluzione sociale", si legge nell'editoriale
del primo numero,

non sono in Spagna che due aspetti di un'unica realtà: un paese in


marcia verso un nuovo ordine politico ed econom ico che, senza dit­
tature e contro lo spirito dittatoriale, costituirà le premesse e le con­
dizioni di sviluppo del collettivismo libertario583.

Come si vede, dunque, un foglio dal taglio tipicamente


"sociale", che orienta gran parte del lavoro dei redattori nella
ricerca di soluzioni e di formule in grado di salvaguardare
l'identità dialettica guerra civile/rivoluzione sociale nono­
stante i condizionamenti derivanti dalle contingenze belliche.
Particolarmente acute, a riguardo, risultano le riflessioni con­
dotte da Camillo Berneri che, insieme a Virgilio Gozzoli, è da
considerarsi il vero ispiratore del foglio. Acerrimo nemico dei
tentativi controrivoluzionari degli stalinisti, ma consapevole
allo stesso tempo dell'urgenza di correggere gli aspetti più
contradditori prodotti da questa tumultuosa mobilitazione
dal basso, Berneri ritiene che la questione cruciale nell'attua­
le fase di lotta consista nel trovare una formula sintetica atta
a "conciliare le necessità della guerra, la volontà della rivolu-

che li mosse, tengono a chiarire: 1 - Il suddetto decreto non può riferirsi


che a coloro i quali sono soggetti agli obblighi di mobilitazione emanati
dalle autorità promulga tri ci del decreto, sull'opportunità del quale ci
asteniamo da ogni apprezzamento di principio. 2 - 1 1 decreto in questio­
ne - secondo là loro convinzione - non li riguarda, ma non per tanto ten­
gono ad affermare, con assoluta e doverosa chiarezza, che nel caso si
ritenesse (da parie delle autorità) che anch'essi siano suscettibili di esse- ..
re compresi nelle disposizioni odierne, si riterrebbero sciolti da ogni im­
pegno morale, rivendicando la piena libertà d'azione, poiché verrebbe
ad essere menomato il patto costitutivo della Sezione stessa". Documen­
to riportato in U. F edeli, Un trentennio, op. cit, pagina 187. L'avversione
degli anarchici italiani verso la militarizzazione delle milizie e la scelta
"ministerialistà" della Cnt-Fai, non è tuttavia unanime. Alcuni militanti,
infatti, le giustificano come una dura esigenza imposta dalla realtà. Tra
questi: Giuseppe Bifolchi, Umberto Tommasìni, Emilio Canzi, Umberto
Marzocchi.
m Levando l'ancora, in "Guerra di classe", n. 1, del 9 ottobre 1936.

259
zione sociale e le aspirazioni deiranarchismo"5S4. Alle ogget­
tive inefficienze delle milizie di base e alla frammentarietà
organizzativa delle strutture di autogestione popolare/ sostie­
ne l'anarchico italiano/ non si ripara con la gerarchizzazione
militare e con la costituzione di un apparato fortemente cen­
tralizzato/ ma tramite l'individuazione di percorsi intermedi
che consentano di porre rimedio alle aporie e alle disfunzioni
degli organamenti popolari senza intaccare il principio della
trasmissione "dal basso all'alto". Proprio l'opposto/ quindi,
della linea strategica intrapresa dalla Cnt-Fai che, accettando
la militarizzazione forzata, è invece rimasta imprigionata nella
"politica di guerra" verticistica e autoritaria alla quale il go-
verno centrale di Madrid, Mosca e i partiti marxisti sono ri­
corsi per assumere il monopolio dello scontro ed indirizzarlo
in senso controrivoluzionario. Ancor più dannosa, incalza
Berneri, è stata poi la politica di collaborazione frontista
cenetista che, oltre a segnare l'ufficializzazione del duplice
processo di "bolscevizzazione" ed integrazione nella legalità
borghese dell'anarchismo spagnolo, ha prodotto una frattu­
ra così ampia tra la "base" e i "vertici" da danneggiare
irrimediabilmente non solo "il ruolo della Cnt e della Fai in
Spagna", ma "l'anarcosindacalismo nel mondo intero"585.
Nella riflessione di Berneri, dunque, emergono dirompenti
tutte le divergenze di fondo che separano gli anarchici italia­
ni dai dirigenti spagnoli su problematiche di fondamentale
importanza, quali la politica bellica, l'azione rivoluzionaria,
la centralizzazione amministrativa, l'autonomismo antistata­
lista. Sono tutti temi che si approfondiscono e si specificano
nei mesi successivi, finche l'assassinio dell'anarchico italiano
non ne tronca bruscamente l'ulteriore elaborazione586. Per il
momento, comunque, Berneri si batte con tutte le forze per
tentare di arginare la dinamica involutiva in atto e rilanciare581

581 C. B erneri, Una svolta pericolosa: Attenzione!, in "Guerra dì classe",


n. 4, del 5 novembre 1936.
585 Documento riportato in; L. Di Lembo, Il federalismo libertario, op.
cit., pagina 69.
Si!iSVedi capitolo successivo.

260
la rivoluzione sociale libertaria. A tal proposito/ nel novem­
bre 1936, egli si reca a Parigi per partecipare ad un congresso
dell'AIT, convocato proprio per discutere sugli accadimenti
spagnoli, e proporre una piattaforma di rivendicazioni im­
mediate che, tra gli altri punti, contempla, una "riforma del
Consiglio d'Economia di Catalogna sul principio della rap­
presentanza sindacale (Cnt-Ugt) e sull'esclusione dei rappre­
sentanti governativi e politici", una "riforma della costitu­
zione delle municipalità catalane sul piano del comuniSmo
libertario" e la "demilitarizzazione completa dell'esercito, che
dovrebbe essere sostituito dalle milizie sindacali"587.
La controrivoluzione statalista e le polemiche che l'accom­
pagnano, stanno aggravando i contrasti anche all'interno della
colonna italiana. S'è visto come già l'inquadramento nella
divisione anarchica spagnola "Francisco Ascaso" fosse stata
accettata obtorto collo dai giellisti, che volevano preservare
alla colonna una propria autonomia ideologica ed operativa.
Sebbene si fosse riusciti ad appianare questi primi dissapori
in nome della comune volontà antifascista, diffidenze ed
incomprensioni rimanevano pur sempre presenti allo stato
latente. Significativo, a riguardo, è lo scontro verificatosi al
momento della partenza da Barcellona per il fronte aragonese,
quando alla proposta di alcuni giellisti, che volevano sfilare
innalzando il tricolore, gli anarchici avevano reagito contrap­
ponendo il loro stendardo rossonero. La successione di Car­
lo Rosselli a Mario Ange Ioni al comando militare della mili­
zia, era stata poi accolta con molta perplessità dagli anarchi­
ci, sospettosi che GL volesse avvalersi della nuova leadersheep
per imporsi sulle altre componenti politiche della colonna*

5H7 Gli altri punti, contemplavano: "Ricostituzione del Comitato Cen­


trale delle Milizie di Catalogna e istituzione di un Consiglio Nazionale
di Difesa controllato dalla Cnt e dalla Ugt"; "Scioglimento (dissoluzio­
ne) della Guardia Civile e del corpo delle Guardie d'Assalto"; "Destitu­
zione del Corpo Diplomatico e [sua] ricostituzione fatta dal Consiglio
Nazionale di Difesa". Constatata la posizione di rigida chiusura dei de­
legati spagnoli, Bemeri rinuncia però alla presentazione della piattafor­
ma. L. Di L embo, Guerra di classe e lotta umana, op. cit, pp. 207 - 208.

261
Un po', insomma, come stava avvenendo in ambito propa­
gandistico dove "Giustizia e Libertà" esercitava una sorta di
monopolio dell'informazione sulle vicende spagnole. Sotto
questo aspetto, la stessa pubblicazione di "Guerra di classe"
si proponeva di fornire una voce alternativa, se non antago­
nista, a quella della testata giellista. Le tensioni sono dunque
già alte quando a farle esplodere sopraggiunge la disfatta di
Almudevar. Persuasi che ormai i rapporti di forza richiedano
un arruolamento delle milizie in un esercito regolare, i giellisti
decidono di allinearsi senza più reticenze alla politica mili-
tar-governativa imposta da Mosca. A questo punto, i contra­
sti tra anarchici e GL diventano insanabili e, nel dicembre 1936,
Carlo Rosselli ed il suo gruppo vengono di fatto espulsi dalla
colonna588. "Vi era dissidio nella colonna stessa", ricorda Al­
berto Meschi. "Le solite gelosie e diffidenze. La maggior par­
te degli uomini di linea erano libertari, mentre gli ufficiali
erano del gruppo GL e massoni. Questi ed altri dissensi fini­
rono col rendere impossibile la vita nella colonna e ne causa­
rono lo scioglimento"589. In realtà, la questione era ben più
complessa di quanto appare dalle parole dell'anarcosinda-
calista italiano. Come è stato sottolineato in sede di dibattito
storiografico, l'esperienza comune nella guerra civile spagnola
stava infatti dimostrando che tutto il lavoro unitario antifa­
scista portato avanti faticosamente da anarchici e giellisti, era
poi destinato ad arenarsi, all'atto pratico, su divergenze ide­
ologiche, programmatiche ed organizzative insormontabili.
Ma, soprattutto, stava dimostrando che, nonostante tutte le
teorizzazioni e le elaborazioni concettuali degli anni prece­
denti, "l'entusiasmo dei giellisti per le creazioni sociali dal
basso, per il federalismo, per il movimentismo, rimanevano
in una costruzione intellettuale e liberale, non ancorata ad

Síiíí Costituitisi in un contingente autonomo, "Matteotti", i giellisti con­


fluiscono subito dopo nel "Battaglione Garibaldi" delle "Brigate Inter­
nazionali", coordinato da socialisti, comunisti e repubblicani, e coman­
dato dal republicano Rodolfo Pacciardi.
ssy H. R olland , Il sindacalismo anarchico di A. Meschi, op. cit., pagina
209.

262
una <aprioristica volontà di astensione dal ruolo governati-
vo> e <ad una radicata concezione della rivoluzione perma-
nente>"590.
Sul fronte interno, intanto, il processo di ristrutturazione
autoritaria dell'apparato statale procede a pari ritmo con Tope­
ra di isolamento e di soppressione delle avanguardie rivolu­
zionarie anarchiche e poumiste. Agente principale della
"controrivoluzione", è il partito comunista spagnolo che, su­
bito dopo Tintervento di Mosca, si trasforma da aggregazio­
ne di infima minoranza in principale forza politica della coa­
lizione frontista. Ai principi di dicembre iniziano a verificarsi
i primi scontri armati tra anarchici e comunisti. Pochi giorni
dopo, la "Pravda" annuncia trionfante in un articolo di fon­
do: "In Catalogna è già cominciata la pulizia dai trotskisti e
dagli anarco-sindacalisti. Essa verrà condotta con la stessa
energia che nelTUnione Sovietica". E' il preludio al massacro
delle sinistre rivoluzionarie. La fine di qualsiasi forma di
autogoverno popolare è invece sancita dal decreto governa­
tivo del 24 dicembre, che istituisce il divieto di portare armi.
Agli inizi del 1937, dunque, la rivoluzione sociale in Spa­
gna può ritenersi ormai giunta alla sua fase conclusiva. Una
rivoluzione che Madrid, Mosca e tutte le forze dello schiera­
mento repubblicano si sono indistintamente affrettate a sof­
focare e a reprimere, ma che le dirigenze politico-sindacali
anarchiche con la loro linea "ministerialista", la loro scelta
della militarizzazione forzata e la loro logica della "guerra
antifascista", hanno contribuito più di tutto a seppellire. "Gli
anarchici al governo in Spagna", ha scritto Giampietro Berti
cogliendo in pieno il fulcro della questione,

hanno dimostrato questo: neppure essi, gli anarchici, con il loro pro­
gramma ideologico possono cam biare la natura del governo; la
militarizzazione in Spagna ha dimostrato questo: neppure la presen­
za e la partecipazione degli anarchici a tale irregimentazione posso­
no fermare la pietrificazione autoritaria di questo processo; la prati­
ca del "fronte popolare antifascista" al posto della lotta antiautoritaria

sy0 L. Di L embo, Il fed era lism o an archico, op. cit., pagina 68.

263
ha dimostrato questo: che le forze reazionarie e controrivoluzionarie
non si valutano per la loro ispirazione ideologica o per la loro espres­
sione sociale, ma dall'universale m atrice autoritaria che le segna
irrimediabilmente oltre le loro particolari vicende storiche (che diffe­
renza c'era tra un attacco fascista o un attacco comunista alle colletti­
vità e alla soppressione fisica dei suoi membri?); la scelta in Spagna
della guerra al posto della rivoluzione ha dimostrato questo: che ogni
guerra anche se combattuta da anarchici è prima di tutto un fatto
oggettivamente autoritario (e la guerra infatti fu persa appunto perchè
non si fece fino in fondo la rivoluzione); [...] l'abbandono parziale e
progressivo delle elem entari verità anarchiche sul rapporto mezzi­
fine ha dimostrato infine proprio questo: che neppure gli anarchici
possono travisare la scienza della libertà da loro stessi costruita591.

591 Dalla presentazione di G. B erti al testo di G. P eirats, op. cit., volu­


me I, pp., 11-12.

264
C apitolo sesto

1937-1938

1 - L'attività cospirativa in Italia e all'estero

Mentre tanti militanti sono impegnati nello scontro arma­


to contro i franchisti/ la lotta anarchica in Italia può avvalersi
per tutto il corso del 1937 dello stato di tensione che gli echi
della guerra civile spagnola e raggravarsi della congiuntura
economica disseminano nei settori proletari della popolazio­
ne 592 .
Nonostante la retata di arresti operata nel 1936593, a mani­
festare il maggior dinamismo sono ancora una volta i quadri
attivi a Torino. A destare le apprensioni delle autorità è so-

592 Cfr.: S. C olarizi, L'opinione degli italiani, op. cit.; S. C olarizi, Storia
del novecento italiano, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 2000; A.
A quarone , L'organizzazione dello stato totalitario, op. cit.; R. D e F elice ,
Mussolini il duce. Il, op. cit.; N . T ranfaglia, La prima guerra mondiale e il
fascismo, op. cit. Nel 1937-38, si registra anche un incremento degli episo­
di di "antifascismo esistenziale" di matrice libertaria, tanto nei piccoli
quanto nei grandi centri della penisola. Arresti di cittadini colpevoli di
aver intonato motivi libertari o di aver pronunciato frasi inneggianti al­
l'anarchica, sì susseguono a Firenze, Pisa, Torino, Forlì, Voghera, Lucca,
Ancona, Massa Carrara, Milano e Roma - dove, peraltro viene arrestata
una tal Caterina Meco, sorpresa mentre bacia la foto posta sul loculo' di
Malatesta al Verano. Molto numerosi, ovviamente, sono poi i ritrovamenti
di scritte murali "pro-Spagna rossa e rivoluzionaria", così come i verbali
di denuncia di individui responsabili di aver inneggiato ai "sovversivi
di Spagna". Cfr., ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA.,
1937, busta 43, fsc. KlA/M ovim ento anarchico, AA. PP.; Ivi, 1938, busta
23, fsc. KlA/M ovim ento anarchico, AA. PP.; A a .Vv., Aida IV, op. cit.; A.
D al P ont - S. C arolini, L'Italia dissidente, op. cit.; C. G hini - A. D al P ont,
Gli antifascisti al Confino, op. cit.; A. D al P ont - S. C arolini, L'Italia al Con­
fino, op. cit.
593 Vedi capitolo 5, paragrafo 3.

265
prattutto Ilio Baroni594, un operaio della Fiat "Ferriere" che
sta servendosi di una fitta rete di collegamenti con i compa­
gni fuorusciti in Francia e in Svizzera per ridare slancio e
impulso alla lotta antifascista in città. Come si legge in una
relazione di polizia,

il Baroni munito di tessera turistica effettuava frequentissimi viaggi


in motocicletta o in treno in Francia o in Svizzera. Il suddetto, a Pari­
gi, presso il gruppo anarchico di rue Combact, a G renoble, presso
l'anarchico Polidori, a M arsiglia, a Chambery ed infine a Ginevra,
presso l'anarchico Bertoni, direttore del "R isveglio", riceveva istru­
zione e veniva rifornito di materiale di propaganda e denari che im ­
portava in Italia595 .

Nell'estate del 1936, anche Baroni decide di accorrere in


Spagna per affiancarsi alla lotta del proletariato iberico con­
tro le forze nazionaliste. Una volta varcata regolarmente la
frontiera del Moncenisio596, viene però fermato da alcuni agen­
ti della gendarmerie francese che lo costringono a rimpatria­
re in Italia. Sfumata la possibilità di unirsi alla mobilitazione
antifranchista, ¡'anarchico riprende subito la sua attività clan­
destina in città, dedicandosi in particolare alla diffusione della
stampa antifascista tra i lavoratori delle "Ferriere". Coadiu­
vato dal fratello Giuseppe, provvede anche ad installare
un'emittente clandestina per captare le trasmissioni messe in
onda da Radio Barcellona ed aggiornare le masse operaie sul-
l'evolversi degli eventi597.

594 Su Ilio Baroni, vedi: ACS, CPC, busta 355, fsc. 98913 (Baroni Ilio);
ACS, Min. In t, Div. Poi. Poi., (ff. personali), busta 81, fsc. 169 (Baroni
Ilio); ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1938, busta 23,
fsc. K lA /M ov. An., AA. PP. (TO); T. Imperato, Anarchici a Torino, op. cit.
595ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1938, busta 23,
fsc. KlA/M ovim ento anarchico, AA. PP. (Torino), Riservatissima della
Direzione Confinati di Polizia di Tremiti, in data 22 novembre 1938.
596 Grazie ad una carta per il turismo alpino, che consentiva di varcare
il confine italiano senza inoltrarsi eccessivamente in territorio straniero.
597 Per il fenomeno delle radio clandestine nel periodo fascista, cfr.: S.
C olarizi, L'opinione, op. cit.; P. C anistraro, La fabbrica del consenso. Fasci-

266
Ben altro esito è destinato a sortire il secondo tentativo di
espatrio effettuato da Baroni nell'estate del 1937 quando, elusi
tutti i controlli di frontiera, varca il confine conia Svizzera e
s'inoltra in territorio francese. Giunto a Parigi, però, le infor­
m azion i ricevute da alcu n i com pagni sulle m anovre
controrivoluzionarie attuate da Mosca in Spagna e sul mas­
sacro degli anarchici compiuto dagli stalinisti a Barcellona
durante le giornate di maggio598, lo deludono a tal punto dal
dissuaderlo a proseguire per la Catalogna.
L'amarezza e lo sconforto per la piega assunta dalla guer­
ra civile spagnola, non intaccano comunque la tenace volon­
tà d'azione di Ilio Baroni che, non appena rientrato a Torino,
si rigetta di nuovo nella lotta antifascista, adoperandosi nel
riallacciamento di quadri e cellule diffuse a livello locale. Gra­
zie anche ai recenti contatti presi in Francia, riesce così a rior­
ganizzare un folto gruppo di m ilitanti, la cui attività
cospirativa si dirama in tre direzioni principali: raccolta e di­
stribuzione dei fondi pro-vittime politiche, favoreggiamento
di espatri clandestini per la Spagna e diffusione di materiale
propagandistico anarchico tra gli operai nelle fabbriche di
Torino e provincia. Com'è ovvio, si tratta di una serie di ini­
ziative ben note agli organi di polizia che, già da alcuni mesi,
hanno drasticamente intensificato le misure di sorveglianza
e di controllo ai danni delTanarchico599:

smo e mass-media, Laterza, Roma-Bari, 1975; A. M ontìcone, Il fascismo al


microfono. Radio e politica in Italia (1925 -1945), Studium, Roma, 1978; G.
M onteleone, La radio italiana nel periodo fascista. Storia e documenti: 1922 - 4
1945, Marsilio, Venezia, 1976; G. I sola , Abbassa la tua radio, per favore
Storia dell'ascolto radiofonico nell'Italia fascista, La Nuova Italia, Firenze,
1990; A. PAPA, Storia politica della radio in Italia (1922 - 1943), Studium,
Roma, 1978.
598 Sugli scontri di maggio a Barcellona, vedi il paragrafo successivo.
599 Da una testimonianza di Aldo Demi: "Mi ricordo sempre, perchè
abitavamo insieme, che Ilio, proprio per questo [i continui controlli poli­
zieschi] mise ima tavola da un balcone all'altro; così quando venivano
su, lui passava da una parte all'atra". Testimonianza riportata in: T. I mpe­
rato, op. cit., pagina 56, nota 33.

267
Negli ultimi mesi dello scorso anno, questo ufficio, a mezzo dei suoi
servizi di osservazione, potè notare un certo risveglio tra gli elemen­
ti anarchici, che si manifestava specialmente con frequenti contatti e
saltuarie gite anche fuori provincia Si potè stabilire che il grup­
po, abbastanza numeroso, faceva capo a tale Baroni Ilio, operaio del­
le Ferriere Piemontesi. Dagli accertamenti com piuti è risultato che il
Baroni cercava con ogni sforzo di riunire attorno a sé il m aggior nu­
mero di proseliti, con lo scopo in un primo tempo di com piere attiva
propaganda nelle fabbriche e di suscitare e tenere vivo tra le m asse il
malcontento. In seguito confidava di poter fare affidam ento sugli ele­
menti più fidati per tentare un'azione dì più vasta portata, anche con
mezzi violenti. Il Baroni intanto cercava di iniziare e mantenere i con­
tatti con i dirigenti ed istigatori che si annidavano all'estero, che do­
vevano fornirgli i m ezzi di propaganda e fargli pervenire in ogni con­
tingenza-, le necessarie istruzioni600.

Insieme ad Ilio Baroni cadono nella rete della polizia altri


ventiquattro militanti, tutti accusati di "attività antifascista e
propaganda anarchica aU'interno delle "Ferriere" e di alcune
altre grandi officine piemontesi"601.
Sebbene meno profonde di quelle impresse nel capoluogo
piemontese, tracce di "sovversivismo anarchico" sono ben visi­
bili in numerose altre realtà territoriali della penisola. Dalla con­
sultazione delle carte degli archivi di polizia, sappiamo che grup­
pi, cellule e nuclei clandestini sono presenti anche a Piombino602,

600 ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1938, busta 23,
fsc. K1A/Movimento anarchico, AA. PP. (Torino), Relazione della Pre­
fettura di Torino, del 14 febbraio 1938.
601 Vengono condannati al confino: Ilio Baroni e Ferdinando Milani -
5 armi; Antonio Garino - 4 anni; Giuseppe Baroni, Giuseppe Russo, Ma­
rio Neggia ed Eugenio Botto - 3 anni. Vengono ammoniti: Spartaco Ba­
stoni, Carlo Cacciolatto, Giuseppe Bolìin, Giovanni Gravela, Giuntini
Telemaco e Tillro Ticciati. Tutti gli altri militanti, vengono invece rilascia­
ti non essendo emerso nulla a loro carico. ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS,
AA. GG. RR., CC. AA., 1938, busta 23, fsc. K lA /M ovim ento anarchico,
AA. PP. (Torino), Relazione del Ministero deUTntemo, del 2 luglio 1938.
602 Dove si segnala la presenza di "attività sovversive" promosse da
"anarchici intellettuali" e "anarchici da trivio". Si tratta di Gino Giorgi,
Angiolino Pasquinelli, Alessandro Chelotti e Cesarino Bernardini. Noti-

268
a Trieste, a Roma, a Genova e a Livorno603 . Ancora pienamente
attivi, sono poi i canali di collegamento con Testerò, da dove
non cessa il flusso di corrispondenze e di fondi del Soccorso
Anarchico pro-vittime politiche. I principali centri di prove­
nienza sono sempre la Svizzera, la Francia e gli Stati Uniti; le
città destinatarie, Torino604, Milano, Napoli605, Livorno606,
Genova e Trieste. Un'arteria diretta con TAfrica Settentriona­
le, è invece operativa in Sicilia. Ce ne informa un rapporto di
polizia secondo cui copie de "Il risveglio anarchico", inviate
da Tunisi, giungono a Pantelleria per essere successivamente

zia rip o rtata in G. S acchetti, Gli anarchici attraverso le carte di polizia, op.
cit.
m Che però non sembrano suscitare particolare preoccupazione ne­
gli ambienti di polizia. "Gli anarchici di Livorno fanno pietà" si legge in
una relazione fiduciaria delTottobre 1937. "Solo Antonelli Virgilio po­
trebbe essere capace di qualche cosa, ma siccome ha preso moglie, ho
notato che non ha più il fanatismo di una volta, e a parlarci si comprende
che non vuole interessarsi più di nulla. Uno che potrebbe dare un po'
fastidio è un certo Biagini di Ardenza, ritornato da poco dal Confino.
Non mi sembra pericoloso come azione, tutt'altro, solo quando è ubriaco
chiacchiera un po' troppo. Gli altri non vale la pena nominarli, sono del­
le pecore rognose, capaci solo di ubriacarsi. Anche Amedeo Boschi è fini­
to. Ebbi occasione di parlare con lui giorni or sono, e dal suo dire subo­
dorai che non vuole più saperne di nulla". ACS, Min. In t, Dir. Gen. PS,
AA. GG. RR., CC. A A., 1938, busta 23, fsc. K1A/Movimento anarchico,
AA. PP. (Livorno), Relazione fiduciaria in data Livorno, 2 ottobre 1938.
(WAl di là del caso già esaminato di Ilio Baroni, fondi inviati dagli
Stati Uniti - da Nick di Domenico ed Osvaldo Maraviglia - giungono
anche a Caterina Piolatto, che poi s'incarica dì recapitare parte dei sussi­
di ai detenuti della "famigerata" banda Pollastro, in particolare a Giu­
seppe De Luisi e a Luigi Peotta. Secondo la spia anarchica Francesco
Mottu, la Piolatto starebbe anche progettando la fuga del De Luisi dal
reclusorio di Pozzuoli. ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC.
AA., 1938, busta 23, fsc. K1A / Movimento anarchico, AA. PP. (Torino)
605 Nel capoluogo partenopeo, è Maria Berardi che s'incarica di di­
stribuire i soccorsi ad alcuni militanti confinati all'isola di Ventotene. ACS,
Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1937, busta 43, fsc. K1A/
Movimento anarchico, Soccorso anarchico.
m Dove, all'indirizzo di Francesca Chiarini, pervengono sovvenzio­
ni da Parigi. ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA., 1937,

269
smistate in altri centri dell'isola. Arresti di anarchici colpevo­
li di propaganda a favore della "Spagna rossa" e /o di aver
avviato sottoscrizioni "prò sovversivi spagnoli"/ si susseguo­
no quindi a Pisa/ a Pontedera/ a Voghera/ a Massa e a Bari,
mentre ad Asciano Pisano e a Livorno alcuni militanti posso­
no disporre di una radio clandestina sintonizzata sulle fre­
quenze di Radio Barcellona. Un episodio curioso/ infine/ si
verifica a Ferrara: durante una proiezione al "Teatro Nuo­
vo", ignoti lanciano dal loggione un blocchetto di dieci fogli
da taccuino cosparsi di inneggiamenti all'anarchia607.
Mentre in Italia si cerca in tutti i modi di mantenere in vita
la cospirazione/ Tattenzione degli anarchici fuorusciti è in gran
parte assorbita dalle vicende della guerra civile spagnola e,
in particolare, dai sanguinosi scontri avvenuti a Barcellona
nel maggio 19376m. Come si può arguire, la notizia dell'as-
sassinio di Camillo Bemeri e di tanti altri militanti ad opera
di sicari stalinisti609, è destinata a scatenare polemiche lace­
ranti negli ambienti dell'emigrazione antifascista510. Uno scon-

busta 43, fsc. KlA/M ovim ento anarchico. Soccorso anarchico. Notizie
dalla Spagna, poi, giungono a Augusto Consani direttam ente da
Ferdinando Bencini, che si reca spesso in terra iberica in qualità di com­
merciante di acciughe salate. ACS, Min. In t, Dir. Gen. PS, AA. GG. RR.,
CC. AA., 1938, busta 23, fsc. KlA/M ovim ento anarchico, AA. PP. (Livor­
no).
607 Vengono arrestate 22 persone.
m Scontri che, com'è noto, vedono opposti anarchici e comunisti.
Vedi paragrafo seguente.
607 Vedi paragrafo seguente.
610 Naturalmente, la polizia italiana tenta più volte, ed in modi diver­
si, di sfruttare a proprio vantaggio la situazione. Viene persino progetta­
to di confezionare un giornale civetta allo scopo di esasperare ulterior­
mente le tensioni tra comunisti ed anarchici: "Fare un giornale anarchico
- di non grande tipo per ora - che attacchi pure violentemente il fascismo
ma che - è questo lo scopo - attacchi il comunismo nel modo più deciso e
volgare. Ciò prendendo lo spunto dal massacro degli anarchici a
Barcellona e della morte di Bemeri". ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, Polizia
Politica (fascicoli per materia), busta 41, fsc. Associazione fra massimalisti,
anarchici ed altri partiti simpatizzanti contro il comunismo ed il fasci­
smo, Appunto del capo della polizia, del 6 settembre 1937.

270
tro durissimo, si verifica a Parigi proprio durante una com­
memorazione dei caduti in Spagna quando Giuseppe di Vit­
torio, che presiede la celebrazione, si oppone alla richiesta di
Umberto Tommasini di annoverare il Berneri tra le vittime
antifasciste, sostenendo che l'anarchico era un traditore "che
pugnalava alle spalle dei bravi m iliti"611. E' questa soltanto
una delle tante calunnie dirette ad infangare la figura di
Berneri di cui si macchiano impunemente i comunisti dopo
le sanguinose giornate di Barcellona. Si pensi che la testata
parigina "Il grido del popolo", arriva persino a commentare
l'assassinio dell'anarchico come "un atto della rivoluzione
democratica a cui nessun antifascista può negare il diritto di
legittima difesa"612. Sono tutte esternazioni che, alle orecchie
del movimento, suonano come un'inequivocabile rivendica­
zione politica dell'assassinio del proprio compagno, e che
provocano una tale ripugnanza e un così forte risentimento
da portare alla definitiva rottura dei rapporti con i comunisti.
Sebbene in forme meno violente, i "fatti di maggio" sono
destinati a seminare forti tensioni anche con le altre compo­
nenti dello schieramento antifascista. Sull'incresciosa vicen­
da, infatti, l'atteggiamento prevalente tra i partiti in esilio è
quello di cercare di smussare quanto più possibile le polemi­
che richiamandosi all'unità delle forze antifranchiste, una ne­

611 Per la ricostruzione dell'episodio, vedi: C. V enza , Umberto


Tommasini, op. cit.; Scritti scelti di Camillo Berneri. Pietogrado 1917 - Barcellona
1937, a cura di R C. M asini - A. S torti, Sugar, Milano, 1964. Del clima di
forti tensioni riferiscono anche diversi fiduciari della polizia fascista ita­
liana. Come racconta Claudio Venza nel suo lavoro su Umberto
Tommasini, nel maggio del '37, una spia infiltratasi tra i socialisti
massimalisti, rivela che Tommasini avrebbe intenzione di voler vendica­
re la morte di Berneri assassinando un comunista. Lo stesso confidente
segnala poi che un comitato segreto anarchico avrebbe incaricato tre mi­
litanti "di agire in modo da vendicare i loro compagni, assassinati in
Spagna dalle orde staliniste". Secondo un altro fiduciario, infine, duran­
te una riunione della direzione del partito massimalista, sarebbero state
adottate misure tese a proteggere T incolu m ità degli aderenti al partito.
Vedi C. V enza, Umberto Tommasini, op. cit., nota 100 alle pagine 75 e 76.
612 Bisogna scegliere, "Il grido del popolo", del 20 maggio 1937.

271
cessità per dare pieno ed incondizionato sostegno al governo
repubblicano impegnato nella guerra contro i nazionalisti, ma
anche un comodo paravento per non vedere in che modo i
comunisti stiano concretamente esercitando la loro egemo­
nia sul fronte popolare. Questa sorta di rimozione, com'è ov­
vio, suscita l'acceso risentimento degli anarchici che, nei mesi
successivi, denunciano più volte indignati il contegno
omertoso e reticente assunto indistintamente da tutte le forze
antifasciste rispetto ai recenti crimini stalinisti, così come ri­
spetto ai tanti altri episodi di repressione contro gli anarchici
e i poumisti avvenuti in Spagna. "Le ripercussioni nel campo
dell'emigrazione antifascista italiana degli avvenimenti di
Barcellona", si legge su "La società nuova"613,

non sono state quelle che ci aspettavamo. Nessuno ha osato - né uo­


mini, né partiti - dire una parola di verità e di protesta. I socialisti,
dopo uno scatto insulso, hanno fatto una cronistoria dei fatti senza
un'espressione umana; Giustizia e Libertà, pur piangendo la morte
del nostro Berneri e degli altri compagni, non ha osato dire che è
stato vilmente assassinato. La Lidu se la è cavata con un ordine del
giorno della C.E. alquanto "diplom atico". Vergogna!614.

A solidarizzare sin dal primo momento con gli anarchici,


sono invece i socialisti massimalisti. Nell'estate del 1937, le
due forze elaborano anche una "Dichiarazione d'intesa" dove,
dopo aver stigmatizzato "l'opera nefasta di certi partiti co­
siddetti operai", si riafferma che la "sola via per vincere la
guerra ed annientare in modo definitivo il fascismo, è di spin­
gere a fondo la rivoluzione"615. Logicamente, si tratta di una

613 "La società nuova", Parigi, 1937, numero unico. Gerente: Granier.
Cfr., L. B ettini, op. cit.
614 G. M ariani, Soli, in "La società nuova", numero unico, del 26 mag­
gio 1937.
615 Dichiarazione d'intesa fra il Partito Socialista Italiano e i Gruppi Anar­
chici Italiani, in "Avanti", n. 14, del primo agosto 1937. L'accordo si pro­
pone altresì "d'intensificare la mobilitazione delle masse italiane a favo­
re della rivoluzione sociale spagnola, minacciata dal fascismo, dalle po­
tenze imperialiste e dalla borghesia <democratica> [...] di rivendicare il

272
convergenza del tutto episodica e occasionale. Al di là della
comune condanna della controrivoluzione stalinista/ su nu­
merose altre questioni di fondo permangono infatti tali in­
compatibilità e discordanze che non ci si riesce neppure a
mettere d'accordo su un appello comune al governo spagno­
lo per ottenere la scarcerazione dei detenuti politici. Al mo­
mento, comunque, il sostegno dei socialisti massimalisti co­
stituisce un'importante eccezione alla condizione di isolamen­
to politico in cui gli anarchici si ritrovano ad operare all'este­
ro dopo i fatti di Barcellona616.
Le vicende spagnole e i contrasti con le altre forze
antifasciste, finiscono per distogliere il movimento dall'azio­
ne più specificamente orientata al rilancio della lotta in Italia.
A frenare la messa a punto di nuove iniziative, contribuisce
però soprattutto l'adozione da parte del governo francese di
una serie di misure amministrative che inaspriscono ulterior­
mente la normativa sul soggiorno degli stranieri. Una nuova
ondata di espulsioni si abbatte così sui militanti anarchici,
infierendo anche sui tanti combattenti che, dopo le giornate
di Barcellona, hanno abbandonato disillusi la lotta riparando

diritto di critica, di pensiero e di organizzazione - capisaldi della demo­


crazia operaia". Ibidem.
1616 Isolamento politico cui la stampa anarchica risponde con una mar­
tellante denuncia delle manovre controrivoluzionarie effettuate da tutti
gli "antifascisti autoritari" in Spagna. "Tutti i partiti antifascisti che com­
battono in Spagna, dal cattolico al comunista", scrive ad esempio il
Mariani, "vogliono ad ogni costo impedire raffermarsi della Rivoluzio­
ne. Ragioni di diplomazia internazionale, complicità d'alta finanza e d'in­
teressi capitalistico-imperialisti, timori di un nuovo esperimento sociale
che additi ai popoli come sì può arrivare ad un regime di benessere, sen­
za sopprimere il più prezioso dei beni: la libertà, hanno suggerito l'ac­
cordo tra i politicanti di ogni risma, per cercare di stroncare questi mi­
gliori compagni nostri che sono stati disposti a sacrificare una parte del
loro patrimonio ideale, ma che si sono ribellati quando hanno compreso
che sotto falsi pretesti si attentava alle conquiste rivoluzionarie realizza­
te, per le quali gli anarchici hanno versato tanto sangue e sacrificato tan­
te vite". G. M ariani, Soli, in "La società nuova", numero unico, del 26
maggio 1937.

273
nella Francia M eridionale. A rendere il clima ancor più
irrespirabile, sopraggiunge poi anche l'assassinio dei fratelli
Rosselli poiché617, in un primo tempo, la magistratura fran­
cese indirizza le indagini per l'individuazione dei responsa­
bili quasi esclusivamente verso gli ambienti libertari618.
Isolato politicamente dal resto dell'antifascismo, fiaccato
dalla nuova stretta repressiva, privo dell'apporto di tanti qua­
dri caduti o ancora impegnati nella guerra civile spagnola, il
movimento è costretto per forza di cose a limitare la propria
attività allo svolgimento di riunioni e convegni e alla produ­
zione di appelli, opuscoli e manifestini che incitano il prole­
tariato italiano alla sollevazione armata contro la dittatura.
E' interessante notare come in questo materiale propagandi­
stico di vario tipo e taglio, risuonino con sempre maggiore
insistenza i motivi internazionalistici legati alla guerra civile
spagnola, quasi a voler stabilire una sorta di imprescindibile
legame tra la caduta del fascismo italiano e il trionfo del pro­
letariato iberico. In un documento diramato dall'Uai, ad esem­
pio, si afferma espressamente che "la lotta contro il fascismo
italiano per la sua decomposizione è un problema di necessi­
tà e carattere internazionale a cui gli anarchici italiani in par­
ticolare e gli antifascisti in generale debbono adoperarsi con
tutte le loro forze affinché la disfatta del fascismo in Italia sia
per il popolo spagnolo il principale fattore della sua vitto­
ria"619.

617 II 15 giugno 1937, in Normandia, Carlo e Nello Rosselli vengono


trucidati a colpi di mitra e di coltello da membri di un gruppo dell'estre­
ma destra francese - Cagoulards (Incappucciati).
m L'atteggiamento delle autorità francesi, va spiegato anche con la
necessità di non inasprire i già tesi rapporti diplomatici con l'Italia. La
polizia fascista, infatti, sta cercando di strumentalizzare l'omicidio dei
fratelli Rosselli addossandone la responsabilità agli anarchici. Vedi M.
F ranzinelu , l tentacoli dell'Ovra, op. cit.
iiy II tutto condito da una stima a dir poco ottimistica della presenza
libertaria nel paese: "Possiamo dire con orgoglio che il nostro movimen­
to in Italia è il più numeroso, è di una capacità rivoluzionaria superiore a
tutti i partiti di sinistra del movimento politici italiano". ACS, Min. Int.,
Dir. Gen. PS, Polizia Politica (fascicoli per materia), busta 38, fsc. Federa-

274
Proprio il rilancio della lotta in Italia e gli insegnamenti da
trarre dall'esperienza spagnola, costituiscono le tematiche cen­
trali di un importante convegno nazionale indetto dalla Fai a
Lione, dove però si dibatte anche su questioni più strettamente
organizzative. Questa di Lione, infatti, è l'ultima riunione
della Fai che, nell'autunno del 1937, viene sciolta per essere
sostituita da una nuova struttura associativa: l'Unione anar­
chica italiana (Uai). Il fine principale di questo ennesimo av­
vicendamento organizzativo520, è quello di munirsi di un or­
ganismo dalla veste più ampia di quella federativa e tale da
renderne ancor più esplicita la peculiarità di "sintesi". Richia­
mandosi direttamente ai postulati programmatici approvati
al congresso di Bologna del 1920, la risorta organizzazione si
pone così quale unione su base autonomista delle "diverse
forze esistenti in Francia, Belgio, Svizzera e Stati Uniti, al di
sopra e al di fuori di questioni tendenziali". Oltre a dotarsi di
un proprio organo di stampa - "Il momento " 621 - l'Uai avvia
anche le pubblicazioni di un "Bollettino d'informazioni" che,
a periodicità irregolare, viene redatto dal marzo del 1938 al
dicembre del 1939. Come si legge in un appello ai compagni,
pubblicato nel numero di esordio, si tratta in pratica di un
foglio preposto al collegamento interno dei vari gruppi "al
fine di attuare il programma di organica ristrutturazione con­
certato in sede congressuale"522.

zione Anarchica Profughi Italiani 1932 - 1938, Manifesto della Uai, del
primo marzo 1938.
620 Sancito al Congresso nazionale degli anarchici italiani all'estero -
Marsiglia, dicembre 1937.
621 "Il momento", Parigi, quindicinale. Direttori: Leonida Mastrodicasa
e Virgilio Gozzoli. Cfr., L. B ettini, op. cit.
622 "Bollettino d'informazioni dell'Uai", Marsiglia, periodicità irre­
golare. Redattori: Marcello Gregori, Giulio Bacconi e Umberto Ceccotti.
Cfr.; L. B ettini, op. cit L'appello, inoltre, esorta i gruppi ad intensificare la
propaganda antifascista negli ambienti dell'emigrazione italiana e ad
esprimere "il loro pensiero tenendo conto, della qualità e della quantità
dell'emigrazione italiana nella loro località e tenendo presente se gli
emigrati sono lavoratori agricoli o industriali". "Bollettino d'informa­
zioni dell'Uai", n. 1, del primo marzo 1938.

275
Con l'occup azione franchista delle regioni settentrionali
della Spagna, un massiccio numero di miliziani anarchici ini­
zia ad affluire sulle coste francesi. A questi valorosi ex com­
battenti per la libertà, il governo non riserva però migliore
accoglienza di quella dei campi di concentramento allestiti in
tutta fretta nel dipartimento dei Pirenei orientali623 - Argeles-
sur-mer, Saint-Cyprien-sur-mer, Vernet d'Ariege624, il forte di
Collioure, e così via. E' un'avvisaglia dell'ulteriore involu­
zione del clima politico e dell'atteggiamento sempre più osti­
le delle autorità locali verso i'immigrazione anarchica. Pro­
prio l'esame della nuova situazione interna, è all'ordine del

623 "per essi/7, ha scritto Gino Cerrito, "l'inverno fu più pesante deila
fame, i capannoni entro cui vennero stipati sani e ammalati erano ina­
datti a proteggerli dalle intemperie, il vitto era insufficiente, l'ozio mor­
tale, i più deboli furono preda di facili malanni. Numerosi furono i casi
di scorbuto, di congiuntivite e di altre malattie dovuta alla mancanza di
igiene e di vitamine; notevole il numero dei decessi". G. C errito, Gli ita­
lianifuori d'Italia, op. cit-, pagina 910. Pietro Bianconi, a sua volta, ha scritto:
"Ammassati in luridi capannoni tra filo spinato, affamati e sottoposti al
freddo e lasciati nella sporcizia, gli ex miliziani anarchici furono letteral­
mente decimati dallo scorbuto e altre malattie: i decessi raggiunsero in
pochi mesi <la cifra spaventosa di parecchie decine di miglìaia>". P.
B ianconi, Gli anarchici italiani nella lotta contro il fascismo, op. cit., pag. 65.
Da una testimonianza di Ilario Margarita: "Giunti in Francia fummo di­
sarmati e convogliati alla spiaggia di Argeles-sur-mer ove restammo per
due mesi, in pieno inverno, accovacciati in buche da noi scavate con le
mani nella sabbia. Dopo ci convogliarono a Gurs nei Pirenei occidentali;
attraversammo la Francia in vagoni merci per quarantotto ore sempre
pigiati in promiscuità indecente. Dopo sedici mesi in baracche di legno,
nelle quali entravano non solo le ventate gelide dell'inverno ma anche i
non pochi rettili che in quei paraggi abbondavano per la temperatura
atmosferica umida (sotto 25 centimetri di terra scorreva l'acqua)". Stralci
di un'intervista realizzata da Paolo Gobetti e conservata presso l'Archi­
vio Nazionale Cinematografico della Resistenza dì Torino. Ora in T. Im­
perato, "Barricata", una vita militante, in Bollettino dell'archivio G. Pinelli,
n. 11, agosto 1998, Milano, pp. 21-22.
624 Per la vita nel campo di Vernet, vedi: A. K oestler, La schiuma della
terra, Edizioni U , Rom a-Firenze-M ilano, 1946; C V enza, Umberto
Tommasini, op. cit.

276
giorno di un convegno indetto a Lione nel settembre 1938,
dove, al termine del dibattito congressuale, vengono definite
una serie di iniziative di lotta atte a contrapporsi all'ennesi­
ma ondata di persecuzioni: riallacciamento dei collegamenti
tra i vari gruppi; rilancio immediato dell'attività propagan­
distica; potenziamento del soccorso pro-vittime politiche; e
così via.
Resta da segnalare che, anche nel 1937-38, si moltiplicano
le relazioni di spie, fiduciari confidenti e informatori riguar­
do la preparazione di attentati anarchici alla vita di Mussolini.
Tra i progetti più verosimili, vanno ricordati quello che si pro­
pone di colpire il duce durante una visita al Viminale - ordito
da Umberto Tommasini, Gino Bibbi ed il repubblicano Giobbe
Giop - e quello che prevede di sopprimere il dittatore duran­
te il suo soggiorno marino in Romagna - ideato da Pio Turroni
e Domenico Ludovici, e sostenuto della sezione di guerra della
Cnt-Fai. Va però osservato che, rispetto agli anni precedenti,
la soppressione di Mussolini si colloca ora all'interno di un
disegno strategico di ben più ampio respiro. Da una testimo­
nianza di Pio Turroni:

Si era fatto evidente che difficilmente in quelle condizioni si sarebbe


vinta la guerra contro Franco e tutti i suoi complici; che solo un fatto
d'im portanza che avesse scosso e colpito il fronte dei reazionari che
lo aiutavano tanto efficacemente e le masse operaie europee ingan­
nate dalla socialdemocrazia e dai comunisti, poteva cambiare una
tale situazione. Era evidente anche che socialisti e comunisti non vo­
levano assolutamente una Spagna vincitrice. Questo fatto d'impor­
tanza, nuovo, poteva essere un riuscito attentato a Mussolini che era
riuscito tronfio dalla vergognosa guerra d'Abissinia e che appariva
allora come il massimo esponente, il capo di tutta la reazione mon­
diale625.

625 Cit. in C. V enza, Umberto Tommasini, op. cit. nota 115, pagina 83.

277
2 - Dagli scontri di Barcellona all'offensiva franchista contro la
Catalogna. Maggio 1937 - dicembre 1938

Come s'è visto nel capitolo precedente,, l'intervento mili­


tare della Russia in Spagna aveva segnato l'inizio di un pro­
cesso autoritario di normalizzazione statalista diretto ad
esautorare la mobilitazione antifranchista dei suoi contenuti
rivoluzionari e delle sue realizzazioni sociali. Tra polemiche,
contrasti e alcune scaramucce armate, la restaurazione della
legalità e delTordine borghese era proceduta a ritmo incal­
zante consentendo al governo del Fronte Popolare di riassu­
mere in breve tempo il controllo di vaste aree territoriali.
Notevolmente più complessa, è destinata invece a rivelarsi
l'opera di reintegrazione istituzionale in Catalogna. Nella re­
gione a straripante presenza libertaria, il sabotaggio della ri­
voluzione scatena infatti l'accanita opposizione del proleta­
riato locale, deciso a difendere a tutti i costi le conquiste "so­
ciali" conseguite nei mesi precedenti.
Sebbene la tensione sia dovunque altissima, è Barcellona
a diventare teatro di una vera e propria sollevazione popola­
re626. Già sul finire del mese d'aprile, un'operazione di poli­
zia diretta ad assicurarsi il controllo di alcuni punti strategici
della città aveva provocato i primi scontri armati per le stra­
de. Ma il vero e proprio incendio divampa il pomeriggio del
tre maggio 1937, quando il comandante generale delTordine
pubblico della Catalogna - Rodriguez Salas - ordina di assal-

626 Sulle giornate di Barcellona vedi, tra gli altri: J. P eirats, La Cnt nella
rivoluzione spagnola, volume secondo, le collettivizzazioni, la militarizzazione,
la controrivoluzione in marcia, Antistato, Milano, 1977; F. M. S antos, Camillo
Bemeri, op. cit.;U. F edeli, Un trentennio, op. cit.; H. R olland, il sindacalismo
anarchico di Alberto Moschi, op. cit; C. V enza, Umberto Tommasini, op. cit.;
C. S ilingardi, Rivoltalo Giglioli, op. cit; M. S ignorlno, Il massacro, op. cit.;
C. S. M aura, Libertat! Rivoluzione e controrivoluzione in Catalogna, op. cit.;
G. O rwell, Omaggio, op. cit.; L. C asali, La memoria ambigua. Guerra e rivo­
luzione in Catalogna negli scritti degli italiani, in "Italia contemporanea",
1987, numero 1; C. V enza, Tra rivoluzione e guerra, op. cit.; A. Aguzzi, Gli
anarchici italiani in Spagna nei fatti di maggio, op. cit.

278
tare la sede della Centrale Telefonica, occupata e gestita sin
dalTinizio della guerra da nuclei di avanguardie proletarie
aderenti al Poum e alla Cnt627. Subito dopo, quadri anarco-
sindacalisti, militanti poumisti, operai armati e lavoratori
comuni, accorrono nelle varie sedi militari e di rappresentan­
za per definire le strategie di lotta ed organizzare la resisten­
za: ovunque, alTunanimità, si delibera di rispondere con le
armi alTaggressione delle forze governative628. Iniziano così
una serie di battaglie casa per casa, tetto per tetto, barricata
per barricata....... Dopo due giorni di scontri violenti e inin­
terrotti, le forze della coalizione governativo-comunista-
separatista sono riuscite ad occupare le zone centrali della
città; ma lo schieramento popolare mantiene il controllo del­
la Telefonica629, di alcuni importanti edifici pubblici e di tutti
i sobborghi operai.
La situazione sul piano militare, dunque, è di pieno equi­
librio quando il comitato nazionale della Cnt dirama un co­
municato che dispone ai propri affiliati Timmediato "cessate
il fuoco". Frutto di una tregua concordata con le rappresen­
tan ze com un iste, T ap p ello a deporre le arm i segna
Tufficializzazione dell'atteggiamento conciliatorio assunto
dalTorganizzazione anarcosindacalista sin dalTinizio degli
scontri. Contrariamente a quanto sarebbe stato lecito atten­
dersi, infatti, i vertici confederali hanno subito guardato con
profonda diffidenza, per usare un eufemismo, all'autodifesa
armata intrapresa dalla popolazione e, mentre la lotta infu­
riava per le strade, non avevano fatto altro che esortare le
masse proletarie alla pacificazione generale in nome dell'unità
della lotta contro il franchismo. Timorosi di essere accusati di ■*

627II pretesto ufficiale dell'operazione, è l'insufficienza del servizio e


l'insinuazione che le comunicazioni governative vengano controllate.
62HSi fronteggiano: la forza pubblica (Guardie d'assalto, Guardia na­
zionale, Guardie di sicurezza, Mozos de esquadra), il Psuc e l'Estat català
(separatisti catalani), da una parte; le forze popolari composte da anar­
chici (Cnt, Fai e Gioventù libertaria), poumisti e pattuglie di controllo,
dall'altra.
629 Occupata dai governativi al solo pian terreno.

279
disfattismo e di tradimento dalle altre forze della coalizione
repubblicana630, i ministri anarchici del governo Cabalìero
avevano persino impedito che un reparto di miliziani abban­
donasse il fronte aragonese per accorrere in sostegno degli
insorti. Questa vera e propria azione di sabotaggio dell'in­
surrezione popolare, del resto, può sorprendere solo se si pre­
scinde dall'indirizzo di collaborazione frontista intrapreso
dalle dirigenze anarchiche spagnole sin dai primi mesi della
guerra civile; solo prescindendo, vale a dire, da quella politi­
ca di mediazioni, di compromessi e di cedimenti che, come si
è visto nel capitolo precedente, aveva portato i vertici della
Cnt-Fai dapprima alla scelta della "militarizzazione" e poi a
quella "ministerialista''. Casomai, dunque, va sottolineato che
l'appello a cessare i combattimenti diramato dalla Cnt si tra­
duce ora nell'affossam ento definitivo della rivoluzione
libertaria. Mentre, infatti, quasi tutti i combattenti anarchici,
seppur delusi e con profonda irritazione, si allineano "disci­
plinatamente" alle direttive delle proprie dirigenze, le forze
governative non rispettano affatto le clausole dell'armistizio,
ma approfittano dell'abbandono temporaneo delle barricate
per procedere al disarmo di nuclei di rivoltosi e consumare la
loro vendetta contro gli anarchici: i corpi senza vita di Camillo
Berneri, Francesco Barbieri, Renzo de Peretti, Adriano Ferrari,
Pietro Mancon e del comandante Domingo Ascaso vengono
rinvenuti in vari punti delle Ramblas, mentre in una fossa
comune giacciono trucidati diciotto di militanti della "Gio­
ventù Libertaria".
Benché la libellistica comunista abbia sempre negato qual­
siasi addebito in proposito631, la matrice stalinista dell'omici­

630La stampa comunista, ad esempio, cerca subito di strumentalizza­


re l'insurrezione di Barcellona presentandola come il frutto di un com­
plotto ordito dai traditori anarco-trotzkisti che pugnalavano alle spalle
la rivoluzione antifranchista.
631 In un articolo comparso sulla rivista "Rinascita" nel marzo 1950,
ad esempio, Paimiro Togliatti inveiva contro Gaetano Salvemini, reo di
aver affermato durante una lezione universitaria che Camillo Bemeri era
stato ucciso in Spagna dai comunisti. "O quest'uom o", dichiarava

280
dio di Camillo Bemeri è stata ormai accertata dalle più recen­
ti ricostruzioni storiografiche632. Come dimostra F. M. Santos

Togliatti, “inghiottisce tranquillamente tutto quel che gli gettano, purché


sia di marca americana ed anticomunista, o non è onesto. Camillo Bemeri
era anarchico e tra gli anarchici di Barcellona, nelTaprile del 1937, egli
apparteneva alla tendenza che in certo qual modo si avvicinava ai socia­
listi unificati, ai catalanisti ed ai repubblicani, giacché si era opposto, e
anche in modo energico e suscitando reazioni, al comportamento dei fa­
mosi incontrollati. Questa fu la famosa rivolta barcellonese di maggio:
una serie confusa di sanguinose battaglie di strada, da casa a casa, dai
tetti, ecc. Bemeri cade in uno di questi scontri: questo è tutto". Cit. in F.
M. S antos, Camillo Berneri, op. cit., pp. 387 - 388.
fl32 Sul "Caso Bem eri" vedi, tra gli altri, F. M. S antos, Camillo Berneri,
op. cit.; P. C. M asini - A. S orti, Il Caso Berneri, in Scritti scelti, op. cit. Scri­
vono Masini e Sorti: "Il caso Bemeri è aperto. Molti che conoscono la sua
fine, che conoscono soprattutto chi la preparò, chi la ordinò e chi la ese­
guì devono ancora parlare. Negli archivi del Komintem, esistenti a Mo­
sca e vietati agli storici, si conservano documenti che potrebbero illumi­
nare i fatti. Berneri non era comunista e non ha bisogno dì una riabilita­
zione come quella che i comunisti di Kruscev hanno riservato ai comuni­
sti vittime di Stalin. Egli è già onorato dai suoi stessi compagni e da tutti
gli uomini liberi e non ha bisogno di alcun riconoscimento postumo e
tardivo. Per il caso Berneri si tratta solo di un problema di verità: non
quello di conoscere quale gruppo politico ha la responsabilità del delitto,
perchè questo dato è già stato appurato, come sì apprende dalle prove
presentate, ma conoscere i responsabili del suo assassinio: nomi, cogno­
mi, loro attuale posizione politica e personale. E' anche necessario sape­
re chi sono i Dumini, i Putato, i Rossi, i Marinelli del caso Berneri. La
verità, non per i tribunali della legge, ma per i tribunali della storia, è il
più alto tributo che si possa rendere alla memoria di Camillo Berneri". P.
C. M asini - A. S orti, op. cit., pp. 252 - 253. Chi già allora non nutre nessun
dubbio sulla matrice stalinista delTassassinio di Bemeri, è invece Benito
Mussolini: "Il maggio 1937 verrà ricordato come il mese del massacro
della libertaria intelligenza catalana che ha avuto come guida gli uomini
del più puro anarchismo italiano [..-] Personalmente, la morte di Bemeri
mi ha profondamente addolorato [..-] Bemeri non era un tipo da soppor­
tare sopraffazioni comuniste. Lo so fin dai remoti anni in cui, in qualche
modo, diede una ragionevole, se non del tutto ragionata, interpretazione
della mia personalità. Conosco bene l'acume intellettuale, la passionalità
di Bemeri [...] Non vi meravigliate, Yvon, se io tesso l'elogio funebre di
Bemeri e dei suoi compagni. Ma essi furono, veramente, uomini d'ono-

281
nel suo documentato lavoro633, i responsabili degassassimo
dell'anarchico italiano sono da individuarsi in agenti della
Gpu634, con la com plicità del partito comunista catalano
(Psuc)635. Camillo Berneri, secondo lo storico spagnolo, "ven-

re. Volevano una libertà spagnola a misura delle loro idee. Capirono,
quand'era troppo tardi, che la libertà franchista non avrebbe mai garan­
tito agli anarchici la libertà di accesso alla storia. Ma capirono anche che
la libertà comunista - libertà di porgere i polsi alle manette del bolscevismo
<in più paesi> - era, ancor più, negazione di ogni libertarismo spagnolo
[...) Oggi commemor[o entro me] la vita di Camillo Berneri, nobile nemi­
co che ebbe buone ragioni per non credere nel mio amore per la libertà,
ma che - certamente - non ne ebbe alcuna per siglare con i bolscevìchi di
Catalogna quel patto di unità - anarcocomunista, in questo caso - che lo
avrebbe condotto a morte. Perchè [...] Berneri non fu assassinato dal po­
tere governamentale, dai destri del governo repubblicano, ma dai
bolscevichi italo-russi che lo temevano più di quanto non temano il ge­
neralissimo Franco [...] Se vi è stato eroismo nella Spagna governamentale,
questo appartiene alla disperazione di Berneri e dei suoi compagni. Co­
storo sapevano di non poter contare sull'aiuto delle grandi democrazie".
Intervista riportata in: Y. D e B egnac, Taccuini mussoliniani, Il Mulino, Bo­
logna, 1990
633 p S antos, Camillo B ern eri , op. cit.
634 Rete di polizia segreta finalizzata aireliminazione fisica e politica
di "elementi incontrollabili", creata da "tecnici" e "specialisti" inviati da
Mosca.
635 Dal racconto dell'episodio pubblicato su "Guerra di classe": "La
mattina di martedì 4 maggio verso le dieci si presentarono alla porta
dell'appartamento sito al primo piano del numero due della Plaza del
Angel due individui coi bracciali rossi [indicano l'appartenenza comu­
nista, n. d. a.]. Furono ricevuti dai compagni Barbieri e Berneri cui disse­
ro di non sparare, poiché erano amici dai quali non avevano nulla da
temere. I nostri due compagni risposero che in quanto antifascisti che
erano giunti in Spagna per difendere la rivoluzione non avevano alcun
motivo per sparare contro lavoratori antifascisti; dopo di che i due usci­
rono e se ne andarono; dalla finestra vennero visti entrare nei locali del
palazzo di fronte, sede dei sindacati della UGT [sindacato d'ispirazione
socialista, n. d. a.]. Verso le quindici di quello stesso giorno si presentaro­
no alla porta dell'appartamento cinque o sei individui provvisti come
quelli del mattino di bracciali rossi ed anch'essi fomiti di caschi d'acciaio
e carabine, che dissero di avere ordini per iniziare una perquisizione.
Vedendo che rovistavano minuziosamente dappertutto, la compagna
Tantini presentò agli intrusi tre carabine, dicendo che erano state affida­

282
ne assassinato per la sua onestà politica e per la sua sincerità
di critica che non ammetteva né i compromessi, né le umilia­
zioni. Il suo assassinio fu premeditato e si approfittò della

te, per poco tempo, dai compagni miliziani che erano arrivati con un
permesso dal fronte di Huesca. Ottenute le armi, poliziotti e ugetisti se
ne andarono. Solo due di essi rimasero per portare a termine la perquisi­
zione. Vennero sequestrati documenti anche dall'abitazione di Fantozzi
e qualche libro e lettere da quella di Mastrodicasa. Nell'abitazione di
Berneri, vedendo che il materiale da trasportare era troppo voluminoso,
ne presero solo una parte, dicendo che sarebbero ritornati dopo con un
auto. Uscendo, avvertirono i nostri compagni di non allontanarsi e di
non sporgersi alla finestra, poiché rischiavano di essere presi a fucilate.
Interrogati a fondo, quelli risposero di essere venuti a sapere che nell'ap­
partamento si trovavano anarchici italiani armati. Verso le diciotto del
pomeriggio di mercoledì si presentarono come al solito una dozzina tra
miliziani della UGT, con bracciali rossi e poliziotti armati, oltre ad ima
altro vestito in borghese, i quali arrestarono Barbieri e Berneri. Allora il
compagno Barbieri chiese il motivo di quell'arresto. Gii venne risposto
che li arrestavano in quanto elementi controrivoluzionari. A tali afferma­
zioni Barbieri rispose che in vent'anni di militanza anarchica quella era
la prima volta che gli veniva fatto un oltraggio simile. A ciò il poliziotto
rispose che nella misura in cui era anarchico egli era controrivoluzionario.
Irritato, Berneri chiese allora il nome a quello che l'aveva insultato, riser­
vandosi di chiedergliene conto in altra occasione. Fu allora che il poli­
ziotto, voltando il bavero della giacca, mostrò il distintivo metallico che
portava il numero 1109 [...] La compagna Tantini, anch'ella presente,
protestò allora per il fatto che mentre le armi erano state affidate a lei,
essa rimaneva libera e invece Berneri e Barbieri, a carico dei quali non
era stato trovato nulla, venivano arrestati. Poi, sia lei che la compagna di
Barbieri chiesero di poter seguire gli arrestati; a ciò i poliziotti risposero
che se fosse stato necessario sarebbero tornati ad arrestarle. Il mattino di
giovedì, verso le nove e mezza si presentarono alla porta dell'apparta­
mento due individui coi bracciali rossi dicendo che erano venuti per tran­
quillizzare le due dorme che gli arrestati del giorno precedente sarebbe­
ro stati rimessi in libertà a mezzogiorno; dopo di che se ne andarono.
Come s'è saputo dopo dai cartellini dell'Hospital Clinico, Barbieri e
Berneri furono condotti morti all'Hospital nella notte tra mercoledì e gio­
vedì, raccolti dalla Croce Rossa, il primo sulle Ramblas e il secondo in
Plaza de la Generalität". Cit. in F. M. S antos, Camillo Berneri, op. cit., pp.
378-380. lì possessore del distintivo numero 1109, era un poliziotto ade­
rente al Psuc che operava nella Gpu. Cfr., Ivi, pagina 387.

283
circostanza dell'inizio dei fatti di maggio per procedere alla
sua esecuzione"636.
In effetti, i furiosi attacchi deiranarchico contro le mano­
vre controrivoluzionarie degli stalinisti, avevano alimentato
negli ultimi mesi l'ostilità delle rappresentanze sovietiche
verso un personaggio da sempre su posizioni di irriducibile
condanna del regime bolscevico637. Già alla fine del '36, come
ci riferisce lo stesso Berneri, uno dei suoi articoli di fondo,
pubblicato su "Guerra di classe", aveva tremendamente "ir­
ritato il console generale delbUrss a Barcellona [Antonov-
Ovseenko, n.d.a.] che ha chiesto al comitato regionale della
Cnt-Fai se l'apprezzava"638. Nei primi mesi del '37, poi, il con­
sole esercitava fortissime pressioni sui comitati della Fai af­
finché "Guerra di classe" si piegasse alle regole dell'opportu­
nità e della convenienza politica639. In un articolo dell'undici
maggio 1937, infine, "Solidariedad Obrera" riferiva che "qual­
che mese fa e secondo notizie degne di fede, un'alta persona-

636 Ivi, op. cit., pagina 388. Poche ore prime del suo assassinio, ironia
della sorte, Berneri aveva com m em orato, dai m icrofoni di radio
Barcellona, Antonio Gramsci, morto nelle carceri fasciste il 27 aprile 1937:
"N oi dalla radio Cnt di Barcellona salutiamo il valoroso intellettuale, il
degno e tenace militante che fu il nostro avversario, Antonio Gramsci,
convinti che egli portò la sua pietra all'edificazione dell'ordine nuovo,
ordine che non sarà quello di Varsavia, o quello carcerario e satrapesco
attualmente vigente in Italia, ma una moderna organizzazione politico­
sociale in cui il sociale e l'individuale si armonizzeranno in un'economia
collettivista, e in un ampio e coordinato federalismo politico". Ivi, nota
90 a pagina 378.
637Nonostante le sue critiche, Berneri aveva però più volte esortato al
superamento delle lotte intestine. Già in un suo appello del 5 agosto 1936,
ad esempio, si legge: "In questo momento in cui i più combattivi rivolu­
zionari lottano al fronte senza distinzione di tendenze ideologiche e sin­
dacali, esponendo la vita, è un tradire costoro e la causa che essi difendo­
no il fomentare lotte intestine tra i proletari del fronte interno". Secondo
alcuni compagni a lui molto vicini, proprio questa sua testarda fiducia
nel superamento dei contrasti tra antifascisti avrebbe facilitato l'esecu­
zione dell'omicidio.
638 C. B erneri, Pensieri e battaglie, op. cit., pp. 249 - 250.
639 Cfr., F. M. S antos, Camillo Berneri, op. cit.

284
lità che alloggiava a Barcellona ebbe un incontro con un'altra
alta personalità a proposito degli articoli che Bemeri scrive­
va. Sembra che ai due personaggi dessero parecchio fastidio
gli scritti di Berneri e a questo fastidio e ai mezzi per calmar­
lo si riferissero nel loro incontro"640. L'"alta personalità che
alloggiava a Barcellona", cui allude la testata spagnola, era
proprio il console russo Antonov-Ovseenko 641 ; mentre con
l'espressione "mezzi per calmarlo", alla luce di quanto sareb­
be avvenuto, è ben chiaro cosa si volesse intendere.
Con molta probabilità, a decretare la condanna a morte di
Camillo Berneri ha contribuito in maniera determinante la
stesura di una lettera al m inistro della sanità Federica
Montseny, apparsa su "Guerra di classe" nell'aprile 1937 -
"Lettera aperta alla compagna Federica Montseny". Nel te­
sto, infatti, non solo si condensano tutti i precedenti motivi
della critica berneriana alla strategia di collaborazione
frontista seguita dalle dirigenze anarchiche spagnole, ma ven­
gono anche indicate, in termini ultimativi, una linea politica
ed un m odello d 'azio n e altern ativo al loro in d irizzo
"ministerialista". Nucleo centrale della riflessione di Berneri,
è la constatazione che la partecipazione anarchica al governo
del Fronte Popolare non sia riuscita in alcun modo ad argina­
re il processo di normalizzazione statalista avviato dalla coa­
lizione bolscevico-borghese, che ha invece potuto dispiegarsi
in tutte le sue forme e in tutte le sue varianti autoritarie. Ad
impedire quest'azione di contenimento è stata soprattutto la
politica della "militarizzazione" forzata delle milizie, alla
quale i ministri anarchici si sono allineati senza comprender­
ne le ragioni di fondo che la motivavano; senza comprende- -
re, cioè, che la "polìtica di guerra" non si giustificava affatto
con l'esigenza tecnica di migliorare l'efficienza operativo-
militare delle milizie, bensì con quella di natura squisitamen­

640 Continuano le manovre segrete. Il compagno professor Berneri è stato


assassinato a Barcellona, in "Solidariedad obrera", n. 1585, d ell'll maggio
1937.
641 Cfr., F. M. S antos, Camillo Bemeri, op. cit.

285
te controrivoluzionaria di restaurare gli organi di repressio­
ne governativa per procedere alla fagocitosi tanto delle strut­
ture dì sperimentazione sociale dal basso, quanto delle co­
lonne anarcopoumiste che avevano consentito le prime vitto­
rie militari contro i nazionalisti. "Gravissimo errore", affer­
ma l'anarchico italiano, "è stato quello di accettare delle for­
mule autoritarie, non perchè queste fossero formalmente tali
ma perchè esse racchiudevano errori enormi e scopi politici
che nulla hanno a che fare con la necessità della guerra"642. A
dimostrarlo con eloquenza, è il fatto che la "militarizzazione"
forzata ha sortito effetti nefasti proprio sulla conduzione del­
le operazioni militari, innescando un processo di generale
aftievolimento dello spirito combattentistico non solo dei
miliziani delle colonne impegnate al fronte ma, soprattutto,
delle migliaia di militanti rivoluzionari attivi nelle retrovie.
Per rilanciare con determinazione la "guerra rivoluzionaria"
antifranchista, è necessario allora che i ministri anarchici si
dimettano dal governo Caballero e ritornino a lavorare per la
salvaguardia e il simultaneo potenziamento degli organismi
di base autogestiti e delle strutture di autodifesa popolare
ancora in vita. Chiedendo alla Montseny "se port[a] un mag­
giore contributo alla lotta contro il fascismo partecipando al
governo, o se sare[bbe] infinitamente più utile portando la
fiamma della sua magnifica parola tra i combattenti e nelle
retrovie"643, Berneri pone quindi la questione già in tutta la
sua improcrastinabilità:

E' Fora di rendersi conto se gli anarchici stanno al governo per fare le
vestali ad un fuoco che sta per spegnersi, o vi stanno ormai soltanto
per fare da berretto frigio a politicanti trescanti con il nem ico o con le
forze della restaurazione della "repubblica di tutte le classi" [...] Il
dilemma: guerra o rivoluzione non ha più senso. Il dilemma è uno
solo: o la vittoria su Franco mediante la guerra rivoluzionaria o la
sconfitta. Il problema [...] è di scegliere tra la Versailles di Thiers e la
Parigi della Comune, prima che Thiers e Bismark facciano Funion
sacrèe644.

642 Ivi, pagina 177.


M3 Ivi, pagina 178.
644 Ibidem.

286
Di dimettersi dal governo per rilanciare la rivoluzione/ la
Montseny e gli altri ministri anarchici non hanno però alcuna
intenzione. Quando infatti l'ira furibonda per l'assassinio a
tradimento di Berneri e di tanti altri compagni spinge le mas­
se a riprendere le armi645, i vertici confederali intervengono
ancora una volta per placare gli animi e trattare la tregua con
i governativi. Su proposta del comitato nazionale della Cnt,
si giunge così alla stipulazione di un nuovo armistizio che
sancisce il ritiro di tutti i civili e delle forze armate dalle bar­
ricate, la liberazione immediata di tutti gli ostaggi e la rinun­
cia da entrambi le parti ad ogni rappresaglia. E' superfluo
aggiungere che, mentre i combattenti anarchici si uniformano
alle clausole dell'accordo, le forze governative non solo man­
tengono le proprie postazioni di lotta, ma trattengono in sta­
to di fermo centinaia di prigionieri politici. "Molti nostri let­
tori", scrive "Solidariedad Obrera",

645 "Il funerale di Berneri, dì Barbieri e di altri tre caduti", scrive Car­
lo Venza, "resta nella rievocazione di militanti, come Umberto Marzocchi,
un momento, malgrado tutto, di affermazione libertaria e di sfida alla
prepotenza dei comunisti. Il lungo corteo passa sotto le finestre dell' Hotel
Colon, sede del partito, contravvenendo alle interdizioni e alle minacce
degli organi di polizìa che comunque non interviene in quella occasione
di pubblica protesta nelle strade di Barcellona". C. V enza, Tra rivoluzione
e guerra. Libertari italiani nella Spagna degli anni trenta, in La resistenza sco­
nosciuta, op. c it, pagina 268. Ecco l'episodio narrato dalla viva voce del
protagonista: "Il funerale di Berneri aveva un itinerario fissato dalla Ge­
neralità [...] Noi vogliamo fare l'itinerario noi e soprattutto per passare
davanti all'Hotel Colon, dove c'era lo stato maggiore russo, e nella plaza -•
de Cataluña; e così facemmo. In testa al funerale ci saranno un centinaio
di bandiere, tutti i sindacati, tutti i gruppi anarchici, dietro i cinque carri,
dietro i carri un centinaio di anarchici del MIR, del Movimento d'inve­
stigazione Rivoluzionaria con le mauser, e poi tutta la folla. Io sono in
testa con la bandiera italiana, e quando arriviamo all'altezza delI'Hotel
Colon io giro la bandiera e tutte e cento le altre bandiere si girano con
l'asta rivolta verso l'Hotel. Fu una provocazione, credendo ch e... insom­
ma la sfida Faccetteranno. No, niente, si misero sull'attenti a salutare". T.
Imperato, Umberto Marzocchi, ricordi di Spagna, in "Bollettino dell'archi­
vio G. Pinelli", n. 10, dicembre 1997, Milano, pagina 15.

287
rimarranno sorpresi per questo trafiletto, ma l'argom ento trattato è
pura verità. Alcuni iscritti della Cnt sono ancora in stato di fermo in
seguito agli ultimi avvenimenti. La nostra nobiltà, questa nobiltà mai
smentita, ha fatto si che, non appena si giunse alFarm istizio, diversi
centinaia d'individui detenuti nei locali dei nostri sindacati fossero
posti in libertà senza formalità alcuna. Come viene ricambiato tale
generoso e leale comportamento? Ammucchiando i nostri prigionie­
ri in im mondi cubicoli, o peggio ancora cercando il pelo nell'uovo
per addossare ai nostri compagni la responsabilità di certe morti av­
venute nel corso di zuffe e per le quali la determinazione delle re­
sponsabilità è invece totalmente impossibile [...] Nelle celle del co­
mando di polizia - giacciono trecento compagni che devono essere
posti immediatamente in libertà. Sono in stato di fermo da sei giorni
e in tutto questo tempo nessuno li ha interrogati e nessun addebito
può essere loro mosso Attenzione, Io ripetiamo, perchè c'è un
limite ad ogni cosa646 .

Alla luce di quanto si è andati sinora esponendo, la vibra­


ta protesta dell'organo cenetista suona davvero come pateti­
ca. Poche ore prima, peraltro, erano stati proprio i ministri
anarchici ad esercitare pressioni sui combattenti affinché non
ostacolassero Io sbarco nel porto di Barcellona di settemila
guardie d'assalto, inviate dal governo centrale per procedere
al ritiro di tutte le armi e al ristabilimento definitivo dell'or­
dine pubblico. Senza alcuna resistenza, può così essere attua­
ta l'ennesima prevaricazione ai danni dei popolari: ad essere
disarmati, sono infatti soltanto le forze dello schieramento
popolare. Dopo le ultime rappresaglie compiute dai gover­
nativi contro i rivoltosi, le sanguinose giornate di Barcellona
possono ritenersi definitivamente concluse. Sul terreno, il mo­
vimento anarchico lascia numerosi morti e un centinaio di
feriti, mentre di molti altri militanti non verranno mai a co­
noscersi le sorti.
Oltre a segnare il tramonto definitivo della rivoluzione
sociale, i "fatti di maggio" finiscono anche per approfondire i

646 J. P eirats, La Cnt nella rivoluzione spagnola, volume secondo, le


collettivizzazioni, la militarizzazione, la controrivoluzione in marcia, Antistato,
Milano, 1977, pagina 361.

288
dissidi tra anarchici italiani e spagnoli, facendo affiorare tut­
ta la diversità, non solo dottrinaria ma soprattutto culturale,
tra i due movimenti libertari di tradizione latina. Questa vol­
ta, infatti, la critica degli italiani trascende i modelli decisio­
nali adottati dalle gerarchie confederali per estendersi ai
modelli comportamentali assunti dagli stessi militanti di base,
alla loro dogmatica accettazione delle disposizioni emanate
dall'"alto", al loro incondizionato allineamento agli "ordini"
dei vertici, al loro, insomma, esasperato "sentimento di ap­
partenenza" alle dirigenze del movimento647. "In questi fran­
genti", ha scritto Carlo Venza, "se ci si attiene alle testimo­
nianze scritte e orali dei militanti in lingua italiana, si diffe­
renziano le posizioni con i compagni spagnoli disposti, mal­
grado i dubbi e alcune contrarietà, ad accettare l'ordine dei
"militanti influenti", i dirigenti delle organizzazioni libertarie
verso i quali la fiducia è profonda e pressoché totale. In certi
casi di urgenza e di necessità tale sentimento di appartenen­
za e il relativo modello decisionale pare prescindere persino
dai fatti conosciuti e dalle convinzioni di ogni aderente. Inve­
ce la componente di cultura italiana, anche se intrisa di pole­
miche e personalismi, sembra in qualche modo vaccinata con­
tro l'accettazione passiva di disposizioni provenienti da or­
ganismi o da compagni noti e stimati. E' probabile che in que­
ste differenze pesino sia la diversa evoluzione storica dei due
movimenti anarchici latini - di massa e anarcosindacalista
quello più occidentale, di gruppo e prevalentemente specifi­
co quello più orientale - sia il diverso peso che l'individuali­
smo aveva avuto in seno ai due m ovim enti, forse mai
emarginato del tutto nelle stesse organizzazioni specifiche
italiane"648.

647Con l'eccezione di sparuti gruppi su posizioni radicali, come "Gli


amici di Durruti" e il loro organo di stampa, "E1 amigo del pluebo".
648 C. V enza, Tra rivoluzione e guerra. Libertari italiani nella Spagna degli
anni trenta, In AA., W ., La Resistenza sconosciuta, op. cit., pagina 267. Aldo
Aguzzi, ad esempio, ha ravvisato nella "tagliente e sdegnosa incompren­
sione della mentalità dei loro compagni italiani", uno dei fattori che ha
reso possibile la militarizzazione delle milizie. Testimonianza riportata
in: U. F edeli, Un trentennio, op. cit., pagina 193.

289
Prostrati dal massacro di tanti compagni e dalla soppres­
sione della rivoluzione, ma anche profondamente amareggiati
per come si sono svolti i fatti, una parte degli anarchici di
lingua italiana lascia dopo il maggio 1937 la Catalogna e si
dirige verso il territorio francese. Molti altri, però, non se la
sentono di deporre le armi in un momento così delicato per
le sorti della guerra contro i nazionalisti. Nonostante tutto,
per loro la Spagna rappresenta ancora una patria comune
dove, dopo i lunghi anni di esilio, è stato possibile ritrovarsi
per combattere il fascismo in nome di un patrimonio di valo­
ri ed ideali condivisi. Ma si resta a lottare e a morire anche
per una sorta di orgoglio militante, per la volontà ferrea di
dim ostrare al m ovim ento operaio internazionale tutta
l'infondatezza delle "accuse di incoscienza e leggerezza sul
piano militare, diffuse con grandi mezzi dalla propaganda
bolscevica"649.
Naturalmente, si procede in un clima politico sempre più
militarizzato e istituzionalizzato senza che le dirigenze con­
federali riescano in alcun modo a contrapporsi all'ulteriore
degenerazione autoritaria della guerra650. Con le dimissioni.

C. V enza, Tra rivoluzione e guerra, op. cit. pagina 268. Gli anarchici
italiani che restano a combattere in Spagna aderiscono alle varie forma­
zioni libertarie che continuano ad operare sul territorio, sebbene ormai
com pletam ente prive di autonom ia m ilitare e politica: i gruppi
"Malatesta", "Cori", la colonna "Tierra y Libertad" - dove si costituisce
il battaglione "Spartacus" - il Battaglione Internazionale della divisione
"Durruti", la 25 divisione "Ortiz", etc. Qualcuno militerà anche nelle for­
mazioni controllate dai comunisti, come ad esempio le Brigate Garibaldi.
650 Nel frattempo, la repressione si abbatte anche sui militanti del
Poum, portando allessassimo del segretario Andreas Nin. Scrive lo sto­
rico inglese Hugh Tomas: "Nin era prigioniero di Orlov, capo della NKVD,
ad Alcalá. Si rifiutò di firmare qualsiasi documento che riconoscesse la
colpevolezza sua e dei suoi amici. Orlov non sapeva più che fare... Alla
fine Vittorio Vidali (Carlos Contreras) suggerì di fingere un attacco
<nazista> per liberare Nin. Così, in una notta oscura, dieci tedeschi delle
Brigate Internazionali assaltarono l'edificio in cui Nin era rinchiuso, par­
lando con ostentazione in tedesco durante il finto attacco. Nin fu portato
via in un furgone e assassinato". Cit. in D . T arizzo , L'anarchia, op. cit.,
pagina 260.

290
di Largo Caballero - 1 7 maggio - anzi, i ministri anarchici
vengono anche estromessi dalla compagine governativa. Cer­
to, la Cnt può ancora contare su un ampio e profondo
radicamento popolare - si pensi che nel 1938 raggiunge i tre
milioni e mezzo di iscritti; ma la crisi del maggio 1937 ha or­
mai relegato l'organizzazione anarcosindacalista ad un ruolo
politico del tutto marginale, costringendola ad una pallida
sopravvivenza sino alla conclusione della guerra civile. La
Fai, invece, già nel 1937, è dichiarata organizzazione illegale.
Dopo l'avvicendamento di Largo Caballero col socialde­
mocratico Negrin, una serie di decreti governativi sancisco­
no le tappe finali del processo di normalizzazione sociale. Alia
revoca del controllo operaio nelle fabbriche della Catalogna,
segue una circolare ministeriale che istituisce il divieto di cri­
tica all'Unione Sovietica e a Stalin. In agosto, viene invece
emanato il decreto di scioglimento del Consiglio d'Aragona,
ultimo organo di potere rivoluzionario ancora attivo in Spa­
gna. L'esecuzione del provvedimento, è violentissima: il mi­
nistro Uribe distoglie dal fronte l'undicesima divisione - la
"Lister" - e la invia in Aragona a far piazza pulita delle co­
munità agricole autogestite dai contadini. Vengono occupati
i villaggi, sciolte le collettività ed assaltate le sedi anarchiche,
mentre il presidente d'Aragona - Joaquin Ascaso - viene po­
sto in stato di arresto. L'episodio trova ancora una volta iner­
ti i vertici della Cnt che, anzi, sembrano quasi giustificare l'ac­
caduto come una sorta di ineluttabile fatalità. "Non possia­
mo far altro che attendere gli eventi ed adattarci nel modo
m igliore"651, dichiara seraficamente Garcia Oliver.
Nonostante questo contesto estremamente repressivo, gli
anarchici di tutte le nazionalità continuano ancora per un annó
a combattere eroicamente contro le sempre più preponderanti
forze franchiste; ma la loro lotta, priva di quelle grandi ragio­
ni ideali e di quelle supreme motivazioni umanitarie che l'ave­
vano contraddistinta alle origini, è ormai ridotta ad una mera
questione di sopravvivenza fisica. "La guerra di Spagna",
scrive in proposito un disincantato Luigi Bertoni,

651 Ibidem.

291
spogliata così d'ogni fede nuova, d'ogni idea di trasformazione so­
ciale, d'ogni grandezza rivoluzionaria, d'ogni senso universale, non
è più che una volgare guerra d'indipendenza nazionale, che bisogna
combattere per evitare lo sterminio che la plutocrazia mondiale si
propone. Rimane una terribile questione dì vita o di morte, ma non è
più guerra d'affermazione di un nuovo regime e di una nuova uma­
nità. Si dirà che tutto non ancora è perduto, m a in realtà tutto è mi­
nacciato e investito e i nostri tengono un linguaggio di rinunciatari,
10 stesso che teneva il socialismo italiano all'avanzata del fascismo:
Non accettate provocazioni! Calma e serenità! Ordine e disciplina!
Tutte cose che praticamente si riducono a lasciar fare. E come in Italia
11 fascismo finì per trionfare, In Ispagna Tantisocialismo in veste re­
pubblicana non potrà che vincere [...] inutile aggiungere che noi con­
statiamo, senza condannare i nostri, la cui condotta non sapremmo
dire come potrebbe essere diversa ed efficace, mentre la pressione
italo-tedesca cresce sul fronte e quella bolscevico-borghese nelle
retrovie652.

Sul piano militare, intanto, le forze nazionaliste realizza­


no una serie d'importanti successi che consentono in pochi
mesi di occupare tutta la parte nord occidentale della Spa­
gna. Nel febbraio del 1938 i repubblicani sono costretti ad
evacuare anche Tereul, mentre in aprile i franchisti proce­
dono alla conquista dell'Aragona. Con lo spostamento del
fronte in Catalogna, scoppia la grande battaglia dell'Ebbro
che, nel mese di novembre, si conclude con un nuovo suc­
cesso dei nazionalisti. Dopo il ritiro dal fronte delle Brigate
Internazionali - autunno 1938 - iniziano i preparativi per la
grande offensiva contro la Catalogna, preludio al consegui­
mento della definitiva vittoria di Franco nella guerra civile
spagnola.

652 Affermazione contenuta in C. b e r n e r i, Lettera aperta, op. cit, pagi­


na 177.

292
3 - L'analisi del contesto internazionale

Nel periodo in cui si combatte la guerra civile spagnola il


cammino delle nazioni europee verso la catastrofe di un se­
condo conflitto subisce un7impressionante accelerazione. La
brusca involuzione del clima politico internazionale, non può
certo sorprendere il movimento anarchico che, come sappia­
mo, sin dagli anni venti aveva dipinto scenari a tinte fosche
per l'Europa sorta dalle macerie della Grande Guerra. In con­
trasto con l'opinione della stragrande maggioranza degli os­
servatori intemazionali, gli anarchici ritengono però che a pro­
filarsi all'orizzonte non sia una inedita e atipica "guerra ide­
ologica" tra Stati antifascisti e dittature totalitarie, bensì il più
classico degli scontri tra Stati imperialisti opposti e rivali. A
contendersi l'egemonia sul Vecchio Continente, sono oggi il
"v e c c h io " im p erialism o an g lo -fran cese e il "n u o v o "
imperialismo italo-tedesco; il primo, "sazio", "pacifista" e
"conservatore", che cerca in tutti i modi di impedire una nuo­
va guerra per mantenere invariata l'attuale divisione del
mondo; l'altro, invece, affamato, avido e minaccioso, deciso
a battersi con ogni mezzo per una totale ridistribuzione delle
materie prime, dei mercati di sbocco, delle zone d'influenza
politica e degli stessi possedimenti coloniali. E' vero che esi­
ste anche una rivalità di tipo ideologico tra questi due schie­
ram en ti di S tati; ma la co n trap p o sizio n e fa sc is m o /
antifascismo s'innesta solo a livello sovrastrutturale, senza
influire in alcun modo sulle reali scaturigini dei loro antago­
nismi.
Un'eloquente testimonianza della validità di questo sche­
ma interpetrativo, è fornita per gli anarchici dalla stipulazione
del "Patto a Quattro" tra Francia, Gran Bretagna, Germania e
Italia - Monaco, settembre 1938. Dal loro punto di vista, la
cessione dei Sudeti alla Germania nazista non si configura
affatto come un duro sacrificio al quale Londra e Parigi sono
ricorse obtorto collo per salvaguardare la pace tra i popoli,
ma come l'estremo tentativo del "vecchio" imperialismo
anglo-francese di scongiurare una guerra che potesse rimet­
tere in discussione la propria posizione egemonica sullo scac­

293
chiere intemazionale. Naturalmente, si è del parere che, a
prescindere da tutte le giustificazioni tattico-diplomatiche, a
Monaco si sia consumata una nuova capitolazione delle de­
mocrazie occidentali653, oltre che una loro "redenzione" al
totalitarismo654. Ad essere impugnata con vigore, comunque,
è principalmente l'idea che quella dei Sudeti possa costituire
"l'ultima richiesta" del dittatore tedesco. Come ha finora pa­
lesato tutta la politica di aggressione e di smantellamento dei
trattati di pace della Germania, fa notare "Il risveglio anar­
chico", ci vuole ben altro per saziare i "famelici appetiti" di
Hitler che, anzi, galvanizzato dall'ennesimo cedimento delle
potenze democratiche, sarà presto spronato ad ulteriori e sem­
pre più smisurate rivendicazioni territoriali. In antitesi alle
declamazioni dei governi ufficiali di Londra e di Parigi, dun­
que, gli anarchici replicano che quella scaturita da Monaco
non è una pace durevole e feconda, ma una tregua fragile e
precaria, pagata a caro prezzo e, per il modo in cui è stata

s53 Monaco, infatti, è per gli anarchici solo l'ultima di una serie di
capitolazioni consumatesi negli anni più recenti. "Il fascismo italiano",
scrive "Studi sociali", "è stato aiutato negli istanti più critici della sua
storia dalla classe dirigente inglese; Il Comitè des Forges, attraverso
Francois de Poncet ha prestato manforte all'ascensione di Hitler al pote­
re. La guerra d'Etiopia è stata vinta con la complicità dell'Inghilterra ben
occultata dietro il paravento delle sanzioni, e con il petrolio russo. La
coalizione franco-inglese ha fatto di tutto per consegnare la Spagna ad
Hitler e Mussolini e non ha fatto niente per impedire al primo l'espan­
sione in Austria e in Cecoslovacchia. Tutte queste apparenti capitolazioni
culminano per ora negli accordi di Monaco". LUX, Tra le riviste ed i gior­
nali, in "Studi sociali", n. 12, del 27 ottobre 1938.
654 "Le proditorie manipolazioni democratiche del famigerato Con­
vegno a quattro", scrive "Frente Libertario", "sono paradigmatiche della
redenzione delle democrazie al totalitarismo. Un altro popolo è stato sa­
crificato alle insaziabili brame dei nefasti dittatori dalla pusillanimità
artificiosa e decadente delle pseudodemocrazie [...] I pirati sconosciuti
del mare e dell'aria, gli assassìni ributtanti di donne e fanciulli, i banditi
senza qualificativo possibile nel linguaggio umano hanno trovato il dol­
ce amplesso dell'indegnità democratica". In margine agli avvenimenti in­
ternazionali. Tra il caos e l'assurdo, in "Frente Libertario", n. 28, del 10 otto­
bre 1938.

294
concepita, destinata ad aprire la strada a nuove conquiste ed
aggressioni hitleriane. "Da cinque anni", scrive Max Sartin,

i governanti degli altri paesi europei si sforzano di placarla [la Ger­


mania, n.d.a.] nei suoi appetiti e nei suoi fanatismi. Invano. Dopo
ogni nuova concessione, il fascismo, fatto più forte dai facili successi,
ha aumentate le sue pretese. Verrà il giorno in cui gli altri stati d'Eu­
ropa, per le necessità inderogabili della propria esistenza, dovranno
puntare i piedi, e allora sarà la guerra. Quel giorno è più prossimo
d o p o lo sm e m b ra m en to d e lla C e c o slo v a c c h ia , co n v e n u to a
Berchtesgaden il 15 settembre e convalidato a M onaco due settimane
dopo655 .

Che quella prossima a scoppiare in Europa sia una guerra


dai tipici tratti imperialisti, lo dimostrano del resto le stesse
direttici di politica estera lungo cui sin dal principio si è mos­
sa la Germania nazista. Nonostante i tanti riferimenti e le tante
suggestioni di carattere ideologico, etnico e patriottico, le
rivendicazioni hitleriane vengono infatti tutte iscritte in una
cornice prettamente economica. Il vero obiettivo dell'An­
schluss, scrive "Il risveglio anarchico", era quello di "annet­
tersi il ricco mercato minerario ed industriale del suolo au­
striaco", così come la presenza nei Sudeti di una forte mino­
ranza tedesca, era soltanto un pretesto per appropriarsi di
una regione dove è concentrata ben metà della ricchezza na­
zionale cecoslovacca. Allo stesso modo, prosegue la testa­
ta ginevrina, la campagna nazista per la conquista violenta
di uno "spazio vitale" ad Oriente va spogliata dei richiami di
derivazione etno-razziale per essere ricondotta ai suoi fini pri­
mari: l'impossessamento degli immensi giacimenti granari
dell'Ucraina. Del tutto accessorio, è poi il ruolo giocato dagli
elementi ideologici nell'asse Roma-Berlino-Tokjo - Patto
Anticomintern - che è invece da guardarsi come un'alleanza
stretta tra un blocco di stati imperialisti insoddisfatti dell'at­
tuale spartizione delle ricchezze. Con gli stessi parametri di

655 M. S artin, Il patto di Monaco, in "Almanacco libertario pro-vittime


politiche", anno 1939, pagina 22.

295
riferimento, conclude il foglio, va infine valutato l'intervento
delle armate italo-tedesche nella guerra civile di Spagna che,
a livello di Stati, non si configura affatto come la prima rap­
presentazione della "gu erra id eologica" tra fascisti ed
antifascisti, ma come un ben più "volgare" conflitto finaliz­
zato al dominio del Mediterraneo.
Proprio sulla geopolitica del Mediterraneo, si era soffer­
mato Camillo Bemeri in uno dei suoi ultimi lavori - "Mussolini
alla conquista delle Baleari" 656 . Venuto in possesso di docu­
menti diplomatici abbandonati dai fascisti italiani al consola­
to generale di Barcellona, l'anarchico conduce alcune interes­
santi riflessioni sulla politica imperialista dei fascismo nel
Mediterraneo, evidenziando come le Baleari rappresentasse­
ro nei piani di Mussolini una "testa di ponte" per una più
ampia espansione nell'area, le cui tappe successive contem­
plavano l'insediamento a Maiorca, prima, e in Catalogna, poi.
Già dalla fine degli anni venti, del resto, l'Italia aveva inizia­
to ad esercitare un certo controllo sulle Isole nell'intento di
contrastare l'influenza locale delle altre potenze, Gran
Bretagna in particolare. "Le agenzie consolari italiane nelle
Baleari", rivela Berneri,

non erano altro che gli avamposti della penetrazione im perialista del
governo di M ussolini La corrispondenza tra il Console Generale

m C. B erneri, Mussolini a la conquista de las Baleares, in C. M. R ama,


Guerra de classes en Espafia, 1936 - 1937, Tusquetes ed., Barcellona, 1977.
Per la politica estera italiana tra la guerra d'Etiopia e la seconda guerra
mondiale, vedi: R. D e F elice, L'Italia tra tedeschi ed alleati. La politica estera
fascista e la seconda guerra mondiale, Il Mulino, Bologna, 1973; G. C iano,
Diario 1937-1943. a cura di R. De Felice, Rizzoli, Milano, 1980; F. D'A moja,
La politica estera dell'impero. Storia della politica estera fascista dalla conquista
dell'Etiopia all'Anschluss, Cedam, Padova, 1961; J. P etersen, H itler e
Mussolini. La difficile alleanza, Laterza, Bari-Roma, 1975; R. Q uartararo,
Roma tra Londra e Berlino. La politica esterafascista dal 1930 al 1940, Bonaccì,
Roma, 1980; G. S alvemini, Preludio alla seconda guerra mondiale, in Opere,
ser. Ili, voi. Ili, Feltrinelli, Milano, 1967; S. C olarizi, La seconda guerra mon­
diale e la repubblica, op. cit.

296
a Barcellona ed i vari agenti consolari dell'arcipelago delle Baleari
verte interamente sulla situazione polìtica locale, sull'influenza stra­
niera e anche sui movimenti navali ed aerei delle altre nazioni in
quei paraggi, come pure sull'influenza politica e sulle iniziative mili­
tari del governo spagnolo^57.

Alla luce dei nuovi elementi acquisiti, Berneri ridimensio­


na notevolmente i contenuti ideologici dell'intervento mili­
tare italiano in Spagna per connetterlo direttamente al discorso
coloniale. A suo avviso, infatti, la solidarietà con il movimen­
to falangista, le affinità tra franchismo e fascismo e l'obietti­
vo di estendere il fronte delle dittature fasciste in Europa, sono
tutti motivi marginali rispetto ai ben più preminenti progetti
mussoliniani di dominio nel Mediterraneo658.
La politica imperialista fascista nel Mediterraneo, è al cen­
tro anche di un successivo articolo scritto da Berneri proprio
poco prima del suo assassinio 659 . Il riferimento, questa volta,
è l'interesse di Mussolini per il Marocco e le rivalità tra Italia,
Germania, Francia ed Inghilterra per assumere il controllo di
Tangeri e di tutto il territorio marocchino. "Più studio il ma­
teriale diplomatico-consolare che ho tra le m ani", scrive
Berneri, "e più mi convinco che gli interessi imperialisti
plutocratici della Germania e dell'Italia erano e sono minori
degli stessi interessi della Francia e dell'Inghilterra. La diffe­
renza è di stile: è la differenza tra un imperialismo affamato
ed un imperialismo sazio " 660 .
Una volta accettato lo schema anarchico dello scontro tra
imperialismi opposti e rivali, resta però da spiegare l'atteg­
giamento remissivo assunto dalle grandi potenze democrati­
che che, coi continui cedimenti alle pretese espansionistiche

fi57 Riportato in F. M. S antos, Camillo Berneri, op. cìt., pp. 367-368.


E' questo un assunto su cui i più recenti studi storiografici concor­
dano pienamente. Cfr., tra gli altri, S. C olarizi, La seconda guerra mondiale
e la repubblica, op. cit., pagina 64.
65lJ C. B erneri, Mussolini e il Marocco, in "Guerra di classe", n. 15, del
15 maggio 1937.
m C. B erneri, Pensieri e battaglie, op. cit., pagina 277.

297
della Germania nazista, stanno via via indebolendo la loro
stessa egemonia sul Vecchio Continente. La risposta a questo
interrogativo è piuttosto complessa e sarà esposta in modo
particolareggiato nel capitolo successivo. Per ora basti dire
che nell'impianto concettuale anarchico, le "caste privilegia­
te delle democrazie borghesi" temono più la rivoluzione so­
ciale che l'avanzata dei totalitarismi. L'acquiescenza del "vec­
chio" imperialismo anglo-francese, dunque, va spiegata con
la "paura ossessionante" che un indebolimento del fascismo
possa risvegliare nei rispettivi paesi l'anelito emancipatore
delle masse e innescare un processo di mobilitazione sociale
dal basso di dimensioni intemazionali. Nel settembre del 1939,
Max Sartin esprime chiaramente questo concetto:

Cham berlain e i suoi colleghi e le caste privilegiate nell'interesse del­


le quali governano, sanno benìssim o che incoraggiando l'ìm p e-
rialismo dei governi fascisti, creano le forze nem iche del proprio
imperialismo, con le quali dovranno un giorno fare i conti e venire
alle mani per decidere sul cam po di battaglia il proprio destino. Ma
del domani che preparano ai loro popoli non si preoccupano. Oggi
temono di più l'anelito em ancipatore delle masse diseredate, che le
truculenze e le ambizioni del fascismo, e agiscono di conseguenza.
Tutta la politica borghese, dal 1918 in poi, è dettata da questa paura
ossessionante, ed è stata perciò, e continua ad essere, politica d'inco­
raggiamento, di consolazione e di dedizione al fascism o visto come
baluardo di difesa dei propri privilegi di classe, di tradimento verso
i popoli e verso i principi che furono la sola gloria della borghesia661.

661 M. S artin, La pace di Monaco, art. cit.

298
C apitolo settimo

DALLO SCOPPIO
DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE
ALL'OTTO SETTEMBRE

1. Dal ristagno al convegno clandestino di Sestri Ponente

Alla vigilia del secondo conflitto mondiale/ Tantifascismo


anarchico versa in uno stato di quasi completa paralisi ope­
rativa. Smembrato dalle repressioni subite negli anni prece­
denti/ privo di tanti quadri caduti durante la guerra civile
spagnola, fatto segno dall'ennesima ondata di arresti, con­
danne e invii al confino che s'abbatte sul paese in conco­
mitanza allo scoppio delle ostilità662, il movimento può or­
mai contare soltanto sulla presenza di sparuti nuclei clande­
stini e di singoli militanti attivi saltuariamente a livello loca­
le. A rendere ancor più cupo l'intero scenario, sopraggiunge
poi l'entusiasmo popolare per le prime vittorie di guerra che,
propagatosi anche in larghi settori proletari663, finisce col pri­
vare il movimento degli ultimi spiragli di penetrazione nei

662 Si pensi, ad esempio, che tra il 1939 ed il 1941 le isole di confino


vedono triplicare il numero di coatti.
^ Sullo stato d'animo della popolazione negli anni del conflitto, vedi
tra gli altri: A. L epre, Le illusioni, la paura, la rabbia. Il fronte interno italiano,
1940 -1943, Esi, Napoli, 1989; S. C olarizi, Storia del novecento italiano, op.
cit.; S. C olarizi, La seconda guerra mondiale e la repubblica, op. cit; S. C olarizi,
L'Italia antifascista dal 1922 al 1940, Tempi Nuovi Laterza, Roma-Bari, 1976;
S. C olarizi, L'opinione, op. cit.; L'Italia in guerra, a cura di B. M icheletti e P.
Poggio, op. cit.; R. D e F elice, Mussolini. L'alleato, op. cit.; P. C avallo, Gli
italiani in guerra. Sentimenti e immagini dal 1940 al 1945, Il Mulino, Bolo­
gna, 1997. Per gli studi a carattere locale, vedi: R M artinelli, Città italiana
in tempo di guerra. La Spezia 1940 -1945, Liguori, Napoli, 1999; Trieste in
guerra. Gli anni 1938 - 1943, a cura di A. Vinci, in "I Quaderni di
Qualestoria", 1992; Genova nella guerra 1940 - 1945, in "Storia e memo­
ria", 1993; Bologna in guerra 1940 -1945, a cura di B. Dalla Casa e A. Preti,
Franco Angeli, Milano 1995; L. C avazzoli, La gente e la guerra. La vita cjuo-

299
tradizionali ambienti e strati sociali di riferimento. Significa­
tiva, a riguardo, è questa testimonianza di Pietro Caviglia,
militante attivo nella zona del genovesato:

Si giunge così alla vigilia della guerra e (naturalmente) a nuovi arre­


sti e nuovi invii al confino di polizia. Ormai i "salvatisi" alla furia
fascista si contano sulle dita di una mano e data [L] euforia dovuta
allo strombazzamento delle prim e vittorie di guerra, la nostra pro­
paganda non attecchiva granché664 .

In questo contesto estremamente proibitivo, Cattività


cospirativa è indirizzata soprattutto al mantenimento di una
rete di contatti con l'estero, quasi a sperare che il supporto
logistico dei compagni fuorusciti possa in qualche modo con­
tribuire al rilancio della lotta in Italia. Come risulta dalla con­
sultazione degli archivi di polizia, arterie di collegamento sono
ancora in funzione tra la provincia di Belluno e Ginevra, Fi­
renze e Marsiglia, la provincia di Livorno e New York, Roma
e Parigi665. Sappiamo inoltre che, "sostenuti dal noto Luigi
Bertoni di Ginevra"666, alcuni militanti piemontesi, lombardi
e marchigiani, hanno fondato un movimento antimilitarista -
"Perdere per Vincere" - particolarmente attivo nella diffu­
sione clandestina di stampati e di materiale propagandistico
di vario tipo e taglio. Nella primavera del 1940, la divisione
polizia politica segnala invece l'imminente arrivo in Italia di

tidiana del fronte interno. Mantova 1940-45, Franco Angeli, Milano, 1989;
G. D e L una, A Torino durante la guerra... Le coordinate dell'esistenza colletti­
va, in Donne e uomini nelle guerre mondiali, a cura di A. Bravo, Laterza,
Roma-Bari, 1991.
664 P. C aviglia, Relazione del lavoro svolto durante il periodo fascista, in­
surrezionale e dopo la liberazione. Stralci della relazione si trovano in G.
B arroero, Anarchismo e Resistenza in Liguria, op. cit., pagina 71.
665ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA, 1939, busta 41,
fsc. K1A/Movimento anarchico, AA. PP. (Apuania, Belluno, Livorno);
ACS, Min. Int. Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA, 1939 -1942, busta 58,
fsc. K1A/Movimento anarchico, AA. GG.
m ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA, 1942, busta 58,
fsc. K1A /Movimento anarchico (Ginevra).

300
un emissario anarchico latore di consistenti fondi da desti­
narsi alla "lotta clandestina e alla propaganda libertaria".
Nello stesso periodo, un rapporto fiduciario proveniente da
Bruxelles, informa che il Comitato Internazionale di Difesa
Anarchica ha pubblicato uno speciale Bollettino plurilingue
che si prevede di diffondere anche in Italia667. Il foglio, dopo
aver annunciato che "una guerra spaventosa si è nuovamen­
te scatenata sui popoli [...] pronta ad immolare migliaia di
esistenze per dei fini criminali di supremazia"668, inveisce
contro "tutti gli stati, democratici e totalitari come fomenta­
tori di conflitti sanguinosi fra i popoli"669, ed esorta le masse
di tutti i paesi alla realizzazione di "azioni individuali e col­
lettive capaci di opporre Tinsurrezione degli sfruttati alla
guerra degli sfruttatori"670. All'attività propagandistica sta de­
dicandosi anche un gruppo attivo in Sicilia (a Barcellona Pozzo
di Gotta)671, che ha avviato le pubblicazioni di un foglio -
"G erm inai" - con l'obiettivo dichiarato di far leva sulla
tematica antistatalista anarchica per alimentare il secolare sen­
timento separatista diffuso in ampi strati della popolazione672.
Seppur in vistoso calo rispetto agli anni precedenti, "riunioni
sovversive di combriccole anarchiche" continuano poi ad aver
luogo nei borghi e nei quartieri popolari di alcune grandi cit­
tà - Livorno, Carrara, Milano, Torino, Genova, Bologna e
Roma673. Molto numerose, infine, sono le segnalazioni che

“7 La redazione del foglio, è da attribuirsi a Mario Mantovani.


"Bollettino del Comitato Internazionale di Difesa Anarchica", n.
u., del 15 ottobre 1939. Ora in G. S acchetti, Gli anarchici nell'Italia fascista
attraverso le carte di polizia, op. cit., pagina 228.
m Ibidem.
570 Ibidem.
671 Si tratta di un nucleo di militanti gravitante attorno a Nino Pino,
figura di spicco dell'anarchismo siciliano.
672 "Germinai", si definisce "libera voce dei libertari separatisti in Si­
cilia". ACS, Min. In t, Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA, 1939 - 1942,
busta 58, fsc, KlA/M ovim ento anarchico, AA. GG; G. G uerrieri, Luglio
1943-ge?inaio 1945, diciotto mesi di resistenza in Sicilia, in AA.VV.,
L'antifascismo rivoluzionario, op. cit.
673 ACS, Min. Int. Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA, 1939 - 1942,
busta 58, fsc, KlA/M ovim ento anarchico, AA. GG.

301
concernono le manifestazioni di "antifascismo esistenziale"
di matrice libertaria, anche se si tratta di un incremento da
ascriversi più che altro alla singolare attenzione con cui gli
organi di polizia si soffermano per tutto l'arco del conflitto
su questi fenomeni di dissenso spontaneo, ritenuti preziosi
indicatori ai fini di una valutazione complessiva dello stato
morale della popolazione674. Particolare scalpore suscita a ri­
guardo un episodio verificatosi a Carrara, quando un nutrito
gruppo di "individui, ostentando la cravatta nera svolazzan­
te", partecipa al corteo funebre del cavatore anarchico Italo
Granai, morto in un incidente sul lavoro.
I processi d''involuzione autoritaria che il clima di guerra
ha innescato un po' in tutte le nazioni europee, stanno intan­
to determinando una drastica riduzione dell'attività antifa­
scista anarchica anche in terra d'esilio. In Svizzera, ad esem­
pio, il varo delle leggi di censura sulla stampa porta alla sop­
pressione per decreto governativo de "Il risveglio anarchi­
co", che per tutti gli anni venti e trenta aveva costituito un
prezioso punto di riferimento e di convergenza politico-ide­
ologica per gran parte del movimento in esilio675. Ridottissimi,
poi, sono i margini di lotta in Francia, dove una raffica di
arresti e di pesanti condanne colpisce i fuorusciti anarchici
dopo i nuovi provvedimenti restrittivi delle libertà, varati dal
governo Daladier-Reynaud in omaggio alla politica di difesa
nazionale (aprile 1939). La promulgazione nel giugno 1939
della legge Sarraut, che prevede pene draconiane per gli stra­
nieri colti a trasgredire il decreto di espulsione, convince poi
tanti altri a lasciare il paese per rifugiarsi nelle nazioni confi­
nanti, nell'Africa del Nord e nel continente americano676. Di-

674ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., CC. AA, 1939, busta 41,
fsc, K1 A /, Movimento anarchico, AA. PP.; ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS,
AA. GG. RR., CC. A A, 1939 -1942, busta 58, fsc, K1A/Movimento anar­
chico, A A. GG.
675 A questa grave perdita, Luigi Bertoni e i suoi più stretti collabora­
tori cercano di rimediare continuando a pubblicare il foglio clandestina­
mente.
676 La sola struttura che conserva una certa vitalità è l'Unione sinda-

302
rettamente nei campi di concentramento alle pendici dei Pi­
renei Settentrionali viene invece convogliato l'ultimo scaglio­
ne di combattenti rientrato dalla Spagna dopo la definitiva
vittoria di Franco 677 - ad Argeles sur-mer si contano ormai
circa 180 mila rifugiati di tutte le nazionalità, 140 mila a Saint-
Cyprien678. Con l'occupazione tedesca della zona centro-set­
tentrionale della Francia, la gran maggioranza di questi pri­
gionieri viene rastrellata dalla G estapo e avviata alla
deportazione forzata in Germania, da dove molti non faran­
no più ritorno. Per certi aspetti diversa è invece la sorte degli
antifascisti italiani che, dopo la sospensione delle ostilità tra
Francia ed Italia, vengono rimpatriati coattivamente e679, a
seconda dei reati politici commessi in passato, assegnati alle

cale italiana che, sino alla primavera del 1940, riesce a preservare alcuni
canali di collegamento con ritalia.
e77 La guerra civile spagnola, termina nella primavera del 1939.
h7HCome si può immaginare, le condizioni di vita in questi agglome­
rati sono ai limiti della sopravvivenza. "L'inverno assai rigido", scrive 1'
"Almanacco libertario", "ha reso il loro soggiorno in quella regione dal
clima severo che si stende sotto il pendio settentrionale dei Pirenei, un
vero supplizio, esponendoli, col freddo e la fam e, alle peggiori
degradazioni della loro vita coatta e promiscua. Nei lunghi mesi del loro
internamento forzato nei campi di Argeles, di St-Cyprien, di Gurs e di
altre agglomerazioni improvvisate del genere, i rifugiati, stipati entro
rudimentali capannoni di legni inadatti a proteggerli efficacemente dal­
le intemperie e dall'umidità del suolo, con un vitto assolutamente insuf­
ficiente, soggetti ad una vita di ozio priva di ogni svago sano, hanno
visto deperire giorno per giorno la loro resistenza fisica [...] Innumeri
sono i casi di scorbuto, congiuntivite ed altre malattie dovuta alla man­
canza di alimenti vitaminosi, di una sana igiene corporale e di possibilità
di sottrarsi convenientemente alle insidie del clima e delle intemperie".
Gli internati politici in Francia e... altrove, in "Almanacco libertario pro­
vittime politiche", anno 1940, pagina 23.
675 E' da segnalare che alcuni internati avevano già in precedenza
inoltrata richiesta di essere consegnati alle autorità italiane. In un primo
tempo, infatti, emissari italiani e tedeschi in visita ai campi avevano of­
ferto ai prigionieri la libertà in cambio del loro impegno a cessare qua­
lunque forma di opposizione. La proposta, accettata da giellisti, trotckysti
e antifascisti generici, era stata ricusata da comunisti ed anarchici, che la
ritenevano un'implicita ammissione di sconfitta e di resa al nemico.

303
Isole di confino/ rinviati sotto sorveglianza ai paesi di origine
o denunciati al Tribunale Speciale.
Nel frattempo/ la situazione in Italia inizia rapidamente a
mutare. Se la sconfitta della "guerra parallela" fascista in Gre­
cia e le difficoltà delTesercito italiano sul fronte africano fan­
no subito sfumare i facili entusiasmi di quanti avevano confi­
dato in guerra breve e foriera di grandi successi, i primi mas­
sicci bombardamenti degli alleati, il drastico peggioramento
delle condizioni alimentari e lo sfruttamento sempre più in­
tensivo delle classi lavoratrici, generano un profondo mal­
contento nei settori proletari della popolazione. Un vero e
proprio movimento di massa comincia così a delinearsi nei
centri operai del Nord, mentre l'antifascismo militante, favo­
rito dall'insofferenza diffusa nella società civile, sta ripren­
dendo un po' ovunque a ritessere le fila delle proprie orga­
nizzazioni680681.
In questo nuovo contesto sociale va allocata anche una
prima ripresa dell'antifascismo anarchico. Si tratta, sostan­
zialm ente, di un'attività finalizzata alla ricom posizione
organizzativa a livello locale e, soprattutto, al rilancio delle
iniziative propagandistiche tra la classe operaia, che sembra
assai più permeabile rispetto all'inaccostabilità degli ultimi
anni. Da una testimonianza di Emilio Grassini:

Ed ecco sopraggiungere la guerra tanto fratricida con i primi bom ­


bardamenti [e] provocare il processo della demoralizzazione delle
masse e tra questo stato di cose si potè allargare la nostra propagan­
da e l'inizio della disgregazione delle forze fasciste, com inciando ad
essere avvicinati da quei compagni che quasi ci scansavano per tema
di com prom ettersi"661.

680 Come dimostra il numero di cittadini colpiti da provvedimenti


penali, che sale dai 648 del trimestre luglio-settembre 1942 ai 1884 del
bimestre febbraio-marzo 1943. Cfr., N. G allerano, II Fronte Interno attra­
verso i rapporti delle autorità 1942-1943, in "Il movimento dì liberazione in
Italia", numero 109, ottobre-dicembre 1972.
681 Intervento di Emilio Grassini al convegno regionale della Federa­
zione Comunista Libertaria Ligure, del 13 dicembre 1945. Riportato in G.

304
Sebbene quadri, nuclei e gruppi siano in fermento un po'
in tutte le zone a maggior tradizione libertaria, i veri e propri
artefici della ripresa sono da ritenersi i militanti genovesi. Pro­
prio grazie alla loro spinta propulsiva, é indetta a Sestri Po­
nente, nel giugno del '42, un'importante riunione interre­
gionale durante la quale non solo si discute circa le modalità
di costituzione della Federazione Comunista Libertaria
(Fcl)682, ma vengono anche gettate le premesse per la propo­
sta di un "Fronte Unico dei Lavoratori" dal basso. Al termine
dell'incontro, inoltre, viene stilata ima relazione - "Noi co­
munisti anarchici, i partiti autoritari e la massa amorfa" - che
è da considerarsi di grande interesse per comprendere quale
sia la posizione anarchica in questi mesi683. Accanto ad un'ana­
lisi di ampio respiro sulle difficoltà e sulle prospettive rivolu-

B arroero, op. cit, pagina 71. A Carrara, però, si ha notizia anche della
presenza di una sorta di cellula gappista ante-litteram. Si tratta di tre
militanti - Belgrado Pedrini, Giovanni Zava e Gino Giorgi - che in una
trattoria cittadina disarmano e malmenano cinque manganellatori fasci­
sti a caccia di "sovversivi". Riparato a Milano, il nucleo si dedica alla
diffusione di manifestini stampati alla macchia, mettendo in atto anche
alcuni attentati contro caserme e singole personalità fasciste. Sorpresi da
una pattuglia di polizia mentre sono intenti ad affiggere alcuni volantini
sui muri di un quartiere popolare della città, Pedrini, Zava e Giorgi rie­
scono a sottrarsi alla cattura e a fuggire a La Spezia. Qui, dopo alcune
settimane, restano coinvolti in un nuovo conflitto a fuoco con un reparto
misto di agenti italiani e tedeschi che, questa volta, li costringe però alla
resa. Vedi: a colloquio con Belgrado Pedrini - condannato per antifascismo,
in "A - Rivista anarchica", aprile 1975; S. R avenna, Ricordando un compa­
gno, in "L'amico del popolo", marzo 1979.
m All'incontro, partecipano: Emilio Grassini, Antonio Pittaluga, Pie­
tro Pozzi, Pietro Caviglia, Antonio Dettori, Adelmo Sardini, Wanda
Lizzari, qualche quadro operaio del Ponente ed elementi attivi in Pie­
monte e in Toscana. Vedi: G. B arro ero, op. cit., pagina 72; I. Rossi, La
ripresa del movimento anarchico in Italia, Pistoia, 1981; E. C aviglia - U.
M arzocchi, L ì resistenza anarchica nella grande Genova, in "Umanità Nova",
del 26 aprile 1964; M. D e A gostini, La ripresa del movimento anarchico nel
1942 - 1943, in "L'Intemazionale", del 6 giugno 1981.
La relazione è riportata in I. Rossi, La ripresa del movimento anarchi­
co in Italia, op. cit., pp. 109-112.

305
zionarie inerenti alla particolare contingenza storica, Telabo-
rato contiene infatti anche alcune lucide riflessioni sui rap­
porti da mantenere con le altre forze antifasciste684, in modo
specifico con i comunisti685, sulle linee strategiche lungo cui

fiK4 "Quando parliamo di azione rivoluzionaria pratica, cioè di piaz­


za, ben poco divide la nostra azione da quella di tutti gli altri rivoluzio­
nari; e pur di arrivare ad abbattere il fascismo ci troveremo fianco a fian­
co, sebbene non cercate, anche quelle correnti rivoluzionarie che hanno
per finalità la restaurazione democratica liberale tipo Italia Libera, e con
tutti i partiti più o meno autoritari. Infatti se scoppia un moto rivoluzio­
nario, anche se fosse provocato dalla nostra azione, e se i partiti autorita­
ri e le masse vi prendessero parte, nessuno si sognerebbe di domandar
loro perchè combattono, essendo il fascismo il primo caposaldo da de­
molire. E ogni colpo da chiunque tirato sarebbe sempre desiderato [...]
Quali saranno in quel momento i nostri amici e quali i nostri nemici?
Difficilmente ci sarà possibile distinguerli e tutti ci appariranno compa­
gni di lotta. Ma, caduto il primo caposaldo, cioè il fascismo, ogni corren­
te rivoluzionaria avanzerà le proprie rivendicazioni, ogni partito pre­
senterà al popolo un proprio programma e sarà allora che la massa amorfa,
la massa che si era gettata nella mischia senza ideali ben definiti - ma con
l'istintivo proposito di conquistare la libertà e l'uguaglianza - sarà sfrut­
tata dagli autoritari più abili [...] Perciò fin qui nessuno scrupolo dovre­
mo avere e, forse, cadremo, nostro malgrado, in incoerenze non dovute
alla nostra volontà ma al periodo d'incertezza, di febbre rivoluzionaria
che non ammette indugi o disquisizioni teoriche. Che cosa faranno le
correnti antifasciste gelose di salvare il capitale e di prendere nelle loro
mani le redini dello Stato? Trameranno nell'ombra per condurre le mas­
se dalla loro parte e ci sarà molto da combattere per demolire questo
secondo caposaldo. Qui verranno a galla i nostri nemici e i nemici del
proletariato". Riportato in G. Barroero, op. cit., pagina 72.
Sotto questo profilo, si è ben consapevoli di quanto sia diffuso
anche tra ì compagni il mito sovietico, specie in un momento in cui la
Russia fa ogni sforzo "per non essere sopraffatta dai reazionari del capi­
talismo". Occorre però battere proprio questo atteggiamento in un certo
senso rassegnato che porta tanti militanti a concludere che nella "impos­
sibilità di superare il comunismo autoritario, dovremmo sottometterci e
collaborare con esso". "Questo", si legge nella relazione, "è un gravissi­
mo errore. Noi ammiriamo il popolo russo per lo sforzo che compie con­
tro i suoi oppressori esterni e crediamo sia cosa utile fin dove si può
aiutarlo a vincere. Ma una volta schiacciato il nemico comune, il capitali­
smo, perchè Tarmonia si affermi tra tutte le nazioni è necessario che que-

306
orientare la lotta nel periodo immediatamente successivo al­
l'abbattimento della dittatura686, e sul "disegno d'insieme e
costruttivo [...] da presentare ai lavoratori" nell'ipotesi
auspicabile, seppur al momento alquanto aleatoria, "che la
rivoluzione giunga a rovesciare, col fascismo, anche tutta l'im­
palcatura monarchico-borghese~capitalistico-sta tale"687.
Sin dai giorni successivi al convegno di Sestri, si procede
così alla produzione e alla diffusione di un primo manifesti­
no contenente un appello al "Fronte Unico dei Lavoratori"
che, come rammenta Pietro Caviglia, "trovò molte adesioni
in molti strati dei lavoratori e in alcuni uffici venne integral­
mente riprodotto, dattilografato, fatto circolare in mezzo agli
impiegati e agli operai con esito favorevole per l'idea di liber­

ate siano autonome, sorelle e non vassalle. Qualche comunista, nega fin
d'ora questa autonomia ipotecando l'avvenire in favore del suo partito e
della dittatura che questo eserciterà, se ne avrà la possibilità, sul proleta­
riato [...] Che la proprietà sia passata dalle mani dei capitalisti alla cassa
dello stato-padrone-assoluto non vorrebbe dire né uguaglianza, né giu­
stizia, sarebbe solo il cambio di padrone senza speranza di poterlo muta­
re. Perciò il nostro compito preciso crediamo sia questo: lavorare contro
il fascismo sì, con chiunque; ma esigere da chiunque il diritto all'affer­
mazione dei nostri sacrosanti principi libertari". Ibidem.
m "Anzitutto dovremo esigere [...] che ci sia lasciata libertà di stam­
pa e di propaganda affinché le masse arrivino a capire il nostro ideale ed
adottarlo. Dove tutto ciò non si ottenesse non ci resterebbe altra via che
riprendere la lotta contro i reazionari quanto il fascismo qualunque fos­
se la loro politica liberticida [...] Caduto il fascismo può restare l'impal­
catura capitalistica e, naturalmente, occorre non disarmare. Tutti i mezzi
di difesa e di offesa dovranno essere adottati". Ibidem.
w "Ammesso che la rivoluzione giunga a rovesciare, col fascismo, t
anche tutta l'impalcatura monarchico-borghese-capitalistìco-stataìe, è
possibile arrivare di colpo all'anarchia? Probabilmente no. Oggi manca­
no le basi psicologiche in mezzo alle masse proletarie e forse anche in
alcuni di noi, ma queste basi van cercate fin da oggi in mezzo ai lavorato­
ri, se vogliamo scendano in campo a fianco a noi [...] Occorrerà dunque
presentare ai lavoratori un disegno d'insieme per poi passare al disegno
costruttivo. Il disegno d'insieme consiste nello spiegare ai nostri ascolta­
tori in tutte le occasioni che ci presentano quali sono le vere basi della
libertà e dell'uguaglianza che necessita raggiungere fra gli uomini se
vogliamo la pace futura e duratura. Il disegno costruttivo poi lo creiamo

307
tà"688. Contemporaneamente, si cerca di svolgere un'attività
di proselitismo più specifica, predisponendo una serie di azio­
ni di ricongiungimento con operai simpatizzanti, o non an­
cora politicizzati, in tutte quelle aziende e in quegli stabili-
menti dove si può contare su una sensibile presenza militan­
te 689 : rAnsaldo Fossati, l'Ilva, la Bagnara Sam, la Piaggio e i
Cantieri Ansaldo a Sestri Ponente; la Siac e l'Uva di Ciampi;
l'Ansaldo allestimento Navi; 1'Ansaldo S. Giorgio; la Siac di
Pontedecimo; l'Ansaldo Carpenteria; l'Uva e l'Ansaldo Cerusa
di Voltri. "I compagni", ricorda ancora Pietro Caviglia, "ten­
tarono un primo approccio con alcuni nuclei di operai e con
tutte le cautele che l'ora imponeva, si riunirono prima in otto
o dieci, poi raddoppiarono o triplicarono il numero degli ade­
renti [...] Gli anarchici in quelle riunioni eterogenee diffonde­
vano l'idea di libertà contro ogni forma di autorità e pertanto
diffondevano l'anarchia " 690 .

scendendo ai particolari occupandoci, volta per volta, di far capire quali


capisaldi è d'uopo attaccare e demolire [...] Ma nella nostra propaganda
non perdiamo mai di vista due cose importanti: la chiarezza e la coeren­
za dei nostri scopi anche quando, come nel Fronte Unico, non adottiamo
la parola Anarchia". Ibidem.
6SÌ II testo contiene anche un appello alla diserzione: "Il rinnegato
Mussolini, dimenticando di aver fatto massacrare 700mila soldati nella
guerra 1915-1918 scatenata per distruggere il militarismo tedesco,
rimangiandosi tutte le sue promesse si è ora schierato a fianco della Ger­
mania alla quale - insultando i combattenti della prima guerra europea e
distruggendo i loro monumenti - dona i loro figli perchè la Germania
trionfi e domini l'Europa. Lavoratori! Non ubbidite al boia di Predappio!
Soldati! Disertate! Firmato: Il Fronte Unico dei Lavoratori". G. B arroero,
op. cit-, pagina 75.
m "Nella fine del 1942" ricorda Emilio Grassini confondendo però le
date, "si creò il fronte unico dei lavoratori ed attraverso la nostra propa­
ganda seria quanto mai si affacciò l'idea di affiancarsi al Pei e con ciò sco­
prirsi nel possibile rischiando, per far vedere chi siamo e cosa vogliamo
proseguendo questa lotta clandestina [...] Con una riunione presente il
defunto Binazzi Pasquale si prende accordo con tutti gli antifascisti per
l'abbattimento del fascismo ostacolo principale". E. G rassini, Per la storia
del nostro movimento in Liguria, in "L'amico del popolo", del 10 giugno 1947.
690 P. C aviglia, Relazione del lavoro svolto durante il periodo fascista, in-
surrezionale e dopo la liberazione, in G. B arroero, op. cit., pagina 74.

308
Naturalmente/ la strategia del "Fronte Unico dei Lavora­
tori" suscita subito forti attriti con il Pedi che, nel frattempo,
sta a sua volta rinserrando i ranghi dell'organizzazione al­
l'interno delle fabbriche. E come sempre, stando alle testimo­
nianze anarchiche, sono le propensioni autoritarie e le mire
egemoniche dei comunisti a far naufragare le prospettive di
un'azione comune di lotta. "Se [i lavoratori] fossero usciti dalle
correnti a noi vicine e ci avessero proposto di conciliare le
nostre idee con le loro per intraprendere la lotta armata con­
tro il fascismo", ci racconta sempre il Caviglia,

anche a costo di qualche rinuncia, le avremmo accettate. Vennero è


vero più tardi i comunisti a proporre l'unità, ma richieste quali erano
le m odalità dell'accordo la risposta fu la seguente: "N oi comunisti
dirigeremo la lotta, voi anarchici vi assocerete a noi e tutto è fatto".
No cari amici [fu la nostra risposta] abbiamo un cervello anche noi,
delle idee anche noi da gettare in mezzo alle masse. Formiamo piut­
tosto un comitato del Fui composto da comunisti, anarchici, sociali­
sti ed antifascisti che abbiano per metodo di lotta la rivoluzione e per
finalità l'abbattimento del capitalismo e su queste basi troveremo l'ac­
cordo, così agiremo con eguali diritti ed eguali doveri per tutti gli
aderenti e parità di condizioni senza intromissione di nessun partito,
senza seguire gli ordini di nessun capo che sia al di fuori del nostro
movimento. Questa proposta fallì [e allora] noi lavorammo da soli
andando settimanalmente sui m onti o in case private a piccoli grup­
pi con gli operai che accettavano l'idea del Fui691.

2. Il rientro di Pasquale Binazzi a Genova e la riorganizzazione del


movimento

Mentre va intensificandosi l'attività di proselitismo e di


propaganda in seno alle masse, gli sforzi tesi alla ricomposi­
zione dei livelli organizzativi approdano ad una prima rea­
lizzazione con la costituzione della Federazione Comunista
Anarchica Ligure (FCAL) 692 . Un lavoro di riallacciamento più 693

693 Ivi, pagina 75.


m "Intanto", ricorda Emilio Grassini, "si era costituita la Federazio-

309
ampio, con cellule e quadri attivi nelle regioni dell'Italia
centrosettentrionale693, viene invece avviato verso la fine del-
l'estate del 1942, quando da Torre del Lago rientra a Genova
Pasquale Binazzì. Figura prestigiosa dell'anarchismo italia­

ne Comunista Anarchica Ligure forte appena di pochi gruppi ai quali


aderivano complessivamente poco più di venti compagni. Venne inviata
una circolare <riservatissima> ai vecchi se sapevamo rimasti in piedi ma
completamente appartatisi. Questi nell'apprendere che era risorta la FCA
si rianimarono e vennero a noi". E. G rassini, Per la storia del nostro movi­
mento in Liguria, in "L'amico del popolo", del 10 giugno 1947. Nella cir­
colare riservatissima, cui fa riferimento Grassini, si legge: "Caro compa­
gno, non hai bisogno di dirti come e quando gli avvenimenti precipitano
verso lo sfacelo della società borghese e capitalistica. Ognuno che segua
appena la cronaca dei fatti, vede facilmente che fascismo e capitalismo,
legati da un patto dì alleanza antisociale, gettano nella fornace della guerra
il fiore della gioventù, tutte le risorse della vita civile pur dì salvare la
propria pelle e i propri privilegi. Vent'anni di spoliazione dei diritti delle
genti, a profitto dei gerarchi e dei capitalisti, hanno creato tanto malcon­
tento, tanto spirito di rivolta nell'animo degli sfruttati da far ritenere pros­
sima la loro ribellione. Ognuno accoglie, con sempre più manifesto pia­
cere, le sconfìtte fasciste, perchè in queste ravvisa la propria liberazione
dalla schiavitù del servaggio. Ma perchè l'impalcatura del sistema capi­
talìstico, fonte di oppressione e di miseria, sia travolta vantaggiosamen­
te per gli sfruttati, occorre che ogni lavoratore cosciente dei propri diritti
vi prenda parte attiva, sia con idee e finalità chiare, sia impugnando le
armi contro i suoi oppressori. Ma non tutti i lavoratori hanno idee ben
chiare e definite e perciò sono facile preda dei loro sfruttatori e, talvolta
incoscientemente, ostacolano il progredire delle idee di libertà che ven­
gono loro propagate dai militanti d'avanguardia. Quaì'è il nostro compi­
to di idealisti libertari in questo momento? Non certo quello di restare
alla finestra ad aspettare passivi che gli eventi si maturino per fatalismo.
Spetta soprattutto a noi C. A. il compito di indicare agli oppressi le vie
dell'avvenire ed indirizzarli verso i campi della libertà in cui ognuno ha
diritto di vivere in piena uguaglianza con gli altri lavoratori. Perciò tu
caro compagno che un tempo ti ricordiamo fervente animatore del no­
stro ideale, svegliati dal letargo in cui ti gettò la sfiducia e ritorna, in
segreto, attivo assertore della giustizia sociale. Ricordati: chi resta passi­
vo mentre infuria la mischia si rende inconsapevolmente complice degli
oppressori". G. B arroero, op. cit, pp. 75-76.
m In particolare in Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna,
Toscana, Lazio.

310
no in virtù della sua lunga militanza rivoluzionaria694, ele­
mento tenuto in gran considerazione dai compagni per il suo
non comune talento di pubblicista e per la sua spiccata elo­
quenza tribunizia695, Pasquale Binazzi è indubbiamente il per­
sonaggio più indicato al compimento di quest'azione di tes­
situra, anche perchè l'età avanzata - è ormai settantaduenne -
e la sua licenza di agente di commercio libraio, gli consento­
no di spostarsi per la penisola più agevolmente rispetto a tanti
altri suoi compagni di lotta.
Non appena la notizia del ritorno dell'anziano agitatore si
diffonde tra i nuclei sparsi nel genovese, narra Emilio Grassini,

il nostro Pasquale è circondato da uno stuolo di com pagni convenuti


alla spicciolata in "luogo sicuro". Pasquale Binazzi, curvato dalle per­
secuzioni e dagli anni, si presenta tuttavia sorridente e pieno di fede.
Egli è entusiasta del folto gruppo in cui ha trovato e abbracciato vec­
chie conoscenze che non avevano "piegato". "Sono venuto a Genova
- egli dice - con la speranza di ritrovare qualcuno e per sapere cosa
fate di buono...". Un compagno gli spiega il lavoro svolto fin qui [...]
Ognuno di noi è ansioso di sapere cosa pensa della situazione questo
nostro vecchio, battagliero e caro compagno, ed egli non si lascia pre­
gare, ci espone subito un suo "piano d'azione da iniziarsi subito".
"A nzitutto - egli dice - occorre ricollegarsi con i compagni e gli uomi­
ni di buona volontà affinchè ci possiamo contare, alm eno in quelle
località dove sarà possibile arrivare696.

Risolti alcuni problemi di natura logistica, nel dicembre


1942, Binazzi riparte da Genova con una valigia ricolma di
volantini e manifestini pronto ad intraprendere il suo giro

m Nel primo dopoguerra, era anche stato tra gli organizzatori degli
"Arditi del Popolo". Durante il periodo fascista sconta condanne in car­
cere e al confino. Per notizie più dettagliate, vedi: P. B ianconi, Gli anarchi­
ci italiani op. c it; L. B etoni, op. cit; R A ndreucci - T. D etti, Il movimento
operaio italiano. Dizionario biografico. 1853-1943, Roma, 1975, ad nomen.
695Ricorda Emilio Grassini: "Un compagno spezzino ci annuncia: <E'
venuto a trovarmi Pasquale Binazzi>. Oh finalmente sappiamo che uno
dei buoni è <vivo>". E. G rassini, Per la storia del nostro movimento in Ligu­
ria, in "L'amico del popolo", del 10 giugno 1947.
696 Ibidem.

311
d'ispezione attraverso l'Italia. A Milano, a Firenze, a Torino,
a Bologna, a Roma e in tutti le altre città in cui si reca697, l'in­
domito rivoluzionario entra in contatto con singoli quadri,
con vecchi militanti reduci dalle galere o dal confino, con
nuclei o gruppi d'azione già in fase di riorganizzazione. In
linea con i percorsi di liberazione tracciati nei mesi preceden­
ti, in questi primi incontri si discute su tematiche afferenti la
guerra, Torganizzazione, le alleanze con le altre forze politi­
che, Tunità proletaria dal basso; ma, soprattutto, si procede
alla consegna del materiale propagandistico stampato dai
compagni genovesi, che Binazzi ha portato con sé dalla Ligu­
ria. Si tratta di una serie di appelli alla mobilitazione contro
la guerra fascista, alla lotta armata, alla costituzione del "Fron­
te Unico dei Lavoratori", che le varie cellule locali provvedo­
no poi a riprodurre adattandone i contenuti alle esigenze
politico-ambientali delle rispettive realtà territoriali.
Determinanti sono i collegamenti che Binazzi è riuscito a
ripristinare con gli anarchici di Firenze, in particolare col for­
naio Augusto Boccone698, suo vecchio compagno di lotta. Pro­
prio in casa Boccone, infatti, ha luogo un convegno interre­
gionale durante il quale, alla presenza di sedici delegati, vie­
ne deliberata formalmente l'istituzione della Federazione

<w "[Binazzi] pubblicò un primo appello a nome del Fui (un bel ma­
nifestino) che trasportò (ultrasettantenne) attraverso varie regioni set­
tentrionali e centrali fino a Milano, Torino, Romagna, Toscana, Roma". P.
C aviglia, Relazione del lavoro durante il periodo fascista, insurrezionale e dopo
la Liberazione, riportata in G. Barro ero, op. cit., pag. 77. "La di lui inces­
sante attività", ricorda invece Virgilio Mazzoni, "[fu] spesa in periodo
cospirativo per far rivivere le nostre Federazioni dalla Toscana alTEmilia,
dalla Liguria al Piemonte, alla Lombardia, al Veneto, ove recavasi aper­
tamente, come agente di commercio librario, o clandestinamente, riu­
scendo a ricollegare il nostro movimento, i nostri gruppi d'azione. L'ulti­
ma volta che lo vidi fu in quel fortilizio di opera e di fede anarchica, che
è Sestri Ponente e tutta la zona dalla Valpocevera al mare, ai Giovi e al
Diamante". V. M azzoni, Pasquale Binazzi nei ricordi d i...., in "Il libertario",
numero unico, del 1946.
Cfr.: M. D e A gostini, La ripresa, op. cit.; E. C aviglia - U. M azzocchi,
La resistenza anarchica, op. cit.

312
Comunista Anarchica Italiana (16 maggio 1943)699. Nella cir­
costanza, viene elaborato anche un "programma minimo" che
contiene un'indicazione dei punti cardine su cui incentrare
l'azione rivoluzionaria nell'attuale momento 700 : rifiuto della
guerra in quanto prodotto dello spirito di dominio e sopraf­
fazione della classe capitalistica; sostegno ad ogni iniziativa
di lotta intransigente al fascismo e a tutte le sue ramificazio­
ni; ripudio di qualsiasi compromesso con la monarchia; rigi­
da opposizione a tutte le forme possibili di dittatura transito­
ria o di governo rivoluzionario; riconoscimento che la libertà
di associazione, di stampa e di pensiero, " è condizione prima
di sviluppo di civiltà e di progresso individuale e collettivo"
contro il sorgere di privilegi di classe e di governi dispotici;
ricostituzione del paese sulla base di "libere federazioni di
comuni autonomi composte di liberi produttori", referente
imprescindibile per impedire la restaurazione di qualsiasi mo­
dello di Stato accentratore e burocratico.
Al di là della dimensione programmatico-organizzativa,
l'indirizzo strategico del momento ruota attorno all'asse ope­
rativo del "Fronte Unico dei Lavoratori". Non solo, infatti, lo
stesso proclama di Firenze si conclude chiamando a raccolta
gli "elem enti proletari che condividono questo minimo di
programma rivoluzionario", ma, nei giorni successivi al con­
vegno, l'argomento è all'ordine del giorno di una riunione
segreta svoltasi tra quattro delegati anarchici e due comuni-

m Al convegno partecipano: Emilio Grassini, Pietro Pozzi e Pietro


Caviglia, per Genova; Giuseppe Santini e Vindice Rabitti, per Bologna;
Ateo Vannuccci, per Livorno; Pasquale Binazzi, Del Carpio ed un altro v
militante, per La Spezia; Augusto Bocconi, Ezio Puzzoli ed altri due mi­
litanti, per Firenze; due militanti romani; Silvio Corbari, per Faenza. Boc­
coni e Binazzi sono inoltre delegati a presentare le istanze dei gruppi di
Carrara e di Pistoia - le cui figure più rappresentative sono rispettiva­
mente Ugo Mazzucchelìi, Egisto Gori e Tito Eschini. Vedi: M. D e A gostini,
La ripresa, op. cit.; G. S acchetti, Resistenza e guerra sodale, op. cit,; G. C eretto,
Gli anarchici nella resistenza apuana, op. cit.; P. B ianconi, Gli anarchia italia­
ni, op. cit.; E. C aviglia - U. M azzocchi, La resistenza anarchica, op. cit.
700 Mille copie del programma, vengono stampate nella tipografia
delì'anarcoindividualista fiorentino Lato Latini.

313
sti701. Nei mesi seguenti, inoltre, i militanti liguri e quelli to­
scani stampano un opuscolo di dodici pagine - "Fronte Uni­
co dei Lavoratori. Preliminari del nostro programma" - che
riprende la tematica dell'unità dal basso, mentre volantini dal
contenuto simile - firmati "comunisti anarchici", "federazio­
ni libertarie", o semplicemente "gli anarchici" - vengono dif­
fusi nello stesso periodo in tutte le regioni rappresentate al­
l'incontro di casa Boccone702.
Pur trovando vaste adesioni ed ampi consensi a livello di
base - si pensi alla convergenza spontanea che si realizza tra
i lavoratori di tutte le tendenze durante gli scioperi scoppiati
nel marzo 1943 nelle grandi fabbriche di Milano e di Tori­
no 703 - la strategia del "Fronte Unico" si arena, come visto, sui
contrasti tra anarchici e com unisti circa le m odalità di
estrinsecazione dell'unità proletaria 704 . D'altra parte, anche
quel minimo di confluenza su alcuni obiettivi di lotta squisi­
tamente classisti e rivoluzionari, è destinata a svanire dopo il

701 La delegazione anarchica, è formata da Lato Latini, Augusto Boc­


cone, Emilio Grassini e Riccardo Sacconi. Quella comunista da Antonio
Negro e Mario Mari. L'incontro non approda a nessun risultato concreto.
702A Vergato (Bo), ad esempio, il comitato clandestino di sezione del
Partito Comunista Libertario diffonde un manifesto indirizzato al prole­
tariato italiano che propone la "creazione di un fronte unico proletario"
per la lotta contro la monarchia, "responsabile prima del ventennio di
servaggio fascista, e per l'instaurazione di una repubblica del popolo
italiano". Nel documento, si ribadisce inoltre la necessità della pace im­
mediata "per troncare un conflitto che nessuna deliberazione popolare
ha mai sanzionato", e si reclama infine: la inesorabile condanna dei cri­
minali fascisti, la "severa falcidia di ogni lucro e patrimonio", "il diritto
di tutti al lavoro e alla egualitaria ripartizione delle ricchezze", "il diritto
pieno ed assoluto di ognuno alla libertà individuale, alla libertà di orga­
nizzazione, di stampa e propaganda". Aa.Vv., L'Italia dei quarantacinque
giorni, Quaderni de "Il Movimento di Liberazione in Italia, Milano, 1969,
pagina 284.
703 Dove, peraltro, s'instaura una proficua collaborazione tra i mili­
tanti della minoranza anarchica e i settori più intransigenti del partito
comunista - i gruppi "Stella Rossa" e "Comunisti Internazionalisti".
704 Vedi pagina 309.

314
colpo di stato del 25 luglio, quando iniziano a manifestarsi i
primi sintomi della politica collaborazionista di unità nazio­
nale adottata dal P ed i Emblematico, è quanto accade il 30
luglio a Genova, dove un nucleo comunista arriva a diffon­
dere un volantino dai contenuti talmente "controrivolu­
zionari" che gli stessi vertici del partito sono costretti ad in­
tervenire per sconfessare ^episodio, definendolo un caso iso­
lato di "deviazionismo legalitario"705. Naturalmente, vi sono
aree territoriali in cui esponenti anarchici e comunisti danno
vita ad organismi comuni di lotta 706 ; anche in queste circo­
stanze, tuttavia, si tratta di fenomeni del tutto occasionali ai
quali non corrisponde nessun tipo di disegno strategico uni­
tario. In alcune realtà periferiche, anzi, le sfere dirigenti co­
muniste avviano persino una larvata, quanto subdola, cam­
pagna di boicottaggio per dissuadere i giovani proletari dal-
ì'aderire ai gruppi libertari.
Mentre la politica delle alleanze s'infrange su vecchie e
nuove contrapposizioni, il colpo di stato del 25 luglio impri­
me un'accelerazione decisiva allo sviluppo dell'azione anar­
chica nel paese. Nonostante le disposizioni liberticide sull'or­
dine pubblico emanate dalla dittatura militare di Pietro

705 "Il partito comunista", si legge sul documento, "non agisce [...]
come potrebbe agire un partito di minoranza, cioè con rivolte, sedizioni,
ecc. Il partito comunista è un partito di governo e quindi un partito di
ordine. Il partito comunista è nella legge e non domanda che di poter
rimanere nella legge". Cìt. in G. B arroero, op. cit., pagina 83.
70fi In territorio apuano, ad esempio, accanto alla costituzione della
"Federazione comunista anarchica" - denominata anche "Gruppo
libertario", "Federazione anarchica italiana" e "Federazione comunista
libertaria" - gli anarchici si fanno promotori con comunisti e socialisti di
un "Comitato civico" e di un "Comitato apuano del fronte nazionale
d'azione" - dalla cui fusione nasce in seguito un organo di rappresentan­
za interpartitica: il "Comitato di salute pubblica". Vedi: R. B ertolucci, A
come anarchia o come Apna. Un anarchico a Carrara. Ugo Mazzuccheìli, Qua­
derni della Fiap, Carrara, 1989; G. C errito, Gli anarchici nella resistenza
apuana, op. cit.; O . L a l u , Lotta partigiana intorno alle Alpi Apuane e
all'Appennino tosco-ligure- emiliano, Carrara, 1964.

315
Badoglio707, la vicenda dei "quarantacinque giorni" è tutto
un moltiplicarsi di nuove iniziative di lotta, di elaborazione
di intenti e di propositi, di ricostituzione di comitati, gruppi
e federazioni. A fungere da stimolo alla mobilitazione, sono
talvolta singoli militanti che godono di un particolare ascen­
dente sui propri compagni di fede. Il rilancio della lotta a
Piombino, ad esempio, è in gran parte merito di Adriano
Vanni, che non solo costituisce l'elemento propulsivo del di­
battito teorico tra i lavoratori del "Bassino" ILVA, ma si di­
stingue anche come imo dei maggiori ispiratori delle iniziati­
ve promosse dai "Commissari di reparto degli stabilimenti
Ilva-M agona " 708 . Preziosissimo, poi, è il lavoro di riallac­
ciamento svolto a Milano da Augusto Castrucci che, già in
prima linea durante gli scioperi del marzo, è da annoverarsi
tra i principali artefici della riorganizzazione del Sindacato
Ferrovieri Italiani. Di sua ispirazione, è il memoriale in quin­
dici punti che viene presentato alla prima riunione costitutiva
della Sfi, tenutasi il 28 luglio709; ed è lui a dirigere una com­
missione di ferrovieri che, all'inizio di settembre, si reca a
Roma per condurre trattative col ministro del lavoro - Picardi
- e con quello delle Comunicazioni - generale Amoroso710. Il

707 Le misure prevedono l'arresto immediato e il deferimento ai tri­


bunali militari per i trasgressori dell'ordine pubblico, lo scioglimento con
le armi degli assembramenti di più di tre persone, Lordine delle truppe
di sparare ad altezza uomo. In seguito a queste disposizioni, nei soli cin­
que giorni successivi all'insediamento del governo Badoglio, si contano
83 morti, 308 feriti, 1300 arresti.
™ Come la diffusione dì tre manifestini che incitano allo sciopero e
alla costituzione del "Fronte Unico dei Lavoratori" per "vincere contro il
nemico interno e l'oppressore straniero [affinché] in un'Italia libera pos­
sano sorgere liberi comuni, federazioni autonome composte di liberi pro­
duttori". P. B ianconi, II Movimento operaio a Piombino, La Nuova Italia,
1970, pagina 175.
709 In particolare, si rivendica la reintegrazione dei ferrovieri esone­
rati per motivi politici durante il ventennio.
710ACS, CPC, busta 1175, fsc. Castrucci Augusto; A. C astrucci, Batta­
glie e vittorie dei ferrovieri italiani, La Prora, Milano, 1945; E. V allini, Giter-

316
timoniere delia riscossa libertaria in Puglia, è invece Michele
Damiani. Insieme ad altri militanti, l'anarchico è tra l'altro
testimone dell'eccidio avvenuto alla fine di luglio dinnanzi
alle carceri di Bari, quando la forza pubblica apre il fuoco su
un raggruppamento di antifascisti che avevano inscenato
un'azione dimostrativa per ottenere la liberazione dei dete­
nuti politici - si contano 23 morti ed una sessantina di feri­
ti711.
Un episodio eloquente del mutamento dei rapporti di for­
za che sta maturando in Italia, si verifica a Pistoia, dove una
folta rappresentanza di operai della "San Giorgio" si reca
minacciosa dinnanzi ai locali della questura per ottenere l'im­
mediata scarcerazione di Silvano Fedi - arrestato poche ore
prima per aver arringato la folla, inneggiando alla rivolta
libertaria. Fedi è uno dei membri della sezione locale del "Par­
tito Comunista Libertario" che712, poche settimane dopo la
caduta di Mussolini, affigge sui muri della città alcuni esem­
plari di un "programma minimo", nel quale sono passati in
rassegna una serie di obiettivi prioritari di lotta - pace imme­
diata, abolizione della monarchia, restaurazione delle liber­
tà, revisione patrimoniale dei beni, condanna di ogni crimine
fascista, epurazione degli elementi più compromessi col re­
gime, creazione ed incremento della piccola proprietà, misu­
re di previdenza per la classe operaia, elezione diretta del
proletariato dei propri rappresentanti713. Va osservato che alle

ra sulle rotaie, Lerici, Milano, 1964; Milano nella Resistenza. Bibliografia e


cronologia. Marzo 1943 - Maggio 1945, Vangelista, Milano, 1975.
711 Un'azione simile viene effettuata più tardi anche dinnanzi alle car­
ceri di Barletta. Va segnalato che gruppi libertari sono in fase di
riorganizzazione anche a Cosenza dove, nell'ottobre 1942, alcuni quadri
si fanno promotori di un "Comitato provinciale del Fronte unico nazio­
nale per la libertà". Cfr.: A. D adà, L'anarchismo italiano fra movimento e
partito. Storia e documenti dell'anarchismo italiano, Teti, Milano.
712 Attiva già dal 1940. Tra gli aderenti alla sezione, vanno ricordati
anche; Egisto e Minos Gori, Tito e Mario Eschini, Tiziano Plandri, Fran­
cesco Fedi, Simbaldo Guerrini, Carlo Giovannelli, Sergio e Loris Bardelli,
Francesco Toni e Luigi Nanni.
713 In un secondo momento, si sarebbe mirato "al raggiungimento

317
tradizionali iniziative antifasciste, gli anarchici pistoiesi af­
fiancano anche un'attività di sostegno e di solidarietà alle
popolazioni della zona per aiutarle a superare le gravi avver­
sità del momento. A Bottegone e a Barba714, ad esempio, si
fornisce opera di soccorso ed assistenza alle famiglie più di­
sagiate, si procede all'impianto di un forno che distribuisce il
pane gratuitamente, si svolge un'opera di persuasione per
indurre i contadini a battere il grano anche in assenza di mer­
cato, e così via.
Nel frattempo, si tiene a Firenze il secondo convegno del­
la Federazione Comunista Anarchica Italiana - 5 settembre
1943715. Oltre all'elaborazione dell'ennesimo appello al "Fron­
te Unico dei Lavoratori", dai contenuti analoghi a quelli dei
volantini lanciati nei mesi precedenti716, i delegati presenti
all'incontro si accordano questa volta anche per la riedizione

dei seguenti punti: 1 - Diritto di tutti al lavoro e all'egualitaria ripartizio­


ne delle ricchezze. 2 - Diritto delle masse all'istruzione del massimo gra­
do: abolizione della tassa scolastica. 3 - Abolizione di ogni classe sociale.
4 - Diritto pieno ed assoluto di ognuno alla libertà individuale, di culto,
organizzazione, stampa e propaganda: solide salvaguardie contro ogni
forma di dittatura. 5 - Unione internazionale con ogni paese proletario".
ACS, Min. Int-, Dir. Gen. PS, A A. GG. RR., F I, busta 55. Tèsto di un vo­
lantino del Partito Comunista Libertario rinvenuto affisso dalla polizia,
in località Pistoia, il 16 agosto 1943.
7,4 Località poco distanti da Pistoia.,
715 Al convegno sono presenti: Riccardo Sacconi - Roma - Ateo
Vannucci - Livorno - Adriano Vanni - Piombino - Augusto Boccone e
Lato Latini - Firenze - Giuseppe Sartini e Attilio Diolaiti - Bologna - Emi­
lio Grassini e Antonio Dettori - Genova - Pasquale Binazzi, Del Carpio
ed un altro militante - La Spezia - Tito Eschini e Silvano Fedi - Pistoia.
Vedi: G. S acchetti, Resistenza e guerra sociale, op. cit.; G. C erreto, Gli anar­
chici nella resistenza apuana, op. cit.; P. B ianconi, Gli anarchici italiani, op.
cit.; M. D e A gostini, La ripresa, op. c it
™ "FRONTE UNICO DEI LAVORATORI. COSA VUOLE. Il F.U. è
un'associazione libera a cui possono iscriversi tutti i lavoratori del brac­
cio, del pensiero e della scienza, che lottano per la libertà e vogliono
emancipare il lavoro dal capitale. Il F.U. vuole elevare il lavoratore a
DIGNITÀ' D'UOMO con una personalità politica e sociale che lo renda
consapevole della grande missione che ha nella vita sociale. Il F.U. vuole
rinnovare la società affinché al produttore sia garantita un'esistenza equa

318
della gloriosa testata "Umanità Nova". La sera deirotto set­
tembre, nella tipografia deìl'anarcoindividuaìista Lato Lati­
ni, vengono stampate milleottocento copie dell'antico quoti­
diano malatestiano, che rivede così la luce dopo circa venti
anni dalla sua soppressione717.

3 -L a riorganizzazione al Confino di Ventotene e l'episodio di Renicci


d'Anghiari

Il rilancio della lotta anarchica nel paese è speculare al rias­


setto organizzativo in atto nell'isola di Ventotene dove negli
ultimi anni la colonia di confinati anarchici si è accresciuta
non soltanto dei numerosi quadri condannati dopo lo scop­
pio della guerra718, ma anche dei molti prigionieri rimpatria­
ti coattivamente dai campi di concentramento francesi719, non­

e dignitosa, anche se impotente al lavoro, e basa le sue rivendica2 ionì sui


pricipi di uguaglianza, di solidarietà e di mutuo appoggio, con uguali
doveri e uguali diritti per tutti. Estende questi principi ai lavoratori di
tutti i Paesi di oltre frontiera, perchè li considera fratelli e non nemici; e
perciò reclama la fine immediata della guerra; strage inutile e idiota im­
posta al proletariato dal criminale fascismo e dalla dinastia sua complice
necessaria. Reclama l'immediato ritorno in libertà di tutti i confinati e
carcerati politici, ed il ripristino della libertà di stampa, di parola, di
associazione. Basta con la libertà condizionata! ABBASSO LO STATO
D'ASSEDIO! ABBASSO LA GUERRA! Ove tutto ciò non si ottenga col
diritto il F.U. lo otterrà con la forza. Nel programma che uscirà quanto
prima, sono ampiamente illustrati questi principi. VIVA IL FRONTE
UNICO DEI LAVORATORI RIVOLUZIONARI". ACS, Min. Int., Dir. Gen,
PS, AA. GG. RR., FI, busta 55. Manifestino a stampa rinvenuto dai cara­
binieri, a Sestri Ponente, il 27 novembre 1943.
717 Le copie rimangono in gran parte ìndistribuite per il sopraggiun­
gere dell'armistizio. E' da ricordare che due numeri dì "Umanità nova"
erano stati pubblicati a Buenos Aires, in occasione della festa dei lavora­
tori del 1930 e del 1932. Tra il 1932 e il 1933, ne erano invece stati pubbli­
cati, a Puteaux, sei numeri a scadenza quindicinale. Vedi capitolo secon­
do e capitolo terzo di questo lavoro.
71s Vedi paragrafo uno.
m Vedi paragrafo uno.

319
che di un nutrito gruppo di militanti tradotti dall'isola di
Ponza720 - smobilitata dal regime per ragioni di sicurezza.
Se l'incremento quantitativo dei coatti comporta inevita­
bilmente una recrudescenza delle già precarie condizioni di
vita e di sussistenza/ quest'arcipelago di individualità e di
personalità della più variegata provenienza esistenziale, fini­
sce però con 1 'apportare un contributo determinante in ter­
mini di arricchimento qualitativo del movimento721. L'incon­
tro tra chi può contare su una lunga esperienza militante e i
quadri più giovani, i contatti tra chi ha lottato clandestina­
mente all'interno e chi ha proseguito le proprie iniziative
antifasciste all'estero, o, ancora, il confronto tra quanti hanno
vissuto in prima persona la lacerante rottura con gli stalinisti
consumatasi in Spagna e quelli che invece in Italia sono spes­
so ricorsi a forme di collaborazione locale con le cellule clan­
destine comuniste, sono tutti elementi destinati a sprigionare
uno scambio di idee, dì opinioni, di prospettive così fecondo
da incidere profondamente sia sotto l'aspetto teorico che sot­
to quello della prassi rivoluzionaria722.
Con questo bagaglio di esperienze diverse, dunque, i con­
finati anarchici si apprestano ad affrontare i temi scottanti del
momento palesando una capacità di analisi e di critica sicu­
ramente più acuta rispetto alle riflessioni condotte negli anni
precedenti723. Ad emergere con forza, è soprattutto la volon­

720A Ventotene, dove è internato anche un nutrito gruppo di sloveni,


slavi ed albanesi, si contano circa 800 confinati. Quasi 180 sono gli anar­
chici, presenza più numerosa dopo quella dei comunisti. Altri luoghi di
confino e di detenzione degli anarchici sono al momento: Santo Stefano,
Pescara, San Germignano, Manfredonia, Lipari, Lampedusa, Ustica, Tre­
miti.
721 Cfr. U. F edeli, Gli ultimi mesi a Ventotene, in "L'adunata dei refratta­
ri", del 15 aprile 1961.
722 Particolarmente significativa è la testimonianza degli ex miliziani
che in Spagna, al di là dell'impegno militare vero e proprio, sono stati
coinvolti in prima persona in un progetto di conduzione del consorzio
sociale fondato sui principi di organizzazione del comunismo libertario.
723 Nelle "m ense" di studio confinarie, si discute animatamente circa
i possibili sbocchi del conflitto mondiale, le alleanze con le altre correnti

320
tà di appianare quanto più possibile le polemiche intestine
per raggiungere un'unità d'intenti e di scopi tra tutti i gruppi
caratterizzati da una diversificata articolazione ideologica.
Proprio questa tensione unitaria informa lo spirito del "Con­
vegno degli anarchici confinati a Vento tene" (1942) dove, al
termine di un acceso dibattito, viene ribadita la connotazione
di "sintesi" della Federazione Anarchica Italiana, ricostitui­
tasi al confino già nel 1931. Frutto di un compromesso tra le
diverse correnti, è anche la risoluzione programmatica ap­
provata nel corso della riunione724. Si tratta di un testo ne­
vralgico ai fini della riorganizzazione sindacale e del rilancio
della lotta operaia, nel quale "spiccano le suggestioni eserci­
tate da quella politica d'unità d'azione che in passato aveva
ciclicamente caratterizzato l'attività dei vari movimenti ope­
ra i"725, come ad esempio la mobilitazione antimilitarista du­
rante la Grande Guerra del 1914-'1S, l'esperienza consiliarista
del 1920”, o la più recente azione protosindacale svolta clan­
destinamente in Italia. In linea con questa tradizione unita­
ria, viene così esclusa la formazione di un sindacato anarchi­
co per suggerire invece l'adesione ad un organismo unico di
lotta proletaria, all'interno del quale i gruppi libertari, orga­
nizzati in categorie di mestiere e di professione autonomi,
lavoreranno per imprimere un indirizzo libertario ai consigli
di fabbrica - posti a fondam ento della futura società
"soviettista e libertaria"726.

rivoluzionarie, i consigli di fabbrica, le prospettive di realizzazione pra­


tica dei concetti sociali dell'anarchismo.
m Come ha scritto Pietro Bianconi, sulle formulazioni della piatta­
forma permanevano però molti motivi di disaccordo: "A differenze teo­
riche minime si associavano ora tutte le suggestioni esercitate dalla spe­
ranza di una imminente sconfitta del fascismo, dalla forza numerica dei
sindacati [...] dall'entusiasmo per le proposte riorganizzative dei Consi­
gli di Fabbrica, dal teorizzare sui Consigli di Comune e di Provincia o sui
Comuni Liberi". P. B ianconi, Gli anarchici italiani nella lotta contro il fasci­
smo, op. cit, pp. 66 - 67. Per il testo del documento cfr.: U. F edeli, Il movi­
mento anarchico in Italia nel secondo dopoguerra, in "Almanacco socialista
1962", Milano, 1962, pp. 473-474.
725 G. S acchetti, Resistenza e guerra sociale, op. cit., pagina 6.
726 1 gruppi, prosegue il documento, costituiscono 1'"Alleanza liber-

321
Come si può im maginare, la notizia della caduta di
Mussolini suscita tra i confinati di Ventotene sentimenti di
grande entusiasmo, ma anche una smania incontenibile di
riottenere subito la tanto attesa libertà. Passano solo poche
ore e una delegazione composta da rappresentanti di tutte le
correnti politiche si reca dal direttore della "colonia" per con­
segnargli un telegramma da inoltrare a Roma, in cui si riven­
dica "l'immediata liberazione condannati e relegati politici
come automatica conseguenza della soppressione del regime
fascista"727. Due giorni dopo, il capo della polizia - Carmine
Senise - accoglie in parte le istanze dei confinati e invia un
dispaccio telegrafico urgente "ai questori, dirigenti zone Ovra,
direzioni delle colonie di confino di Ventotene Ponza Tremi­
ti", disponendo la scarcerazione di tutti i "responsabili attivi­
tà politiche escluse quelle riferentisi comunismo et anar­
chia " 728 .

taria sindacale" che si manterrà "in continuo contatto con la Fai per sta­
bilire di comune accordo tutte quelle iniziative e manifestazioni che si
riterranno opportune". E' previsto, infine, che i compagni possano an­
che accettare cariche sindacali esclusive, "possibilmente di breve durata
e comunque revocabili da organi competenti". LA PIATTAFORMA, in
"Umanità Nova", del 7 gennaio 1945 e del 26 aprile 1947. E' da segnalare
che l'elaborato contempla anche la partecipazione degli anarchici ai "Con­
sigli di Comune e di Provincia", vera e propria "innovazione eterodossa"
su cui però, come ha scritto Gino Cerrito, non vengono fornite ulteriori
precisazioni, tanto che in seguito diversi militanti interpreteranno il te­
sto nel senso più ampio e "deviazionista".
717 Delia delegazione fanno parte: Mauro Scoccimarro e Pietro Sec­
chia, per i comunisti; Francesco Fancello e Altiero Spinelli, per gli azioni­
sti; Sandro Pertini, per i socialisti; Giovanni Domaschi, per gli anarchici;
Lazar Fundo ed Antonio Babic, per gli sloveni. P. S ecchia, Il partito comu­
nista italiano e la guerra di Liberazione, op. cit., pagina 62.
72ANel documento, si legge: "Prego disporre subito scarcerazione pre­
venuti disposizione autorità PS responsabili attività politiche escluse
quelle riferentisi comuniSmo et anarchia. Contemporaneamente SS. LL
com pileranno nella giornata di oggi elenchi tutti condannati aut
giudicabili per attività sopra indicate, escludendo sempre comunisti et
anarchici, e li rimetteranno alla RR Procure competenti con proposte gra­
zia sovrana. Per quanto riguarda confinati politici dovranno essere im-

322
A salpare inizialmente da Ventotene, sono così soltanto un
centinaio tra "antifascisti democratici", giellisti e socialisti.
Dopo la nomina governativa di Giovanni Roveda a vice com­
missario della ex Confederazione Fascista dei Lavoratori In­
dustriali729, la situazione si sblocca anche per i comunisti.
Come contropartita alla sua collaborazione istituzionale,
l'esponente comunista chiede infatti il rilascio di un elenco di
nominativi che gli stessi vertici del partito hanno provvedu­
to a stilare, seguendo un criterio di precedenza assoluta per i
quadri dirigenti730. Partito l'ultimo scaglione di comunisti,
restano relegati nell'isola solo i militanti anarchici che, peral­
tro, alcune circolari inviate a Roma hanno nel frattempo riba­
dito di escludere dalla liberazione731. E' in questa circostanza
che quel vincolo di solidarietà instauratosi nel corso degli anni
tra ciascun coatto, a prescindere dalle provenienze partitiche
e dalle appartenenze ideologiche, si manifesta in tutta la sua
forza e indissolubilità. Indignati per il protrarsi dell'increscio-

mediatamente attuati medesimi criteri sopra descritti liberando respon­


sabili attività antifasciste in genere, offese capo governo et cessato regi­
me. Da provvedimento liberazione restano naturalmente esclusi respon­
sabili affarismo et fatti natura, non, ripetersi non, politica per i quali non
si è proceduto giudiziariamente. Casi dubbi potranno essere segnalati al
ministero per determinazioni. Alla liberazione confinati dovranno prov­
vedere questure et direzioni colonie nelle cui giurisdizioni trovansi con­
finati stessi. Provvedimenti hanno carattere estrema urgenza e debbono
essere attuati immediatamente. Riferire subito per quanto di Competen­
za". Documento riportato in M. Rossi, Avanti siam ribelli, op. cit., pagina
96, e in M. F ranzinelli, 1 tentacoli dell'Ovra, op. cit., pagina 400.
729 Nomina mediante cui Badoglio cerca di incanalare in senso *
legalitario gli scioperi e le agitazioni operaie che stanno estendendosi a
macchia d'olio nel paese.
730 Tra questi: Terracini, Scoccimarro, Li Causi, Camilla Ravera, Sec­
chia, Reale, Santhìa, Pajetta, Colombi, Longo, Di Vittorio, Bardini, Alber­
ganti, Frausin, Colarìch. Cfr. P. S priano, op. cit.
731 Cfr.: ACS, Min. Int., Dir. Gen. PS, AA. GG. RR., 1943, busta 27, fsc.
C.2, Circolari del Ministro dell'Interno, del 14 e 15 agosto 1943. Con gli
anarchici restano confinati anche cittadini italiani di origine slovena o
croata, comunisti e nazionalisti jugoslavi e albanesi - circa 200 elementi
in tutto.

323
sa discriminazione politica, alcuni ex confinati propongono
al "Fronte Nazionale" la formazione di una "Commissione
d'inchiesta" affinché il governo disponga llm m ediata libe­
razione dei "confinati anarchici colpevoli solo di aver com­
battuto il fascismo". Tra coloro che prendono più a cuore la
questione, c'è Sandro Pertini - il futuro presidente della Re­
pubblica - che, il 2 0 agosto, inoltra una formale richiesta in tal
senso al ministro Umberto R ic c i. "Circa 70 confinati politi­
ci", si legge nell'istanza,
non sono stati liberati perchè già schedati dalla polizia fascista come
anarchici. Ora stando all'assicurazione data da S. E. il Capo del Go­
verno a suo tempo apparsa sui giornali, secondo la quale nessuna
discriminazione politica sarebbe stata fatta [...] dovrebbero pure essi
godere della liberazione già accordata agli a ltri733.

Intorno alla metà dì agosto, il governo Badoglio provvede


finalmente a diramare un dispaccio telegrafico alle direzioni
delle colonie di confino, per disporre l'immediata "liberazio­
ne di confinati et internati anarchici"; ma alle autorità
confinarie di Ventotene, le disposizioni ministeriali vengono
recapitate quando già da tre giorni'gli anarchici sono stati
imbarcati su una corvetta della Regia Marina per essere tra­
dotti verso il campo di concentramento di Renicci d'Anghiari
(Arezzo) 733 .

/3ZL'istanza conclude rammentando che "l'ulteriore permanenza di


tali confinati a Ventotene potrebbe dar adito a gravi incìdenti data la pre­
senza in luogo di truppe tedesche ostili ai confinati e lo stato di
eccitamento che potrebbe determinarsi nell'animo dei nostri compagni
di confino rimasti in cattività malgrado le promesse di S. E. il Capo del
Governo". Cit. in G. Sacchetti, Resistenza e guerra sociale. Il movimento
anarchico e la lotta di Liberazione. 1943-1945, in "Rivista storica del­
l'anarchismo", n. 1, gennaio-giugno 1995, Pisa, 1995, pagina 8. Sandro
Pertini, d'altro canto, già in precedenza s'era profuso in manifestazioni
di affetto e di stima nei confronti dei militanti libertari. Nel 1938, ad esem­
pio, per accogliere degnamente il vecchio Paolo Schicci al confino di
Ponza, s'era cimentato in una breve ode in suo onore: "All'alba dell'an­
no, che sta sorgendo, noi ci auguriam di vivere la tua vita; e di morire in
piedi combattendo: la sorte, o Paolo, da te sempre ambita". Bollettino
dell'archivio G. Pineìli, numero 17, luglio 2001.
733 In data 24 agosto, Marcello Guida telegrafa a Roma: "Disposizioni

324
Scortati da carabinieri e agenti di PS, gli anarchici partono
così dall'isola indignati ed estremamente adirati per l'enne-
sima ingiustizia subita. E a placare la loro rabbia, non servo­
no certo tutte le rassicurazioni di un'imminente liberazione
fatte al momento dell'imbarco; anche perchè, dopo alcune ore
di sosta a Gaeta, si profila con contorni sempre più netti dove
in realtà si è davvero diretti. E' per questo che il viaggio di
trasferimento in treno verso la Toscana è segnato da tutta una
serie di atti di insubordinazione e tentativi di fuga, mentre
ogni sosta nelle stazioni ferroviarie poste lungo la tratta
Formia - Anghiari, si trasforma in altrettante occasioni per
improvvisare com izi, affacciati ai finestrini del treno, e
arringare la popolazione incitando alla lotta armata contro il
n azifascism o 734 . L'accoglienza nella piccola stazione di

relative liberazione confinati et internati anarchici non pericolosi mi sono


pervenute con notevole ritardo per cui non est stato possibile loro esecu­
zione da questa sede".
734 Dalla testimonianza dì Alfonso Fatila: "C'imbarcarono intorno al
20 d'agosto su una corvetta della regia marina non attrezzata al salva­
taggio di centinaia di persone nel caso di un probabile attacco di sotto­
marini. Quando la nave uscì dal porticciolo di Ventatene, prima di virare
per Gaeta, gridammo ripetutamente il nostro saluto al compagno Gino
Lucetti prigioniero nell'ergastolo dell'isola di Santo Stefano. Dopo alcu­
ne ore di sosta a Gaeta [...] incominciò il nostro viaggio verso il campo di
concentramento. Eravamo scortati da carabinieri ed agenti di PS. Non
eravamo ammanettati, tanto che fu facile a parecchi compagni di evade­
re. In tutte le stazioni improvvisammo comizi, affacciati dai finestrini,
incitando alla lotta radicale contro il fascismo ed il nazismo. A Roma il,
nostro treno fu sballottato da una stazione all'altra, si disse per proteg­
gerci dai bombardamenti aerei ma in realtà per impedire ì nostri contatti
con Ì compagni romani e le nostre proteste per la nostra mancata libera­
zione. [...] Lungo tutto il viaggio , nelle soste delle varie stazioni, ì nostri
inviti alla lotta contro il fascismo incontrarono lo stupore e l'indecisione
popolare. Fu ad Arezzo che notammo una diffusa e simpatica compren­
sione solidale da parte di centinaia dì persone che si trovavano in quella
stazione [...] A. Failla, Nel campo di Renicci d'Anghiari. Riportato in P. F inzi,
Insuscettibile di ravvedimento. L'anarchico Alfonso Failla (1906 - 1986): carte
di polizia, scritti, testimonianze, La fiaccola, Ragusa, 1993, pp. 244-245.

325
Anghiari, poi, non è certo delle più incoraggianti. "Arrivati,
suUlmbrunire", ricorda Alfonso Failla,

fummo ricevuti da alcune centinaia di carabinieri e di soldati ai quali


sentimmo distintamente rivolgere dai loro ufficiali l'ordine di carica­
re le arm i. Protestammo energicamente. In un alterco con gli ufficiali
che ci insolentivano minacciando fucilazioni i compagni Marcello
Bianconi e Arturo M essinese gridarono: <Sparate vigliacchi!>. Per­
ciò furono im mediatamente condotti in cella di sicurezza. Così ebbe
inizio la nostra agitazione contro il regime interno nel campo di con­
centram ento735 .

Renicci è in effetti tra i campi più abominevoli d'Italia736,


dove all'alta concentrazione di internati737, fanno riscontro
condizioni di vita disumane, una dieta alimentare ai limiti
della sopravvivenza fisica ed una brutale disciplina interna,
mantenuta persino ricorrendo a finte fucilazioni738. Nei di-

735 Ivi, pagina 245.


73i Ancora dalla testimonianza di Failla: "[Il campo] era stato fino ad
allora uno dei peggiori del genere. I prigionieri erano in massima parte
partigiani jugoslavi [...] Il regime alimentare era stato sempre più scarso
e pessimo; centinaia di internati, specialmente bambini e ragazzi, erano
morti a causa del pessimo trattamento. In cambio la sorveglianza era
feroce e bestiale. Guardavano i prigionieri centinaia di soldati e di cara­
binieri, richiamati, questi ultimi, dalle regioni Toscana e limitrofe [...] Era
perfino proibito che gli internati delle varie sezioni in cui era diviso il
campo si avvicinassero alle reti metalliche divisorie per conversare reci­
procamente". Ivi, pagina 245. Per le condizioni di vita degli internati,
vedi: G. S acchetti, Renicci: iin campo di concentramento per slavi ed anarchi­
ci, in I. T ognarim , Guerra di sterminio e resistenza. La provìncia di Arezzo
1943-1944, Napoli, 1990.
737 Nel campo si trovano rinchiusi circa 4500 coatti, per la maggior
parte prigionieri jugoslavi nazionalisti o comunisti. Gli anarchici sono
circa sessanta. Tra questi: Agostino Barison, Attilio Bassi, Marcello
Bianconi, Emilio Ganzi, Alfonso Failla, Ulisse Merli, Lucia Minon, Mario
Orazio Perelli, Corrado Perissino, Umberto Tommasird, Arturo Messine­
se, Mario Aidighieri. Vedi: G. S acchetti, Resistenza e guerra sociale, op.
cit., pp. 10-11, nota 18.
73HBen 500 sono i militari addetti alla sorveglianza. Il campo è inoltre
diviso per settori separati da reti metalliche che impediscono ai detenuti
di poter comunicare.

326
ciotto giorni di permanenza (23 agosto - 9 settembre), gli anar­
chici si sollevano più volte contro questo aberrante stato di
cose, riuscendo anche ad ottenere qualche lieve miglioramento
del regime interno - come ad esempio l'abolizione del divieto
di comunicazione tra i prigionieri o l'incremento della razio­
ne alimentare quotidiana 739 . La stessa evasione da Renicci,
del resto, ha origine da un loro atto di disobbedienza. L'epi­
sodio si verifica nella giornata del 9 settembre quando, diffu­
sasi la notizia dell'armistizio con gli alleati e dell'imminente
occupazione nazista dell'Italia centrosettentrionale, i detenuti
dei vari settori iniziano a riunirsi concitatamente per orga­
nizzare la fuga collettiva dal campo. Allarmato dal trambu­
sto dei comizi, il tenente Panzacchi comanda allora agli agenti
di sorveglianza di sparare sugli assembramenti, provocando
il ferimento di due slavi ed un anarchico. Appena cessato il
fuoco, Alfonso Failla cerca di accorrere con altri compagni in
soccorso dei feriti; ma un drappello di carabinieri li circonda
intimandogli l'immediato allontanamento. Dopo un acceso
alterco, un brigadiere percuote con la baionetta Failla che si
era rifiutato di ubbidire agli ordini. E' a questo punto che,
esasperati dall'ennesima sopraffazione, i detenuti insorgono
in massa, si impossessano delle armi e costringono al ritiro

739 "Reclamammo libertà dì comunicazione tra i prigionieri dei vari


settori, la cessazione degli arbitri! perpetrati specialmente dal tenente
Panzacchi coadiuvato da alcuni soldati come lui dichiaratamente fasci­
sti. [...] Dopo alcuni giorni di dure schermaglie il comandante del cam­
po, il colonnello Pistone, decise di togliere il divieto di intercomunicazione
tra i prigionieri dei vari raggi ed ai ragazzi fu raddoppiata la razione
alimentare che era costituita da qualche centinaio di grammi di pane e di
poca minestra, alternativamente di carota o di patate non sbucciate e di
acqua pompata direttamente dal sottostante fiume Tevere, che provoca­
va epidemie di coliti e dissenterie. I nostri rapporti con i custodi rischia­
rono di arrivare ad una rottura tragica. Si pretendeva che alTappeìlo
mattutino noi ci si fosse allineati militarmente e che uno di noi stessi, in
funzione di capo reparto, ci avesse contati e presentati all'ufficiale d'ispe­
zione. Continuammo per parecchi giorni a rifiutarci. Il nervosismo, tra
gli ufficiali specialmente, era al parossismo" A. F ailla, Nel campo di Renicci
d'Anghiari, in P. FI nzi, op. cit, pagina 246.

327
gli agenti di guardia. Quando gli ultimi prigionieri riescono
a fuggire da Renicci d'Anghiari, è quasi l'alba del 9 settem­
bre. Poche ore dopo, Arezzo è occupata dalla Wehrmacht740.

4-1/ secondo conflitto mondiale. L'infingimento della "guerra ide­


ologica" nella dialettica anarchica "guerra imperialista" / "guerra
sociale"

L'attacco della Germania nazista alla Polonia, nel settem­


bre 1939, segna l'inizio della seconda guerra mondiale. Ac­
colto dalla quasi totalità degli osservatori internazionali come
un'inedita "guerra ideologica" tra Stati antifascisti e dittatu­
re totalitarie, il nuovo conflitto si configura invece per gli anar­
chici come il classico scontro tra imperialismi opposti e rivali
per l'espansione ed il predominio del mondo. A combattersi
sono oggi il "vecchio" imperialismo anglo-francese, che aspira
a mantenere inalterati gli attuali equilibri di potere interna­
zionali, e il "nuovo" imperialismo italo-tedesco, che punta
invece ad una ridistribuzione delle materie prime, dei mer­

740 Vedi: Un episodio al tempo di Badoglio, in "Umanità nova", numero


345, del 24 settembre 1944; G. S acchetti, Resistenza e guerra sociale, op.
cit.; P. B ianconi, Gli anarchici italiani, op. cit.. Diversa, anche se in parte
confusa, è la ricostruzione dell'episodio narrato dal protagonista. Vedi:
A. F ailla, Nel campo di Renicci d'Anghiari, op. cit. Durante il tragitto verso
Arezzo, si verifica un episodio dal valore altamente umanitario che
Alfonso Failla non tralascia di rievocare: "In viaggio gli facemmo osser­
vare che Arezzo era già nuovamente in mano ai fascisti ed ai tedeschi e
condurci là equivaleva portarci alla morte. Quell'ufficiale, nelle quoti­
diane discussioni che facevamo dimostrava idealità fasciste però era alie­
no da atti arbitrari [...] Alle nostre insistenze arrivati in località S. Firenze
pochi chilometri prima di Arezzo ci fece scendere dal camion e, chiamati
in disparte chi scrive e Mario Perelli, ci consegnò l'elenco del nostro grup­
po dicendomi: "Voi siete responsabili di questi uomini!". Quindi fece
girare il camion e ritornò con i soldati della scorta al campo [...] Io e Perelli
bruciammo il foglio. Quel gruppo di compagni si sciolse e ciascuno si
avviò in direzioni diverse". A. Failla, Nel campo di Renicci d'Anghiari, in
P. Finzi, op. cit., pagina 248.

328
cati di sbocco e delle zone d'influenza politico-militare. Se
dopo anni di umilianti cedimenti i governi democratici si sono
finalmente decisi a scendere in guerra, dunque, non è "per
abbattere il fascismo in quanto sistema barbaro di tirannia
politica, economica e sociale, bensì lo stato tedesco che oggi è
assurto a potenza minacciosa del loro stesso predominio nel
mondo, dei loro stessi domini coloniali, dei loro stessi posse­
dimenti imperiali"741.
Questa duplice veste del fascismo - "imperialista" e di "re­
azione sociale" - è alla base di tutta la concettualizzazione
logico-argomentativa anarchica, poiché consente sia di con­
futare la presunta prerogativa antifascista degli Stati Alleati
che di suffragare lo schema interpretativo della guerra come
scontro tra opposti imperialismi. Partendo da un'analisi de­
gli avvenimenti internazionali dell'ultimo ventennio, si co­
mincia così col rievocare come i ceti dominanti dei paesi retti
da democrazie parlamentari avessero manifestato sin dall'ini­
zio forti simpatie per il fascismo nella sua veste di "reazione
sociale". Nel clima d'alta fibrillazione sociale instauratosi in
Europa nel primo dopoguerra, il movimento di Mussolini si
configurava nell'immaginario borghese come l'unica forza in
grado di arginare l'impetuosa avanzata proletaria che, ani­
mata dagli echi della Rivoluzione d'Ottobre, stava ormai mi­
nacciando pericolosamente l'ordine e il dominio capitalista.
Per tutti gli anni successivi, poi, il fascismo è stato foraggiato
e sostenuto indistintamente dalle classi dirigenti di tutti i
paesi, nella convinzione che un suo indebolimento nelle na­
zioni dove era asceso al potere avrebbe comportato l'imme­
diato riemergere delle istanze rivoluzionarie delle masse ope-,
raie anche all'interno dei propri confini. Si è così andata isti­
tuendo una vera e propria coalizione sotterranea tra le varie
borghesie nazionali e i regimi o movimenti d'ispirazione fa­
scista che, in forme ed intensità diverse, si è perpetuata sino
alla prima metà degli anni Trenta. La connotazione interna­

741 Riflessioni d'attualità, in "Il risveglio anarchico", numero 1047, del


18 maggio 1940.

329
zionalista di questo atteggiamento filofascista, non deve del
resto stupire: per quanto divise da profonde rivalità e da reci­
proci antagonismi, le borghesie delle rispettive realtà territo­
riali sono infatti accomunate dai "privilegi che scaturiscono
dal possesso della ricchezza e dall'autorità dello stato" e, so­
prattutto, dalla "missione storica di difendere bordine eco­
nomico e politico su cui è fondato il proprio dominio dalle
aspirazioni livellatrici delle masse operaie e contadine"742.
Se la "reazione" fascista poteva contare sull'aperta com­
plicità del capitalismo internazionale, l'"im perialism o" fasci­
sta poteva a sua volta giovarsi del tacito consenso delle gran­
di potenze che, grazie al bottino ricavato con la Grande Guer­
ra, non avvertivano alcun'impellente necessità di contrapporsi
militarmente alle rivendicazioni espansioniste di Mussolini,
prima, e di Hitler, poi. Sotto quest'aspetto, prosegue l'analisi
anarchica, nessuno potrebbe storicamente contestare che sia­
no state proprio l'acquiescenza e la remissività delle demo­
crazie "borghesi" a favorire la graduale espansione del fasci­
smo al di fuori dei contesti locali che l'avevano visto conqui­
stare il potere. Col pretesto di voler scongiurare a tutti i costi
una nuova guerra, Londra e Parigi non hanno esitato un solo
istante a consegnare nelle mani dei due dittatori l'Etiopia,
l'Austria, la Cecoslovacchia la Spagna repubblicana e l'Alba­
nia743. In realtà, quello dei governi democratici era un pacifi­
smo "subdolo e meschino", era "il pacifismo dei portavoce
dell'alta finanza, della grande industria, della reazione poli-

742 Ibidem.
743 "Le nazioni sedicenti democratiche", si legge su "L'adunata dei
refrattari", "hanno in questi ultimi dieci anni attivamente aiutato la rea­
zione fascista a consolidarsi in Europa, in Asia, in Africa [...] Le dittature
di Hitler e Mussolini sono infatti una creatura delle democrazie imperia­
li e finanziarie di Francia e Inghilterra. Le ha suscitate la iniquità del
trattato di Versailles, le hanno armate i capitalisti francesi ed inglesi, le
hanno ingrandite e rese audaci e temibili la viltà della Società delle Na­
zioni e la complicità della politica francese e inglese in tutte le sue impre­
se espansionistiche e militari". Fascismo e Imperialismo, in "L'adunata dei
refrattari", del 22 aprile 1939.

330
tica e del ca p ita lism o " 744 , era, insomm a, il "pacifism o
imperialista", che non mirava affatto a salvaguardare la paci­
fica convivenza tra le nazioni, bensì a procrastinare uno scon­
tro armato con gli stati totalitari "e a sospingere ulteriormen­
te i popoli nella sottomissione e nella barbarie " 745 . Nonostan­
te lo strombazzato "imperialismo romano" e quello ben più
minaccioso del Mein Kampf, a spaventare maggiormente le
caste privilegiate inglesi e francesi era infatti ancora lo spet­
tro della rivoluzione sociale.
La paura che un eventuale indebolimento del fascismo
avrebbe potuto innescare un poderoso processo di mobilita­
zione dal basso, attanagliava a tal punto bordine borghese
che il "vecchio" imperialismo ha rischiato persino di mettere
a repentaglio la propria posizione egemonica sullo scacchie­
re internazionale. I "politicanti francesi e inglesi", osserva
"Studi sociali", non ignoravano certo che l'Italia in Etiopia e
nelle Baleari si profilava come una seria minaccia all'equili­
brio dei rapporti di forza nel Mediterraneo; né, tanto meno,
che una grande Germania potesse rappresentare un pericolo
mortale per la loro supremazia in Europa. Allo stesso modo,
prosegue il foglio, Londra e Parigi erano ben consapevoli che
la conquista fascista della Spagna, "esponendo ai rischi di un
attacco alle spalle la rocca di Gibilterra, veniva non solo a
completare l'assedio della Francia ma a compromettere se­
riamente la sicurezza delle linee di comunicazione della Fran­
cia e dell'Inghilterra coi rispettivi possedimenti Oltremare"746.
I riferimenti alle vicende spagnole ritornano spesso nello sche­
ma interpretativo degli anarchici. A loro avviso, infatti, la
guerra civile costituisce la testimonianza più eloquente di
quella cospirazione ordita "dall'internazionale del capitale e
della finanza di concerto con gli stati fascisti", per affogare
nel sangue le istanze di riscossa delle classi proletarie. Se no­

744 Pacifisti, in "L'adunata dei refrattari", numero 4, dei 28 febbraio


1939.
745 Ibidem.
746 Tra le riviste e i giornali, in "Studi sociali", numero 16, del 31 luglio
1941.

331
nostante ìe insidie che una Spagna fascista costituiva per il
loro predominio, le democrazie anglofrancesi hanno lasciato
via libera a Franco ed ai suoi alleati, spiega "L'adunata dei
refrattari", è perché una "Spagna rossa" rappresentava per i
governi di Londra e Parigi una minaccia ben più grave di
una "Spagna nera". E' per questo che, nel giorno in cui sono
insorte contro i generali golpisti, le masse operaie e contadi­
ne spagnole sono state ignominiosamente "tradite da quegli
stessi che in nome del principio democratico si dicevano ne­
mici degli stati autoritari"747.

La verità è che occorsero tre anni di cospirazione internazionale del­


la plutocrazia dominante, dei suoi governi a forma democratica con
l'Asse fascista, per compiere la conquista italo-tedesca della Spagna
insorta a difesa, non soltanto della rivoluzione sociale ma anche del­
le conquiste della rivoluzione politica. La verità è che l'eroica difesa
del popolo e soprattutto dei libertari di Spagna aveva risvegliato ne!
mondo entusiasmi, eroismi e passioni formidabili di risentimento e
di odio pel medioevo fascista e di disprezzo per l'ipocrisia dei gover­
ni cosiddetti democratici, che al fascismo avevano tenuto il sacco nella
vergognosa impresa di Spagna748.

Terminata la guerra civile in Spagna con la vittoria di Fran­


co, veniva però a crollare anche la ragione principale del so­
stegno delle democrazìe capitaliste al fascismo. Rassicurate
dal soffocamento dell'ultimo focolare rivoluzionario ancora
acceso in Europa, Francia e Inghilterra potevano ora prepa­
rarsi ad entrare in guerra contro la Germania nazista che, con
le sue sempre più incessanti rivendicazioni territoriali749, sta-

747 Guerra antifascista?, in "L'adunata dei refrattari", d ellT l novem­


bre 1939.
748 Rivoluzione e fascismo, in "L'adunata dei refrattari", del 24 ottobre
1942.
74W"I governi delle democrazie borghesi hanno fatto di tutto per paci­
ficarlo. Hanno persino compromesso la propria sicurezza militare. Ma
non ci sono riusciti: come la lupa dantesca, il fascismo è insaziabile. Dopo
l'Etiopia gli occorre la Spagna, l'Albania, la Tunisia, Suez; e dopo la Ruhr
vuole e prende l'Austria, poi la Cecoslovacchia, la Polonia, le colonie del

332
■ va ormai minacciando la loro stessa leaderdsheep mondia­
le750 . Sostenere, però, che quella prossima a scoppiare in Eu­
ropa sia un'atipica guerra "ideologica" tra stati antifascisti e -
dittature totalitarie, significherebbe commettere un grossola­
no errore storico-interpetrativo. I governi che oggi chiamano
alla mobilitazione in nome degli ideali antifascisti, tuona in­
fatti il movimento, sono quegli stessi che hanno sempre
anteposto ai valori della democrazia quelli del dominio e del
privilegio borghese, che hanno impunemente calpestato e tra­
dito rindipendenza dei popoli quando si trattava di salva­
guardare l'integrità territoriale dell'Etiopia, dell'Austria, della
Cecoslovacchia, della Spagna repubblicana e dell'Albania, che
più di tutto, insomma, hanno "contribuito a spingere il gene­
re umano nell'abisso del sangue secondando la cupidigia
egemonica dell'imperialismo totalitario in tutte le sue guerre
di aggressione e di conquista"751. Sarebbe allora ingenuo

credere alla sincerità di un Chamberlain o di un Deladier, questi ipo­


criti che [...] durante un ventennio non hanno mai m anifestato am o­
re per la democrazia, che versano lacrime di coccodrillo solo perchè
sono in pericolo i loro interessi bancari e commerciali, spacciati per
interessi della civiltà in lotta contro la barbarie, che dopo aver avallato
tutte le guerre di conquista del fascismo degli anni precedenti ora
insorgono contro i diritti violati dei popoli752.

Kaiser; e dopo la Polonia, 1' Ucraina e la Bianco-Russia esige l'Estonia, la


Lituania, la Finlandia, la Bressarabia, i Dardanelli". Pace, in "L'adunata
dei refrattari", dell'11 novembre 1939.
730 "La guerra mondiale contro l'Asse", secondo "Il Frente libertario",
"non poteva scoppiare prima della conclusione della guerra civile spa­
gnola, ma solo dopo che le forze popolari erano prostrate e sembravano
ferite a morte [...] La guerra imperialistica è subordinata alla <pace do-
mestica> delle nazioni che la combattono [...] Finché la Rivoluzione so­
ciale minacciava in Spagna, Francia ed Inghilterra avevano interesse ad
aprire all'Italia le porte dell'Etiopia e dell'Albania, ed alla Germania quelle
dell'Austria e della Cecoslovacchia. Ora, non più. La disfatta della Rivo­
luzione in Spagna ha permesso alle democrazie di risvegliare i propri
sentimenti di gelosia per l'indipendenza delle piccole nazioni". In margi­
ne agli avvenimenti internazionali, in "Frente libertario", del 20 ottobre 1939.
751 Guerra antifascista, art. cit.
752 Ibidem.

333
Per molti aspetti simile alia requisitoria contro gli stati ca­
pitalisti, è la vibrata polemica anarchica nei confronti delle
grandi socialdemocrazie europee. Anche in questa circostan­
za, si ritiene inammissibile che proprio chi in passato sia sem­
pre stato animato da ima profonda avversione tanto per la
democrazia che per le istanze delle classi diseredate, voglia
oggi assurgere a supremo depositario degli ideali antifascisti.
Quando era al potere in Germania, rammenta "L'adunata dei
refrattari", la Sdp "non doveva che rispettare la volontà le
aspirazioni e i desideri, d'altronde modesti, dei popoli perchè
la democrazia trionfasse; ma non volle e armò invece la rea­
zione capitalista indicando con le stragi di Berlino e di Mona­
co la via al fascismo " 753 . Lo stesso, prosegue la testata indivi­
dualista, si verificava più o meno contemporaneamente in
Italia, dove furono invece il partito socialista e il sindacalismo
confederale ad adoperarsi in tutti i modi per imbrigliare lo
slancio rivoluzionario delle masse nelle maglie del riformismo
borghese. Nelle più recenti vicende spagnole, poi, l'intima
essenza antiproletaria delle socialdemocrazie si è manifesta­
ta in tutta la sua interezza e inequivocabilità. Se avessero re­
almente condiviso le "profonde ragioni umane e sociali" del
luglio '36, infatti, laburisti e Sfio non avrebbero mai lasciato il
popolo spagnolo a battersi da solo contro la "cospirazione
militare del fascismo domestico e straniero". "Pacifiste e non
interventiste" quando si trattava di accorrere in sostegno delle
masse operaie e contadine iberiche, conclude il foglio di Max
Sartin, le socialdemocrazie francesi e inglesi diventano inve­
ce guerrafondaie oggi, marciando compatte con le oligarchie
economico-finanziarie, coi governi capitalisti e con gli inte­
ressi imperiali delle rispettive nazioni. Si può allora compren­
dere, quali reali insidie nascondano i loro appelli alla mobili­
tazione armata in nome dei principi di libertà e di autode­
terminazione dei popoli:

Chi lasciò massacrare con la repubblica i repubblicani spagnoli per­


ché, ostile agli sviluppi rivoluzionari che volevano costruire, nella

753 Ibidem.

334
giustizia sociale e nella libertà, una Spagna nuova, preferiva la vitto­
ria fascista, la vittoria sanfedista, del feudalesimo, dell'ordine autori­
tario e capitalista, non può reclamare nessuna fiducia, non può aval­
lare nessuna cam biale di liberazione disinteressata754.

A consolidare l'interpretazione della guerra come scontro


tra imperialismi rivali contribuisce anche la sottoscrizione,
nell'agosto del '39, del "patto di non aggressione" russo-te­
desco. Sotto questo profilo, l'ondata di sconcerto e di stupore
con cui l'accordo é accolto in tutto il mondo della sinistra,
non può certo coinvolgere chi, come gli anarchici, aveva già
da tempo denunciato l'essenza totalitaria del regime sovieti­
co e le prerogative imperialiste della sua politica estera. Per
un'ampia porzione del movimento, anzi, l'accordo concluso
da Mosca con la Germania nazista si configura come lo sboc­
co del tutto prevedibile e naturale di quel processo di
involuzione autoritaria che, iniziato "sin da quando fu soffo­
cata nel sangue la libertà del popolo russo insieme alla sua
grande rivoluzione", è via via degenerato sino a trasformare
il regime bolscevico in un dispotismo assolutista del tutto
analogo, se non per le scaturigini rivoluzionarie e per la com­
posizione sociale del ceto tecnoburocratico al potere, a quello
dei "sinistri dittatori di Berlino". Naturalmente, non ci si
astiene dal denunciare con indignazione 'Tignom inioso op­
portunismo del Krem lino" che, dopo aver solo un anno pri­
ma stigmatizzato con toni furiosi la "vergogna di Monaco",
ha "poi commesso un atto ben più vile di quello di Mona­

754 Appeu0 al popolo italiano, in "L'adunata dei refrattari", del 19 ago-,


sto 1939. Consentendo la sconfitta della repubblica spagnola, si osserva
inoltre, le dirigenze socialdemocratiche hanno anche contribuito a spin­
gere il mondo nel baratro della guerra. "Una volta tradita, soffocata e
volutamente assassinata la Spagna, la strada era infatti aperta a tutte le
imperversanti imprese della reazione assolutista, giacché se il nazismo
non fosse stato imbaldanzito dalla vittoria franchista, non avrebbe forse
mai osato di indirizzare i suoi colpi contro la Cecoslovacchia e la Polo­
nia. Non c'è infatti infamia nella guerra che non abbia un precedente
nella, guerra di Spagna". Salvataggio generale, in "L'adunata dei refratta­
ri", del 5 dicembre 1942.

335
co"755, tradendo i sogni, le aspirazioni e le speranze di riscos­
sa che le masse diseredeate di tutti i paesi avevano riposto
nella "Patria del Proletariato". E' vero, riconosce il movimen­
to, che a spingere Stalin all'"amplesso fraterno con Hitler"
sono state anche l'arenarsi delle trattative con gli anglofran­
cesi, l'ostruzionismo autolesionista di Varsavia e la necessità
di sottrarsi ad una guerra sul fronte occidentale proprio men­
tre ai confini orientali è in atto uno scontro militare con il Giap­
pone per il controllo della Mongolia; ma il giustificazionismo
della ragion di Stato e le crude considerazioni della Realpolitik
possono alleviare solo in parte la delusione e lo sconforto di
tutti quei proletari che nel socialismo vedevano ancora un
ideale di giustizia superiore alle ordinarie considerazioni di
un governo costituito, e nel "Grande Stalin" l'irriducibile ne­
mico del feroce tiranno nazista. Da questo punto di vista, pro­
segue l'arringa anarchica, il "Fronte Unico dei tiranni di Mo­
sca e Berlino" assurge ad ulteriore dimostrazione di come
l'antifascismo di Stalin sia sempre stata una speculazione fi­
nalizzata al rafforzamento dello stato sovietico e all'amplia­
mento del proprio potere personale. E' questa l'occasione in
cui la stampa libertaria passa in rassegna tutti i motivi e le
ragioni della polemica antibolscevica dispiegatasi negli anni

755 Tra i due mali, in "L'adunata dei refrattari", numero 39, del 7 otto­
bre 1939. "I capitolatori inglesi e francesi", scrive "L'adunata dei refrat­
tari", "col mercato di Monaco, avevano rilasciato a Hitler carta bianca
perché cercasse il suo "spazio vitale" verso l'Est, cioè verso la Russia.
Col patto del 24 agosto 1939 - che è veramente il primo atto della guerra
attuale - i bolscevichi hanno oltrepassato in capitolazione gli stessi
capitolatori di Monaco battendoli in pieno al loro gioco. Impegnandosi a
non molestare il Reich nella sua guerra di conquista, essi l'hanno indotto
a volgere in direzione di Ponente, cioè contro la Francia e l'Inghilterra, le
sue mire espansionistiche". La crociata, in "L'adunata dei refrattari", nu­
mero 27, del 5 luglio 1941. "L'adunata" parla di "primo atto delia guerra
attu ale" poiché ritiene che u n'adesione sovietica alla coalizione
antitedesca avrebbe con molta probabilità consentito di bloccare, seppur
momentaneamente, i piani di assoggettamento e di conquista della Ger­
mania nazista.

336
precedenti756 ; ma, soprattutto, è questo il momento per rinfo­
colare i veleni sull'attività controrivoluzionaria svolta da
Mosca in Spagna. Proprio durante la guerra civile spagnola,
infatti, è emersa secondo gli anarchici tutta l'analogia dì mezzi
e di fini che lega la Russia bolscevica alla Germania nazista.
"L'azione degli stalinisti", scrive "L'adunata dei Refrattari",
"fu parallela a quella dei fascisti: questa falcidiava le milizie
rivoluzionarie al fronte; quella le pugnalava alla schiena nel­
le retrovie"757. Più di ogni altro avvenimento, insomma, l'espe­
rienza spagnola testimonia che "gli stalinisti non si sono ri­
velati in abito di fascisti nel breve spazio di ventiquattro ore
0 trenta giorni", ma che

sono oggi quello che erano ieri, un anno fa, venti armi fa [...] Sono
oggi, com e sempre furono, nemici dei diseredati e della rivoluzione
sociale, perchè odiano la libertà e l'uguaglianza di cui hanno sempre
fatto strame. Non già perchè secondano le imprese militari del fasci­
sm o758 .

Se il conflitto tra le potenze dell'Asse e gli Stati alleati rien­


tra nello schema tradizionale della "guerra imperialista", di
"guerra ideologica" si può però parlare nel senso di "guerra
so c ia le " al fascism o. "P rim a di essere aggression e
imperialista", rammenta infatti il movimento, "il fascismo è
stato ed è reazione sociale". E' ovvio che i protagonisti di
questo scontro non potranno mai essere gli Stati, i governi, i
ceti privilegiati e tutte quelle consorterie che, "sotto i vessilli
e nell'interesse dell'ordine capitalistico, si mascherano di ide­
ali democratici ed antifascisti"759. A combattere la "guerra
ideologica", sono invece le masse oppresse e sfruttate di tutti
1 paesi, quei proletari che in Italia, a Vienna, a Monaco e a
Madrid hanno combattuto il fascismo quando le democrazie

m Vedi capitolo 1-6 di questo lavoro.


757 Salvataggio generale, in "L'adunata dei refrattari", del 5 dicembre
1942.
758 Anticomunismo, in "L'adunata dei refrattari", del 7 ottobre 1939.
759 Essere, in "Il risveglio anarchico", numero 1032, del 21 ottobre 1939.

337
borghesi ancora lo sostenevano surrettiziamente. La vera
"guerra ideologica" antifascista, dunque, è "guerra sociale";
è guerra di riscossa dei popoli da tutti i flagelli e da tutte le
catene debordine borghese750; è guerra "degli oppressi con­
tro gli oppressori, del lavoro contro il privilegio, della libertà
contro la tirannia, del diritto contro l'arbitrio, della rivoluzio­
ne contro la reazione, dell'avvenire contro il passato, della
civiltà contro la barbarie"760761. Finché non punti ad abbattere il
fascismo "non solo come dominio imperialista ma special-
mente come forma bestiale di assolutismo di classe", o me­
glio, finché non miri a debellare non solo il fascismo ma so­
prattutto i germi reazionari che ne hanno favorito lo svilup­
po, l'odierno conflitto resterà "una semplice avventura mili­
tare dello stato e del capitalismo imperante":

Perché la guerra attuale diventi nei suoi sviluppi e nei suoi scopi una
guerra ideologica è indispensabile che rifletta i sentimenti antifascisti,
gli aneliti alla libertà politica e le aspirazioni alla giustizia economica
del popolo. E ' indispensabile che sia la guerra dei popoli anziché la
guerra delle minoranze privilegiate che li opprim ono e le sfruttano.
E per trionfare all'estero [...] i popoli devono com inciare a vincere
aH'interno dei rispettivi paesi il dominio e la potenza del privilegio
dominante, che s'affanna a contenere la guerra contro Passe nei bina­
ri obbligati di una sterile avventura im perialista che porterebbe fa­
talmente in un trionfo universale dei postulati fascisti762.

760 "per vincere il fascismo", scrive "Studi sociali", "bisogna fare tut­
to ai contrario di quel che il mondo ufficiale ci raccomanda: è necessario
rompere l'unione nazionale fra popolo e governo e fare l'unione intema­
zionale dei popoli - quello italiano, tedesco e giapponese compresi - con­
tro il fascismo in atto e quello in potenza [...] solo quest'unione potrà
impedire [...] il prevalere della mentalità reazionaria [...] che sarebbe il
primo atto dell'offensiva dei privilegiati del mondo contro le aspirazioni
delle grandi masse", iimfz vinceremo, in "Studi sociali", numero 3, del 30
aprile 1943.
761 Perché?, in "L'adunata dei refrattari", numero 24, del 14 giugno
1941.
762 II trionfo della guerra ideologica, in "L'adunata dei refrattari", del 14
febbraio 1942.

338
Da questa "avventura imperialista", i ceti proletari devo­
no disertare senza alcuna reticenza di sorta. Su questo punto
la propaganda anarchica ritorna con insistenza per tutto l'ar-
co del conflitto, per spiegare che un successo militare della
coalizione democratico-borghese sul blocco delle potenze del­
l'Asse, non muterebbe in alcun modo la condizione di sotto-
missione e di sfruttamento cui sono sottoposte le masse
diseredate. La "civiltà" dei Deladier e dei Chamberlain, scri­
ve "Studi sociali", è complemento inseparabile dalla "civil­
tà" degli Hiltler e dei Mussolini. La democrazia "all'ombra
delle cui bandiere mercanteggiano e speculano i monopoliz-
zatori della ricchezza"763, gli fa eco "Il risveglio anarchico",
non ha nulla in comune con un'organizzazione del consorzio
sociale fondata sui principi di giustizia, eguaglianza e liber­
tà. La "guerra imperialista", incalza a sua volta "L'adunata
dei refrattari", è scontro "fonte di ricchezza soltanto per gli
speculatori della finanza, del commercio e dell'industria, che
coniano in oro e in privilegio il sangue e le carni dei ceti ope­
rai e contadini immolati nel terribile olocausto"764. "Odiare il

763 Ibidem.
764 Rivoluzionari, in "L'adunata dei refrattari", del 20 maggio 1939.
"La coalizione alleata", si legge ancora su "L'adunata dei refrattari", "s'af­
fanna a contenere la guerra contro la coalizione assolutista dei fascismi
europei ed asiatici nei binari obbligati e inviolabili delle passate guerre
imperialiste, che sempre risultarono vano salasso di sangue per i popoli,
fonte di ricchezza, di prestigio e di prepotenza soltanto per i ricchi. I fatti
dicono che le caste privilegiate del paese contemplano la guerra come
una colossale opportunità di promuovere i loro particolari interessi per­
sonali e di classe: di arricchire rapidamente se hanno qualcosa da vende­
re al governo; di aprirsi grandi mercati profittevoli all'interno e all'estero
se hanno capitali da investire; di far lavorare col massimo profitto per se
stessi masse numerose di uomini, con poca spesa, se sono industriali; di
aumentare all'infinito la propria autorità sui propri simili se sono gover­
nanti; di accrescere il proprio prestigio sociale e politico, oltre che i pro­
pri introiti, se sono leaders di unioni; di aumentare e consolidare - in una
parola - sul maggiore sfruttamento e sulla più severa disciplina delle
moltitudini diseredate i privilegi esistenti, crearne di nuovi dovunque
possibile". Ibidem.

339
fascismo", espone in modo ampio e articolato la testata di
Max Sartia,

non vuol necessariamente dire amare i suoi nemici. Desiderare la scon­


fitta militare dell'asse fascista ed essere pronti a combatterlo per ar­
ginare le sue espansioni, non vuol dire necessariamente auspicare la
vittoria di tutti i suoi nemici attuali, anche se, per cause indipendenti
da noi, tale abbia ad essere la conseguenza della disfatta fascista. Il
fascismo, in tutte le sue forme, è per noi una mostruosità senza atte­
nuanti, e la nostra avversione ad esso non ha, come non ha mai avu­
to, riserve. Ma noi non possiamo [...] farci sostenitori ed apologisti
dei governi borghesi [...] perché sappiam o per esperienza che i regi­
m i sedicenti democratici sono m eno avversi al fascismo che alla li­
bertà dei popoli, e non ritengono dignitoso per sè, nè vantaggioso
per i diseredati dì tutto il mondo, m arciare in guerra gli uni contro
gli altri pel profitto esclusivo dei padroni e dei rispettivi tiranni. [...]
Non possiamo farcì sostenitori dei governi borghesi perchè tra due
coalizioni di birbanti che si contendono il dom inio nel mondo sacri­
ficando la vita dei popoli rispettivi sentiamo il dovere morale e poli­
tico di prendere la difesa dei diritti di tutta quella umanità anonima
che sarà chiamata a farsi ammazzare dalla guerra [... j E ciò non solo
in quanto siamo anarchici, ma anche e soprattutto in quanto siamo
uomini: unità cosciente di tutta questa moltitudine umana che per
tanti anni i governi del capitalismo hanno sfruttata ed oppressa, in­
gannata e tradita, spingendola, prim a, sotto il giogo fascista, e poi
nella voragine della guerra765.

E' in questo stesso contesto analitico che s'inserisce l'ori­


ginale riflessione del movimento sulla "Quinta Colonna"
nazista. Nella concettualizzazione anarchica, il termine rive­
ste un'accezione più estesa rispetto al significato comune,
indicando non soltanto quell'insieme di movimenti fascisti
locali e di gruppi separatisti d'ispirazione reazionaria, ma
anche tutte quelle forme di collaborazionismo con i domi­
natori tedeschi di cui si sono impunemente "macchiati" i set­
tori più conservatori del ceto capitalista. A caratterizzare gli
esponenti della "quinta colonna" sono tanto un viscerale odio

765 L'antifascismo degli uomini liberi, in "L'adunata dei refrattari", nu­


mero 31, del 2 agosto 1941.

340
anticomunista quanto il convincimento radicato che un crol­
lo della Germania nazista sia destinato, nello stato attuale, a
tradursi in un "dilagare della canaglia proletaria". Definito
vero e proprio "esercito occulto dalla potenza formidabile",
la "Quinta Colonna" è ritenuta un elemento determinante ai
fini dei successi militari della Germania. Più che con la schiac­
ciante superiorità dell'esercito nazista, la repentina capitola­
zione di Francia, Belgio, Olanda e Norvegia, è infatti spiega­
ta con la circostanza che gran parte della borghesia capitali­
sta di queste nazioni era legata alle potenze dell'Asse dalle
comuni aspirazioni reazionarie e alla sconfitta di Hitler pre­
feriva di gran lunga la capitolazione del proprio paese. "Se la
Francia è stata disfatta in quaranta giorni", assicura "L'adu­
nata dei refrattari", "non fu per motivi d'inferiorità militare
ma perché alle spalle degli eserciti il paese era per tre quarti
conquistato al nazismo prima ancora che fosse sparata la pri­
ma cartuccia"766.
I riferimenti concettuali al collaborazionismo, consentono
anche di comprendere le motivazioni strategiche che, nel­
l'estate del 1941, spingono Hitler a dare il via alla campagna
di Russia prima ancora di aver chiuso la partita con la Gran
Bretagna. A giudizio di quasi tutti gli esponenti del movi­
mento, la collocazione temporale dell'"Operazione Barbaros­
sa" va ricondotta alla necessità del dittatore tedesco di
rilanciare la crociata anticomunista per mobilitare i legionari
della "Quinta Colonna" attivi nelle nazioni già conquistate -
dove iniziano a manifestarsi i primi fenomeni di ribellione
contro i dominatori nazisti - in Gran Bretagna - dove la stre­
nua resistenza popolare sta compromettendo definitiva-mente
i piani d'invasione tedeschi - e negli Stati Uniti - dove stanno
prendendo sempre più il sopravvento le correnti interventi-
ste. Naturalmente, l'attacco di Hiltler alla Russia non muta il
modello interpretativo anarchico della guerra come scontro
tra imperialismi rivali. E a quanti sostengono che con il
coinvolgimento dell'Urss il conflitto ha acquisito i contorni

7f* Ibidem.

341
sempre più inequivocabili di una guerra "ideologica", si re­
plica ancora una volta che "gli eserciti bolscevichi non com­
battono per la libertà dei popoli e per la difesa della grande
Rivoluzione d'Ottobre"767, ma per "gli interessi imperialistici
dello stato russo e le basi economiche della burocrazia sovie­
tica dominante"768. Non è insignificante che, per fomentare
la resistenza popolare contro l'invasione nazista, il governo
sovietico non sia ricorso affatto al mito della "Rivoluzione",
bensì a quello tutto nazionalpatriottico della lotta di libera­
zione sostenuta dai generali zaristi contro Napoleone.
La polemica anarchica sulla guerra "ideologica" trova ul­
teriore alimento al momento della redazione della Carta At­
lantica. In questo caso, viene posto in evidenza come il "nuo­
vo ordine d em o cratico ", contem plato nel docum ento
programmatico, non sia altro che il "vecchio ordine borghe­
se, plutocratico ed imperialista", quell'assetto capitalistico-
statale, vale a dire, che è stato la causa scatenante sia del fa­
scismo che della guerra. D'altra parte, l'esito fallimentare della
precedente esperienza wilsoniana, è per gli anarchici sinto­
matico di come sovranità popolare, libertà dei commerci e
dei mari, convivenza pacifica tra le nazioni e sicurezza dei
popoli, siano tutti principi incompatibili con un mondo do­
minato dal "privilegio politico ed economico, dal capitalismo,
dall'imperialismo, dalla falsa democrazia del denaro e dal
monopolio privato dei mezzi di produzione e di scambio"769.
E' vero invece che i primi profanatori degli otto punti conte­
nuti nella Carta Atlantica, sono proprio i governi di Londra e
di Washington, pronti da un lato a rendere omaggio alle li­
bertà, alla cooperazione internazionale tra gli Stati e al diritto
di autodeterminazione popolare; ma altrettanto determinati,
dall'altro, a mantenere ben salde tutte le forme di oppressio­

767 Cronache sovversive, in "L'adunata dei refrattari", numero 42, del


24 ottobre 1942.
m Quelli di sempre, in "L'adunata dei refrattari", numero 45, del 21
novembre 1942.
m Miraggio e realtà, in "L'adunata dei refrattari", numero 4, del 31
gennaio 1942.

342
ne e di sfruttamento ai damai delle popolazioni coloniali/ re­
primendone nel sangue l'anelito alla libertà e alTindipenden-
za. Sarebbe allora assurdo/ conclude il movimento, pensare
che Churchill, "il primo fascista inglese e un uomo reaziona­
rio e imperialista nel sangue", possa condurre

contro l'A sse fascista una guerra ideologica in difesa della democra­
zia e della libertà. Il Torysmo inglese ha sempre avuto ed ha tuttora il
più sacro orrore della democrazia e della libertà dei popoli - special-
m ente dei popoli coloniali. Il torysmo inglese ha per vent'anni am ­
mirato, aiutato il nazismo e il fascismo ad affermarsi ed a consolidar­
si in Germania e in Italia e ad espandersi oltre i confini di questi due
paesi. La sua ideologia politica e sociale non è incompatibile con
l'ideologia politica e sociale del fascismo e del nazismo. Il Torysmo
inglese non ha, quindi, un'ideologia da opporre a quella dell'Asse, e
non può per conseguenza condurre contro questo una guerra ideolo­
gica770 .

770 II tempo della guerra ideologica, 'L'adunata


in dei refrattari", nume-
ro 6, del 14 febbraio 1942.
C apitolo ottavo

IL CONTRIBUTO DEGLI ANARCHICI ALLA


LOTTA PARTIGIANA

1. Gli anarchici e la Resistenzam

Quando nel settembre 1943 iniziano a sorgere in Italia i


primi nuclei clandestini di partigiani il movimento anarchi­
co versa in condizioni di estrema debolezza num erica e
organizzativa. Sebbene i danni materiali e i disagi morali pro­
vocati dalla guerra avessero favorito, sin dalla primavera del
'42, una prima rinascita di gruppi, comitati e federazioni lo­
cali, il processo di ricomposizione dei livelli organizzativi
aveva interessato soltanto alcune realtà territoriali senza per­
venire né alla formazione di un organismo di coordinamento
a livello nazionale, né alla predisposizione di un programma
politico uniforme771772. La stessa costituzione della Federazione
Comunista Anarchica Italiana, avvenuta al convegno di Fi­
renze il 16 maggio 1943, aveva avuto un valore più che altro
formale, mentre l'elaborazione di piani, progetti e piattafor­
me rivendicative non era riuscita a sostanziarsi nella defini­
zione di una linea strategica comune o di un orientamento
unitario di lotta. Carente sotto l'aspetto prò grammatico­
organizzativo, il movimento non può neanche disporre di un
adeguato numero di elementi, dovendosi anzi misurare con
l'ingente assottigliamento provocato da venti anni di duris­
sime persecuzioni e dai tanti militanti caduti durante la guerra
civile di Spagna, che il rientro dall'esilio, dai confino e dalle
galere di quadri e singole personalità, riesce solo in parte a
colmare.

771 Sterminata è la letteratura anarchica sulla Resistenza. Per le pub­


blicazioni di maggior importanza, si rimanda alTappendice.
772 Vedi capitolo settimo, paragrafi uno e due.

345
Penalizzati da questa precarietà numerico-organizzativa,
gli anarchici partecipano alla Resistenza combattendo nelle
fila delle ben più solide ed efficienti formazioni armate orga­
nizzate dal partito comunista - le brigate "Garibaldi" - dal
partito d'azione - le brigate "Giustizia e Libertà" - e dal par­
tito socialista - le brigate "Matteotti". Certo, in quelle località
a forte tradizione libertaria, così come nelle aree territoriali
dove la presenza di quadri e simpatizzanti è ancora sufficien­
temente diffusa, non si rinuncia alla costituzione di raggrup­
pamenti specificamente, o prevalentemente, libertari. Anche
in questi casi, tuttavia, necessità di ordine militare spingono,
dopo una prima fase autonoma, alla confluenza nelle divi­
sioni controllate dalle altre forze antifasciste. Va ricordato in­
fatti che, mentre gli schieramenti posti sotto l'egemonia poli­
tica dei Comitati di Liberazione Nazionale e le brigate auto­
nome d'ispirazione monarchico-moderata possono contare
sui rifornimenti di mezzi e di armi da parte degli eserciti alle­
ati, i partigiani anarchici affrontano la guerriglia muniti esclu­
sivamente del materiale bellico sottratto al nemico nel corso
di scontri a fuoco o recuperato mediante operazioni di assal­
to e di rastrellamento a caserme, depositi, postazioni e presidi!
militari.
Inglobato nelll'esarchia partitica ciellenista e quasi del tutto
privo di margini di iniziativa autonoma, il movimento è de­
stinato a svolgere un ruolo di protagonista, per così dire,
comprimario della Resistenza, senza mai riuscire ad impri­
mere alla lotta partigiana un indirizzo rivoluzionario o, quanto
meno, un orientamento politico tale da porsi quale concreta
alternativa alla impostazione interclassista della guerra di li­
berazione nazionale773. Ovviamente, l'inquadramento nelle

773 Come ha infatti scritto Gino Cerrito, enfatizzando però alquanto


sulla carenza organizzativa e sulla mancanza di una strategia unitaria di
lotta, le divisioni anarchiche di combattimento "restano legate al Partito
comunista, al Partito socialista, al Partito d'Azione. Nei CLN ai quali
partecipano con delegati qualificati non riescono mai ad imporre una
linea politica rivoluzionaria o un atteggiamento in qualche modo orien­
tato in senso libertario. Anche se essi non sono secondi a nessuno nella

346
brigate "Garibaldi", "M atteotti" e "Giustizia e Libertà", non
implica affatto una pedissequa osservanza delle direttive ema­
nate dai rispettivi vertici militari che, anzi, sono spesso espli­
citamente violate dalle unità e dai gruppi combattenti libertari.
Sfidando inoltre l'ostilità dei CLN locali e del Comando Alle­
ato, in alcune zone si procede anche a esperimenti di autoge­
stione e di collettivizzazione sociale, nell'intento di educare
le masse ad una conduzione del consorzio civile ispirata ai
parametri organizzativi del comuniSmo libertario774. Nell'im­
maginario anarchico, infatti, la Resistenza non si configura
quale semplice opposizione armata ad un regime liberticida
e all'invasore straniero, bensì come la prima fase di un pro­
cesso rivoluzionario finalizzato al rovesciamento dei rappor­
ti di produzione capitalistici e all'abbattimento di tutte le for­
me di dominio, di oppressione e di sfruttamento dell'uomo
sull'uomo.
D'altro canto, le sperimentazioni comunitarie attuate da­
gli anarchici possono avvalersi di un humus particolarmente
fertile su cui attecchire775. Soprattutto nelle prime fasi della

lotta armata contro il nazifascismo, non riescono a superare il gradino


d'inferiorità psicologica in cui li pone la loro carenza organizzativa e la
mancanza di un programma politico uniforme. Si spiega certamente così
[...] la loro incapacità di costruire dall'oggi al domani una strategia di
lotta e un organismo imitar io, il cui progetto suscitava dubbi, incertezze,
diffidenze ideologiche; si spiega così la loro scelta del generico program­
ma contingente e dell'impalpabile coordinamento; si spiega certamente
così la partecipazione attiva e robusta alla Resistenza degli anarchici in
quanto antifascisti, e la loro inefficiente incisività in quanto anarchici,
vuoi a livello di gruppo ~ con formazioni nominalmente definite - vuoi,
a livello individuale ovunque, in ogni regione, in numerosissimi centri
grandi e piccoli dell'Italia centro-settentrionale che sarebbe assai lungo
enumerare". G. C errito, Gli anarchici nella resistenza apuana, Maria Pacini
Fazzi Editore, Lucca, 1984, pagina 44.
m L'esempio tipico è costituito da Carrara, dove i partigiani anarchi­
ci procedono temporaneam ente all'espropriazione delle cave e al
prelevamento di denaro dai grandi imprenditori della zona per sussidiare
le popolazioni del luogo e consentire il funzionamento di alcune struttu­
re civili. Cfr. paragrafo tre di questo capitolo.
775 Come testimonia in modo eloquente la formazione di Repubbli-

347
lotta, i partigiani sì trovano ad operare in una realtà inedita,
contraddistinta da una radicale "rottura del monopolio sta­
tale della violenza" e dalla dissoluzione di ogni forma di le­
galità, dove le motivazioni stesse che spingono alla lotta ar­
mata, promanano da una presa di coscienza individuale av­
venuta in un contesto completamente privo di norme a cui
attenersi o di simboli istituzionali cui far riferimento. E' per
questo che la Resistenza assume non solo i tratti tipici di un
genuino e spontaneo movimento armato di autodifesa popo­
lare, ma anche le caratteristiche di una grande esperienza
collettiva che infrange schemi e categorie precostituite per
assurgere a vero e proprio laboratorio di nuove idee, aspira­
zioni, bisogni e istanze popolari. Come è stato osservato in
studi recenti, la gran maggioranza di coloro che imbracciano
le armi sentono di star vivendo un "eccezionale momento di
armonia in una comunità sciolta dai vincoli del potere", dove
"il primo significato di libertà che assume la scelta resistenziale
è implicito nel suo essere un atto di disobbedienza [...] una
rivolta contro il potere deli'uomo sull'uomo" 776. "Quanto è
avvenuto in Italia nel biennio 1943 -1 9 4 5 ", ha scritto Claudio
Pavone,

non è pienamente comprensibile se non si tiene conto che, sotto gli


occhi di tutti, si svolgeva il raro spettacolo della rottura del m onopo­
lio statale della violenza, elemento costitutivo, secondo le note tesi di
Max Weber, dello Stato moderno. Dopo l'8 settembre, la dissoluzio­
ne dello Stato e della legalità genera in molti smarrimento e deside­
rio di restaurazione, ma da altri viene vissuto con entusiasmo, come
un'occasione di libertà (l'am pliamento del campo del possibile di cui
hanno parlato Jean Paul Sartre e Vittorio Foa). Prima ancora, poteva
essere im mediatamente vissuto com e eccezionale momento di arm o­
nia in una comunità sciolta dai vincoli del potere. Il primo significato
di libertà che assume la scelta resistenziale è implicito nel suo essere

che partigìane autonome in Val d'Ossola, nelle Langhe, nell'Oltrepò


pavese, in Carnia, a Montefiorino e in Sicilia - a Comiso, Naro, Palazzo
Apriano, Piana degli Albanesi.
776 Intervista a Claudio Pavone, in "A-Rivista anarchica", non è stato
possibile trovare il numero di riferimento.

348
un atto di disobbedienza. Non si tratta tanto di disobbedienza a un
governo legale, perché proprio chi detenesse la legalità era in discus­
sione, quanto di disobbedienza a chi aveva la forza di farsi obbedire.
Era cioè una rivolta contro il potere dell'uom o su ll'u om o, una
riaffermazione dell'antico principio che il potere non deve averla vinta
sulla virtù. C 'è un aspetto di anarchismo nel senso che tutti sono co­
stretti a comportarsi un po' come se fossero anarchici, anche se non
hanno magari mai sentito parlare di Malatesta e di altri teorici [...]
Tutti dovettero affrontare un problema che, fino a quel momento,
soltanto l'anarchico colto e militante si era posto in quanto parte del­
la sua dottrina. Ma gli anarchici militanti, i politicizzati in genere, gli
antifascisti di lunga data erano m olto pochi. Quello che è interessan­
te è che in quel periodo questo travaglio diventa un fenomeno di
m assa, e molta gente che forse nemmeno sapeva che cosa significas­
se anarchia si è trovata in una situazione dì anomia, come dicono i
sociologi attuali, cioè di mancanza di una norma precìsa cui attener­
si. C 'è anche, direi, una "anarchia spontanea" nel tipo di organizza­
zione che viene data alle bande partigiane, soprattutto nella fase ini­
ziale. In un primo tempo i capi vengono scelti dai militanti stessi. Le
bande sono pervase da uno spirito decisamente antimilitarista, il ri­
fiuto del militarismo e di tutti i suoi simboli si spiega anche con l'odio
nei confronti della guerra fascista appena perduta [...] Quello che
viene rifiutato è non solo un modello di organizzazione, ma anche
un modello umano. Poi, certo, sì avvierà un processo di m ilitariz­
zazione delle bande e di istituzionalizzazione del movimento777.

2. Il Fronte Unico dei Lavoratori ed i rapporti con il CLN

Nonostante il "processo di militarizzazione delle bande e


di istituzionalizzazione del movimento", prerogativa costante
dei militanti anarchici è quella di infondere alla lotta parti- *
giana contenuti classisti e rivoluzionari, contrapponendo il
modello strategico dell'azione diretta delle masse proletarie
alla politica di unità nazionale adottata dagli schieramenti
antifascisti aderenti al CLN. Questo attributo identitario emer­
ge con evidenza tanto nei proclami e negli appelli insurrezio-
nalistici che si moltiplicano sulla stampa libertaria, quanto

777 Ibidem.

349
nelle enunciazioni programmatiche contenute nelle delibe­
razioni approvate nei convegni, negli incontri e nelle riunio­
ni che in questi mesi si tengono in varie zone della penisola.
Naturalmente, la imprescindibile specificità territoriale dei
contesti locali e regionali che presiede alla mobilitazione anar­
chica778, comporta una diversificazione concettualistica della
lotta armata, della preparazione insurrezionale, dell'azione
sindacale, della questione delle alleanze. Unanime, ad ogni
modo, è il convincimento che soltanto la "sincera collabora­
zione tra tutte le forze rivoluzionarie" avrebbe consentito il
conseguimento del duplice obbiettivo della liberazione del
paese dalla dominazione nazifascista e della disarticolazione
strutturale dell'ordine capitalista e della società borghese.
Sin dalle prime fasi della lotta, si avverte così una notevo­
le tensione unitaria che spinge a rilanciare, accentuando ulte­
riormente la perentorietà dei termini, quella strategia del Fron­
te U nico dei Lavoratori propugnata sia dalla carta di
Ventotene, sia da quasi tutti i documenti elaborati tra la pri­
mavera del '42 e il settembre del '4:3m . E' quanto viene scan­
dito a chiare lettere nell'articolo di fondo apparso sul primo
numero di "Umanità Nova" che, dopo essersi richiamato ai
principi di uguaglianza, giustizia e libertà del comunismo
anarchico, esorta all'unione proletaria al di sopra di tutte le
tendenze ideologiche e le appartenenze politiche, per soste­
nere "nell'attuale periodo doloroso che attraversiamo in Ita­
lia [...] la causa dell'emancipazione economica, politica e so­
ciale dei lavoratori"780. I riferimenti ideologici del Fronte

77HCosì come la stessa eterogeneità dei gruppi in ricomposizione al


Meridione, dove il rilancio della lotta avviene principalmente grazie al­
l'iniziativa di vecchi militanti, e nell'Italia Centrosettentrionale, dove il
movimento può invece giovarsi anche dell'afflusso di nuovi quadri ope­
rai, con un'età compresa tra i 19 e i 27 anni.
m Vedi capitolo settimo, paragrafi due e tre.
7ff0Risorgiamo, in "Umanità nova", numero 343, del 10 settembre 1943.
Nel primo numero del foglio, è contenuto anche un "Appello alle don­
ne", dove si legge: "E' alle donne, comprese dell'ora che suona foriera di
tempesta, che rivolgiamo l'appello presente, il grido di riscossa che ane-

350
Unico dei Lavoratori, sono ancora quelli sanciti nel lontano
congresso dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori -
Ginevra, 1866 - imperniati, cioè, sul protagonismo operaio e
sull'unità dal basso della classe. Sotto questo aspetto, imme­
diato è lo scontro con la appena ricostituitasi Confederazione
Generale del Lavoro - Roma, giugno 1944 - reputata una cre­
azione artificiosa e fittizia che si è realizzata solo in virtù del­
l'in iz ia tiv a arb itraria di "cam arille p o litic a n ti" e del
"fascistissimo sistema di tutto decidere dall'alto". Ad ima rap­
presentanza della classe subordinata ai "loschi interessi delle
consorterie partitiche" e ai loro "meschini giochi di potere",
il movimento contrappone il modello d'azione dal basso fon­
dato sul soggettivismo rivendicazionista operaio, forte del
convincimento che un rilancio dell'attività sindacale potrà
promanare soltanto da organismi sorti dalla iniziativa spon­
tanea di "tutte le forze lavoratrici del braccio e del pensiero e
della scienza che, al di sopra di ogni sfumatura partitica e
senza precisazioni di tessera, lottano per la libertà e vogliono
emancipare il lavoro dal capitale"781.

la la libertà di azione, la libertà di pensiero [...] Perché subire passiva­


mente simile orrendo caos? Perché non vi lasciate guidare dalla coscien­
za e abbandonate l'inutile ruolo di ancor più inutili spettatrici? Perché
non mettete in opera tutte le vostre forze, e cooperando con gli uomini
che furono e sono schiavi, marciate a compatte schiere verso la libertà?
[...] Donne, che nella vita non conosceste che dure lotte, mettete le vostre
forze a profitto della causa che ci affratella e i vostri sacrifici saranno
ricompensati largamente [...] Donne che nel mondo cercate disperata-
mente di conquistare un posto, di fare con lo studio un passo nel campo
dell'emancipazione e vi trovate ostacolata la via, o che raggiuntala con
supremi sforzi vi accorgete di ricevere amare delusioni, mettete la vostra
intelligenza al servizio del vero progresso e vedrete allora che i vostri
pregi non saranno misconosciuti. Siate sempre di sprone ai vacillanti,
per raggiungere al più presto l'emancipazione e la libertà per tutti gli
esseri umani". Alle donne, in "Umanità nova", numero 343, del 10 set­
tembre 1943.
7B1 Cose il Fronte Unico dei Lavoratori, in "Umanità Nova", numero
345, del 24 settembre 1944. "Fino a quando", si legge su "Rivoluzione
Libertaria", "ogni operaio, ogni contadino, ogni impiegato, nelle offìci-

351
Questa concezione spontaneistica di rifiuto della delega
mira a propiziare un percorso operativo che/ nel suo momen­
to centrale, si estrinseca nella costituzione di "commissioni
interne", intese quali strutture autonome, elette liberamente
dai lavoratori e preposte alla definizione degli obbiettivi im­
mediati e concreti da conseguire sul terreno dell'azione di­
retta. In quanto finalizzate alla ricomposizione della identità
classista, le "commissioni" trascendono però la dimensione
prettamente sindacale per configurarsi come una sorta di
scuole di rieducazione sociale, come momenti per così dire
pedagogico-aggregativi, che da una parte garantiscono la
compattezza dei livelli di coscienza delle masse e dall'altra
ne forgiano lo spirito rivoluzionario. Ovviamente, la contrap-
posi-zione CGL/FUL ricalca anche il tradizionale conflitto tra
riformismo collaborazionista e prassi sindacalista rivoluzio­
naria, ritornato tema di scottante attualità nei nuovi assetti
politico-sociali. A gli antipodi di qualsivoglia apparato
leg alitario che conduce "lo tte p arziali b atten d o si per
rivendicazioni monche", il Fronte Unico dei Lavoratori è in­
fatti concepito come una specifica alleanza d'avanguardia
proletaria, tesa ad innescare un processo di rottura rivoluzio­
naria che investa simultaneamente ogni aspetto del dominio
capitalistico, sino al raggiungimento della "gestione diretta
da parte delle libere associazioni dei lavoratori di tutti i mez­
zi di produzione [e di scambio]"782.
I richiami all'unità dal basso della classe costituiscono il
nucleo tematico centrale anche della testata torinese "Era Nuo­
va. Voce dei comunisti libertari"783, diffusa alla macchia nelle

ne, nei campi e negli uffici, rinuncerà alla soluzione dei propri problemi
solo perché, avendo preso la tessera di un'organizzazione sindacale, pensa
che gli uomini autonominatisi a capo di questa organizzazione lavorino
per lui possiamo essere certi che continueremo ad avere i bassi salari, la
disoccupazione i licenziamenti arbitrari e tutto il resto". Propositi, in "R i­
voluzione Libertaria", numero 5, del 10 settembre 1944.
7K2Per intenderci, in "Umanità Nova", numero 347, del 15 ottobre 1944.
?K3 " g ra Nuova. Voce dei comunisti libertari", Torino, quindicinale.
Direttore: Dante Arma netti.

352
fabbriche e nelle fila delle formazioni partigiane, a partire dal­
l'ottobre del 1944. Persuasi che l'abbattimento del capitale e
della società borghese possa scaturire solo dall'azione
sinergica di tutti gli elementi rivoluzionari, i promotori del
foglio ritengono "indispensabile rafforzare sempre più il con­
cetto di unione delle forze del lavoro [...] al di sopra delle
tendenze di parte"784, per dar vita ad un unico ed indissolu­
bile blocco proletario da contrapporre al blocco moderato-
conservatore-reazionario785. Sulla questione delle alleanze,
invero, "Era Nuova" si spinge ben oltre quanto sia disposta a
concedere la maggioranza del movimento. Influenzata pro­
babilmente dal contesto a forte radicamento operaio del ca­
poluogo piemontese, la testata accarezza l'idea di una coali­
zione organica tra gli anarchici e tutti gli altri movimenti e
partiti che, sia pure in forme e modalità diverse, perseguono
però il medesimo fine rivoluzionario. "Prendendo parte atti­
va nel complesso del movimento rivoluzionario al fianco di
altri partiti", si legge nell'articolo "Fra noi",

noi non rinunciam o affatto [...] ai nostri principi, ma intendiamo va­


lorizzarli con l'esempio della nostra fede indiscussa e con l'azione
che con fermezza ed abnegazione i nostri compagni apportano negli
organismi rivoluzionari nei quali sono inseriti. Così quelli che svol­
gono la loro azione nei comitati di fabbrica o in quelli intersindacali
o nei Gap o nelle Sap o nelle formazioni partigiane oltre che svolgere
opera rivoluzionaria, tanto necessaria in questo m omento, hanno
anche modo di farsi apprezzare dagli altri rivoluzionari e per ciò stesso
valorizzano il nostro ideale786.

Indipendentemente dalla posizione di "Era Nuova", la ne-i


cessità di accantonare le appartenenze ideologiche in un mo­
mento in cui ci si richiama all'unità proletaria, è avvertita da

m y erso fa rivoluzione, in "Era Nuova. Voce dei comunisti libertari",


numero 2, del novembre 1944.
7H5 Yiribus unitis, in "Era Nuova. Voce dei comunisti libertari", nume­
ro 3, del marzo 1945.
m Fra noi, Ivi.

353
tutti gli esponenti delFanarchismo organizzatore e sindacali­
sta. Sintomatico, sotto questo profilo, è la decisione di rinun­
ciare alla rifondazione dell'Unione Sindacale Italiana, timo­
rosi che un organismo specifico di lotta potesse in qualche
modo lacerare la coesione di base della classe. Proprio alcuni
membri della vecchia Usi, anzi, diffondono a Milano, nell'ot­
tobre 1943, un opuscoletto di quattro pagine - "A i lavoratori
d'Italia" - nel quale, dopo aver elencato una serie di punti
programmatici787*, si invitano le masse operaie a dar vita ad
un fronte solido e compatto che prescinda da qualsiasi discri­
minazione di indole politica, ideologica o religiosa.
La linea dell'unità proletaria di base contraddistingue an­
che l'orientamento strategico di "Rivoluzione", organo della
"Lega dei Consigli Rivoluzionari"7S8. Al particolarismo set­
tario di partito, la testata contrappone una coalizione tra le
forze lavoratrici di tutte le tendenze assegnando ai Consigli
Rivoluzionari la rappresentanza esclusiva degli interessi di
classe e il ruolo di unico referente rivoluzionario. Sorti dal­
l'azione diretta delle masse nei rispettivi ambienti di lavoro, i
Consigli si federano poi in un'entità superiore - la Lega dei
Consigli Rivoluzionari789 - la cui caratterizzazione è quella

787Quali: il riconoscimento della piccola proprietà individuale; l'istru­


zione gratuita ed obbligatoria; la libertà di culto religioso; l'amministra­
zione della giustizia da parte dei magistrati popolari coadiuvati da me­
dici psichiatri; l'abolizione dei luoghi di segregazione cellulare sostituiti
con relegazioni in luoghi speciali di lavoro e di educazione; la proclama­
zione del Comune quale principale aggregato del consorzio sociale; la
costituzione di una "Repubblica Socialista dei Sindacati", basata sulla
socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio e la loro gestione
tramite i Sindacati aziendali e gli enti cooperativi. Ai lavoratori d'Italia ,in
"La resistenza sconosciuta", op. cit, (senza numero di pagina).
m Fondata a Milano, nell'ottobre 1944, da Orazio Pereìli, vi aderisco­
no anche alcuni militanti comunisti in dissenso col proprio partito.
La piattaforma programmatica della Lega dei Consigli Rivoluzio­
nari, che si rivolge non solo alle classi lavoratici ma anche ai ceti medi,
contempla la lotta rivoluzionaria, l'instaurazione della Repubblica so­
cialista italiana, l'espropriazione delle industrie e della proprietà terriera,
la confisca dei mezzi di produzione e dei profitti accumulati durante il

354
di predisporre "una regolamentazione centrale delle attività
produttive", eludendo "il pericolo di burocratizzazione o ac­
centramento della gestione". Il tentativo, dunque, è quello di
offrire, già nell'attuale fase di lotta, la formula preparatoria
dell'"organizzazione produttiva ed amministrativa di doma­
ni", procedendo alla costituzione di cellule prefigurative del­
la socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio. Allo
stesso tempo, tuttavia, i Consigli si propongono anche come
un'articolazione strategica alternativa alla politica di guerra
seguita dai partiti della coalizione ciellenista, assumendo la
funzione di vere e proprie milizie operaie di difesa e di com­
battimento, pronte a servirsi delle contraddizioni scatenate
dal conflitto nel sistema capitalista per avviarne il processo
di disgregazione e sgretolamento.

La sola azione riconoscibile dei Comitati di Liberazione Nazionale, è


stata la condotta della guerra contro i tedeschi; che non si può dire
condotta nell'interesse esclusivo del popolo italiano, ma soprattutto
degli alleati e delle classi reazionarie convertite a loro favore, e che
visibilmente ad essi si appoggiano [...] Vi sono centinaia di migliaia
di giovani che sulla parola dei Cln si battono sui monti fra disagi e
difficoltà inaudite [...] Ebbene questi giovani non sanno per chi si
battono, se per loro o per i vecchi padroni, e sanno ormai quale fine
faranno le loro formazioni. Perché mai in nessun momento i Cln hanno
innalzato una barriera di ricostruzione che indicasse un programma
ideale per un'Italia nuova per la quale battersi. Hanno parlato solo
di guerra ai nazifascisti Ma la guerra non è che la fase più acuta
della crisi economica del mondo borghese [ . . . ] ! lavoratori, le masse
sfruttate, non possono accettare questa guerra e quando, come av­
viene, devono per liberarsene trasform are la guerra, da guerra
imperialista in guerra di liberazione, vale a dire in rivoluzione79“.

L'impronta classista e la strategia frontista sono da rite­


nersi in stretta connessione con la critica verso i partiti del

regime, l'unione delle Nazioni europee in una confederazione sociali­


sta.
790 S'è costituita la Lega dei Consigli rivoluzionari, in "Rivoluzione",
numero speciale, del dicembre 1944.

355
Comitato di Liberazione Nazionale che, in forme ed intensità
diverse, si dipana durante Finterò corso della guerra di libe­
razione. Alla pari di quel variegato arcipelago di forze costi­
tuito dalla sinistra dissidente791, anche il movimento denun­
cia a più riprese il decadimento progressivo di una struttura
di lotta che, sorta come organismo di opposizione rivoluzio­
naria al fascismo, è andata poi smarrendo le sue originarie
matrici sino a regredire in una coalizione moderato-conser­
vatrice volta alla mera restaurazione del potere borghese.
Talvolta, trascinati dall'impeto della controversia, ci si spin­
ge sino ad azzardare uno specifico accostamento fascism o/
antifascismo. E' ciò che, ad esempio, accade quando una cor­
sa sfrenata all'accaparramento della tessera comincia a dif­
fondersi nel paese un pò in tutti gli strati della popolazione.
Questa vera e propria "tesseremania", è per gli anarchici tra i
fenomeni più indicativi di come il CLN sia ormai degenerato
in una "nuova forma di fascismo a sei teste"792, pronta ad
emarginare dal confronto politico e sociale tutte quelle realtà
non om ologate o che non ne riconoscono il ru olo di
leadersheep assoluta. Logicamente, le invettive più violente
sono riservate alle forze di sinistra dell'alleanza ciellenista,
in particolare al PCI. Non ci si astiene, comunque, dal pole­
mizzare anche con la Democrazia Cristiana, preoccupati dal­
le dimensioni di massa e dall'ampio radicamento nel tessuto
sociale che il nuovo partito cattolico sta via via conseguendo
nel paese. Una parte della propagandistica libertaria, anzi, è
diretta proprio ad ostacolare l'opera di proselitismo e di re­
clutamento popolare svolta dalla DC, sia denunciandone le

7yiCome il Partito Comunista Internazionalista, il Partito Operaio Co­


munista, L'Unione Spartaco, il Partito Radicale, il Partito Socialista Rivo­
luzionario Italiano, il Partito Comunista Indipendente, il Partito dei La­
voratori, il Fronte Proletario Rivoluzionario, Stella Rossa, il Movimento
Comunista d'Italia, l'Organizzazione "Scintilla", le Formazioni in difesa
del popolo, e così via. Vedi: M. L ampronti, L'Altra Resistenza. L'Altra Op­
posizione (comunisti dissidenti dal 1943 al 1951), Antonio Lali ed., Firenze,
1984.
792 CLN, in "Umanità Nova", n 355, dell'otto marzo 1945.

356
connivenze politiche con la grande borghesia agraria ed in­
d u stria ^ che demolendone inesorabilmente il "programma
sociale", qualificato "goffa e servile mascheratura" cui ricor­
re "tutto il pretume reazionario" per imbrigliare lo slancio
rivoluzionario delle masse e comprimere la lotta di classe negli
angusti confini del rivendicazionismo nazional-popolare793.
Il conflitto più lacerante, come detto, si scatena però col
partito comunista, attaccato ad oltranza dapprima per il suo
collaborazionismo col governo militare di Pietro Badoglio,
poi per la politica di alleanze con le forze moderato-conser­
vatrici airinterno del CLN e, infine, per il compromesso sulla
questione monarchica. Stigmatizzato senza attenuanti, è an­
che l'intero impianto ideologico che fa da cornice alla svolta
di Salerno della primavera del 1944. Piuttosto che frutto di
un'abile manovra tesa a spiazzare i nemici di classe, la "via
nazionale" e la teorizzazione della "democrazia progressiva"
sono accolte come il ripudio definitivo della proiezione
internazionalista nella prospettiva tutta revisionista di un
assorbimento integrale nelle articolazioni chiave del sistema
capitalistico e delle sue propaggini sovrastrutturali. A far
adirare il m ovim ento, è soprattutto il fatto che questa
"apostasia" avvenga proprio quando sarebbe più che mai
necessario schierarsi su una posizione di inequivocabile rot­
tura rivoluzionaria, per sferrare il colpo decisivo alla borghe­
sia italiana ormai agonizzante. Contestatissimo, naturalmen­
te, è anche il modello organizzativo del partito di "integra­
zione di massa", ideato da Togliatti nel tentativo di coniuga­
re le nuove dimensioni "sociali" dell'azione di propaganda
con Ì richiami al perseguimento supremo della meta rivolu­
zionaria. Nonostante i tanti riferimenti e le tante suggestioni
demagogiche, gli anarchici ritengono infatti che a contraddi­
stinguere il nuovo PCI sia invece l'esautoramento integrale
della base proletaria da tutti quei processi decisionali che
definiscono l'indirizzo strategico e gli orientamenti politici
generali. A dimostrarlo in modo eloquente, è a loro avviso lo

™ Democrazìa cristiana, in "Umanità Nova", numero 347, del 15 otto­


bre 1944.

357
stesso metodo di governo del partito, definito sì del "centra­
lismo democratico", ma in realtà perfettamente armonico alla
caratterizzazione autoritaria e alla struttura rigidamente
piramidale su cui si regge l'intero apparato79495.7
L'instaurarsi del governo Bonomi dopo l'ingresso degli
angloamericani nella capitale, non modera i toni della pole­
mica anarchica verso la coalizione ciellenista, anche perché a
profilarsi all'orizzonte non sono affatto gli scenari del rinno­
vamento democratico, ma quelli ben più foschi della restau­
razione prefascista, monarchica e capitalista. I numerosi eccidi
proletari che stanno susseguendosi nell'Italia Meridionale li­
berata dal nazifascismo, costituiscono per il movimento la
prova irrefutabile del mutamento puramente formale dell'edi­
ficio borghese, e di come, invece, la nuova classe dirigente
antifascista risponda alla stessa maniera sanguinaria dei
Crispi, dei Giolitti e dei Salandra, alle rivendicazioni delle
masse popolari affamate del Sud. "La capitolazione dell'anti­
fascismo "serio e concreto" alle forze della reazione capitali­
stica e monarchica, operanti in Italia", scrive "L'adunata dei
refrattari",

non è avvenuta soltanto sul terreno politico e istituzionale, ma anche


sul terreno econom ico e spirituale. E' la capitolazione totale dei par­
titi e dei politicanti democratici, socialisti e stalinisti nelle mani delle
classi e delle istituzioni che furono per venticinque anni le colonne
del fascismo e che si sono a malapena spogliate dell'apparato este­
riore del regime: dei gerarchi più in vista, della camicia nera e del
saluto romano, dei gagliardetti, della retorica e della coreografia™ .

La sola legittimazione al governo Bonomi, prosegue la te­


stata di Max Sartin, promana del resto dal comando degli eser­

794 Formula che, peraltro, è ritenuta una grossolana contraddizione


semantica: "Centralismo democratico è come dire neve nera, ghiaccio
caldo, oppure schiavo libero, o maschio femmina, o simili: l'uno dei due
termini esclude l'altro". "Rivoluzione libertaria", numero uno, del 30
giugno 1944.
795 Movimento operaio, in "L'adunata dei refrattari", supplemento nu­
mero 3, del 15 marzo 1945.

358
citi alleati, braccio armato dell'imperialismo angloamericano
"plutocratico e reazionario"; irremovibile nel perseguimento
della "resa senza condizioni" del nemico nazifascista, ma al­
trettanto risoluto a reprimere ogni m inim o accenno di
radicalizazione in senso sociale della lotta partigiana. Per tutto
Parco della guerra di liberazione, i rapporti tra il movimento
e gli alleati permangono in uno stato di forte tensione, assu­
m endo in alcune circostanze anche form e estrem e di
contrapposizione. E' ciò che, ad esempio, si verifica dopo il
sequestro di "Umanità Nova"79796, o al momento del noto pro­
clama Alexander, giudicato dagli anarchici come una mano­
vra surrettizia diretta a fiaccare le punte più estreme della
guerriglia proletaria:

In Italia il timore di una preminenza proletaria ha prodotto queste


conseguenze visibili: rallentamento della guerra, sospensione delle
forniture alle brigate più o meno rosse dei partigiani, esposizione di
questi insorti alla distruzione ad opera del rafforzato fascismo797.

Che sotto mentite spoglie continui a dominare il mondo


di sempre, lo dimostra anche Pesito fallimentare della politi­
ca epurativa. Propugnatore fin dal 1943 di un'opera di profi­
lassi sociale fondata sui principi morali "di alta, nobile, do­
verosa riparazione di tutte le violenze e le ingiustizie com­
messe dal fascismo", il movimento esprime a più riprese tut­
to il proprio disappunto verso i meccanismi e le modalità di
un processo che colpisce tanti "pesci piccoli" lasciando inve­
ce impuniti gli esponenti più rappresentativi della vecchia
classe dominante. Dal punto di vista anarchico, del resto,
l'epurazione deve essere imprescindibilmente orientata in
senso anticlassista e rivoluzionario, deve prefiggersi, cioè, di
spazzare via non solo la "lurida sopravvivenza fascista" e i
"reduci del santo sepolcro di Predappio", ma anche e soprat­

79SCon rarresto e la condanna ad un anno di reclusione del tipografo


Lato Latini.
797Lettera aperta al comando Alleato, al CTLN e alla Democrazia Cristiana,
in "Umanità Nova", numero 349, del 29 ottobre 1944.

359
tutto "il mondo industriale e delimita finanza, il capitalismo
privato e il latifondismo agrario", tutti, insomma, quei setto­
ri dei ceti privilegiati che stanno cercando di sfuggire alla
"giustizia partigiana" indossando la veste antifascista e rin­
negando con impudenza le passate connivenze col regime:

No, egregi signori borghesi, conservatori e plutocratici di ogni gra­


dazione! La maschera che vi siete incollati sulla laida faccia è troppo
trasparente per non farvi riconoscere, anche dai più miopi, che oggi
siete quegli stessi che vi aggrappaste al fascismo, in quel non lontano
'19, come ad un'ancora di salvezza, quando ormai avevate intravista
imminente la vostra disfatta; che siete quegli stessi che teneste con
amore a battesimo la mostruosa creatura curandone l'adozione; che
siete quegli stessi che con la potenza che ancora vi rimaneva - l'oro e
l'intrigo - forniste danaro, armi, protezioni scandalose e incitamenti
perché la sinistra creatura crescesse e diventasse formidabile per la
vostra protezione e la vostra salvezza798.

Se i rapporti con i partiti del CLN risultano sin da subito


gravemente compromessi799, ben più ampi sono invece i mar­
gini di dialogo che si aprono con tutte quelle correnti e quei
movimenti su posizioni di irriducibile antagonismo con
l'orientamento democratico-borghese dell'antifascismo "isti­
tuzionale". Una proficua collaborazione, si instaura a Milano
col Movimento di Unità Proletaria di Basso, Luzzatto e Viotto,
mentre alleanze temporanee vengono strette in varie altre

m Ricordare, in "Umanità nova", numero 343, del 10 settembre 1943.


7mVa detto, tuttavia, che in alcuni contesti territoriali, esponenti anar­
chici aderiscono ai Comitati di Liberazione locali nel tentativo di ripristi­
nare una sorta di controllo dal basso e restituire a questi organismi le
originarie potenzialità rivoluzionarie. "Siamo entrati a far parte del CLN",
ricorda Romualdo Del Papa, "per mantenere la nostra posizione di su­
premazia politica che avevamo acquistato a costi di tanti sacrifici e per
aiutare la popolazione [...] Non crediamo di aver contravvenuto ai no­
stri principi comportandoci così. Adesso abbiamo la possibilità di con­
trollare ì'amministrazione e la gestione della nostra città. Assicuriamo al
CLN una politica rivoluzionaria di opposizione al governo fascista di
Roma. Ai primi accenni di politica governativa siamo pronti a ritirarci".
Cfr., "Umanità Nova", del 13 maggio 1945,

360
località con gruppi di ispirazione trotsckysta, luxemburghiana
e bordighista. Convergenze significative si verificano anche
con i repubblicani di cui si apprezzano tanto i richiami ideo­
logici alle vecchie istanze del mazzinianesimo sociale conte­
nute nel programma del partito800, quanto l'irremovibile con­
danna della monarchia sabauda. In sintonia con la formazio­
ne di Pacciardi/ gli anarchici non ammettono infatti alcun tipo
di compromesso con i Savoia e più volte esortano a pimire
senza tentennamenti quelli che, a loro parere, sono da repu­
tarsi i maggiori responsabili del fascismo e della immane tra­
gedia bellica801.
Rigorosamente avverso a qualsiasi forma di intesa con cor­
renti di altra provenienza politica, è invece il gruppo milane­
se che gravita attorno alTanarcoindividualista Pietro Bruzzi802
e al suo giornale "L'adunata dei libertari"803. Su posizioni di
estremo purismo ideologico e propugnatore di una linea di

800Quali, ad esempio, l'eliminazione delle forme di sfruttamento del­


l'uomo sull'uomo, l'espropriazione delle grandi proprietà borghesi, la
legislazione di previdenza sodale, l'organizzazione politica fondata su
forme di democrazia diretta, e così via.
801 Alla tradizionale polemica antimonarchica, si aggiunge però in
questi mesi anche una condanna di natura morale della casa regnante.
L'ignominiosa fuga del sovrano in Puglia, fornisce infatti lo spunto per
passare in rassegna i tanti tradimenti che hanno costellato i momenti
cruciali della vicenda italiana nel corso dell'ultimo secolo. In questo sen­
so, appare del tutto naturale che, vedendosi "irrimediabilmente perduto
di fronte all'incedere delle forze armate alleate", Vittorio Emanuele non
abbia esitato a rinnegare nell'arco di poche settimane prima Mussolini,
"che per più di venti anni l'aveva salvato dall'infuocato clima rivoluzio­
nario italiano", poi Hitler, ribaltando come da vecchio stile Savoia le alle­
anze di guerra, e, infine, il suo ruolo di capo supremo delle forze armate,
lasciando la nazione indifesa e in balia degli eserciti nemici. Gli alleati e il
fascismo, in "Umanità nova", numero 352, del 19 novembre 1944.
802Tratto in arresto dalla Gestapo, Pietro Bruzzi è fucilato a San Vittore
Olona, per rappresaglia alTuccisione di un soldato tedesco. Su Pietro
Bruzzi, vedi: P. B ruzzi, lgiorni che precedettero e seguirono la tragedia italia­
na dell'otto settembre 1943- Diario, in "Umanità Nova", del 15,22,29 Set­
tembre e 6,13, 20, 27 ottobre 1963.
803 "L'adunata dei libertari", Milano, numero unico. Direttore: Pietro

361
azione intransigente e rivoluzionaria, il foglio esorta alla im­
mediata costituzione di gruppi libertari specifici e al loro co-
ordinamento in un'unica federazione804. Rivolgendosi a tutti
quei compagni che combattono nelle fila delle altre forze
antifasciste, "L'adunata dei libertari" rammenta inoltre che
tra i fini rivoluzionari dell'agire anarchico e gli obiettivi au­
toritari di tutti gli altri partiti politici, non può esservi alcun

Bruzzi. Dopo l'arresto di Bruzzi, la testata assume la nuova denomina­


zione di "L'azione libertaria" e, successivamente, di "Il comunista
libertario". "L'azione libertaria", Milano, periodicità varia. "Il comuni­
sta libertario", Milano, settimanale. Gerenti: Mario Mantovani, Ivan
Aviati. Cfr.: L. B etoni, op. cit.
m4Ai Compagni, in "L'Adunata dei libertari", numero uno, del 18 giu­
gno 1944. Il gruppo confluisce in seguito nelle Federazione Comunista
Libertaria. I quindici punti della piattaforma rivendicativa della Federa­
zione, contemplano: 1. Decadenza della monarchia e proclamazione del­
la repubblica federativa socialista dei liberi comuni italiani; 2. Soppres­
sione totale ed assoluta del fascismo [...] 3. Arresto, processo e condanna
di tutti i responsabili, fautori, sostenitori, profittatori della guerra e del
fascismo: RE, Principe ereditario, Principi sabaudi, ministri del regime
fascista, squadristi [...] 4. Ricerca e punizione di tutti i criminali di guer­
ra e collaboratori dei nazifascisti. 5. Ricerca e punizione di tutti i volonta­
ri della guerra rivoluzionaria di Spagna. 6. Soppressione totale di tutte le
leggi fasciste e graduale riforma legislativa generale secondo ì più estesi
principi democratici e liberali. 7. Soppressione dell'esercito e dei corpi
armati di polizia dello Stato. Costituzione della nazione armata e della
Guardia civile repubblicana. 8. Espropriazione e socializzazione della
grande proprietà industriale e terriera, da assegnare alle cooperative di
lavoratori [...] 9. Socializzazione di tutti i servizi pubblici: acqua, elettri­
cità, gas, trasporti, telefoni, posta. 10. Sgombero delle macerie [...] inizio
dei lavori di ricostruzione [...] 11. Nazionalizzazione della casa da asse­
gnare in uso alle famiglie dei lavoratori. 12. Adeguamento effettivo di
salarie stipendi al costo della vita [...]13. Riforma fiscale e tributaria, con
l'aumento della quota a carico del capitale e soppressione assoluta della
quota a carico del lavoro. 14. Partecipazione diretta dei lavoratori alla
gestione amministrativa dei comuni, resi autonomi ed indipendenti dal­
l'autorità statale. 15. Repressione totale ed energica dei mercato nero e
della criminalità, senza discriminanti e senza attenuanti FEDERAZIO­
NE COMUNISTA LIBERTARIA, Manifesto agli operai, in "il Comunista
Libertario", numero uno, del dicembre 1944.

362
margine d'intesa. "Sappiamo", si legge neirarticolo "Mani­
festo agli operai",

che fra la nostra e le dottrine che ispirano ì diversi partiti politici non
vi può essere nessuna confusione possibile, in quantochè questi par­
titi hanno per finalità precipua la conquista dello Stato e con esso
l'esercizio dell'autorità costituita, mentre noi vogliamo una società
basata suH'amministrazione della ricchezza esclusivamente da parte
di coloro che la producono senza interm ediari di sorta. Coerenti con
i nostri principi noi siamo per la rivoluzione sociale integrale da com­
piersi da parte dei lavoratori e contro ogni tentativo di monopolio di
essa da parte dei partiti autoritari805.

Sebbene con sfumature diverse, la linea di Bruzzi è condi­


visa da tutte le altre correnti liberatrie attive a Milano. Persi­
no il gruppo di Mario Perelli, che oltre ad intrattenere ottimi
rapporti con il Mup caldeggia anche la formazione di "un
grande partito proletario comprensivo di comunisti, sociali­
sti, repubblicani, sindacalisti, libertari, dissidenti, senza par­
tito", si colloca però su posizioni di assoluta chiusura nei con­
fronti dell'antifascismo ciellenista. Molto indicativa, a riguar­
do, è la vicenda che si dispiega nel gennaio del '44, quando
alcuni membri della sinistra del CLNAI - e tra essi Sandro
Pertini e Ferruccio Parri - propongono ad Alfonso Failla di
entrare nel comitato in rappresentanza degli anarchici806. Ad

805 Ibidem.
806 Naturalmente, la richiesta è finalizzata al tentativo di controbilan­
ciare l'influenza politica della destra e del centro della coalizione
ciellenista. AH'inizio del 1944, Failla si trova a Milano per riallacciare i.
collegamenti tra i gruppi libertari dell'Italia Centrosettentrionale, senza
però riuscire nel suo intento: "Quelli di Genova sono occasionalmente in
relazione con Milano, ma l'intesa non è fattiva, riguarda solo la diffusio­
ne della stampa che si pubblica a Milano e l'idea del Fronte Unico. Men­
tre a Milano quei compagni, salvo Pietro Bruzzi e qualche altro, sono nel
MUP di Basso, una organizzazione che vorrebbe stare al di sopra dei
partiti e riunire nella lotta anche gli anarchici, un'organizzazione che si
oppone al CLN". Molto critica, poi, é la posizione dell'anarchico sicilia­
no per quanto concerne la strategia frontista: "I compagni sono ispirati
da un rivoluzionarismo encomiabile ma non perfettamente conforme alla

363
indurre Failla a declinare l'invito, infatti, è proprio il veto dei
militanti milanesi.
Favorevoli all'ipotesi di un'adesione libertaria al CLNAI,
sono invece gli anarchici genovesi, uno dei gruppi più nume­
rosi, organizzati ed ideologicamente compatti presenti al mo­
mento nel paese. La loro posizione si spiega con il particolare
contesto del capoluogo ligure, dove il forte radicamento nel­
la classe operaia spinge inevitabilmente a conferire un respi­
ro quanto più ampio possibile alla proposta del patto di soli­
darietà fondato sull'unità proletaria. Non a caso, gran parte
della docum entaristica elaborata dopo l'8 settem bre, si
incentra su enunciazioni capillari dei contenuti teorici e degli
obiettivi strategici del Fronte Unico dei Lavoratori. Nel
dattiloscritto "Concordato del maggio-giugno 1944", ad esem­
pio, risalta lo sforzo "di articolare, sul terreno degli strumen­
ti di lotta, una tripartizione dei livelli organizzativi: il livello
della normale contrattazione e difesa sindacale - le commis­
sioni interne; il livello dell'agitazione sindacale e antifascista
- i com itati seg reti di ag itazio n e; il liv ello p o litico
anticapitalista e rivoluzionario - i consigli di fabbrica (Soviet
liberi)"807. In altri due scritti, intitolati rispettivamente "I la­
voratori nella pratica rivoluzionaria" e "I consigli di fabbrica
e la rivoluzione"808, viene invece preso in maggiore conside­
razione il periodo postbellico nell'auspicio-previsione che,

situazione. Sono generici, hanno pubblicato manifesti e proclami in cui


propugnano un indefinibile "Fronte Unico Antifascista" e in cui non par­
lano chiaramente delle loro idee. In realtà il Fronte da essi sollecitato
teoricamente non è affatto l'obiettivo dei partiti che formano il CLN".
Testimonianze citate in G . C errito, Gli anarchici nella resistenza apuana,
Maria Pacini Fazzi Editore, Lucca, 1984, pp. 40 -41.
807 G. B arroero, op. cit, pagina 80.
WOiìDell'elaborazione del Fui va ricordato anche l'opuscolo "L'eman­
cipazione dei lavoratori deve essere opera dei lavoratori stessi". La pro­
duzione clandestina degli anarchici genovesi ha però anche un carattere
più specifico e teorico. A riguardo, vanno ricordati gli opuscoli della col­
lana "Fioritura libertaria" editi in clandestinità: "Il fallimento delle reli­
gioni", "Saggi sul comuniSmo libertario", "Il comuniSmo libertario nelle
sue finalità", "Libertà ed uguaglianza".

364
come avvenuto nel primo dopoguerra, maturino le condizio­
ni per una crisi rivoluzionaria. Per impedire un riassorbimento
della classe all'interno della riorganizzazione capitalistica e
della riproduzione delle oligarchie borghesi, si suggerisce di
procedere all'im m ed iata sperim entazione di form e di
autogoverno popolare che, oltre a fungere da elemento di
coesione rivoluzionaria, indichino i percorsi da seguire ai fini
di una ricostruzione del consorzio sociale fondata sui princi­
pi teorici del comuniSmo libertario.
Rispetto alle altre realtà territoriali, dunque, la tendenza
dei militanti genovesi è quella di un inserimento nei CLN in
funzione frontista. Questa volta, però, è l'antifascism o
ciellenista ad opporsi ad un'alleanza organica con gli anar­
chici. Se, infatti, si riscontra una folta rappresentanza della
componente libertaria nei CLN aziendali809, in quelli terri­
toriali "di comune, di delegazione, di rione e quartiere"810,
e nel Comitato d'Agitazione Sindacale clandestino - cioè in
tutte quelle strutture resistenziali in cui, come ha scritto
Guido Barroero, "contava più il rapporto reale con la classe
operaia che l'autoproclam atoria pariteticità dell'esarchia
partitica del CLN"811 - l'ingresso di esponenti del movimento
nel CLN regionale per la Liguria812 viene ostacolato addu-
cendo i più futili pretesti813, o sottoponendolo a condizioni

K0‘J Per un elenco dei CLN aziendali in cui sono presenti esponenti
anarchici, cfr.: G. B arroero, op. cit., pagina 85, nota 81.
H,() Ivi, pagina 87, nota 90.
Ivi, pagina 86. .
m Divenuta di pregnante urgenza e concretezza per rifornirsi di mezzi
e dì armi. "Alla vigilia dell'insurrezione i nostri gruppi erano numerosi e
forti. I paesini climatici dove prima vi erano ritrovi di parassiti piovuti
d'oltremare e d'oltre frontiera, erano sorti gruppi dì ribelli pronti ad im­
pugnare le armi. Erano sorti i CLN a mezzo dei quali si inviavano i par­
tigiani ai monti. Noi non avevamo mezzi per mantenere i nostri