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Campi dell’antropologia e metodologia dell’etnografia

Roberto Beneduce
Ilaria Lesmo, assistente didattica (ilariaeloisa.lesmo@unito.it)L’esito del paper dipende dalla capacità di
connettere, articolare, e dalla disponibilità di esporsi (si riferimento ad esperienze personali).

18.09

L’antropologia è campo magmatico e in ebollizione, è un sapere che trasforma l’oggetto d’analisi.


Rivendicazione del ruolo del ricercatore nel plasmare l’oggetto della ricerca. Il soggetto che osserva opta,
sceglie, misura, privilegia. Eterogeneità connaturata allo spirito di questo sapere.

Antropologia è, tra le scienze sociali, quella in cui più si sottolinea l’intreccio coi contesti socio-politici:
nasce nel contesto della colonia, dello sviluppo degli imperi.
La sociologia nasce prima dell’antropologia e si rivolge alle società occidentali e, malgrado si confronti con
altri contesti, si lascia meno scorticare.

Crisi epistemologica al cuore del sapere antropologico. Il dubbio avvelena il sapere antropologico….
La fine dell’ ‘800 è tempo di sussulti nelle scienze umane e sociali. La data di fondazione dell’antropologia
viene comunemente attribuita al 1887, anno si assegnazione della cattedra di antropologia a Tylor. Si stacca
dalla costola della filosofia e della sociologia e cresce insieme alla psicanalisi. Tylor ha il merito di aver
coniato il significato del termine cultura. L’antropologia nasce, prima che nelle colonie, nel cuore
dell’Europa. Beneduce qui cita Truffaut e l’Enfant sauvage: dove si pone la soglia tra natura e cultura?
In quegli anni la parola cultura ossessiona gli intellettuali. Che cosa fa l’uomo tale, che cosa sottrae alle leggi
selvagge la nostra condizione?
In quel secolo gli imperi vogliono mettere ordine e classificare: gli amministratori coloniali si sentono di
devono dare un nome alla varietà di fenomeni. Nasce quindi la nozione di identificazione. Per nominare e
classificare bisogna identificare. Freud è alle prese con lo stesso problema. Indagine sull’ossessione
identificatrice delle colonie come sfondo sul quale Freud scrive le sue pagine sul tema dell’identificazione.
Lacecla… sulla nozione di malinteso in antropologia.
Etnonimo e autonimo (termini auto-attribuiti per distinguersi dagli altri).
La psicanalisi vuole costruire una teoria universale dell’inconscio, servendosi di dati provenienti da altri
contesti. L’antropologia vuol far la sua parte ma si muove in un’altra direzione: va accumulando molti dati
che sembrano scandire una litania, le alterità. La curiosità per l’altro non smette di dialogare con le
preoccupazioni delle città imperiali, con l’obiettivo di rendere disponibili queste alterità colte in vari paesi.
Ne viene fatta un’accozzaglia nelle esposizioni universali, ferie dove uomini e cose vengono esposti senza
molta differenza (Marx) e dimostrazioni della volontà di incorporare le materie prime altre degli imperi.
Tutto è trascinato nel cuore dell’Occidente, per essere esposto. (Le gout des autres, Bernard d’Estoile, parla
di come sono nati i musei e del desiderio morboso per l’altro).

Il nomadismo era intollerabile per gli stati nazione.


Morbosa curiosità del corpo femminile. Rivelava allo sguardo europeo una particolarità: steaotopigia e
allungamento delle grandi e delle piccole labbra. Colonia è stata anche strana avventura di prossimità,
intimità (film: la venere nera).

Lo sguardo antropologico nasce nella morbosa curiosità cinica e letale per molte persone.
Violenza politica, morale ed epistemica come traccia importante della nascita dell’antropologia: si impropria,
uccide in virtù dell’obiettivo di conoscere, identificare, nominare.
Quando Tylor arriva con la sua nozione di cultura, l’accademia spazza via la violenza e fa propria tale
nozione, che diventa ciò che si trasmette non geneticamente di generazione in generazione e che viene
appresa, e che è caratteristica di una determinata società. L’antropologia nasce maledetta da una singolare
ambivalenza.

L’antropologo fonda il suo conoscere nella malinconia di ciò che è perduto.


L. Morgan: sensibilità etica e politica.
L’antropologia è stata messa al servizio del colonialismo, tuttavia l’antropologia ha fatto sì che la violenza
del colonialismo si mettesse in discussione.

Rita Laura Segato: necessità di un’antropologia su domanda.

19.09

Note di viaggiatore…

J. Frazer scrive uno dei testi più celebri in cui raccoglie testi e note scritte durante viaggi.
I testi degli amministratori coloniali avranno per molto tempo un’impronta fortemente etnologica.

J. Fabian in Out of mind ricorda che queste trascrizioni erano intrise di un malinteso: gli esploratori erano
catturati dall’esotismo e dalla fascinazione, dal fastidio o dal disprezzo, o da autentici stati di alterazione di
coscienza, quindi guardavano con lenti deformanti i nativi. L’incontro con l’altro avviene nel segno del
malinteso e dell’ambivalenza (scandalo dell’incontro etnografico, De Martino). L’antropologia non può
rendere le sue descrizioni oggettive. L’antropologo/a scrive e commenta a partire dalle proprio sensazioni (e
seduzioni da ambo i lati). La dimensione dell’ambivalenza va conservata come dimensione fondamentale
dell’antropologia.
I diari di Malinowski riportano anche la noia, il fastidio, nonostante egli venga considerato il padre
dell’osservazione partecipata. La nozione di ambivalenza ci fa capire di più dell’Altro, non esente da
sentimenti (fastidio, fascinazione…), ed è dunque aspetto fondamentale del sapere antropologico.

… come si decide cosa va scritto e cosa no? Porsi quesiti per rappresentare l’altro al meglio.

Antropologia vive e ha vissuto crisi della rappresentazione (i modelli per rappresentare il reale, le culture
altre, il mondo, vanno sgretolandosi).

Venere nera, schiava ai servizi di un uomo bianco che la chiama Saartje (deformazione del suo nome
originale), diventa un oggetto da museo. Ci saranno vari anatomisti che confermano che si tratta di una razza
inferiore (post analisi del cervello dopo la morte di lei). Le varie discipline si influenzano l’una con l’altra.
Non perdere mai di vista contesto in cui nascono le teorie antropologiche. Il XIX secolo è secolo del
darwinismo che, quando interpretato sommariamente, finisce per causare una gerarchizzazione della
differenza (culturale, biologica, ecc).
Descrivere l’altro è sempre stato un impulso inevitabile quando incontriamo lo sconosciuto. Purtroppo
spesso accompagnato dall’impulso alla gerarchizzazione.
Viene prodotto un calco in cera della venere nera, ulteriore violenza al corpo.

Museo Trocadero, Parigi, accoglie per anni e anni il bottino di antropologi.

Nel corso del ‘900 i popoli dai quali determinati reperti furono estratti iniziano una rivendicazione: questo fa
ripiombare l’antropologia in uno spettro del passato che tentava di dimenticare.
Molti popoli chiedono che alcuni corpi vengano restituiti.
In Francia questo dibattito si è intrecciato con un dibattito più ampio: quello sugli studi postcoloniali.
Piani del problema: piano storico, piano politico!

Quali effetti ha generato negli altri il modo in cui noi abbiamo trattato tale alterità?

J. Derida, Avery Gordon in Cose di fantasmi invitano lo studioso a familiarizzare con la dimensione della
violenza del passato.

Altro caso celebre di oggettivazione: Truganini, schiava dotata di una forte consapevolezza politica, ha
saputo guardare il mondo dal basso per comprenderne il funzionamento. Partecipò ai movimenti di ribellione
contro il dominio britannico sull’isola di provenienza, la Nuova Zelanda. Ad oggi in tale isola non sono più
presenti indigeni, sterminati dai colonizzatori. Truganini chiede in una lettera che il suo corpo dopo la morte
non venisse smembrato dagli occidentali e musealizzato. Truganini è ora il volto esposto sui francobolli
postali in Nuova Zelanda.

… vicenda di Ishi, ultimo rappresentante di una tribù indiana sterminata, venne per caso ritrovato da alcuni
cacciatori di indiani. Viene salvato e protetto da un antropologo, Kroeber, che aveva colto che in Ishi poteva
trovare un modo di portare avanti il suo progetto di studioso delle lingue indiane. Ishi si ammala della
malattia che uccide la moglie di Kroeber, il quale non riesce ad impedire al corpo di Ishi il destino dei corpi
di cui abbiamo parlato sopra. Questa notizia traumatizza Kroeber, cade in uno stato depressivo anche per
esser venuto meno al rapporto di alleanza con Ishi.
Ad un certo punto dei nativi chiedono la restituzione di quel che è rimasto di Ishi… ma chi è a reclamarlo
dato che la sua tribù era stata sterminata? Qualunque altro componente di una qualsiasi tribù indiana…

Queste persone sono le tracce che caratterizzano lo scontro dello sguardo occidentale con i popoli
colonizzati.

L’antropologia nasce prima come antropologia fisica e biologica che culturale.

Negli Stati Uniti si sottolinea molto il tema del relativismo culturale, mentre in Europa viene abbastanza
respinto come concetto.

… la svolta che fa sbriciolare la compattezza del sapere antropologico è la fine delle colonie, negli anni ’60
del 900: cambiando i rapporti di forza cambia anche lo statuto del sapere antropologico.
Parliamo quindi di antropologie al plurale!

Dove si colloca l’antropologia nel contraddittorio fare occidentale (esaltazione dei diritti dell’uomo qui e
violenza altrove)?
Cedric Robinson (Black Marxism), parlando degli schiavi dice che per gli schiavisti, anche fossero disposti
ad ammettere che gli schiavi erano dotati di un’anima, era ormai irrevocabile lo schiavismo. Noi ci vogliamo
dimenticare la schiavitù, ma molti non intendono dimenticarla.
L’antropologia è servita al potere bianco imperialista.

Esposizioni coloniali.

Immagine molto forte di un uomo nigeriano col volto coperto e con una maschera beffeggiatrice di un
antropologo bianco che scrive. L’antropologia deve ancora fare un buon lavoro per capire come, mentre si
descrive l’altro, c’è una parte di sé.

20.09

L’antropologia è una disciplina dalle molte prospettive, ma per questo anche debole. Il problema è chiedersi
cosa distingue l’antropologia dalle altre scienze, qual è il proprium dell’antropologia?
Gli approcci sono stati molto eterogenei… (v. antropologia del post-umano o dei non-umani)
In che direzione si sta espandendo l’antropologia? Cosa vuole catturare?

Marcel Griaule, antropologo francese. Nel 1931 prende origine la missione Dakar Gibuti: ci rivela un tratto
fondamentale dell’antropologia di quel tempo, ancora influenzata dal paradigma evoluzionistico. In Italia
l’antropologia è ancora connotata da motivi razziali.
Griaule si forma nella scuola di Marcel Mauss, primo antropologo a porsi il problema dei rapporti
interdisciplinari (in particolare con biologia e psicologia). Mauss è amato anche dagli studenti di economia
critici del capitalismo per la sua analisi della nozione di dono.
Robert Herz, allievo di Mauss, è antropologo fondamentale, scrive un saggio sulla dominanza della mano
destra (antropologo comincia a guardare la cultura ma non dimentica il corpo), scrive un altro saggio
sull’idea di morte.
Griaule è in un contesto molto rigoroso e attento allo studio delle lingue, ed è animato da un motivo
condiviso: in quel momento si vuole riabilitare la “mentalità primitiva” (Levy-Bruhl). Griaule è nella grande
avventura coloniale, e dunque il suo linguaggio usa una lingua che deve sedurre i parlamentari e coloro che
hanno interesse nel consolidamento delle colonie, e MG non può non guardare a questi aspetti. Griaule ha
bisogno di soldi per analizzare nel dettaglio le popolazioni africane: in particolare le popolazioni dell’Africa
subshariana che si ritiene custodiscano segreti, competenze e capacità capaci di ribaltare le nostre idee
razziali ed eurocentriche.
Griaule, non evadendo dalle logiche di necessità, cerca di andar oltre.
Andras Zempléni: “antropologia animata da una profonda segretofilia”.
Griaule introduce per la prima volta in modo sistematico un nuovo strumento di ricerca: la fotografia aerea.
Scatta foto dei villaggi, dei campi coltivati, di caverne… ne deriverà un lavoro di ricerca sulle maschere
Dogon (la maschera rivela e nasconde: dialoga). Maschere che hanno una loro storia e che conoscono un
cambiamento… effetto di trasformazione sulle culture generato dall’incontro con l’antropologo!
L’antropologo induce ciò che osserva…Griaule non ne era consapevole. Molte maschere Dogon incorporano
l’Altro che le osserva: ci sono maschere di uomini e donne antropolog*.

Cerimonia che viene fatta con una periodicità di 60 anni, legato ad un fenomeno astrale: passaggio di una
stella che non si vede ad occhio nudo. Com’è possibile che i Dogon sapessero?

La missione Dakar parte nell’odierno Senegal, allora Sudan Francese, e sale fino al Mali. Quando i
missionari arrivano nella falesia di Bandiagara, si fermano. Si scopre di un’influenza da parte di popolazioni
del sud-ovest: non torna quindi l’ipotesi che le popolazioni Dogan fossero state influenzate dagli Egizi. Il
panafricanismo sosteneva che l’Africa ha un’antecedente alla realtà coloniali.
Griaule, per ottenere fondi, fa un discorso nel parlamento francese sostenendo l’importanza della
valorizzazione di questa cultura, da cui però possono essere presi reperti: ecco come antropologia e
ossessione per il collezionismo s’intersecano. Griaule ottiene un finanziamento che prevede un lungo
percorso (circa dall’attuale Senegal alla Somalia).
Nell’equipe vi sono vari personaggi (Michel Leiris tra gli altri), tra cui due donne. Una delle due, di origine
ebraiche, con l’avvento del nazifascismo verrà catturata e deportata; Griaule non prese parti per
salvaguardarla. Leiris, a questo riguardo, prende delle posizioni. Viene ricordato per la pubblicazione di un
diario chiamato “Africa fantasma”, opera che comincia a scavare nelle contraddizioni della ricerca
antropologica, diventando così una voce scomoda per Griaule.
Leiris narra la modalità con la quale gli antropologi interrogano i loro interlocutori: bruscamente,
severamente, imperiosamente. Narra la violenza con cui vengono estirpati i beni.
Griaule arriva a suggerire alle forze naziste che il libro Leiris è pericoloso.

E’ noto per Dio d’acqua, pubblicato nel ’48, in cui introduce una svolta nella scrittura e nello stile
etnografico. Griaule scrive per sedurre il lettore, usa 3a persona e si lascia nominare come “il
Nazareno”(deriva da “nazarà” termine per indicare il bianco). Fra i vari modi di conservare il segreto, vi è il
non rilevare la totalità, o modificare le cose dette o fatte, o usare lingue segrete. Griaule descriverà
dettagliatamente tutte le maschere delle cerimonie Dogon. Le maschere Dogon non sono solo esibizione
estetica, la loro fabbricazione è segreta, appresa in modo esoterico, solo gli uomini possono avvicinarvisi,
donne e bambini sono esclusi da contatto fisico. Sono in qualche modo figure guerriere. Le maschere
vengono convocate per celebrare il secondo funerale degli uomini giusti. Subentra l’amministrazione
coloniale che su richiesta fa avvenire le cerimonie. Come difendersi da tale espropriazione? I Dogon hanno
costruito diverse maschere: quelle “vere”, utilizzate per le manifestazioni originali, hanno un piccolo
dettaglio che le distingue. Griaule ad un certo punto viene convocato da un anziano, Ogo Temmeli, che nel
corso di 33 incontri, svela i segreti della cosmogonia/simbologia Dogon. Tuttavia, negli anni successivi,
alcuni Dogon giovani smentiscono tali decodificazioni. Ai Dogon interessava l’acqua, abitavano terre
immensamente aride, e Griaule era la loro chiave di volta. Griaule, forse su esortazione di Ogo, torna in
Francia e fa costruire una diga. Quando muore faranno il doppio funerale anche per lui. COMPLESSITà
DELLA RELAZIONE ANTROPOLOGICA/SITUAZIONE ETNOLOGICA!

SOVRANITà EPISTEMICA E CONOSCITIVA: nessun popolo rinuncerà mai del tutto a questo.
HAU: principio che regola la circolazione d’oro.

25.09
Assi portanti (dimensioni) del corso…
- discorso storico sulle trasformazioni e evoluzioni del sapere antropologico
- Focus su questioni che riguardano il problema di come antropologi nel tempo si sono misurati con l’altro /
come la scrittura e l’interpretazione dell’altro sono state strutturate. Il metodo resta un problema enorme:
anche le antropologie più moderne si devono porre il problema di quale metodo adottare (e per estrarre i
“segreti”, e per capire come condividerli)
- Racconto dettagliato di come gli altri vivono, pensano ecc. etnografie che intrecciano il discorso storico
del sapere antropologico e il discorso sul metodo.

Questi 3 livelli sono familiari anche in Lévi Strauss, il quale li sintetizza in questa modalità:
- Antropologia (discorso sull’uomo più ampio)
- Etnologia (ricerche con carattere più circoscritto, areale, comparativo, su aree culturali particolari -non mi
limito allo studio di un dato popolo, ma faccio uno studio più ampio prendendo in esame anche le
popolazioni limitrofe-)
- Etnografia (studio intensivo e verticale che si occupa di una popolazione o di un fenomeno di una
popolazione specifico e particolare).

Bisogna aggiungere una 4a dimensione: quella dell’antropologia inversa/invertita.


Inglobare il punto di vista critico del soggetto analizzato, per evitarne un’oggettivazione.

Barbara Glowczewski (Reve en colere)—> idea di come l’antropologia invertita possa essere volta a
criticare chi parla a nome di chi…
Manthia Diawara ha voluto intervistare Jean Rouche, etnocineasta (Les maitres fous), il cui film aveva creato
molti dibattiti. Rouche aveva un progetto teorico di unificazione di Africa e Europa, e Diawara scortica tale
teoria fino ad arrivare ad accusarlo di aver detto troppe cose e di aver dissecato gli africani come insetti. Non
basta più la legittimazione del proprio informatore: la sensibilità cambia, bisogna partire da basi nuove con
obiettivi da negoziare.

Vi sono una serie di critiche alla scuola di Griaule, che si costruisce con particolare interesse all’analisi dei
processi simbolici. Griaule e i suoi allievi vogliono esplorare in particolare il pensiero Dogon: ogni cosa deve
trovare il suo posto occupando un posto preciso e coerentemente rinviare al tutto.
Una delle principali critiche scagliata fu la pretesa coerenza delle società studiate.
Oggettivare colui che analizzo è molto rischioso, anche se si parte con i migliori propositivi (v. Griaule, il
quale fece lo studio sui Dogon per provare l’uguaglianza dei popoli), colui che viene analizzato può iniziare
a sentirsi assediato. I Dogon infatti si ribellarono all’arroganza di voler scrivere e conoscere tutto. Van Beek
in un articolo accusa Griaule di non aver detto cose decisive e di aver sottolineato concetti che non
approvava. I Dogon studiati da Van Beek sono diversi dai Dogon di Griaule (a partire dall’area geografica).
Van Beek rimprovera a Griaule di cercare ovunque il concetto di forza, nyamà.

La volpe pallida è una maschera Dogon molto complessa che rinvia al tema della divinazione. In Africa la
divinazione conosce molte forme e molti obiettivi, in molti casi sostituisce un potere diagnostico, in altri casi
vuole conoscere il futuro di una persona o addirittura correggerlo. La Geomanzia è la fusione della pratica
della divinazione con la terra, la zoomanzia è una tecnica divinatoria che fa uso di animali.
Zempleni e Adler, noti africanisti, sostengono che la divinazione è una macchina per pensare: la divinazione
interroga segni facendo agitare nella mente un’infinità di dubbi.
La volpe pallida, inizialmente scambiata per uno sciacallo (l’antropologo spesso commette errori!), è molto
importante: nel momento in cui Amma (dio creatore) fabbrica la coppia di gemelli, uno di queste figure non
aspetta che sia completata l’opera e strappa un frammento di placenta dalla quale Amma li stava fabbricando,
volando in fuga sulla terra. Amma lo punisce privandolo del linguaggio e condannandolo a errare per sempre
nella forma di animale. Tuttavia, a questo trasgressore viene dato in dono un potere enorme: vedere il futuro.
Rubare questo pezzo di placenta, secondo gli studiosi della scuola Griuale, implica un incesto.
I miti ci mettono sul tavolo le contraddizioni senza soluzioni del pensiero umano.

Popolazione Moundang, mito dei due fratelli, lascia emergere la polarizzazione tra due arti: arte della
retorica e arte della conoscenza intuitiva, che non ha regole e non adotta logica.
Griaule vuole costruire un edificio di coerenza, vuole far diventare i Dogon intellettuali e artisti…
Ebbene, sembra che venga dimenticato qualcosa: trascura tutti i lati negativi, parlando molto poco ad
esempio della stregoneria.
Il fenomeno nella sua ampiezza si va modificando!

Piccolo excursus su un racconto di un sacrificio umano. Un bambino viene trovato morto, nipote di un
commerciante che, per far crescere il suo successo, si rivolge ad un marabutto. Il marabutto chiede in cambio
il sangue di un bambino per garantire il successo. I marabutti hanno spesso enorme potere perché a loro si
rivolgono l’élite, il commerciante infatti restò pressoché impunito.
La violenza fu dimenticata dai racconti di Griaule.
Nessuna etnografia è finita, descritta e interpretata una volta per tutte.

Nel 2011 le potenze occidentali assassinano Gheddafi, dopo questo avvenimento, in Mali prende piede il
caos. Parte una guerra civile.
A questo punto le tribù sono in immenso conflitto tra loro, i Dogon conoscono quindi un’epoca di violenza
estrema.
Qual è quindi l’antropologia in grado di catturare questi processi, e qual è l’antropologia in grado di
prevederli?
Clifford Geerz costruisce i suoi tempi di ricerca nei momenti di stabilità e pace, lasciando il campo quando
iniziava ad andare male. Rapporto con la violenza ancora complesso: spesso l’antropologia è troppo
preoccupata a fornire un’immagine dettagliata del soggetto di ricerca, non occupandosi di cogliere i segni
della violenza: problema metodologico che usa sulla qualità dell’etnografia.

26.09

..quindi:
- Storia
- Metodo
- Etnografia
- Antropologia invertita (termine coniato da U.Eco, può anche essere antidoto alla consistenza e alla verità
delle nostre descrizioni) … similitudine transfert e controtransfert

—> Non è una scaletta diacronica! Alcuni autori e alcune scuole riescono a creare una commistione delle
varie dimensioni.

1961: data fondamentale, coincidenza di tanti prodotti intellettuali


- Foucault pubblica “Storia della follia nell’età classica”,
- Fanon scrive “I dannati della terra”
- Hamidou Kane scrive “L’avventura ambigua”, romanzo storico decostruzionista
- Goffman scrive “Asylum”, indagine acuta e profetica sulla violenza delle esecuzioni
- Basaglia arriva a Gorizia e inizia la critica alla psichiatria manicomiale.

Qualche anno indietro:


Negli anni ’50 il sociologo e antropologo Georges Balandier -Africa centrale-, membro di spicco
dell’antropologia francese marxista (insieme a Godelier, Augé -costa d’Avorio-, Meillassoux -Sael- ecc) si
pone il problema di come studiare le società non occidentali. Ciascun autore porta con se una prospettiva
politicamente orientata dal marxismo e la complessità del contesto della ricerca. Le prospettive di questi
autori mostrano lo snodo dell’agonia della colonia.
Contemporaneamente, fiorisce nell’antropologia lo STRUTTURALISMO e ricomincia un linguaggio
rinnovato tra antropologia e psicanalisi. Ci sono continui passaggi, prestiti, critiche: grandi testi di
antropologia e di psicologia parlano di questo territorio comune, che in fondo è il pensiero umano: gli uni
tirati verso l’interno dell’inconscio, gli altri tirati verso l’esterno (riti ecc). Alcuni antropologi ormai curiosi e
alimentati dallo sviluppo della psicanalisi adottano la prospettiva psicanalitica per leggere quello che
osservano, viceversa alcuni psicanalisti riprendono il progetto di andare ad osservare psicanaliticamente le
società non occidentali.

Nella scuola di Griaule vi è la figlia, la quale pubblica nel ’65 “il mondo della parola” (Genevieve Griaule),
che costituisce un riparo alle critiche rivolte al padre, inserita in un’analisi all’interno delle lingue Dogon -
almeno 20 lingue-. In particolare si concentra sulla lingua Sanga So. Nel libro l’autrice fa esplicitamente
riferimento alla prospettiva psicanalitica, ricostruendo una mappa di metafore - labirintica rappresentazione
alla quale già il padre si era dedicato-.
Es: maschera della volpe pallida: volpe in analisi psicanalitica è l’Edipo—> castigo simbolo di castrazione
minaccia del figlio edipico, minaccia di trasformazione in animale, verbo feconda rapporti umani, lo recide
dall'interazione umana. Connessioni ricostruite attraverso mappa di metafore.

Levi Strauss rappresenta un’antropologia impregnata di filosofia e di linguistica. Levi Strauss è, già agli inizi
del suo progetto teorico, interessato ad esplorare per l’antropologia la sorgente della teoria linguistica. A
quella sorgente anche Lacan si abbevera. Lacan cerca un dialogo con Levi Strauss, il quale però si guarda dal
legittimare le interpretazioni a Lacan.
Periodo in cui vi è da un lato un’antropologia che si proietta sulle scienze del linguaggio e sulla psicanalisi
(strutturalismo, Levi Strauss), dall’altro antropologia nutrita dall’analisi dei sistemi simbolici (Griaule), e
infine antropologia che guarda con sempre maggiore attenzione alla storia e alla politica—> anni in cui
l’antropologia marxista esercita infatti un’egemonia (Pierre Clastres, antropologo anarchico, verrà tenuto
fuori in questi anni).

Georges Balandier è, dagli inizi degli anni ’50, intrigato da una nozione che lancia nel dibattito uno
psicanalista: Octave Mannoni, il quale lavora in Madagascar come insegnante. Nel ’47 in Madagascar vi è
una rivolta anticoloniale, la repressione francese è violentissima. Mannoni è sollecitato dal governo
francese a interpretare e spiegare le cause di questa rivolta. L’interpretazione di Mannoni è in chiave
psicopatologica, viene cioè tradotta la rivolta come se fosse un sintomo (in Kenya uno psichiatra britannico
fece la stessa cosa).
Mannoni scrive che i Malgasci hanno vissuto in quei mesi un senso di abbandono, intuiscono che i
colonizzatori stavano per lasciare l’isola ed erompe nei colonizzati il timore frutto di un complesso di
dipendenza. La paura di perdere il padre colonizzatore li spinge a questa rivolta.
Nel 1950 scrive: se io voglio analizzare una società non occidentale e colonizzata, devo inevitabilmente
studiare e il colonizzato e il colonizzatore. Suggerisce la nozione di SITUAZIONE COLONIALE, per
sottolineare la dimensione dell’interazione tra le due entità. Lo sguardo deve essere centrato
sull’interazione. Progetto che nasce da presupposti sociologici e politici, ma che ha anche buoni motivi
epistemologici in autori di antropologia (tra cui Gregory Bateson, autore che guarda all’interazione).

Balandier prende questa nozione e la fa sua in un articolo del ’51, “La situation coloniale”, in cui sottolinea
due aspetti importanti: riprende uno storico che parla della colonia come di un “atto di chirurgia sociale” (es:
caso algerino—> il sistema amministrativo francese si confronta con patronimici complessi e decide di
cambiare i nomi per semplificare il processo generando catastrofi psichiche e cancellando il sistema di
classificazione e crolla tutto un sistema di equilibri, atto a cancellazione storica; altro es: Israele con
Palestina; **) ; parla della necessità di una sociologia clinica—> per capire ciò che accade occorre uno
sguardo psicopatologico.

**Yengo ricorda come il fenomeno dei bambini stregoni ha un’origine nella colonia: quando i colonizzatori
non permettevano che le donne conservassero il proprio cognome, distorcendo i legami di figliazione e
trasmissione del potere stregonesco, che deriva dalla madre. Chirurgia sociale produce effetti di lunghissima
durata. Ricorda che la colonia non è soltanto scontro, è anche prossimità e intimità. Situazione alienante!

Nel 1955 Balandier pubblica “Sociologia dell’Africa nera”, testo nel quale la sensibilità per le interazione
vanno fondando una forma nuova di antropologia: ANTROPOLOGIA DINAMICA (insegue i processi che la
presenza del colonizzatore ha promosso e avviato). Non ho più davanti il solo rito, credenza, ecc ma tutto ciò
è posto all’interno di una complessa interazione in cui devo riconoscere l’insieme. Ogni comportamento
assume così una nuova significazione nella prospettiva di Balandier.
Nozione di “crisi” molto indagata. Balandier guarda anche ai cambiamenti che coglie a partire da questa
nozione di stato di crisi, sottolineando il fenomeno di ambiguità e ambivalenza che va crescendo nelle
società dominate.
Suggerisce l’esigenza di adottare il concetto di “double histoire”, necessità di integrare le storie!
Invita ad esplorare i fenomeni di distacco e non coesione delle società che venivano descritte come coerenti e
coese.
Colonizzazione è una questione di potenza: c'è una minoranza sociologica (colonizzatori) che domina su una
maggioranza numerica (neri).
Usa concetti che gli permettono di guardare cambiamenti, ha un metodo di analisi clinico, nota fenomeno di
ambivalenza e ambiguità nelle società dominate. Guardare alla doppia storia, regimi di storicità diversi,
complessità che crea confusione e disorientamento, crisi delle gerarchie.
Occorre uno studio delle società oppresse—> la cultura è utilizzata come maschera, rovescia la prospettiva di
griaule, dietro la cultura la società si nasconde, il colonizzato si nasconde dietro le sue danze e confonde la
mia interpretazione. Fioriscono ambivalenze, l'antropologo non può conoscere l'altro perché quell'ambiguità
è frutto di ciò che lui ha provocato.
Ambivalenza, mascheramento, fuga - ex danza che fiorisce negli anni 50 si chiama gaulò che nella lingua o
congo o lingala che vuol dire potenza (ngolò), ma evoca anche de gaule (simbolo di potere, liberazione dal
nazismo), parla della potenza francese e rievoca semantica locale. Due gerarchie, due modelli di potere, due
storie ormai confuse insieme e inscindibili.
In questa esperienza di sdoppiamento fioriscono i fenomeni di stregoneria, poteri mistici… (sviluppati in
risposta?).
Balandier parla di una società dominata che non si adatta, non trova equilibrio, ma si degrada.
Parla di una società alterata…
Ripresa di iniziativa: nei fenomeni a metà tra religioso e culturale (danze, riti ecc) vi è una ripresa di
iniziativa, il colonizzato ha conosciuto il potere coloniale, rielaborandone il materiale e rialzando la testa,
costruendo nuove gerarchie indipendenti dall’amministrazione coloniale.
… Fenomeno del MIMETISMO… Camerun colonizzato dai tedeschi. Sarti eccelsi riproducono divise
militari. I colonizzatori spaventati vietano tale fenomeno.

Nel libro successivo Balandier si occupa dei “NUOVI TIPI SOCIOLOGICI”: la colonia, fra le varie cose, ha
creato anche dei nuovi tipi, nuove forme di soggettività. Nell’attenzione al dinamismo del processo, ci
permette di riconfigurare l’interpretazione di simboli ecc.

27.09

Balandier ci avvicina alla sensibilità per il conflitto (quello coloniale). Sguardo al contesto che oppone
bianco (minoranza sociologica) a maggioranza numerica, analisi trascinata nella storia = antropologia
dinamica
Dimensione del tempo e della storia entrano nel sapere antropologico: dialogo tra antropologia e altri saperi
(in particolare psicoanalisi e psicologia).
Grande diniego = non riconoscere nel reale ciò che dovrei vedere perché è lì. Se sono ricercatore
nell'inconscio non dovrei ignorare situazione conflittuale.

Mannoni nel 1950 pubblica "Psicologia della colonizzazione", tesi classiche fatte poi a pezzi da Fanon. Libro
inquieto.
Wulf Sachs, psicanalista, socialista, proveniente da famiglia ebraica e nato in Sud Africa, sensibile ai diritti
umani, opera come medico in Sud Africa durante l’apartheid. Nel 1937 pubblica "Amleto nero".

"Psicologia della colonizzazione" in inglese si intitola "Prosper and Caliban". Mannoni in quanto psicanalista
coglie tensione oppositiva, immaginario sessuale del bianco e del nero. Indagine sottile e moderna, ex
problema della RINOSCENZA (problema dell'antropologia, morale, psicanalitico: perché l'altro non è
riconoscente?)

Sachs a Johannesburg incontra un’antropologa impegnata socialmente e politicamente, gli parla di una donna
con dolore alle gambe, e così l’antropologa introduce lo psicanalista nella parte segregata della città. Qui
Sachs conosce la donna malata e suo marito, John Chavafambira, curatore proveniente da Manika.
Chavafambira era uscito dalla casa di famiglia senza fare i conti con le sue origini stregonesche. Sachs lo
interpreta come un Amleto nero, non riesce a confrontarsi con lo zio assassino—> intellettuale bianco
proietta i suoi eroi e i suoi drammi nel mondo africano. Aggiunta del colore nero a ciò che categorizziamo
come nostro eroe/anche negativo. Cade presunzione del monopolio del dubbio morale e della creatività
poetica. Globalizzazione dell'inconscio e dei desideri. Riconoscimento che società e culture altre hanno temi
e interrogativi analoghi a quelli delle famiglie occidentali. Le altre culture non sono infantili. Psicanalisti
attivano ponti, riconoscono conflitti, pulsioni etc. Si abbatte separazione.
Ma le differenze vengono considerate su un modello a partire dalle nostre teorie ed esperienze. Si abbatte la
differenza.
Primo titolo era "Una tragedia africana", diventerà poi "Black Hamlet". Consegna una copia a Chavafambira,
che racconta esperienza di perdita del lavoro, pericolo di denuncia quando lavora in un ristorante e sulla
veranda c'è un'anziana e mentre fa le mansioni la sfiora e lei pensa che lui volesse abusare di lei. Il capo sa
che non è vero ma gli dice di andare via perché avrà problemi legali. Accumula rabbia e frustrazione. La
moglie non ne può più di lavorare per i bianchi. Entrambi frustrati. Personaggi carichi di contraddizioni e
ambivalenze. A un certo punto Chavafambira dichiara "noi viviamo in un costante stato di paura”: è la vita
nell'apartheid. Dopo qualche anno Sachs reincontra John e cambia ancora titolo: "Black anger",
consapevolezza dello studioso che di fronte a lui crescono ostilità che non vuole mettere da parte.
DIALOGO TRA PSICANALISTI E ANTROPOLOGI.

Mannoni vive una vicenda analoga. Fanon lo legge e gli sottolinea errori antropologici (anche Bloch, su
interpretazione del rituale di circoncisione) ma soprattutto politici. Segue depressione di Mannoni e scrive su
sé stesso, un articolo. Nuova edizione del libro "Il razzismo rivisitato", prende tra le mani la responsabilità di
quello che ha detto. Aveva considerato la nevrosi del colonizzatore, ma ora deve fare i conti anche quello che
non aveva visto rimproveratogli da Fanon.
Pubblica "The decolonisation of myself", su malintesi e letture politiche che sono state fatte sul suo testo.
Riflette su riconoscenza e credenza.
Riconoscenza: tema importante per le civiltà che si definiscono civilizzatrici e generose. Ex gioca a palla col
Malgascio che si sente male e gli da un'aspirina. Qualche giorno dopo invece di ringraziarlo gli chiede altre
cose. Il colonizzato si aspettava riconoscenza, invece seguono ulteriori richieste. Cosa non ha funzionato?
Perché il malgascio ha chiesto di più invece di ringraziare? Mannoni dice che si è costruito il colonizzato, si
è costruita la sua dipendenza, e quindi non può che continuare a chiedere, la riconoscenza implica rapporto
orizzontale paritario.
Credenza: riflessione su rituale iniziatico doloroso di calchina(?)

scuola simbolica di Griaule. Attenzione ai sistemi simbolici; studio dell'altrui sistema di pensiero. Come
pensano gli altri? Come organizzano il rapporto con il mondo? Quindi c'è automatico nesso con il lavoro
della psicoanalisi, che studia simbolismo.
Antropologia marxista su relazioni di potere (Balandier, Augé)

ANTROPOLOGIA SOCIALE
C'è una classificazione che distingue tra antropologia culturale e antropologia sociale.
Antropologia culturale = per lo più Statunitense
Antropologia sociale = soprattutto britannica. A Torino Viazzo si è occupato di antropologia sociale con
Mary Douglas.
Orientamento a guardare la vita della società. No analisi dei simboli e rituali, vuole capire come si sviluppa il
rituale e come nasce il conflitto. Analizza leggi, istituzioni, processi giudiziari. In questo scenario varie
scuole, ex scuola di Manchester.
Mary Douglas scrive "Se i Dogon fossero stati studiati dagli inglesi", le motivazioni delle scuole mostrano e
occultano delle cose. Antropologia non è mai aderente ai fatti, i fatti sono costruiti dai presupposti
epistemologici. La nostra sensibilità ci fa vedere delle cose e non delle altre.
Ex antropologia marxista guarda alle produzioni, antropologia economica, guarda a elementi diversi
dall'antropologia di Griaule.

SCUOLA DI MANCHESTER
- Necessità di sviluppare lunghi periodi di osservazione. Senza un tempo lungo non si vedono le cose.
Insistenza sull'approccio ossessivo legato all'osservazione partecipante per lunghi periodi
- Attenzione al conflitto sociale, famigliare, clanico, tribale etc. Marx Gluckman: autore che scrive su
processi giudiziari, conflitti tra lignaggi (lavora tra Rodesia e Zimbabwe- e un'altra regione del sud africa).
Negli anni ’50 inasprimento dell’Apartheid, fare ricerca deve rendere conto di quella violenza. Violenza in
Zimbabwe, poteri magici, stregoneria, medium, guerriglieri chiamavano in soccorso i guaritori del
Malikaland in Mozambico, che avevano grandi forze magiche.
- Nascita di un'antropologia individuale, studiosi costruiscono scritture intorno a una persona, analisi
dettagliata della vita privata di una persona. Rischio di perdere dei pezzi: ma anche le altre scritture hanno
questo rischio.
allieva di questi autori scrive "Nisa": etnografia avvincente con giovane donna protagonista, con elementi
concreti sulla vita (in questo caso popolazione nomade, esperienza di gravidanza, aborto etc), è un
modello di scrittura. Non tiene conto di tutto ciò che accade in una società ma si focalizza su una
narrazione individuale. Libro che ci avvicina alla questione del femminile.

—> Donne e bambini sono tendenzialmente argomento secondario nella ricerca antropologica.
Concepimento, gravidanza, mestruazioni etc.

Crapanzano conduce studi in Marocco e scrive “Tuami”, storia di un uomo che gli permette accesso alla vita
in Marocco, relazione con gli spiriti etc.

Esistono vari approcci, varie antropologiE. Non necessariamente in gerarchia.

Altro gigante della scuola di Manchester: VICTOR TURNER, ”La foresta dei simboli”—> si occupa di vita
rituale e del ruolo dei simboli nel processo del rituale. Sottolinea moltissimo l'aspetto del tempo lungo in
campo. Dialoga continuamente con altre discipline.
Focus su rituali iniziatici di pubertà in una popolazione in Zambia. Studia gli Ndembu.
I riti di iniziazione sono riti in cui si attua riconoscimento collettivo di un cambiamento. Ogni società si dà
schema rituale ai momenti di passaggio dell'età (ex quinceanera). Il rito di passaggio pensa con simboli,
energie economiche, investimento emotivo a un cambiamento del corpo (condizione esistenziale e metafisica
umana).
Classi di età = partecipazione a evento comune rende membri di una comune classe di età sancito da rituale,
a prescindere da età anagrafica. Fortissimo legame tra chi appartiene alla stessa classe di età, comune
appartenenza molto sentita. Mattone sociale di grande rilievo per molte società. Mette in moto processi
sociali estremamente complessi. Addirittura crea alleanze, si pensa classe di età e rito in ottica strategica.
Non è solo sottolineatura di un cambiamento biologico.

Riti di passaggio:
- Separazione: allontanamento dal gruppo, affidamento a qualcuno di più grande che lo orienta, o
solitudine, ex società indiane, bambini vanno nella foresta da soli per trovare spirito guida (psicologia
locale che costruisce esperienza); nel caso africano i bambini che devono essere circoncisi devono essere
fatti più uomini.
- Transizione
- Reintegrazione

Perché si ricorre alla circoncisione? 3 classi di interpretazioni:


- Nel caso maschile consiste nell'ablazione di ciò che è femminile, ovvero si elimina il prepuzio che è
umido (principio femminile), invece nel caso femminile si asporta il clitoride che è un residuo del
principio maschio secco e potrebbe precludere il suo diventare una donna adeguata.
- Nella circoncisione maschile si riscontra una sorta di invidia per il potere riproduttivo, il potere per
eccellenza. Simbolo di fecondità: mestruazione. Moltissime pratiche tornano sul tema del sangue: ex
Dogon e maschere interdette alle donne, figura che nasce dal segreto primordiale delle donne
(mestruazioni) e l'uomo arrabbiato tinge di rosso le maschere. Potere che genera volontà di appropriazione
simbolica: circoncisione implica un sanguinamento che può avere valore simbolico.
- Questione estetica. Ragione della circoncisione maschile è estetica perché con l'ablazione del prepuzio e
lasciando scoperto il glande lo si rende simile al pene eretto, quindi sinonimo di potere e bellezza
garantita.
Strisciante conflitto di genere in tutte le società.
Balandier individua 3 conflitti che attraversano tutte le società:
1. Genere
2. Età
3. Classe

questioni che interrogano antropologi e psicoanalisti. Ex nozione di feticcio, invidia del pene, invidia della
mestruazione
Film con Peter Sellers in cui si parla di "invidia del pimpinello"

Questione del SINTOMO in antropologia…


Sintomo psichico ma non solo. De Martino parla del valore euristico del documento psicopatologico.
priapismo = già descritto in Antica Grecia. Scarica di adrenalina può fare effetto di priapismo. Priapismo
come lotta.

Turner in Zambia tra gli Ndembu si occupa di simboli rituali. Progetto teorico espresso nell'introduzione.
Vari tipi di rituali.
Turner dà una sua definizione di rituale: comportamento che si rifà a credenze in poteri mistici. Il simbolo è
la molecola del rituale, l'elemento più piccolo. Un simbolo è ciò che per generare consenso prefigura e
raffigura qualcosa per proprietà analoghe (di fatto o di pensiero).
Pons in "come pensano le foreste" sostiene che il simbolo sia posto troppo al centro del lavoro antropologico,
ci sono altri fatti da considerare.
I simboli non possono essere letti indipendentemente dal contesto. L'antropologia deve osservare l'uso in un
certo momento e il significato dato in quel contesto.
Simbolo = migliore espressione di un fatto ignoto. Non dice immediatamente qualcosa, c'è un'evocazione e
io sono interpellato a pensare, muove a pensare, muove dinamiche. Mette in moto il pensiero dei
partecipanti.
Tre proprietà dei simboli rituali:
- Condensazione: molte cose vengono rappresentate da un unico simbolo
- Simbolo dominante sugli altri: unificazione di significati separati, ex albero del latte (seno materno,
novizia, maternità etc, tutti significati che si dispiegano nell'inconscio), è uno strumento per pensare e per
sentire (sentimenti, emozioni, etc)
- Polarizzazione: tutti i simboli dominanti hanno due poli di significati distinguibili
- Componenti degli ordini sociali e morali
- Fenomeni e processi naturali e fisiologici
un simbolo fa da ponte tra i due ordini opposti di esperienza. Esperienza del corpo
associata a una norma.

2.10

La riflessione sul metodo nasce da un’esigenza interna del sapere antropologico (spiegare quale strada si è
intrapresa e fornire delle guide).
Turner si interessa ai simboli, in particolare ad un rito di iniziazione che osserva in una delle 3 frasi tipiche,
quella centrale. Il suo interesse segnala la volontà di far dialogare i profili sociologici e antropologici,
l’analisi dei processi simbolici con lo psicologico e il somatico. Anche Turner attraversa i domini disciplinari
per indagare.
I riti iniziatici intendono generare una metamorfosi psichica.
Turner osserva che, fra gli Ndembu, al di là della fase di separazione, c’è in un momento intermedio, una
condizione particolare, sottratta alle legga ordinarie perché vuole realizzare dello straordinario: vuole
trasformare quello che prima era uno tra gli altri in un membro della comunità. Tale trasformazione impegna
energie enorme e chiede sacrifici enormi. Turner osserva qualcosa che non è isolato al contesto Ndembu, ma
che ricorre nei riti iniziatici. Il giovane iniziando deve sperimentare esperienze di confusione cognitiva (non
deve sapere che cosa egli sia), tutto viene riplasmato: profonda incertezza come base del processo. Tale
confusione viene ottenuta attraverso emozioni somministrate con grande consapevolezza (disorientamento,
paura, terrore, dolore)… “pedagogia traumatica” ci permette di comprendere che esistono diversissime
psicologie che hanno una loro coerenza, sfruttando tecniche che hanno nel trauma e nel dolore fisico i due
ingredienti costanti -mnemotecniche efficaci: nulla si scorda se incastonato nel dolore-.
Successivamente i giovani vengono lasciati soli in contesti che non conoscono e devono sopravvivere (gettati
nell’abisso della propria solitudine e precarietà). Il secondo carattere è l’esperienza della paura: nel buio
della notte possono essere confrontati con voci, suoni, visioni terrificanti di maschere, attribuite alla presenza
degli spiriti (paura di misurarsi con qualcosa di indefinito). Vi è poi una paura legata alla prova nel dolore:
molte volte queste maschere feriscono, puniscono, umiliano i giovani. Quest’esperienza di dolore gratuito
vuole azzerare ciò che prima io ero, deumanizzare, come presupposto di tutte i riti di iniziazione più
importanti. Incertezza cognitiva e dolore procedono insieme—> i rituali di iniziazione devono fabbricare
membri del gruppo in grado di tollerare dolore, assumersi responsabilità, lavorare i campi…
Molte volte i riti conoscono un particolare interesse per il paradosso: per trasformare gli iniziati in uomini,
devono passare per il loro rovesciamento.
Si vuole sottoporre l’iniziando ad una serie di quesiti, che hanno uno sviluppo sul piano del caos della
coscienza.

Tra Kenya e Tanzania vi è un gruppo etnico nomade di cacciatori il cui rito iniziatico consiste nell’isolare, ad
un certo punto, i giovani nella foresta. Alla fine dell’isolamento, i giovani ormai uomini incontrano le donne
del gruppo, le quali preparano loro elaborati piatti, e ricevono in cambio ciò che gli uomini hanno imparato a
preparare nella foresta (bevanda fatta coi grassi di animali che servono alle madri nei corni) —> durante
questo momento di incontro vi sono riproduzioni metaforiche del rapporto sessuale incestuoso. Incontriamo
ancora una volta una pedagogia paradossale e rovesciata: nel momento stesso in cui si sperimenta paura,
terrore, dolore, si apprendono regole e conoscenze.
In un’altra popolazione, durante la circoncisione, per il capo del gruppo il processo viene condotto due volte.

Importante sottolineare l’esperienza di radicale dubbio cognitivo rispetto a tutto.

Octave Mannoni in un breve saggio, “Lo so, ma tuttavia”, prende come oggetto d’analisi un fenomeno noto:
il rito di iniziazione fra gli indiani del nord America, che imponeva ai giovani di essere sospesi con degli
artigli infilati nei muscoli pettorali.

Tornando ai giovani iniziandi delle foreste: le maschere che hanno percosso i giovani ad un certo punto
svelano la loro identità, e si mostrano come i loro parenti. I giovani hanno allora un’altra esperienza
traumatica: tutto ciò che fino ad allora pensavano fosse vero, scoprono non esserlo. Tale consapevolizzazione
li rende vuoti. Quest’esperienza è, sostiene Mannoni, un nucleo importante perché nell’adulto si abbia poi
l’esperienza del religioso (sapere che non solo ciò che vedo e so mi deve dare conoscenza). Agli iniziandi è
inoltre prescritto l’obbligo del segreto (di aver appreso che qualcosa non esiste e in generale di ciò che è
successo nel rito). Vincolo al segreto come peso trasformativo. Il bambino che rivelasse la non presenza degli
spiriti, spazzerebbe via un involucro su cui il gruppo si tiene.

Le società etnologiche sono spesso molto divise, gerarchizzate. Le donne erano escluse da queste pratiche; vi
erano diverse tecniche per la costruzione della donna (Camerun).

L’esperienza di Babbo Natale… malgrado il suo svuotamento semantico, gioca un ruolo tra adulti e bambini.

Sociale-biologico-psichico (Marcel Mauss).


Ruth Benedikt aveva sottolineato l’importanza di far dialogare dimensioni psicologiche e socio-culturali e
Levi Strauss, già anticipando altri autori, aveva scorto l’importanza dell’elemento psicopatologico.

Antropologia che si pone in una prospettiva come disciplina strutturalmente interdisciplinare (R. Barthes: “la
vera interdisciplinarità è quella che genera nuovi oggetti di studio, destruttura ciò che già esiste e costruisce
nuovi saperi”).

Durante il rito iniziatico non era assolutamente garantito il rientro di tutti gli iniziandi.
Esperienze estreme che aprono il capitolo delle “diverse psicologie”—> un’antropologia che non si ponesse
il problema di una fabbricazione intenzionale per costruire i membri di un gruppo , non riusciva a
comprendere la totalità. L’antropologia ha guadagnato molto nel momento in cui ha affiancato i diversi
saperi.
I gesuiti si sottoponevano ad un’iniziazione, applicando la tecnica del discernimento, e costruivano
pedagogie parallele a quelle che noi conosciamo.

- necessità di un lungo tempo di osservazione


- Storicità di queste esperienze, psicologie connesse hanno cambiato il loro statuto nel corso della storia
Il solo fatto di essere osservati, ha cambiato radicalmente il senso e il vissuto di queste esperienze,
rendendole fonti d’imbarazzo (chirurgia sociale ed epistemicidio).

In Madagascar la regina è considerata, col suo corpo, una potenza sacra. Ad un certo punto dovrà far i conti
con l’amministrazione coloniale francese e con la chiesa protestante. Questi ultimi abolirono la circoncisione
maschile che, per le popolazioni locali, aveva un forte significato anche politico. Era festa ed era occasione
per onorare la sovrana. Addirittura la corte viene trasformata in caserma e carceri dove si torturano le
persone. In Madagascar ogni 5 anni c’è la festa dei morti: i cadaveri vengono esumati, si cambia il lenzuolo
che aveva coperto i corpi e poi, sulle spalle dei familiari, si danza, si beve. Dopo l’ingiunzione di sospendere
i rituali di circoncisione maschile accade che i locali si accontenteranno di porre una bacca nella bara,
simbolo della circoncisione non prodotta. L’esperienza di possessione da parte di spiriti viene ritradotta dai
protestanti nei termini di una presenza demoniaca. Queste presenze negoziate diventano il negativo e dunque
impongono una strategia esorcistica. I pastori protestanti toccano la testa del posseduto: luogo sacro per loro
—> atto dissacrante e intollerabile, traumatico e devastante.
Queste sono le pagine dell’archivio, pagina a cui l’antropologia fa sempre più ricorso per riportare alla luce
quanto accaduto.

Levi-Strauss —> appassionato dal gusto di una scrittura sperimentale; orientato ad aprire un nuovo campo,
mosso a costruire un modello originale per pensare a problemi già descritti…
Ciascuno dei suoi capitoli compongono questa totalità.
Se abbiamo rinunciato di cercare nelle società la coerenza, dovremmo far lo stesso con gli autori con cui ci
formiamo.
Il pensiero antropologico, quando liberato dalle ombre che lo sovrastano -rispetto all’opinione che se ne ha-,
è autentico nel rischiare un dialogo che può anche mettere in discussione i nostri presupposti ed è
un’avventura che lascia emergere qualcosa di analogo tra altre forme di pensiero e un certo nostro modo di
sentire e vedere.
Alcuni antropologi ci rivelano come l’antropologia sia una conoscenza molto onesta. Abbiamo fatto della
nostra crisi e della nostra inquietudine un sapere… anche quando l’antropologo ha voluto far emergere la
crisi del pensiero occidente, il suo rischio è caduto sulle spalle di altre società.

3.10

Levi Strauss è ponte epistemologico fra epoche e discipline, ovviamente anche fra i problemi metodologici
che l’antropologia s’è posta sin da subito.
Marcel Mauss già nel ’26 aveva scritto un manuale di etnografia nel quale sottolineava le difficoltà della
ricerca etnografica; difficoltà soggettive e oggettive. Le difficoltà soggettive—> pericolo di “non credere” a
ciò che gli viene detto; consigli di Mauss: non portare sulle cose osservate alcun giudizio morale, non
stupirsi né rimanere indifferenti, controllo delle proprie emozioni al fine di non svalutare nulla, cercare di
scegliere bene i testimoni e diffidare della lingua franca del petit negre (maniera semplice e rozza con la
quale si parlava il francese da parte dei neri nelle colonie), che sarebbe ingannevole quanto il pidgin
(composizione complessa di trasformazione delle regole sintattiche e semantiche dell’inglese). Il dibattito
antropologico ci lascia ancora senza via d’uscita di fronte a questi temi. Impiegare ogni volta che è possibile
il metodo filologico, facendo scrivere la frase senza sistema concordato. Accanto al traduttore le parole
vengono scritte come tali; ogni parola manda in nota significato simbolico e in terza linea l’interprete scrive
la sua interpretazione.
Le difficoltà materiali secondo Mauss si superano facendo appello ad informatori coscienti che hanno
memoria degli eventi… informatori consapevoli!
Collezionare e catalogare gli oggetti diventa in alcuni casi ossessione tanto da parlare di “bottini di guerra”.
Non trascurare alcun dettaglio. Bisogna non solo descrivere ma procedere ad un’analisi in profondità dove si
noterà il genio e il valore sociologico dell’etnografo.

Piani di studio di una società, Mauss


1. Morfologia sociale (…)
2. Fisiologia (…)
3. Fenomeni generali (…)

Questo sforzo intenso e attivo del ricercatore ci pone due problemi: uno classico e uno moderno.
Partiamo dall’ultimo… alcuni oggetti della nostra ricerca non hanno la stessa accessibilità di altri.
L’antropologo Sayade faceva notare che ci sono oggetti etnologici più o meno potenti e resistenti.
Ci sono oggetti un po’ “porosi”: si pensa cioè che sia facile raccontare alcuni fenomeni (v. Immigrazione).
Gli oggetti potenti, invece, impongono ai ricercatori di non fare etnologia: ad esempio, fare un’etnologia
delle nostre strutture amministrative, o del sistema poliziesco, sarebbe molto complesso a differenza di
un’analisi etnologica di un popolo indigeno. Non tutti i temi antropologici si lasciano studiare allo stesso
modo: alcuni sembrano molto spalancati al nostro sguardi, altri si chiudono a riccio.
Levi Strauss, con il metodo strutturale (anni ’50), introduce un’analisi verso ciò che non si dà e non si vede.
Importanza della differenza tra ciò che il ricercatore vede e ciò che le persone e le organizzazioni sociali
iniziano a organizzare attorno a sé stesse (STRUTTURA SOCIALE).
Levi Strauss si interessa a ciò che è inconscio: ricerca che non si accontenta della realtà empirica. Cerca di
farsi psicanalista del sociale. Sentiva inoltre il bisogno di costruire un metodo personale che lo distinguesse
dalla scuola di cultura e personalità (concetti della psicanalisi ai servizi dell’antropologia), la quale pensava
alla cultura come un sistema di comportamenti che caratterizza un determinato ambiente sociale,
trasmesso da una generazione all’altra attraverso “inculturazione”. Nella prospettiva di questo indirizzo, tutti
i membri di una cultura condividono un certo numero di tratti comportamentali appresi durante l’infanzia e
l’adolescenza, il cui insieme costituisce la personalità di base, ovvero il denominatore comune degli
individui appartenenti alla stessa cultura.

Levi Strauss traduce “Teoria generale della magia” di Marcel Mauss, la cui prima edizione italiana fu
incoraggiata da De Martino (scrive la prefazione, Levi Strauss l’introduzione—> tocca la linguistica
strutturale, la psicanalisi e il tema dello statuto psichico e sociale dello sciamano).
De Martino ha fatto del fattore psicopatologico traccia euristica dell’antropologia e dell’analisi
dell’apocalisse. In quegli anni, De Martino non era isolato: insieme a tanti altri, la figura del folle e dello
sciamano si configurano come tracce importanti per comprendere le società.
Non si deve interpretare il sociale con lo psichismo individuale.
Per Levi Strauss lo psichico è il luogo in cui il mondo simbolico ritrova il suo significato. Devo comunque
guardare al contesto e all’uso che se ne fa.
Il rischio che insidia l’etnografo : diventare vittima di malinteso (impossibilità di abolire la propria
soggettività).
Attenzione a non scambiare ciò che abbiamo compresa dall’esperienza insieme all’altro con l’esperienza
effettiva dell’altro.

… nozione di mana (https://www.treccani.it/enciclopedia/mana/) non appartiene all’ordine del reale


ma a quella del pensiero. Si pensa ad un pensiero, non ad un oggetto. (Es: il Sè in psicologia non è
reale, è pensiero, se ne parla però come se fosse oggetto reale).

“Antropologia Strutturale” esordisce con riferimento agli studi che vogliono indagare la morte magica
(es: morte vudù).
“Corpo biologico” vs “corpo sociale” …
Certezza che il corpo sociale possa determinare il destino del corpo biologico: morte vudù.
Levi Strauss non esita nel dire che la verità delle teorie antropologiche non verrà messa in discussione
dalle scoperte neuro-chimiche.
De Martino e Levi Strauss procedono parallelamente nell’interrogare i poteri magici a fine anni ’40.
L’efficacia della magia implica:
- la credenza nella magia, credenza nello stregone, nel malato che si fida del potere dello stregone,
credenze dell’opinione della collettività.
- Il consenso —> LS sottolinea questa dimensione.
Pierre Bourdieau e Jeanne Favret-Saada—> nazione di campo gravitazionale.

Esempio di intervento diretto dell’antropolog* … Matilda Coxe Stevenson lavora in Messico e realizza
uno studio sulla vita religiosa dei bambini, analizzando i rituali di circoncisione dei bambini e delle
bambine. Durante il suo studio, una bambina ha una crisi nervosa in seguito al fatto che un ragazzino
le tocca le mani—> il bambino viene accusato di essere uno stregone. Lui, spaventato, dice inizialmente
di essere innocente, poi ammette di essere stregone e parte così un processo che avrebbe potuto portare
alla sua condanna a morte. La Stevenson interviene e fa fermare il processo (minacciando i capi della
comunità di far intervenire l’esercito).

Levi Strauss suggerisce che il processo perde di vista l’esperienza della persona che ha subito la
violenza. Si cerca una soddisfazione di natura cognitiva, epistemologica, che lascia sullo sfondo un
problema legato a questioni etico-giuridico.

La storia di Quesalid…
George Hunt, https://intermondi.wordpress.com/sibilla-2/san-mir/infernaccio/

Sciamanesimo nepalese come imitazione della psicopatologia.

Pensiero normale soffre di deficit di significato, mentre il pensiero patologico dispone di una pletora di
significati.

4.10

Ai fini di comprendere “A world of witchcraft”

La nozione di stregone è usata nel testo di Levi Strauss e in altri testi in modo confuso. Nel testo di
Stevenson si parla dello stregone come qualcuno che ha fatto del male ad una giovane ragazza della
sua comunità.
Si assume l’impossibilità di venire a capo dell’ambivalenza della stregoneria.
Peter Geschiere definisce la stregoneria come oggetto scivoloso, difficile da descrivere.
Ha una dimensione morale estremamente sfuggente.

Da qualche tempo la stregoneria conosce espansione nei suoi discorsi e nei suoi immaginari—> ancora
più incertezza nella sua comprensione e classificazione. Non appartiene di certo al passato.

Ricordare l’intreccio con il problema della violenza, dibattito che interpella antropologi ma anche
studiosi del diritto.

Secondo alcuni studiosi le differenze che si notano nei discorsi sulla stregoneria in Arica nera avrebbe
a che fare con la diffusione dell’islam, mentre africa centrale è centrale il cristianesimo.

Il tema dell’efficacia simbolica è trattato da Levi Strauss in un capitolo de “Lo stregone e la sua
magia”, pubblicato nel ’49.
Interroga i modi attraverso cui rituale terapeutico -non direttamente osservato, ripreso da studi di
altri- genera cura. Levi Strauss analizza la melopea Cuna (popolazione ostile e combattiva con storia
molto complessa, sullo stretto di Panama) —> viene cantata dallo sciamano quando una donna non
riesce a partorire, il feto non avanza. Lo sciamano ha di fronte una donna sofferente, organizza la sua
scena terapeutica, invoca degli spiriti guida, in particolare uno spirito responsabile della formazione
del feto.

Levi Strauss: Il canto avanza e vuole trasformare il blocco del feto in un blocco simbolico/psicologico.
Medicazione puramente psicologica, canto costituisce una manipolazione psicologica dell’organo
malato, e proprio da tale manipolazione si attende la risoluzione. Per Levi Strauss vi è dialogo tra
sciamano, che non tocca la paziente, e gli organi di quest’ultima. La melopea va immaginata come
intenzionale lavoro di circolazione ossessiva, attraversamento, che va da un lato all’altro: dal mito al
presente.
Meno conta l’enunciato e più l’enunciazione… la parola dello sciamano non viene enunciata gridando,
è caratterizzata da una monotonia, parte del lavoro il cui obiettivo è far penetrare nella mente di
questa persona (proveniente da una cultura orale) il ricordo e l’immagine del racconto.
Lo sciamano costruisce un’anatomia “mitica” (LS) —> geografia affettiva realizzata attraverso
evocazione dei panorami mitici e culturali, che forzano la donna a essere parte di un mondo.
La cura consiste nel rendere pensabile una situazione che in partenza si presenta in termini emotivi
(paura), rendendo accettabili alla mente dolori che il corpo si rifiuta di tollerare.

LS sostiene che cura sciamanistica sia corrispettiva a cura psicanalista, ma con inversione di tutti i
termini (nel caso dello sciamano il mito è sociale, nella psicanalisi è individuale: lo sciamano parla per
la sua malata, lo psicanalista fa parlare)—> critiche da parte di psicanalisti. Tuttavia, attribuire
all’enunciazione dello sciamano potere terapeutico, trova d’accordo Lacan (inconscio è linguistico).

Critiche: la donna come fa a sentire quello che dice lo sciamano in questo stato? Come può essere
partecipativa?
Il linguaggio di uno sciamano è esoterico, gap tra la manipolazione psicologica degli organi e il fatto
che alla fine qualcosa cambia: l’utero si decontrae permettendo il parto. Qualcosa manca nel
dispositivo interpretativo di LS: una critica sostiene che quest’enunciazione contiene contraddizioni.
Ipotesi: il contesto, riducendo presenza di neurotrasmettitori di stress, riduce la contrattura
patologica.

Proiezione di un film del 2009, A world of Witchcraft, fatto da un regista e un africano. Considerazione
sul fatto che negli stati dell’Africa Centrale la stregoneria è un crimine.

9.10

Antropologia critica - tentativi di lettura appropriata del presente, ex a partire da un periodico. I fatti reali
influiscono sulla propria antropologia, ovvero sulle proprie visioni del mondo. Ex anniversario del Vajont. I
saperi sul disastro contano poco o nulla: tema importante in antropologia. Occorre un’ antropologia critica
dei saperi minori (si sapeva che sarebbe successo).
Tema del presente: nuova guerra.

Questione della nominazione. La guerra delle parole è una guerra non dichiarata.
Ferruccio Rossi Landi conia termine "terrorismo linguistico" negli anni 70, per leggere violenza verbale e
linguistica da lui riscontrata nella repressione del dialetto nelle scuole elementari di Napoli. Affascinato da
linguistica e filosofia del linguaggio, interesse per come si realizza la follia.
Come si produce l'alienazione dell'informazione? La rappresentazione del mondo distorce il mondo. Parlare
di "nuova guerra" a Gaza oggi è una forma di terrorismo linguistico. È certamente orrore, ma se si
comprende tempo e modo della scena ci interroga l'aspetto particolare che nei pressi di Gaza un oggetto di
bersaglio era un rave: che cosa ha reso possibile scegliere una zona a ridosso della striscia di Gaza per fare
un evento analogo? È una zona scandita da alienazione, violenza, repressione, cancellazione, ipocrisia, e la si
sceglie per ballare, suonare, con tecnologie estremamente sofisticate. Dietro a quelle dune tra cui si balla ci
sono persone imprigionate destinate a follia, violenza, alienazione. L'alienazione è accanto a noi, è in ciò che
non viene mostrato. Quotidiana anestesia per tollerare l'insensato. Dismisura dell'insensato e della rimozione,
non sono più dinieghi della realtà e deliri, sono strutture del reale e del presente. L'antropologo è chiamato a
interrogarsi. Gli intrecci tra il linguistico e il simbolico fanno parte del nostro presente.
Antropologia di Levi Strauss doveva redimere senso di colpa intrinseco alla disciplina. Oggi l'antropologia è
chiamata a un compito ancora più faticoso: curare (lavorare per trasformare il modo in cui viene
rappresentato) la violenza che si perpetua quotidianamente e capire perché le nostre società sono capaci di
divenire macchina di violenza. Siamo assediati, una volta erano possibili altre rappresentazioni del reale,
oggi le altre rappresentazioni del reale sono criminalizzate o sono minacciate di esserlo. Come custodire gli
spazi residui di antropologia critica? Penosa sensazione di assedio del pensiero. Siamo chiamati a essere
chirurghi della parola.
Eduardo Kohn inn "come pensano le foreste" utilizza due autori: Gregory Bateson e Pierce (teoria della
semiotica con introduzione di nuovi concetti). Sforzo di andare oltre a un'antropologia simbolica e umana,
vuole pensare come uomini e animali leggono i segni. Semiosi limitata tra uomini, piante e animale per
esplorare nuove visioni del reale.
Ginzburg (storico) e Gargani (filosofo), paradigma indiziale/indiziario: per dare nome a attività di
conoscenze diverse. Ci sono degli indizi che gli esperti utilizzano per costruire il proprio quadro teorico.
Ex cacciatore sa riconoscere dalle impronte da quanto tempo è passato, se è maschio etc. Anche divinatore
che lancia conchiglie trova segni (malessere della persona, disposizione delle conchiglie etc) e le legge.
Oracoli in asia leggono linee delle mano per prevedere il futuro e dalla disposizione delle linee (segni in
apparenza dati) oracolo estrae previsioni.
—> ‘800 è il secolo dell'ossessione identificatoria. Sapere statistico, analitico, investigazione giudiziaria
(sherlock holmes personaggio di fama, basato su paradigma indiziario). Intreccio importante per capire come
noi abbiamo costruito lo sguardo sull'altro che si è tradotto sullo sguardo etnologico: attenzione ai dettagli,
ossessione identificatoria.

Recap:
- Levi Strauss:
- Stregoneria, potere dello stregone
- Efficacia simbolica
- Attenzione alle differenze tra strutture sociali (dello strutturalismo) e quello che le persone dicono sul
funzionamento delle proprie istituzioni: Levi Strauss è interessato a queste strutture implicite

Originale rielaborazione della nozione di mito: si nutre del concetto linguistico di mitema = unità minima del
mito (analogo a fonema per i linguisti), cerca elementi base ed elementari al processo di funzionamento del
mito. Il mito per essere compreso non può essere capito a partire da una sua sola versione. Il senso del mito e
il modo in cui viene vissuto nella coscienza di un gruppo va collocato in una mappa più estesa: un
censimento delle versioni del mito. Levi Strauss lo fa con i miti amerindi, esplorando versioni anche
minimamente differenti per vedere cosa non varia. Tutte le versioni di un mito sono fondamentali, non c'è
limite all'estensione dell'indagine. Ci sono delle cose che si riconoscono identiche e mascherate. Presupposto
della prospettiva: unità del pensiero. Per Levi Strauss alla base c'è un'unità del pensiero, ci sono le stesse
strutture che servono per pensare. Il mito è una macchina per pensare il rapporto con gli animali, la morte, il
cosmo etc. Il mito riesce a pensare l'impensabile, ciò che dal punto di vista logico non riusciremmo a
pensare. Il mito include anche ciò che il pensiero normale non può cogliere perché illogico, o immorale. Non
c'è più contrapposizione possibile impossibile, accoglie anche la contraddizione. Ex mito di zeus che
partorisce dalla coscia un essere umano: mette insieme le contraddizioni dell'organo e del genere. Il mito
abita il pensiero dei pazienti psicotici.
Accusa a levi strauss: non ha dato adeguata rilevanza alla storia. Mette insieme società diverse, sia quelle che
sono preoccupate dalla storicità delle cose sia a quelle che non lo sono, con tempo ciclico e apparentemente
più semplici. Distinzione semplificatoria: il problema di levi strauss non è l’assenza o presenza di presenza
storica, ma l'uso che ne viene fatto. * "Pensiero selvaggio": distingue tra società fredde e società calde: le une
annullano gli effetti della storia sulla loro continuità, le altre fanno della storia motore del proprio sviluppo.
Non è una questione se la storia sia presente o meno (tutte le società sono storiche) però alcune fanno di
questa storia la loro parola d'ordine, altre si impegnano per non darci rilevanza privilegiando esperienza con
la ciclicità, hanno diversa concezione del tempo, con scaltrezza cercano di sottolineare gli stadi del tempo
che per loro sono importanti. NON è IL RAPPORTO CON LA STORIA AD ESSERE DETERMINANTE,
MA CON IL TEMPO. La storia è una dimensione dalla quale non possiamo uscire. Modi di vedere il tempo
estremamente vari: nostro tempo frenetico; altre realtà vogliono fissare il tempo. Abbiamo un avido bisogno
di mutamento, è l'alimento quotidiano del nostro rapporto con il tempo. Molta letteratura sul tempo dell'altro
* Fabian sul rapporto del tempo della scrittura. L'indigeno descritto come pigro, ecco perché è poco
sviluppato = esseri senza fede, senza stato, senza storia, indifferenza al divenire.
Storia mitica è paradossale: è sia congiunta sia disgiunta al presente. Storia iniziale, ma si rinnova nel
presente. Questo assoluto prima cattura il nostro presente.
churinga (tjurunga) = oggetti magici dipinti, se ne è scritto molto, importanti tra gli aborigeni, soprattutto tra
gli arande. Ogni linea, ogni punto raffigura un luogo: sono mappe del pensiero mitico, hanno un valore
enorme. Rappresentano il corpo fisico di un antenato e da generazioni è attribuito alla persona che
reincarna quell'antenato. È la prova che l'antenato e il suo discendente sono una carne sola, assomiglia a
un documento d'archivio. Il carattere sacro del churinga dipende dalla sua funzione di significato
diacronico.
Sono il corpo fisico dell'antenato;
documenti di archivio;
in un sistema che classifica (ex piante per giardino, piante da frutto, piante per fare frecce etc), ogni cosa
ha la sua collocazione: il churinga funziona come elemento diacronico, rinvia a verticalità con il tempo
mitico. Sono storia pura. Riconosce che in un sistema senza storia c'è uno screzio che rinvia a una
temporalità mitica e archetipa, è un documento vivente di archivio, è pura storia. La cura per i
documenti d'archivio è perché è quasi sacro, è storia pura. Il churinga ha la potenza in più di dare la
presenza fisica dell'antenato. Per quello costava così tanta fatica essersene espropriati per metterli nei
musei.

"efficacia simbolica" articolo che si può leggere.

Anni 60 antropologia sviluppa grande ricchezza su piano epistemologico e non solo. Serve una nuova
antropologia.
CRISI EPISTEMOLOGICA: la si riconosce nella chirurgia del pensiero totemico operata da levi strauss
(totem =entità che i clan eleggono come icone e tracce di sé e nei confronti dei quali stabiliscono
identificazione tale per cui ci sono rapporti di divieti e obblighi), taglia interpretazioni e le ricompone in una
legge efficace e potente -- il totemismo serve al selvaggio per classificare. È una sorta di ricca anagrafe,
serve a catalogare i dati del reale dell'esperienza e sé stessi. Sposta attenzione sull'uso classificatorio del
totem = piccola rivoluzione.
Antropologia epistemologicamente sta diventa più attenta alla parola dell'altro a cui inizia a essere
riconosciuta autorialità. Crisi epistemologica è resa possibile da una CRISI POLITICA: è la fine del
colonialismo.
La produzione intellettuale di coloro che non avevano mai preso parola esplode. Letterati afroamericani ex
balduin, etc.
Tempo in cui si rompe il patto del silenzio: è il patto razziale, salta. L'antropologia è in prima linea sullo
sguardo sull'alterità e deve fare i conti con la rottura politica. Tutto deve prendere un nuovo passo.
visione PPP, profezia. Poesia che scrive dedicata a Sartre. 1962, anno in cui levi strauss scrive saggio su
totemismo. Nuovi concetti, posto della storia nel pensiero selvaggio. Sartre dialoga con Pasolini. Pasolini
cattura la storia di Alì di cui gli ha parlato sartre e ne fa una poesia. Profetizza migrazione dall'africa.
Profeta due volte: si dice anche cosa non è più, mettersi in piedi nel segno della violenza, "questi assassini
distruggeranno roma", sta sociologicamente anticipando la forma del conflitto contemporaneo. Rabbia,
inevitabile rottura di schemi di assoggettamento anche nella trasgressione. L'altro ha occupato lo spazio
che noi abbiamo costruito intorno a lui, ora queste figure cambiano copione in una scena che non abbiamo
immaginato.
Film realizzato a Dakar "Ce qu'il reste de la folie" ambientato in un manicomio tiaroje. Altro film su
militante delle farc che sposa una donna trans a Bogotà. Nell'ospedale psichiatrico incontra donna molto
intelligente, va in francia a studiare, ha scritto un libro "i giochi del mare", a un certo punto psichiatra
mostra dattiloscritto della ragazza in cui lei aveva profetizzato gli imbarchi. Dialogo tra psichiatra e
paziente psichiatra sul dono di profetizzare eventi.

Figure importanti in antropologia: levi strauss, pasolini, sartre.

"appunti per un'orestiade africana" progetto pasoliniano di incontro con studenti africani a roma per
immaginare orestiade africana. Pensa alla tragedia greca in africa. Dialogo non banale né pacificatorio, il
dialogo deve essere rude e doloroso per necessità.
Ashin bembe coglie l'africanizzazione del nostro mondo: nel capitalismo avanzato le condizioni di lavoro e
di vita conoscono sempre di più un'esposizione alla morte e al dolore come era nell'africa degli anni 60. Le
rappresentazioni dominanti nascondono molto, l'antropologia deve disoccultare questi aspetti. La
riduzione a discorso politico-ideologico ne appiattisce la potenza.
16.10

Antropologia da inserire in una duplice temporalità. A noi è familiare conoscere un sapere nel suo sviluppo
storico o nei temi che lo caratterizzano in modo univoco. L'antropologia invece non può essere nominata al
singolare, è necessario parlarne al plurale. Ci sono più sensibilità e prospettive.
ex Appunti per un'Orestiade africana: spirito del tempo è la decolonizzazione. Cosa significa per il sapere
antropologico?
DECOLONIZZAZIONE: inizia negli anni 50 e continua ancora oggi.

Problema fondamentale in antropologia: stregoneria, riti iniziatici.


Metodo antropologico: serve tenere temi e storia che ne modifica le caratteristiche. Ex Il presente è
attraversato da guerra; per difendere libertà di pensiero occorre accogliere totalità dei drammi, ma non
farcene schiacciare. Antropologia in tempo di rovine, non si possono ignorare le rovine. Bisogna formarsi a
essere antropologi per capire anche come governare la massa di informazioni.
"Ogni epoca ha conosciuto l'esperienza di essere sulla soglia dell'abisso" (de martino)
Balandier parla di situazione coloniale. Parla anche di nozione di crisi: per descrivere la situazione del Congo
serviva non SOCIOLOGIA, bensì SOCIOPATIA. Si trova di fronte a sintomi, crisi e mali, la disciplina
antropologica deve diventare una sociologia dei mali, una antropologia dei dolori. A essere spezzate e
confuse sono le culture. Come governare il tempo rapido e violento? Come allenarsi alla provocazione che è
la sfida del presente?

a world of witchcraf, non firmato da etnocineasta ma parla molto bene di temi antropologici. L'antropologia
può servirsi di questi documenti? A certe condizioni sì, ex se si riesce a fare emergere il problema senza
pensare di imporre le nostre categorie, fare emergere le voci dei protagonisti, far emergere le esperienze
dei protagonisti e i saperi del loro mondo.

STREGONERIA
La stregoneria è un topos dell'antropologia. Prima ancora è un topos sull'altro. L’Africa veniva considerata
barbara, selvaggia, credulona, oppressa dalle pratiche mostruose della stregoneria, i feticci, il cannibalismo.
Temi su cui sono stati scritti molti volumi. Effetti sulle generazioni successive di antropologi e sugli africani
e le loro rappresentazioni.
Le rappresentazioni e la realtà non sono cose diverse: le rappresentazioni fanno la realtà. In termini
epistemologici ne abbiamo preso distanza, la pretesa di rappresentare l'altro è abbandonata; la
rappresentazione dell'altro è già la realtà. C'è una responsabilità nel fare l'altro. Come si fa a essere ingenui
pensando che i discorsi non trasformano la psicologia dell'altro? Problema che nell'ambito della stregoneria è
diventato sempre più importante.
Fino agli anni ’30-’40 si raccontava il feticcio e la stregoneria, e i racconti circolavano fino a modificare
l'esperienza del feticcio e della stregoneria. Feticcio o altare? È importante come si usano le parole. Ma quale
delle due è più rispettosa nella rappresentazione dell'altro? Ogni parola ha impatto su chi è nominato.
Mostruoso del potere di definire: chi ha il potere di definire le cose ha il potere più grande. Le
rappresentazioni hanno finito con il confluire nei fenomeni che volevano definire. Non si sa più qual era
l'immagine originale.
Ex. Io ti battezzo, diventi cristiano, rinunci alle mogli, abbandoni la stregoneria: cambia l'esperienza della
stregoneria; l'antropologo deve sapere che è un territorio già trasformato in termini semantici e di
vocabolario dai discorsi che lo hanno preceduto. Il progetto missionario aveva voluto abolire il legame con
gli antenati, era un'autorità che non si poteva tollerare. Discorso complesso sulla stregoneria: noi l'abbiamo
conosciuta. Abbiamo usato questo termine con connotazioni che non nominano la loro esperienza.
"Stregoneria" nostra non è la loro "mangu", "etc etc, i termini locali. Se parlo di stregoneria sto già facendo
violenza. Per noi l'esperienza della stregoneria è legata alle streghe, il sapere antagonista, l'antifemminile, il
contrapporsi al sapere della scienza. Applicata al centro africa, o al latino america, è una violenza.

Come parlare di stregoneria? Ormai se ne parla nei termini di "stregoneria", "witchcraft", "brujeria",
"feticeiro", etc. Il nostro vocabolario si è imposto. Cosa si è assunto e cosa si è perso in questa avventura?
Labirinto pluridimensionale.
Recente dibattito: divisione tra antropologi, chi dice che se ne parla perché è un sapere che ci interessa ma
che ormai è un discorso degli antropologi e non delle persone che si incontrano. Jean Bensa dice che è una
teologia della stregoneria. Dall'altro lato si considera arroganza dire che è un tema che non serve più, perché
emerge in continuazione. Tutto dipende dalle prospettive e dalla posizione che si prende nella ricerca.
Importanza statistica della stregoneria indica posizione del ricercatore. Volontà di scrostarsi di dosso:
consapevolezza che sono discorsi che generano violenza e sofferenza (persone accusate di stregoneria
possono essere condannate ad anni di carcere, peso delle attribuzioni ex chi ha studiato fuori non vuole
essere identificato come credulone)

aneddoto in aereo verso il camerun. Alterco tra hostess e passeggera che diventa aggressiva con la hostess e
le dice "non pensare che vivendo in Francia sei al riparo, se voglio posso mangiarti". Terrore. Capitano
vuole fare tappa per fare scendere la passeggera. Beneduce si propone come medico psichiatra. È il
linguaggio dell'antropofagia stregonesca, che si sa giocando su un aereo Airfrance nel 2001.
"Il dottore ci aiuterà nella lotta contro la stregoneria". Bianchi come alleati al servizio della lotta alla
stregoneria. È la stregoneria che si occupa di noi. Peter Geschiere ha lavorato nel camerun tra i Maccà
della foresta (praticano medicina tradizionale), si occupa di economia, villaggi e centri urbani e si accorge
che la stregoneria è dappertutto. Come governare questo flusso di saperi senza reiterare semplificazioni?

Classico fondatore: PRITCHARD, STREGONERIA, ORACOLI E MAGIA TRA GLI AZANDE, 1937
Corrente dello strutturalfunzionalismo. Scrive sulla stregoneria. È britannico, è un antropologo militare
(efficiente soldato). Lavora su due popolazioni: nuer (pastori, molto legati alle mucche) e azande (tra congo e
sudan). Due esperienze importantissime, lascia monografia classica sui nuer e fine lavoro antropologico sugli
azande.
Scuole molto eterogenee nella produzione delle idee.
Codici penali attuali in Africa fanno menzione del reato di frode, uso di magia e stregoneria: la legge produce
realtà. Creazione del reale.

Che metodi adottare in antropologia quando i soggetti etnografici di cui si occupa - e che si occupano di noi-
sono “strani”, bizzarri, fuori dal comune?
Secondo Pritchard nessuno sa come procedere sul campo… l'importante è essere un gentiluomo (ma sembra
un po' insufficiente, no?). Seligman propone di tenersi lontano dalle donne. Non c'è risposta precisa, dipende
dal luogo, dalla comunità che si studia, dalle condizioni.
Importanza del punto di vista degli interlocutori nella definizione della ricerca. Pritchard parte senza
interesse per la stregoneria, però quando va lì gli Azande hanno interesse per la stregoneria. È un fenomeno
che si presenta come presenza. Tutto parla di stregoneria, tutto viene ricondotto alla sua presenza.

emico ed etico sono termini che arrivano dalla linguistica. Fonemico e fonetico. Fonema: elemento della
lingua; fonetica: leggi di funzionamento delle lingue e permettono confronto.
Emico: privilegia vocabolario locale. Ex prospettiva della cultura particolare rimanendo entro i suoi
confini.
Etico: privilegia confronto tra più prospettive. Ex tratti comuni a stregoneria degli azande e pratiche
magiche europee.

Questione della stregoneria in Pritchard. Ci sono nozioni non presenti nella nostra cultura. Riguarda il come
parlare di credenze.
Questione della credenza. Ma tu ci credi o no? L'altro sa che non ci è familiare. Come parlarne allora? È
possibile non capire. Credere a / capire di cosa si tratta. Gli interlocutori sperimentano la prova di verità. Si
mette al vaglio il valore di verità delle credenze dell'altro, l'altro deve pagare un debito di verità. Pritchard
parla di stregoneria conscia e inconscia; Turner invece non trova questa divisione. La stregoneria mette in
primo piano non solo i poteri magici ma anche il problema della responsabilità: se qualcosa accade a
qualcuno, qualcuno deve esserne responsabile. Pritchard distingue magia che si apprende e si fa come arte di
fare male (magic) e magia che può fare male per effetto psichico che emana dal corpo dello stregone
(witchcraft).
Serve una postura di estrema attenzione (basta un sorriso di svalutazione e l'equilibrio crolla): non possiamo
mostrare nemmeno per un istante incredulità. Se non si pensa che i presupposti psichici degli altri si
riferiscono a ciò che per gli altri è reale, è inevitabile attribuire a ciò che si vuole descrivere uno statuto di
realtà, fosse anche provvisorio (carità epistemologica). Governo del processo dell'esperienza da parte del
ricercatore. Gli antropologi sono sempre coscienti di quanto possono essere trasformati dalle popolazioni che
studiano? Essi diventano nativi. Vivere in un contesto in cui le cose vengono lette in un certo modo finisce
con accendere prospettive nuove: sembra che la categoria usata per leggere i fatti penetra e diventa utile per
il ricercatore. Noi siamo letti dagli altri: ex attribuzione di poteri di cui non si sapeva di essere portatori.
Vivere in condizioni di insicurezza fa sentire esposti: la capacità di agire conosce impallidimento, si può
essere agiti da. In un mondo ostile la stregoneria è un'esperienza del vivere la preoccupazione di essere agiti
da qualcos'altro. * Taussig parla di stregoneria della storia (history as sorcery) = spossessamento e minaccia
governati dalla stregoneria.
Stregoneria come enigma storico, psichico, politico, dei diritti umani. Esplode quando si avvicina al tema
della malattia. Ci sono elementi che è difficile spiegare con la medicina, la stregoneria li spiega meglio.

"Stregoneria" è una parola slippery (Geschiere), veicola molte cose, possiamo essere ritenuti creduloni,
possiamo leggerla come metafora. Una definizione sola non basta.

Perché la stregoneria è qualcosa che anche nel dibattito post coloniale ha creato dibattito?

17.10

Margaret Field, sulla condizione di sofferenza per il caos derivato da colonizzazione e decolonizzazione,
espresso nelle donne in forma di sintomatologia depressiva. '60 africano si sente minacciato.
Coniugi Ortigue, sull'Edipo delle società del Senegal (wolof e serer), sui vissuti persecutori dei pari di età.
Secondi gli autori non c'è conflittualità con figura parentale, ma distribuita in senso orizzontale. Africano
rappresentato come soggetto sul chi va là, che diffida dell'altro. Ogni evento negativo è frequentemente in
Africa attribuito a un "altro", lontano nel tempo (antenato), lontano nello spazio (spirito che si vendica), o
lontano vicino (un familiare).
Peter Geschiere in un testo comparativo, 2013 "stregoneria, intimità e fiducia nel contesto africano"
sottolinea come stregoneria si sviluppa nella prossimità, dentro al villaggio. Ripresa di un testo di Freud e
del concetto di Unheimliche (perturbante), scena descritta da freud: freud è in treno e ha un'esperienza
particolare, la porta del bagno si apre e c'è un volto di anziano che gli si palesa; probabilmente è il vicino
di un altro compartimento? In realtà è il suo riflesso, non si riconosce; ci costruisce un saggio, in cui
coniuga il concetto di perturbante, la stranezza inquietante. Un- privativo, heim=patria. Qualcosa di non
familiare: qualcosa di familiare che diventa estraneo. Geschiere suggerisce che stregoneria nasca con
caratteristiche analoghe al Unheimliche: ex il mio vicino è geloso (o mia madre etc, ) qualcosa che è
vicino, familiare, cambia di segno. C'è l'altro prossimo che minaccia. Goldamayer primo ministro
israeliano sul fatto che anche i paranoici hanno ragione: la paranoia ha un nucleo di verità.
- tema persecutorio ammesso come normale nel contesto africano
- Prossimità minacciosa utile nella ricerca sulla stregoneria in chiave sociale, non da respingere nell'ambito
della sola credenza.

Le cause:
Il sentimento persecutorio interroga storicamente la costruzione dei sentimenti e delle psicologie. Ex noi non
sentiamo così, non amiamo così, etc, siamo costruiti e prodotti dalla storia.
600-700: siamo in africa, ci sono madri con bambini, padri etc. Tratta della schiavitù introduce un colpo
d'ascia che trasforma me in oggetto. Separazione radicale tra famiglie, gente che si ritrova con la catena al
collo, 60 mln di morti circa, è uno dei traumi collettivi storici immensi, ancora non si sa la portata. Tutti
tradivano tutti. I vicini si vendevano. Ci si difendeva dai bianchi invocando antropofagia. Apocalisse
psichica, si genera sospetto.
"Parentela per scherzo": modalità che rende possibile nei confronti dell'altro una violenza verbale senza
ripercussioni, ci si restituisce le battute. Tracce di violenza reale. La memoria rischia di esplodere in qualsiasi
momento.
La tratta di schiavi e fenomeni analoghi hanno nutrito le esperienze di sospetto. Non si può comprendere la
familiarità con la paura persecutoria se non si conosce la storia. Non è solo psicopatologico, si è generato nel
corso dei secoli. La storia e la sua violenza hanno contribuito a determinare psicologie. Il sentimento
persecutorio in africa è normale, va ancorato a una dimensione storica.

Stregoneria:
- termine ingannevole. Se la uso al singolare sto semplificando; sto attribuendo all'Africa la nostra
stregoneria, quella del malleus maleficarum, dei roghi delle streghe etc. Non è facile parlare di
stregoneria. Ogni luogo ha le sue grammatiche della stregoneria. Generalizzando sicuramente perdiamo
dei pezzi importanti.
- Ogni volta che parliamo di stregoneria parliamo di un concetto intriso di connotazioni negative. Il nostro
vocabolario indica qualcosa di negativo. Enigma linguistico ed epistemologico. È difficile dire se sia
buona o cattiva. C'è un modello di funzionamento dell'animo umano che sottolinea la nostra ambivalenza
e contraddittorietà. L'ambivalenza è un nucleo fondamentale del nostro inconscio. * figura dello sciamano:
antropologi si dividono, operatori del bene, nevrotici e psicotici, c'è ambivalenza irriducibile della natura
dei loro poteri e sull'equilibrio della loro psiche.

Pritchard sulla stregoneria:


Stregoni confessavano colpa senza essere costretti, in Europa. Se la realtà della stregoneria non viene mai
messa in discussione le persone si convincono di avere quei poteri. Agli azande non si presenta la questione
della colpevolezza. Se ne parla solo nella disgrazia e sventura, si presta attenzione solo quando una persona è
causa del male, ma quando smette non è più considerato. Chiunque può essere stregone perché chiunque può
desiderare il male degli altri. Il nucleo di negatività abita chiunque. La stregoneria è la risposta a certe
situazioni, non un concetto complesso. La stregoneria è relativa ad altri, causa delle proprie sventure. È
difficile comprendere la responsabilità quando si è causa del male altrui. Lo stregone può agire senza
volontà? Secondo gli azande è impossibile che uno stregone non sappia di esserlo, non si fa
inconsapevolmente uso dei propri poteri. Si accusa meno di quanto si sospetti, e si accusa tendenzialmente
chi è debole (la vecchietta sola, il bambino etc). Gli azande credono che gli stregoni vivano una vita segreta
confrontandosi tra loro. Asseriscono colpevolezza morale degli altri, ma quando vengono accusati si
professano innocenti per l'intenzione (differenza tra atto e dolo).
Questione della consapevolezza e della volontà: hanno a che fare con la nostra psicologia, la filosofia
occidentale dell'800 parla molto di consapevolezza, fare cose senza averne coscienza (ex automatismo
involontario); le scienze psicologiche e sociologiche si muovono nel labirinto del confine tra volontà e
coscienza. Ancora oggi scandalo tra es pena e crimine, tra banalizzazione e pena eccessiva. Stessa perplessità
degli azande.
La confessione ha forme diverse. In africa si sono combinate con quelle missionarie: la confessione cristiana
è diventata privata, in africa le confessioni pubbliche hanno dimensione spettacolare ex chiese
neopentecostali. La confessione pubblica estrema è lo strumento per la salvezza, non è estorta, ma la persona
sente doverla fare per salvare la propria esistenza. Lo stregone può essere riconosciuto anche a partire da ciò
che di male va in lui. I fatti negativi come una malattia sono ferite delle battaglie precedenti, la stregoneria è
giocata in un mondo invisibile. Mondo doppio in cui accedono solo i potenti. La malattia come traccia di una
colpa, confesso che sto alzando il tiiro, per combattere contro qualcuno più forte di me. Malattia
conseguenza di aggressività mal dosata. Nessuno è al riparo dal momento della stregoneria. È un potere nei
confronti dell'altro. È un'interrogazione sulle intenzioni negative. Idea incorporata che chiunque può avere in
potere e la violenza può essere effettiva attraverso la stregoneria.

Come funziona la stregoneria?


Cura della stregoneria e iniziazione degli antistregoni.
Tendenzialmente i bianchi non sono ritenuti portatori di questo potere. Linea di colore molto netta: gli
oppressi, i colonizzati, gli schiavi, hanno tracciato un territorio al cui interno hanno ritenuto di conservare un
potere inalienabile. Non è un potere che si può acquisire e non può essere tolto. I mali derivati da questo non
possono essere curati dai bianchi, mancanza di potere del bianco. Stregoneria come rappresentazione
dell'ambivalenza dei processi psichici, di interpretare situazioni nefaste, ma anche di rappresentare un potere.
C'è una dimensione di potere in gioco.
Iniziazione dell'antistregone: fosso nel casale dove si tiene la cerimonia, rituale per benedire il cammino del
novizio. Per diventare antistregone la persona deve ricevere un trattamento (medicina nelle narici, negli
occhi), la frontiera tra corpo interno e mondo esterno viene travalicata, si rompe il confine
momentaneamente; inoltre lo stregone viene messo a testa in giù, rovesciamento della sua postura, del
mondo, la sua testa entra quasi in una tomba e quando viene estratto diventa potente, al punto da avere il
potere per combattere il male, per trattare l'antiumanità devo entrare in quel regno per un istante. Lo stregone
è un essere antisociale, può essere combattuto da qualcuno che ha vissuto quell'esperienza.

scena di un processo, stregoneria rivela molti aspetti del perturbante. Bambina accusa di stregoneria delle
persone.
18.10

Stregoneria come talento.

Edward Evan Evans-Pritchard, Stregoneria, oracoli e magia tra gli Azande.

Non portare con me in pubblico il quaderno degli appunti…etnografia come esercizio di memoria.
Stare di fronte agli altri parlando.
Parla del rapporto di fiducia o sfiducia con gli informatori (oggi interlocutori, assistenti alla ricerca),
suggerisce che l’ideale è qualcuno a cui piace stare con il ricercatore, non vedendola come perdita di tempo.
Costui è interlocutore prezioso perché mostra una prospettiva critica verso il proprio gruppo.
L’antropologo è spesso ingannato e vittima di bugie. I membri del gruppo hanno opinioni diversificate, e
possono essere più o meno informate. Anche Griaule denuncia la presenza di molteplici versioni non
coincidenti. L’inganno è parte di quello che rimane del rapporto di potere nato nel contesto coloniale
(antropologia all’epoca vissuta come sguardo invadente). Inganno e silenzio come segnali che devono essere
recepiti.
Altro passaggio importante—> “l’antropologo, per loro, puzza di colonialismo culturale”.
Suggerisce di non dichiarare di essere antropologi (quindi l’inganno lo perpetuiamo noi?)

Documento film Un oeil dans les tenebres Cyrille-Bitting


… indeterminazione del significato—> incertezza semantica—> diventa più probabile che l’interpretazione
faccia emergere l’ipotesi persecutoria di atto stregonesco di fronte ad un evento nefasto.
Quando vi è una difficoltà nel determinare la colpevolezza o meno dell’imputato, spesso i giudici fanno
ricorso a guaritori, chiedendo loro parere tecnico d’ufficio.

Witchracft ≠ Sorcery (Pritchard)


Sorcery: sapere che si apprende (es: uso delle erbe)
Witchcraft: poteri psichici che agiscono attraverso emanazione del corpo dello stregone—> sdoppiamento di
un doppio che lascia il corpo dello stregone lì dov’è, viaggia in un altro spazio -doppio del mondo- in cui le
sostanze stregonesche agiscono. Il danneggiato scopre il danno in molti modi. Quando la stregoneria attacca,
consuma e devitalizza il corpo della vittima.
Mitologia e narrazione del negativo: mondo pensato come mondo di continui contrasti, invidie, gelosie,
conflitti. Questi rapporti di lotta finiscono per avere i loro feriti. Le società africane si rappresentano come
luoghi di eterno e incessante conflitto: idea che alimenta il discorso della stregoneria, e ovviamente la paura
di quest’ultima. Il modello giuridico ha influenzato il processo locale, così come i miti europei sono diventati
ormai parte della rappresentazione del mondo in conflitto…
La stregoneria parla di un’esistenza che sembra essere costruita sulla base di un principio: il gioco a somma
0—> non ci può essere crescita mia e tua, se tu stai avendo successo, io non ne ho, quindi non voglio che tu
ne abbia. Questa prospettiva nutre una forte ostilità—> ideologia che è teoria dell’incertezza e della
competizione e “psicologia pragmatica” che non dice qualcosa di lontano da De Martino quando parla del
malocchio ecc. —> anche queste sono forme di psicologia popolare che tematizzano il conflitto
interpersonale. Ci sono psicologie che, in queste società che hanno subito violenze, si nutrono di un conflitto
perenne, che oppone tutto a tutti.
Stregoneria come forma di espressione di questo fenomeno.
Stregoneria è anche interpretazione del potere.
Geschiere: stregoneria è estremamente moderna, chiave interpretativa della realtà.
La stregoneria attraversa tutte le classi sociali.

Se il mio potere cresce è grazie alle energie vitali che sottraggo all’altro nel mondo doppio parallelo—>
logica lacerante nelle famiglie e nelle comunità—> quello che avanza lo fa a spese di qualcun altro in questa
prospettiva. Paura del successo, si tende ad occultarlo.
Stregoneria come teoria economica… teoria della disuguaglianza: stregone come colui che accumula senza
distribuire… accumulazione stregonesca non lontana dalla natura dell’accumulazione capitalista (Marx
aveva parlato di stregoneria per criticare la teoria del
plusvalore).

Racconto della differenza tra uomo semplice e uomo che sa (Uomo semplice non è stregone).

Nessuno vuole primeggiare altrimenti le ostilità iniziano a insediarsi.

Asimmetria dei rapporti di potere, vissuto di impotenza di fronte ad una sapere che si dichiarava superiore —
> la stregoneria ha funzionato come un dispositivo interpretativo e regolativo delle differenze e
disuguaglianze.
Prima del colonialismo, la stregoneria permetteva alle società di tenersi in pace, poi diventa strumento
interpretativo dell’asimmetria.
Sul piano socio-antropologico la stregoneria è una domanda sulla responsabilità morale. Ognuno può essere
stregone = ciascuno è responsabile del male che accade. Interpellazione di fronte ai fatti nefasti su un piano
di responsabilità.

Stregoneria è un tipico modello proeittivo—> proiezione in psicanalisi come meccanismo classico della
paranoia: io amo X, non posso dichiarare di amarlo, dunque io odio X, non posso ammettere di odiarlo,
dunque X odia me (Freud, meccanismo paranoico).
… stregoneria come profonda teoria psicologica.

… stregoneria come fenomeno che contribuisce al livellamento sociale.

Stregoneria come parossismo della nozione di responsabilità.

La stregoneria non è la prima cosa alla quale si pensa di fronte all’evento negativo, il punto è la circostanza
in cui l’evento è avvenuto.

Morte vudù come materializzazione della certezza del potere di uno stregone.

La stregoneria pone al centro dei suoi temi la questione della violenza sessuale, dell’incesto e della violenza
interpersonale.

23.10

Nucleo di verità radicale nel tema della stregoneria. Quale che sia il contesto, la nozione di persona a cui fa
riferimento, la stregoneria è un’esperienza. Non va pensata nei termini di teoria.
Esperienza angosciante di essere assoggettati, agiti, perseguitati. Una delle ragioni che spiega la persistenza
del modello interpretativo del negativo è che si tratta di un’esperienza …
Stregoneria comprende una verità psichica e una verità politica: DeMartino diceva che le vittime di sortilegio
si sentono “agite da”. Esperienza di essere agito da ricorrere in molti contesti anche estremamente distanti tra
loro.
Ogni volta che si prendono in considerazione temi che sembrano venire dalla vecchia antropologia, viviamo
un doppio problema coi colleghi africani, ovvero costruire un theoretical framework che sia: 1-
epistemologicamente coerente, 2- che tenga conto di come trattare il tema con termini nuovi, per cancellare il
cattivo odore del colonialismo.
Levi-Strauss, “Elogio all’antropologia”: contro il teorico, l’osservatore deve avere l’ultima parola—> grande
rilievo dato al valore dell’etnografia. Ritorno all’individuo. Conflitto delle interpretazioni. Contro la parola
dell’osservatore, quella dell’indigeno conta ancor di più. Dietro le interpretazioni razionalizzate
dell’indigeno, si cercheranno le categorie inconsce, determinanti. Progressiva filtrazione: dalla teoria
all’etnografia alla parola del nativo al cogliere le categorie inconsce.
LS suggerisce vaccino contro la pretesa di fermarsi e di far parlare i nostri modelli, ci spinge a entrare in un
percorso infinito; mentre il sociologo si accontenta della teoria generale, l’antropologo cerca la parola
dell’individuo singolo, e ancora oltre ciò che le muove e le sue categorie inconsce.

… una volta che abbiamo sminuzzato il nostro essere soggetti tra gli oggetti, dobbiamo riconoscere che ciò
che abbiamo compreso non è uguale a ciò che pensa e sente l’altro.
Le leggi dell’attività inconscia sono fuori dall’apprendimento soggettivo.
L’incontro deve, dopo aver operato l’oggettivazione che non risparmia quasi nulla delle mie categorie,
ammettere che tutto l’apprendimento dell’altra cultura non può essere immaginata identica a quella di chi mi
sta di fronte e appartiene a quella cultura. Resta una distanza, dove vi è però un terreno d’incontro su cui far
dialogare gli inconsci. Come fare di questa istanza un metodo?
Momento autentico dell’apprendimento soggettivo: si è uno di fronte all’altra facendo muovere le rispettive
categorie inconsce, si crea scambio e dialogo in cui ogni gerarchia viene eliminata, e l’altro pone domande
quanto l’etnografo.
“TEORIA GENERALE DELLA MAGIA”, INTRODUZIONE DI LEVI STRAUSS DA LEGGERE

Esistono molteplici stregonerie.

Eric De Rosny. Gesuita arrivato nel ’57 in Camerun (esercizio di discernimento, lavoro analitico nel culto
gesuita). In Camerun lavora in una grande città commerciale, insegna in un liceo dove coglie un primo segno
-riconosciuto nella scrittura di Balandier- : il grande disagio e la crisi nel giovane africano, scisso tra
riferimenti (epoca della decolonizzazione). Coglie la cultura non come realtà pietrificata, omogenea,
coerente, ma come qualcosa che si muove e cambia.
Mai pensare che ciò che si trova, vede, pensa, sia indipendente da ciò che ha trovato, visto, pensato.
Prima di parlare dell’Africa, ricorda nel suo libro un’esperienza fatta durante la guerra coloniale.
Emerge il bisogno dell’incontro e di oltrepassare la barriera che ci separa dall’Altro.
Durante una lezione, un ragazzo ha una crisi che interroga DR: soprattutto, lo stupisce Il fatto che i suoi
compagni di classe sanno come gestire la situazione, spiegando a DR che uno spirito del villaggio vuole che
il ragazzo vi faccia ritorno.
DR sviluppa una riflessione circa la generazione che sta tra tradizione e modernità. DR vede la tranquillità
con cui i compagni trattano la crisi: a partire dall’episodio avvia una sistematica esplorazione del sapere della
cura. Resterà motivo dominante del suo lavoro. Egli stesso cercherà di essere iniziato ad un guaritore.
“Les yeux de ma chèvre” —> una delle funzioni principali della cultura è l’atto di guarire. Il profilo
essenziale di una cultura funzionale sta nel progetto di guarire e curare. DR apprende il sapere della cura da
“Din”, guaritore locale. Lui è bianco missionario: Din deve “aprire” il suo sapere e deve far entrare uno dei
rappresentati per eccellenza della violenza bianca. Molti studiosi Camerunensi non hanno apprezzato
l’avventura di DR. Il conoscere di DR non è priva di una pericolosità politica.
DR vuole comprendere quel che resta del sapere medico tradizionale locale, in un momento in cui viene
profondamente attaccato. Racconta di un’epidemia di colera —> le persone si recano a farsi vaccinare—>
immagine di Din che fermo, non va a farsi vaccinare. Esclama quasi rabbioso che il suo potere e le sue
conoscenze non si piegano. Ritratto di un sapere che sta lottando e perdendo il duello con la biomedicina.

DR fa i conti anche con le questioni della stregoneria. Difficoltà di distinguere nettamente guaritore da
stregone. DR vuole dimostrare che c’è una figura di guaritore autenticamente ispirato dal progetto
terapeutico e non toccato dall’idea di nuocere con il sapere di cui dispone.
Dopo l’iniziazione, DR viene considerato un ganga: riceve persone che gli chiedono di essere curati. Viene
quindi guardato con sospetto dalla gerarchia cattolica (missionario che diventa guaritore!). periodo del
secondo concilio vaticano: la Chiese apre all’autonomia interpretava dei vescovi africani.
DR dovrà dimostrare di essere sempre e soltanto missionario gesuita, e quello che fa lo fa come pratica di
ascolto e attività pastorale. Il sapere che incarna DR non è ordinario: la chiesa africana negli anni ‘60 è più
ortodossa di quanto lo siano le tradizioni teologiche in Europa e America Latina.
DR ha l’ostinato desiderio di esplorare il sapere medico dei guaritori. Diventa esperto di piante medicinali.
Come lui un altro sacerdote: Luis Maillart Gimera.

Se una cultura non riesce più a guarire, soccombe.


Per le malattie mistiche, le pianti usate non sono conosciute da uomini e donne comuni. Sono piante molto
pericolose.
Un rimedio non è mai una sola pianta: la combinazione è il sapere guaritore.

Meinrad Hebga “Sorcellerie, une chimere dangereuse” —> prende in giro le tesi di DR.
Hegba un giorno si ammala di una piaga che lo conduce alla morte. Dunque: malattia come effetto di una
stregoneria.

Tutte le metafore della stregoneria fanno riferimento al corpo, in particolare agli occhi.
Uomini semplici sono ingenui ≠ beyem, uomini che sanno, che vedono oltre l’evidenza. Tale capacità di
vedere è l’obiettivo dell’iniziazione. Sul piano del rituale, si invera con la fine: apertura degli occhi
attraverso l’uso di un collirio - che in molti casi porta ad una gravissima congiuntivite -.
DR sostiene che l’iniziazione l’aveva cambiato, reso sensibile a riconoscere le tracce della violenza
interpersonale-> gli aveva dato le capacità di cogliere i segnali di violenza che si tentava di negare.
DR di nuovo sembra dir poco, in realtà sta dicendo che l’iniziazione non vuole far apprendere al nuovo
guaritore chissà che cosa, punta ad affinare la sua capacità di vedere nel mondo in cui gli occhi comuni non
vedono. La persona potente vede oltre ciò che vedono tutti gli altri.

Le operazioni che cercano di curare gli effetti della stregoneria sono molto eterogenee. Espressione
ricorrente ci avvicina ad un altro capitolo della stregoneria camerunese: strappare i denti o chiudere la bocca.
Se aprire gli occhi apre la visione sul mondo occulto, chiudere la bocca e strappare i denti sembra la
traduzione di un atto rivolto a neutralizzare l’aggressività orale.
Non è difficile capire perché nel discorso della stregoneria torna ricorrente il motivo dell’antropofagia.
Discorso molto ricco di malintesi. Finiva con lo scivolare dal lato del cannibalismo.
L’antropofagia della stregoneria non ha a che vedere con il consumo del corpo, ma delle energie e delle forze
(consumo dell’anima, delle forze psichiche). La rappresentazione della vittima di stregoneria, cammina come
uno zombie sottoposta all’azione di consumo da parte dello stregone: la vittima è senza forze.
La persona zombificata in Camerun è simile a quella di un uomo la cui forza lavoro è stata sfruttata fino al
consumo totale della sua vitalità.
Continuità tra immaginari locali, immaginari occidentali (elicottero mistico ecc), eventi storici (i
colonizzatori tedeschi somministravano anfetamina alle persone sottoposte al lavoro forzato, consumandole
nelle piantagioni). I discorsi si intrecciano… es: montagna maledetta dove le vittime della stregoneria erano
obbligate a lavorare per gli stregoni sempre più ricchi. Il mondo dello sfruttamento reale della colonia,
veniva trasposto in una visione dello sfruttamento mistico.
“Essere agiti da” —> categoria di potenza politica, metaforica, psichica.
Stregoneria è tutto in una sola volta: c’è la storia, lo psichico, la questione razziale, il sapere della cura…. Il
tentativo di DR di separare saperi della cura dalla stregoneria non funziona ma ci permette di capire che la
definizione da conservare è la posta in gioco di una cultura: l’atto di guarire. I guaritori hanno spesso
esercitato ruolo di critica sociale e politica. Non parlano solo di mondo della notte, di piante, ma dicono ai
propri connazionali che i bianchi devono andarsene, che non devono pagare le tasse: discorsi politici. Infatti,
molti di loro venivano condannati all’esilio.

antropofogia non è mangiare fisicamente pezzi di carne, ma consumare la forza vitale di una persona. Nella
nostra psicologia non c’è nozione di forza vitale.
Consumismo cannibale ha a che fare con la perversione post moderna di rituali africani.

disegni EVU (nozione di stregoneria locale in Camerun) fatti da bambini.


Denti; Uomo dentro altro uomo; granchio con sotto scritto “c’est un homme”; animale che ha dentro un
uomo (logica dell’inversione.. stregoneria come principio che rivela l’autentica verità umana al di là
dell’apparenza).
—> stregoneria come qualcosa dentro di sé. Teoria del desiderio inconscio e del potere distruttivo che, nelle
relazioni interpersonali, fa il quid della logica stregonesca.
La stregoneria è efficace nel comunicare la nostra strutturale ambivalenza e la necessità di conoscere le
nostre pulsioni distruttive. Discorso epistemologico, storico, religioso, politico, morale.

24.10

Focus su Mali e Camerun. Why?


Mali è luogo nel quale l’antropologia costruisce le sue prime analisi sul simbolo e esibisce la sua ossessione
accumulatrice (in particolare etnografia Dogon paradigmatica).
Camerun vive tuttora un conflitto tra parte anglofona occidentale e parte francofona centro-settentrionale. La
prima parte è in lotta per la sua indipendenza da anni. Vede fiorire etnografia fatta da missionari
cattolici/protestanti. Camerun è contesto di resistenza anticoloniale . Um Nyobe, personaggio centrale della
resistenza politica camerunese (Mbembe, filosofo camerunese ne ha parlato molto). Nyobe non elude il
ricorso ai poteri mistici… continuità tra discorso politico e risorse simboliche. Altro esempio: la guerriglia
contro il potere bianco in Zimbabwe vide i miliziani anticoloniale farsi aiutare dai medium—> il politico e il
religioso/simbolico non sono separati.
Camerun ci mette di fronte a queste espressioni paradigmatiche di altri mondi. Inoltre, è un territorio in cui la
medicina tradizionale è stato oggetto di una grande attenzione da parte di ONG ed esperti, inizialmente
repressa e poi esaltata e promossa, sino ad arrivare ad una forma contorta di “professionalizzazione della
medicina tradizionale” (progetto di riconoscimento dei saperi locali, della loro efficacia, necessità); il
problema è che riconoscendo uno statuto ai guaritori si deve fare i conti con qualcosa che imbarazza: il
guaritore inscritto nelle liste dei medici tradizionali non rinuncia alla sua lingua, ai suoi simboli, mettendo in
imbarazzo le nostre categorie. Camerun dimostra come il tentativo di integrare ad ogni costo crea spesso
nodi epistemologici inguaribili.
Nel momento in cui si forzano le categorie ad entrare nelle nostre cornici, le si rende grottesche ed orribili.
… “ansia di un sapere totale”—> guaritori afflitti da un’ansia di saper competere con il sapere biomedico…
il nganga è sempre più circondato da figure con le quali deve saper dimostrare di essere all’altezza della
sfida. Figura del guaritore corrosa da profondi dubbi: sul proprio sapere e sulla possibilità di trasmetterlo—>
problema della trasmissione dei saperi locali è problema centrale e diffuso. Il sapere medico locale vive stato
di crescente incertezza. Colpo finale in questo scenario è dato da un’altra fonte di sapere medico !
i governi stessi africani hanno amplificato l’incertezza —> negli anni della colonia questi saperi erano
umiliati e ridicolizzati; durante le lotte coloniali i saperi sono stati incarnazioni identitarie, “naturalmente
anticoloniali”—> con l’indipendenza, la tradizione e i poteri locali costituivano sorgente di pericolo; i
governi socialisti postcoloniali hanno cercato di reprimere questi sapere perché venivano considerati
pericolosi. I governi africano hanno represso questi sapere e queste pratiche. Quando l’OMS cerca di riaprire
i dialoghi, ormai la popolazione vive contrastanti momenti di esclusione e riconoscimento. Sapere medico
tradizionale ha attraversato quantità incredibile di configurazioni contraddittorie.

… Chiese neopentecostali hanno forte potere nelle ex colonie. Ci sono stati episodi di corruzione politica da
parte di queste istituzioni. I pastori si presentano come i veri bastioni contro la barbarie, l’oscurantismo del
passato; i loro si qualificano come discorsi della modernità, che in Africa entra con l’evangelizzazione
(promettono libertà). La conversione provoca immensa complessità —> le persone diventano “sovrane di
loro stesse e dei loro desideri”. Il pastore è l’eroe di questa traiettoria di questa asserzione di Sè, di
affermazione del nuovo uomo. Le chiese vogliono rompere i vincoli col passato. Si fanno promotrici anche
di spazi di cura—> successo, libertà, cura. Progetto rivolto ad occupare gli spazi. I pastori chiedono
contributi economici.
Riconosciamo l’impatto e il ruolo di queste chiese per esempio nelle esperienze migratorie. Nell’economia
del negativo questi luoghi promettono vie d’uscita. Il lavoro delle chiese si riassume nelle sedute di
liberazione. Le chiese rappresentano l’ultimo nemico dei saperi locali.

La stregoneria, proprio perché le chiese neopentecostali ne negano il potere (non l’esistenza), è totalmente
centrale nella vita relazionale di queste società. Spesso l’ingresso in questi spazi nasce proprio dall’angoscia
stregonesca.
lavori di Geschiere sull’intersezione di stregoneria-massoneria-omosessualità…
Anusocrazia—> per parlare dei rapporti tra potere e omosessualità

L’ansia sociale cresce nei periodi pre elettorale, questo perché i candidati si rivolgono al potere stregonesco
(commercio di organi e resti umani, violenze più frequenti).

Alcune scuole coraniche in Africa sono luoghi dove avvengono forti violenze. Tema molto complesso da
trattare.

Jeanne Favrette-Saadan, antropologa di origine magrebine che ha lavorato molto in Algeria, scrivendo molto
sulle lotte contadine… la figlia si occupa del rapporto tra colonia, coppie miste, adozioni…
FS si stabilisce in Francia, negli anni ’70, vuole studiare la stregoneria in Francia. Incontra la stregoneria
laddove noi pensiamo che ce ne sia disfatti. Lavora nelle campagne francesi, scrive “Les mots, la mort, les
choses” —> molto importante a livello metodologico!!
Come si studia la stregoneria? Primo problema è l’atteggiamento nei confronti di questo tema. Timore che lo
sguardo replichi critiche, indifferenza, banalizzazione che ha sempre connotato questi temi. Paura che
l’attacco (dello studio etnografico) sia rivolto al collettivo.
Che cosa accade in chi si occupa di questi temi?
Evans-pitchard aveva già detto che l’antropologo ne è trasformato, e alla fine non sa più che ruolo dare a
determinate sensazioni.

“Being affected” —> articolo in cui FS parla della condizione di essere influenzato da quel campo di forza.
Scivolamento del ricercatore nel ruolo della persona coinvolta, manifestante le proprie preoccupazioni, che
iniziano a prendere aspetto diverso…

FS dialoga sistematicamente con i saperi psicologici.


Scrive insieme ad uno psicanalista “corps pour corps”.
FS si concentra sull’atto che libera gli effetti della stregoneria e permette alla persona di ritrovare la sua
libertà in “Désorceler”. Si concentra sui tarocchi per far capire la psicologia della stregoneria. La credenza
opera lasciando margine a che ciascuno possa mettere il suo sentire all’interno. I tarocchi in questo sono
territorio in cui esperto e cliente proiettano. L’immaginario corre e dialoga con l’esperto. FS riconosce
statuto epistemologico sottile, esplora lo spazio in termini scientifici per capire in che misura agisce e
funziona.
L’indovina sollecita il cliente a dare informazioni, propone senza definire troppo un quadro di riferimento in
cui egli possa riconoscersi (simile alla tavola divinatoria).
Capacità di estrarre i segni evidenti che parlano a quella persona particolare.
FS sottolinea l’importanza dell’enunciazione quanto l’enunciato: voce, ritmi, sono decisivi per la creazione
degli effetti desiderati. Tutto il lavoro che fa il “desorceleur” è cercare di estrarre dal corpo privato di energie
la sua aggressività, la sua voglia di reagire, la sua violenza. Ciò che lui occulta sotto la maschera della
vittima, il guaritore la fa emergere senza che il cliente ne sia consapevole, senza esplicitarla (se esplicitasse
tutto il dispositivo crollerebbe).
Lo psicoterapeuta occidentale, similarmente, deve saper muovere ciò che il paziente ha con cura nascosto.
L’atto finale delle cure tradizionali si chiama “blindage”, termine militare. Sarebbe una sorta di
riappropriazione della logica vaccinale: si crea vaccino contro il male.
In alcuni casi questo atto si concretizza con ferite sul corpo, in altri tatuaggi di animali.

“Coattivazione di mondi” —> lo sciamano coattiva mondi diversi nello stesso momento.

Gregory Bateson, ha lavorato anche con Margaret Mead, antropologo britannico che concepisce nuovi
strumenti e concetti d’indagine.
A fine anni ’30 Bateson porta la fotografia nella ricerca etnografica, fotografia che ritrae un processo.
Ossessionato dal tema dell’interazione attraverso lo strumento fotografico. In quegli anni l’antropologia
dialoga con la psicologia e, poter offrire materiale empirico allo studio delle emozioni e relazioni umane, è di
enorme importanza.
Bateson si appassiona in particolare al rituale Naven (scrive “Naven”).
25.10

Presenza di un antropologo giapponese xxx che si occupa dell’emigrazione in Europa da stati dell’Africa
subsahariana, in particolare dall’Etiopia.
Migrazione come prisma epistemologicamente decisivo per l’antropologia d’oggi.

30.10

… Bateson—> personaggio atipico per la sua scrittura, per l’epoca estremamente moderna. Ampio uso di
fotografia e sequenza di fotogrammi. Familiare con la biologia, nasce in famiglia di illustri biologi.
GB è attento alle relazioni sociali. GB dialoga sistematicamente con pensiero psichiatrico e psicologico.
Introduce non solo i modelli della biologia ma anche della cibernetica nell’antropologia. Eterogeneità di
temi. Interdisciplinarietà che negli USA orientava tanto le scienze sociali quanto quelle psicologiche.
Alfred Korzibinsky, fonda istituto di General Semantics a Lakeville. Su questo edificio campeggia la
scrittura non “Aristotelico, non Euruclideo, non Newtoniano”. Attribuisce al ruolo della lingua e della
comunicazione nella parola importanza decisiva nell’emergere dei disturbi. Scuola che influenza il nascente
modello della terapia familiare (“la mappa non è il territorio” : la rappresentazione del reale non è il reale,
frase che ipnotizza psichiatri e psicologici avvezzi alle teorie matematiche di Russell, intrisi di positivismo).
Peirce, il quale fu originario fautore della frase, e Bateson hanno poi conosciuto inatteso successo
recuperando nelle loro intuizioni la saggezza di chi cominciava a formulare implicitamente una nuova teoria
della cultura.

“Verso un’ecologia della mente” (si sviluppa in forma dialogica -dialoghi con la figlia-, in cui articola
riflessioni molto articolate sulla cultura, mito, ecc), “Mente e natura” (più maturo, complesso).

Primo Bateson: Papua Nuova Guinea, uso fotogrammi, focus sulle interazioni (“Naven”, 1936, forgia un
concetto che servirà alla psichiatria : schismogenesi e complementarietà).

Secondo Bateson: California, studio dell’etologia e cibernetica, concepisce nuova epistemologia


dell’apprendimento. Parla di “deutero apprendimento”: apprendere ad apprendere. GB non si risparmia
dall’uso della teoria logico-filosofica del tempo.
Disturbo della comunicazione < causato dal confondere i diversi livelli logici.

Ricchezza di GB: sistematica interdisciplinarietà che, con competenza, delinea un’antropologia a tutto
campo.

Passaggio scritto nel ’77 (di “mente e natura”) in cui conia il concetto di “struttura che connette”. Invito a
pensare nei termini di una struttura che connette. L’antropologia di GB è estremamente moderna e profetica.
Teoria della specie e teorie della comunicazione lo avvicinano all’osservazione della comunicazione
disturbata quale quella che si osserva in contesto psichiatrico.
Bateson è il vate della terapia sistemica-familiare (: la schizofrenia non è conseguenza di disturbo organico,
ma prodotto di grave disturbo comunicativo), che offre loro sul piatto i modelli di comunicazione e la
nozione di “doppio legame”.
Il doppio legame è situazione che vede interagire due persone legate da rapporto di potere asimmetrico (es
adulto e bambino), all’interno di questa coppia chi è in posizione dominante rende impossibile al subordinato
di commentare o criticare la situazione (dipendere da e non poter mai criticare la situazione). In questa
situazione è possibile, se si protrae, che il bambino possa sviluppare un profondo disturbo del pensiero, della
comunicazione e del linguaggio.
A quel tempo la schizofrenia era molto frequente negli USA. Lo schizofrenico è il folle per eccellenza, è
incomprensibile. Questo deriva forse da disturbo della comunicazione descritto dal “doppio legame” che
nella famiglia in età importanti si può vivere.
A volte banalizzazione di questo approccio che sfocia nella colpevolizzazione dei genitori.
In questo modello vi è dunque il concetto di GB: complementarietà e simmetria. Spesso nelle famiglie con
psichiatrici spesso si creano rotture, dove la comunicazione diventa teatro di guerra (—> schismogenesi:
scissione della precedente unità).
(Selvini Palazzoli riprende questi modelli interpretativi in Italia)

GB conia un’epistemologia interdisciplinare che impone di pensare nei termini di connessione.


A differenza della materia inerte, la materia vivente crea senso a partire dalla produzione di differenze. Ogni
differenza crea informazione (principio tratto dalla cibernetica), non c’è informazione senza differenza.

Carlo Severi e Micheal Hausman scrivono la Prefazione di Naven—> focus sul ruolo e sulla densità del
pensiero di GB.

… sullo sfondo di queste grandi riflessioni due movimenti: dialogo tra antropologia e psicanalisi, che da
origine alla scuola “Cultura e personalità” (all’interno di una determinata società i modelli culturali plasmano
la personalità) e del relativismo linguistico-culturale —> le lingue, le semantiche ma anche le strutture
sintattiche orientano il nostro essere nel mondo, nello spazio, dunque fanno la nostra esperienza. La lingua
determina comportamenti. Dentro ogni lingua c’è un mondo diverso: la lingua fabbrica rapporto unico tra i
parlanti e il loro mondo, fino a rendere intraducibile una lingua in un’altra.
Sapir-Whorf
Anni in cui discipline PSI dialogano tantissimo con scienze sociali…
Non commensurabilità ed equipollenza di valori morali. Se tutte le esperienze hanno pari dignità tutte
le leggi hanno valore. Esplosione del dibattito sulla legittimità di pratiche quali infibulazione: anni ’70,
una serie di movimenti, impone all’OMS di toccare temi che fino prima non si riteneva di pertinenza
sanitaria.

Un altro etnologo si occupa di schizofrenia: Georges Devereux.


Maestro del dialogo con le lingue, ma soprattutto con la psicanalisi e scienze fisiche.
GD nasce in una regione che all’epoca faceva parte dell’Ungheria ma che poi diventa appendice della
Romania. Il suo nome era un altro, Georgeu Lugo, cambia quando viene nazionalizzata rumeno…
Nasce da famiglia ebraica in tempo in cui antisemitismo va crescendo, motivo per cui cambia il cognome in
Devereux per alcuni, per altri il motivo sta nel fatto che assiste da giovane al suicidio del fratello, prendendo
il cognome di una persona a cui era successa la stessa cosa in un romanzo.
Si trasferisce in Francia dove si laurea in lingue orientali e dove cresce lezioni di Marie Curie.
Si reca in Vietnam, dove fra gli Hmong, popolazione montanara, lavora intorno al problema del
sciamanesimo. In questo contesto, GD ci offre profilo dello sciamanesimo a cui siamo poco abituati. Per GD
lo sciamano Hmong è un nevrotico, psicotico. Questo è singolare per un antropologo.
Racconta di aver una volta assistito alla scena di un paziente di uno sciamano, il quale gli aveva prescritto di
star fuori alla pioggia di notte al paziente febbricitante, GD non rispetta il volere dello sciamano, si finge
sciamano somministrando aspirina.
Intraprende una psicanalisi in Francia. Ad un certo punto gli viene offerto lavoro al Topica Institute, USA,
che lavora con le riserve indiane occupandosi dei conflitti e dei disagi nelle minoranze. In GD scoppia un
amore in questa popolazione che, a differenze degli Hmong, occuperanno gran parte della sua letteratura.
Dialogo naturale tra antropologi e psichiatri.
GD viene chiamato dai medici per comprendere un individuo complesso perché parla la sua lingua —> nasce
“psicoterapia di un indiano delle pianure”, si costruisce un rapporto che da consulenza diventa cura. GD ha
con la psicanalisi rapporto controverso: quando lascia la Francia chiede al suo psicanalista una lettera per
diventare un didatta degli psicanalisti negli USA. Scoprirà a posteriori che la lettera dello psicanalista è un
po’ velenosa, GD non sarà mai didatta quindi della scuola psicanalista statunitense, motivo per cui non gli
sarà mai data del tutto legittimità di parlare di “psicoterapia”.

La schizofrenia è qualcosa d’altro per merito sia di Bateson che di GD.


La fenomenologia tedesca ci aveva permesso di iniziare a dire che la psicosi è comprensibile anche quando
sembra non esserlo—> avanza Bateson —> successivamente schizofrenia viene diagnosticata alle persone
nere in USA in prevalenza —> GD chiama la schizofrenia “la psicosi senza lacrime”, condizione in cui è
rotto il rapporto tra parlante e senso ordinario, il pensiero astratto sembra occupare quasi totalità della sua
esistenza, senza emozioni. GD fra articolazione tra sintomatologia della malattia e modello sociale
privilegiato e favorito in quegli anni. Il Self made man è il modello ideale nella società americana dell’epoca.
La schizofrenia per GD è espressione esasperata del modello sociale dominante somministrato ai bambini
americani.
Con GD la schizofrenia viene gettata sul palco della scena sociale. La schizofrenia ha alto indice di
cronicizzazione. GD dice : se ci troviamo di fronte a malattia che non si cura è perché sta mettendo in luce
un nodo della nostra società, i cui membri nell’ammalarsi non fanno che realizzare i principi ispiratori di
quella stessa società. Es il problema delle dipendenze da sostanze si crea in società che non fanno che
martellare con il principio dell’autonomia i bambini; ludopatia come idea di diventare ricchi senza fatica:
riflesso deformante dell’ideale capitalistico (capitalismo millenarista).

“Saggi di etnopsichiatria generale” —> tocca tantissimi temi, rovesciando molti modelli dominanti all’epoca.
Da un lato ci aiuta a guardare diversamente ciò che i nostri modelli ci fanno perdere di vista. GD dice prima
del complesso di Edipo c’è il complesso di Laio e Giocasta—> bisogna riconoscere il sentimento aggressivo
che alimenterà il complesso di Edipo.

“Dall’angoscia al metodo nelle scienze del comportamento” —> l’idea di non dimenticare nozione di
controtransfert (tutto ciò che accade nella relazione analitica è perché l’analizzando sviluppa nei confronti
dell’analista una relazione affettiva -transfert- che permette lo sgranarsi della terapia; transfert e
controtransfert sono coevi e si muovono insieme). GD prende questi due concetti e li porta nell’ambito della
ricerca antropologica: transfert e controtransfert culturali che influenzano il mio modo di vedere l’Altro. Nel
controtransfert culturale c’è molto rischio…
Etnografia può cadere in questi drammi. Fantasie e proiezioni operano anche se non lo so. GD pone
l’attenzione sull’importanza di averne consapevolezza.

GD è stato dimenticato, sebbene su piano epistemologico un antropologo sottilissimo.


Un principio importante è quello che ricava dalle lezioni di Marie Cure. In quegli anni l’Europa fa i conti con
il principio di indeterminazione di Eisenberg. GD la percepisce come elemento dell’analisi sociologica: ha
l’intuizione di portare questo principio nel rapporto con l’Altro culturale. Posso io cogliere l’inconscio
mentre descrivo dimensioni simbolico culturali? No. Una deve far far seguito all’altra non posso
contemporaneamente cogliere la dimensione PSI e ANTRO. La scuola Fann-Dakar dirà la stessa cosa:
interpretare delirio come fenomeno di natura culturale non ci permette di comprendere il valore psicologico
che ha per l’individuare. Le due dimensioni devono divenire complementare ma non vanno concepite come
sovrapposte e coeve. In una relazione con l’Altro non posso fare terapeuta e antropologo allo stesso
tempo. Indagini con tempi autonomi. CONCETTO DI COMPLEMENTARISMO: SUCCEDERSI DI
DIMENSIONE PSICOLOGICA E ANTROPOLOGICA.

31.10

GD ha ragionato molto anche sulla nozione di identità. Tra i temi più controversi dell’antropologia
contemporanea. L’antropologia che nasce come scienza della cultura, è stata anche la disciplina che con
particolare intensità ha sottolineato i rischi di una troppa enfasi sul concetto di identità, che aveva conosciuto
conseguenze disastrose. Ci si riferisce in particolare alla nozione di identità etnica. “Etnia” e “identità etnica”
si sviluppano in epoca coloniale-> gli amministratori hanno bisogno di nominare, classificare, gerarchizzare.
Il loro sistema classificatorio irrigidisce e rende pietrificati insiemi che avevano conosciuto maggiore
fluidità. L’autopercezione di questi gruppi, a partire dalla presenza dell’Altro colonizzatore, prende
dimensione e caratteristiche uniche: si irrigidisce, partecipa a questa eterogerarchizzazione.
Distinzione tra “autonomi” e “eteronimi”, o “etnonomo”. I primi vengono autoattribuiti, i secondi hanno
spesso carattere di giudizio negativo, svalutatitvo. Spesso gli eteronomi sono appellativi ridicolizzanti.
Accade che il colonizzatore assumendo questi termini contribuisce a renderli sempre più rigidi in virtù della
burocrazia.
L’identità etnica, senza nascere con l’amministrazione coloniale, finisce per assumere il massimo grado di
negatività. Tutto ciò che regolava le differenze, le possibilità di legame o meno, per il fatto di essere sancito
nella burocrazia da uno sguardo che veniva da lontano, era sempre più pesante. Rigide distinzioni che
continuano ad essere operanti.
Identità etnica finisce con l’essere sempre più perversa perché, in virtù di quelle gerarchizzazioni, si sono
create alleanze specifiche —> si intreccia anche il piano della conversione che ha provocato binari etnici.
La nozione non è stato solo questa: messi da parte i grandi equivoci, non è mera categoria linguistica.
Nascere dentro un gruppo e una lingua, non è da poco. La nostra esperienza resta legata a queste istanze.
Dando un privilegio alla nozione di individuo e individualismo facciamo fatica a capire l’importanza di
essere “noi”, una collettività. In molti casi invece è un dato esistenziale. L’identità etnica è anche dentro
l’esperienza giocando ruoli e significati diversi.
Freud ammetteva che ci fosse in qualche momento qualcosa di irrazionale che lo faceva sentire identificato
all’idenitià ebraica—> certe appartenenze conservano risonanza, che è sensibile a certi contesti.
Identità etnica come non statica, ma processuale, circostanziale. L’identità etnica ha finito con l’essere
l’unica modalità con cui affermare precise rivendicazioni (Costa d’Avorio…”identità strategica”).
“Invenzione delle tradizioni”, nozione coniata da storici, per sottolineare come queste appartenenze inventate
hanno giocato ruoli politici. Si tratta di riconoscerle in processi storici particolari. Identità e appartenenze
fanno parte di “tradizioni inventate” a cui è necessario applicare approccio conoscitivo critico. Anche gli stati
nazione fanno dell’identità nazionale un capitolo fondamentale del loro funzionamento.
La nozione di identità può essere recuperata da altri punti di vista: anche a livello individuale, gioca talvolta
ruolo decisivo (Ellen Corin: nel momento di crisi dell’individuo, talvolta si abbarbicano ancora a quel che
resta in loro delle precedenti tradizioni e appartenenze, cosa che in alcuni casi può essere una soluzione alla
crisi). Jean Loup Amselle, etnologo, studiò molto in Africa occidentale, lavorando molto sui processi storici
dell’identità, cultura, etnia. JLA ha contribuito con Bazin all’ammodernamento del dibattito con “Au Coeur
de l’etnie”, tradotto in italiano con “L’invenzione dell’etnia”, andando a distorcere il focus centrale dello
studio.
Le popolazioni etnicizzate vivevano dentro schemi, vantaggi e ossessione della nozione etnica senza riuscire
a liberarsene.
In Africa, il confine etnico ha conosciuto vari sviluppi. Repubblica democratica del Congo—> indipendenza
—> moti di secessione di regioni e gruppi etnici; il dittatore ad un certo punto, per esigenza di mano d’opera,
dà in concessione terre a popolazioni estere (Rwanda), le quali si espandono e finiscono col diventare per gli
autoctoni uno spettro—> nuova identità etnica che finisce con il partecipare a atti atroci degli anni ’90
(guerra civile in Congo e genocidio in Rwanda).
… proliferazione attiva di gruppi che hanno voluto rivendicare un’identità all’interno di nuovi conflitti
(Costa d’Avorio—> avorialità).
Mali—> i gruppi nomadi in rapporto a esigenze di terreni hanno riattivato conflitti—> riemergere di vecchie
società e gruppi che hanno finito con l’occupare immenso spazio nell’immaginario sociale, diventando
coloro che rivendicavano diritto di difendere la nazione.

—> La nozione di identità non ammette facili definizioni, va colta in conflitti sociali/collettivi ma anche
individuali/psichici.
L’identità può esercitare in alcune circostanze la funzione di un’azione tattica in vista di obiettivi particolari.
Ha produrre queste identità sono spesso gruppi minoritari che così facendo riescono ad asserire diritti ecc.

… Volontà di creare incessantemente nuove identità—> fenomeno centrale nel percorso di molti profeti e
movimenti identitari che hanno voluto produrre nuove scritture. Amselle si è occupato di una nuova scrittura
nata nel Mali, importante tratto di una rivendicata identità storico-culturale dove mito, storia, lingua,
confluiscono… l’affermazione di appartenenza si trasforma in leva per asserire diritti che ha bisogno di miti,
strumenti culturali.
Chi non ha bisogno di identità è chi ha già un enorme potere, chi ha un capitale culturale, simbolico ed
economico, consistente. Chi non ha nulla, dell’identità ne ha bisogno.

Differenza tra identità etnica e culturale..

AGIRE E NON SOLAMENTE REAGIRE.

“L’Algerie se dévoile”, articolo di Fanon —> mette in luce la capacità delle donne algerine, una volta capito
il significato che il velo ha agli occhi francesi, di giocare sopra quel valore simbolico.
Nei primi mesi della reazione algerina, nel ’54, le donne saranno sempre più coinvolte dal FLN in operazioni
di attacco e giocheranno ruolo importando potendo avvantaggiarsi del fatto che nessuno osa toccare la donna
con il velo. Ad un certo punto i francesi comprendono ruolo delle donne. Le algerine iniziano a farsi
occidentali per recuperare l’invisibilità che prima assicurava loro il velo. Le donne , in questa nuova
modalità di essere al mondo, sentono qualcosa di diverso: le loro gambe hanno più spazio nelle minigonne e
si giovano di un’esperienza che prima non avevano. Non sono soggetti passivi, si stanno appropriando di
qualcosa…
Fanon fa: uso intenzionale del simbolo, uso strategico del simbolo e adesione, non più gruppo ma
appropriazione individuale di un altro corpo e alle possibilità che ci offre.

13.11

Riepilogo su Bateson e Devereux, sulla loro specificità metodologica e la loro complessità epistemologica,
oltre alla loro lungimiranza.
Bateson aveva intuito una nuova minaccia: l’estinzione di molte speci viventi.
Antropologia non è solo scienza che racconta e interpreta, ma in certe condizioni può trasformare la visione
dei problemi: non ci si accontenta a descrivere, si può contribuire a cambiare.
Efficacia simbolica non è solo capacità di curare il male, ma di cambiare le rappresentazioni del mondo (Levi
Strauss).
Devereux ci suggerisce verità: violenza delle minoranza come effetto della creatività repressa..
Bateson e Devereux hanno messo a servizio dell’analisi delle società occidentali gli strumenti della
antropologia (anthropology at home) per analizzare i problemi della devianza nelle società moderne.

Antropologia come crogiuolo che mette al quadrato tutte le contraddizioni di scienze sociali e umane.
Levi Strauss: l’antropologia, di fronte a scarti di umanità, cosa può dire, ha senso? (’55, “tristi tropici”).
Antropologia che inizia a mettersi in discussione.
Gli anni ’50 e ’60 vedono antropologia obbligata a interrogarsi criticamente perché il mondo coloniale sta
mostrando la sua crisi, rivela la tragedia del discorso di civilizzazione che l’antropologia aveva osservato e
all’ombra del quale aveva realizzato le sue ricerche. Questa colonia , promessa di civilizzazione, sta
esplodendo.
Si introduce qui la figura di Frantz Fanon che, per l’antropologia e gli studi post-coloniali, è autore
rivoluzionario: ha cambiato il corso del pensiero.

Fanon è personaggio complesso: incarna le contraddizioni e la violenza dei suoi anni. Nasce nel 1925 in
un’isola della Martinica. Ha un grande maestro: Aimé Césaire che, con la poesia, pensa i fatti storici e
sociali, descrivendo da poeta la condizione umana nera (da leggere: Cahier d’un retour au pays natal).
Fanon, giovanissimo (18enne), è così carico della lezione di Césaire, si imbarca per l’Europa e si arruola
volontario per la Francia occupata dai nazisti. Rischia la vita, scriverà ai genitori “non ne valeva la pena, qui
ho trovato lo stesso razzismo di sempre”—> lezione di disillusione.
Torna a casa, compie i suoi studi in medicina, decide di andare in Francia per specializzarsi in psichiatria a
Lione, con una tesi (pelle nera, maschere bianche) che i professori respingono. Fanon ne scrive un’altra,
altrettanto complessa, tutta medica in apparenza, sebbene metta al suo interno la possibilità di associare
psicologia, psicanalisi, pensiero neurologico… dice: anche quando abbiamo di fronte una malattia organica,
non viene mai persa l’importanza della dimensione psicologica, del contesto socioculturale.

Pelle nera, maschere bianche (’52), la sua prima pubblicazione a renderlo celebre: mette a ferro e fuoco le
tesi psichiatriche dell’epoca e fa continuo riferimento ad altri ambiti disciplinari.

Frantz Fanon muore a 36 anni per una leucemia non curata, preferendo occuparsi della questione algerina.
Vita brevissima che tuttavia vede Fanon scrivere 3 libri, molti articoli (alcuni anonimi x ragioni di sicurezza),
con capacità unica di lasciare traccia.

In pelle nera, maschere bianche:


Progetto di curare l’alienazione nera e bianca. Fanon ha fatto sua la lezione sulla possibilità di parlare
dell’alienato e del contesto di chi l’ha reso tale (Mannoni, Balandier). Fanon non celebra la condizione della
vittima, si scaglia contro gli “imbecilli”, coloro che pretendono di parlare dell’Altro teorizzando categorie.
Fanon deostruisce teoria dopo teoria. Afferma che l’oggettività si rovescia sempre contro i colonizzati,
apprestandosi a decostruire—> padre del decostruzionismo, come l’ha definito Sayd..
Vuole capire come si è prodotta l’immagine del nero—> prende in mano i testi letterari accompagnandoli
alle teorie “scientifiche”.
—> modernità di Fanon. Analisi del rapporto con la lingua, sede del primo passo dell’alienazione. Proprio
perché il linguaggio è ciò che ci caratterizza, l’alienazione è alienazione linguistica, nel modo in cui io non
posso fare a meno di parlare la lingua di chi mi domina. Alienazione come godimento di sentire in sé
metamorfosi nella direzione del potere e esibirla.
Fanon scrive per fotogrammi: ogni immagine dà un concetto. Fa capire la lacerazione nelle relazioni dei
gruppi sociali.
Procede con la descrizione di un’alienazione interazziale che concerne i legami personali tra uomini bianchi
e donne nere e uomini neri e donne bianche. Fanon ha moglie bianca di origine ebraica… nello scrivere su
questo tema prende spunto da un’autrice martinicana, Mayotte Capécia, che scrive “Je suis martiniquaise”.
Fanon sembra un po’ catturato nello stereotipo che vede concepire le relazioni interrazziali alienate…
… passaggio omofobo… sul problema della virilità e dell’omosessualità si gioca in quegli anni nelle colonie
qualcosa che rischia di sfuggire…. Il soggetto colonizzato è sempre stato descritto come soggetto
effemminato—> sguardo del colonizzatore dominante alienato. L’altro deve essere emasculato, o percepito
come minaccia, senza via di mezzo—> fantasmi sessuali del dominio coloniale. Fanon non accetta questa
emasculazione simbolica dei colonizzati—> i colonizzati non esercitano più il loro potere—>
femminilizzazione problematica agli occhi di Fanon.
Nel contesto coloniale il padre perde potere.
Fanon insorge sintomaticamente, dichiara di essere nevrotico lui stesso a causa della colonia.
Passaggio omofobo come sintomo della sua alienazione.
Fanon pone in modo moderno la questione sessuale nel contesto coloniale. Il nero è pura biologia, pura
corporeità.

Mentre noi abbiamo la calma per decidere quali parole usare ecc. Fanon invece deve tagliare, far fuoco.

Dopo l’alienazione sessuale, si concentra sulla produzione dell’alienazione razziale e sulle teorie
psicologiche-psichiatriche del tempo.

… introduzione della femminilizzazione in coloro che si temono.

Fanon analizza il vissuto dell’uomo nero che cammina per strada.

Fanon riprende Hegel e al suo lavoro sulla nozione di riconoscimento. Qui Fanon anticipa le vette del
pensiero postcoloniale, sostenendo che il riconoscimento non può essere cercato dal colonizzatore padrone.
Fanon critica fortemente Mannoni.

Fanon utilizza materiali non all’ordine del giorno.


Fanon ripete di non voler rimanere schiavo del passato, determinato dal passato.
Sartre aveva colto i limiti della negritude… Fanon dialoga con Sartre, prendendo in prestito concetti decisivi.

Nel ’54 Fanon arriva in Algeria, dopo aver avuto grandi esperienze in Francia con lo psichiatra Tosquelles
(psicoterapia istituzionale). Scriverà testi in cui comprende la necessità di immaginare una cura costruita sui
bisogni locali.
I due testi pubblicati in italiano, Scritti politici, ci danno l’idea della grande eterogeneità del pensiero
coloniale. Finora lui ha studiato l’alienazione razziale nel contesto delle società occidentali. Qui si misura
con un’altra alienazione: quella coloniale in vivo, prodotta da decenni di occupazione. Evoca la necessità di
nuove categorie per questo tipo di alienazione. Confronto tra colonizzati e colonizzatori.
Come il colonizzato deve percepire la medicina coloniale, la quale mostra altro volto del potere coloniale?
Qui si crea l’alienazione: ho bisogno del tuo rimedio, ma se mi avvicino a te mi sto servendo del potere
dell’occupato, di chi ha ucciso e dominato.

Mbembe dice: Fanon non scrive abbastanza che la colonia non è solo opposizione, ma è anche prossimità e
intimità. La colonia, nel periodo lungo, ha costruito legami, immaginari, proiezioni, affetti. In questo è
perversa: pur perpetuando il dominio, crea desideri. Il desiderio del colonizzato è alienato. I deliri dei
colonizzati sono rivelatori: riproducono desideri di essere forti come la regina d’Inghilterra, di avere l’auto
come il governatore, ecc.. deliri doppiamente alienati, in cui l’universo delle forze e dei rapporti di potere
sistematicamente nomina l’occupato. Fanon sa che quest’esperienza ha consumato l’oppresso.
14.11

Fanon si rivolge agli ultimi, ai dannati.


Trova accoglienza difficile all’interno della rivoluzione anti-coloniale: è un nero (l’élite algerina non è libera
dal razzismo); in quegli anni, il fronte anti-coloniale, è tutt’altro che omogeneo.Fanon come psichiatra
incontra nella sua clinica militanti FLN… la guerra per l’indipendenza algerina esplode con immensa
violenza. La rivoluzione algerina è autentico modello per pensare violenza coloniale. Fanon vuole
sottolineare carattere peculiare dell’alienazione delle colonie. Quando si interrogherà sul carattere
dell’alienazione prodotta dalla guerra anti-coloniale, distinguerà l’alienazione prodotta dalla WW2 e dalla
guerra anti-coloniale. Anche nell’FNL cresce diffidenza, paranoia: chi non è d’accordo con la linea d’azione,
rischia di essere fatto fuori. Fanon, nero intellettuale e ribelle, è figura ostica anche per la leadership
dell’FNL. Fanon lavora massicciamente come psichiatra negli anni della guerra, confrontandosi con le
ripercussioni della violenza di quel contesto. Si rende conto che il suo ruolo di militante e di cura, diventa
impossibile—> lavoro di psichiatra diventa lavoro senza senso: è la colonia che produce follia e alienazione,
la cura è la demolizione della colonia. Si dimette dalla carica, e diventa militante a tempo pieno per l’FNL.
Fanon si ribella all’idea che si è totalmente determinati dal passato. Fanon parla di “homme nouveau” per
sottolineare l’importanza di trovare una modalità di agire nel mondo Altra come via per la disalienazione.
Sebbene lotti contro il determinismo del passato, di fronte alle devastanti conseguenze psichiche di taluni
fenomeni, Fanon riconosce che la clinica tace.
… personalità ipotecata—> la violenza cambia le individualità.
La colonia è devastazione da ogni punto di vista: anche quando offre possibilità, è nel solco di un desiderio
già alienato.
L’homme nouveau è colui che agisce, non che reagisce. Reagire è già prodotto di un’assoggettamento.
Uno dei grandi temi di Fanon è quello del riconoscimento: tema che attraversa la filosofia occidentale—>
Hegel, tra i grandi teorici di questo tema, è nutrito dal razzismo.
Altro tema centrale: la violenza (I dannati della terra)… visione manichea del mondo coloniale.
Fanon dedica alcune pagine ai culti di possessione, visti come un teatro nel quale, in maniera spesso
dissimulata, viene messa in scena l’esperienza del colonizzato, la sua alienazione, e la sua capacità di imitare
il colonizzatore (al prezzo di una trance), rendendolo grottesco e indebolendolo. Fanon parla di orge
muscolari e funzione di sfogo, senza però che abbia funzione rivoluzionaria. La rabbia, le convulsioni,
dovrebbero essere rivolte contro i colonizzatori per Fanon.
… Inshallah—> piccola componente infrapolitica—> sospende il potere schiacciante—> fato come arma dei
deboli per inferire una piccola critica al potere che occupa tutto lo spazio.

… imitazione dell’altro non è mera ripetizione, si aggiungono screziature che corrompono l’identità,
facendola divenire più contenibile, dominabile—> modo di incorporare ciò che mi spaventa e dominarla.

Muore nel ’61 in una clinica in USA. In Algeria è personaggio scomodo, sebbene venga seppellito lì. Fanon
è pensiero critico che non si lascia addormentare né dominare.
Per Fanon il colonizzato, anche quando è dominato, non è addomesticato.

Mbembe ripropone con grande attualità il pensiero di Fanon.

Kelly Oliver, altra studiosa di Fanon, riconosce nel suo pensiero la “patologia del riconoscimento”.
Il riconoscimento può divenire in alcuni casi ossessione, ed essere affossato nei suoi presupposti dalla
ricerca spasmodica di essere riconosciuto dall’altro. Se voglio essere riconosciuto ad ogni costo, cedo
qualcosa della mia soggettività facendomi oggetto. Problema che oggi assieda i rapporti tra paesi che furono
colonizzati e colonizzatori.
Il riconoscimento non è atto semplice, perché spesso è ricercato e utilizzato nelle categorie di chi mi ha
dominato. Nella categoria filosofica di riconoscimento è nascosto il veleno dei rapporti di potere.

Mbembe, “uscire dalla grande notte”…


Ernesto De Martino nasce a Napoli, fu allievo di Benedetto Croce. Giovanissimo, ha qualche simpatia per il
fascismo, prendendone poi le distanze radicalmente. DM, nella più pura tradizione dell’intellettuale, si nutre
di filosofia. Uno dei suoi primi quesiti è quello sugli effetti e funzioni dello storicismo—> storicismo critico,
materialista, che lo spinge a guardare con grande diffidenza quella che lui definisce “etnografia borghese,
folkloristica” -in quel periodo, vennero fatti molti studi etnografici in Italia-. Per DM, quest’etnografia era
“ferma, ossificata” (analogie con il lessico di Fanon, che parlava del fatto che i colonizzatori descrivano le
culture locali “mineralizzate, ossificate”). Il folklore che l’etnografia borghese aveva raccolto, dice solo una
parte della ricchezza di questi saperi. DM: questa parte non è “il resto” di una cultura nazionale da mettere in
qualche museo, ma va invece richiamato, convocato, riconoscendogli ruolo e forza che ha di rappresentare la
cultura delle classi dominate—> scrivere la storia culturale degli oppressi è il compito degli etnografi e
antropologi.
DM prende un canto popolare di un battesimo (nenia) che racconta di un mondo al rovescio: la culla del
bambino che nasce è in ferro, il prete è un ignorante… la nenia mostra l’ombra cupa dimenticata dalle
etnografie altre, mettendo in luce la dimensione di critica, sofferenza, dolore.
Stessa cosa verrà fatta coi lamenti funebri, in cui DM coglie la capacità di arrabbiarsi con il mondo, la
disperata consapevolezza della miseria delle classi subalterne. Questa cultura popolare è la storia degli
oppressi.
DM fa del folklore qualcosa che finora nessuno aveva riconosciuto: memoria critica rivoluzionaria per
pensare la propria condizione.
“Folklore progressivo”—> si apre nell’antropologia italiana un dibattito importante… folklore ha la capacità
di essere progressivo, di incorporare progettualità politica, con valore emancipatorio.
L’antropologia italiana si spacca in due intorno a DM, tra chi lo critica e lo ritiene pensiero superato e chi ne
riconosce l’attualità continua.
DM è fautore di un’antropologia rinnovata e critica a partire dalla sua rilettura del folklore italiano.
DM arriva a questa consapevolezza passo a passo durante la WW2 (all’epoca sposato con prima moglie
ebraica—> si nascondono in Emilia Romagna); in quegli anni scrive “Il mondo magico”, pubblicato nel ’48,
ed esce fuori dai confini italiani.
Parla, nel dopoguerra, del magismo e dei poteri magici dello sciamano. La moglie riesce a salvare il
manoscritto dell’opera…
DM si incuriosisce, a partire dalla letteratura, si interroga sul significato e sul ruolo dei poteri magici e del
pensiero magico, compiendo traiettoria molto originale. Cerca di comprendere a che cosa il pensiero magico
vuole rispondere, a cosa serve. Il pensiero magico è dispositivo epistemologico, filosofico, umano per
governare l’angoscia di non esserci: il rischio di perdere la propria presenza nel mondo, di non essere più in
grado di agire nella storia—> minaccia che incombe sugli ultimi, sugli oppressi. Per DM è il passato non
deciso che pesa, e il futuro che angoscia. Si vive dentro questa lacerante scissione con una sola protezione: il
pensiero magico. La dimensione del magismo come credenza è sottratta dalla “tomba” in cui era stata
riposta: non è solo credenza è una tecnica. DM sosterrà che il sacro e il religioso sono tecniche che
permettono agli ultimi di stare al mondo.

Dopo la guerra, DM diventa sindacalista: raccoglie per i sindacati le lamentele dei braccianti, facendo di
questo una sorgente di riflessione antropologica. DM raccoglie questi “canti” e ne fa una leva critica.

DM comincia il suo rapporto con l’antropologia partendo da una riflessione tutta filosofica, debitore di
Croce. Con “il mondo magico” c’è una prima frattura tra i due: Croce condanna l’opera.

Ne “il mondo magico” nasce l’etnopsichiatria italiana (raccoglie le sindromi legate alla cultura).

Crisi della presenza: incapacità di agire.

DM dialoga con sapere psicologico, in particolare si rifà molto a Janet (e concetto di coscienza che si
disintegra, miseria psicologica).
Per DM esserci significa mantenere un’unità e capacità di agire nella storia. DM si serve da un lato della
fenomenologia heideggeriana, dall’altro di Janet, componendo un’etnopsicanalisi del soggetto occidentale e
non solo. DM guarda ai “non garantiti”, opponendoli a chi, nella società occidentale, cammina ormai verso la
possibilità di vedersi garantito.
Ecco a cosa serve il magismo. Il recupero critico di quest’istanza è messa a servizio della storia della cultura
italiana.
Il mondo magico viene accolto malissimo in Italia quando esce.

DM crede alla potenza del cristianesimo come potenza protettrice, consapevole però della differenza tra
Chiesa e cristianesimo.
Quando il discorso sulla libertà del cristianesimo viene egemonizzato dalla Chiesa si creano due reazioni: da
un lato si forma un cristianesimo che si oppone a tale rigidità, e la Chiesa che va prendendo le distanze dal
concetto di liberazione e protezione.

15.11

DM ha l’intuizione di pensare alla ricerca etnografica come ricerca multidisciplinare che vede la
partecipazione di esperti di aree diverse.
DM si avvale di sguardi e competenze diverse sin da subito—> ricerca composta, moderna, che vuole
immaginare un approccio al problema che non dimentichi nessuno dei profili.
Per giungere a questa idea, DM affronta fasi diverse.
“MORTE E PIANTO RITUALE”
Il lamento funebre—> esempio di come DM va allargando la comprensione di un fenomeno analizzando non
solo in suolo italiano (bacino mediterraneo) e non solo nel presente—> approccio storico e antropologico in
contemporanea.
Il lamento funebre è dispositivo rituale che affida ad esperti l’espressione ritualizzata del dolore del lutto.
Questa scena del dolore, permette sorta di alleggerimento. La perdita non è solo perdita dolorosa, ma anche
momento in cui precedenti ambivalenze affettive, irrisolte, possono emergere e venire alla luce.
Intelligente strategia di espressione del dolore che è già forma di elaborazione del dolore. Il lutto, il funerale,
che prevede regole precise ha anche saggezza psicologica sottile. Il rituale funebre prevedere una scansione
socialmente determinata dei tempi del dolore, che alleggerisce il peso soggettivo. Regole che organizzano
l’espressione pubblica del sentimento.
DM sottolinea come il cattolicesimo abbia introdotto una cesura—> non tollera più che di fronte allo
scandalo della morte ci sia ribellione. La morte, per la chiesa cattolica, non è soltanto la fine. Il vero credente
non deve avere paura della morte. La chiesa impone inibizione del sentimento del dolore. DM si incuriosisce
a vedere le rappresentazioni funerarie nei secoli e nelle culture mediterranee in cui si vedeva prima la pietas
che poco a poco diventa sempre più sobrio e tacito—> l’espressione del dolore diventa monopolio delle
classi subalterne.
Regolamentazione sottile che ha indotto una nuova espressione del dolore—> DM, con la sua ampia
preparazione, analizza storicamente la mutazione antropologica; per far ciò si ispira all’approccio
comparativo, fondamentale in tutta la sua opera.

(Aby Warburg, dopo lunghe ricerche etnografiche, “perde la testa”. Due grandi psichiatri si affacciano sul
caso. Scrive “Il rituale del serpente”—> Comparativismo storico e culturale (attraverso analisi
dell’immagine).
Il suo progetto teorico lo ritroviamo in DM. )

Relativismo storico culturale vuole cercare chiave interpretativa in contesi ai cui principi e leggi lo studioso
deve piegarsi; il comparativismo storico culturale vuole, al di là di questi vincoli, riconoscere la ridondanza
di queste regole, sapendo che ci sono differenze ma anche degli universali (la paura della morte).
L’antropologo non può rinunciare alla profondità storica delle sue riflessioni.
Il primo si interessa alla radicale differenza che vi è tra i contesti; il secondo sui risultati che le diverse forme
producono.

Interesse di DM per le forme. Il lamento funebre, il pianto rituale, è l’apoteosi di questo interesse: DM
include nella sua opera immagini fotografiche.
DM si avvicina molto anche a Jung, appropriandosi di alcune sue intuizioni sull’inconscio.
DM, già nel mondo magico, analizza l’esperienza di quella che poi verrà da lui teorizzata come “angoscia
territoriale”, in riferimento ad una popolazione aborigena australiana (in cui il sé è strettamente dipendente
dallo spazio -sé spazializzato-).
DM è molto interessato alle nozioni e ai concetti di presenza e crisi della presenza < è affetto da epilessia del
lobo temporale—> conosceva di prima mano l’esperienza del non essere più. Probabilmente questo aspetto
ha alimentato la sua curiosità delle implicazioni di questo fenomeno. Non è caso che DM dialoghi
continuamente con gli psichiatri < vuole estrarre dalla condizione di sofferenza una qualche verità sulla
condizione umana.

Dopo il mondo magico e il lamento funebre, scrive una serie di articoli in cui compone il suo grande
dispositivo teorico-epistemologico, prendendo distanze dall’etnografia borghese, naturalizzante,
avvicinandosi all’etnologia sovietica e dando valore al progetto di riconoscere la posizione “folklorica” come
la cultura degli oppressi, forma attraverso cui gli oppressi negoziano il loro posto nel mondo. Progetto
politico e culturale insieme.
DM ha attenzione e sensibilità particolare per le voci marginali. DM si spinge a esplorare le rappresentazioni
del male e i saperi della cura nelle regioni del Sud.
Nel ’59 esce “Sud e magia”, affresco dove si analizza una crisi dell’illuminismo, in grado di rivelare grandi
intuizioni popolari a partire dal fenomeno del malocchio—> non mera credenza, ma espressione della
consapevolezza del sentimento di invidia, competizione, conflitto—> sentimento degli oppressi, dei
dominati, che hanno poco. Malocchio è sottile psicologia della conflittualità sociale.

… DM crede nella coscienza laica che “umana” la storia, governa le ansie, che è tappa di processo realizzato
attraverso capacità, autonomia, responsabilità di agire nel mondo.

Gli anni in cui DM guarda al Sud, sa che lavorare in questi luoghi è anche atto politico: non può disgiungere
ascolto e analisi con impegno. Studioso che fa del sapere antropologico documento che illustra la condizione
degli oppressi presso chi detiene il potere.
“Inchiesta sulla miseria”, anni ’50 —> vede il formarsi di “equipe” composte da politici, intellettuali,
accademici, giornalisti, ecc. DM è dentro questa congiunzione felice—> presenta alla Rai la questione
meridionale. L’antropologia in questi anni è molto sospinta ad avvicinarsi ai saperi della cura—> in questo
discorso DM affina un concetto estratto dalla nozione filosofica del “come se”. DM ha l’intuizione
osservando una persona affetta di emicrania che cerca di curarsi pregando e riferendosi a Gesù e alla croce
spinata. Il processo di identificazione attiva meccanismi inconsci che attenuano il dolore e la risposta
psicosomatica. Destorificazione istituzionale.
Stare nella storia come se non ci si stesse, abolire la storicità nel momento del rituale .
DM e Lévi-Strauss analizzano in quegli anni l’efficacia dei rituali…
esempio di immigrati italiani in Svizzera

Riprende la nozione di “angoscia territoriale” in Calabria—> secondo una sua interpretazione, un pastore
cade in uno stato di angoscia perdendo i propri punti di riferimento territoriale…
Nozione potente a condizione di essere utilizzata con cura—> molti studiosi riflettono oggi su un tipo di
angoscia territoriale derivante non dal perdere di vista orientamento sulla mappa, ma dalla crisi del territorio,
il fatto che non mi riconosco più nel mio territorio.
Albrecht introduce il concetto di “solastalgia”, dolore per luoghi che cambiano—> forma di angoscia
territoriale.

DM offre lessico per descrizione della condizione degli ultimi.


I deliri persecutori sono di rado espressi nell’alta borghesia. L’essere agito da, perseguitato da, è fenomeno
delle classi subalterne.
DM parla del “valore euristico del documento psicopatologico”. DM inizia a leggere i dossier clinici come
materia antropologica.
caso del contadino di Berna. Subito dopo la seconda guerra mondiale, Svizzera tedesca. Giovane 25enne che
inizia a sviluppare un delirio—> il padre ha abbattuto un albero, e lui vede da quel luogo sgorgare tutte le
forze distruttive del mondo, si sente responsabile addirittura di un aereo caduto. Viene ricoverato e il suo
delirio classificato. DM si interessa al ruolo dell’albero sradicato nei miti del suo contesto socioculturale
d’appartenenza. Inizia così un’interpretazione avente a che fare con il mito del mundus, cioè momento del
calendario nel quale si festeggiava congiunzione del mondo dei vivi e dei morti. DM suggerisce che nella
materia di un delirio ci possono essere miti (e viceversa i miti si sono nutriti di deliri)—> esercizio
originale dell’etnopsichiatria.
… Ogni delirio è storico mondiale, Deleuze.
Rischio dell’interpretazione illegittima…

La terra del rimorso—> équipe multidisciplinare.


Jervis —> le categorie di cui disponiamo non bastano a qualificare i sintomi della tarantata. Interpretazione
del morso simbolico come un rimorso —> donne che hanno conosciuto abbandono, separazione, esperienze
dolorose di violenze e abusi (non denunciabili): traversie d’amore.
Nei testi cantati e raccolti dall’etnomusicologo vi sono riferimenti ad abusi sessuali.
L’indagine etnografica di DM rivela troppo, infastidendo.

DM dedica un capitolo al “simbolo non più operante”—> alcuni casi non si avvantaggiano del rimedio
tradizionale; hanno sintomi ripetuti. DM sa che il tempo cambia: ci sono gli antidepressivi, parlare di
tarantismo rischia di essere giudicato molto negativamente, tutta la cerimonia ormai annaspa. Efficacia
simbolica anch’essa dentro una storicità.

Innovazioni:
- Comparativismo storico e culturale
- Concetto del simbolo non più operante
- Sensibilità etica del ricercatore

DM in uno dei suoi ultimi scritti, afferma che la destorificazione istituzionale ha fatto il suo lavoro, quello
che si ha di fronte ora è il simbolismo civile e le psicoterapie.
Lèvi-Strauss dice che abbiamo sottovalutato la scaltrezza dei primitivi, siamo preda della voluttà di un
cambiamento. Queste società fingono di non occuparsene, ma hanno forse trovato il modo di non
soccombere ai grandi processi di cui noi siamo preda.

20.11/21.11

Seminari

22.11

James Baldwin, scrittore americano, dialoga con l’antropologa Mead, mette alla prova il nostro sapere, ci
indica come ragionare negli spazi oscuri del sapere.
Tre voci da ascoltare con valore euristico:
- Fanon
- De Martino
- Baldwin

*ascolto di audio di Fanon, DM

Fanon deve quasi imporsi per essere ascoltato, non gli danno spazio. Il pensiero dei grandi pensatori spesso
non ha trovato accoglienza negli ambienti dove ci si aspetterebbe che invece avvenisse. In Algeria è stato
dimenticato. Concede poco spazio al compromesso ed è difficile da collocare, nel video critica l'intervento
precedente sulla situazione in Madagascar. Approccio ironico e allusivo, propone l'idea che oggi assistiamo a
una singolare metamorfosi propinata dagli antropologi che ci hanno fatto ipotizzare il passaggio da società
dominate, senza cultura, senza storia, senza, ovvero società del negativo, a società gerarchizzate, con culture
rudimentali e appena sopra il livello del comportamento animale e culture più sofisticare come quella
occidentale. Ora con uno schiocco di dita si parla di relativismo culturale: tutte le culture hanno valore.
Sembra avere contribuito a rovesciare idea precedente, ma non ha contribuito a cambiare l'oppressione. De
Martino dirà del "desfilé delle culture", idea dell'apparentemente eguale delle culture, come se fossero tutte
uguali a fare la loro sfilata: non sono veramente equivalenti. Relativismo culturale: non modifica la questione
del potere e del politico che nelle culture si riproduce. La cultura nei paesi colonizzati è razzismo, il razzismo
è cultura, c'è un nesso intimo e strutturale. Non basta portare alla luce il principio della cultura nazionale per
mettere a posto la gerarchizzazione, prima alimentata dal colono e ora dalle elites locali. Si fece vessillo delle
lingue nazionali da difendere, tuttavia mancò consapevolezza che il razzismo avrebbe continuato a riprodursi
attraverso altre maschere e altre forme. Scompare potenza straniera, si sostituiscono potenze locali. "Ci
avevano raccontato che il cervello dei colonizzati era diverso", rappresentazioni di modellizzazione della
nostra esistenza incorporate, e "ora ci vogliono far credere che tutti abbiamo la cultura e possiamo fare la
sfilata delle culture", con un bagno di riconoscimento attraverso le categorie altrui. Descrizione dell'africano
adulto come europeo lobotomizzato. Decostruzione delle categorie del sapere come necessaria critica per la
decolonizzazione.

La questione della cultura in Europa nasce connessa alla quesitone dell'egemonia culturale e della protezione
di una cultura nazionale. Il concetto di cultura e di civilizzazione nasce come progetto coloniale in Francia.
In Germania il concetto di kultur nasce con profilo legato alla cultura del popolo tedesco, da proteggere, es
Goethe, Fichte, hanno obiettivo di valorizzare la kultur. Non si tiene conto delle altre società. Siamo alle
prese con una universale svalutazione di altri modi di pensare il mondo. Siamo alle prese con un desiderio
epistemicida: gli altri saperi contano meno. Bisogna riconoscere l'uso del termine cultura collegato al non
riconoscimento di altre società.
Roy Wagner fa l'esempio del mito del cargo: durante 2gm, isole del pacifico sono basi per preparare l'attacco
al Giappone, arrivano aerei e scaricano di tutto, batterie, generatori, frigoriferi, rappresentano un mondo
alieno. I cargo liberano oggetti di tecnologia che sono la cultura per i locali. Il mito del cargo darà luogo a
rituali e cerimonie che pensavano possibile affrancamento dal lavoro, società che rifiutavano di coltivare la
terra e creavano angar per accoglier questi beni: condanna alla fame. Ci fu chi descrisse queste cerimonie
come fenomeni di psicosi di massa. Nuova nozione di cultura che nasce da incontro-scontro tra due mondi:
non è più una cultura dentro un contenitore, che possiamo rappresentare. Come pensano gli altri quello che
noi definiamo cultura? Lasciare emergere altre rappresentazioni della cultura. Processo di antagonismo al
processo epistemicida: riconoscere nelle forme espressione di folklore tracce di altre espressioni culturali.
Nozione di cultura che ha dominato etnologia borghese non basta. La cultura non è solo quella dell'altro:
abbiamo messo da parte che ogni nostra categoria è culturalmente orientata, in questo modo la cultura è solo
quella dell'altro. Noi siamo gli uomini di cultura che non hanno il culturale, non riconosciamo nelle nostre
pratiche le matrici culturali, effimere e provvisorie. Parlavamo di legge per noi e di costume degli altri. Per
rovesciare queste gerarchie il primo passo è riconoscere il culturale nelle nostre pratiche e nelle nostre
filosofie. La psichiatria occidentale è essa stessa culturale. Affrancarsi da un uso coloniale e colonizzante
della cultura: anche noi operiamo dentro matrici di senso culturalmente orientate, non nascono da verità
scientifica. Abbiamo la pretesa di essere nel regno dell'oggettività e della scienza. Problema politico. Noi
siamo la civiltà, tutto il resto si sgretola di fronte a questo progetto. Il culturale è dentro di noi, dentro i nostri
laboratori, dentro i nostri logaritmi. Latour ci conduce nei laboratori mostrando la cultura dei ricercatori,
come pensano al batterio, antropologia della scienza.
Mali: pratiche rituali e conoscenze tra 700 e 900 hanno avuto grandi trasformazioni anche perché ci sono
state 5 jihad. Riforme continue. 1931 Griaule crede di conoscere la cultura Dogon, ma la stessa cultura
Dogon si innesta sui processi di continuo cambiamento. Proteggere la cultura Dogon prima che l'islam la
cancelli. Quello che si incontra sono culture in trasformazione perpetua: epistemicidio ha causato dominio e
asservimento. Anche glossocidio.

De Martino nelle trasmissioni radiofoniche della rai. Sul mondo culturale degli oppressi. Qualcosa si è messo
in movimento, è venuta l'ora di raccontare la vita culturale ignorata dagli storici. Coglie la presenza di
coscienza storica nascosta in quelle che sembrano superstizioni. Il luogo della nascita come metafora per
eccellenza del precario. Cosmogonia dell'oppresso. Il momento della nascita è un momento oscuro, segno di
negatività, anticipazione della catastrofe. Storia tradotta nelle forme di un verso. Catastrofe cosmica,
consapevolezza della minaccia. Senso della vulnerabilità. Sortilegio dell'amore materno: la mamma deve
incantare il bambino, la ninna nanna è un incantesimo. Sonno sottratto al bambino da un altro fratellino,
competizione stregonesca.
Folklore = spazio in cui dissimulare la critica. La parola non è data e concessa. La ninna nanna diventa uno
spazio in cui fare critica, leva. Riappropriarci di un'idea di cultura. Stare nella storia come se non ci si stesse.
La sventura e il negativo trova una configurazione eloquente: il monaco pretende il mio raccolto, lo
trasformo in colui che distrugge il raccolto, es è rappresentato dal diluvio. Esprime rabbia indicibile. Magia
diventa una risorsa. Il magico non è il pensiero ingenuo, è una maniera per pensare la forma di sopravvivere
alla violenza del mondo. Il contadino immagina un contadino potente che scaraventa in cielo il monaco,
forme del magico con capacità di proteggere contro la minaccia e la violenza. Proteggere poco e male, ma
che altro fare? La figura dello stare nella storia come se non ci si stesse grazie al dispositivo magico non è
alienazione mistica, ma è tentativo di resistenza.
Il male non può essere cancellato, ma solo trasferito. Es itterizia trasferita nella metafora nell'arco di
muratura, il male deve essere trasferito. Idea analoga alla medicina tradizionale africana: enjambé. Principio
della circolazione del male. Le persone che non possono avvantaggiarsi dei benefici delle risorse mediche
possono solo immaginarsi un male che passa di corpo in corpo.
teatro di De Filippo
Piercig "laila" e "zen ... motocicletta"

Stare nel mondo come se non ci si stesse: concetto teorico della destorificazione istituzionale. Capire
efficacia simbolica di Levi Strauss esige struttura concettuale complessa. Per De Martino è importante
sospendere il divenire, un divenire della storia che angoscia. Complessa filosofia della storia, teatro in cui gli
oppressi vogliono entrare, ma che temono perché significa sconfitta e minaccia. La storia è ciò verso cui si
deve andare. Le masse devono andare verso una modernità, orizzonte imprescindibile, immagine di una
storia che contemporaneamente incombe minacciosa. È anche umiliazione e perdita. Serve un dispositivo per
stare nella storia come se non ci si stesse. Noi non contiamo nulla, la storia ce lo insegna, è spaventoso non
contare nulla nella storia; tuttavia non stare nella storia diventa un rimedio terapeutico. Metamorfosi
problematica, la cura dello sciamano fa questo. Ti sottraggo a una storia che incombe minacciosa, ti proietto
verso una storia mitica, che oggi rinnoviamo e quando il successo arriva incorporato allora potrai ritornare
nella comunità e nella famiglia reintegrato. Frammento di un processo di reintegrazione. Cura come
reintegrazione nel gruppo: è l'uscita dal gruppo il male più atroce. Anche Levi Strauss lavora sul concetto di
destorificazione istituzionale: miti degli aborigeni australiani, nozione della scaltrezza delle società per
venire a capo di un male rispetto al quale erano vulnerabili. Tutte le società sono nella storia, nessuna società
può essere immaginata al di fuori del problema della storia. Alcune sono sedotte dal mutamento, non
possono fare a meno di coltivare il cambiamento. Altre invece hanno sviluppato una scaltrezza per cui conta
di più il ciclico ripetersi degli eventi. La destorificazione istituzionale è un'astuzia, un modo per ingannare la
storia. Analogamente nella terra del rimorso si esce dalla storia periodicamente.
Tuttavia lì (nella terra del rimorso, quando guarda alle tarantate) de Martino nota che qualcosa non va più: il
simbolo non è più operante, il segreto è svelato. Non posso più raccontare la mia umiliazione attraverso il
simbolo, ora c'è la diagnosi e il farmaco. "Storia e metastoria" raccolta da Massenzio: destorificazione
istituzionale cede il passo a simbolismo civile e psicofarmaco. De Martino sembra certificare la morte dei
saperi locali della cura, queste forme di cura che passano attraverso destorificazione istituzionale sono
destinati a dissolversi. È un capitolo che tratta anche Michele Risso, allievo di De Martino, psichiatra che
lavora in Svizzera con immigrati italiani. Riconosce capacità del pensiero magico di essere operante e capace
di curare i deliri: le famiglie incaricano i maghi di mandare abitini che guariscono i sintomi. Anche Risso
ammette che è una temporanea soluzione di natura suggestiva, le psicoterapie vanno avanti e cambiano.
Sembra non esserci credito che i saperi minori possano essere autosufficienti nella cura.

27.11 visione del film “incendies” (v. Appunti corpo)

28.11

De Martino e Fanon non dialogano, tuttavia a partire da prospettive diverse (i dannati e gli ultimi),
costruiscono una riflessione sensibile verso chi non trova spazio nella Storia. Per Fanon si tratta di rimettere
al centro i colonizzati in un discorso che li ha sempre voluti espellere. Per de Martino, contadini e umili che
vivono la storia come minaccia, e seppure vogliono parteciparvi spesso ne hanno timore, vivono l’angoscia
della storia. Comporre questo dialogo a distanza tra due studiosi contemporanei è interessante… la tragedia
della colonia viene conosciuta da de Martino in maniera diversa; persegue la conoscenza dei culti
millenaristici, proliferati nelle ex colonie. Dopo “la terra del rimorso”, dm passa ad altro—> il tema della
fine del mondo è ulteriore punto di contatto con Fanon, il quale parla di atmosfera apocalittica.
Entrambi si prefiggono di scrivere una storia di coloro che nessuno aveva preso in considerazione.
In quel periodo (anni ’50-’60), la scuola di Francoforte vede grandi studiosi pensare la fine del mondo. Gli
intellettuali ripensano il mondo.

I testi raccolti nella fine del mondo di dm, oggi sono presentati in un modo finalmente leggibile…
Prima edizione nel ’77—> critiche aspre sul fatto che i curatori avessero “tradito” le intenzioni di dm. La
pubblicazione del 2002 verrà molto più curata. Ad es, nella prima versione, non venne dato spazio sufficiente
al capitolo sull’etnopsichiatria. Dm, infatti, è il pioniere dell’etnopsichiatria italiana—> approccia la
disciplina in modo molto originale: convergono le sue competenze esistenzialismo e fenomenologia, storia
delle religioni, psichiatria. La fine del mondo, grazie all’opera dei curatori, è un testo che può essere oggi
letto coerentemente.
La prima edizione venne curata da un’antropologa che viveva con una certa difficoltà il religioso e il
parapsicologico demartiniani.

3 apocalissi per dm:


- Apocalisse cristiana, fine del mondo, che prevede una trascendenza e risurrezione
- Apocalisse psicopatologica, fine del mondo per coloro che soffrono. La sofferenza psichica spesso
conosce lo scivolamento verso la sensazione che il mondo stia per finire.
- Apocalisse della società borghese, estratta dall’immagine della letteratura: La Nausea di Sartre—> quando
le cose non sono più percepite nella loro ordinarietà, disgregazione ecc… perdita di senso del mondo
borghese.

L’apocalisse culturale non è definitiva, prevede un dopo, sancisce la fine di UN mondo.


DM vuole indagare cosa impedisce o permette il riscatto. DM dà valore alla letteratura come documento
etnografico, modello che dice l’essenziale—> l’antropologia più sapiente capisce che essa può fornire indici
di orientamento nelle sue trascrizioni. Similmente, il sintomo psicopatologico ha valore euristico.
L’antropologo ascolta e legge il sintomo come documento di crisi del simbolico, del sociale.

Nel ’72 pubblica “Furore, simbolo, valore”. Testo che comporta diverse parti, tra le altre un capitolo
fondamentale, “Promesse e minacce dell’etnologia” (dove sancisce definitivamente le distanze con Croce). Il
rapporto con Croce fu sempre controverso; dopo la pubblicazione de “Il mondo magico” Croce critica DM
per aver storicizzato le categorie d’interpretazione della realtà. DM inizialmente accoglie la critica del
maestro, ma con questo saggio DM chiude tutti i rapporti con Croce, definendo il suo pensiero prodotto dello
spirito borghese.
Nel saggio analizza l’immagine della Rabata di Tricarico: etimologia araba, quartiere un tempo abitato da
arabi, è l’immagine del caos.
DM va dispiegando un ritorno alle immagini della sua precedente etnografia, passando anche da riflessione
che critica l’etnologia borghese…
Terza parte del testo: DM guarda al presente, nel capitolo che dà titolo al libro, parla del capodanno del ’56 a
Stoccolma, in cui analizza l’estrema violenza aggressiva di giovani che distruggono tutto (“ribelli senza
causa”, “impulso di annientamento del mondo” “angoscioso essere afferrati dalla nostalgia del non umano”
“funzione della civiltà è quella di controllare l’istinto di morte teorizzato da Freud”)—> convoca sul tavolo
molteplici discipline. In che misura le nostre società governano e controllano la pulsione di morte?
Lui che ha tanto studiato lo sciamassimo e descritto i protri magici, c’è però la consapevolezza che tutto ciò
che era efficace per governare la fine del mondo sta venendo meno—> destorificazione istituzionale, al
cuore di ogni processo rituale, dispositivo per uscire dalla crisi, non funziona più, DM parla di “agonia del
sacro” (di cui aveva già parlato alla fine della terra del rimorso, assistendo allo sgretolarsi di tecniche e forme
di destorficazione istituzionale che aveva garantito a lungo la ripresa di uomini e donne). Per DM la
destorifcazione istituzionale cede il passo al simbolismo civile e psicoterapie individuali (analogico con Levi
Strauss e ciò che aveva scritto nel ’49 che nella società moderna il mito collettivo che prima era efficace,
ormai sembra finire -invito alla psicanalisi di comprendere e integrare il mito-).
Aporia demartiniana—> critica alla statolatria ma formazione socialcomunista che lo spinge a credere nelle
sorti progressive.

Il metodo demartiniano
Ascolto, scrittura, racconto… nonostante dichiari egli stesso che non vuole ridurre le persone a documenti
etnografici, ad un certo punto se ne va e scrive la sua etnografia—> verrà aspramente criticato. Inoltre, non
riconobbe mai accuratamente il ruolo di Luigi Stifani, suo interlocutore.
C’è una violenza nel suo sguardo etnografico che gli va rimproverata. Annabella Rossi, che faceva parte del
suo gruppo di ricerca, rappresenta un rimedio. Lei continua a dialogare con le tarantate e, con molto
coraggio, nella sua etnografia mette in chiaro i rapporti affettivi che si sono costruiti tra lei e una donna
tarantata.
Il soggetto etnografico non “ci lascia in pace”, siamo noi a tagliare—> problema metodologico.
Belmonte, “La fontana rotta”, etnografia particolare: riguarda Napoli. Testo estremamente moderno,
Belmonte lavora con una famiglia..
Belmonte già, negli anni ’70, critica il conoscere che oggettiva l’altro—> bisogna imparare CON non
SULL’altro. Bisogna fare un’antropologia con l’altro. L’opera di Belmonte interroga la restituzione: processo
dilaniante, che dovrebbe essere messa all’inizio dell’etnografia, non alla fine.

LA SOGGETTIVITà è IL METODO DELL’ANTROPOLOGO.


L’osservazione partecipante è una pratica, non una tecnica.
Lunghissimo periodo è carattere delle etnografie autentiche.
Scrittura etnografica dev’essere rispettosa e deve far cogliere la complessità, la tragedia degli altri.
Come trovare uno spazio in cui la mia presenza abbia 1. Senso per l’altro; 2. Capacità di entrare nel tempo
dell’altro?

Fabian dice che molto spesso l’antropologo parla al presente—> espediente, necessità… sottolinea come
questa modalità del presente antropologico è parte del problema della destoricizzazione dell’altro. Ne “Il
tempo degli altri” la questione viene riproblematizzata.

Il tempo degli altri va spesso pensato come tempo che abbiamo invaso e rubato.
L’antropologia non può rinunciare a questa costitutiva caratteristica—> siamo esposti sul piano del metodo
ma invidiati per i risultati ottenuti.

“Being there”—> raccolta utile perché ci mette di fronte al seguente dibattito: l’etnografia come garanzia che
non si tratta di pura speculazione…

Etnografia è materia per riflettere sullo statuto del sapere che deve sempre fare i conti con l’incontro con
l’altro, incontro faticoso e doloroso.

Negli anni ’60 alcuni autori parlano già di ontologia. In quella congiuntura abbiamo ancora forte l’eredità del
relativismo linguistico culturale, ma non va ignorata la scelta di quel termine.
Padre Tempes, missionario, aveva esaltato l’uomo bantu, l’ontologia bantu. Lo stesso Griaule parlava di
ontologia dono. Usare questo termine significa far spazio ad un reale altro, connotato diversamente da quello
che io giudico essere oggettività, esperienza, ecc, e con la quale l’antropologo è sempre venuto in contatto.
Queste altre ontologie hanno voluto sfidar eun principio che il relativismo linguistico culturale aveva posto
all’attenzione, ma aggirandolo (diceva che le lingue fanno il mondo, e tu non puoi condividerla se non
penetri nei miei assi linguistici, che determinano il modo in cui io abito e vivo il mio mondo—> primato
della lingua).
Progressivamente si avverte l’esigenza di riconoscere lo statuto di queste differenze, non in quanto mediate
da diverse lingue, ma che esigono un riconoscimento di essere mondi altri, in cui altri esseri, altre istanze,
trovano modo di esprimersi.
Mai disgiungere le dimensioni culturali simboliche da quelle politiche e istituzionali. Alcuni gruppi hanno
pensato in modo critico queste dimensioni.
Pierre Clastre, “La società contro lo stato”—> allievo di Levi Strauss, molto stimato da quest’ultimo, lavora
in Paraguay e Amazonia. Definito “antropologo anarchico”, ridicolizzato dalla corrente francese
dell’antropologia marxista che hanno riconosciuto nella sua rappresentazione della società del Paraguay una
visione romantica, in cui proiettava gli umori della contestazione anni ’60, in cui mancava il contenuto
etnografico. PC si era posto il problema del perché non ci era più possibile pensarci senza stato, e perché
alcune società erano riuscite a sfuggire da questo. PC amò molto le società che studiò, come Leon Cadogan,
che passa a PC il testimone dello studio dei miti di questa società. LC si occupa del legame, dotato di sani e
forti principi etici. LC sviluppa conoscenza della lingua e dei miti di queste società. Quando PC arriva, passa
attraverso a LC, per accedere a questa società non tollera più i bianchi. PC nella foresta viene a scoprire un
mito sulla “terra senza il male”—> germe di una critica dello stato; le popolazioni riconoscono che si stanno
trasformando e alcuni, al loro interno, stanno centralizzando il potere. Queste figure terrorizzano perché si sa
che la centralizzazione provocherà il male. Inizia quindi un contromovimento in cui le popolazioni migrano
in cerca di una terra senza il male. Violenza dello stato nazione è dell’aver introdotto il principio dell’uno in
luogo del molteplice.
Deleuze e Guattari sono altri autori che vengono criticati dall’antropologia marxista, tuttavia loro insieme e
PC, contestatori del potere centrale, coincidono nell’analisi della violenza dell’unico, del potere
centralizzato, dello stato che cancella il molteplice.

Gli autori che si rifanno oggi ai discorsi della svolta ontologica, non a caso riprendono queste traiettorie. De
Castro torna a parlare della violenza dell’uno.

La svolta ontologica dice cose fondamentali sul piano del politico e sul piano epistemologico.
Violenza del primato del linguaggio e del simbolico…

29.11

Il dibattito intorno alla “svolta ontologica” ha molte radici, è improprio identificarlo con un unico autore o
evento. Philippe Descola e Eduardo Viveiro De Castro sono, però, due dei protagonisti del dibattito.
Perseguono strategie epistemiche non del tutto sovrapponibili. In queste antropologie c’è una volontà di
riprendere per intero e alla lettera mondi, cosmologie, ecc; inoltre, non ci si accontenta di pensare a queste
esperienze come riconducibili a “differenze culturali” dentro ad un unico comune mondo. Questi autori
hanno opposto al multiculturalismo un multinaturalismo (il primo prevede l’esistenza di un unico mondo, il
secondo di molti mondi).
Andare oltre le diverse visioni di un comune fatto. A questa prospettiva si è aggiunta col tempo un’altra
ancora più radicale: al di là della concezione di pluralità di mondi, si è dato rilievo alla nozione di non-
human being, la quale allude ad una dimensione di esistenza di esseri non umani ma non di meno dovevano
essere considerati umani—> le categorie dell’etologia sembrano non bastarci più: non si riconduce tutto
all’istinto/fame—> siamo sospinti ad “antropoformizzare” esseri non umani. I due autori però vogliono
concepire il punto di vista di questi esseri come “autonomi” ma non per questo non umani (diverso ma come
noi).
De Castro analizza il tema del “prospettivismo”, cioè la prospettiva dell’altro. Dialettica predatore-preda
fondante nella letteratura/cultura di società basate sull’economia venaria. “Il vecchio che leggeva romanzi
d’amore” è un romanzo che ci aiuta a comprendere quest’etnografia amazzonica.
Parallelamente, Descola in Francia lavora facendosi contaminare da filosofia ed epistemologia, pensando a
quelle che sono state le categorie dominante dell’antropologia. Suggerisce 4 assi dominanti:
- Ontologia animista —> istanza intenzionale agli esseri del cosmo
- Ontologia totemica—> identificazione con alcuni animali da parte di individuo o gruppo
- O. Analogica —>
- O. Naturalista —> quella che dissocia natura e cultura pretendendo la possibilità di conoscere
oggettivamente i due termini
Il suo testo sistematizza, sebbene talvolta irrigidisca. Questi 4 assi in realtà si intrecciano nelle varie società,
sono da concepire come assi di prevalenza del nostro rapporto con il mondo.
Conia il termine di “mondiazione”—> interesse x la maniera in cui un gruppo abita il proprio spazio, non
solo in senso fisico ma anche epistemico—> intreccio tra me e l’interesse x il mondo che preclude la
possibilità della dicotomia natura-cultura.
… “ontologia” è termine pesante, carico di teoria, chiama in causa i filosofi, i quali si sentono poi chiamati in
causa a lavorare su questo tema antropologico (nel bene e nel male).

Temi del dibattito: sistema molto rigoroso nei termini su piano antropologico, riflessioni che muovono da
etnografie, messa in discussione della dialettica soggetto/oggetto, venire a patti e fari i conti con le cose e gli
oggetti.
Persino agli oggetti, per molti di questi autori, dovrebbe essere riconosciute proprietà riconosciute agli esseri
viventi.
Il termine “feticcio” e “altare” hanno in altre società significati molto diversi da quello che attribuiamo noi,
non ha un significato di agency.
Giorgio Agamben, “la Statua”. Dobbiamo fare i conti col fatto che la relazione soggetto-oggetto non è
semplice. In certe circostanze questi ultimi sembrano dotati di intenzionalità.
… incerta natura dell’oggetto inerte (Freud).
Intenzionalità è da riconoscere nell’innovativo carattere: disporsi a riconoscerci che ogni esistente è dotato di
un “punto di vista”. Devo fare i conti con le prospettive di tutto ciò che riempie il mondo.
Studi che partono quasi sempre dall’analisi di società di cacciatori, dove è fondamentale la dialettica preda-
predatore. Il cacciatore, per aver successo, deve diventare preda, mettersi nei suoi panni. Allargamento del
fronte: rapporto non solo con animali ma anche con esseri vegetali che affiora in questa prospettiva.
La stessa etnografia di Descola, in Ecuador, (Le lance del crepuscolo), racconta le esperienze delle donne che
parlano con le piante che seminano ecc. Differenza tra “cosa” e “oggetto” in filosofia (termini tedeschi) ci
aiuta a comprendere meglio questo nuovo approccio.

Quello che si annuncia nelle etnografie degli ultimi 30 anni è un rapporto rinnovato con oggetti e soggetti
non umani, oltre che luoghi e spazi (tutti elementi dotati di agentività).
Tutte queste etnografie ci ricordano che non tutti gli esseri vengono riconosciuti di queste proprietà: c’è una
gerarchia. Questi pensieri traggono forza da un’istanza centrale: l’essere in relazione CON.
Una delle nozioni che attraversano questi testi è quella di metamorfosi, come esperienza concepita da queste
culture più facilmente di quanto noi non riusciamo a fare.
Ontologia non sta al posto di cultura.
Metamorfosi è l’idea che, in relazione ad un altro essere, assumendo la prospettiva, divento un po’ animale.
Deleuze e Guattari riflettono sulla nozione di divenire.
Discorso della metamorfosi ha come esperti gli sciamani. Da sempre riconosciamo loro il potere di entrare in
altri regimi dell’esperienza, divenire altro, e tornare ad essere ciò che erano prima.
Non metamorfosi ma “anamorfosi” (a-gerarchia).

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