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RECENSIONE “LA CONQUISTA DELL’AMERICA”

=IL PROBLEMA DELL’ ”ALTRO”=


a cura di Barsotti Rinaldo

Autore: Tzvetan Todorov, Sofia, 1º marzo 1939 – Parigi, 7 febbraio 2017, è stato un
filosofo e saggista bulgaro naturalizzato francese, uno dei più importanti intellettuali
francesi. Autore di numerose opere: Critica della critica, Racconti aztechi della
Conquista, Il Principio dialogico, Noi e gli altri, Le morali della storia.

Titolo: LA CONQUISTA DELL’AMERICA


IL PROBLEMA DELL’ ”ALTRO”

Pubblicato: da Giulio Einaudi editore s.p.a. – Torino 1984 -1992 – 2008 - 2014
Genere: Saggio storico
Tratta di: La conquista dell’America, ovvero del Messico durante il secolo seguente
la scoperta dell’America da parte di Colombo.
Contenuto del libro: E’ un libro suddiviso in quattro parti ciascuna delle quali
avente un titolo: “SCOPRIRE” – “CONQUISTARE” – “AMARE” –
“CONOSCERE”, ognuna delle quali presenta un soggetto centrale intorno al quale
ruotano le osservazioni che Todorov vuole mostrare attraverso la sua ricerca di
interpretazioni riguardo al contatto con l’ “ALTRO”.
Cristoforo Colombo rappresenta la figura dello scopritore; Hernán Cortés quella del
conquistatore; Bartolomé de Las Casas il difensore degli indios e Durán, Sahagún
religiosi etnologi (ricercatori delle culture dei vari popoli).

Breve sintesi della trama: Todorov fa riferimento alla conquista dell’America,


soprattutto alla conquista del Messico da parte degli spagnoli per osservare la
scoperta che l’io fa dell’altro. Todorov inizia dalla riflessione, attraverso Colombo,
che gli indios potevano essere considerati in due modi: o diversi e quindi possono
essere sfruttati perché inferiori e quindi schiavi o uguali (identici) e quindi
assimilabili alla cultura ed alla religione spagnola. Il libro è suddiviso in quattro parti:
Scoprire: Todorov osserva il comportamento di Colombo che scopre l’America ma
non gli Americani. È infatti un interprete dei segni della natura, degli animali, ma non
comprende i segni degli indios che sono considerati come elementi della natura stessa
collocabili tra l’uomo e gli animali. Insomma Colombo è colui che scopre l’America
senza accorgersene ed è alla ricerca dell’oro e delle ricchezze, ma ciò che stava più a
cuore a Colombo era la diffusione planetaria del cristianesimo. Colombo non capisce
l’altro e gli impone i propri valori, per lui gli indios non sono individui che hanno
identità e dignità.
Conquistare: Todorov valuta il livello di conoscenza dell’altro confrontando due
condottieri diversi: Cortés e Moctezuma. In questa sezione Todorov rende
comprensibile gli avvenimenti che riguardano la conquista del Messico e come ciò
sia stato possibile con poche centinaia di uomini. Cortés utilizza interpreti in
particolare La Malinche donna india che in breve tempo impara lo spagnolo, e impara
anche i valori europei. Cortés è uno stratega arriva ad allearsi con degli indigeni per
sconfiggere gli aztechi. Moctezuma non si opporrà mai alla presenza spagnola perché
avendo in precedenza sottratto il trono ai Toltechi, credeva che gli spagnoli fossero
discendenti dei Toltechi stessi.
Amare: Todorov evidenzia il confronto sulla conoscenza degli indios da parte di
Cortés (che ha come fine ultimo la distruzione), con quella di Las Casas (vescovo
spagnolo, abate domenicano) che vuol difendere gli indios pur non conoscendoli
come Cortés. La comprensione di Cortés è ciò che renderà possibile la distruzione
delle civiltà americane (comprendere, prendere e distruggere). La dottrina
dell’ineguaglianza, tra cui ritroviamo Sepulveda (filosofo 1494-1573) fu contrapposta
ad una dottrina dell’uguaglianza sostenuta da Las Casas e da altri religiosi. Sepulveda
fa una distinzione tra coloro che sono nati padroni e coloro che sono nati schiavi,
giustificando così tutte le guerre degli spagnoli. Al contrario la posizione egualitaria
di Las Casas discende dall’insegnamento di Cristo che impone di amare il prossimo
tuo come te stesso. Per Las Casas l’evangelizzazione è necessaria ma non deve essere
svolta da soldati bensì da religiosi.
Conoscere: questa ultima sezione è dedicata a due studiosi religiosi, Duran e
Sahagun, il primo domenicano, il secondo francescano, che nelle loro opere riportano
la versione indigena sui fatti raccontati avendo imparato la loro lingua.
Duran acquisisce una conoscenza della cultura dall’interno, abitando in Messico sin
dall’età di cinque anni. È un cristiano ed evangelizzatore convinto e sostiene che la
conversione degli indios sarà necessaria solo se si avrà una conoscenza della
religione pagana.
Duran sostiene che si debba sradicare ogni traccia della religione pagana, ma bisogna
però sapere riconoscere ogni forma di idolatria. Duran ostenta una propensione
all’ibridazione delle culture, non sarà né spagnolo né azteco, ma sarà uno dei
primissimi messicani.
Bernandino Da Sahangun è un frate francescano che si forma nell’università di
Salamanca. In Messico impara la lingua nahuatl, ha il desiderio di facilitare
l’espansione del cristianesimo e per farlo vuol conoscere a fondo le usanze pagane.
Vuole conoscere e conservare la cultura indigena. La sua Historia viene redatta in
lingua nahuatl, descrive gli indiani dall’esterno con molta precisione.
L’ultima sezione è l’epilogo ed è interamente dedicata alla “Profezia di Las Casas”,
il quale auspica un castigo “divino” nei confronti della Spagna (Europa occidentale)
per tutte le ingiustizie e le malefatte perpetrate verso le popolazioni indigene.
Pensiero e stile dell’autore: Con questo libro (La conquista dell'America), Todorov
ha svolto un’esplorazione sull’aspetto dell'alterità (il non “IO”) e sulle relazioni tra
uomini e comunità appartenenti a culture e gruppi sociali diversi. Questo tema, ha
probabilmente la sua origine psicologica dalla situazione di emigrato dello stesso
Todorov che si trova a vivere in Francia.
Ha uno stile tutto sommato quasi impersonale basato sulla lettura attenta dei resoconti
e delle cronache di Cortés, Las Casas, Durán, Sahagún e del primo scopritore
Colombo della regione dei Caraibi. La sua soggettività emerge soprattutto dalla
dedica dove Todorov richiama l’episodio della donna maya fatta divorare dai cani
perché fedele al marito partito per la guerra.
Nota personale:
Ad una prima lettura questo libro sembra offrire una interpretazione piuttosto agevole
ed affatto complicata.
I conquistadores sono i cattivi, le vittime i popoli sottomessi soprattutto grazie alla
preponderanza ed efficacia delle armi dei primi, comprese quelle batteriologiche delle
epidemie, non si spiegherebbe altrimenti come sia stato possibile decimare milioni di
individui da parte di qualche migliaio di invasori.
Tuttavia andando avanti cominciano ad insorgere dei dubbi, sarà così scontata la
chiave di lettura? Eppure settanta milioni di morti nell’America, di cui ben
ventiquattro nel solo Messico, ovvero il più grande genocidio dell’umanità
sembrerebbe offrire questa tristissima realtà, tanto più che quelle popolazioni prima
delle invasioni dei conquistadores si calcola che siano state composte da circa ottanta
milioni di individui !
Allora dalla lettura più attenta possiamo osservare come a Todorov importasse fino ad
un certo punto, ovvero solo per la ricostruzione storica, l’aspetto delle battaglie e
dell’azione della conquista fine a se stessa.
Era piuttosto uno scavare nelle relazioni umane, nei contatti tra spagnoli ed indios, su
quali pensieri si formavano nelle loro teste gli uni sugli altri.
Gli indios credevano che gli spagnoli fossero degli dei, addirittura la reincarnazione
del dio civilizzatore Quetzalcoatl, altri che uomo e cavallo (sconosciuto fino a quel
tempo) fossero un'unica entità.
D’altra parte gli spagnoli e primo Colombo non consideravano gli indios persone ma
soltanto cose che facevano parte dei paesaggi; oppure altri, come Cortés e non solo
lui, suddividevano in due possibili categorie gli indios: soggetti inferiori e perciò
schiavi collocati al di sotto degli animali o peggio di cose come materiali da
costruzione (legno, fango, ecc…), o soggetti assimilabili agli spagnoli dunque
convertibili prima di tutto alla religione e poi agli usi e costumi degli spagnoli e degli
europei.
Insomma un libro che pagina dopo pagina ti tiene incollato e per certi versi inorridito
dalle nefandezze per lo più inutili che da queste pagine emergono con brutale
evidenza.

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