Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
2.1.7 Arbitrarietà
L’arbitrarietà è l’inverso della motivazione, essa caratterizza il legame tra il suono e il significato entro un
segno: non vi è alcuna ragione per cui un dato suono sia connesso ad un significato (in russo rubaska
significa camicia mentre in italiano, il suono, ci ricorda il vero rubare)
Ricordiamo che ciò che non ha motivazione in sincronia lo può avere in diacronia.
L’arbitrarietà è fondamentale per il cambiameto del potenziole semantico di un’unità linguistica: poiché non
vi è ragione per legare un dato suono a un dato significato è possibile attribuire altri significati a quel suono.
La lingua può essere onsiderata un sistema segnico, ma, la linguistica del ‘900 afferma che si tratta di un
sistema di segni; la differenza sta nel fatto che un sistema segnico non è composto da veri e prori segni ma
di strutture predisposte a funzionare come segni nei messaggi.
Nella comunicazione, un segno è un eveto fisico che attiva ad un evento mentale. I segni vegono utilizzati
per descrivere oggetti o situazoni durante una comunicazione i cui scopi variano a seconda dei casi concreti.
Possiamo quindi affermare che il messaggio è un segno complesso formato a sua volta di segni di minore
complessità. Il messaggio creato dal mittente ha un determinato scopo, suscitare un certo effetto sul
destinatario, perciò il mttente utilizza gli stumenti che la lingua gli mette a disposizione.
I segni conreti sono eventi semiotici, ovvero unità di suono e di significato con i quali i parlanti si riferiscono
alla realtà.
La lingua è un sistema di strutture (strumenti espressivi per costruire i messaggi).
Il segno è, invece, una relazione tra evento fisico ed evento mentale, mentre lo schema di segno è l’unità di
cui il parlatore si avvale come “istruzioni d’uso”.
Metodologica, il segno è una nozione introdotta dallo studioso per spiegare l’organizzazione che
regge la parola.
Come esistono differenze timbriche nela comunicazione esistono anche differenze di intensità, durata e
altezza.
L’intensità caratterizza l’accento che comporta anche variazioni di altezza di durata e di timbro. L’accento
di intensità può servire a distinguere parole diverse (càpitano capitàno).
La durata è un fenomeno fisico che varia in base al tipo di suono. La durata può essere:
Misurabile (determinata da proprietà fisiche del suono)
Funzonale (molte lingue si servono delle differenze di durata per distinguere vocali brevi o
lunghe)
L’altezza è considerata molto importante nelle lignue orientali come il cinese di cui fanno parte quattro
principali toni. Per rappresentarli si può usare una scala di cinque gradi che dividono in quattro intervalli
uguali la differenza teorica tra il grado massimo e minimo.
La trascrizione fonetica comporta alcuni svantaggi: rende omografi gli omofoni (tenuti distinti dai caratteri
cinesi).
Omografi: parole diverse scritte allo stesso modo che si distinguono nella pronuncia.
Omofoni: parole diverse che hanno lo stesso suono.
1. Il modo di articolazione, che è il tipo di ostacolo che si frappone all’uscita d’aria in quattro modi:
Se l’ostacolo è totale con il modo dei suoni occlusivi.
Se l’ostacolo è parziale si hanno suoni continui che possono essere fricativi o liquidi.
Nel modo delle articolazioni nasali il livello palatale è alzato.
Se l’ostacolo è nullo si hanno le vocali o vocoidi. La vocale è un suono che da autonomia alla
sillaba.
2. Il secondo fattore è il luogo di articolazione. Se la lingua interviene nel luogo di articolazione i suoni
vengono suddivisi in apicali e dorsali. Se la regione apicale della linguua (inarcandosi verso l’alto)
incontra gli alveoli si realizzano consoanti retroflesse.
3. Nei suoni a ostacolo nullo il luogo di articolazione è il grado o direzione di innalzamento della lingua
verso il palato.
4. L’apporto del meccanismo laringeo, che quando è attivo da vita ai suoni sonori, mentre quando non
è attivo da vita ai suoni sordi..
5. La tensione e la rilassatezza dei muscoli e del risuonatore. Un’occlusione sorda è tesa, una sonora è
articolata.
3.1.6. Vocali
I suoni ora descritti sono articolati partendo dal modo di articolazione, in ognuno di questi modi i suoni
sono distinti per il luogo e altri fattori.
Cominciamo dai suoni ad ostacolo nullo che rappresentano un’articolazione più complessa degli altri suoni.
Nell’articolazione delle vocali operano questi fattori:
1. Per il grado di innalzamento della lingua ci sono vocali basse (grado minimo di innalzamento) e
vocali alte (grado massimo di innalzamento).
2. La labializzazione secondo cui ci sono vocali arrotondate e non arrotondate.
3. La direzione di innalzamento della lingua, se si innalza la parte anteriore si ha la serie delle vocali
anteiori (e,i). se si innalza la parte inferiore della lingua si hanno le vocali inferiore (o,u) se la lingua
forma una conca abbassando la pare mediana si ha la vocale centrale (a)
4. Se il velo palatale viene teso si ha l’apertura delle fosse nasali e le vocali sono articolate con
risonanza nasale.
Le serie vocaliche
Queste vocali si possono combinare in vari modi ma vi sono anch cominazioni fondamentali che danno
luogo alle serie più frequenti nelle lingue d’Europa. Sono le serie preferenziali o naturali.
La prima serie naturale è data dalla combinazione anteriore non arrotondata (e,i)
Le più importanti serie delle anteriori arrotondate sono le mdie basse (oe), la media alta (O), e la
alta (y). Le vocli di questa serie sono simili per l’arrotondamento alle vocali della serie posteriore,
mentre per l’articolazione linguale sono vicine alle vocali anteriori.
La seconda serie naturale è quella delle posteriori arrotondate (o,u)
La serie delle posteriori non arrotondate è rappresentta dalla vocale medio bassa inglese (^) di run e
cutt.
Alla serie delle centrali non arrotondate fa parte la medio bassa con simbolo (a capovolta) che si
trova sia in inglese che in tedesco. Tra le centrali non arrotondate c’è la media (a) che differisce dalla
(e) per l’articolazione linguale essendo centrale e non anteriore. Questa è molto usata in tedesco e
in francese.
Le vocali che appartengono alle serie delle centrali arrotondate sono:
La vocale medio alta (lettera dell’alfabeto olandese, o baratta).
La vocale alta (lettera dell’alfabeto norvegese, u baratta).
3.1.7. Le occlusive
Classificazione delle occlusive in base al luogo di articolazione e alla presenza o assenza di sonorità.
B, bilabiale sonora
P, bilabiale sorda
D, alveolare sonora
T, alveolare sorda
G post – palatale sonora
K post – palatale sorda
Nelle lingue germaniche le occlusive sorde all’inizio della parola sono seguite da una leggera aspirazione,
sono quindi aspirate.
3.1.8. Le fricative
Classifichiamo le fricative in base al luogo di articolazione e alla presenza o all’assenza della sonorità.
V, lsbiodentale sonora
F, labiodentale sorda
Z, dentale sonora
S, dentale sorda
3.1.9. Le nasali
Tipiche dell’italiano:
Labiale (m)
Labiodentale (n) es. anafora
Dentale (n) es. dente
Palatale
Velare
Occlusiva post – palatale sonora (g)
Ovvlusiva post – palatale srda (k)
3.1.10 Le approssimanti
Tra le fricative e le vocali si pone un modo di articolazione chiamato dei suoni approssimanti. Sono le
realizzazioni delle semiconsonanti (w) e (j) in italiano.
W: approssimante velare e articolata con arrotondamento delle labbra
J: palatale non arrotondata
Le semiconsonanti sono intermediarie tra le vocali e le fricative.
3.1.11. Le liquide
Le liquide possono essere vibranti o laterali.
Vibranti:
r, la vibrante alveolare
R, la vibrante uvulare
Laterali:
L, velare
Palatale
Nella tabella IPA* vi sono righe per le vibranti e per le laterali. La tabella indica a sinistra modi di
articolazione delle cnsonanti (ocllusive, nasali, vibranti, fricative laterali, approssimanti e approssimanti
laterali).
3.1.12. Le affricate
Sono suoni complessi che si producono articolando un’occlusiva e una fricativa quasi contemporaneamente.
Si prounciano nello stesso luogo di articolazione e devono essere tutte e due sorde o sonore.
Affricate in italiano:
Dentali, sonora (dz, zenzero) e sorda (ts, azione)
Post alveolari, sonora (d, giardino) e sorda (tf, ciurma)
Affricate in russo:
Affricate sorda dentale (tz, zar)
Affricate sorde post alveolari sonore (d, giardino) e sorde (tf, Cajkowskij)
Affricate in tedesco:
Affricate sorde labiodentale (pf, Pferd, cavallo)
Affricate dorde dentali (ts, Blitz)
Affricate sorde post alveolare (tf, deutsch)
Il contesto fonetico – fonologico determina la scelta di una variante piuttosto che un’altra, per questo si
parla anche di variante combinatoria.
La classificazione in base al rapporto tra le opposizioni avviene sotto 2 aspetti: gli elementi in condivisione e
il tipo di distinzione.
1. In base agli elementi di condivisione
Consideriamo l’opposizione b/p, entrambi occlusivi e bilaterali quindi è un’opposizione fonologica
unica, non esistono altre opposizioni fonologiche uguali per questo si dice bilaterale.
L’opposizione b/d, i tratti sono occlusivo-sonoro, gli stessi tratti li troviamo in b/g e in d/g sono
opposizioni fonologiche che hanno la stessa base di comparazione per questo si dicono
multilaterali.
Una coppia oppositiva che presenta un rapporto identico a quello di altre coppie oppositive è detta
opposizione proporzionale (d/t; g/k). Vi sono opposizioni isolate come l/r, b/, perche nesun’altra
coppia oppositiva ha la stessa rekazione reciproca.
2. Classificazione in base alla forza distintiva
Se consideriamo la forza distintiva le opposizioni possono essere neutralizzabili o costanti. In
tedesco e russo le opposizioni bilaterali private che si trovano alla fine della parola non sono
operanti perche gli estremi della coppia vengono pronunciati allo stesso modo, es. t-d sono letti
come t, perciò rad (ruota) è pronunciato come rad (consiglio). In questi casi Trubeckoj dice che
l’opposizione è neutralizzata. Sul piano fonetico si ha un sincretismo (d e t si pronunciano allo stesso
modo) sul piano fonologico si dice arcifonema.
Le correlazioni
Il nucleo del sistema fonologico è costituito da vari tipi di opposizioni, che sono in relazione privativa,
bilaterale e proporzionale. Queste opposizioni sono le coppie correlative.
Una serie di coppie correlative, i cui estremi si oppongono per lo stesso tratto, è una correlazione. La
correlazione è quindi una serie di coppie correlative caratterizzate dalla stessa marca di correlazione. La
marca di correlazione è un tratto la cui presenza o assenza carattarizza gli estremi delle coppie correlative.
Nel nostro caso è la sonorità.
Per Trubeckoj l’elemento primitivo del sistema fonologico è l’opposizione fonologica (momenti di un sistema
fonologico fondato sulle correlazioni).
3.2.4. Il binarismo
Roman Jakobson ha iniziato varie ricerche riguardanti il fonema come estremo di un’opposizione e come
fascio di tratti distintivi.
Per prima cosa ha costituito una serie di caratteristiche acustiche comuni a tutte le lingue. Ogni lingua
sfrutta in maniera diversa queste caratteristiche e ne risultano, di conseguenza, sistemi fonologici diversi.
Es. la diesizzazione (rafforzamento armoniche ad alta frequenza) è tipica del russo e delle lingue slave.
Jakobson considera solo opposizioni binarie. Il Binarismo è l’analogia del calcolo binario (che è alla base del
linguaggio di programmazione). Ogni fonema è definito per mezzo di una matrice di tratti. Ogni tratto è
binario, cioè può avere due valori (positivo o negativo).
I tratti necessari per definire i fonemi dell’italiano sono:
1. Sillabico, è un suono che compare nella posizione di nucleo sillabico
2. Consonantico, è un suono prodotto restringendo la fuoriuscita di aria
3. Sonorante, la restrizione è scarsa ma si può comunque muovere le pliche vocali
4. Sonoro, è un suono consonantico che si ha attivando il meccanismo della laringe
5. Continuo, caratterizza i suoni articolati senza occludere la cavità orale
6. Rilascio ritardato, sono suoni articolati in fase di occlusione e una successiva minore restrizione
della fuoriuscita di aria
7. Laterale, l’aria fuoriesce dalle aree laterali del cavo orale, nella zona centrale invece vi è
l’occlusione
8. Arretrato, si dicono suoni come le occlusive velari che si fanno arretrando la lingua
9. Anteriore, suoni prodotti con una restrizione della alveolare o anteriormente a questa
10. Coronale, suoni emessi sollevando la parte anteriore della lingua
11. Basso, suono emesso abbassando la lingua, aprendo la mandibola
12. Alto, suono emesso alzando la lingua verso il palato
13. Arrotondato, suono fatto con la labializzazione
Alcune differenze che la fonologia mette in luce riguardano le combinazioni dei fonemi in unità maggiori
come la sillaba e la parola.
Lo studio della sillaba si è sviluppato negli ultimi anni trenta. È iniziata una critica verso le fonologie
tradizionali, le nuove idee riguardo la fonologia vogliono creare una gerarchia di livelli autonomi.
La struttura della sillaba è fatta da un attacco e da una rima, la rima a sua volta è fatta da un nucleo e da
una coda. Il nucleo è la componente vocalica della sillaba.
In italiano vi sono sillabe con nucleo e rima senza attacco (es. anca), sillabe con attacco e nucleo senza coda
(es. arca) e sillabe con attacco, nucleo e coda (pan in panca)
Se la rima ha solo il nucleo la sillaba è aperta, se c’è la coda è chiusa.
In italiano l’attacco può contenere fino a tre consonanti, ma prima deve essere una fricativa dentale e la
terza una liquida (splendore).
La coda può contenere una liquida una nasale e una semivocale (alto, arto). Nella coda sono ammesse altre
consonanti se rappresentano l’attacco della sillaba successiva, come p in strappare. In questo caso la
consonante è geminata. Ha due ruoli, nella coda e nell’attacco della successiva.
Negli sviluppi degli studi della sillaba entro prospettiva generativa le categorie di attacco e rima sono
attribuite a un livello sovraordinato a quello delle categorie di consonanti e vocali.
I fenomeni prosodici della melodia, quantità e accento, sono collocati su un asse superiore al livello delle
consonanti e delle vocali.
Uno sviluppo interessante degli studi di fonologia prosolida riguardano l’accento di intensità, cioè una
prominenza relativa: la sillaba accentata è più forte della non accentata.
CAPITOLO 4
Unitàe processi nella morfologia
Es. la E di vela si oppone alla O di vola distinguendo vola da vela. Invece in cani e gatti la E ha proprietà
semantiche, da sola è capace di significare. Qui la E non è più un fonema, ma viene individuata e e
delimitata grazie grazie alla carica semantiche che possiede. Per individuare la E consideriamo la catena
fonica come un’articolazione di elementi significativi chiamati prima articolazione della lingua. Le unità che
vi compaiono hanno un lato fonetico fonologico e un lato semantico.
i fonemi della seconda articolazione sono unità con un solo lato. Si individuano usi concreti e si riconducono
a dei modelli che sono di riferimento come fossero istruzioni d’uso.
Le sequenze foniche interpretabili con una sequenza ordinata di fonemi (es. mare m+a+r+e) sono
realizzazione del significante, cioè della parola. Il significante ha una natura ideale, non fisica.
Nel flusso del parlato compare la realizzazone del significato. Il significato si coglie così: udendo una
sequenza di suon, l’ascoltatore si concentra sul significato.
Le strutture linguistiche sono tali poiché sono predisposte a significare. Tuttavia tra significante e significato
non c’è un rapporto biunivoco.
Le strutture linguistiche possono manifestarsi come unità o processi (per manifestarsi i processi hanno
bisogno di unità).
Nella prima articolazione della lingua ci sono cinque classi di strutture: morfologia, lessico, sintassi ordine
delle parole e intonazione.
Per la fonologia è articolata in uno o più piedi a loro volta strutturati in sillabe organizzate
secondo le regole della lingua organizzata.
Per la morfologia, si articola in componenti disposti in un certo ordine.
Per l’ortografia, elemento isolato da spazi nella scrittura.
Per il discorso, i confini della parola sono punti di pausa potenziale.
Queste proprietà non sono universali e le parole si caratterizzano in modo diverso da lingua a lingua.
Bisogna distinguere la parola dalla forma di parole.
Per ogni parola vi è una forma di citazione. La parola come unità sul vocabolario è detta lessema, possono
essere semplici (strada – rosso – perdere), o strutturati se si ottengono da altri lessemi (stradale – arrossire
– riprendere)
4.3. I morfemi
L’analisi delle parole si avvale della nozione di morfema (struttura semplice della prima articolazione). Il
morfema si può classificare attraverso una classificazione formale o funzionale. La classificazione che rileva
la posizione dei morfemi nella parola è la così detta FORMALE. Qui si distinguono: radici, affissi e desinenze.
Per es. “riguardare” ri – affisso, guard – radice, are – desinenza. Se l’affisso, come in questo caso, precede la
radice si dice prefisso, mentre se la segue si dice suffisso.
4.8.3. La prefissazione
I prefissi danno luogo a parole che appartengono alla stessa classe lessicale della base. Un esempio per
quanto riguarda i verbi è la classe formata da correre, decorrere e percorrere.
Le strutture in origine non erano prefissi, ma lessemi costitutivi di parola autonoma, cioè prefissoidi.
4.8.4. La derivazione
La derivazione è il tipo di informazione che incrementa la base lessicale trasferendo la parola in un’altra
parte del discorso.
Le strategie sono:
Uso di suffissi come -oso che forma aggettivi (altezzoso), -ione che forma sostantivi da verbi
(delusione). Un suffisso in grado di individuare la parte del discorso a cui appartiene una parola.
La derivazione zero, quando non intervengono formativi lessicali e il lessema riceve le proprietà
flessionali della classe di arrivo.
La retroformazione che si attua riducendo o togliendo un formativo lessicale che compare nella
manifestazione di un lessema strutturato.
Le formazioni parasintetiche che sono date dalla formazione di un prefisso con una derivazione
zero.
L’apofonia che è la variazione della vocale alla radice.
4.8.5. L’alterazione
Gli alterati dell’italiano sono:
Diminutivi, dove i formativi hanno la funzione di connettere il morfema lessicale al suffisso
alterativo.
Vezzeggiativi, dove i formativi più frequenti sono -uccio / -uccia (casuccia)
Accrescitivi, dove i formativi più frequnti sono -one / -ona (macchinone)
Peggiorativi, dove i formativi più frequenti sono -accio / -accia (linguaccia)
il senso dell’alterazione varia a seconda dell’uso (es. un atteggiamento affettuoso può comparire nel
diminutivo, ma anche nel peggiorativo o nell’accrescitivo).
4.10. I sintemi
Il significato dei composti è costruito il più delle volte grazie ai significati delle parti.
Il significato dei sintagmi dipende dal significato delle parti. Sono quindi caratterizzate dalla
composizionalità.
I sintemi sono unità lessicali complesse, articolate in costituenti portatori in quella combinazione di un
significato unitario.
In un sitagma si può sostituire un elemento con altri che abbiano la stessa funzione, in un sintema no.
In un sintema la lessicalizzazione è massima, in un sintagma tende al minimo.
4.12.2. I calchi
Attraverso il calco c’è la ricezione di parole in altre lingue.
Vi è il calco semantico quando una parola da una lingua acquista un ulteriore senso per influsso di un’unità
di un’altra lingua.
Invece con il calco strutturale la struttura lessicale di un’altra lingua è il modello per una nuova parola. Il
calco è detto perfetto quando vi è uno stretto legame col modello.
Più il calco è perfetto, meglio la lingua mutante tende a riprodurre la struttura della lingua che offre il
modello.
Ma il più delle volte il calco strutturale è imperfetto.
Nel rapporto strutturale imperfetto il rapporto con il modello è meno stretto, vi è un’imitazione
approssimativa nella quale uno degli elementi del modello è riprodotto più liberamente.
Il latino è considerato il denominatore della civiltà europea occidentale.
CAPITOLO 5
DALLA LESSICOLOGIA ALLA LESSICOGRAFIA
Nella microstruttura di una voce lessicografica i sensi possono venire ordinati in base a criteri differenti.
Ordine storico, la classificazione procede in base a un criterio temporale.
Ordine logico, il senso proprio precede i sensi figurati e gli sviluppi dovuti al calco semantico.
Un dizionario è un’ipotesi dulla struttura del lessico di una lingua.
Molte informazioni riportate nell’opera hanno gia superato il vaglio di una verifica empirica intersoggettiva.
Altre informazioni sono il risultato di una scelta operata operata dal lessicografia.
CAPITOLO 6
ELEMENTI DI SINTASSI
Saluta
Giulia Carlo
Qui si considerano solo le connessioni tra le parti. La dimensione gerarchica della struttura è caratterizzata
da assimetria tra gli elementi in connessione: l’elemento al vertice della figura è il nodo dominante.
Se la forma è un verbo il nodo è verbale, gli elementi che dipendono dal verbo sono nodi nominali. Il
soggetto può avere sia valenza di costituente sia valenza dipendete dal verbo, e si distingue un “soggetto”
da un “oggetto” in rapporto al verbo.
6.3. I sintagmi
Un sintagma preposizionale può essere facoltativo. In altri casi la preposizione è selezionata da un verbo
(riferirsi a), da un nome (interesse per), o da un aggettivo (capace di), i quali richiedono un’integrazione di
un certo tipo, chiamata valenza.
Un verbo è monovalente se esige solo un argomento. È bivalente se ne richiede due. È tricalente se richiede
un oggetto indiretto..
Le valenze esigono di essere strutturate affinchè la struttura si completi, questi argomenti sono chiamati
attanti.
La sintassi richiede due argomenti, il soggetto e l’oggetto indiretto.
L’ordine degli argomenti è ripreso nella struttura sintattica della gerarchia delle relazioni che i sintagmi
normali intrattengono con il verbo (nucleo del sintagma verbale).
La qualità è il requisito che il predicato espresso dal verbo pone sui posti argomentali.
6.6. Le frasi nominali e le frasi verbali
Le frasi nominali e verbali sono due tipi fondamentali di frasi.
La frase è caratterizzata da melodia ascendente con pausa successiva.
Nella frase nominale l’aggettivo (con funzione di predicato di una frase nominale) si manifesta nella forma
breve.
Le dipendenze sono legami tra elementi. Per manifestrasi si avvalgono di molte strategie che variano da
limgu a lingua.
Si hanno tre principali modalità di manifestazione tra nessi sintattici:
1. La concordanza si ha quando un elemento trasferisce i proprio morfemi flessionali a un altro, in due
modi:
Nel sintagma nominale il nome stabilisce le categorie del genere e del numero dell’aggettivo
e dell’articolo.
Anche il verbo ha un morfema estrinseco, è il numero imposto dal soggetto.
2. Si ha la reggenza quando i morfemi che compaiono in un sintagma sono determinati da un altro
sintagma. Il nucleo che determina i sintagmi può essere un verbo, un nome, un aggettivo e una
preposizione.
3. La giustapposizione che è fondamentale nel caso di lingue povere di flessione (es. inglese).
CAPITOLO 11
VARIAZIONE LINGUISTICA
disciplina studia le diverse modalità di realizzazione della lingua a seconda delle differenti tipologie di
parlanti. Si tratta quindi di uno studio focalizzato sulla parole e non sulla langue.
Il punto di partenza i un’indagine sociolinguistica è l’indivisuazione di una comunità linguistica (insieme di
parlanti che si riconoscono nell’uso del medisimo codice), e bisogna tener conto del fatto che all’interno di
questa comunità linguistica esistano le varietà linuistiche. Ricordiamo comunque che l’appartenenza
primaria è alla lingua e non alla varietà (appartenenza all’italiano e non, per esempio, al dialetto toscano).
Dato che la lingua non è un codice unitario ma un repertorio di codici, la sociolinguistica deve precisare
quanto il parlante è in grado di dominare i codici linguistici diversi. Da questa capacità discende la
competenza comunicativa, cioè la capacità di utilizzare la lingua in mdo appropriato a seconda delle
situazioni. Se un parlante ha piena padronanza di più codici può passare liberamente da un codice all’altro
operando quella che viene definita comunicazione di codici.
Le varietà linguistiche posso trovarsi nella fonetica, nella morfologia, nella sintassi o nel lessico.
SOCIOLETTO E IDIOLETTO
Si ha un socioletto quando la scelta di una detrminata varietà ricorre con regolarità e non è più lasciata alla
libera iniziativa del parlante, non è più un atto di parole; quindi una lingua speciale diventa un asottovarietà
articolata e strutturata.
Il socioletto può definire non soltatnto una classe sociale, ma anche un insieme di persone che hanno
determinate caratteristiche comuni.
L’uso di queste varietà dipende da una scelta consapevole degli appartenenti al gruppo, anche volta a
esplicitare la propria identità. In casi del genere non simo più in presenza soltanto di una varietà sociale,
perché la sua utilizzazione non dipende dala condizioni socioculturali del parlante ma anche di una varietà
diafasica (scopo della comunicazione).
Anche la differenza etnica può riflettersi sulla lingua.
Per designare varietà linguistiche che investono solamente la lingua parlata di un determinato individuo si
usa il termine idioletto.
LINGUE SETTORIALI
Le ligue settoriali sono caratteristiche di determinati settori dell’attività umana o di gruppi professionali.
L’interesse prevalente delle lingue settoriali consiste in un passaggio di informazioni il più possibile rapido
preciso ed efficiente. (per esempio leggendo il resoconto di una seduta parlamentare o u testo legislativo, si
troveranno impiegte formule ricorrenti e termini desueti o completamente assenti nel linguaggio comune.
GERGHI
Quando una lingua speciale si pone come obbiettivo non quello di facilitare la comunicazione, ma quello di
creare un vincolo di solidarità più stretto, o di complicità, fra un gruppo di persone, o addirittura di non
permettera la comprensione al di fuori della cerchia di persone che parla, si passa dalla lingua speciale al
gergo.
Il lessico nella maggioranza dei casi, è costituito da parol della lingua nazionale usate con valore traslato, ma
non mancano prestiti da altre lingue, spesso anche lontane.
CAPITOLO 12
CAMBIAMENTO LINGUISTICO
del sistema, queste possono essere per esempio le scuole. Si ricordi comunque che nessuna fase di
una vicenda linguistica è definitiva: tutto può muoversi in un senso, ma anche nell’altro.
3. Le forze che portano al cambiamento della lingua sono di solitò interne alla comunità di parlanti. È
questa a decidere in definitiva che un nuovo stadio debba sostituire uno stadio precedente.
12.2.3. L’analogia
Secondo i neogrammatici, l’analogia tempera l’azione cieca ed imprevedibile dele leggi fonetiche. Permette
al parlante di modificare forme o parole in modo discordante rispetto agli esiti fonetici attesi, per allinearle
ad altre forme o parole semanticamente affini.
Rotacismo latino s>r “honor, honoris” antico tema in s : honos, hoosis. Il fenomeno del rotacismo trasforma
la s in posizione intervocalica in r. l’analogia dei casi obliqui ha introdotto –r anche al nominativo dove non
c’era nessuna ragione di ordine fonetico per approdare a un esito –r.
Il motivo che determina la scelta di una forma a scapito di un’altra, o l’itervento su una serie di paradigmi
piuttosto che su un’altra, è difficilmente prevedibile. Non dipende dalla frequenza dell’uso, il parlante
sistema e regolarizza il paradigma di verbi di uso “raro” e accetta la difficoltà e le irregolarità nei verbi di uso
frequente. Il parlante partecipa cretivamente all’evoluzione della lingua. La trasformazione non è goverbata
solo da forze che agiscono ciecamente, è continuamente sotto il controllo di una comunità di parlanti che
opera trasformando lalingua e adeguandola alle proprie necessità creative.
Anche se osservando la documentazione moderna, si nota che il quadro non è applicato nella sua
integralità.
Ma se in luogo del moderno standard si analizzassero i testi antichi e dialetti si noterebbe: la parte più
settentrionale dell’area linguistica tedesca, è indenne al fenomeno; invece nella parte più meridionale del
territorio il fenomeno ha spesso un’applicazione integrale; infine nelle zone comprese tra queste due aree
estreme, il fenomeno si attua in maniera differente, con minore intensità man mano che si procede da sud
verso nord.
Per spiegare il fenomeno appena descritto usiamo la teoria delle onde. Secondo questa teoria, le
innovazioni si diffondono in un territorio irradiandosi da un centro e propagandosi sempre in modo meno
vigoroso man mano che ci si allontana da tale centro. Naturalmente il propagarsi delle onde può essere non
omogeneo in tutte le direzioni, e la forza e la rapidità con cui una determinata trasformazione avanza nel
territorio potrebbe essere contrastata o addirittura ostacolata da situazioni contingenti.
Perché le onde possano propagarsi occorre che esista un continuum che ne permetta la trasmissione. Esse si
diffondono da un centro a una periferia, e per centro si deve considerare quella parte del territorio la cui
parlata grazie al suo prestigio si propone come modello da imitare.
Se da più centri si irradiano diverse innovazioni che toccano in misura diseguale il territorio quello che in
origine era un territorio linguisticamente compatto ora risulterà frammentato in diverse varietà che possono
anche sovrapporsi.
12.3.2.
La tendenza a evitare salti troppo bruschi nella catena fonetica, è uno dei principi fondamentali che governa
la trasformazione fonetica. Se per esempio in italiano uniamo in o con col verbo portare, l’esito non sarà in-
portare e con-portare ma importare e comportare. Questi fenomeni prendono il nome di assimililazione che
può riguardare il luogo o il modo di aricolazione. L’assimilazione può essere:
Assimilazione regressiva o anticipatoria: il secondo fonema prevale e detta la direzione in cui il
cambiamento deve operare (latino ct italiano tt --- noctem factus --- notte fatto)
Assimilazione progressiva: il primo fonema è quello che prevale.
Assimilazione a distanza: i fonemi che subiscono i processi non sono contigui.
Talvolta, luogo di un’assimilazione, si ha tra i fonemi o i nessi interessati a uno scambio di posizione a cui si
da il nome di metatesi (esempio: latino: periculum maraculum spagnolo: peligro milagro)
Il fenomeno inverso all’assimilazione è la dissimilazione: si verifica quando un fonema si modifica per
differenziarsi da altri fonemi simili presenti nello stesso contesto fonologico. La dissimilazione può essere:
Progressiva: “arbol” in spagnolo dal latino “arborem”.
Regressiva: “albero” in italiano dal latino “arborem”.
il parlante ha voluto evitare la presenza di du /r/ in due sillabe vicine e ha sostituito una delle due on /l/.