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4.

Sintassi

Analisi in costituenti
La sintassi si occupa delle strutture delle frasi, studia come si combinano le parole e come sono
organizzate le frasi. La frase fa da unità di misura per la sintassi.

La frase è l’entità linguistica che funziona come un’unità comunicativa: ciò vuol dire che costituisce
un messaggio o blocco comunicativo autosufficiente nella comunicazione verbale, nel discorso. Le
frasi possono contenere una predicazione, cioè un’affermazione riguardo a qualcosa,
un’attribuzione di una qualità, un modo d’essere o di agire (l’assegnazione di una proprietà di una
variabile o di una relazione fra più variabile, ad esempio Gianni è alto, attribuzione all’entità
chiamata Gianni la qualità chiamata altezza).

Vi possono essere frasi senza verbo, dette frasi nominali, es. buona questa torta, che funzionano
da messaggi autosufficienti e contengono una predicazione. I problemi sorgono quando si tratta di
individuare quante e quali frasi ci sono in un discorso: un criterio non sempre solidissimo ma che
dà un’indicazione, consiste nel capire che c’è una frase dove c’è una predicazione.

Le parole non si combinano in frasi per semplice giustapposizione, ma secondo rapporti e leggi
strutturali. Con ‘frase’ si designano anche costrutti dall’estensione più ampia di una frase semplice
costituita da un’unica predicazione; questa si può allora chiamare più precisamente
‘proposizione’.

Per analizzare la struttura delle frasi bisogna capire come sono organizzate le parole e i gruppi di
parole che costituiscono le frasi. È molto utilizzata un tipo di analisi che rappresenta le
concatenazioni e in parte le dipendenze fra gli elementi della frase, che viene scomposta in
elementi sempre più piccoli: questa analisi va sotto al nome di analisi in costituenti immediati .

Essa individua diversi sottolivelli di analisi e i costituenti che si isolano a ciascun sottolivello
costituiscono immediatamente il costituente del sottolivello di analisi superiore. Bisogna quindi
individuare i costituenti di ogni sottolivello utilizzando la prova di commutazione.
Data una frase, il primo taglio si attua confrontando una frase con una più semplice, ma con la
stessa struttura, per individuare i costituenti: confrontando i costituenti con altri più semplici si
possono motivare gli altri tagli fino ad arrivare alle parole, termine ultimo minimo di pertinenza
della sintassi. Qui di solito l’analisi si arresta.

Es:

-Mio cugino ha comprato una macchina nuova – Gianni legge


-Gianni legge e mio cugino  stessa struttura, costituenti immediati
-“Gianni” e “mio cugino” svolgono lo stesso ruolo nei confronti di “legge” e “ha comprato
una macchina nuova”.
- “mio cugino” può essere confrontato per es. con “il gatto”
- “ha comprato una macchina nuova” può essere confrontato con per es. “un libro”
- “ha comprato” corrisponde a “legge”
- “una macchina nuova” corrisponde a “un libro”.
Esistono vari modi per rappresentare schematicamente l’analisi di una frase e dei suoi costituenti.

Il metodo di rappresentazione più diffuso è quello degli alberi etichettati, che permette di rendere
visivamente la struttura della frase sia nel suo sviluppo lineare sia nei rapporti gerarchici che si
instaurano fra i costituenti. Un albero è un grafo costituito da nodi da cui si dipartono rami; ogni
nodo rappresenta un sottolivello di analisi della sintassi e reca il simbolo della categoria a cui
appartiene il costituente di quel sottolivello.

Gianni legge un libro è l’indicatore sintagmatico della frase.

F= Frase

SN= Sintagma Nominale

SV= Sintagma Verbale N=Nome

V= Verbo
Art= Articolo

Gli elementi che stanno al termine di ogni singola diramazione si chiamano “(costituenti) fratelli”.

Poss = Possessivo
Det = Determinante
Aus = Ausiliare
PP = Participio Passato
Agg = Aggettivo

La ‘distribuzione’, ossia l’insieme dei contesti in cui gli elementi possono comparire nelle frasi, è
un criterio importante per distinguere diverse classi di elementi rilevanti per la sintassi. I
determinanti sono quindi tutti gli elementi, parole funzionali che occorrono davanti ad un nome e
svolgono la funzione di determinare il referente da esso indicato.

Per rappresentare la struttura interna di costrutti non molto complessi è in genere sufficiente la
parentesizzazione: ogni parentesi aperta e chiusa corrisponde ad un sottolivello di analisi
sintattica.

Ogni frase è rappresentabile con un indicatore sintagmatico, che ne fornisce la struttura in


costituenti. Questa può in molti casi disambiguare frasi o costrutti che all’apparenza sembrano
identici, ma hanno duplice interpretazione semantica:

Disambiguare frasi o costrutti che sembrano identici ma hanno duplice interpretazione semantica.
Un esempio: sono invitate tutte le ragazze e le signore col cappellino, può essere interpretata:

A- ((((sono invitate)))(((tutte))((le ragazze)e(le signore col cappellino)))) Oppure

B- ((((sono invitate)))(((tu tte))((le ragazze)e(le signore))((col cappellino))))


Il triangolino sta ad indicare che il ramo porta ad un costituente che, essendo la struttura non
pertinente per il fenomeno che si vuole illustrare, non viene analizzato nella rappresentazione.

Sintagmi
L’analisi in costituenti immediati individua tre diversi sottolivelli di analisi: sottolivello delle frasi,
dei sintagmi, delle singole entrate lessicali (= parole). Il più importante è il livello dei sintagmi.

Un sintagma è definibile come la minima combinazione di parole che funzioni come un’unità della
struttura frasale.

I sintagmi sono costruiti attorno ad una testa. Testa è la classe di parole che rappresenta il minimo
elemento che da solo possa costituire sintagma e funzionare da un determinato sintagma, sulla cui
base vengono classificati e prendono il nome. Se si elimina la testa, il gruppo di parole perde la
natura del sintagma di quel tipo. Un sintagma nominale è un sintagma costruito attorno ad un
nome: N è la testa di SN. Un pronome PRO può sostituire in tutto il nome e quindi può essere la
testa del sintagma nominale SN.

Un sintagma nominale minimo è costituito da N o da PRO e può avere strutture complesse anche
se gli elementi variano di lingua in lingua.

In italiano un SN massimo può avere la seguente struttura:


(Quant) + (Det) + (Poss) + (Num) + (Agg) + N + (Agg)
Tutti quei miei quattro bei polli grassi

Le parentesi tonde indicano gli elementi facoltativi od opzionali, quelli che possono ma non
devono essere presenti nel sintagma. Si noti che l’ordine lineare reciproco in cui compaiono gli
elementi è quello previsto dalla struttura sopra rappresentata. Le posizioni, sia prenominale che
postnominale, dell’Agg sono ricorsive (possiamo trovare più di un aggettivo sia prima del nome
che dopo il nome).

Testa di SV è V, testa di SPrep è Prep. Nel caso del sintagma preposizionale la preposizione, che nel
sintagma preposizionale introduce un sintagma nominale, non condivide la proprietà che hanno le
altre teste di sintagma di poter rappresentare da sole il sintagma. Tutte le categorie lessicali di
parole piene possono essere teste di sintagma. Possiamo quindi avere anche sintagmi aggettivali
(SAgg) che hanno per testa un aggettivo (molto bello) e sintagmi avverbiali (SAvv) che hanno per
testa un avverbio.
ALCUNI CRITERI PER IL RICONOSCIMENTO DEI SINTAGMI

MOBILITA’
Un gruppo di parole rappresenta un sintagma se le parole che lo costituiscono si muovono all’interno di
una frase.
Es: Mio cugino ha denunciato il vicino di casa Il vicino di casa ha denunciato mio cugino

SCISSIONE
Un gruppo di parole rappresenta un sintagma se può essere separato dal resto della preposizione,
costruendo una struttura chiamata frase scissa. Si tratta di un caso specifico di criterio di mobilità.
Possiamo isolare tramite una struttura tipo, un gruppo di parole che rappresenta un sintagma (nominale)
ma non le singole parole che lo costituiscono:
Es. Ho guardato dentro gli scatoloni Ho portato dentro gli scatoloni
Si applica il test di scissione, le frasi hanno stessa struttura ma differiscono per una parola.

ENUNCIABILITA’ IN ISOLAMENTO
Un gruppo di parole rappresenta un sintagma se da solo costituisce un enunciato, se può essere
pronunciato in isolamento.
Es: chi ha comprato una macchina nuova? Mio cugino

Es. chi ha comprato una macchina nuova? *Mio (*cugino, *mio cugino ha, ecc…)

COORDINABILITA’

Consiste nel riconosce due sintagmi di uno stesso tipo in due o più gruppi di parole. I sintagmi sono dello
stesso tipo se sono coordinati.

Coordinazione tra sintagmi nominali: Pietro e un suo caro amico sono partiti per le vacanze
Coordinazione tra sintagmi aggettivali: ho visto un uomo stanco e terribilmente disilluso
Coordinazione tra sintagmi avverbiali: ha frequentato il corso svogliatamente e poco assiduamente
Coordinazione tra sintagmi verbali: canta e balla come un vero uomo di spettacolo
Coordinazione tra sintagmi preposizionali: il tutto va mescolato per mezz’ora e con grande cura
La coordinazione si può ritrovare in gruppi di parole analoghe ma di genere molto diverso, come aggettivi
e frasi relative: ho visto un uomo stanco e che non ha più speranza
Può accadere che sintagmi diversi siano di uno stesso tipo ma non per questo coordinabili, ciò si può
verificare quando due sintagmi ricoprono due ruoli semantici differenti:
il custode(agente) e il vento hanno aperto la porta (strumento)
I sottocostituenti (=gli elementi che si attaccano alla “testa”) possono dare luogo a sintagmi
complessi, dotati di una strutturazione a vari sottolivelli. Nella grammatica generativa è stato
introdotto il SDet, Sintagma (del) Determinante, che ha come testa Det e che al suo interno
contiene SN: un libro costoso, per es., non sarebbe più analizzabile come Det + SN (=composto da
N + Agg) ma sarebbe un SDet.

Il tema della struttura interna è stato approfondito con il nome di teoria X-barra, che individua i
diversi ranghi di complessità di un sintagma (X) con l’indicazione di opportune ‘barre’ con apici (X’,
X’’, ecc.): ogni lineetta indica un sottolivello di crescente complessità interna del sintagma.
Nella teoria X-Barra, si postula che tutti i sintagmi abbiano una struttura sottostante generale
comune, rappresentata dal seguente albero, dove X è la testa, Compl (Complemento) è il
modificatore diretto della testa, Spec (= Specificatore) è il modificatore del sottolivello superiore a
quello della testa:

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Più sono gli apici (o le lineette sovrapposte) che indicizzano il simbolo di categoria più complesso e
dotato di più sottolivelli è il sintagma interessato: SN’’’, SN’’, SN’ possono avere tutti il ruolo
sintattico che ha un SN. Si noti che si può, per maggior precisione, usare tale notazione tutte le
volte che ci sia lo stesso simbolo di categoria in due nodi successivi.

Un requisito fondamentale per rappresentare la struttura delle frasi è che ogni costituente deve
comparire al rango gerarchico in cui interviene a contribuire al valore generale della frase. I
sintagmi preposizionali sono utili a questo scopo, perché il loro contributo si posiziona in maniera
diversa all’interno della frase e quindi devono essere agganciati al nodo opportuno.

Esempi di frase:

Gianni ha letto un libro con la copertina blu

In un albero, ogni elemento che sta sul ramo di destra di un nodo modifica (o va messo in
relazione diretta con) l’elemento che sta alla sua sinistra sotto lo stesso nodo. Una posizione
esterna al nodo F, che si diparte da un nodo F che ha al terminale dell’altro ramo un nodo F più
basso, può essere occupata anche da un avverbio che modifichi l’intera frase.
Probabilmente lui è partito per Parigi

Il libro di favole di Fedro

Funzioni sintattiche, strutturazione delle frasi e ordine dei costituenti


Funzioni sintattiche

Ai sintagmi che riempiono le posizioni strutturali di un indicatore sintagmatico vengono assegnati


diversi valori. Il modo in cui le parole si combinano è governato da principi complessi che
interagiscono fra di loro per determinare l’ordine degli elementi e la gerarchia dei rapporti, a
seconda del messaggio e del contesto.

Vi sono tre ordini o classi di principi che sono riconducibili a piani diversi e che intervengono nel
determinare il funzionamento della sintassi.
1) Funzioni sintattiche: riguardano il ruolo che i sintagmi assumono nella struttura sintattica
della frase, in cui i sintagmi nominali valgono da soggetto o complemento (oggetto), i
sintagmi preposizionali possono valere da oggetto indiretto o da complemento, i sintagmi
verbali possono valere da predicato. Una definizione delle diverse funzioni sintattiche è
difficile da dare.

Le tre funzioni sintattiche fondamentali sono: Soggetto (chi fa l’azione), Predicato verbale
(l’azione), l’Oggetto (chi subisce l’azione). A questi si aggiungono numerosi complementi.

In una lingua come l’italiano, che per i nomi e gli aggettivi non ha morfologia di caso, i vari
complementi sono in genere introdotti da un’apposita preposizione e sono espressi da sintagmi
preposizionali. Nelle lingue con morfologia di caso, alcuni complementi sono marcati
contemporaneamente dal caso e da una preposizione.

2) Schemi valenziali: le funzioni sintattiche vengono assegnate a partire da schemi valenziali


che sono l’embrione iniziale della frase e ne configurano il quadro minimale. Quando
dobbiamo parlare, scegliamo un verbo tra quelli che conosciamo. Questo verbo (o
predicato) è associato a valenze (o argomenti) che sono implicate dal tipo di significato del
verbo, un quadro di elementi chiamati in causa: tali elementi sono le valenze (o argomenti).
Ogni predicato, ogni verbo stabilisce il numero e la natura delle valenze o argomenti che
sono rappresentati dai sintagmi nominali che li designano: ha quindi un certo schema
valenziale (o struttura argomentale).
I verbi sono nella stragrande maggioranza: monovalenti, bivalenti o trivalenti. Camminare
o piangere sono monovalenti, sono a un solo argomento, un solo posto. Lodare e
interrogare sono bivalenti, cioè a due posti, due argomenti. Dare o spedire sono verbi
trivalenti. Ci sono anche i verbi zerovalenti o avalenti, come quelli metereologici ma anche
quelli tetravalenti, con 4 valenze come spostare, tradurre, vendere.
Le valenze costituiscono assieme al verbo gli elementi nucleari essenziali delle frasi, anche
quando non vengano tutte realizzate con materiale nella struttura sintagmatica. Col verbo
mangiare che è bivalente, la seconda valenza può non essere espressa, in questi casi si dice
che le posizioni dello schema valenziale sono saturate. Molti verbi ammettono delle
eccezioni: attaccare ma trivalente nel senso di appendere.
Il soggetto è la prima valenza di ogni verbo ed è l’argomento verbale più saliente, a volte
viene definito argomento esterno, anche perché negli indicatori sintagmatici è esterno al
sintagma verbale.
La seconda valenza coincide con la funzione sintattica di (complemento) oggetto, nel caso
normale dei verbi transitivi (Luisa mangia una mela) ma può essere anche un
complemento di luogo(Gianni va in città), un complemento predicativo del soggetto (Luisa
sembra una regina) o dell’oggetto (l’assemblea ha eletto Rossi presidente) o in altri
complementi ancora.
In una frase si possono trovare anche costituenti che realizzano altri elementi che non
fanno parte dello schema valenziale: sono detti circostanziali, o avverbiali o aggiunti, non
essendo implicati direttamente nel significato del verbo non fanno parte delle
configurazioni di valenza dei predicati verbali, ma sono importanti perché aggiungono
informazioni. Negli indicatori sintagmatici, i circostanziali servono come modificatori a
livello della frase nel suo complesso, del sintagma verbale o del sintagma nominale. Alla
frase Luisa cuoce la torta, sono aggiunte tre circostanziali: con pazienza, nel forno e per tre
ore. I circostanziali godo di una certa libertà di posizione: possono essere messi i
costituenti in diversa locazione.

La valenza verbale
Il verbo è l’elemento centrale della frase e determina le caratteristiche della frase. Sono due presupposti
teorici del modello frasale elaborato dal linguista Tesnière, fondato sul concetto di valenza verbale. Il
termine valenza sta ad indicare il numero di elementi linguistici che servono alla frase perché sia
grammaticalmente ben formata. Tali elementi sono detti attanti nella formulazione di Tesnière argomenti
secondo l’uso più diffuso. Il numero degli argomenti è determinato dagli argomenti della frase. In base al
numero di argomenti richiesti dal verbo si riconoscono classi diverse di verbi: zerovalenti, nessun
argomento; monovalenti, richiedono un solo argomento; bivalenti, due argomenti; trivalenti, tre
argomenti; tetravalenti, quattro elementi. Si pensa che 4 sia il numero massimo di valenze per un verbo.
C’è differenza tra verbi intransitivi e monovalenti, da una parte e i verbi bi- e trivalenti dall’altra, una
corrispondenza soltanto parziale (nuocere F 0iEn0transitivo, bivalente). Possono valere come argomenti
anche intere frasi (un verbo bivalente può avere come secondo argomento, espressione dell’oggetto
diretto o un sintagma nominale o anche un sintagma preposizionale; un verbo bivalente potrà avere
come primo argomento espressione del soggetto, un sintagma nominale oppure una frase e via dicendo)
possono ricondursi a questo modello frasale sia frasi semplici sia frasi complesse.
In base alla funzione si definisce a livello di frase complessa, la categoria di frasi subordinate completive o
argomentali, rispettivamente oggettive e soggettive. Il verbo e i suoi argomenti costituiscono il nucleo
della frase, possono tuttavia comparire degli elementi che non sono previsti dal nucleo, all’interno della
struttura di una frase. Questi elementi sono detti circostanziali:
il maestro ha lodato l’allievo – frase nucleare
ieri al circolo dei lettori il maestro ha lodato con entusiasmo l’allievo - frase con circostanziali
L’ordine degli argomenti è piuttosto rigido (l’inversione degli argomenti, nella frase data, produrrebbe
significato diverso l’allievo ha lodato il maestro) mentre l’ordine dei circostanziali (ieri il maestro ha
lodato con entusiasmo l’allievo al circolo dei lettori, ieri al circolo dei lettori il maestro ha lodato l’allievo
con entusiasmo,… ). I circostanziali possono essere sintagmi nominali ma anche intere frasi. All’interno di
una frase semplice si può identificare, al livello della frase complessa, la categoria delle frasi subordinate
dette avverbiali, (o, appunto, circostanziali).
Si consideri ora le seguenti frasi:
Paolo ha passato la sessantina vs. il raffreddore passerà – a uno stesso significante sono associati
significati diversi (caso di polisemia), schema valenziale differente, passare è monovalente in senso di
finire, bivalente nel senso di superare, …
Paolo apparecchia vs. Paolo apparecchia – caso di ellissi, la tavola è omesso perché si può capire dal
contesto.
Ruoli semantici
Concernono il modo in cui il referente di ogni sintagma (l’entità che ogni sintagma indica)
contribuisce e partecipa all’evento rappresentato dalla frase. Per individuare i ruoli semantici,
bisogna considerare la frase come struttura sintattica, concatenazione di sintagmi governata da
regole grammaticali, generata da uno schema valenziale, rappresentazione di una scena o un
evento, in cui i diversi elementi hanno una relazione gli uni con gli altri. La frase non è più vista
come il significante dotato di significato, come sequenza di espressioni legate da connessioni e
dipendenze sintagmatiche, ma dalla prospettiva del significato, per cui la frase si configura come
scena in cui attori/personaggi interpretano delle parti. Le parti volte sono i suoli semantici o ruoli
tematici, dette anche funzioni semantiche. O nel gergo della linguistica generativa, ruoli theta, a
volte sono anche chiamati in maniera fuorviante casi profondi.

Non esiste un procedimento di individuazione e nemmeno una lista di possibili ruoli semantici, ma
c’è accordo sui ruoli semantici principali:

- Agente: ruolo semantico dell’entità animata che si fa parte attiva che provoca l’evento
- Paziente: entità coinvolta senza intervento attivo, subisce o è interessata passivamente a
ciò che accade
- Sperimentatore(o esperiente): entità toccata da (o che prova) un certo stato o processo
psicologici
- Beneficiario: entità che trae beneficio dall’azione
- Strumento(o strumentale): entità inanimata mediante la quale avviene ciò che accade o
che interviene nell’evento o che è un fattore non intenzionale dell’azione
- Destinazione: entità verso la quale si dirige l’attività espressa dal predicato
- Altri ruoli semantici: località, entità in cui è situata l’azione; Provenienza, entità dalla quale
un’entità si muove in relazione all’attività espressa dal predicato; dimensione, entità che
indica una determinata estensione nel tempo, nello spazio, nella massa; comitativo, entità
che partecipa all’attività svolta dall’agente.

Anche per i verbi (o predicati)possono essere divisi in ruoli semantici: processo (trasformare,
fiorire, invecchiare), azione (correre, picchiare), stato (esistere).

Il ruolo semantico agisce per così dire al di sotto della struttura sintattica.

Nella frase passiva è diversa la distribuzione del rapporto fra ruoli semantici e funzioni sintattiche:
l’agente (soggetto) diventa complemento d’agente, quando normalmente è soggetto, il paziente
diventa soggetto, quando normalmente è oggetto. La possibilità di avere una trasformazione
passiva è un criterio importante per distinguere forme diverse di verbi in base al loro
comportamento sintattico: sono passivizzabili solo i verbi transitivi. All’interno della categoria di
verbi intransitivi, vengono distinte le sottoclassi in inaccusativi (= che richiedono ausiliare essere) e
inergativi (= quelli che richiedono ausiliare avere) che presentano verbi sintattici differenti.

Struttura pragmatico-informativa
Una frase collega la rappresentazione di un evento o stato di cose col mondo esterno, realtà
effettiva o immaginata com’è filtrata dall’intelletto umano a una catena fonica (i suoni dei
linguaggi).

A seconda dell’evento che vogliamo rappresentare verbalmente, dobbiamo scegliere una


predicazione (verbo) che reca con sé uno schema valenziale dal patrimonio lessicale della nostra
lingua. Questa è la prima frase, (a) della ‘generazione’ di una frase. Al verbo e ai suoi argomenti
viene data un’interpretazione semantica attraverso l’assegnazione dei ruoli semantici ai diversi
elementi che esso contiene (fase b). I ruoli semantici vengono tradotti in funzioni sintattiche (fase
c). Tutto questo è espresso in una struttura in costituenti, un indicatore sintagmatico retto dai
principi della “teoria X-barra” (fase d). Quest’ultima è la frase così come viene pronunciata o
scritta: è quindi quella che sta alla superficie, il prodotto finale visibile del processo che genera la
frase, mentre le fasi precedenti non sono visibili in superficie. Ecco la distinzione tra struttura
profonda e struttura di superficie.

Nel governare la strutturazione del prodotto finale della sintassi c’è un altro piano, quello
dell’organizzazione pragmatico- informativa.

Dal punto di vista del valore con cui le frasi possono essere usate nella comunicazione e di ciò che
il parlante vuole fare producendole, si distinguono diversi tipi di frasi:
 frasi dichiarative, affermazione generica che può avere valori specifici
 frasi interrogative, pongono una domanda marcata dall’intonazione e/o da parole
particolari come chi, che cosa,…
 frasi esclamative, esprimono un’esclamazione, marcata dall’intonazione
 frasi iussive o imperative, esprimono un ordine, un’istruzione, marcate da forme verbali
particolari, come imperativo, congiuntivo, infinito preceduto da negazione.

Dal punto di vista della strutturazione dell’informazione veicolata, una frase può essere vista come
un’affermazione fatta attorno a qualche cosa. Qui bisogna fare la distinzione tra la parte della frase
che identifica e isola il qualcosa sul quale verte l’informazione e la parte della frase che
rappresenta l’affermazione fatta: cioè bisogna distinguere tra tema (= ciò su cui si fa
un’affermazione, isola il dominio per cui vale la predicazione) e rema (= l’informazione che viene
fornita a proposito del tema).

In questo contesto tema non c’entra nulla col tema usato in morfologia per indicare un sinonimo
di radice lessicale e nemmeno col tema usato in linguistica generale nel senso di paziente.
Sinonimi di tema e rema sono topic e comment, rispettivamente, in lingua inglese.
Esempi:

Luisa va a Milano = Luisa è il tema, va a Milano è il rema

Un gatto insegue il topo = un gatto è il tema, insegue il topo il rema

Solitamente il rema sta in prima posizione, essendo il punto di partenza dell’affermazione.


Possono esistere frasi atematiche (prendi la valigia) senza tema, mentre tutte le frasi c’è una parte
rematica.

Un’opposizione a tema/rema è quella tra dato(o noto) e nuovo, che riguardano un altro punto di
vista da cui è possibile considerare l’informazione nelle frasi.
 Dato = elemento noto o perché introdotto precedentemente nel discorso oppure perché fa
parte delle conoscenze condivise. Spesso coincide col tema.
 Nuovo= informazione che si ritiene non nota

Quindi, il dato coincide col rema, mentre il nuovo con rema ma non necessariamente, come
nell’esempio: un gatto sta giocando nel tuo giardino, detto da una persona ad un’altra davanti al
medesimo giardino, un gatto è sia tema che nuovo, è il tuo giardino è sia dato che rema.

La distinzione fra le due dicotomie riflette due aspetti diversi del processo di elaborazione
concettuale che porta alla produzione di una frase: da un lato si sceglie ciò di cui si vuole parlare
(tema) e si afferma qualcosa a proposito di questo (rema), dall’altro si tiene conto della differenza
fra informazione già conosciuta (dato) e informazione che si ritiene non nota(nuovo).

Nelle frasi normali, non marcate, soggetto agente e tema tendono a coincidere, di solito con il
costituente frasale in prima posizione: in un gatto insegue il topo, un gatto è
contemporaneamente soggetto, agente e tema e il topo è oggetto, paziente e parte del rema. Le
lingue possiedono dei dispositivi per separare le tre funzioni e mutare l’ordine non marcato dei
costituenti: in italiano esistono le costruzioni note come dislocazioni a sinistra, cioè che uno degli
elementi che costituiscono la frase viene spostato avanti nella frase. Con la dislocazione a sinistra
si può mandare in posizione di tema l’oggetto o altro complemento rematico e mandare a rema il
soggetto.

La dislocazione a sinistra anticipa all’inizio della frase un costituente, riprendendolo con un


pronome clitico sul verbo che ne rappresenta la funzione sintattica.

Far diventare tematico l’oggetto è tipico della costruzione passiva, che muta, nella frase marcata,
anche la correlazione fra ruoli semantici e funzioni sintattiche.

Esempio: Il topo lo insegue un gatto. Un gatto, che è agente, è sempre soggetto.

Il topo è inseguito da un gatto. Il topo, che è paziente, diventa soggetto

Altri due tipi di frasi marcate per spostamento di costituenti:


- dislocazione a destra: si isola sulla destra un costituente riprendendolo con un clitico sul
verbo, attuando quindi una inversione dell’ordine naturale tema + rema.
- frase scissa: consiste nello spezzare una frase in due parti portando all’inizio della frase un
costituente introdotto dal verbo essere e facendolo seguire da una frase (pseudo)relativa .
Es: È il gatto che insegue il topo
Se l’elemento mandato a focus è il soggetto, al secondo membro possiamo avere una frase
introdotta da a: è Gianni ad aver rubato la marmellata = è Gianni che ha rubato la
marmellata

La frase scissa serve per evidenziare un elemento della frase come dotato del maggior carico
informativo. Altra funzione è quella di focus. Per focus si intende il punto di maggior salienza
comunicativa della frase, l’elemento su cui si concentra maggiormente l’interesse del parlante e
che fornisce la maggior quantità di informazioni nuove. Il focus, in generale, appartiene al rema ed
è contrassegnato da una particolare curva intontiva enfatica.
Carla al mattino prende il caffè  focus: il caffè

Il focus è anche l’elemento che può essere contrastato: Carla al mattino prende il caffè, non la
cioccolata!

Per evidenziare il focus, le lingue hanno diversi sistemi, come la frase scissa o avverbi o particelle
deputati a introdurre il focus e detti quindi focalizzatori. Data una certa frase con l’ordine normale
dei costituenti, possiamo sempre trasformarla in frasi marcate che mutano l’ordine dei costituenti
o cambiano la normale disposizione delle funzioni pragmatiche.
Ordini marcati dei costituenti di frase
Il tema tende a comparire all’inizio della frase, seguito dal rema, secondo un’organizzazione naturale
dell’informazione. La tendenza per cui un essere tematico è soggetto, è valida a livello interlinguistico, quindi
l’ordine interlinguisticamente non marcato più diffuso dei costituenti è [S]tema [OV/VO]rema. In italiano
l’ordine più marcato è SOV l’oggetto indiretto tende a seguire l’oggetto diretto, ma esistono meccanismi
strutturali che consentono di mutare l’ordine non marcato dei costituenti frasali, per ottenere effetti di
carattere pragmatico-informativo.
Dislocazione a sinistra
Elena spegne il televisore  il televisore lo spegne Elena
[Elena]tema [spegne il televisore]rema [il televisore]tema [lo spegne Elena]rema

La dislocazione consente di mandare a tema un costituente, che nell’ordine sarebbe stato rematico.
Qualunque costituente rematico può essere dislocato a sinistra. L’unico costituente a non poter essere
dislocato è il soggetto, data la mancanza di clitici soggetto. Clitico di ripresa e marca di funzione sintattica,
istituiscono un legame morfosintattico, tra il costituente dislocato e la frase.
Un costituente anteposto a una frase senza marca o privo del clitico di ripresa e anche della marca della
funzione, quindi senza alcun legame morfosintattico con la frase da cui è estrapolato dà luogo al cosiddetto
tema sospeso chiamato anche tema libero.

Dislocazione a destra
Elena spegne il televisore  Elena lo spegne(,)il televisore
[Elena]tema [spegne il televisore]rema [Elena lo spegne]rema [il televisore]tema

La dislocazione a destra rende tema un costituente, quando in ordine non marcato è rematico, isola il
costituente a destra facendolo precedere da un clitico cataforico, ne consegue un ordine informato tema-
rema. L’elemento in certi casi rappresenta “dato” e in altri “nuovo”, che viene comunque considerato dato
dal parlante. Altre volte l’elemento spostato a destra rappresenta un chiarimento della frase. Qualunque
costituente può essere dislocato, se l’elemento in questione è il soggetto si ha sempre un’interruzione della
curva intontiva, non si tratta quindi di dislocazione in senso stretto.
Frase scissa
Consente di mettere a focus un costituente, separandolo dal resto della proposizione, quindi ci sono due frasi:
una che inizia col verbo essere e una che inizia col che, la quale ha di solito valore di presupposizione. È Elena
che spegne il televisore  suppone che qualcuno spenga la TV. Se metto la frase in negativo, l’affermazione
resta vera. Quando il focus è posto su un soggetto, la seconda parte della frase può presentare un verbo
all’infinito.
Tematizzazione a sinistra
Si ha quando un costituente frasale, di solito un l’oggetto, viene messo a focus in posizione preverbale.
Es: [te]focus cercavo [“non lui”). A differenza della dislocazione, il costituente non è ripreso da un clitico, non è
tematico ma è rematico, anzi focale. Può essere rematizzato anche il soggetto: Gianni, non viene. La messa a
focus ha valore contrastivo, ma se introdotta da focalizzatori può svolgere altre funzioni: aggiuntiva ( anche la
televisione ci hanno rubato), restrittiva (solo questo volevo dirti). Il costrutto è noto come tropicalizzazione
contrastiva.
Enunciati tetici
Esistono enunciati senza tema, interamente rematici (e nuovi) chiamati tetici. Servono per annunciare un
evento, aprire un discorso o una sequenza narrativa, introdurre un elemento nuovo. Si hanno risposte a
domande
Possiamo generiche come
analizzare che succede?, che
sintatticamente unaè frase
successo?
secondo quattro diverse prospettive:
54
Le frasi possono essere analizzate secondo 4 diverse prospettive, cioè 4 punti di vista che interagiscono fra di
loro e ci permettono di comprendere la struttura della frase:
- prospettiva configurazionale, relativa alla struttura in costituenti (Gianni corre, SN + SV).
- prospettiva sintattica, propriamente detta, relativa alle funzioni sintattiche(Gianni corre, SOGG+PRED
VERB).
a. prospettiva configurazionale, relativa alla struttura in costituenti.
Es. Gianni corre (SN + SV)
b. prospettiva sintattica detta, relativa alle funzioni sintattiche.
Es. Gianni corre (SOGG. + PRED. VERB.)
c. prospettiva semantica, relativa ai ruoli semantici.
Es. Gianni corre (AGENTE + AZIONE)
d. prospettiva pragmatico-informativa, relativa all’articolazione tema/rema
Es. Gianni corre (TEMA + REMA)

Cenni di grammatica generativa e le regole di sintassi


Negli ultimi 40anni ha preso sempre più piede una teoria dello studio in primo luogo della sintassi,
chiamata grammatica generativa, legata al nome del linguista Noam Chomsky. La trattazione
generativa della sintassi è basata sulla concezione del linguaggio verbale umano come sistema
cognitivo innato. La grammatica generativa ha lo scopo di predire le frasi possibili di una lingua. Il
ruolo centrale della generazione è svolto dalla sintassi, la parte “interna” alla lingua che ha il
compito di accoppiare significanti e significati, che sono le parti “esterne” della lingua.
La teoria generativa: alcuni fondamenti
Il linguaggio verbale è un sistema cognitivo. Presenta caratteristiche che i sistemi di comunicazione degli altri
esseri, non possiedono ed è costituito dall’insieme delle conoscenze mentali che consentono al nativo di parlare.
L’insieme di queste conoscenze è chiamata competenza.
La competenza:
 è interna alla mente umana,
 è inconscia(o implicita), ma è sempre in grado di giudicare se una produzione linguistica è accattabile o no,
basandosi su intuizioni
 è individuale, va intesa come le conoscenze linguistiche interiorizzate da un singolo parlante, quindi la
comprensione si ha dove ci sono competenze simili.
 è innata, appartiene al corredo genetico della specie umana.
Lo scopo della grammatica generativa è costruire una teoria della competenza, cioè esplicitare o formalizzare
regole ed intuizioni, che costituiscono regole e principi della propria lingua. Occorre, quindi, capire quali sono le
frasi grammaticali e quali no: una frase complessa, con un alto grado di incassatura sarà giudicata accettabile,
cioè grammaticale. La grammatica generativa punta a mettere in chiaro le strutture astratte di un sistema
linguistico; lo scopo inoltre è definire le capacità linguistiche che costituiscono la facoltà di linguaggio di tutte le
lingue. Col tempo è venuta ad essere una teoria dei principi e dei parametri, secondo cui tutte le lingue
condividono gli stessi principi, ma differiscono per altri: es. italiano e turco  “tutti i sintagmi hanno una testa”,
ma testa prima/ultima posizione. Un parametro molto studiato è quello del soggetto nullo, relativo
all’omissibilità/non omissibilità del soggetto (in italiano e spagnolo si può omettere, quindi fissano questo valore
sul primo parametro; francese, inglese e tedesco sul secondo). La fissazione su un parametro determina il valore
di altri parametri.
La concezione comportamentale vede la mente umana come una tabula rasa alla nascita, provvista solo di una
propensione per apprendere dall’esperienza, per la concezione mentalista, invece, l’individuo nasce con dei
procedimenti di analisi dell’esperienza ma anche con un’incapacità innata per imparare il linguaggio, che gli
consente di costruire un sistema astratto di conoscenze linguistiche, .’attivazione di questa capacità deve
avvenire in un certo periodo di tempo, determinato a livello biologico, oltre questo periodo acquisire il linguaggio
è impossibile. Gli argomenti dell’ipotesi mentalista sono riconducibili alla questione della povertà dello stimolo:
si ritiene che l’esperienza linguistica non sia sufficiente a costruire la competenza finale che si acquisisce di una
certa lingua, perché l’esperienza linguistica è frammentaria; infatti il bambino è esposto a frasi
grammaticalmente corrette ma anche ad errori, inoltre55 è esposto ad un limitato numero di frasi, fra quelle
possibili in una lingua. La capacità innata che conduce alla costruzione di un sistema astratto di conoscenze
linguistiche è proprio la Grammatica Universale che la teoria generativa mira a definire esplicitamente, essa
definisce lo stato iniziale della facoltà di linguaggio della specie umana. L’esperienza linguistica fissa i parametri
su determinati valori. La fissazione dei valori consente al bambino di imparare la grammatica di una specifica
La grammatica è composta da lessico, cioè parole con il loro significato e le loro proprietà ma
anche da regole che governano i diversi aspetti della grammatica e governano la formazione delle
frasi.

Le regole vanno intese come istruzioni da applicare. Le regole sono di solito regole di riscrittura a
struttura sintagmatica, cioè hanno la forma generale X  Y + Z dove X,Y,Z sono simboli di
categoria, Y e Z sono costituenti immediati di X in un indicatore sintagmatico e la freccia verso
destra è da tradurre come “è da riscrivere come”. Tutto è da intendersi come: costruendo un
indicatore sintagmatico nei suoi sviluppi progressivi a partire dal nodo iniziale, scindere una
categoria X nelle due categorie di sottolivello successivo Y e Z. Altrimenti, nella costruzione di una
frase, unire due categorie X e Y in una categoria di livello superiore X. Quest’ultima operazione è
chiamata merge (“fondi”). Che con l’operazione connessa detta move (sposta) costituisce il
binomio dei principi (o regole) fondamentali della struttura i costituenti.

È utile vedere le regole come regole corrispondenti alle successive ramificazioni di un indicatore
sintagmatico. La prima ramificazione per così dire nucleare di un nodo F sia quella in SN e SV, che
dà luogo alla regola:
F SN +SV (riscrivere frase come sintagma nominale più sintagma verbale)

Vi sono anche regole a struttura sintagmatica che possono anche avere come uscita specifici
elementi lessicali, si tratta di regole di inserzione lessicale, che sono regole che riempiono i nodi
terminali dell’albero: è tale per es. una regola come
N libro (“riscrivere N come libro”)

Le regole possono essere ricorsive: quando nell’uscita della regola a destra della freccetta è
contenuto di nuovo il simbolo della regola. È ricorsiva la regola:
SN  SN + SPrep

Le regole ricorsive consentono di creare frasi con alto grado di incassatura. La incassatura interna
di sintagmi è teoricamente illimitata, il loro uso ristretto è dovuto alla limitatezza dell’utente.

Le regole che contengono una barra obliqua sono regole contestuali, che si possono applicare solo
nei contesti specificati da quanto viene formalizzato dopo la barra. La linea orizzontale indica il
contesto locale, ossia la posizione in cui sta la categoria interessata dalla regola, le specificazioni
contenute prima e/o dopo della linea indicano le caratteristiche o proprietà che devono avere gli
elementi che stanno prima o dopo tale posizione perché la regola si possa applicare. Una regola
come es.
V legge/ [+Um.]

(riscrivere V legge nel contesto in cui V sia preceduto da un elemento contenente la


proprietà [+Umano] )
Nelle regole possono essere esplicitati, quando è necessario, tratti che vengono indicati tra
parentesi quadre. Tali tratti sono tratti morfologici o sintattici, riguardanti le categorie
morfosintattiche degli elementi, oppure tratti semantici riguardanti proprietà inerenti del
significato delle parole. Essi sono sottocategorizzazioni che designano restrizioni di selezione, cioè
specificano quali elementi della classe designata dal simbolo di categoria siano compatibili con un
determinato altro elemento.

L’interpretazione è un indicatore sintagmatico che rappresenta la struttura di una frase e ne


determina il significato globale. Vi sono però frasi che ammettono interpretazioni diverse, pur
mantenendo la stessa identica forma: bisogna quindi far riferimento e due distinzioni importanti.
 struttura superficiale = è la forma sintattica della frase così come appare
 struttura profonda = struttura della frase più profonda, dove avviene la reale
interpretazione (l’organizzazione strutturale astratta dietro ad ogni frase possibile prodotta
con una certa struttura superficiale e rappresenta gli effettivi rapporti semantici e sintattici
che danno conto della sua interpretazione.

Va tenuto presente che la questione non va confusa con quella di frasi ambigue a cui è però
possibile assegnare due strutture superficiali differenti e che quindi si possono disambiguare a
livello di analisi.

Per rappresentare le strutture si usano alberi più complessi e che rappresentano livelli di
astrazione maggiori: vengono utilizzate categorie come le teste funzionali. Sono teste funzionali
Flessione e Complementatore che danno luogo rispettivamente a SFless (Sintagma della
Flessione) e a SComp (Sintagma del Complementatore).

Per quanto riguarda SFless, uno dei fatti chiamati in causa è la differenza strutturale: in una frase
col verbo semplice (mangia), l’avverbio è posizionato tra V e SN, mentre col tempo verbale
composto (ha mangiato) si trova tra ausiliare e participio passato. La flessione quindi deve
nominare il rapporto tra V e SN, quindi SFless ha al suo interno SV.

Es: Luisa ha sempre mangiato mele

57
Nella realizzazione di questo albero ha agito l’operazione move “sposta” che ha fatto salire il SN
soggetto in una posizione molto alta dentro il SFless, a sinistra della testa, perché esso governa
l’accordo flessionale col verbo. L’ausiliare a sua volta va a occupare la posizione di testa di Fless,
perché reca le marche flessionali.

La struttura astratta generale di una frase è vista come composta di tre campi, SComp, SFless, SV,
ciascuno dei quali dotato di diversi sottolivelli.

La sintassi generativa nella sua attuale configurazione (detta minimalismo) ha lasciato spazio alla
formalizzazione di elementi inerenti al valore pragmatico delle frasi, ma comunque è sintassi
frasale.

Assunto centrale della linguistica cognitiva è che non c’è nulla di particolare e specifico nella
capacità linguistica. Nella lingua e produzione verbale agiscono gli stessi principi e meccanismi
generali della mente umana in azione negli altri comportamenti e capacità dell’ homo sapiens
sapiens. La lingua traduce le concettualizzazioni fondamentali dell’agire dell’uomo e va descritta
come parte integrante di una struttura psicologica unitaria. Le strutture grammaticali sono
strutture semantiche, basate sull’esperienza umana.

È stata sviluppata l’idea che l’unità primaria della grammatica sia la ‘costruzione’, invece del
sintagma. Costruzione sarebbe ogni schema sintattico costruito da un’aggregazione o
combinazione di parole, dotata di una strutturazione interna, che compare frequentemente
nell’uso e reca un particolare valore semantico e pragmatico.

Oltre la frase
Frasi complesse

Spesso le frasi si combinano in sequenze strutturate anche lunghe come frasi complesse o periodi:
la sintassi del periodo, o sintassi superiore, o macrosintassi, è un importante sottolivello di analisi
del sistema linguistico. Vi sono principi che regolano il modo in cui il sistema linguistico organizza
le combinazioni di frasi e parole che devono esprimere i rapporti tra frasi. Bisogna distinguere tra
 coordinazione = preposizioni accostate senza che vi sia rapporto di dipendenza, sono allo
stesso livello gerarchico
 subordinazione = quando c’è un rapporto di dipendenza tra le preposizioni, una frase si
presenta gerarchicamente inferiore all’altra.

Gli elementi che realizzano questi rapporti sono chiamati connettivi: la coordinazione è realizzata
con congiunzioni ordinanti (e, o, ma,….), mentre la subordinazione è realizzata con congiunzioni
subordinanti ( perché, quando, mentre, benché, affinchè,…) o attraverso modi verbali non finiti
(l’infinito preceduto o no da preposizione: ti chiedo di andare, lo vedo partire).
Le frasi subordinate, dipendenti, si possono dividere in 3 categorie a seconda del modo in cui si
agganciano alla frase principale:

- avverbiali: modificano la frase completa da cui dipendono (benché piova, mentre Luigi
mangia le fragole,…). Appartengono a questa categoria le subordinate causali, temporali,
concessive, ipotetiche, finali.
Vengono chiamate esplicite le subordinate quando il verbo è il modo finito, implicite si
dicono quando il verbo è all’infinito, al gerundio o al participio.
- completive: subordinate che sostituiscono un costituente nominale maggiore (cioè il
soggetto o l’oggetto o il predicato nominale o l’oggetto indiretto) della frase. Riempiono
una valenza o argomento del predicato verbale. Appartengono a questa categoria le
subordinate oggettive, le interrogative indirette. Sembra che faccia bel tempo.
- relative: modificano il costituente nominale della frase, hanno sempre un nome (o un
pronome) come testa; es: non ho più visto lo studente a cui ho dato il libro. La
subordinazione è quindi è quindi in parte un prodotto della ricorsività della lingua, in
quanto abbiamo un nodo F inserito sotto le ramificazioni di un altro nodo F più alto o al
posto di SN o all’interno di un SN.

L’unione di una frase principale con una frase subordinata dà luogo a una frase complessa.

La zia di Marisa ha detto che sarebbe partita per Parigi col treno notturno.
Frasi complesse:
Subordinate avverbiali (circostanziali)

Subordinate completive (argomentali)

Oggettive:

60
Soggettive:

Relative:

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Testi

Al di sopra dell’unità frase, si trova il livello dei testi. Un testo è una combinazione di frasi
all’interno di un contesto, in cui essa funziona da unità comunicativa. Per contesto si deve
considerare sia il contesto linguistico, ossia la parte di comunicazione verbale che precede e
segue il testo in oggetto, sia il contesto extralinguistico, la situazione in cui vengono prodotte
le frasi.

Vi sono elementi e fenomeni che appartengono alla struttura sintattica il cui comportamento
non è spiegabile se non facendo riferimenti al contesto. Un caso del genere è la
pronominalizzazione, cioè l’impiego e il comportamento dei pronomi, in particolare i
pronomi personali.

Il cane abbaia. Maria si


affaccia alla finestra. Lo vede
tutto infuriato

Per spiegare il significato di lo si rimane all’interno delle strutture delle singole frasi: occorre
riferirsi al contesto precedente e ci permette di capire che lo è riferito a il cane di due frasi
prime. La presenza di elementi per la cui interpretazione è necessario far riferimento al
contesto linguistico precedente, si chiamano anafore. Il fenomeno per cui occorre fare
riferimento al contesto linguistico seguente si chiama catafora.

Deissi è il termine che serve ad indicare o far riferimento, da parte dei segni linguistici, a cose
o elementi presenti nella situazione extralinguistica, in particolare allo spazio e al tempo.
1- La deissi personale codifica il riferimento al parlante, all’interlocutore o a terze
persone e che ha come centro il parlante stesso. Sono deissi personali i pronomi
personali, le persone verbali, i possessivi.
2- La deissi spaziale codifica le posizioni delle entità chiamate in causa, rispetto al luogo
in cui si trovano i partecipanti all’interazione. Es.: i dimostrativi e avverbi di luogo. Si
possono distinguere due sottoclassi di deittici prossimali, che indicano prossimità,
vicinanza, rispetto all’origine del riferimento spaziale, e dei deittici distali, che
indicano distanza.
3- La deissi temporale codifica la localizzazione degli eventi nel tempo rispetto al
momento dell’enunciazione e specifica la locazione degli eventi nel tempo.

La deissi sociale ha importanza nella lingua parlata, servono per codificare le relazioni tra i
partecipanti all’interazione.
L’ellissi è la mancanza o l’omissione in una frase che sarebbero indispensabili per dare luogo
ad una struttura frasale completa e che sono recuperabili con l’interpretazione della frase.

I segnali discorsivi sono elementi estranei alla strutturazione sintattica della frase che
svolgono il compito di esplicitare l’articolazione interna del discorso come allora, senti,
guardi, così, no? Meccanismi anaforici e segnali discorsivi conferiscono coesione al testo.

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