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PSICOLOGIA DELLA MOTIVAZIONE CAP.

1, 2
CAP 1 INTRODUZIONE Ci che interessa la psicologia della motivazione spiegare la direzione, la persistenza e lintensit delle condotte La motivazione pu essere descritta come una situazione in cui per la persona esiste un oggetto-meta (obiettivo) perseguito in quanto attraente (o temuto in quanto repulsivo), per raggiungere (o evitare) il quale la persona attiva un determinato comportamento: per la psicologia della motivazione gli oggetti-meta perseguiti (o evitati) e ci che li rende attraenti (o repulsivi) costituiscono proprio le entit da spiegare. Cercare di spiegare il comportamento in termini di motivazioni tipicamente ritenuto utile per rendere conto delle similitudini e differenze con cui esso si manifesta a livello sia interindividuale che intraindividuale (continuit piuttosto che mutamenti nel tempo) La motivazione un costrutto ipotetico, non osservabile in quanto tale. Non riflette ununit omogenea presente in una qualc he misura nella persona, ma il risultato di unastrazione con cui vengano estrapolate e trattate le componenti motivazionali di volta in volta presenti che hanno a che fare con il durevole orientamento ad un fine del comportamento Compito della psicologia della motivazione cogliere e descrivere le diverse componenti nel loro concorrere, determinare da cosa sono condizionate e capire i loro effetti su ci che esperiamo e sul comportamento che mettiamo in atto A seconda delle posizioni teoriche di fondo e delle immagini delluomo che esse comportano, abbiamo in partenza due fondamentali prospettive di analisi della motivazione: SPINTA (fonte interna): ATTRAZIONE (fonte esterna): Vi sono eventi anteriori che spingono e incitano il comportamento Esiste una prospettiva futura che attrae e orienta il comportamento Tipicamente: nellorganismo esistono entit interne che spingono per Tipicamente: loggetto-meta uno stato futuro che lindividuo vuole raggiungere e rispetto essere soddisfatte, creando tensioni o energie che chiedono di essere al quale orienta diverse attivit comportamentali (equifinalit del comportamento) scaricate sistemi motivazionali fisiologici (fame, sete...) sistemi motivazionali complessi CAP. 2 PRIMI CONCETTI ESPLICATIVI: ISTINTO E PULSIONE ISTINTI - nellaccezione etologica: sequenze comportamentali innate Le teorie della motivazione incentrate sul concetto di istinto, oggi in disuso in quanto tali, richiamano lattenzione sul fatto che, a dispetto della plasticit riconducibile a processi di apprendimento ed a tutti i pro cessi cognitivi intermedi, il nostro comportamento guidato in parte da elementi ancorati alla storia della nostra evoluzione Darwin: come le caratteristiche fisiche, gli istinti soggiacciono alle leggi di variazione casuale e selezione naturale Mc Dougall - 1908, interessante modello tripartito: ciascun istinto si caratterizza per il fatto di a) accentuare la percezione di determinati oggetti o eventi (vedi Lewin), b) stimolare una specifica emozione, c) generare la tendenza ad agire in un certo modo nei confronti delloggetto percepito ; ma poi lui ed altri si perdono nella compilazione di elenchi di istinti che perdono di vista lobiettivo di spiegare Lassociazione istinto-emozione ritorna nella teoria delle emozioni primarie universali (Darwin, poi Ekam e Izard) in quanto sistemi motivazionali rudimentali che orientano in senso adattativo sia i primi comportamenti del neonato, sia quelli delladulto prendendo il comando in situazi oni incerte/di pericolo Lorenz: distinzione tra azione terminale dellistinto (coordinazione ereditaria) che una sequenza automatica rigidamente predeteminata innescata da uno stimolochiave, e comportamento appetitivo con cui lanimale cerca lo stimolo-chiave (cio occasioni per attivare la coordinazione ereditaria), che invece plastico, cio soggetto ad apprendimento. Il concetto che la possibilit di eseguire un comportamento (lazione terminale dellistinto) cost ituisce la motivazione ad eseguirne un altro ha analogie con quello di motivazione intrinseca in psicologia della motivazione (non chiaro, vedremo pi avanti) PULSIONI 1 Freud (concezione freudiana prototipo dellidea di comportamento avviato da una spinta interna) La pulsione listanza psichica, espressione di un bisogno fisico, che si manifesta a livello dellEs (interfaccia tra fisic o e psichico), inconsciamente e indipendentemente da un rapporto specifico con la situazione connessa allazione. La sua meta consiste nella soppressione dello stato di stimol azione (modello idraulico oggi screditato), ovvero nellessere scaricata comunque sia; perch ci avvenga la pulsione deve trovare esternamente allorganismo un oggetto su cui scaricarsi, ma per fare ci lEs (che non ha contatti con il mondo esterno) deve affidarsi alla mediazione dellIo, che sullaltro fronte deve vedersela col S uper-Io, ecc La concezione di desiderio inconscio /componenti motivazionali non consce ha esercitato un effetto duraturo sulla psicologia della motivazione PULSIONI 2 Hull (ovvero come partire dal comportamentismo per arrivare eroicamente da unaltra parte) : Tendenza comportamentale = pulsione x abitudine x incentivo dove la pulsione (drive) una spinta interna allazione, generica e aspecifica, che pu generare una determinata tendenza co mportamentale solo combinandosi con labitudine (habit - specifica e frutto dellapprendimento) e con lincentivo (valore di ricompensa delloggetto -meta entra quindi in campo anche la seconda prospettiva, relativa allattrazione da fonte esterna, il che per Hull implica salti teorici mortali per fare i conti con una variabile mentale, cio laspettativa variabile interveniente.

PSICOLOGIA DELLA MOTIVAZIONE CAP. 3 MOTIVAZIONE COME RISULTATO DELLE INTERRELAZIONI PERSONA-AMBIENTE
I PRECURSORI, ANNI 30 E 40 LEWIN C = f(P,A) LA PERSONA Lewin rappresenta (modellizza) gli stati interni della persona come una superficie delimitata, a contatto con lambiente (A) attraverso una zona di confine sensomotoria (M), e al suo interno composta da molteplici regioni, o sistemi, ciascuna delle quali rappresenta una meta dazione per lindividuo, distinguibili in periferiche (P) e centrali (C) Ognuna di queste regioni sotto una determinata tensione, che dipende dallattivazione di bisogni da parte di fattori situazionali distinzione (non approfondita e non fondamentale ai fini della teoria complessiva) tra bisogni autentici propri delle regioni centrali, e quasi-bisogni, propri di quelle periferiche, connessi ai bisogni autentici I confini fra le regioni sono parzialmente permeabili, e allinterno del sistema esiste una globale tendenza al riequilibrio delle tensioni: per un certo verso quindi il riequilibrio pu avvenire internamente, ma (ancora modello idraulico) uneffettiva riduzione di tensione pu avvenire solo attraverso la zona di confine sensomotoria la persona fa cose che conducono al raggiungimento della meta e quindi al soddisfacimento del bisogno Se la situazione crea una tensione durevole in una regione senza che vi sia la possibilit di raggiungere una meta attraverso lazione, in ragione del riequilibrio interno delle tensioni il sistema globale della persona che finisce per entrare in tensione : cos Lewin spiega la tendenza a completare il compito interrotto (studio di Ovsiankina) e il collasso dellintero sistema-persona nel momento in cui lazione impossibile e la tensione coinvolge regioni sempre pi interne (esperimento di Tamara Dembo) + aneddoto su cameriere e conto al ristorante LINTERRELAZIONE PERSONA-AMBIENTE Per Lewin lambiente non un dato oggettivo ma soggettivo, cio costituito da ci che nel momento psicologicamente rilevante per la persona e quindi da essa effettivamente percepito (esperienza di guerra) Concettualizza lambiente come spazio di vita della persona, articolato in diverse regioni-meta: ciascuna rappresenta una possibilit di azione e pu essere valutata dalla persona in termini positivi o negativi in funzione sia dei suoi bisogni intrinseci (i sistemi di tensione visti sopra), sia delle qualit proprie delloggetto -meta: ciascuna regione-meta ha quindi per la persona una valenza, o valore di incentivo, che pu essere di segno positivo o negativo e assumere diversi gradi dintensit A partire dalle mete alcune forze, raffigurate come vettori, agiscono sulla persona, attirandola o respingendola: i campi dazione cos disposti rappresentano le vie lungo le quali si pu raggiungere una regione -meta a valenza positiva o sfuggirne una a valenza negativa In base a questi assunti, Lewin sviluppa una tipologia del conflitto, distinguendo tra: conflitto appetitivo: la persona si trova tra due regioni-meta a valenza positiva uguale mano a mano che si avvicina psicologicamente a una meta la forza dattrazione di questa aumenta, mentre diminuisce la forza della meta concorrente: teoricamente questo risolverebbere il dilemma, in realt raro che le due regioni-meta abbiano unicamente valenza positiva e quindi lequilibrio instabile (vedi sotto duplice conflitto appetitivo -avversivo) conflitto avversivo:la persona si trova tra due regioni a valenza negativa e non pu allontanarsi (essitenza di barriere) in teoria pu uscire dal conflitto solo dirigendosi verso una delle due mete, empiricamente stato invece dimostrato che la situazione determina inattivit, in quanto non esistono barriere assolute, sempre possibile una fuga mentale conflitto appetitivo-avversivo: una stessa regione-meta ha valenza sia positiva che negativa situazione di tentennamento perch da lontano domina un gradiente di avvicinamento che impedisce che la meta venga abbandonata, da vicino domina un gradiente di evitamento che impedisce che essa venga realizzata duplice conflitto appetitivo-avversivo (elaborazione successiva di Miller): due regioni-meta, ciascuna delle quali ha duplice valenza per effetto dellazione combinata di gradienti e distanza la situazione produce un tipico movimento oscillatorio della persona tra le due mete (indecisione cronica!)
MURRAY BISOGNI, PRESSIONI, TEMI Murray elabora la distinzione tra bisogni primari innati (fame, sete...) e bisogni secondari superiori (riuscita, affiliazione, autonomia...) acquisiti nel corso dello sviluppo individuale tramite esperienze di apprendimento in ambienti concreti, caratterizzati cio da specifiche strutture fisiche, sociali e culturali Concettualizza che ai bisogni della persona facciano riscontro pressioni provenienti dellambiente, cio aspetti della situazione ambientale che rappresentano un allettamento o una minaccia specifica nei confronti di quel bisogno Suddivide le pressioni in alfa (caratteristiche situazionali oggettive) e beta (caratteristiche della situazione cos come percepite dalla persona in base ai suoi bisogni analogia con il concetto lewiniano di ambientespazio di vita) Infine concettualizza lincontro di bisogni e pressioni come temi di interrelazione personaambiente Quindi, partendo dai temi, possibile comprendere e classificare i bisogni Elabora a questo fine il TAT: test proiettivo (immagini ambigue) nella cui percezione si suppone che il soggetto proietti i temi che gli sono propri, permettendo da questi di risalire a ritroso a bisogni e pressioni

PSICOLOGIA DELLA MOTIVAZIONE CAP. 4 MOTIVAZIONE ALLA RIUSCITA


MC CLELLAND E ATKINSONS ANNI 50 - FONDATORI DELLA PSICOLOGIA MOTIVAZIONALE CLASSICA da Lewin: comportamento come risultato delle interrelazioni personaambiente da Murray: possibilit di costituire classi generali di interrelazione personaambiente definite volta per volta da un determinato tema dal comportamentismo (Mc Clelland allievo di Hull): importanza della ricerca empirico-sperimentale da Freud: il soggetto non sempre conosce le determinanti del proprio comportamento, che possono riflettersi anche in fantasie e interpretazioni situazionali Motivazione alla riuscita = unit funzionale formata dal confronto con degli standard di valore da raggiungere o superare e dai sentimenti di felicit e orgoglio connessi alla riuscita Precursore di questo tipo di motivazione il voler fare da s del bambino piccolo che si misura con compiti la cui riuscit a probabile ma non certa, trovando cos il miglior modo per esercitare le sue abilit (il bambino contribuisce da solo al proprio sviluppo) Motivo alla riuscita = costante specificamente individuale in base alla quale le persone si differenziano, e che come una sorta di occhiale speciale influenza il modo con cui percepiscono e valutano le situazioni in cui si trovano ad agire: ovvero, in un a data situazione, un individuo con forte motivo alla riuscita rispetto a un altro con debole motivo tender ad individuare molte pi occasioni per confrontarsi con uno standard di valore, ovvero mettere alla prova e perfezionare le proprie abilit, e ad avvertire queste opportunit come pi stimolanti e importanti; queste opportunit costituiscono un incentivo al suo motivo di riuscita La forza del motivo viene fatta dipendere dalle prime esperienze fatte dal bambino in quella classe di situazioni, in particolare dalladeguatezza (rispetto allo sviluppo raggiunto) delle richieste fatte dalla madre in et prescolare Tuttavia la traccia di queste prime esperienze non viene considerata immutabile il motivo alla riuscita pu essere appreso/allenato Mc Clelland e Atkinsons usano una procedura empirica per operazionalizzare e misurare il motivo alla riuscita: TAT di Murray a due gruppi di soggetti, uno di controllo e laltro stimolato in relazione al tema della riuscita (i soggetti vengono indotti a co nfrontarsi con standard di valore, facendo esperienza sia di successi che di fallimenti). Mettendo a confronto le storie prodotte dai due gruppi, quelle significativamente pi presenti nel gruppo sperimentale vengono considerate tipiche di uninterpretazione situazionale allin segna del motivo alla riuscita il loro livello di presenza nelle storie costruite da soggetti non manipolati rappresenta un indicatore (punteggio) dellintensit del motivo di riuscita Mc Clelland nel 1961 (The Achieving Society) traferisce anche la teoria in ambito sociale, ipotizzando e dimostrando una re lazione causa-effetto tra importanza del motivo alla riuscita in una societ e suo sviluppo economico in un periodo immediatamente successivo. Su questa base mette a punto programmi per lo sviluppo dei paesi emergenti centrati sul potenziamento del motivo alla riuscita nelle imprese, che si sono dimostrati efficaci se le persone addestrate trovavano poi opportunit per agire senza costrizioni. Americani!...

ATKINSONS E HECKHAUSEN ANNI 50 E 60 LA TEORIA ASPETTATIVA X INCENTIVO (VALORE) E IL MODELLO DELLE SCELTE RISCHIO Viene sviluppato il modello della psicologia motivazionale classica: la motivazione attuale che produce il comportamento INDIVIDUO (MOTIVI) frutto dellincontro tra il motivo della persona e la situazione ambientale quando questa offre, tra i diversi incentivi potenziali, quelli coerenti con il motivo della persona MOTIVAZIONE COMPORTAMENTO Per determinare il livello di motivazione che scaturisce Atkinsons elabora la teoria aspettativa x incentivo (valore): SITUAZIONE le persone determinano lobiettivo che vogliono raggiungere in funzione da un lato della loro aspettativa circa (INCENTIVI POTENZIALI) le probabilit che hanno di poterlo effettivamente raggiungere, inversamente proporzionali alla percezione della sua difficolt, e dallaltro lato dal valore di incentivo che assegnano al suo raggiungimento, che invece direttamente proporzi onale alla sua difficolt percepita Formalmente il rapporto tra i due elementi di tipo moltiplicativo: quindi un obiettivo percepito come talmente facile che la probabilit di raggiungerlo uguale a 1 non verr perseguito perch il suo valore di incentivo pari a 0, cos come non verr perseguito un obiettivo percepito come talmente difficile che la probabilit di raggiungerlo pari a 0. Teoricamente ne consegue che gli obiettivi che dovrebbero maggiormente attrarre e suscitare la motivazione alla riuscita sono quelli di difficolt intermedia, tale per cui vi sono sia un incentivo che probabilit di successo Constatato per che la teoria aspettativa x incentivo non spiega tutti i comportamenti individuali, Atkinsons e Heckhausen scindono il motivo alla riuscita in due componenti: Speranza di Successo (SS) e Paura dellInsuccesso (PI); la somma dei valori dei due termini corrisponde al valore del motivo alla riuscita complessivo, mentre la loro differenza, o speranza netta, esprime la direzione prevalente del motivo. Su questa base elaborano il modello complessivo delle scelte di rischio: la teoria aspettativa x incentivo descrive la modalit di scelta degli obiettivi delle persone con forte motivo alla riuscita orientato dalla speranza di successo; invece le persone il cui motivo alla riuscita orientato dalla paura dellinsuccesso tendono a scegliere compiti molto difficili massimo impegno e minime probabilit di successo, ma fallimento attribuibile alla difficolt insormontabile del compito e non a se stessi; e quelle con debole motivo alla riuscita ma sempre orientato dalla paura dellinsucesso scelgono compiti molto facili minimo impegno e minime probabilit di insuccesso Il modello delle scelte di rischio spiega anche le condotte di perseveranza: se un compito viene inizialmente presentato come facile e ai soggetti viene fatto esperire un fallimento, la maggioranza dei motivati al successo persiste il fallimento iniziale fa loro percepire il compito come pi difficile e quindi pi motivante, mentre solo una minoranza dei motivati ad evitare linsucesso lo fa timore di registrare un nuovo fallimento. La situazione si capovolge se il compito viene inizialmente presentato come difficile: solo una minoranza dei motivati al successo persiste dopo il fallimento il compito viene percepito come talmente difficile che il successo diventa troppo poco probabile, mentre tra i motivati ad evitare linsuccesso la maggioranza persiste compito talmente difficile che un nuovo fallimento non rappresenta una minaccia

PSICOLOGIA DELLA MOTIVAZIONE CAP. 4 MOTIVAZIONE ALLA RIUSCITA (segue)


WEINER, MEYER ANNI 70 - LA SVOLTA COGNITIVISTA La domanda rimasta inevasa riguardava quali processi mediano il fatto che un individuo, in determinate condizioni situazionali, attivi un comportamento orientato dalla speranza di successo piuttosto che dalla paura dellinsuccesso. McClelland si era fermato al teorizzare una spiegazione in t ermini di reti associative (la persona ha associato determinati stimoli ambientali a sensazioni piacevoli/spiacevoli, se incontra stimoli simili anticipa una condizione analoga e si comporta di conseguenza). Weiner applica alla ricerca sulla motivazione alla riuscita il modello delle attribuzioni causali di Heider: spiega cos le cause che le persone tendono ad invocare per lesito delle proprie prestazioni come funzione della loro percezione circa la localizzazione di tale causa e della sua stabilit nel tempo; applicando questo modello alla teoria aspettativa x incentivo, ipotizza che le attribuzioni causali da un lato siano funzione della direzione individuale del motivo alla riuscita, e dallaltro lato influiscano sulle conseguenze motivazionali del risultato di una prestazione Localizzazione della causa La ricerca empirica dimostra in effetti che: in caso di successo i motivati al successo tendono sistematicamente a riferirlo a cause interne, Nella Nella persona situazione privilegiando quelle stabili (propria capacit che quindi risultano confermate), mentre i motivati allevitamento dellinsuccesso tendono ad attribuirlo a fattori esterni (caso o facilit del compito); DIFFICOLTA Stabilit Stabile CAPACITA in caso di insuccesso i motivati al successo lo attribuiscono a fenomeni sia interni che interni COMPITO della ma variabili nel tempo (sforzo insufficiente, caso) e quindi rimediabili in futuro, mentre causa i motivati allevitamento dellinsuccesso lo attribuiscono alla propria (cronica) mancanza di capacit Variabile SFORZO CASO in questo modo ciascuno rinforza, autoalimentandola, la direzione del proprio motivo IL MODELLO DI AUTOVALUTAZIONE Heckhausen arriva infine a teorizzare il motivo alla riuscita non pi come una caratteristica in s omogenea e stabile, ma come un sistema che si autostabilizza, formato da tre processi parziali di valutazione che influiscono vicendevolmente luno con laltro (loop positivo) 1. Scelta del livello di confronto con uno standard di valore (ad es livello di aspirazione) 2. Attribuzione causale del risultato secondo lo schema sopra 3. Sentimento di soddisfazione / insoddisfazione per le proprie abilit conseguente allautovalutazione, che costituisce lincentivo ultimo del motivo alla riuscita Gli individui motivati al successo, tendenzialmente: 1) si pongono obiettivi realistici, 2) in caso di successo percepiscono che lesito dellazione dipende da loro, in caso di insuccesso da fattori che in futuro possono cambiare 3) risultano complessivamente soddisfatti nellautovalutazione, e quindi rinforzati nel loro motivo, che li porter a mettersi ancora alla prova in futuro in modo analogo il processo si ripete. Per contro, i motivati allevitamento dellinsuccesso: 1) si pongono obiettivi non realistici (o troppo facili o troppo difficili), 2) in caso di successo lo attribuiscono a cause esterne, in caso di insuccesso a cause interne stabili 3) complessivamente non hanno quindi motivi per essere soddisfatti nellautovalutazione e sono cos anchessi rinforzati nel loro motivo il processo si ripete Questa nuova teorizzazione ha importanti risvolti applicativi, perch su questa base si possono elaborare formazione degli insegnanti perch a loro volta allenino il motivo nei loro studenti CONCETTI TEORICI AFFINI Orientamento motivazionale al compito vs allIo/performance (anni80, Nicholls, Dweck)
Orientamento al compito (Learning Goal) Obiettivo: acquisizione di competenze Le proprie capacit sono considerate modificabili Anche i feedback di insuccesso sono informativi Orientamento ad una norma di riferimento individuale Orientamento allIo (performance Goal) Obiettivo: dimostrazione delle competenze Le proprie capacit sono considerate stabili I feddback dinsuccesso costituiscono una minaccia Orientamento ad una norma di riferimento sociale Tipo di motivo alla riuscita Componenti Orientato dalla speranza di successo Realistica, compiti di media difficolt Sforzo, buone abilit personali Sforzo insufficiente, sfortuna Bilancio comunque positivo Orientato dalla paura dellinsuccesso Non realistica, compiti troppo difficili o troppo facili Fortuna, compito facile Insufficienti capacit personali, mancanza di talento Bilancio comunque negativo

1. Determinazione dellobiettivo/Livello di aspirazione 2. Attribuz ione causale successo insucces so

3. Autovalutazione

programmi di training del motivo al successo, piuttosto che di

Immagine delle proprie capacit (Meyer, anni 80): contrariamente agli assunti cognitivo-razionali che presuppongono che lessere umano sia continuamete teso ad acquisire informazioni sulle proprie capacit, le persone con una debole immagine delle proprie capacit tendono (in misura proporzionale alla centralit di queste) a voler evitare i feedback negativi che costituirebbero una minaccia allIo Senso di impotenza appreso (anni 70): incapacit della persona, dopo un fallimento, di cogliere nella situazione quegli elementi che potrebbero portarla al successo in un nuovo tentativo; tema collegato con il modello di attribuzione causale sopra e con lorientamento alla situazione piuttosto che allazione di Kuhln (vedi avanti)- e linsight?

PSICOLOGIA DELLA MOTIVAZIONE CAP. 5 MOTIVAZIONE AL POTERE


Secondo Weber il potere designa qualsiasi possibilit di far valere entro una relazione sociale, anche di fronte ad unopposizione, la propria volont, quale che sia la base di questa volont Lewin definisce il potere come il prodotto della forza massima che A pu esercitare su B Fmax A B divisa per la resistenza di B Res B Cartwright negli anni 60, e poi Kipnis negli anni 70 stilano lelenco delle componenti dellazione di potere intesa come evento di interrelazione tra individui: motivazione dellagire di A inerente lesercitare un potere su B resistenza di B fonti del potere che A pu mobilitare per vincere la resistenza di B (es superiorit fisica, sociale, attrattiva...) mezzi del potere di A su B, cio comportamenti effettivi, direttamente dipendenti dalle fonti mobilitate inibizioni del potere di A che possono impedirgli di mobilitare alcune fonti o usare alcuni mezzi (es convinzioni morali, scarsa autostima, paura della ritorsione...) effetti del potere sia su B (es condiscendenza, rispetto, ira, propositi di rivalsa...) che sullo stesso A (es sentimento di potenza -che come vedremo viene ritenuto essere lincentivo al potere- oppure disagio, paura della ritorsione) DIFFICOLTA NEL DEFINIRE IL MOTIVO AL POTERE PER LA MOLTEPLICITA DELLE SUE COMPONENTI Lesistenza di un motivo al potere e la sua importanza motivazionale sono postulate da molti (McDougall: tendenza allautoaffermazione, Adler: tendenza al potere e alla valorizzazione come compensazione di mancanze, Murray: need for domina nce), ma il motivo risulta difficile da definire operativamente in modo univoco perch ricco di componenti eterogenee Veroff (1957) lo definisce come solo controllo sui mezzi con cui si possono influenzare gli altri individui e lo verifica e mpiricamente utilizzando la solito procedura con il TAT su un gruppo sperimentale particolare, cio studenti in attesa degli esiti delle elezioni a cariche universitarie per le quali avevano concorso, per cui emergono temi attinenti le componenti difensive, ansiose del motivo: difesa del proprio potere, paura di perderlo e di subire linfluenza altrui, ecc Uleman (1966, 1972) fa invece emergere le componenti offensive, attive (infatti lo chiama non need for power ma need for influence), usando ancora la procedura TAT su un gruppo sperimentale nel quale il motivo viene attivato attraverso un falso esperimento in cui i soggetti sono indotti ad infliggere frustrazioni e vessazioni ad altri in modo da sperimentare un senso di potere Winter (1973) definisce pi precisamente il potere come la capacit di produrre effetti prevedibili nella condotta o nei sen timenti di un altro individuo e ne misura il motivo sempre attraverso la procedura TAT su un gruppo sperimentale nel quale esso attiv ato dallascolto del discorso inaugurale di JFK; identifica nel motivo e nei comportamenti ad esso correlati componenti a dir poc o eterogenee: imposizione della propria volont sugli altri attraverso aggressione e coercizione, azioni offensive di influenza come la persuasione ed il controllo, ma anche azioni di soccorso e assistenza, e poi partecipazione ad azioni emozionanti legate al raggiungimento di status, e ancora tematiche riguardanti la paura, lincertezza sullesito. Identifica come importante criter io di classificazione dei comportamenti inerenti al potere il loro grado di inibizione e controllo Su questa base McClelland e Davis introducono la distinzione tra orientamento al potere personalizzato (egoistico, aggressivo, maggiormente presente negli uomini motivati al potere che nelle donne, eticamente riprovevole e managerialmente problematico) e orientamento al potere socializzato (forte tendenza inibitoria e potere posto al servizio degli altri, il perfetto motivo al potere per manager, ma anche educatori, terapeuti, ecc) Rimane tuttavia il problema che le correlazioni riscontrate tra intensit del motivo al potere e comportamenti attinenti sono deboli (non superiori a 0,35): questo viene spiegato dalla considerazione che non sempre lindividuo, stanti le sue effettive capaci t e opportunit ambientali, pu effettivamente mettere in atto i comportamenti verso i quali sarebbe motivato, e che i diversi comportamenti sono comunque fra loro alternativi LINCENTIVO DEL MOTIVO AL POTERE Ci che per secondo McClelland accomuna tutte le diverse modalit comportamentali riscontrate il sentimento positivo di forza, importanza, significato, potere appunto, che le persone provano. Ed proprio tale sentimento di sentirsi grande e potente che McClelland identifica come lincentivo del motivo al potere Power: The Inner Experience. E la chiave che spiega letereogeit delle componenti del motivo e dei comportamenti a cui d luogo: ci sono molti modi diversi per arrivare a sentirsi grande e potente Il passo successivo di McClelland di usare le ipotesi sugli stadi dello sviluppo dellIo di Erikson derivate da Freud per costruire un modello in cui, a seconda della localizzazione della fonte di potere e delloggetto su cui viene esercitato, possano essere rappresentate e spiegate le diverse configurazioni della motivazione al potere osservate empiricamente I quattro stadi si succedono sequenzialmente, ma la successione non strettamente legata allet, ed uno stadio precedente pu rimanere attivo; tuttavia gli individui si differenziano a seconda dello stadio a cui cercano, preferibilmente, le loro esperienze di potere Modello complesso, con ancora pochi riscontri empirici, che occorre sviluppare per chiarirlo meglio MOTIVAZIONE AL POTERE E MANAGERIALITA numerose ricerche indicano che nei manager la struttura motivazionale ideale alto motivo al potere socializzato + buon motivo alla riuscita + debole motivo allaffiliazione; tuttavia (appena accennato) possono esserci differenze situazionali che occorre approfondire

Fonte del potere GLI ALTRI I stadio : Essi (madre, Dio, gli altri...) mi rafforzano Fase orale: esperire il sostegno Correlati comportamentali: letture orientate al potere Vocazioni tipiche: mistico, seguace di potenti Tendenze patologiche: isteria, malattie da dipendenze IV stadio: Essi (la religione, la legge, il mio gruppo) mi esortano a servire e/o influenzare gli altri Fase genitale: reciprocit, adempimeno di doveri, orientamento secondo principi Membro di organizzazioni Manager, scienziato Messianesimo IL SE II stadio: Io rafforzo, controllo, guido me stesso Fase anale: autonomia, volont Accumulazione beni di prestigio Psicologo, collezionista Nevrosi ossessiva III stadio: Io ho effetto/influenza sugli altri Fase fallica: autoaffermazione Sport agonistici, dibattiti polemici Penalista, politico, giornalista, insegnante Criminalit IIIA: potere personalizzato

IL SE

Oggetto su cui si esercita il potere GLI ALTRI

III B: potere socializzato

PSICOLOGIA DELLA MOTIVAZIONE CAP. 6 STRUTTURE MOTIVAZIONALI COMPLESSE


Lobiettivo della ricerca pi recente lo sviluppo di modelli motivazionali che permettano di rendere conto della complessit delle situazioni di vita reale, fuori dai laboratori, in cui possono essere in gioco strutture motivazionali complesse con molteplici incentivi che interagiscono in varia misura con il comportamento Facendo ricorso alla teoria della strumentalit (che definisce laspettativa, ovvero il grado di sicurezza individuale o probabilit attribuita, riguardo a quanto sia stretto il rapporto causale tra un determinato evento X e un altro Y), e al concetto di valenza delle conseguenze del risultato come incentivo, diventa possibile elaborare un modello che tenga conto di incentivi tematicamente diversi Nel modello si introduce la differenziazione tra, da una lato, laspettativa che sia la propria azione a portare (o evitare) il risultato, e dallaltro lato laspettativa (che viaggia in direzione contraria rispetto alla motivazione allazione) che il risultato sia invece determinato dalla situazione e quindi la propria azione serva a poco Rheinberg sviluppa un versione logico-proposizionale applicativa (scuole), che permette di diagnosticare in quale fase avviene la caduta di motivazione e quindi di intervenire in modo mirato Tipico modello che rinuncia a fondarsi su una grande teoria generale, come i motivi della psicologia motivazionale classica, ma in compenso mostra alta capacit predittiva nelle situazioni individuali, poich tiene conto del fatto che aspettative e conseguenze dipendono in modo pi o meno rilevante dalle condizioni oggettive contingenti; proprio per questo per i risultati non sono generalizzabili Tuttavia non si nega che la configurazione dei diversi motivi, in quanto tratto che differenzia abbastanza stabilmente gli individui, influisca sullinterpretazione di queste condizioni oggettive: ad es ci si aspetta (non ancora dimostrato empiricamente) che persone con alto motivo alla riuscita orientato al successo, proprio perch si pongono obiettivi realistici, tipicamente tendano a preferire laspettativa azione -risultato rispetto a quella situazione-risultato

Modello motivazionale cognitivo allargato - versione logico-proposizionale


Mi sembra che il risultato sia gi determinato dalla situazione? NO Posso influenzare sufficientemente il risultato con il mio agire? SI Le possibili conseguenze del risultato sono abbastanza importanti per me? SI Il risultato porta davvero con s queste conseguenze? SI NO NO SI

Non far nulla!

NO

Non far nulla!

Non far nulla!

Heckhausen e Rheinberg modello motivazionale cognitivo allargato


AR Aspettativa che la propria azione porti al risultato SITUAZIONE AZIONE SR Aspettativa che la situazione porti al risultato RISULTATO RC Aspettativa che il risultato abbia determinate conseguenze CONSEGUENZE

Non far nulla!

FA QUALCOSA!

VALORE ATTRIBUITO ALLE CONSEGUENZE (INCENTIVO)

Integrazione nel modello della differenziazione -formulata da Bandura- tra aspettative di autoefficacia e aspettative di risultato AR
Aspettativa che la propria azione porti al risultato Aspettattiva di autoefficacia AZIONE Aspettattiva di risultato RISULTATO RC Aspettativa che il risultato abbia determinate conseguenze CONSEGUENZE

SITUAZIONE

AGENTE (PERSONA)

SR Aspettativa che la situazione porti al risultato

VALORE ATTRIBUITO ALLE CONSEGUENZE (INCENTIVO)

PSICOLOGIA DELLA MOTIVAZIONE CAP. 6 STRUTTURE MOTIVAZIONALI COMPLESSE - segue


INCENTIVO FOCALIZZATO SULLO SCOPO / SULLATTIVITA SR 1. Livello Tanto le teorie classiche della motivazione quanto il modello motivazionale Aspettativa che la situazione RC dellaspettativa cognitivo allargato sono fondati sul presupposto che lincentivo allazione sia porti al risultato Aspettativa che costituito dalle conseguenze (pesate per la valenza) dellazione stessa. Esistono il risultato AR abbia tuttavia numerosi esempi di azioni, tipicamente sport, hobby, attivit svolte Aspettativa che determinate nel tempo libero, in cui lincentivo evidentemente risiede nella realizzazione la propria azione conseguenze dellattivit in s. E al di l delle contrapposizioni dicotomiche, ragionevole porti al risultato 2. Struttura ritenere che molti episodi quotidiani dazione contengano in s elementi tali RISULTATO CONSEGUENZE soggettiva AZIONE SITUAZIONE da poter rappresentare incentivi secondo entrambe le prospettive dellepisodio Da un lato, vi sono evidenze che lorientamento a focalizzare lincentivo sullo scopo piuttosto che sullattivit in s costituisce un altro tratto differenziante degli individui, con probabili collegamenti alla loro INCENTIVI INERENTI LO SCOPO 3. Livello struttura motivazionale in senso classico INCENTIVI INERENTI DELLATTIVITA (STATI dellincentivo LO SVOLGIMENTO IN SE Dallaltro lato, occorre verificare empiricamente in che modo i due tipi INTERIORI E AMBIENTALI DELLATTIVITA di incentivi interagiscono, integrandosi piuttosto che confliggendo se di CONSEGUENTI ALLAZIONE) segno diverso (vedi in precedenza conflitto appetitivo-avversivo di Lewin ) Si evidenziano comunque tre livelli di analisi motivazionale di qualsiasi episodio dazione DISTINZIONE TRA MOTIVAZIONE INTRINSECA E ESTRINSECA concetto seducente ma confuso, non esiste accordo interpretativo: Altro modo di esprimere la differenza tra processi motivazionali in cui lincentivo inerente lattivit piuttosto che lo scopo - vedi sopra Definizione legata alla compresenza nel processo motivazionale di obiettivi inerenti sia lo scopo che lattivit, perch entrambi appartengono allarea tematica che risponde al motivo individuale Definizione legata alla percezione soggettiva: la motivazione intrinseca se la persona esperisce di essere lei stessa causa del proprio agire SENSATION SEEKING comportamenti, non spIegabili attraverso il modello delle scelte razionali, in cui la persona mette a rischio valori importanti al limite la vita- senza che vi sia alcuna prospettiva di risultati vantaggiosi, es sport estremi, droghe forte motivo alla riuscita esperienza della propria competenza in situazioni vitali intensificata dalla percezione della minaccia (elevati standard di attivazione ottimale Zuckerman) ilinx (vertigine) piacere componente vestibolare (paradigma montagne russe) LESPERIENZA FLOW Esempio estremo di incentivo inerente lo svolgimento dellattivit in s; lincentivo in questo caso consiste nello sperimentare una condizione in cui la coscienza totalmente assorbita, in modo completo e irriflesso, dallesecuzione di unattivit che fluisce senza ostacoli. E unesperienza che la maggioranza delle persone riferisce di aver avuto, anche se non la concettualizza come uno stato specifico ma piuttosto ne riconosce le singole componenti, che Csikszentmihalyi (!!!) - 1975 cos definisce: Le esigenze dellazione e i segnali di ritorno sono esperiti cos chiaramente e univocamente che la persona sa, in ogni momento e senza rifletterci, cosa giusto fare / Nonostante le difficolt del compito, sicura di tenere levento sotto controllo / Sente che lazione si svolge in modo fluido e senza ostacoli (to flow), come se levento scivolasse via guidato da un logica interna / Non ha bisogno di uno sforzo di volont per concentrarsi, la concentrazione viene da s, come il respiro; e questo accade quando scompaiono tutti i processi cognitivi che non sono immediatamente indirizzati a regolare lo svolgimento dellazione / Lesperienza del tempo fortemente distorta, le ore volano via come minuti / Non si sente separata dallattivit che sta svolgendo, non esistono pi soggetto e oggetto: sperimenta una sorta di fusione tra il S e lattivit, che dipende dalla perdita di riflessivit e consapevolezza di s Sembra che lesperienza di flow, oltre ad essere oltremodo piacevole e quindi motivante, favorisca la prestazione (evidenze empiriche per lapprendimento) Dato che uno degli elementi che la contraddistingue lesperire una perfetta concordanza tra le proprie capacit e le richieste del compito, ci si aspetta che essa possa generarsi pi frequentemente in individui con intenso motivo alla riuscita orientato al successo, ed in effetti sembrerebbe che cos sia Lesperienza di flow pu essere spiegata attraverso il modello gerarchico della regolazione dellattivit (Von Cranach e altri, poi Heckhausen, poi Hacker): in condizioni di certezza degli obiettivi gerarchicamente superiori (esigenze dellazione e segnali di ritorno esperiti chiaramente e univocamente) e di non interruzione dellattivit, e tenuto conto che lindividuo dispone di una capacit di attenzione limitata, il controllo dellazione passa ai livelli inferiori (microregolazione delle prassie) Mentre la spiegazione del perch lesperienza di flow sia cos motivante potrebbe essere cercata nel principio della behaviour primacy teorizzato fin dal 1918 da Woodwort: le possibilit intellettuali, sensorie e motorie di un organismo hanno la tendenza ad attivarsi per forza propria e tale attivazione risulta in s soddisfacente, incentivo che si sarebbe mantenuto perch dotato di forte valore adattativo la spiegazione si pu estendere anche a tutti i casi di incentivo inerente lattivit in s

PSICOLOGIA DELLA MOTIVAZIONE CAP. 7 MOTIVAZIONE E VOLONTA


IL RUOLO DEI PROCESSI VOLITIVI La constatazione che le persone si trovano a svolgere molte azioni quotidiane senza che siano particolarmente motivate a farlo, anzi spesso contro la direzione della propria motivazione quantomeno immediata, ha riportato linteresse sui processi volitivi Questi erano stati studiati a suo tempo da Ach, e da altri, che si erano focalizzati su situazioni in cui la persona deve agire contro la direzione vuoi della propria motivazione, vuoi di abitudini acquisite; tra le conclusioni comuni a cui erano arrivati, quella che i processi volitivi sono spesso accompagnati da uno stato di tensione fisica che determina sensazioni di affaticamento, e da processi attivi e coscienti di controllo necessari affinch lazione s ia effettivamente portata a compimento Allargando la prospettiva, si arriva alla constatazione che qualsiasi azione (tranne quelle eseguite in stato di flow) hanno momenti che non possono essere spiegati come effetto della sola motivazione, ma necessitano anche dellintervento di processi volitivi Il modello cosiddetto del Rubicone suddivide il processo tra una fase iniziale di presa di decisione, in cui agiscono componenti motivazionali, ed una fase successiva di realizzazione della decisione presa in cui agiscono componenti volitive; le due fasi sono separate da un momento discreto in cui si forma lintenzione ad agire, definito come il Rubicone, e ad esse corrispondono stati di coscienza qualitativamente diversi Tuttavia in molti casi la decisione di agire e lavvio effettivo dellazione non sono momenti temporalmenti contigui, in quan to lazione presuppone il verificarsi di determinate circostanze ambientali: occorre quindi ipotizzare anche una fase di mantenimento dellintenzione, anchessa carat terizzata dallintervento di processi volitivi, che da un lato fa s che le energie spese nel processo di presa di decisione gi svolto non vengano sprecate e il risultato di tale processo sia immediatamente disponibile nel momento in cui le circostanze necessarie si manifestano, e dallaltro lato orienta la persona a ricercare, e se d il caso creare, tali circostanze Integrando anche la fase finale di valutazione dei risultati propria delle teorie motivazionali, si arriva ad un modello allargato dellagire suddiviso in quattro fasi psicologiche distinte, che si succedono temporalmente La successione delle fasi psicologiche dellazione, ovvero il modello Rubicone allargato dellagire
FORMAZIONE DELLINTENZIONE Motivazione pre-decisionale Orientamento alla realt SCEGLIERE Sono continuamente presenti numerosi desideri, la maggior parte dei quali scompaiono senza essere elaborati. Gli individui si diferenziano per gli ambiti tematici (riuscita, potere, affiliazione) che ritornano pi frequentemente nei loro desideri Un desiderio viene preso provisoriamente sul serio e valutato dai punti di vista della fattibilit dellazione, del suo rapporto coi risultati e della desiderabilit delle conseguenze razionalit rispetto allo scopo, fasi del modello motivazionale cognitivo allargato (vedi prima). Se lesito positivo si forma lintenzione e si passa il Rubicone. In questa fase la persona orientata alla realt, in un cosiddetto stato motivazionale di coscienza. Evidenze empiriche che vengono tendenzialmente valutati pi i contro che i pro Volizione pre-azionale Orientamento alla realizzazione FASE PRE-AZIONALE AGIRE VALUTARE La persona entra nuovamente nella fase motivazionale, e valuta retrospettivamente se lobiettivo desiderato stato raggiunto e da cosa dipeso (processi di attribuzione causale, vedi prima). In caso di successo pu guardare al futuro selezionando quale, fra le intenzioni memorizzate, potr in seguito realizzare. In caso di insuccesso decide se continuare a perseguire lobiettivo; questo il momento in cui, negli individui cosiddetti orientati alla situazione, possono formarsi le intenzioni degenerate (Kuhln): ovvero lintenzione iniziale rimane attiva (e quindi non possibile darsi altri obiettivi), ma nel proposito dazione il pensiero rimane ancorato ai soli punti 1 e/o 2 citati prima invece di pensare a cosa potrebbe fare, la persona si arrovella sullo stato presente o futuro (cio sulle situazioni) AVVIO DELLINTENZIONE REALIZZAZIONE DELLINTENZIONE Volizione azionale DISATTIVAZIONE DELLINTENZIONE Motivazione post-azionale

Non appena passato il Rubicone lo stato di coscienza muta: la persona diventa orientata alla realizzazione, trasformandosi da moderatore che pondera le scelte a unilaterale partigiano del proprio volere . In questa fase si inseriscono i processi volitivi di autocontrollo, quali i processi volontari di schermatura, ed in particolare le cosidette strategie di controllo dellazione (Kuhln): controllo selettivo dellattenzione, accentuazione programmata della motivazione, controllo dellemozione e dellambiente, leconomia nellelaborazione delle informazioni... Queste strategie sono tipiche di quegli individui, cosiddetti orientati allazione, che tendono spesso, e con successo, a tradurre i loro propositi in realt. Ci che secondo Kuhln li caratterizza psicologicamente che strutturano le loro intenzioni avendo chiaramente presenti tutti e 4 gli elementi che rendono il proposito dazione completo e adeguato: 1. lo stato futuro che si desidera raggiungere 2. lo stato presente che si deve trasformare 3. il divario da superare 4. lazioni intenzionale con cui tale divario deve essere ridotto

PSICOLOGIA DELLA MOTIVAZIONE CAP. 8 SVILUPPI ATTUALI: MOTIVI, OBIETTIVI E BENESSERE


MOTIVI BASALI (IMPLICIT MOTIVES) E IMMAGINI DEL SE MOTIVAZIONALE (SELF-ATTRIBUTED MOTIVES) - ovvero: allultimo capitolo, finalmente scopriamo lassassino... Lultima teorizzazione di McClelland (ma quanti anni ha?!) e collaboratori che la motivazione e quindi il comportamento della persona siano diretti da due diversi ordini di motivi, che possono ma non debbono per forza coincidere: da un lato i motivi basali (implicit motives) inconsci, che corrispondono ai motivi della psicologia motivazionale classica, dallaltro lato le immagini del S motivazionali (molto pi semplicemente in inglese: self-attribuited motives, motivi auto-attribuiti) che costituiscono motivi consapevoli frutto di processi cognitivi consci e deliberati (ohib, e il Super-Io, anchesso inconscio?!) I due ordini di motivi hanno, secondo McClelland, origini, basi, sviluppi e caratteristiche del tutto diverse. In particolare i motivi basali o impliciti avrebbero origini biologiche ed una base neuro-ormonale ed emozionale (cos finalmente capiamo perch lesame si chiama come si chiama!) , mentre i motivi auto-attribuiti sarebbero appresi, ovvero determinati socialmente, e ad avrebbero una base essenzialmente cognitiva. Inoltre i primi si svilupperebbero nella fase preverbale ed i secondi successivamente, il che implica che solo i secondi hanno una rappresentazione proposizionale In questo modo vengono spiegate, ed elegantemente sistemate, le scarse correlazioni riscontrate nella misurazione dei motivi individuali attraverso procedure proiettive (TAT) e procedure di autovalutazione (questionari) Ma viene anche spiegato perch spesso le persone debbono impiegare in larga misura faticosi processi volitivi per raggiungere gli obiettivi che si sono prefissate (fatto che non sarebbe spiegabile attraverso la teoria motivazionale classica) e soprattutto perch non provano soddisfazione una volta che tali obiettivi sono stati raggiunti: in questi casi si tratterebbe di obiettivi fissati in funzione dei self-attributed motives, ma che non trovano corrispondenza nei loro motivi basali Al contrario, la corrispondenza tra i due alimenterebbe stati di soddisfazione e benessere, anche perch favorirebbe situazioni in cui lincentivo inerente lo svolgimento dellattivit in s (vedi prima), e dove quindi limpiego di faticosi processi volitivi pu essere ridotto al min imo Tale corrispondenza sembrerebbe massima negli individui orientati allazione che abbiamo gi incontrato prima, e invece defic itaria in quelli orientati alla situazione. Fermo restando che le persone devono fare i conti con una realt con gradi di libert limitati, cio che spesso impone loro di raggiungere obiettivi intermedi non corrispondenti ai propri motivi basali come passaggio intermedio per poter alla fine raggiungere obiettivi ultimi che invece lo sono, la teoria apre il campo a possibilit di miglioramento del benessere individuale se la persona impara a mettere a registro i propri motivi auto -attributi con quelli basali Lipotesi che si possano mettere a punto programmi di miglioramento della competenza motivazionale delle persone, che dovrebbe permettere loro di minimizzare la fatica psicologica connessa allutilizzo di processi volitivi. Questo non significa che, stanti le costrizioni della realt , i processi volitivi possano essere del tutto eliminati; al riguardo possono essere necessari analoghi programmi di miglioramento della competenza volitiva Il primo passo che la persona acquisisca coscienza e consapevolezza della propria costellazione di motivi basali; il problema metodologico che la misurazione dei motivi basali attraverso il TAT , a livello individuale, piuttosto imprecisa; ma sono gi in fase di sperimentazione (Rheinberg) altre procedure, ad esempio la registrazione sistematica da parte della persona di ci che le d davvero piacere nelle attivit intaprese... e non si esclude che gi il fatto di porre attenzione a questo aspetto per poterlo registrare modifichi limmagine del S motivazionale, ovvero i motivi auto -attribuiti (good morning psicoterapia!!!)
MOTIVI BASALI (IMPLICIT MOTIVES) Base neuro-ormonale e affettiva Acquisizione precoce preverbale Non consapevolmente rappresentati Localizzati (in che senso?) prevalentemente nellemisfero destro e nel diencefalo (e daje! Vedi Galati) Corrispondenti ad un numero limitato di bisogni universali, geneticamente fondati (es riuscita, potere, affiliazione, intimit) (descritti cos a me sembrano dei bei bisogni sociali!) Differenze individuali co-determinate da fattori genetici ed apprendimento (esperienze precoci) Stimolazione attraverso stimoli indicativi (natural incentives anticipati) ovvero associazione, condizionamento classico Gli effetti sul comportamente sono a lungo termine, e si manfestano soprattutto in situazioni libere Misurazione attraverso campioni di fantasie (TAT) IMMAGINI DEL SE MOTIVAZIONALI (SELF-ATTRIBUTED MOTIVES) Base cognitiva Acquisizione pi tardiva Consapevolmente e verbalmente rappresentati Localizzati prevalentemente nellemisfero sinistro (e ci credo: se sono rappresentati verbalmente...) Numero illimitato di autodefinizioni uniche, ovvero obiettivi idiosincratici Differenze individuali interamente dipendenti dallapprendimento, ovvero determinate socialmente Stimolazione attraverso lattivazione di cognizioni riferite al S (ad es attenzione, ego involvement) Gli effetti sul comportamento sono a breve termine, e si manifestano soprattutto in situazioni fortemente strutturate e definite socialmente Misurazione attraverso autovalutazione (questionario)

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