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JUNG

La causa maggiore della rottura tra Jung e Freud fu il rifiuto del pansessualismo di Freud, ossia il rifiuto della
concezione per cui al centro del comportamento psichico degli esseri viventi vi sia l'istinto sessuale. Nella
concezione di Jung dell'uomo il tratto caratteristico più importante è la combinazione della causalità con la
teologia. Il comportamento dell'uomo non è condizionato soltanto dalla sua storia individuale e di membro
della razza umana (causalità), ma anche dai suoi fini e dalle sue aspirazioni (teleologia). Sia il passato come
realtà, sia il futuro come potenzialità, guidano il nostro comportamento presente. Jung sostiene che
entrambi le posizioni sono necessarie in psicologia per giungere a capire perfettamente la personalità. Il
presente è determinato non solo dal passato (causalità) ma anche dal futuro (teleologia). Un atteggiamento
puramente causale porta l'uomo alla disperazione perché lo rende prigioniero del passato. L'atteggiamento
finalistico invece dà all'uomo un senso di speranza e uno scopo per cui vivere. La concezione di Jung della
personalità considera la direzione futura dell'individuo e nello stesso tempo è retrospettiva, nel senso che si
rifà al passato. Jung vede nella personalità dell'individuo il prodotto e la sintesi della sua storia ancestrale.
Egli pone l'accento sulle origini razziali dell'uomo. L'uomo nasce già con molte predisposizioni trasmesse dai
suoi antenati e questo lo guidano nella sua condotta, quindi, esiste una personalità collettiva e razzialmente
preformata che è modificata ed elaborata dalle esperienze che riceve. La personalità consta di un certo
numero di istanze e sistemi separati ma interagenti. I principali sono: l'Io (mente cosciente), l'inconscio
personale e i suoi complessi, l'inconscio collettivo e i suoi archetipi, la persona, l'animus e l'anima, l'ombra.

La struttura della psiche: per J l'apparato psichico è costituito di due dimensioni, in una relazione
complementare e compensatoria: la coscienza e l'inconscio. Posto tra le due dimensioni c'è l'Io. L’IO viene
chiamato il soggetto della coscienza appunto la coscienza è quella parte della psiche organizzata in seguito
all'adattamento alla realtà esterna. Come sappiamo l'inconscio si divide in personale, i cui contenuti
risalgono alla storia individuale di ognuno, e inconscio collettivo i cui elementi sono comuni e impersonali.
L'inconscio collettivo consiste di imago, o di rappresentazioni sedimentate di esperienze comuni a tutti gli
uomini. In altre parole sono modi di essere e di reagire che l'umanità ha elaborato, fin dalla sua origine,
nelle situazioni più tipiche che riguardano i rapporti tra i sessi o con i genitori, i comportamenti riguardanti
la sopravvivenza, le reazioni di fronte al pericolo oppure alle forze alla potenza della natura.
La psiche è un sistema di autoregolazione. L'energia può esistere soltanto nel contrasto. L'archetipo stesso
avrebbe in sé una struttura bipolare e ogni sua immagine recherebbe in sé la propria antitesi. Ogni contenuto
psichico conscio e inconscio, in questo modo, acquista energia nella misura in cui la sottrae al suo contenuto
antitetico. L'energia in Jung può essere trasformata e sublimata. I sintomi nevrotici e i complessi sarebbero la
conseguenza di un ingorgo energetico dovuto al ritiro dell'energia da uno degli elementi della coppia di
contrari e alla loro separazione. In questo modo, nella coppia conscio- inconscio, l'energia perduta in un
sistema è acquisita dall'altro, affluendo, per esempio, dalla coscienza all'inconscio e rivolgendo i contenuti di
quest'ultimo sistema. Tali contenuti in seguito, emergendo nella coscienza, causerebbero ogni tipo di
disturbo. Tuttavia per Jung, il moto energetico può essere invertito mediante l'intervento della coscienza.
L'energia presenta un movimento di tipo progressivo, quando è guidata dalla coscienza nella direzione
dell'adattamento alle esigenze della realtà; al contrario il fallimento nel processo di adattamento può produrre
fenomeni sia di stagnazione sia di regressione: l'energia presenta un movimento di tipo regressivo in seguito
a un accumulo di energia nel sistema inconscio. Nei casi estremi, in cui l'inconscio invada la coscienza
sommergendola, può insorgere uno stato di psicosi. Moti progressivi dell'energia sono identificabili in ogni
atto di volontà volto a un obiettivo, moti regressivi sono invece manifesti in situazioni di disinteresse,
distrazione. Oltre al movimento, il processo energetico è caratterizzato da una propria intensità di valore,
espressa dalle immagini. L'immagine infatti è una forma mediante la quale l'energia psichica si esprime: essa
è creata dall'immaginatio, la facoltà creativa che suscita le singole immagini dell'inconscio collettivo. Ora,
l'intensità di valore di ogni immagine è offerta dalla sua costellazione e localizzazione rispetto al proprio
contesto. Il significato delle immagini cambia infatti con riferimento alla collocazione, che può essere
marginale e centrale.

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Jung fondò le sue concezioni psicodinamiche su due principi fondamentali: il principio di equivalenza e
quello di entropia. Il primo asserisce che, se un valore diviene più debole o scompare, la quantità di energia
a esso legata non andrà perduta per la psiche, ma riapparirà in un nuovo valore. L'indebolimento di un
valore si accompagna inevitabilmente al sorgere di un altro. Il principio di entropia afferma che la
distribuzione di energia nella psiche tende a un equilibrio o armonia. Fra due valori di diversa forza,
l'energia tenderà a passare dal più forte al più debole fino a raggiungere uno stato di equilibrio. Tutta
l'energia psichica di cui la personalità dispone viene utilizzata per due fini generali. Una parte è spesa
nell'esecuzione del lavoro necessario al mantenimento della vita e alla propagazione della specie: queste
sono funzioni istintive. L'energia eccedente quella utilizzata dagli istinti può essere impiegati in attività
culturali e spirituali. Per Jung lo sviluppo può svolgersi in senso progressivo e regressivo; per progressione
Jung intende un soddisfacente adattamento dell'io alle richieste dell'ambiente esterno e ai bisogni
dell'inconscio. Se un evento frustrante interrompe il movimento progressivo, la libido non potrà piu essere
investita in valori orientati verso il mondo o estroversi, di conseguenza regredirà verso l'inconscio legandosi
a valori introversi. Tuttavia Jung ritiene che uno spostamento in senso regressivo non debba avere
necessariamente effetti negativi permanenti: esso infatti può aiutare l'io a trovare il modo di aggirare
l'ostacolo e riprendere il suo cammino. Il fine ultimo dello sviluppo è rappresentato dall’autorealizzazione.
Per raggiungere tale scopo è necessario che le diverse istanze della personalità si differenzino ed evolvono
completamente. Una personalità sana e integrata si otterrà solo consentendo a ogni istanza di raggiungere
il più alto grado di differenziazione e di sviluppo; il processo attraverso il quale si raggiunge tale stato è
detto processo di individuazione. La funzione trascendente è in grado di conciliare gli indirizzi opposti dei
diversi sistemi e di operare per il raggiungimento del fine ideale della totalità perfetta. L'energia psichica
può essere spostata, cioè trasferita da un processo di un dato sistema ad un altro processo dello stesso o di
un sistema diverso. La sublimazione è lo spostamento dell'energia dei processi primitivi, estintivi o meno
differenziati, a processi altamente spirituali, culturali e maggiormente differenziati.
Differenze con Freud: oltre alla differenza del pansessualismo di Freud, oltre alla dimensione di causalità
integrata con quella di teleologia di Jung contro il concetto di Freud secondo cui per comprendere la
personalità di un individuo basta conoscere il suo passato un'altra. Jung concorda con Freud sull'importanza
che l'inconscio riveste nella formazione della personalità, ma nella sua teorizzazione viene ad acquistare un
duplice volto: quello di un inconscio individuale e quello di un inconscio collettivo.
Dal test di associazione verbale ai complessi: Jung scoprì una regolarità nelle manifestazioni deliranti dei
pazienti schizofrenici e questo lo portò a sviluppare il test di associazione verbale. Il test l'ha portato
all'ipotesi che nella schizofrenia ci sia un allentamento della tensione associativa, cosa che produrrebbe un
accostamento sconnesso di comunicazioni diverse. Interesse principale è la correlazione tra le parole legate
a contenuti spiacevoli e i fenomeni disturbanti contenuti nella risposta. Questi ultimi tradivano
regolarmente problematiche di fondo, ossia i complessi che agivano nell'inconscio. L'individuazione di
questi complessi è diventata infine lo scopo principale del test. Col test si potevano captare segnali inconsci
che raggiungevano la coscienza attraverso la barriera della rimozione, corroborando così l'ipotesi di un
sistema dinamico tra la coscienza e l'inconscio.
La scoperta dei complessi: la sede dei complessi è l’inconscio personale. Con il termine “complessi”, Jung,
fa riferimento ai centri energetici presenti nell’inconscio che corrispondono a determinati temi esistenziali,
con ripetuti confronti dolorosi tra l’individuo e il suo ambiente. In questo modo diventano anche luoghi
della psiche sensibili ai disturbi. I complessi attirano e assumono su di loro esperienze con un nucleo
tematico affine, diventando i luoghi della psiche sensibile ai disturbi. Ogni volta che il soggetto si trova in
quel tipo di esperienza emotivamente gravosa, i complessi si attivano e attivano una reazione complessuale
dell'individuo. Alcuni dei complessi più noti sono: il Complesso di Edipo, il Complesso di inferiorità, il
Complesso materno, il Complesso paterno. Il complesso per Jung rappresenta un elemento strutturale
dell’inconscio, alla cui base vi sono sempre esperienze sovrapersonali e quindi archetipiche. Così, la teoria
dei complessi anticipa quel concetto di base che elaborerà Jung negli anni successivi: l’inconscio collettivo.
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In sintesi i complessi sono punti vulnerabili alla cui origine vi è un conflitto e di cui conservano le
caratteristiche espresse sotto forma di sensazioni di angoscia e di dissidio interiore. Poiché i complessi sono
parti della personalità, formati da contenuti psichici che si sono separati dalla coscienza, si comportano in
modo arbitrario e autonomo: un complesso che emerge oltre la soglia della coscienza, penetrandovi e
impoverendola di energia si comporta come un invasore. Tuttavia, l'assenza di complessi non è augurabile
poiché possono agire come stimoli della vita psichica e rappresentare nuove opportunità e risorse. In ogni
modo un complesso si origina in un trauma infantile o in un evento vissuto dal soggetto come un doloroso
fallimento; l'energia distolta da una progettazione di vita resta pertanto fissata al trauma, creando una
porzione di psiche staccata, cioè un punto debole nella vita dell'individuo. Tra i vari complessi
rappresentativo è quello di inferiorità
Dalla “dementia praecox” alla “schizofrenia” Jung, in seguito a un esperimento condotto su un paziente
schizofrenico e in seguito a numerosi esperimenti, arrivò a formulare l’ipotesi che alla base dei sintomi del
paziente debba trovarsi la stessa origine del mito collettivamente prodotto cioè un comune sostrato
inconscio dal quale emergono, senza riferirsi a esperienze di vita individuali, quei prodotti della fantasia.
Questa tesi diventerà elemento di conflitto tra Jung e Freud; secondo quest’ultimo, infatti, la storia
individuale ed i conflitti ad essa legati costituiscono la base per le nevrosi e di conseguenza il mito collettivo,
secondo Freud, si creerebbe in seguito a comuni esperienze individuali. Dunque, Freud nell’ipotesi di un
inconscio collettivo vede esclusivamente una complicazione inammissibile del sistema psichico. D’altro
canto, Jung perviene all’ipotesi che il neonato porti con se una “conoscenza” degli antichi conflitti umani e
l’esperienza individuale si fonda su questo “materiale fondamentale.” Dunque, il lavoro scientifico con i
pazienti schizofrenici costituisce per Jung un passo importante verso la teoria dell’inconscio collettivo e
degli archetipi, molto prima che egli possa convalidare le sue ipotesi grazie al confronto con i motivi tratti
dai miti, dai sogni, dalle favole e dalle religioni. Inoltre, il confronto con la schizofrenia gli permetti di
rafforzare le sue posizioni sulla teoria dei complessi: nei pazienti schizofrenici egli individua un gran numero
di complessi dei quali riesce a spiegare le manifestazioni che inizialmente sembrano incoerenti. In seguito a
ciò, Jung, sviluppa una prima interpretazione psicogenetica di quella psicosi che originariamente veniva
diagnosticata come “dementia praecox” e in seguito classificata da Bleuler “schizofrenia.”
Funzione dell’Io e terapia della psicosi: i sintomi dei pazienti schizofrenici non sono riconducibili a
esperienze personali depositatesi nell'inconscio a causa della rimozione, anzi mostrerebbero un'affinità
sorprendente con i prodotti della fantasia che si trovano diffusi in tutte le epoche e culture dell'umanità.
Per Jung i sintomi schizofrenici andrebbero intesi come espressione di una matrice inconscia creativa della
psiche umana, comune a tutti gli uomini. L'autore è consapevole del fatto che occorre un Io cosciente forte
e capace di integrazione, affinché si possa stabilire un contatto stimolante e proficuo con l'inconscio,
presupposto indispensabile lungo il processo di individuazione. In ultima analisi, deduce che il quadro
clinico schizofrenico deve avere a che fare in primo luogo con un disturbo delle funzioni dell’Io: lo
schizofrenico non possiede un Io coerente grazie al quale possa distinguere le sue fantasie dalla realtà e
rapportarsi ad esso in modo creativo. Secondo Freud la sfera psichica dell'io è la sede delle funzioni di
difesa. Ma nell'inconscio possono trovarsi, secondo Jung dei contenuti che non sono mai stati coscienti
prima d'ora, cosa che vale per l'inconscio collettivo e i suoi contenuti archetipici. Un IO rigido che mantenga
delle solite difese ostacola di conseguenza il processo di presa di coscienza e di integrazione dei contenuti
inconsci perché blocca l'accesso all’inconscio. Con la maturazione di un IO stabile e flessibile ai contenuti
inconsci viene permesso di superare le barriere difensive e di rendersi visibile alla coscienza, un primo
passo verso l'integrazione. L’IO di una persona sana attua questa flessibilità nel sonno, consentendo
all'inconscio di manifestarsi grazie ai sogni. Gli psicotici hanno un IO costantemente indebolito e permeabile
ai messaggi inconsci. secondo questa visione la vita psichica ha la stessa origine del materiale onirico,
quindi, non è il contenuto della psicosi ad essere estraneo ma è il modo di rapportarsi ad esso. Secondo
Jung lo psicotico è sopraffatto dallo strato individuale inconscio della sua psiche e non viene più tutelato
dalla rimozione che è indispensabile per la funzione di realtà. Immerso in una profonda dimensione

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collettiva dell'inconscio dal quale nessun io forte e coerente può aiutarlo ad uscire, nella maggior parte dei
casi, rende impossibile il ritorno alla realtà nonostante la terapia.
La libido secondo Jung: La pulsione di autoconservazione diventa per lui una spinta all’autorealizzazione e
l’energia che sta alla base di questo processo da energia pulsionale sessuale (Freud) diviene un energia
indefinita che sollecita lo sviluppo, la crescita e l’autorealizzazione. La libido per Jung, dunque, rappresenta
l’energia psichica in assoluto e non è limitata alla componente sessuale. Questo principio permette a Jung
di di disporre di una grande libertà riguardo l’origine delle nevrosi che non va più associata a un conflitto
pulsionale irrisolto, bensì può essere ricondotta ai diversi blocchi delle linee evolutive autonome. In
particolare, nella schizofrenia i deliri e le allucinazioni acquistano un aspetto creativo, possono essere
considerati una forma espressiva dei contenuti inconsci che in presenza di una difesa inadeguata da parte
dell’io, raggiungono la coscienza senza essere filtrati. La risultante perdita del senso di realtà è da
ricondurre al fatto che un Io non coeso non è in grado di distinguere tra fantasia e realtà.
Libido e volontà: a una definizione descrittiva della libido, capace di spostarsi e di fornire a funzioni non
sessuali forza pulsionale sessuale, Jung sostituisce una definizione genetica, ipotizzando una unità di libido
primaria da cui derivano le altre pulsioni. Identificando la libido con l'energia psichica Jung concepisce la
psiche nel suo complesso con un sistema in costante movimento pervaso da una forza che si esprime in
tutti gli eventi psichici. A una libido concepita come bisogno sessuale, con una molteplicità di fonti e di
elementi sessuali, subentra la concezione di una unità dinamica che si manifesta in varie forme. Inoltre essa
tende a cristallizzarsi o fossilizzarsi nella forma di simboli universali, trasmessi dalla mitologia. Infine, la
libido, stabilendo correlazioni fra i diversi eventi psichici offre un'interpretazione non causale ma finalistica.
Segue un modello di sviluppo sessuale. Jung per quanto riguarda la sessualità, suddivide la vita umana in
tre stadi: il primo è quello stadio pre sessuale, che comprende i primi anni di vita, e può estendersi fino a
cinque anni. In questo periodo la libido è finalizzata esclusivamente alla nutrizione; il secondo stadio,
chiamato pre pubertà corrisponde al periodo di latenza; Tuttavia Jung pone in questa fase la nascita dei
primi interessi sessuali; il terzo stadio va dalla pubertà in avanti ed è chiamato periodo della maturità.
Il viaggio notturno per mare: grazie all'esperienza su di sé, ha potuto convalidare le ipotesi per le quali non
aveva ancora sufficienti dimostrazioni empiriche. Verificò su se stesso le proprie concezioni dell'inconscio,
comuni a tutti gli uomini, e le analizzò in modo sistematico. Poiché l'inconscio per Jung si esprime
soprattutto in forma di simboli, la sua attenzione è rivolta principalmente alla comprensione precisa di
questa forma di espressione. Sono anzitutto i sogni, in quanto teatro di azioni simboliche, ad essere
impegnati da Jung per le sue deduzioni sui contenuti dell'inconscio. Egli annota accuratamente i suoi sogni,
cercando di comprenderne e di riviverne la simbologia con tutti i mezzi a sua disposizione. Alle annotazioni
si aggiunge la tendenza a disegnare e a dipingere le immagini oniriche più importanti, a circoscrivere i
simboli con tutte quelle funzioni della coscienza che saranno poi elaborate nella sua tipologia, non che
grazie ai dialoghi interiori con i personaggi onirici, espressi anche in forma epistolare. Per percorrere la via
dell'individuazione il confronto cosciente costruttivo con i contenuti inconsci diventa l'esigenza primaria
L’immaginazione attiva: (è una tecnica terapeutica) per intensificare il confronto con le sue immagini
interiori, Jung elabora una tecnica che gli permette di proseguire i dialoghi che hanno avuto luogo nel
sogno, ovvero di elaborare l'attività onirica in uno stato di quasi veglia. Lo scopo dell'immaginazione attiva è
dunque quello di scoprire i contenuti inconsci ed integrati alla coscienza grazie al dialogo. Con tale sistema
è possibile sfruttare il potenziale creativo dell’inconscio con l'ausilio delle immagini oniriche. Lo scopo
principale di questo metodo è quello di promuovere il dialogo tra l'inconscio e la coscienza, di scoprire
ulteriori contenuti inconsci e di utilizzare il potenziale creativo dell'incontro. Tutto questo è finalizzato
all'individuazione.
Le scoperte di Jung: Il vasto materiale inconscio che Jung durante il viaggio x mare porta alla luce e col
quale si confronta gli offre un presupposto sul quale può costruire la sua futura teoria dell’inconscio
collettivo e dei suoi archetipi: egli incontra infatti diverse immagini di natura simbolica molto significativi
per l’individuazione. Egli incontra le immagini dell’ANIMA che rappresentano le immagini femminili

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inconsce della sua psiche maschile, ma anche immagini maschili con cui instaura dei dialoghi grazie
all’immaginazione attiva e ad altre tecniche. Questi incontri interiori sono molto importanti poiché
chiariscono e confermano le prime intuizioni di Jung su determinati elementi strutturali dell’inconscio
collettivo, successivamente concettualizzati come unità archetipiche. In base all’esperienza di Jung,
l’inconscio non si esprime solo tramite figure umane, ma anche tramite simboli oggettivi e astratti, infatti
proprio in questa circostanza scopre i mandala nei quali riconosce l’espressione simbolica del Sé (l'istanza
interiore configurata archetipicamente, che stimola e favorisce il compimento dello sviluppo e della
maturazione psichica). Inoltre scopre che le forme espressive della psiche non si realizzano casualmente e
in maniera confusa, ma vanno considerate ogni volta in un significativo contesto creativo. Proprio per il
fatto che i simboli dell’inconscio non si manifestano casualmente si delinea la concezione della psicologia
analitica nella quale all’inconscio e all’elemento archetipico viene attribuito il ruolo decisivo nello sviluppo
psichico e dell’individuazione. Jung è inoltre consapevole che in questo processo sono presenti dei rischi,
poiché l’inconscio non è caratterizzato solo da elementi creativi, ma anche da archetipi oscuri, come
l’OMBRA. L’Io cosciente, per potersi aprire ai contenuti inconsci, dovrebbe essere ipoteticamente in grado
di rinunciare ad una rigida posizione di difesa e di rimozione, questo vuol dire anche essere all'altezza dei
logoramenti emotivi che si producono nell'incontro con le immagini inconsce. L'accettazione reale e la
percezione emotiva delle immagini interiori è solo il primo passo del processo di presa di coscienza.
Successivamente è necessario inquadrare le nuove esperienze grazie al confronto interiore e integrarle
nella coscienza.

La pubblicazione del libro Tipi psicologici segna un punto di svolta, per la prima volta formula in modo
dettagliato le sue concezioni sulla psiche umana. Nella teoria della personalità di Jung occupa un posto
centrale il Sé che è il punto centrale della personalità, intorno a cui si raggruppano tutti gli altri sistemi, e
esso li mantiene uniti e dà alla personalità l'equilibrio, la stabilità e l'unità. Il Sé è lo scopo della vita, un fine
per cui l'uomo lotta costantemente ma che di rado riesce a raggiungere. Jung concepiva la personalità o
psiche come un sistema dotato di energia e parzialmente chiuso, perché a esso si deve aggiungere l'energia
proveniente da fonti esterne, per esempio dal mangiare. Per spiegare la dinamica della personalità, Jung
ricorre, al concetto della libido, ma mentre per Freud la libido è un concetto collettivo delle tendenze sessuali
dell'uomo, per Jung il termine libido è sinonimo di energia psichica e a seconda che la libido sia diretta
preminentemente verso l’interno o verso l’esterno, J distingue tra introversione ed estroversione.
L'atteggiamento introverso tende ad orientare la sua energia psichica verso il mondo interiore (pensieri e
emozioni) mentre l'atteggiamento estroverso orienta la sua energia verso il mondo esteriore (fatti e persone).
ambedue questi opposti atteggiamenti sono presenti nella personalità ma di regola uno di essi è dominante e
cosciente, mentre l'altro è subordinato inconscio.
Secondo la concezione di Jung, l’estroversione prevede un atteggiamento orientato al mondo esterno,
mentre l’introversione prevede un atteggiamento riferito principalmente alle proprie esperienze e al
mondo interiore. L'appartenenza a un tipo specifico di atteggiamento sarebbe da ricondursi, non a fattori
educativi o sociali ma ad antecedenti evoluzionistici, poiché il modo in cui il soggetto si confronta con
l'oggetto, attraverso un preciso atteggiamento, sarebbe espressione di processi di adattamento.
Oltre a questi due atteggiamenti fondamentali che si contrappongono in modo bipolare, Jung descrive
quattro funzioni, grazie alle quali l’Io cosciente può confrontarsi con situazioni esterne (nell’estroversione)
e interne (nell’introversione). Vi sono quattro funzioni psicologicamente fondamentali: pensiero,
sentimento, intuizione e sensazione. Ciascuna di queste funzioni ci consente di adattarci al mondo e alla
vita. Jung distingue due coppie di funzioni, una coppia è formata dalle funzioni razionali del pensiero e del
sentimento; l'altra comprende le funzioni razionali cioè sensazione e intuizione punto ogni coppia
comprende due funzioni l'opposizione tra di loro punto
- Il pensiero è una funzione fondamentale alla quale spetta la valutazione e il giudizio di determinate
circostanze. Se questa funzione ha una prevalenza eccessiva e ricopre una posizione dominante, la
controparte del pensiero caratterizzata dal sentimento viene repressa o scarsamente differenziata

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- Il sentimento viene scritto da Jung come una funzione razionale alla quale spetta il compito di
giudicare positivamente o negativamente gli stati d’animo, e quindi di connotarli valutativamente. Il
fatto di vivere una situazione come gradevole o spiacevole dipende dalla funzione del sentimento.
Un individuo estroverso in cui domini la funzione di sentimento possiede una buona capacità di
immedesimazione e tende a mettere in secondo piano la sua funzione complementare, quella del
pensiero razionale
- La sensazione indica ciò che viene percepito con i sensi, il tipo estroverso di sensazione sarebbe per
esempio un buon osservatore, in grado di sfruttare tutti i sensi per ottenere la percezione più
precisa possibile dell’ambiente e degli oggetti che lo circondano
- L’intuizione è la capacità di comprendere la potenzialità di determinate situazioni e di sviluppare un
intuito, che trascende la percezione obiettiva e l’elaborazione delle esperienze. Una persona
intuitiva si lascia guidare dalle sue immaginazioni, fantasie e presentimenti, si distingue per una
attitudine alla fantasia superiore alla media
Nell'individuo sono presenti tutti e quattro le funzioni ma di regola una delle quattro è altamente
differenziata e svolge un compito preminente nella coscienza, viene detta funzione superiore. La meno
differenziata delle quattro è detta funzione inferiore ed è rimossa, inconscia, si esprime nei sogni e nelle
fantasie. Con i tipi di atteggiamento, estroverso e introverso, e con le quattro funzioni dell’io, nello schema
di Jung si distinguono alla fine otto diversi tipi di personalità. Anche le fasi estroverse (i viaggi) nelle quali
Jung raccoglie ulteriori esperienze, sono per lui altrettanto importanti rispetto ai periodi dell’introversione e
del continuo confronto col proprio inconscio. Infatti, più volte, egli sottolinea che l’individuazione, il
raggiungimento della totalità, non può riuscire nella solitudine di una torre d’avorio, ma solo in un
confronto continuo con la realtà esterna.
Excursus, Jung e l’alchimia: Jung si dedicò con particolare interesse allo studio dell'alchimia. L'alchimista,
partendo dalla sostanza di base, la materia prima, grazie a diversi processi di trasformazioni chimiche
otteneva nel suo laboratorio la pietra filosofale punto nella visione di yughi processi rischiosi di lavorazione
erano le qui Valente psicologico del confronto con l'ombra, come primo stadio della presa di coscienza nel
processo di individuazione appunto i processi seguenti coincidevano con l'integrazione delle immagini
contro sessuali della psiche, l'anima e l'animus, ovvero ad un'ulteriore passo verso il processo di
individuazione punto il lavoro di ricongiungimento peraltro dall'alchimista corrisponde, a livello psicologico,
le caratteristiche del processo di individuazione: alla necessità di unire gli opposti di raggiungere in tal
modo la totalità.
L’inconscio individuale (inconscio personale): Jung amplia l’inconscio individuale e a differenza di Freud
non vi annovera esclusivamente le pulsioni sessuali, ma anche immagini e sensazioni penose che possono
essere state rimosse intenzionalmente e quindi coscientemente. Appartengono alla sfera dell’inconscio
individuale anche i contenuti che in una determinata situazione l’individuo non ricorda. La rimozione per
Jung non è soltanto un meccanismo di difesa che trasferisce i contenuti angosciosi nella sfera inconscia,
bensì un atteggiamento necessario alla psiche che serve a costituire e mantenere un io cosciente
funzionante. Se essa non funzionasse si verrebbe sommersi dai contenuti inconsci.
L'inconscio personale è formato dalle esperienze che sono state rimosse, represse, dimenticate o ignorate, e
da quelle troppo deboli per lasciare una traccia cosciente nella persona. I complessi invece indicano un
contesto psichico attivo i cui elementi molteplici (sentimenti, pensieri, percezioni, ricordi) sono unificati
dalla comune tonalità affettiva; un esempio è il complesso materno.
Gli antagonisti: Persona e Ombra: L’idea del gioco alterno tra Persona e Ombra è indicata per spiegare
l’inconscio individuale dal punto di vista junghiano. In una classica successione di tappe psicoterapeutiche
che promuovano l’individuazione si tende come prima cosa a riconoscere ed esplorare la Persona. In
secondo luogo si cerca di rendere accessibili alla coscienza e di integrare ad essa i contenuti nascosti
nell’Ombra che racchiude gli aspetti inconsci rimossi a causa delle condizioni di vita individuali. Poiché però
queste idee rimosse non riguardano la sola storia individuale, la zona d’Ombra si estende nello strato più
profondo dell’inconscio collettivo.
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LA PERSONA: la persona è una maschera che l'individuo porta per rispondere alle esigenze delle convenzioni
sociali. È La funzione assegnatagli dalla società, cioè il compito che essa attende da lui. Questa maschera
spesso nasconde la vera natura dell'individuo. La persona è la personalità pubblica, quegli aspetti che si
palesano il mondo o che l'opinione pubblica attribuisce all'individuo, in apposizione alla personalità privata
che esiste dietro alla facciata sociale.
La persona è un complicato sistema di relazioni fra la coscienza individuale e la società, una specie di
maschera che serve da un lato a fare una determinata impressione sugli altri, dall’altro a nascondere la vera
natura dell’individuo[…] la società esige che ciascuno rappresenti al meglio possibile la sua parte. Il mondo
induce a un certo modo di comportarsi e coloro che rivestono un ruolo professionale si costringono a
conformarsi a queste aspettative. Con una certa esagerazione si potrebbe dire che la Persona è non ciò che
uno è realmente, bensì ciò che egli e gli altri credono che sia. Le esigenze di una coppia o di una famiglia
possono portare alla formazione di più Persone che si distinguono da quelle che hanno un ruolo ufficiale;
infatti l’individuo, nel processo di socializzazione, subisce diverse aspettative, a cui risponde in modo
diverso e che in tal modo possono contribuire alla formazione di diverse Persone.
- Le origine della Persona: L’origine della persona è facile da abbozzare: le qualità richieste e promosse
dalla socializzazione si cristallizzano nella forma della Persona e vengono mostrate all’esterno. Le
caratteristiche mostrate sono consce o semiconsce sebbene l’identificarsi con quelle aspettative è un
processo che riguarda l’inconscio. Per l’individuo diventa difficile distinguere quali delle caratteristiche
esibite all’esterno siano autentiche e quali siano nate in seguito a un adeguamento forzato. Nella
persona si manifestano tendenzialmente gli aspetti “positivi” che assicurano all’individuo il
riconoscimento della collettività, nella misura in cui sono soddisfatte le aspettative di quest’ultima.
Nonostante ciò la Persona non deve necessariamente racchiudere solo gli aspetti giudicati positivi nel
contesto sociale, ma può derivare da attribuzioni strettamente individuali, anche negative. Può inoltre
svilupparsi in maniera del tutto indipendente dalle aspettative richieste e essere interpretata come
espressione di rifiuto o di protesta. Comunque di norma la formazione della persona richiede
l’accettazione selettiva di alcuni attributi e caratteristiche che vengono assegnate a una maschera e per
fare ciò è necessario il rifiuto e la rimozione di quegli aspetti che non rientrano nell’immagine
desiderata. Il luogo in cui si trovano questi contenuti che vengono allontanati e rimossi dalla propria
persona è l’Ombra. Secondo la concezione classica, la formazione della persona appartiene alla prima
fase di vita, che consiste nello stabilizzarsi di un ruolo sociale e lavorativo. La Persona è data dalle
AMBIZIONI SOGGETTIVE sommate alle ASPETTATIVE DELLA SOCIETA’. Alla persona, dunque, si può
contrapporre una parte di Ombra altrettanto delimitata che assume in sé il relativo opposto. Le
aspettative sul tipo di ruolo sono legate al relativo spirito del tempo (Zeitgeist) e dunque di volta in
colta mutevoli nel contesto culturale. La persona viene intesa come un frammento di Io, presentato
all’estero come facciata e in larga parte attribuibile alla coscienza. Come è stato già detto, per la
realizzazione della persona sono significativi sia l’assegnazione del ruolo dall’esterno e le sue
aspettative sia la disponibilità interiore ad accettare queste caratteristiche da parte dell’individuo. Cosi
nella Persona può anche costituirsi un atteggiamento non conforme ai ruoli e alle aspettative, ma che
addirittura vi si oppone; in questi casi si può arrivare a parlare di “Persone outsider”, da intendere
anche in senso di ribellione e di protesta.
- La funzione della Persona: Secondo Jung la persona va vista come un’attività creativa. La persona serve
non soltanto come presentazione all’esterno, ma anche come schermo di protezione, che aiuta
l’individuo a limitare gli influssi esterni. In questo modo può agire come mediatrice tra esigenze interne
ed esterne, contribuendo alla stabilità psichica. La Persona deve disporre di flessibilità ed elasticità per
adattarsi ad ogni situazione di vita e ciò richiede diti di riflessione e una capacità introspettiva.
L’assunzione di modelli di ruolo rigidi e indiscussi invece comporta la formazione di una Persona
limitata
L’OMBRA: è costituita dagli istinti animali ereditati dall'uomo nella sua evoluzione. Di conseguenza l'ombra
simboleggia il lato animale della natura umana.
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La parte inferiore della personalità, la somma di tutte le disposizioni psichiche personali e collettive che, a
causa della loro inconciliabilità con la forma di vita scelta coscientemente, non vengono vissute, si uniscono
nell’inconscio a tendenze contrarie e formano una personalità parziale relativamente autonoma. Poiché
l’ombra si comporta compensatoriamente rispetto alla coscienza, il suo effetto può essere tanto negativo
quanto positivo. Rendere coscienti dell’Ombra è il lavoro iniziale dell’analisi. All’Ombra pertiene un
significato sia individuale sia collettivo: infatti, da una parte, l’Ombra deve la sua esistenza al lavoro di
rimozione che viene svolto a favore del mantenimento e dell’immagine della Persona, ed è infatti
l’antagonista di quest’ultima. Questi contenuti vanno fatti risalire alla storia individuale. Ma poiché per la
rimozione sono significativi anche motivi e contenuti che riguardano un altro gruppo di persone ( famiglia,
cultura), all’Ombra si addice anche una dimensione collettiva. L’inconscio deve la sua formazione
essenzialmente alla rimozione di contenuti che non si armonizzano con la coscienza, la rimozione può
riguardare sia aspetti individuali che collettivi, quindi va da sé l’esistenza di un inconscio individuale e di un
inconscio collettivo.
- L’ombra individuale: l’Ombra nasce da tutti quei contenuti allontanati dall’Io cosciente dalla persona e
include infatti gli aspetti indesiderati; rappresenta dunque una parte dell’inconscio individuale.
Rappresenta la “ parte inferiore”, scissa della personalità, il fratello oscuro della Persona. l’Ombra è
spesso paragonata all’inconscio della teoria freudiana anche se nell’ottica di Jung la sua realizzazione
non va vista soltanto alla luce del principio originario di Freud relativo alla teoria pulsionale. Il motivo
della rimozione non risale esclusivamente alla paura trasmessa all’io dalle componenti pulsionali
sessuali e aggressive. È importante capire che nell’Ombra non sono presenti soltanto i contenuti
inconsci valutati come negativi. (Ex: un bambino che non possa sviluppare le sue qualità creative e
artistiche perché non rientrano nel sistema di valori familiare, dovrà rimuovere nella zona d’ombra
inconscia i talenti e le peculiarità negate, per far posto a una Persona che tenga conto delle aspirazioni
e delle aspettative dei genitori. l’Ombra, dunque, può predisporre di predisposizioni e caratteristiche
importanti di un individuo che nel corso dell’individuazione non sono state accettate e si sono
disgregate. Per esempio, anche nel caso di una persona strutturata negativamente, con un
comportamento aggressivo, nella sua Ombra si possono trovare aspetti benevoli o sensibili,
conformemente all’idea psicodinamica degli opposti e al relativo lavoro di rimozione.
- Manifestazioni dell’Ombra: Come tutti i contenuti inconsci, anche quelli dell’Ombra non sono
facilmente accessibili. Gli aspetti dell’Ombra possono essere riportati alla coscienza tramite la
proiezione. Le proiezioni però non avvengono in modo del tutto libero, per la loro realizzazione
occorrono delle condizioni: da un lato conta l’inclinazione dell’individuo a liberarsi dalle immagini
spiacevoli grazie alla proiezione. Dall’altro gli oggetti di proiezione devono essere adatti e pronti ad
accettare e rispecchiare i contenuti trasmessi (oggetto di proiezione=terapeuta). Altri uomini possono
diventare, tramite la proiezione, oggetti ai quali sono attribuite le proprie caratteristiche inconsce. Ciò
porta a una percezione deformata della persona con cui ci si confronta e ostacola la formazione di
rapporti autentici e soddisfacenti. Un’altra particolare forma di proiezione sono i sogni; in questo caso i
contenuti inconsci non sono proiettati su una persona reale, ma sul palcoscenico di una messa in scena
onirica. In questo modo vengono rappresentati anche temi relativi all’Ombra e grazie
all’interpretazione sei sogni a livello del soggetto si posso capire caratteristiche del soggetto non
accettate fino a quel momento. Un’ interpretazione dei sogni riguardante aspetti dell’Ombra è evidente
quando i protagonisti dei sogni sono dello stesso sesso dei sognatori.
Conseguenze terapeutiche: Lo scopo del processo di individuazione è una realizzazione di se più completa
possibile. Questo presuppone una presa di coscienza, un confronto e un’integrazione riguardo ai contenuti
dell’inconscio sia individuale che collettivo. Alla psicoterapia spetta il compito di promuovere e agevolare il
processo di individuazione. La presa di coscienza dell’ombra è il primo compito che si presenta nel processo
terapeutico. La crescente integrazione degli aspetti dell’Ombra porta a un mutamento della persona, la

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quale è meno improntata a rigidi meccanismi di difesa. In tal modo essa adempie alla propria funzione di
mediatrice tra realtà interne ed esterne in modo molto più creativo.
*sotto l’aspetto individuale l’Ombra indica i contenuti rifiutati rimossi, non autorizzati dalla nostra psiche
che talvolta possono avere anche un carattere positivo. *sotto l’aspetto collettivo indica il lato oscuro
genericamente umano che è in noi, la disposizione strutturale insita in ogni uomo per ciò che è di minor
valore e oscuro.
L’inconscio collettivo: appare come il deposito di tracce latenti provenienti dal passato ancestrale dell'uomo.
Esso è il residuo psichico dello sviluppo evolutivo dell'uomo, accumulatosi in seguito alle ripetute esperienze
di innumerevoli generazioni. Così, dal momento che gli esseri umani hanno sempre avuto una madre, ogni
bambino nasce con la predisposizione a percepirla e a reagire ad essa. Tutto ciò che si impara dall'esperienza
personale, è sostanzialmente influenzato dall inconscio collettivo che esercita un'azione diretta sul
comportamento dell'individuo sin dall'inizio della vita.
L’inconscio collettivo non deve la sua esistenza alle esperienze personali e non è perciò un’acquisizione
personale. Mentre l’inconscio personale è caratterizzato da elementi un tempo consci e poi rimossi
coscienza o da aspetti semplicemente dimenticati, i contenuti dell’inconscio collettivo non sono mai stati
nella coscienza e perciò non sono mai stati acquisiti individualmente ma devono la loro esistenza
esclusivamente all’EREDITARIETA’.
- La scoperta dell’inconscio collettivo: L’attività svolta da Jung con i pazienti psicotici gli dimostra che i
deliri e le allucinazioni non sono prive di significato; egli li considera prodotti della fantasia che possono
essere simili a quelli di un sognatore e a quelli che si ritrovano in favole e miti. Basandosi su questo si
interroga su come possano realizzarsi queste fantasie e come si spieghi che individui diversi che non
sono mai stati in contatto tra loro siano pervenuti nella loro fantasia a motivi analoghi. Giunge così alla
conclusione che la psiche umana deve disporre di un’istanza comune a tutti gli uomini: l’inconscio
collettivo.
- Origine e contenuti dell’inconscio collettivo: Per jung il neonato non viene al mondo come una tabula
rasa. La maturazione psichica presuppone per lui delle attitudini che deve aver avuto fin dal principio.
Come alla base dello sviluppo fisico vi è un progetto di costruzione in forma di geni e strutture cellulari,
allo stesso modo per Jung vi è l’esistenza di un istanza psichica che produce processi di sviluppo
spirituali e psichici: questo è l’inconscio collettivo con i suoi archetipi. Esso si realizza in quanto le
esperienze di tutta la storia dell’umanità non si perdono in tempi remoti, bensì formano, come tracce
mnemoniche, una sorta di ripercussione che si sedimenta grazie a milioni di ripetizioni e assume nella
profondità dell’inconscio la forma di strutture archetipiche. In relazione a ciò esistono le rimozioni
collettive secondo cui determinati aspetti collettivi vengono rimossi in base al proprio tempo culturale e
alle aspettative correlate. Lo stato centrale profondo dell’inconscio collettivo racchiude contenuti che
sono dati a priori, non sono stati mai coscienti e dunque non hanno potuto essere rimossi. L’inconscio
collettivo può essere concepito come una polarità nel cui strato più profondo che deriva dall’evoluzione
e quindi dal regno animale sono ancorati quegli istinti che possono essere attivati tramite stimoli
specifici. L’altro polo concepibile come il polo psichico-spirituale è formato dagli archetipi che
rappresentano determinate esperienze esistenziali e forniscono a queste esperienze immagini, simboli
e azioni corrispondenti. Tra i due poli, tuttavia, non si può supporre nessun limite di separazione.
L’elemento ordinatore e costituito dagli archetipi.
- La funzione dell’inconscio collettivo: Jung attribuisce all’inconscio collettivo la capacità di attivare
automaticamente processi utili alla maturazione della personalità. Lo sviluppo psichico è guidato,
secondo Jung, dall’inconscio collettivo: infatti nelle differenti fasi di vita vengono impiegate specifiche
esperienze originarie dell’uomo e in tal modo si attivano costellazioni archetipiche che provvedono alle
necessarie fasi di maturazione. L’inconscio collettivo appartiene alla struttura fondamentale della
psiche umana. “Siamo costretti a confessare a noi stessi che esistono problemi assolutamente insolubili
con i nostri mezzi. Se assumiamo un simile atteggiamento, forze soccorritrice sopite nei più profondi
recessi della natura umana si destano e intervengono, poiché impotenza e debolezza sono l’esperienza
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eterna e l’eterno problema dell’umanità, per il quale esiste anche un’eterna risposta, altrimenti l’uomo
sarebbe già da tempo perito”.
Gli archetipi: un archetipo è una forma universale del pensiero dotato di contenuto affettivo. Tale forma di
pensiero crea immagini o visioni che corrispondono, nel normale stato di veglia, ad alcuni aspetti della vita
cosciente. Il bambino eredita una concezione preformata di una madre generica, che in parte determina la
percezione che egli avrà della propria madre. In tal modo l'esperienza del bambino è la risultante di una
predisposizione interna a percepire il mondo in un determinato modo e dell'effettiva natura di tale realtà. Vi è
di regola in corrispondenza tra le due determinanti, poiché l'archetipo stesso è un prodotto delle esperienze
del mondo compiute dalla razza umana, e tali esperienze sono in gran parte simili a quelle di ogni individuo.
Jung distingue tra archetipo in sé, non percepibile, e archetipo attualizzato che, affiorato nella sfera del
conscio, si rende percepibile come immagini, rappresentazione o processo. In altre parole, l'archetipo in sé
non è rappresentabile; Quel che si coglie è il suo aspetto fenomenico influenzato dalla cultura. Le immagini
arcaiche, diventano percepibili manifestandosi sotto forma di simboli mitologici, di idee che accompagnano
fin dalle origini l'intera storia dell'umanità. Di fronte a eventi come la nascita, l'amore, la morte, l'uomo ha
elaborato comuni modi di comportarsi e di esprimersi. In sintesi, gli archetipi, che costituiscono il vero
contenuto dell'inconscio collettivo, si riferiscono e si riducono alle esperienze basilari dell'uomo, le quali
segnarono i vissuti primordiali caratterizzandolo come essere umano.
La dottrina degli archetipi costituisce il nucleo principale della psicologia junghiana. Egli introduce il
concetto di archetipo nel 1919, dopo aver utilizzato, a partire dal 1912, l’espressione “immagini originarie”.
Gli archetipi non sono immagini “pronte” che hanno una loro precisa collocazione nell’inconscio collettivo,
ma sono istanze ordinatrici con la capacità di produrre in modo significativo immagini e simboli, rendendoli
accessibili alla coscienza. Già l’idea dell’inconscio individuale di Freud guidato da istinti sessuali e pulsionali
scaturì, all’interno di una cultura che prediligeva le capacità razionali dell’uomo, un importante dissenso.
Nella sua concezione dell’inconscio collettivo, Jung prende le mosse dal fatto che accanto ai contenuti
individuali, vi sia una regione situata nelle estreme profondità della psiche umana, caratterizzata come
luogo degli archetipi. Questa idea ha provocato un disorientamento ancor più grande e di conseguenza
resistenza e rifiuto. Questo concetto indica che nell’inconscio non si trovano solo i contenuti derivanti dal
patrimonio di esperienze personali, ma nell’inconscio collettivo sono contenute le esperienze originarie
della storia dell’umanità, ovvero L’EREDITA’ FILOGENETICA. Il neonato di stampo junghiano viene al mondo
con questo patrimonio di esperienze. Gli elementi ordinatori dell’inconscio collettivo sono gli archetipi che
gli conferiscono la sua struttura. L’idea che gli archetipi della psiche umana debbano essere considerati a
prescindere dalle esperienze personali come riflesso di esperienze originarie umane, presuppone l’ipotesi
che queste strutture siano in qualche modo trasmesse, quindi ereditate. Non esistono però affermazioni di
jung sul modo in cui egli immagina l’ereditarietà degli elementi archetipici. Questa idea incontra,
inizialmente, una certa irritazione, soprattutto da parte di biologi che ritengono che il comportamento
umano non sia dovuto a componenti genetiche e dunque non ha origine ereditaria. Operando una
semplificazione, Jung parte dal presupposto che anche per lo sviluppo spirituale e psichico della persona
debbano esserci strutture fondamentali ereditate. Gli archetipi hanno un polo istintivo che si contrappone a
un polo psichicospirituale e tra questi due aspetti non è pensabile nessuna linea di separazione, bensì un
confine fluido. L’elemento centrale di un archetipo può essere visto come componente istintiva originaria, e
questo approccio ha il vantaggio di far sembrare assolutamente credibile l’ereditarietà degli istinti. Gli istinti
e gli archetipi presenti nell’incrocio tra i due poli rappresentano i contenuti dell’inconscio collettivo. E’ lo
stesso Jung a stabilire nel 1919 la relazione e la distinzione tra archetipi e istinti: l’archetipo rappresenta il
polo psicologico dell’inconscio collettivo, mentre l’istinto rappresenta il polo biologico. “l’inconscio
collettivo consiste nella somma degli istinti e dei loro correlati, gli archetipi.” L’istinto è la base biologica
fondamentale per la creazione archetipica da cui proviene l’energia per formare il polo psichico-spirituale,
che rappresenta la dimensione mitologico-culturale. Dunque gli archetipi sono lo sviluppo di quegli istinti,
uno sviluppo basato su esperienze fondamentali dell’umanità, ovvero il risultato di molteplici tracce
mnemoniche che si cristallizzano e formano nel tempo il fondamento strutturale della psiche.

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- Archetipi e pulsioni: Facendo un ulteriore passo indietro è possibile considerare le pulsioni come il
fondamento degli istinti. Infatti quando Jung descrive gli archetipi come “immagine della pulsione”,
molto probabilmente ha in mente anche la componente pulsionale degli archetipi. Dalla pulsione
originaria, al comportamento istintivo, proseguendo fino alla costellazione archetipica, bisogna
immaginare una serie di relazioni nelle quali le singole componenti si confondono tra loro, stimolando e
animando di volta in volta quelle che si trovano gerarchicamente a livelli più alti. In merito a ciò
possiamo dire che jung sviluppa la sua teoria degli archetipi dalla teoria delle pulsioni di Freud: a
differenza di Freud, Jung indaga e studia la sessualità non a livello fisico ma ne indaga l’aspetto
spirituale e il significato numinoso.
- Il complesso di Edipo: il desiderio d’incesto secondo Jung non è, come pensa Freud, di importanza
primaria per il desiderio libidico-sessuale, ma rinvia a desideri infantili e regressivi di sicurezza e
attenzione, alla nostalgia per l’origine e la dimora nella “Grande Madre”. Allo stesso modo, anche la
paura legata alle fantasie incestuose non è interpretata da Jung come paura della punizione o paura
della castrazione nella rivalità col padre, bensì come paura della fusione con la madre e della
minacciante disindividualizzazione, che sarebbe legata al vagheggiato ritorno nel grembo materno: ciò
significa la perdita delle funzioni della coscienza a favore di un ritorno nel grembo del sostrato collettivo
della psiche
- Tentativo di categorizzazione: Gli archetipi sono intesi come idee fondamentali che devono la loro
origine a una ripetizione continua di esperienze di vita essenziali. Jung parte dal fatto che tutti gli eventi
significativi dell’esistenza si rispecchiano, attraverso dei simboli, nella mitologia, nelle religioni e in altre
forme di espressione. Questi motivi di fondo mostrano una notevole somiglianza anche in culture
diverse e si ritrovano anche in favole, miti, fantasie, sogni e nei deliri e nelle allucinazioni di individui
psicotici. Poiché le esperienze principali dell’uomo non sono illimitate, ma si limitano alla ripetizione di
tematiche specifiche, anche il numero degli archetipi è limitato.
- Criteri ordinativi: Jacobi presenta gli archetipi in una prospettiva quantitativa e qualitativa: “il numero
degli archetipi costituisce l’effettivo contenuto dell’inconscio collettivo. Esso è relativamente limitato,
giacché corrisponde alle “possibilità delle tipiche esperienze fondamentali” che la natura umana ha
appreso da sempre. Per noi il significato degli archetipi è racchiuso in quella “esperienza originaria” che
essi rappresentano e mediano. Molti miti e favole rappresentano i processi psichici in forma simbolica.
Si sedimentano in una sorta di “mitologia individuale” che costituisce un impressionante parallelo alle
grandi mitologie tramandate da ogni popolo e in ogni tempo. La somma degli archetipi rappresenta per
Jung la somma di tutte le possibilità latenti della psiche umana.”
*le strutture archetipiche si incrociano, si completano in parte o si trovano in reciproca contraddizione. E’
essenziale che un tema archetipico possa manifestarsi attraverso molteplici immagini: (EX: l’antica
immagine dell’eroe nel passato come per esempio Ulisse, trova corrispondenza nel presente nei personaggi
di Tarzan o Superman. Carrozze/macchine). In un principio ordinativo di tipo gerarchico viene attribuito agli
archetipi un valore suscitando l’impressione che vi siano archetipi di maggiore o minore significato.
All’archetipo più vicino alla coscienza spetta una posizione meno significativa, rispetto all’archetipo che si
trova più in profondità nell’incoccio. Cosi possiamo dire che nel “campo visivo” si presenterebbero
anzitutto gli archetipi che starebbero ancora in stretto legame con tematiche individualmente inconsce.
Inoltrandosi negli strati più profondi dell’inconscio collettivo invece si troverebbero quegli archetipi che,
nella propria storia, rappresentano tematiche più autonome riguardanti l’evoluzione umana. SCHEMA
GERARCHICO: cominciando dall’esterno si incontrerebbe come primo archetipo quello della Persona,
situato subito dopo c’è il suo antagonista, l’Ombra. Nella posizione successiva sono previsti gli archetipi
femminile e maschile dell’Anima e dell’Animus. Dopodiché si passa attraverso gli archetipi della Grande
Madre, del Padre, dell’Eroe e del Vecchio Saggio, fino ad arrivare all’archetipo fondamentale del Sé che ha il
compito di coordinare gli altri elementi archetipici in un’interazione logica, e fungendo da elemento
costitutivo centrale dell’individuazione e dell’autostima.

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*Un’altra possibilità di ordinare gli archetipi consiste nella distinzione tra ASPETTI STATICI e ASPETTI
DINAMICI. Gli archetipi che operano in modo statico sono quelli che rappresentano sempre determinati
aspetti dell’esistenza come la Grande Madre, l’Anima e l’Animus. Gli archetipi che operano in modo
dinamico sono invece quelli che rappresentano i processi evolutivi dell’individuazione come il Fanciullo
Divino o l’Eroe.
- Funzioni e conseguenze: Gli archetipi possono trasmettere i loro messaggi simbolici anche in forma
subliminale, stimolando in tal modo la crescita psichica. Anche colore che non cercano esplicitamente
un dialogo con l’inconscio, che non si confrontano col linguaggio figurativo di sogni e fantasie e non
fanno rientrare tutto ciò in una psicoterapia strutturata, possono svilupparsi psichicamente nel senso
dell’idea dell’individuazione. Infatti alla base del processo di individuazione vi sono fattori causali
archetipici di natura autonoma, ai quali ognuno può risalire. Talvolta questo processo necessita di una
spinta, di una motivazione nell’ambito di un’assistenza professionale; tuttavia molte persone
approdano a un alto grado di maturazione psichica senza essersi mai confrontate con teorie
psicologiche e senza l’aiuto di professionisti. Gli archetipi possono, quindi, operare anche in assoluto
silenzio: i sogni per esempio anche senza un confronto consapevole restano attività psichiche
necessarie e significative che favoriscono lo sviluppo e animano la tendenza all’autoguarigione.
- Conseguenze terapeutiche: Davanti alla costellazione dei modelli archetipici non tutti reagiscono allo
stesso modo, con sentimenti di commozione e entusiasmo. 1)In alcuni casi può verificarsi una forma di
resistenza all’accesso ai contenuti dell’inconscio collettivo, anche nella loro forza emotiva e al loro
avvicinamento al punto di osservazione cosciente. Spesso tale resistenza è giustificata, e va intesa come
una FUNZIONE PROTETTIVA. Qui il lavoro terapeutico dovrebbe essere indirizzato anzitutto a sviluppare
e rafforzare le funzioni dell’io, anziché eliminare le barriere protettrici. In questo caso la resistenza è di
tipo costruttivo. Rafforzando l’Io sarebbe possibile intensificare la comunicazione con l’inconscio e
ammettere le immagini archetipiche che si muovono su un piano emotivo. 2)La mancanza di interesse o
il disagio connessi alle immagini archetipiche può riferirsi anche a una RESISTENZA che NON è
PROTETTIVA. In tal caso c’è bisogno di un lavoro terapeutico di verifica, per aprire la strada ai contenuti
collettivi dell’inconscio. Infatti il confronto con i contenuti inconsci non è soltanto gioioso e appagante,
ma è altrettanto irritante, umiliante e angosciante.
*l’incontro con gli archetipi è determinato anche dalla struttura individuale della personalità (teoria dei tipi
psicologici). Il confronto con gli archetipi deve avvenire sempre individualmente e utilizzare i tratti della
personalità che maggiormente caratterizzano il singolo individuo. Il compito terapeutico è quello di favorire
questo processo e include anche il lavoro sulla struttura dell’Io. Molte persone che nel corso della vita sono
state esposte a esperienze traumatiche e difficili e che di conseguenza soffrono di depressione, vuoto
interiore, e assenza di riferimenti, si aspettano e sperano di trovare nella psicologia junghiana una
compensazione dei loro deficit. Sono proprio i pazienti con disturbi narcisistici della personalità, che
soffrono di ferite considerevoli del Sé, a cercare la loro “guarigione dell’anima” nella psicoanalisi junghiana.
In queste circostanze c’è la possibilità che gli archetipi vengano utilizzati erroneamente per favorire un
atteggiamento di difesa. In casi estremi si verifica una fusione con i contenuti archetipici, come avviene, per
esempio, nei quadri clinici di psicosi. In questo modo viene impedito il processo di individuazione.
L’integrazione degli archetipi nel processo di individuazione ha bisogno di una componente emotiva e di
una razionale, sono quindi indispensabili capacità emotive e cognitive. In presenza di pazienti con un Sé
ferito è necessario dedicarsi ai contenuti dell’inconscio personale, anziché porre prematuramente al centro
del lavoro terapeutico l’esperienza archetipica. *Essendo gli archetipi costellazioni che contengono le
esperienze umane originarie, di conseguenza devono riflettersi in ogni storia individuale. Quindi l’elemento
essenziale costitutivo della terapia junghiana sta nell’integrazione della relativa esperienza archetipica nei
conflitti personali rivissuti. L’archetipo viene integrato nella realtà della propria storia e della vita attuale,
diventando in tal modo utilizzabile.

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- L’archetipo del fanciullo divino: I bambini come immagine onirica sono simboli che si incontrano di
frequente e che costellano l’inconscio, soprattutto quando si tratta di compensare deficit e restrizioni
nella propria vita e di attivare i necessari impulsi evolutivi. Al simbolo del bambino pertiene sia un
significato personale sia collettivo. Per quanto riguarda il significato personale, che si offre per primo
nel lavoro terapeutico, nell’ambito dell’interpretazione dei sogni, si può riuscire a stimolare il paziente a
un dialogo interiore e metterlo in contatto con la storia della propria infanzia, portandolo anche a
ricordare ed elaborare i conflitti e le difficoltà che hanno avuto luogo nel periodo infantile. A livello
collettivo, invece, il bambino rappresenta lo sviluppo e la crescita, ma anche l’indigenza, l’impotenza e il
pericolo. I fanciulli divini sono adatti a rappresentare la funzione trascendente della psiche , a rendere
manifesto lo scambio tra la sfera celeste inconscia e l’elemento terreno vicino alla coscienza. In questo
senso vanno visti come mediatori che permettono lo scambio e la comunicazione tra conscio e
inconscio. Di solito vengono presentati come abbandonati, perseguitati e sono costretti a crescere in
condizioni difficili (Gesù nella stalla) facendo tutto il possibile per difendere la loro esistenza e per
percorrere la via dell’individuazione. I Fanciulli Divini, una volta cresciuti, attraversano la loro fase
evolutiva più significativa che può essere considerata anche come trasformazione. Alla morte segue la
rinascita nelle rappresentazioni più diverse (come la resurrezione di Cristo), nella prospettiva del
processo di individuazione.
Gli archetipo dello spirito e della materia: discutere con l'inconscio, ossia rendere coscienti e vivere le sue
fantasie, comporta una modificazione e un cambiamento di atteggiamento, che Jung chiama funzione
trascendente. Questa funzione è il risultato dell'unificazione di contenuti consci e inconsci. In questo
processo, la coscienza partecipa attivamente nella comprensione, almeno intuitiva, dei contenuti inconsci.
A questo punto del viaggio verso l'individuazione, i nuovi archetipi diventano quello del vecchio saggio, che
personifica il principio spirituale,e della magna Mater che rappresenta l'oggettiva verità della natura. Ora da
interpretare assimilare e alla mente conscia è l'immagine primordiale nella nostra costituzione maschile o
femminile. L'archetipo dello spirito che viene in aiuto nei momenti più critici della verità può presentarsi in
una gran varietà di simboli: la figura del vecchio saggio infatti può manifestarsi come un antenato, un
sacerdote. Ha il lato oscuro: uno stregone o un mago malvagio. L’archetipo della magna Mater non è la
figura corrispondente del vecchio saggio nella donna. Anche questo archetipo può manifestarsi mediante
molte forme con qualità sia positive sia negative. Sue manifestazioni sono pertanto un'antenata amata, una
figura di Santa; Figure di streghe, di fattucchiere e di sacerdotesse rappresenterebbero le caratteristiche
negative di questo archetipo. Il significato di queste figure può variare considerevolmente se interpretate
con riferimento all'individuo che ne fa esperienza; così una figura femminile sognata da un uomo è
probabilmente una figura di anima; al contrario se è sognato da una donna è rappresentante della magna
Mater.
Il concetto di anima e animus: il processo di individuazione prosegue con l'incontro delle immagini
archetipiche dell'anima, più precisamente con anima nell'uomo e con animus nella donna. Le imago di
animus e anima sono immagini ricettacolo delle caratteristiche presento in noi dell’altro sesso, e guidano le
nostre scelte amorose verso le persone che meglio le rappresentano. Secondo Jung la coppia archetipica di
Anima e Animus riveste un’importanza fondamentale nel percorso di individuazione. Hanno la funzione di
mediatori tra il conscio e l’inconscio; in questo senso Jung attribuisce all’anima dell’uomo anche la
definizione di “guida dell’anima” e ugualmente all’Animus della donna lungo il processo di individuazione.
La particolarità di questi due archetipi sta nel fatto che Jung li definisce riferendoli limitatamente al relativo
sesso di appartenenza, cioè l’Anima appartiene all’uomo e viceversa l’Animus alla donna. Questa
prospettiva bipolare ha dato luogo a numerose critiche e modifiche. Infatti l’inconscio collettivo è con i suoi
archetipi per definizione il riflesso delle esperienze originarie dell’uomo, al di là di ogni evento e limite
culturale. Possiamo dire che se nella definizione di Anima e Animus c’è la tendenza restrittiva a separare
queste due tematiche in base al sesso di appartenenza, ne risulta una contraddizione insuperabile. In
seguito a ciò molti post junghiani partono dal presupposto che l’inconscio collettivo, sia delle donne che

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degli uomini, racchiuda di volta in volta tanto un archetipo dello stesso sesso quanto un archetipo dell’altro.
Mentre invece l’interpretazione classica di Jung prevede per questi due archetipi una chiara suddivisione di
compiti e ruoli che va intesa anche nel contesto dello spirito culturale predominante.
- L’anima (appartenente all’uomo): “Ogni uomo ha dentro di se, da tempo immemorabile, l’immagine
della donna. Un archetipo di tutte le più ancestrali esperienze della natura femminile, una
sedimentazione di tutte le impressioni del femminile, un sistema di adattamento psichico ereditario.
Anche se le donne non esistessero, sulla base di queste immagini inconsce sarebbe sempre possibile
indicare come dovrebbe essere la natura psichica di una donna. Lo stesso vale anche per la donna,
anch’essa ha innata dentro di sé un’immagine dell’uomo.” (Jung) L’Anima costituisce l’archetipo della
femminilità nell’inconscio dell’uomo, dunque una personificazione della natura femminile nella natura
maschile. Anche l’Anima andrebbe vista, come tutti gli archetipi, come una sorta di “concentrato di
esperienze” in cui si condensano, e infine si riflettono simbolicamente, esperienze originarie dell’uomo
sul tema della “femminilità”. Questa interpretazione parte dal presupposto che le donne possiedano
caratteristiche fondamentali e modelli comportamentali che sono generalmente validi,
indipendentemente dagli influssi temporali e culturali. Questi archetipi costituiti in base al sesso di
appartenenza sono coerenti con la prospettiva della bipolarità e con l’unione dei contrari. Questi
archetipi si caratterizzano per il fatto di manifestarsi nella proiezione su una persona dell’altro sesso,
contribuendo alla formazione del desiderio, della volontà di costruire una relazione e del fenomeno
dell’amore. Nella sia formulazione teorica di queste due istanze, Jung include anche le proprie
esperienze relazionali di tipo emotivo, nelle quali le donne hanno sempre svolto un ruolo decisivo. Le
“caratteristiche femminili” sono dovute, in misura rilevante, ad aspetti storici e culturali specifici. Molte
delle cosiddette “caratteristiche dell’Anima” corrispondono perfettamente alla “Persona” femminile e
derivano quindi da un’attribuzione di ruoli determinata dall’ambiente culturale che cerca di separare i
tratti della natura femminile da quelli maschili. Nella teoria di Jung non è del tutto comprensibile il
motivo per cui questi aspetti femminili della personalità debbano trovarsi nell’uomo a livello inconscio
e sotto forma di Anima, mentre nella donna sono integrati nella Persona. Le peculiarità dell’anima sono
caratteristiche come stati d’animo, emozioni, presentimenti, propensione per l’irrazionale, capacità di
amare, istinto naturale e rapporto con l’inconscio; un atteggiamento questo che conferisce all’Anima la
funzione di “guida dell’anima” senza la quale l’uomo non riuscirebbe a compiere il processo di
individuazione. Anche questo archetipo possiede caratteristiche sia positive che negative. Le qualità
negative sono: umore depresso, irritabilità, perenne insoddisfazione, emotività. Un’altra caratteristica
centrale attribuita all’Anima è il potere di dare la vita. Come per tutti gli archetipi anche qui bisogna
distinguere un mondo interno, ovvero intrapsichico, e un mondo esterno, ovvero una forma esteriore
proiettata sul mondo reale. Nel mondo interiore l’anima si manifesta in fantasie, sogni, visioni. Nel
mondo esterno si manifesta come proiezione su altre persone, alle quali si attribuiscono le
caratteristiche dell’Anima. Jung in questo caso attribuisce una grande importanza alla proiezione su
altre persone in quanto si traduce nella scelta inconscia di una donna da parte dell’uomo come
“portatrice di proiezione”. Da questa prospettiva dunque, il desiderio eterosessuale, l’erotismo e la
sessualità hanno un fondamento psicodinamico e archetipico.
- L’animus (appartenente alla donna): “La donna è compensata dall’elemento maschile. Ho chiamato
Animus il fattore costitutivo della proiezione nella donna: la parola significa infatti intelletto o spirito.
Come l’Anima corrisponde all’Eros Materno, così l’Animus corrisponde al Logos Paterno.” (Jung) “Anche
l’Animus ha un aspetto positivo: è un mediatore fra coscienza e inconscio e personificazione di questo.
Come l’Anima, per mezzo dell’integrazione, apporta Eros alla coscienza, così l’Animus apporta Logos; e
come l’Anima apporta alla coscienza maschile relazione e connessione, cosi l’Animus apporta alla
coscienza femminile riflessività, ponderatezza e conoscenza.” (Jung) L’Animus dunque può essere
considerato la personificazione della natura maschile nell’inconscio femminile. E’ contrassegnato da
tutte le esperienze originarie con la sfera maschile. Le critiche creatisi per quanto riguarda l’Anima nel

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maschile, si sono create, allo stesso modo, per quanto riguarda l’Animus nel femminile. Anche l’Animus
presenta aspetti positivi e negativi. Von Franz distingue quattro possibili rappresentazioni simboliche
delle qualità dell’Animus: 1) L’Animus fisicoco-corporeo può assumere le sembianze di un eroe dello
sport o di un Tarzan. 2) L’Animus creativo-spirituale è rappresentato da scrittori e poeti. 3) Questo
livello pone in risalto quella superiore attività spirituale che si addice a un grande politico o a un grande
oratore, oppure a sacerdoti e professori. 4) Il quarto livello rappresenta il rango gerarchicamente più
alto ed è rappresentato da qualità maschili che possono essere descritte come creative, ricche di
significato o religiose e si manifesta simbolicamente attraverso grandi saggi o leader come per esempio
Gandhi. Le caratteristiche principali dell’Animus vanno descritte come qualità del Logos e consistono in
intelligenza, conoscenza, giudizio, ragione, intelletto, attività, iniziativa, coraggio e risolutezza. Anche
l’Animus svolge per la donna la funzione di “guida dell’anima” e allo stesso modo le qualità dell’Animus
si trovano solo nell’inconscio della donna mentre nell’uomo sono incluse in maniera naturale nella
Persona. L’animus della donna diviene riconoscibile prioritariamente nella proiezione sugli uomini e
sulla persona amata. *A questo punto sorge il dubbio su come possano realizzarsi l’individuazione e la
totalità, quando alla base di una relazione sentimentale non si trovi una costellazione eterosessuale,
bensì un’inclinazione erotica tra partner dello stesso sesso.
- Il desiderio erotico Jung parte dal presupposto che per questi due archetipi la proiezione riveste un
ruolo particolare, mentre in altri contesti valuta la proiezione, cioè il trasferimento di contenuti inconsci
ad altre realtà esterne, in modo negativo. Invece la rappresentazione dei contenuti inconsci nella scia
del simbolo, come avviene per esempio nei sogni, è valutata da Jung in maniera più positiva poiché
questi contenuti possono essere rielaborati con maggiore creatività e siano più facilmente accessibili al
confronto cosciente. Secondo Jung, il fascino e l’eccitazione prodotti dall’innamoramento si fondano
comunque sulla proiezione delle caratteristiche dell’Anima o dell’Animus su un’altra persona. In questo
modo si verifica l’incontro con le proprie caratteristiche archetipiche inconsce, che possono essere
riconosciute, desiderate e apprese a livello emotivo nell’altro. Nella concezione di Jung,
l’innamoramento rappresenta la forza impressionante e l’energia vitale che insite nell’Anima e
nell’Animus quando queste costellazioni archetipiche possono essere riscoperte per mezzo della
proiezione sul partner amato.
- Considerazioni critiche In questo modello è difficile far rientrare il rapporto sentimentale omosessuale.
L’interpretazione teorica dell’omosessualità conosce, nel caso di Jung, le limitazioni e le forme
patologiche corrispondenti, poiché una relazione sentimentale tra persone dello stesso sesso, nella
visione dogmatica dell’unione degli opposti tra maschile e femminile, suscita contraddittorietà che
provocano rifiuto e dissenso. Non c’è in Jung nessun argomento convincente che spieghi perché alcuni
aspetti dell’Anima non dovrebbero essere proiettati anche su un partner maschile, o perché alcuni
aspetti dell’Animus non si possano proiettare su un’altra donna.
Il significato dei simboli: dato che il contenuto dell’inconscio non può essere esplorato direttamente, gli
archetipi, per mezzo di rappresentazioni simboliche, forniscono un ordine logico, che si manifesta nel
sogno. Il simbolo non è immagine fissa, ma una forma di rappresentazione che attinge al repertorio dei dati
formatisi culturalmente. L’attività archetipica ha lo scopo di raggiungere la coscienza e di introdurre e
promuovere stadi di maturazione nella vita psicologico-evolutiva e in quella dell’individuazione. Il simbolo
va sondato e interpretato in ogni caso individuale. Per Jung il simbolo non è creato da un atto consapevole.
L’approccio al simbolo avviene soprattutto attraverso l’esperienza emotiva: gli uomini toccati dalle
immagini dei simboli, reagiscono impressionati e affascinati, e con notevole intuizione comprendono quale
significatività appartenga al simbolo e al mondo retrostanze per la loro vita personale. La proiezione per
Jung è la conditio sine qua non per poter rappresentare i contenuti inconsci. Lo spostamento di contenuti
psichici inconsci tramite proiezione è da valutare come meccanismo creativo, costruttive, grazie al quale
l’inconscio si sforza di diventare visibile. Nella psicologia di Jung la proiezione assume un aspetto decisivo e
costruttivo nel corso dell’individuazione e la presa di coscienza nel confronto con l’inconscio collettivo. Al

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contrario nella visione di Freud la proiezione è intesa come meccanismo di difesa per allontanare dalla
coscienza contenuti inconsci spiacevoli, sono quindi ricordi traumatici cancellati dal conscio. Secondo Jung il
contenuto rimosso soltanto tramite la proiezione può superare i limiti della rimozione tra il conscio e
l’inconscio e approdare alla coscienza: manifestazioni sintomatiche, sogni, visioni sono gli aspetti che il
contenuto inconscio rende manifesti con la proiezione. Il simbolo è considerato linguaggio figurativo della
psiche, è messaggero dell’inconscio e ha due significati fondamentali: 1) sottopongono i contenuti inconsci
alla coscienza mediante un processo che p emotivamente carico e accompagnato da una forte energia
psichica; diventa anche portatore di energia o metafora della libido; hanno anche il compito di introdurre e
di promuovere le fase evolutive degli stadi di maturazione; 2) servono anche alla diagnostica individuando
ogni volta i temi significativi che si presentano nello sviluppo individuale tanto che vengono definiti come
punti focali dello sviluppo umano.
Il processo di individuazione: l’individuazione rappresenta l’obiettivo centrale della psicologia analitica.
Nell’individuazione psichica dell’individuo accanto alle condizioni di sviluppo esterne realmente accessibili,
svolgono un ruolo decisivo soprattutto le barriere e i blocchi intrapsichici. I deficit nell’ambito delle
strutture dell’io e del sé costituiscono le capacità della coscienza di confrontare costruttivamente con
l’inconscio. La nevrosi secondo Jung corrisponde ad una sospensione del dialogo con l’inconscio ed è
definita come blocco dello sviluppo avente come conseguenza stati depressivi e atti illogici. Il processo di
individuazione va considerato da due lati che devono cooperare tra loro per la riuscita dello sviluppo: da un
lato è un processo interno, soggettivo, nel quale si tratta di integrare in un dialogo interiore gli aspetti
intrapsichici inconsci; dall’altro, il processo di rapporto interpersonale fa parte degli imprescindibili
presupposti dell’individuazione, come il confronto con gli oggetti e il terapeuta. J ritiene che la coscienza
debba assumere un atteggiamento che consenta all’inconscio di collaborare anziché opporsi, nonostante la
coscienza abbia un atteggiamento difensivo, poiché è insita in sé la funzione protettiva. Secondo
l’interpretazione di J il processo di individ. Rappresenta un compito della seconda metà della vita perché i
primi decenni servono a prendere piede nella realtà, una volta esauriti i compiti esistenziali nella
professione e nella famiglia, entra in gioco l’individuazione che è collegata all’introversione, alla conoscenza
di sé e all’esigenza di senso. Il compito principale dell’infanzia consiste nel fare i primi passi verso un Io
stabile, nell’interazione con i genitori si attivano le strutture archetipiche che corrispondono all’elemento
materno e paterno. Qui si origina il compito evolutivo del distacco e della differenziazione rispetto ai
complessi genitoriali. Questo processo si prolunga nell’adolescenza, nella fase del distacco dei genitori e del
raggiungimento dell’autonomia. Anche gli archetipi di anima e animus si presentano nell’adolescenza
all’uscita dalla fase di latenza e vengono esperiti nei primi innamoramenti. Nella prima età adulta, tra i 25 e
i 40, l’archetipo dell’eroe è ancora importante in maniera differente, poiché si esplica nella strada che porta
all’identità personale e professionale, qui sono presenti le capacità necessarie per poter resistere alla
regressione. Dai 40 ai 50, l’età adulta intermedia, va intesa come un superamento dello zenit dove si
costella in maniera frequente l’archetipo del fanciullo divino, grazie al quale si riattiva e si rigenera il
fanciullo interiore con le sue doti creative e spirituali, in modo da poter stabilire nuovi compiti di vita e una
nuova ricerca di senso. Questo processo prosegue nell’età adulta successiva, 55-75, con l’approssimarsi
della saggezza grazie all’atteggiamento di introversione può prodursi un legame con la totalità. L’archetipo
del vecchio saggio ha qui un compito centrale, nel senso che il confronto di integrazione dei temi della
saggezza sono caratterizzati da un senso di separazione prossima quindi dall’approssimazione della morte.
Verso la fine della vita questo processo può essere caratterizzato da una ulteriore e + profonda
introversione, nella quale si perviene anche ad una organizzazione rovesciata delle funzioni dell’io; in
questo momento è l’archetipo della morte ad avere un significato particolare e i temi della trasformazione
possono costellarsi archetipicamente sullo sfondo del trapasso e manifestarsi con simboli equivalenti.
Nella concezione di Jung la maturazione dell'individuo è segnata dalla progressiva elaborazione e
integrazione tra il proprio mondo interno e quello esterno, tra l'inconscio e il conscio. È su questa sintesi che
si basa il processo di individuazione. Tre gli archetipi fondamentali per questo processo sono quelli del Sé,
della persona e dell'ombra. Il Sé rappresenta ciò che l'individuo è nella sua realtà più profonda. Nel sè è
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racchiuso lo scopo della vita, il fine verso il quale l'individuo deve orientarsi anche se non dovesse mai
realizzarlo completamente. Questo archetipo rappresenta il cuore della personalità attorno al quale si
organizzano in modo armonico tutti gli altri aspetti. L'archetipo della persona, al contrario, è una sorta di
maschera che l'individuo porta per adeguarsi alle convenienze sociali e sotto la quale nasconde la sua vera
natura. L'archetipo dell'ombra rappresenta gli istinti animali presenti nell'uomo, la sua parte più scura e meno
nobile da nascondere agli occhi degli altri e, spesse volte, anche a se stessi. Quanto più questa parte è
inconscia e coperta dalla maschera della Persona tanto più i suoi contenuti invadono e prevalgono
sull'individuo. Per Jung tutti gli esseri viventi, e non solo l'uomo, tendono alla propria autorealizzazione. Il
processo di individuazione è quel processo biologico, semplice e complesso a seconda dei casi, attraverso il
quale ogni essere vivente diventa quello che è destinato a diventare fin dal principio. Proprio ispirandosi
all'archetipo del Sé, allora individuarsi significa comprendere il valore unico e insostituibile della propria
persona, perseguire la propria autonomia individuale e sviluppare al meglio le proprie particolarità. Un
processo che Richiede all'individuo di sottrarsi al dominio degli stereotipi collettivi provenienti dalla cultura,
in genere, e dal rapporto educativo ricevuto dai propri genitori, in particolare, nei quali è originariamente
immerso e con cui si è in parte identificato. Dato che ogni bambino cresce in un contesto familiare che per
quanto buono è pur sempre limitato, è inevitabile che molti aspetti del Se non siano accettati dai suoi genitori
e che perciò sia costretto a relegarli nell' inconscio, contribuendo al consolidamento della propria ombra
oppure finendo col non utilizzarli, fissandoli ad un livello di sola potenzialità. Il primo passo
dell'individuazione consiste nel differenziarsi, ossia nel prendere coscienza del proprio significato al di là di
come siamo stati educati o dagli stereotipi culturali collettivi. La domanda che l'individuo deve porsi è se i
valori e gli atteggiamenti ricevuti in eredità dal proprio ambiente siano veramente i suoi. La risposta va
trovata facendo una selezione dei valori individuali e stili comportamentali che si ritengono fondamentali per
la propria vita. La differenziazione non va tuttavia intesa come individualismo. Il secondo passo
dell'individuazione è infatti l'integrazione che consiste nel cercare di mettere assieme tutte le parti della
propria vita psichica raggiungendo una concordia interna nonché un buon adattamento alla realtà esterna e,
quindi, anche una buona integrazione con i valori della propria cultura. Possiamo definire il processo di
individuazione come il compito di trovare una modalità unica e inconfondibile per vivere e attuare i valori
offerti a ciascuno dalla propria cultura. Jung è interessato in particolar modo il processo di individuazione
che l'individuo vive coscientemente col sopraggiungere della crisi di mezza età, quando, nel contesto dei
nostri paesi ricchi, raggiungendo l'età di 40 anni si accorge della finitezza della propria esistenza. Se prima,
nel pieno delle forze si è potuto permettere di vivere in maniera irriflessa, godendo le proprie gioie e i propri
successi, ora deve fare i conti con il senso della propria vita. A questa età individuarsi significa elaborare
quel senso di integrità contro il sentimento di disintegrazione e scorgere il significato della propria esistenza
da compiere responsabilmente. Inoltre Jung considerava i disagi e disturbi mentali come risultato di
un'individuazione distorta. Per questo lo scopo della psicoterapia, nel sistema di Jung detta analisi, è quella
di aiutare l'individuo a scoprire in quale punto dello sviluppo è stato deviato, a prendere coscienza del
proprio inconscio per individuare quali aspetti del Sè non sono stati ancora vissuti e sono stati rimossi
nell'ombra. Così lentamente, il processo analitico permette al paziente di raggiungere una propria coerenza
interna che gli permetta di essere finalmente padrone delle sue motivazioni, dei suoi valori, di sentirsi
responsabile nei confronti della propria vita, di procedere verso la propria autorealizzazione e il
potenziamento delle qualità più personali.
L’io in Jung: l’io è il centro del campo della coscienza, seppur non sia la totalità della psiche. J. distingue tra
Io e Sé in quanto l’Io è solo il soggetto della coscienza, mentre il Sé è il soggetto della psiche totale, quindi
comprende anche quella inconscia. In questo senso il Sé sarebbe un’entità che include l’Io. Jung sottolinea
che un Io stabile e funzionante deve essere il presupposto fondamentale della presa di coscienza, e dunque
del processo di individuazione.
- Il complesso dell’IO: l’IO è concepito da Jung alla stregua di un complesso che partecipa sia della sfera
conscia della psiche sia di quella inconscia. Parla di un complesso dell'io. L'io cosciente, chiamato anche
il soggetto della coscienza, può idealmente essere collocato nel punto in cui il mondo interiore incontra
e si congiunge, con il mondo esterno. Lo sviluppo della personalità si compie quando coscienza e
inconscio, personale e collettivo, entrano in relazione. La personalità tuttavia, non si compirà mai
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definitivamente per l’impossibilità da parte della coscienza di assorbire l'intera energia dell'inconscio.
La sua realizzazione resta pertanto un'ideale che costringe ogni uomo per tutta la sua esistenza a
lavorare per realizzarsi. In caso contrario, qualora l'io non instauri legami dinamici con l'inconscio,
potrebbero aprirsi diverse possibilità: l'io è nella situazione di rifiutare o di fare propri i contenuti
dell'inconscio, provocando impoverimento, oppure un'alterazione della personalità.
Il Sé: per J da un lato il Sé rappresenta l’unità e l’interezza della personalità che include le altre strutture
psichiche tra cui l’Io e in questo contesto va inteso come il volume complessivo di tutti i fenomeni psichici,
dall’altro lo descrive come il centro della personalità, un’istanza delimitabile all’interno della personalità
totale. La sua ricerca sul sogno mostra che il linguaggio figurativo della psiche, con le sue manifestazioni
simboliche, segue le proprie regole e sono orientati a uno scopo e si propongono un effetto finalizzato alla
trasformazione e alla maturazione. Da queste osservazioni J desume un’istanza ordinatrice responsabile di
questi processi logici. Questa istanza è l’archetipo centrale del Sé, il quale può mostrarsi alla coscienza solo
nelle sue forme di espressione simbolica. I simboli del sé che ne risultano possono manifestarsi in forma
stratta, come delle figure geometriche che tendono alla perfezione come la croce e il quadrato. Un’altra
possibile simbolizzazione del Sé è data anche da figure umane come Re o il FANCIULLO DIVINO.
L'intero processo dell'individuazione è finalizzato all'unificazione della personalità. Il Sé, poiché nasce come
risultato di un traguardo raggiunto, produce un nuovo centro psichico e quindi una trasformazione della
personalità. il progetto di individuazione ha come fine l'ampliamento della personalità che si attua il
progressivo dissolvimento dell'inconscio personale e nel collegamento che si instaura con l'inconscio
collettivo. Nel Sé avviene l'instaurazione di un nuovo equilibrio tra l'io e l'inconscio. Le figure archetipiche
riferite alla conciliazione degli opposti, Pur nella loro astrazione, sono simbolicamente rappresentate da
immagini di guarnita virgola di mandala, del fanciullo divino che esprimerebbero una visione di totalità
della psiche. Il sé è dunque il punto centrale della personalità, ossia della totalità che comprende la
coscienza e l’inconscio; ma poiché l’Io p il centro della coscienza, il sé resta irruducibile all’Io, e mai
definitiva è la sua realizzazione.
Il ruolo del terapeuta: il setting analitico classico è caratterizzato da una frequenza settimanale che va da
tre a quattro sedute, dove il paziente di norma è sdraiato sul divano e non può avere alcun contatto visivo
con l'analista. Lo scopo di questo procedimento è quello di stimolare nei pazienti il dialogo psichico tra il
conscio e l'inconscio. In luogo “dell'attenzione fluttuante” J predilige un procedimento attivo il mirato che
chiede al paziente una certa partecipazione strutturale, che assume la forma dei compiti a casa, come ad
esempio l’annotazione dei sogni, l'elaborazione dei simboli e delle fantasie tramite il disegno e
l'immaginazione attiva.
Lo scopo della terapia è: intraprendere un viaggio alla scoperta delle origini, in un tempo in cui l'uomo non
era ancora separato dal cosmo, recuperare l'antico materiale della psiche, rileggerlo alla luce delle attuali
esperienze e integrarlo nella coscienza.
Transfert e rapporto: il paziente che è convinto di non sognare nulla, o che non riesce a ricordarsi i sogni,
rappresenta una sfida per il terapeuta Junghiano. In questo fenomeno di rifiuto del sogno vanno considerati
due diversi fenomeni di resistenza: da una parte viene presa in considerazione la resistenza primaria che, a
vantaggio dell’IO, allontana dalla coscienza materiale l’inconscio che può rivelarsi spiacevole. Le resistenze
possono però essere provocate anche nel contesto della relazione terapeutica. Il sogno può essere inteso
anche come una sorta di regalo fatto all’analista, chiarendo in tal modo l’atteggiamento del paziente nei
confronti del terapeuta. Se il transfert in Jung non è utilizzato come fonte primaria di conoscenza dei
contenuti inconsci, vanno comunque interpretati e rielaborati prioritariamente perché è necessario
rimuovere gli ostacoli che impediscono un incontro costruttivo con l’inconscio e promuovere il dialogo tra
la coscienza e l’inconscio nella valutazione dell’asse IO-sSè. Jung tuttavia resta per tutta la vita scettico e
ambivalente nelle sue disquisizioni sul significato del transfert, privilegiando altre strade x l’esplorazione
dell’inconscio. Riconosce il processo transferale in vista di una valutazione + ampia dell’inconscio, il quale
accanto all’aspetto individuale, un tempo cosciente poi rimosso, comprende lo strato profondo e

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archetipico della psiche collettiva. Tuttavia nella valutazione terapeutica del transfert come importante via
d’accesso all’inconscio, egli predilige altri metodi. Jung descrive a tal proposito 4 possibilità: il metodo
associativo per la ricerca dei complessi fondamentali, l’analisi sintomatica che attraverso la suggestione
ipnotica permette di riprodurre i ricordi rimossi, l’analisi anamnestica, che dovrebbe consentire una
ricostruzione dell’evoluzione della nevrosi attraverso l’accurata anamnesi di eventi biografici accessibili alla
coscienza, l’analisi dell’inconscio che va impiegata solo dopo l’elaborazione dei contenuti semicoscienti e
quando con l’interpretazione dei sogni si schiude l’acceso agli strati + profondi dell’inconscio personale e
collettivo. L’interpretazione dei sogni resta x J lo strumento fondamentale x esplorare l’inconscio, sebbene
questa strada può garantire risultati nella misura in cui l’analizzato ne soddisfi i presupposti necessari. Oltre
alla motivazione sufficiente, alla capacità di introspezione e all’attitudine alla riflessione, occorrono anche
una fondamentale capacità di simbolizzazione e di comprensione del simbolo. In tal prospettiva l’analizzato
dovrebbe predisporre di una serie di caratteristiche strutturali mature e di tratti altrettanto maturi di
personalità affinchè possa contribuire ad un lavoro fruttuoso. Nel caso di un analizzato che disponga di
poco talento per elaborare il materiale simbolico di sogni, immagini, favole e miti, è necessario dedicare
attenzione al processo transferale. J non è disposto ad accettare nell’evento del transfert un valido
approccio all’inconscio, al contrario ne considera il fattore disturbante piuttosto che l’utilità potenziale
Il lavoro sui simboli (la favola secondo Jung): i bambini sembrano essere + aperti al linguaggio simbolico
originario rispetto agli adulti, questo perché l’io cosciente dei bambini non si è allontanato di molto dalla
matrice originaria comune dell’inconscio. Le favole servono a rappresentare le difficoltà specifiche da
affrontare in determinate fasi evolutive, e a mostrare possibili soluzioni creative che possono essere utili al
superamento di questi problemi. Secondo J possono essere utilizzate in modo creativo a favore del
processo di individuazione. Ed è nel ritrovamento di motivi esistenziali, di difficoltà e del loro superamento,
dunque, nell’accessi al patrimonio di esperienze collettivamente inconsce, che è racchiudo il potenziale
creativo ed evolutivamente fondante. I principi e altre figure di eroi devono spesso confrontarsi con difficili
compiti evolutivi e in tale frangente possono sviluppare forza e creatività sorprendenti. La situazione di
partenza della figura dell’eroe è quasi sempre contrassegnata da privazioni, necessità o minacce.
Generalmente la via dell’individuazione conduce anzitutto attraverso una zona minacciosa, che può
corrispondere alle cone d’ombra inconsce in cui deve avere luogo il confronto con tematiche difficili
affinchè si arrivi ad una meta, che simboleggia l’autorealizzazione. Sulla strada dell’individuazione, accanto
ai pericoli, accanto ai pericoli, rivestono un ruolo decisivo anche personaggi scorrevoli, che corrispondono
al potenziale creativo e costruttivo dell’inconscio collettivo. Gli animali altruisti e il vecchio saggio possono
rappresentare istanze utili dell’inconscio collettivo che consentono all’eroe di raggiungere la sua meta
evolutiva purchè egli riesca ad instaurare un dialogo costruttivo con questi frammenti psichici interiori,
ovvero ad accettare il dialogo tra la coscienza e l’inconscio. In un processo solitamente positivo i personaggi
della favola riescono a superare la situazione critica, a riscoprire qualcosa di prezioso che è andato perduto
a causa della rimozione, a far scorrere nuovamente le energie vitali e a rendere coscienti aspetti esistenziali
finora non vissuti o rimossi, integrandoli nel sé. Il fascino delle trame semplici e dei personaggi che ne fanno
parte, secondo la visione di J, è legata al fatto che nella favola si affrontano e si risolvono temi
collettivamente inconscio, riprodotti da simboli archetipici. Le favole nella versione di J possono essere
intese come azioni simboliche, come espressione di un atto creativo dell’inconscio collettivo. Se si avesse
l’interruzione dell’asse IO-Sé come via di comunicazione tra il conscio e l’inconscio, si potrebbe arrivare
all’alienazione o a stati depressivi. I sogni offrono l’occasione di ristabilire il contatto con la base portante
inconscia collettiva.
La dimensione onirica: per Jung, causa dei sogni e dei sintomi sono i complessi, i quali giungono a dominare
le persone. Il processo di guarigione che fa leva sull’io cosciente, tende all’integrazione alla psiche
consapevole di questo frammento. Il sogno resta una via privilegiata per conoscere i contenuti
dell'inconscio. In altre parole il sogno con le sue produzioni irriconoscibili rispetto agli atteggiamenti
coscienti del sognatore, proporrebbe un confronto con la dimensione cosciente nel tentativo di ristabilire

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un equilibrio. Le immagini oniriche sarebbero forme di compensazione per un comportamento che ormai
ignora contenuti inconsci, ma non privi di significato e che ancora svolge una funzione vitale. L'uomo
razionale rischia di non comprendere più il senso, se non recupera l'energia emotiva delle proprie idee
punto il sogno dunque la funzione di ripristinare in modo compensatorio la normale condizione psicologica.
Il sogno compensa e avverte il sognatore del disequilibrio che si è creato all'interno della sua struttura
psichica. Il sogno, attraverso le sue rappresentazioni, assolve una funzione simbolizzatatrice: invade infatti
con i propri simboli, emergenti dalla mente primitiva, la coscienza civilizzata. La mente dell'uomo almeno
nella sua parte conscia, si è staccata da quella originaria che un tempo costituiva l'intera personalità
dell'uomo, perdendo il contatto con l'energia primitiva. L'inconscio tuttavia conserva tratti e proprietà della
mente arcaica alla quale fa riferimento nell'elaborazione dei simboli onirici. Tutti gli istinti e i pensieri più
primordiali di cui la mente conscia si è progressivamente liberata, sono in ugual modo recuperati.

Tecniche analitiche
Interpretazione sogni, Interpretazione transfert e controtransfert, Immaginazione attiva, lavoro sui simboli,
libere associaioni

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