Sei sulla pagina 1di 13

Psicologia Della Motivazione

Motivo: esiti o fenomeni concomitanti positivi che ci si aspetta da un’occupazione.

Oggetto-meta, o incentivo, il motivo vero e proprio. (a volte lo conosciamo a volte no)

Psicologia della motivazione spiega la direzione, la persistenza e l’intensità delle condotte.

Motivazione: definisce l’orientamento attivante il momento di vita attuale verso un oggetto-meta valutato
positivamente.

CAPITOLO 2

Distinzione tra spinta e attrazione:il comportamento motivato è rappresentato. Spinta: esecuzione delle
attività ricondotta a pulsioni o istinti (entità interne all’organismo)

ISTINTI:

catene comportamentali finalizzate allo scopo; differiscono dagli oggetti-meta: gli uomini possono
anticipare, valutare e perseguire in maniera flessibile degli oggetti-meta, ma presentano anche delle
tendenze comportamentali geneticamente fondate che derivano da istinti (Darwin). Hanno carattere
universale.

McDougall: “ogni manifestazione di comportamento istintuale è caratterizzata da un riconoscere qualcosa,


da un sentimento nei suoi confronti e da un tendere alla cosa o allontanarsene”; istiniti accentuano la
percezione di determinati oggetti

Il nucleo di ogni istinto è rappresentato da un emozione corrispondente.

Mcdougall successivamente parla di inclinazioni (disposizioni a determinate tendenze comportamentali o


impulsi dati)

Elenco di inclinazioni tipiche del comportamento umano:sono emozioni o tendenze comportamentali


riconducibili a emozioni. Possono essere tantissimi perciò diversi autori contemporanei ne individuano una
serie principale, basilare, di emozioni, che guidano il comportamento.

Lorenz (1937;42) distingue tra azione terminale dell’istinto, che si svolge secondo una sequenza rigida
(innescata da stimoli chiave chiaramente definiti), e comportamento appettitivo, con cui si ricercano le
occasioni per attivare l’azione istintiva: La possibilità di eseguire un certo comportamento costituisce
l’incentivo a eseguire un altro comportamento.

Lorenz attribuisce a ogni istinto un’energia specifica per l’azione, prodotta dall’organismo e che cerca di
essere liberata. Se la rispettiva azione istintiva non viene eseguita, aumenta la riserva di eenrgia che
scatena la risposta. (questa energia deve essere scaricata)

PULSIONI

La manifestazione di azioni istintuali è legata a specifici stimoli chiave che attivano un meccanismo di sfogo
innato.

Pulsione x freud: concetto limite tra lo psichico e il somatico (le pulsioni intervengono negli eventi psichici a
partire dall’Es). Pulsioni presentano il carattere di ciò che esercita una spinta.

Pulsione nel comportamentismo: teoria di Hull: equazione generale che fa dipendere, da un lato, la forza di
una data tendenza comportamentale dall’abitudine acquisita a rispondere a uno stimolo dato cn una data
risposta. La forza di questa abitudine dipende dalla frequenza con cui nella stessa situazione quella risposta
è stata ricompensata. Deve esistere una spinta all’azione, chiamata drive, cioè pulsione.
Tendenza comportamentale=abitudine x pulsione

Hull:Distinzione tra bisogno e pulsione. I bisogni sono dati da stimoli di carattere biologico; questi bisogni
alimentano in maniera identica una stessa pulsione generica.

Interviene un ulteriore fattore nell’equazione di Hull, cioè il valore di ricompensa.

Tendenza comportamentale = abitudine x pulsione x incentivo

CAPITOLO 3: BIOSGNO E VALENZA, LEWIN

La tendenza al completamento di compiti incompiuti: fenomeno spiegato da Lewin sostenendo che


l’assunzione del compito genera nel soggetto un quasi-bisogno. (agiscono come bisogni autentici ma sono
passeggeri)

Ogni bisogno forma all’interno del soggetto un sistema di tensione. All’esterno si trova una zona di confine
sensomotoria; all’interno varie regioni, ognuna rappresenta una meta d’azione dell’individuo (possono
nascere da bisogni autentici o periferici). Ogni regione è sotto una determinata tensione.

Forze in campo e conflitto

C=f(P,A)

Il comportamento è una funzione di fattori personali e ambientali.

Lewin immagina lo spazio di vita di una persona articolato in diverse regioni, oguna rappresenta una
possibilità di azione o un evento. Alcune regioni sono giudicate in termini di valenza positiva o negativa. La
regione meta può a sua volta diventare un mezzo per raggiungere un obbiettivo ulteriore. A partire da
alcune mete alcune forze agiscono sulla persona, attirandola o respingendola. Si evitano così le regioni-
meta a val negativa, ci si avvicina a quelle a val positiva.

La valenza di una meta è il risultato

a) Della tensione di bisogno corrispondente


b) Della qualità dell’oggetto-meta o dell’attività-meta.

Tipologia del conflitto:

conflitto inteso da lewin come una situazione in cui sull’individuo agiscono al tempo stesso forze orientate
in senso opposto ma di intensità analoga.

Il conflitto appetitivo è una situazione in cui la persona si trova tra due valenze positive di intensità uguale.

Nel conflitto avversivo la persona si trova tra due valenze negative di pari intensità.

Nel conflitto appetivo-avversivo la persona si trova in presenza di un oggetto che rivela aspetti sia positivi
sia negativi.

Il duplice conflitto appetivo-avversativo, di Miller. La persona si trova tra due mete, ciascuna delle quali
presenta componenti sia positive che negative.

Lewin importante nella psicologia motivazionale per:

1) impostazione teorica tesa a scorgere nel comportamento un fenomeno dipendente da fattori


personali e situazionali.
2) La strategia da lui perseguita, volta a emanciparsi da descrizioni situazionali basate su elementi
fisici e a considerare, il modo in cui la persona vede la situazione.

Va ricordata anche l’importanza dei complessi esperimenti da lui condotti, molto più vicini alle
problematiche dell’agire quotidiano dell’uomo.

CLASSIFICAZIONE DELLE INTERRELAZIONI PERSONA-AMBIENTE: persona e situazione in termini di need and


press (murray)

Murray distingue tra bisogni primari e secondari: i secondi vengono acquisiti nel corso dello sviluppo
individuale, tramite esperienze di apprendimento.

Classificazione in base al tema di interrelazione persona-ambiente. Ai fini della determinazione del tema,
l’elemento decisivo è dato dalla meta verso cui è orientata una condotta momentanea dellapersona.

A partire dai bisogni è stata postulata una spinta tematicamente corrispondente. Spinta= ciò che attraverso
la struttura situazionale viene prospettato come allettamento o minaccia specifica del bisogno.

Metodo: test di appercezione tematica (TAT) si basa sul presupposto che le interpretazioni del soggetto
siano influenzate dalla sua condizione di bisogno momentanea.

CAPITOLO 4

MOTIVAZIONE ALLA RIUSCITA

McClelland e Atkinson

Riprendono il teorico di Lewin, secondo cui il comportamento va visto come il risultato delle interrelazioni
persona-situazione e l’idea di Murray secondo cui sarebbe possibile costituire classi generali di
interrelazioni persona-ambiente definite di volta in volta da un determinato tema.

Inoltre capiscono l’importanza della ricerca empirico-sperimentale, e riprendono anche la concezione


freudiana.

Non tutti gli intensi sforzi di avere successo in qualcosa sono motivati dal bisogno di riuscire, ma una
condotta è motivata alla riuscita solo se tende all’autovalutazione della propria abilità, e al confronto degli
standard di valore da raggiungere o superare. Infatti la contentezza per la propria abilità si manifesta solo
quando un risultato può essere attribuito a se stessi, alla propria capacità e ai propri sforzi e non quando la
riuscita dipende da cause esterne come la fortuna. (sfide, tipiche del comportamento alla riuscita)

MOTIVO DI RIUSCITA

Heckhausen:motivazione alla riuscita come intento di perfezionare o mantenere possibilmente forte la


propria abilità in tutte le attività in cui è ritenuto vincolante uno standard di valore e la cui esecuzione può
riuscire o fallire.

Motivo di riuscita= costante specificamente individuale, in relazione alla quale gli individui si differenziano.

Un individuo può essere più o meno motivato alla riuscita. Se poco, sarà colpito da aspetti che possono
aumentare il suo prestigio o la sua influenza, più che da standard di valore.

Il motivo di riuscita individuale dipende dalle prime esperienze che l’individuo fa, e può essere modificato
modificando l’ambiente in cui il soggetto vive.
TAT applicato per determinare il motivo di riuscita: presentazione ai soggetti di immagini che potevano
essere interpretate alla luce del tema di riuscita. (stimolo situazionale relativo al motivo di riuscita)
Necessaria una chiave interpretativa, che consiste di categorie contenutistiche generalizzate, cui possano
essere abbinate le risposte dei soggetti.

L’eterogeneità dei campi di attività potenzialmente interessati ha dimostrato che il motivo o la motivazione
alla riuscita non costituiscono delle entità direttamente osservabili.

MOTIVAZIONE ALLA RIUSCITA IN AMBITO SOCIALE

McClelland ha dimostrato che ogni fase dello sviluppo economico è stata preceduta, mai seguita, da un
aumento dell’indice nazionale del motivo di riuscita. Le azioni motivate dalla riuscita sono razionali.

MODELLO DELLE SCELTE A RISCHIO

Il motivo di riuscita non si attiva da solo. E’ definito come proposito ricorrente in situazioni di fondo, per cui
l’individuo ha sviluppato rappresentazioni-meta e aspettative appropriate. In una situazione appropriata,il
motivo si trasforma in motivazione attuale. (definita come risultante della correlazione tra situazione e
motivo)

Modello scelte a rischio: situazione in cui si può scegliere tra compiti di diversa difficoltà. Ciò che l’individuo
si propone di fare costituisce il livello di aspirazione, da cui dipende il successo o l’insuccesso.

Livello di aspirazione stabilito secondo 2 criteri:

1)probabilità di raggiungere l’obbiettivo prefissatosi o di riuscire a portare a termine il compito scelto

2) incentivo tanto più grande quanto più difficile è il compito portato a buon fine e quanto più basse sono le
probabilità di successo.

I compiti che attraggono e suscitano la motivazione alla riuscita sono di media difficoltà.

Il grado dei compiti deve essere inteso in termini soggettivi. (motivo inteso come costante individuale)

La curva approssimante della motivazione alla riuscita nel modello delle scelte a rischio è rappresentata con
una funzione a U capovolta: presuppone che la situazione su cui si agisce sia strutturata in relazione al tema
di riuscita.

Ma il modo in cui una situazione è percepita non dipende solo dalla forza del motivo di riuscita ma anche
dalla sua direzione. (si può pensare anche a un eventuale insuccesso e alle sue conseguenze)

Esistono differenze individuali relativamente stabili nel tempo: due componenti, speranza di successo e
paura dell’insuccesso. La somma dei due valori (Motivazione complessiva), esprime l’intensità con cui un
individuo percepisce ed esperisce situazioni di riuscita attraverso categorie relative a quel tema. La
differenza (speranza netta), esprime invece la direzione prevalente del motivo.

Atkinson presuppone l’esistenza di una curva speculare tra i due tipi di individui.

I compiti di media difficoltà sono prediletti dagli individui motivati al successo, ma sono i più pericolosi per
chi teme l’insuccesso. Questi ultimi non si sentono minacciati neanche da compiti estremamente difficili,
nei quali l’insuccesso è quasi sicuro, e non esprimono preferenze nella scelta dei compiti.

Heckhausen approfondisce l’argomento e dai suoi esperimenti emerge che alcuni di loro tendono
maggiormente a compiti difficili, altri facili. C’è un nesso con la motivazione complessiva, che esprime
l’intensità con cui un individuo interpreta situazioni alla luce del tema di riuscita.
Il modello delle scelte a rischio può essere applicato anche alle situazioni di vita quotidiana, nonostante in
queste situazioni entrano in gioco altri aspetti che influenzano l’individuo.

MODELLO DELLE CONDOTTE DI PERSEVERANZA

Gli individui motivati al successo persistono più a lungo nel compito e fanno meno pause. (se il compito
viene presentato come facile, la maggiore la persistenza anche dopo un insuccesso, se viene presentato
come difficile, minore)

I compiti inizialmente ritenuti facili diventano più difficili (difficoltà media, che attrae i motivati al successo)

Nei compiti ritenuti difficili, ogni insuccesso fa diventare il compito ancora più difficile e quindi perde
attrazione.

I motivati all’insuccesso sono meno tendenti alla perseveranza, scoraggiati dagli insuccessi e lo inducono ad
evitarli.

Prestazione: nei motivati al successo è maggiore nei compiti di media difficoltà, nei motivati all’insuccesso è
maggiore nei compiti facili o difficili. Ci sono delle eccezioni.

Sforzo maggiore non significa prestazione migliore,.

MODELLO DI AUTOVALUTAZIONE (SVOLTA COGNITIVISTA)

Cosa fa si che un individuo in una data situazione agisca in un certo modo e non in un altro?

Mcclelland suppose che l’individuo apprende quali stimoli situazionali modificano il suo stato affettivo e
quando ci si riimbatte nello stimolo questa variazione viene ripristinata. Variazione piacevole=speranza di
successo; variazione spiacevole= paura dell’insuccesso.

ATTRIBUZIONI DI CAUSALITA’

Schema classificatorio in cui i fattori causali invocati di volta in volta sono ordinati da un lato secondo la
loro stabilità temporale e dall’altro a seconda che si tratti di fattori personali o ambientali (interni o
esterni).

Dalla stabilità temporale di una causa dipende l’aspettativa circa il proprio risultato futuro.

I fattori stabili nel tempo sono scarse capacità personali o elevata difficoltà del compito. Se si attribuisce un
fallimento a questi fattori non ci si aspetterà di portare a termine il compito al tentativo succcessivo.

Viceversa per fattori variabili nel tempo.

Sentimenti inerenti all’autovalutazione dipendono dalla localizzazione della causa in fattori interni o esterni
a se stessi. Se attribuite a fattori interni (es. capacità individuali) i risultati influiscono maggiormente
sull’autovalutazione.

Nella valutazione altrui è decisiva invece l’attribuzione dello sforzo (ritenuto verificabile al contrario delle
proprie capacità)

Quindi: LA STABILITA’ INFLUISCE SULL’ASPETTATIVA, LA LOCALIZZAZIONE SULL’INCENTIVO.

Weiner e Meyer mostrano che i motivati al successo tendono ad attribuire i propri successi a fattori interni,
i motivati all’insuccesso si concentrano sulla dimensione della stabilità. (successi attribuiti alla fortuna,
fallimenti attribuiti alla mancanza di capacità)
MODELLO DI AUTOVALUTAZIONE DELLA MOTIVAZIONE ALLA RIUSCITA (Heckhausen)

Motivo descritto come un sistema autostabilizzantesi di 3 processi parziali di autovalutazione.

1) Confronto di un risultato con uno standard


2) Attribuzione casuale del risultato
3) Sentimento di soddisfazione/insoddisfazione per la propria abilità

Motivati al successo: esito dell’azione dipende dallo sforzo fatto

Motivati all’insuccesso: non colgono il nesso tra sforzo personale e risultato dell’azione.

Programmi di training per imparare a esperire il nesso tra determinazione dell’obbiettivo, attribuzione
casuale a autovalutazione.

3 MODELLI AFFINI al modello di autovalutazione

1) L’orientamento motivazionale: orientamento distinto tra orientamento al compito o learning goal,


e orientamento all’Io, o performance goal (Nicholls).
2) L’immagine delle proprie capacità: gli individui caratterizzati da speranza di successo hanno una
buona immagine di se, quelli caratterizzati da paura dell’insuccesso ne hanno una cattiva.
PRINCIPIO DEL CALCOLO DI SFORZO: maggiore è la difficoltà, maggiore è lo sforzo; la tipologia del
compito è importante: se il compito è piacevole, c’è più predisposizione allo sforzo.
3) L’impotenza appresa: senso di impotenza a seguito di un effetto sgradito incontrollabile, comporta
3 deficit:motivazionale,cognitivo,emozionale. Ma in realtà, lo sforzo dopo una perdita di controllo
aumenta, non diminuisce: il senso di impotenza quindi, insorge quando l’individuo anizchè cercare
vie d’uscita alla situazione in cui si trova, riflette sulle cause e conseguenze della sua sgradevole
condizione.

CAPITOLO 5
Aggiungi bisogno di successo dal libro pagina 314.

MOTIVAZIONE AL POTERE

Intesa come esigenza/desiderio di esercitare la propria influenza e volontà sulle altre persone.
Non tutte le forme di agire motivate al potere devono essere valutate negativamente.

Lewin definisce il potere come il quoziente della forza massima che A ha su B e della massima
resistenza che B può impiegare. (interrelazione tra individui)
Diverse componenti:
• motivazione dell’agire inerente al potere:stato di bisogno dell’individuo A;
• resistenza:è neccessario che l’individuo B si opponga;
• fonti del potere: gli ostacoli che possono impedire completamente la pratica del potere;
• i mezzi del potere:derivano dalle fonti di potere impiegate;
• gli effetti del potere.

RICERCA DEL MOTIVO DI POTERE

E’ un bisogno indipendente, cioè è di per se soddisfacente. L’incentivo consiste nell’aver


constatato che si possono influenzare altri individui anche contro la loro volontà.

Veroff (1957) è partito da una definizione di motivo limitata:disposizione a provare


soddisfazione solo quando si ha il controllo sui mezzi con cui si possono influenzare gli altri
individui.
Esperimento con TAT. Emerge che la motivazione al potere nasce anche quando si teme per la
propria debolezza di fronte al potere altrui.

Uleman dà una diversa chiave interpretativa: esistono componenti attive e offensive dell’agire
inerente al potere.

Sono definite relative al tema de potere quelle azioni che volontariamente provocano una
reazione in altri individui.

Winter, ulteriore chiave interpretativa:il potere è la capacità di produrre effetti prevedibili nella
condotta o nei sentimenti di un altro individuo. Egli scoprì diverse relazioni con determinate
modalità comportamentali: chi era motivato al potere era incline a certi comportamenti.

Distinzione tra due tipi di potere: orientamento al potere personalizzato(negativo, mira


egoisticamente e senza inibizioni al rafforzamento della posizione del soggetto) e quello
socializzato (positivo, caratterizzato da una forte tendenza inibitoria e posto al servizio degli
altri)

STADI DI SVILUPPO DELL’ORIENTAMENTO AL POTERE (a partire dagli stadi di sviluppo dell’io)

McClelland: gli oggetti meta dei diversi stadi si possono classificare in uno schema a quattro
campi, che ordina gli oggetti-meta secondo la fonte del potere(interna o esterna all’individuo),
e secondo l’obbiettivo dell’effetto del potere, cioè il suo oggetto.

1 stadio: il soggetto può diventare forte assimilando qualcosa di fortificante, es in presenza di


un individuo particolarmente influente. In questo stadio il soggetto è “vittima” e non artefice
dell’effetto che un individuo provoca in lui.

2 stadio: il soggetto è la fonte stessa del potere e controlla le cose che riguardano la sua vita.

3 stadio: il soggetto esperisce la forza attraverso l’influenza che ha sugli altri: si sente grande può
produrre effetti sugli altri. (limita gli altri individui nel loro grado di libertà con strategie di sfruttamento e
manipolazione) questo stadio comprende anche la prestazione di soccorso: colui che aiuta può sentirsi
potente nei confronti di chi ha bisogno. Divisione tra stadio 3a (potere personalizzato) e 3b (potere
socializzato).

4 stadio: né la fonte né l’oggetto del potere hanno a che fare con il soggetto. La fonte è un principio
superiore, un’idea, un’autorità. L’effetto del potere si manifesta sugli altri, e sono molto intensi perché chi
lo esercita agisce senza tornaconto personale.

STRUTTURA MOTIVAZIONALE DI QUADRI DIRIGENTI

Misurare il successo delle imprese imprenditoriali:il successo è maggiore in coloro che presentavano un
intenso motivo di riuscita e di potere ma un debole motivo di attaccamento (bisogno di allacciare e
mantenere strette relazioni di amicizia).

CAPITOLO 6

STRUTTURE MOTIVAZIONALI COMPLESSE

Nella vita quotidiana possono essere attivi non solo uno, ma contemporaneamente molteplici incentivi.

Gli esperimenti visti finora spiegano le singole componenti degli incentivi, che si possono combinare in vari
modi.

TEORIA DELLA STRUMENTALITA’


Determina l’aspettativa riguardo quanto sia stretto il rapporto tra 2 eventi (fino a che punto un evento X
appaia come strumento idoneo alla produzione di cose Y cui sono propri altri incentivi)

In questa teoria l’incentivo è chiamato valenza.

Formula di Vroom: moltiplicazione di strumentalità e valenza. (quanto più stretto è il nesso ipotizzato e
quanto è più importante lo stato di cose in gioco, tanto più intense sono le sue ripercussioni motivazionali)

MODELLO MOTIVAZIONALE COGNITIVO ALLARGATO

Heckhausen: 3 diversi tipi di aspettativa

1 aspettativa azione-risultato (maggiore l’aspettativa, maggiore la tendenza all’azione)

2 aspettativa di situazione-risultato (direzione in cui si svilupperebbe la situazione se non ci si intromettesse


agendo) in questo caso alta aspettativa, bassa motivazione.

3 Aspettativa risultato-conseguenza o strumentalità

Entra in gioco anche l’incentivo, che si riferisce alle conseguenze. La tendenza di un individuo all’azione è
tanto più intensa, quanto più egli è sicuro che il risultato dell’azione porti con se conseguenze con un
elevato valore di incentivo, e quanto più tale risultato dipenda dall’azione dell’individuo stesso.

DIFFERENZA TRA ASPETTATIVE DI AUTOEFFICACIA E ASPETTATIVE DI RISULTATO

L’aspettativa di azione-risultato riguarda la sicurezza soggettiva di produrre un determinato risultato


attravverso la propria azione. Si deve essere sicuri che una certa azione porti al risultato desiderato e di
saper eseguire l‘azione. Nella realtà è possibile che nonostante sia supposta l’efficacia del risultato
un’azione non venga intrapresa, perché si ritiene di non essere in grado di eseguirla, o per una causa
motivazionale (attività spiacevole), o per una causa cognitiva (insufficienti strategie di apprendimento)

Bandura distingue due componenti dell’aspettativa:self-efficacy-expectation (aspettativa di autoefficacia) e


action-outcome-expectation (aspettativa di risultato)

INCENTIVI PROPRI DI SINGOLE ATTIVITA’

Nel modello cognitivo allargato si agisce perché è possibile un risultato che appare auspicabile. Esiste un
ulteriore tipo di attività, eseguita semplicemente perché si provava piacere nel compierla.

Lo scopo di questa attività è il benessere che trae dall’agire stesso.

Esistono due incentivi : risultato o il piacere nel compiere l’azione. La maggioranza degli uomini tiene conto
di entrambi gli incentivi, in maniera diversa a seconda delle situazioni.

Duncker: classe di incentivi chiamata dinamic joys (es quelli esperiti negli sport). Si prsenta solo se l’attività
svolta ha un obbiettivo o è volta a un risultato. I veri incentivi di queste attività sono la curiosità e
l’eccitazione.

Secondo Duncker l’obbiettivo e i risultati talvolta conferiscono alle attività precedenti una qualità che le
rende godibili.

MOTIVAZIONE INTRINSECA: UN CONCETTO AMBIGUO

Un comportamento può essere definito motivato intrinsecamente quando avviene in virtù di se stesso;
motivato estrinsecamente quando il suo movente è posto all’esterno dell’azione vera e propria.
Heckhausen sostiene invece che anche un comportamento che mira alle conseguenze può essere
intrinsecamente motivato, nella misura in cui le conseguenze sono tematicamente affini all’azione e ai
risultati. (azione, risultato e conseguenze appartengono allo stesso ambito tematico)

Altre teorie ritengono decisivo il meccanismo propulsivo che sta alla base di tali attività. la caratteristica
decisiva della motivazione intrinseca è quindi data dai processi causali interni all’individuo, che si
percepisce come l’origine del suo agire. (Decharms)

Deci e ryan riprendono il concetto sostenendo che un atteggiamento è intrinsecamente motivato quando è
autoregolato e autonomo.

Nella teoria dell’autoderteminazione della motivazione essi discutono il problema del se e del suo sviluppo,
in quanto trasformazione di una condotta guidata da una motivazione estrinseca in un comportamento
intrinsecamente motivato.I comportamenti vengono classificati in base ai campi di oggetti che prediligono,
importante in ambito pedagogico.

Recentemente motivazione intrinseca si usa unicamente per quelle forme di motivazione che vengono
messe in atto per l’attività e non per i risultati.

ESPERIENZA FLOW

È la condizione dell’essere assorbito in modo completo e irriflesso da un’attività che fluisce senza ostacoli.

Esistono attività autofinalizzate che hanno gli incentivi posti direttamente in esse, e non nella successiva
ricompensa.

6 componenti dell’esperienza flow:

1 le esigenze dell’azione sono chiare e l’individuo sa cosa è giusto fare;


2 l’individuo si sente ottimamente occupato;

3 l’individuo sente che l’azione si svolge senza ostacoli;

4 l’individuo non ha bisogno di sforzi per concentrarsi;

5 l’esperienza temporale è distorta (il tempo viene dimenticato)

6 Nelle persone che descrivevano l’esperienza flow esiste una conformità tra capacità e richieste
(l’individuo non si sente più separato dall’attività che sta svolgendo)

Tra motivati al successo e motivati all’insuccesso esistono delle differenze nella reazione a questo tipo di
condizione. I primi si è notato che arrivano a questo tipo di condizione più frequentemente dei secondi.

Come le diverse componenti devono essere riferite l’una all’altra? Secondo la regolazione dell’attenzione:
non tutti i livelli possono essere insieme coscienti, perché l’individuo ha una capacità di attenzione limitata.

IL PIACERE DERIVANTE DA ATTIVITA’ RISCHIOSE E LA RICERCA DI SENSAZIONI

Le attività rischiose esercitano un certo fascino sugli individui. Queste sono attività dall’esito aperto in cui
vengono messe in gioco conseguenze importanti. Il rischio è la tensione verso un oggetto meta non
sicuramente raggiungibile.

Tuttavia vale la pena rischiare solo se, qualora gli eventi prendano una piega positiva, i guadagni siano
particolarmente elevati. (modello razionale)

Non sempre gli uomini seguono calcoli razionali di questo genere. Esistono casi infatti in cui un individuo
mette a repentaglio valori importanti senza nessuna prospettiva di risultati vantaggiosi. Questo perché le
azioni possono essere attraenti anche senza l’incentivo rappresentato dalle possibili conseguenze dei
risultati.

La “minaccia della vita” viene vista in maniera diversa a seconda dell’individuo.

Psicologia differenziale= vuole comprendere e descrivere le differenze individuali.

Sensation seeking = ricerca di sensazioni e impressioni, causata probabilmente dalla perdita di stimoli. Essa
comprende il bisogno di impressioni varie, nuove e complesse, e la disponibilità ad accollarsi rischi fisici e
sociali. Gli individui dotati di sensation seeking possiedono competenze maggiori.

Zuckerman ipotizza che le differenze in quest ambito dipendessero dall’esistenza di standard


individualmente diversificati relativi al livello di eccitazione del sistema nervoso (alto livello di eccitaizone,
stimolazioni più intense, più ricerca di sensazioni e impressioni). Questa teoria viene abbandonata.

Ipotesi 2:l’interesse e la curiosità sono prodotti da processi chimici nel sistema limbico, le differenze di
questi processi sarebbero le cause delle differenze di sensation seeking.

Ricerche recenti vedono la sensation seeking come formata da 4 componenti:

ricerca di brivido e avventura, ricerca di esperienze, disinibizione, suscettibilità alla noia.

(differenze dipendono in parte dall’esperienza individuale in parte dalla genetica/ereditarietà). Queste


componenti dipendevano da altre caratteristiche della personalità. La sensation seeking influenza i
comportamenti, ma ancora non è chiaro quali siano i fattori situazionali e i processi cognitivi che causano
una maggiore intensità di sensation seeking.

La prima componente, ossia la predilizione degli sport rischiosi può essere ulteriormente analizzata: negli
incentivi propri di sport pericolosi esistono 3 componenti legate al rischio:

esperienza della propria competenza in situazioni rischiose;

intensificazione dell’esperienza attravverso la percezione della minaccia;

piacere tratto da insoliti stati di movimento.

CAPITOLO 7

MOTIVAZIONE E VOLONTA’

Non tutte le condotte motivate fluiscono piacevolmente. Molto spesso siamo costretti a confrontarci con
attività sgradevoli, che accettiamo esclusivamente perché i loro risultati assicurano conseguenze
particolarmente importanti o ne impediscono di pericolose. (per svolgerle serve volontà)

Il concetto di volontà definisce la possibilità di sopportare il compimento di un’azione fino al


raggiungimento di un obbiettivo, nonostante gli ostacoli esterni o interni.

Il superamento di tali ostacoli provoca una sensazione di fatica.

La titubanza nel compiere tali azioni non dipende da una carenza di motivazione, ma di volontà.

I processi cognitivi che si presentano in azioni di dominio di se basate su atti di volontà sono accompagnati
da forti sensazioni di tensione, che possono intensificarsi conferendo all’atto di volontà il carattere di
impulsività.

Gli sforzi volitivi non sono adoperati se non sono strettamente necessari.
L’impegno cresce con la difficoltà cui si deve fare fronte, e ne viene utilizzata solo la quantità necessaria al
superamento dell’ostacolo.

Ach si è concentrato in primo luogo sui processi che avvengono quando l’azione di un individuo contrasta
abitudini profondamente radicate. La funzione della volontà in questi casi consiste nel controllo a lungo
termine di una nuova modalità di azione, che si deve imporre contro uno svolgimento quasi automatico.

Nei suoi esperimenti Ach tentava di misurare la forza di volontà e il grado di efficacia del volere.

Definì l’ “atto energico e primario della volontà” in 4 componenti:

1 rappresentazione di ciò che si deve immediatamente fare (fattore oggettivo)

2 decisione energetica, o fattore attuale

3 sforzo che viene esperito nell’atto di volontà, o fattore situazionale

4 le sensazioni di tensione che si concretizzano in movimenti e contrazioni di alcune parti del corpo (fattore
espressivo)

Dal momento in cui viene presa la decisione di compiere l’azione, l’intensità della tendenza motivazionale si
prolunga nell’impegno volitivo.

si può dire però che l’intensità della motivazione stabilisca probabilmente il limite superiore di quanto un
individuo è pronto volontariamente a investire in termini di sforzo.

CONTROLLO DELL’AZIONE

Kuhl sviluppò l’idea che esistessero processi di controllo dell’azione: fanno in modo che un’azione che si ha
ora intenzione di compiere venga “schermata” contro altre tendenze motivazionali.

Distinzione tra motivazione alla selezione e quella alla realizzazione: la prima riguarda i processi che
portano alla scelta dell’azione che un individuo vuole realizzare, la seconda invece a processi che assicurano
l’esecuzione dell’azione stessa.

Esistono differenze di grado di controllo dell’azione, a seconda della presenza di 4 elementi fondamentali:

lo stato futuro da raggiungere, lo stato attuale da trasformare, il divario da superare, l’azione da compiere
per superarlo.

Se manca uno di questi elementi l’azione non può essere compiuta, ma l’intenzione può continuare a
sussistere e a vincolare l’attenzione dell’individuo (intenzioni degenerate)

MODELLO RUBICONE DELL’AGIRE

HECKHAUSEN

Tutti i processi che precedono la decisione sono di natura motivazionale, quelli che la seguono sono di
natura volitiva.

Fase 1: motivazione. In essa un desiderio viene preso sul serio e viene esaminata la fattibilità di tale
realizzazione. In questa fase gli individui sono orientati alla realtà (accolgono tutte le informazioni
necessarie per prendere la decisione)

Passaggio da desiderio a intenzione e inizio seconda fase:


fase volitiva: tutti i processi in atto sono indirizzati ad un’unica funzione: realizzare ciò che si è deciso di
fare. In questa fase non sempre è l’intenzione più forte a entrare in azione per prima, dipende anche dalla
tendenza alla fattibilità.
Tuttavia dopo la decisione di realizzare un determinato desiderio, non sempre il proposito può venire
immediatamente realizzato, si deve trovare l’occasione giusta.

Dopo la conclusione dell’azione l’individuo entra nuovamente nella fase motivazionale. Egli valuta se
l’obbiettivo desiderato è stato raggiunto e nel caso di insuccesso, da cosa è dipeso.

Sokolowski distingue le situazioni in cui il comportamento è guidato dalla motivazione da quelle in cui è
guidato dalla volontà. Nel primo, l’attività si accorda con i motivi dell’individuo; nel secondo l’individuo si
imbatte in attività che non si adattano alla sua struttura motivazionale.

CAPITOLO 8

SVILUPPI ATTUALI:MOTIVI,OBBIETTIVI E BENESSERE

Per il raggiungimento di obbiettivi attraenti a volte si devono svolgere attività spiacevoli.

McClelland sostiene che anche l’immagine che la persona ha di sé guidi i suoi comportamenti: self-
attributes motives. McClelland sostiene anche l’esistenza di alcuni motivi biologici sviluppati dal punto di
vista evoluzionistico e universali. Il nucleo di ciascun motivo è il suo specifico affetto, suscitato da un
natural incentive (stimolo chiave), che si associano ad altri stimoli (diventano stimoli indicativi).

Esistono alcuni neuro-ormoni che rilasciano l’affetto, e questo affetto si associa ad uno stimolo indicativo
già dalla primissima infanzia. Questi accoppiamenti costruiscono il nucleo del motivo di riuscita. I motivi
sono definiti motivi basali, sono impliciti perché non visibili dalle persone; influenzano il nostro
comportamento ad un livello al di sotto della riflessione consapevole. Nonostante ciò le persone sanno
rispondere a domande relative ai loro desideri, preferenze. Queste sono informazioni legate alle immagini
del se motivazionale.

Queste immagini sono delle percezioni consapevoli e hanno una base esclusivamente cognitiva. Ci
orientiamo verso la nostra immagine del se quando pensiamo a come decidere nel modo più sensato a
quali obbiettivi dovremo perseguire. Ci possono anche condurre a obbiettivi non adeguati ai motivi , in cui
deve intervenire la volontà.

OBBIETTIVI ADEGUATI AI MOTIVI E BENESSERE

Esistono persone che si pongono prevalentemente obbiettivi adeguati ai motivi, mentre per altre persone
ciò non accade. Si tratta del fattore orientamento all’azione vs alla situazione.

Le persone orientate alla situazione riescono a separarsi mentalmente con fatica dalla circostanza
spiacevole, hanno spesso intenzioni degenerate e non sanno distinguere se gli obbiettivi appena perseguiti
derivino da se stessi o da altri.

Coloro che sono orientati all’azione invece sono più autodeterminati e hanno una maggiore concordanza
tra intenzioni e bisogni.

La determinazione nel conseguimento degli obbiettivi dipende dal fatto che l’obbiettivo concordasse o
meno con i propri motivi. In questo modo la fase prima del conseguimento dell’obbiettivo diventa
piacevole (situazione di benessere).

COMPETENZA MOTIVAZIONALE:

La capacità di conciliare le situazioni attuali e quelle future con le proprie preferenze nelle attività, in modo
tale da rendere possibile un agire efficiente anche senza continui sforzi di volontà.

Non sempre sarà possibile agire in questo modo, neanche nel caso di elevata competenza motivazionale,
perché nella vita quotidiana esistono delle componenti di forza maggiore.
Si aggiunge la competenza volizionale: provvede affinché vengano eseguite rapidamente e con successo
anche le parti di attività prive si incentivi o anche frustranti e avversative.

Potrebbero piacerti anche