Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
Un gruppo è qualcosa di più o, per meglio dire, qualcosa di diverso dalla somma dei suoi
membri: ha una sua struttura, fini particolari e rapporti particolari con gli altri gruppi. Ciò che
costituisce la sua essenza non è la somiglianza o la dissomiglianza tra i suoi membri, ma la
loro interdipendenza. Può essere definito come un insieme dinamico. Ciò significa che un
cambiamento di stato di una parte, o di qualsiasi sua frazione, influisce sullo stato di tutte le
altre [Lewin 1948; tradurlo. 1972, 125]
Oltre l'informazione data. Bruner, Goodnow e Austin [1956]: nel momento in cui uno stimolo viene
classificato all'interno di una categoria, la valutazione di quel dato si avvale di conoscenze relative alla
categoria.
L’effetto primacy.
Altri esperimenti dimostrano, infine, come l'ordine temporale con cui vengono strenue le informazioni
riguardanti un individuo puó influenzare fortemente la percezione e la valutazione della sua
personalità. Le prime impressioni, i primi elementi di informazione disponibile, guidano la percezione
e si pongono in termini di contesto interpretativo delle impressioni successive. Questo fenomeno, che
viene detto effetto «primacy» (effetto precedenza) o effetto d'ordine, dà conto del fatto che se a dei
soggetti viene letta, a descrivere il signor X, una lista di aggettivi come intelligente, laborioso,
impulsivo, critico, testardo, invidioso» e a un altro gruppo viene proposta la stessa lista ma con
l'ordine invertito, ovvero che inizia dall’aggettivo invidioso, l'impressione che si ha del signor X e nel
primo caso positiva, e nel secondo negativa, in base a un processo che viene detto top-down (cfr. fig.
5.3).
L'effetto «recency».
Molto meno forte per la formazione dell'impressione.complessiva dell'altro è invece la variazione degli
ultimi tratti presentati dalla lista, quello che viene detto effetto recenza o effetto «recency». Questo
accade perché la formazione delle impressioni fa appello soprattutto alla memoria a lungo termine e
al suo archivio permanente di configurazioni tipiche di associazioni tra tratti, a quelle che Bruner e
Tagiuri [1954] considerano vere e proprie teorie implicite di personalità. Non a caso dagli studi
condotti sul funzionamento della memoria appare che mentre nei compiti di rievocazione immediata
sono le ultime informazioni quelle che vengono ricordate con più facilità, nei compiti di rievocazione a
lungo termine sono le prime informazioni quelle rievocate più facilmente [per una rassegna, cfr. Leone
1998].
Il comportamento vs la situazione
Heider fa notare, però, che tutti noi, nel cercare di inferire la personalità degli altri dal loro
comportamento, dobbiamo affrontare continuamente il problema costituito dal dato che il
comportamento non viene mai prodotto in un vacuum; esso è sempre messo in atto in una qualche
situazione specifica. Quindi nel cercare di risalire alla personalità di qualcuno, partendo dal suo
comportamento, dobbiamo fare i conti con la situazione in cui quel comportamento è prodotto.
E allora, come si inferiscono le caratteristiche di personalità? Dal comportamento o dalla situazione in
cui è prodotto? Come vengono tratte inferenze sulle cause delle azioni che gli individui mettono in atto
nei vari contesti della loro vita? Quali cause attribuiamo al modo di comportarsi degli altri quando
siamo osservatori delle loro azioni?
La desiderabilità sociale.
Un principio utilizzabile è quello che fa riferimento alla desiderabilità sociale: quanto più una persona
si comporta secondo modi non desiderabili e non accettabili, da un punto di vista sociale, in una
determinata situazione, e quanto più questi potrebbero portare un danno, tanto più se ne può dedurre
che quel comportamento è da ricondurre a delle sue caratteristiche di personalità durature. Inferenza
che è, invece, perlomeno dubbia se si basa sull'osservazione di un comportamento desiderabile.
Ad esempio, se uno studente si mostra molto arrogante durante un esame e si vanta, con il docente,
di essere sempre riuscito a superare le prove anche senza aver studiato, saremo indotti a pensare
che egli stia mostrando dei suoi tratti di personalità stabili, mentre non è detto che il comportamento
ossequioso e conciliante di un altro allievo sia indice di disposizioni durature, visto che potrebbe ben
essere ricondotto alla desiderabilità, in quella situazione, del comportamento
in questione.
La libera scelta.
Un altro modo per inferire la personalità di qualcuno si basa sul riuscire a determinare se il
comportamento è dovuto a una libera scelta dell'«attore» o se non è da ricondurre a dei vincoli
collegati alla situazione. Ad esempio, se in un dibattito sulla guerra contro la Serbia degli studenti
esprimono liberamente le loro opinioni pacifiste al riguardo, è possibile inferire che si tratta di persone
che non vogliono la violenza, ma se ci accorgiamo che è stato loro chiesto dal partito politico di
appartenenza di esprimere queste posizioni, non possiamo fare inferenze attendibili sui loro reali
atteggiamenti e su una tendenza più di base a non essere aggressivi.
I ruoli sociali.
Anche assistere a comportamenti che corrispondono a dei rioli
sociali o che corrispondono alle nostre aspettative può essere informativo sulle reali disposizioni
stabili dell'«attore». Se vediamo che un prete fa l'elemosina, non ne deduciamo che si tratta di una
persona particolarmente generosa, perché quel comportamento fa parte del suo ruolo. Ma se lo
sentiamo difendere il diritto delle donne all'aborto, ne deduciamo che si tratta di una persona molto
aperta, con una personalità non rigida, visto che questo comportamento contraddice le nostre
aspettative su quella che dovrebbe essere, al riguardo, la posizione di un religioso.
L’accordo forzato.
Festinger e Carlsmith [1959] hanno condotto, infatti, un esperimento molto interessante che prova
come il mutamento nelle proprie convinzioni avviene più facilmente se si riceve una ricompensa
piccola piuttosto che una grande, quando si è in qualche modo «costretti» a fare qualcosa su cui non
si è d'accordo, quando ci si trova in una situazione che viene detta di accordo forzato
Secondo Festinger, aver ricevuto 20 dollari giustificava pienamente la menzogna, le riduceva la
dissonanza tra il dire che il compito era piacevole e il pensare che era noioso. Un dollaro rendeva
invece la tensione da dissonanza cognitiva molto spiacevole, perché non poteva essere ritenuto una
giustificazione sufficiente a mentire.
In altri termini, quando le persone si trovano in una condizione in cui la giustificazione esterna a
mettere in atto un comportamento controattitudinale è insufficiente, riducono lo stato di dissonanza
cognitiva giustificando internamente il proprio comportamento, internalizzando così un atteggiamento
diverso nei riguardi di quello che viene richiesto loro di fare, o che sono obbligati a fare.
E quanto maggiore è l'incentivo, tanto minore sarà il cambiamento.
Il principio della giustificazione insufficiente dà conto del cambiamento di atteggiamento, nel ridurre la
dissonanza, non solo se la giustificazione è un premio, o una promessa di un incentivo positivo ma
anche se è una punizione, o una minaccia.
La salienza
Tra le leggi della percezione del mondo fisico, quella che maggiormente interviene nella percezione
sociale è quella che viene detta figura-sfondo (cfr. cap. 3).
Questo principio prevede che siamo portati a dirigere la nostra attenzione agli aspetti del campo
percettivo che sono in rilievo, la figura quindi, rispetto a ciò che fa da sfondo. In ambito sociale a
guidare le nostre impressioni degli altri e a far scattare l'utilizzo di uno schema piuttosto che un altro
sono per l'appunto i tratti salienti, quelli più evidenti.
La salienza è determinata dalla luminosità, la rumorosità, il movimento o la novità dello stimolo
[McArthur e Post 1977]. Così, tutti coloro che hanno caratteristiche inusuali rispetto al contesto (lo
sfondo) sono salienti e richiamano l'attenzione.
Onde per cui, quando ci imbattiamo in una persona saliente per alcune caratI eristiche, come quelle
che fanno parte di uno stereotipo, a essa verranno più facilmente attribuite tutte le altre caratteristiche
stereotipiche di quel gruppo.
I tratti fisici come la razza, il sesso, la bellezza sono particolarmente salienti e attivano con più facilità
lo schema di gruppo, o per meglio dire lo stereotipo del gruppo, cui l'individuo appartiene.
Il bisogno di cognizione
La via periferica viene percorsa non solo se l'ascoltatore non ha abbastanza capacità cognitive o se
ha un bisogno di cognizione non elevato, o se non è abbastanza motivato, ma anche se il messaggio
è incomprensibile, se non si è in possesso delle informazioni necessarie per potersi appropriare delle
tematiche che vengono discusse, se semplicemente ha molta fretta, se si trova in un contesto non
sereno e se è di buon umore.
L’umore
Gli esiti di due percorsi sono differenti. Il cambiamento di atteggiamento che deriva dal percorso
centrale della persuasione è profondo e resistente a ulteriori
modificazioni. Il percorso periferico, invece, è di breve durata, porta a un cambiamento che non
esclude ulteriori modifiche da parte di nuove comunicazioni persuasive ed è meno legato alla messa
in atto di comportamenti corrispondenti.
La polarizzazione di gruppo
Sembra quindi evidente che le discussioni di gruppo abbiano un effetto notevole sui processi
decisionali e che spingano gli individui verso forti assunzioni di rischio. È stato, tuttavia, provato che
questo effetto non è limitato alle discussioni in cui si devono esprimere opinioni su situazioni che
implicano delle scelte dall'esito incerto. Ricerche recenti hanno mostrato che se le opinioni iniziali dei
membri sono moderate, la discussione di gruppo porta a uno spostamento verso un conservatorismo
estremo [Fraser, Gouge e Billig 19711. Anche in questo caso, quindi, si avrebbe, dopo la discussione
di gruppo, un' estremizzazione delle posizioni espresse individualmente in precedenza.
Sembrerebbe, pertanto, che le dinamiche di gruppo abbiano un effetto più di base. Qualunque sia il
tema della discussione, i gruppi tendono a spostarsi verso direzioni estreme. Tuttavia,
l'estremizzazione non avviene indifferentemente verso l'uno o l'altro dei poli, bensì nella direzione
verso cui in media i singoli sono già orientati. Questa polarizzazione su posizioni estreme, ma in
origine già presenti nei membri del gruppo - diversa da una generica estremizzazione non rivolta
verso un polo specifico - viene definita polarizzazione di gruppo.
Il pattern di polarizzazione, peraltro, riguarda qualunque dimensione di giudizio ed è stato riscontrato
nei più vari contesti; è rintracciabile negli stereotipi, nelle ,decisioni prese nei giochi d'azzardo, nelle
decisioni delle giurie, nei modi di concepire il sostegno nelle organizzazioni religiose, ecc. Moscovici e
Zavalloni [1969].
Un'altra interpretazione chiama in causa i processi di «confronto sociale» così come sono stati
proposti da Festinger [1954]: le persone confrontano il proprio punto di vista con quello degli altri, e
scoprono che alcuni hanno posizioni più estreme delle loro. Il desiderio di dare un'impressione
positiva e di sembrare sicuri può spingere verso posizioni ancora più estreme degli altri al fine di
sembrare «migliori» della media.
La correlazione illusoria
Come già detto, nei nostri processi di elaborazione delle informazioni siamo portati a prestare più
attenzione a quelle che sono le caratteristiche insolite salienti degli individui, e a trascurare le
informazioni relative a ciò che è comune.
Per un meccanismo cognitivo che è stato scoperto da Loren e Jean Chapman [Chapman e Chapman
1969] siamo, inoltre, portati a ritenere che se due eventi insoliti, poco frequenti e pertanto distintivi, si
verificano per alcune volte nello stesso tempo, questi sono correlati, ovvero tendiamo a credere che la
connessione tra quei due fenomeni non è solo saltuaria, ma è costante.
Condivisione di unicità
Due eventi inusuali e insoliti, che si presentino insieme, vengono notati molto, mentre si presta minore
attenzione alle volte in cui i due fenomeni distintivi non capitano nello stesso momento.
Questo effetto condivisione di unicità(shareal distinctiveness account) sembrerebbe dar conto del
fatto che tendiamo a ritenere associate le caratteristiche che percepiamo come insolite, infrequenti e
distintive, e i gruppi che percepiamo come insoliti, infrequenti e distintivi, secondo un meccanismo che
Hamilton [1981] definisce correlazione illusoria (illusory correlation).
Se in un gruppo siete l'unica persona del vostro sesso, o della vostra razza o della vostra nazionalità,
sarete notato, e diventerete oggetto di attenzione da parte degli altri, in quanto la vostra diversità vi
rende molto visibile. Un nero in un gruppo di bianchi, un uomo in un gruppo di donne, o una donna in
un gruppo di uomini sono salienti, spiccano di più, e la salienza porta a una percezione esagerata
delle loro caratteristiche, fisiche o comportamentali, siano esse positive o negative, le quali risultano a
loro volta «insolite» rispetto a quelle
degli altri.
Quando due eventi distintivi, non comuni, si presentano allo stesso tempo (una persona di un gruppo
minoritario e un'azione criminosa), si presta loro maggior attenzione, si opera una correlazione tra i
due eventi, e ci si forma uno stereotipo al riguardo. Il fenomeno «correlazione illusoria» dà conto,
pertanto, anche del dato che ai gruppi minoritari vengono attribuite più azioni immorali e criminose di
quanto non ne vengano attribuite ai membri del proprio gruppo di appartenenza.