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ALIMENTAZIONE
Nutrienti
Riguardano quelle sostanze che sono necessarie per lo svolgimento dei processi vitali del
nostro organismo (funzione energetica – strutturale).
Monosaccaridi
Le unità fondamentali dei carboidrati sono i monosaccaridi, molecole costituite da 3 a 8 C
a i quali sono annessi gruppi CARBONILI (C=O) – OSSIDRILICI (OH) – H.
I monosaccaridi sono definiti come poliossidrilici e a seconda che sia legato con un gruppo
aldeidico–chetonico formerà rispettivamente: Poliidrossialdeidi o poliidrossichetoni.
Caratteristica dei monosaccaridi è il fatto di essere isomeri, cioè sono molecole che
possono presentare lo stesso numero di elementi ma con disposizione diversa,
determinando molecole differenti. L’isomeria nei monosaccaridi è determinata grazie alla
capacità del C di costituire una forma tetraedrica costituita da 4 legami semplici. Il C
legato, con i 4 legami semplici, a 4 gruppi funzionali diversi è definito centro chiralico. La
presenza di più centri chiralici nei monosaccaridi da la possibilità alla molecola di
presentarsi in 2 forme diverse ma speculari dette entantiomeri. Tale isomeria viene definita
come ottica, in quanto le molecole
speculari hanno la capacità di ruotare in maniera diversa il piano della luce polarizzata. In
questo caso per differenziare e riconoscere il tipo di isomero, viene adottata la conversione
di Fisher, la quale intende confrontare l’isomero di una molecole chirale con quella della
gliceraldeide, che sarebbe lo zucchero più semplice, dove a seconda che il carbonio chirale
sia legato a destra con un gruppo ossidrile, viene classificato
come D (D,gliceraldeide), mentre se il gruppo ossidrile è posizionato a sinistra del
carbonio chirale, viene classificato come L (L,gliceraldeide).
I monosaccaridi possono avere più centri chirali e di conseguenza più isomeri e, in questo
caso per riconoscere se lo zucchero appartiene al gruppo D o L, si prende in
considerazione il carbonio chiralico più lontano dal gruppo aldeidico o chetonico.
nuovi isomeri, detti anomeri e indicati come α e β. La differenza tra l’anomero α e β, sta
nella posizione del gruppo ossidrile (,OH) legato al C in posizione 1.
Per far si che avvenga la ciclizzazione, conta anche la lunghezza della molecola, se infatti
è troppo corta, manca la distanza che consentano alle cariche degli atomi di non
respingersi.
Nell’anomero α OH si trova al di sotto di tale piano, mentre nell’anomero β si trova al di
sopra.
Importanza biologica dell’isomeria: La disposizione degli elementi costituenti una
molecola ha una grande importanza a livello biologico, in quanto una certa disposizione
della molecola può venire ad essere riconosciuta, o meno, dal nostro metabolismo.
Per quanto riguarda i carboidrati, ad esempio l’esistenza delle due forme anomeriche α e β
del
D,glucosio, è un particolare di grande importanza biologica. Innanzitutto si deve tenere
presente che solo il D,glucosio può essere utilizzato dagli esseri viventi. Poi il nostro
organismo riconosce solo l’anomero α, cioè il costituente dell’amido e del glicogeno e
rappresenta quindi il combustibile più importante da cui gli organismi (piante comprese)
possono trarre energia. L’anomero β è il costituente della cellulosa e non può essere usato
da organismi animali, ad eccezione degli erbivori che possiedono nel rumine (uno dei 3
pre,stomaci) batteri in grado di trasformarlo nella forma α.
Alcuni monosaccaridi
Differiscono tra loro per la diversa disposizione dei loro elementi:
GLUCOSIO: C6 H12 O6, è un aldoso che si trova in grandi quantità in tutto il
mondo vivente ed è utilizzato da tutte le cellule animali ed è la fonte energetica
principale del tessuto nervoso – eritrociti.
GALATTOSIO: si diversifica da glucosio per diversa configurazione sul C4, può
essere prodotto dal glucosio 1,fosfato o andare a costituire il lattosio, oppure andare
a costituire glicolipidi,glicoproteine,fosfolipidi.
FRUTTOSIO: è un cheto esoso, isomero del glucosio. È contenuto in grandi
quantità nella frutta,miele,sciroppo di granoturco. Il fruttosio rispetto al saccarosio
ha un potere dolcificante maggiore.
DERIVATI MONOSACCARIDI: i derivati sono:
- AMINOZUCCHERI: contengono un gruppo aminico al posto di un GR.OH,
sono: D,GLUCOSAMMINA – D,MANNOSAMMINA –
DGALATTOSAMMINA;
- ALCOL ZUCCHERI.
Altri derivanti degli zuccheri si possono ottenere per ossidazione di un GR.OH,
producendo così un gruppo acido (acidi gluconici o uronici) ad esempio l’acido
ascorbico (vitamina C), sintetizzata dalle piante, molti animali, ma non l’uomo.
Due monosaccaridi, possono reagire per formare un legame covalente tra C anomerico di
un monosaccaride e GR.OH dell’altro, con perdita di 1 H2O. Il legame che si forma viene
definito come: legame glicosidico.
Quando a legarsi sono due monosaccaridi si parla di disaccaride. Quando si legano da 2 a
8
Monosaccaridi, invece, si parlerà di oligosaccaride. Quando i monosaccaridi sono
maggiori di 8 si parlerà di polisaccaridi.
DISACCARIDI
I più famosi sono:
MALTOSIO formato da: alfaGLUCOSIO,alfaGLUCOSIO, il legame glicosidico
si viene a costituire tra C1 di un glucosio e C4 dell’altro. Esso è contenuto nella
birra – cereali – germogli. È anche il prodotto di idrolisi enzimatica dell’amido.
SACCAROSIO è il più abbondante nel regno vegetale, formato da alfa,glucosio
e beta,fruttosio. Si trova in: zucchero, barbabietola, canna e miele.
LATTOSIO formato da beta,galattosio e alfa,glucosio, è presente nel latte, ma
può essere prodotto anche artificialmente. È il meno dolce dei disaccaridi. Il lattosio
va ad essere scisso nell’intestino grazie alla presenza dell’enzima lattasi contenuto
nei villi intestinali, la sua mancanza provoca intolleranza.
POLISACCARIDI
Si possono dividere in due tipi:
- Omo,polisaccaridi: formati da una serie di monosaccaridi tutti dello stesso tipo;
- Etero,polisaccaridi: serie di monosaccaridi diversi tra loro.
Le catene di polisaccaridi possono essere sia lineari che ramificate.
I più importanti sono:
AMIDO formato da sequenza di glucosio. Forma di accumulo di glucosio da
parte delle piante. Si trova in: semi – cereali – legumi – patate – radici. È costituito
da:
- Amilosio: costituito da una sequenza lineare di glucosio, i cui legami tra unità
sono del tipo α,(1,4).
- Amilopectina: costituita da sequenza ramificata di glucosio, i cui legami sono
del tipo α,(1,6). Proprio la sequenza ramificata è responsabiledella forma
granulare. Inoltre l’amilopectina è presenta in quantità maggiore rispetto
all’amilosio. Gli amidi che presentano una concentrazione maggiore di
amilopectina risultano più digeribili e assorbibili, in quanto l’amilopectina,
grazie alle sue ramificazioni, mette a disposizione dell’amilasi una quantità
maggiore di estremità riducenti sulle quali agire.
GLICOGENOrappresenta la forma di immagazzinamento di glucosio nel corpo
umano, ed è presente con una quantità di: 250g muscolo – 100g fegato. È un
polimero altamente ramificato (più dell’amido), in seguito alla maggior presenza di
legami glicosidici α,(1,6). Il motivo per cui il glucosio è conservato in glicogeno,
invece che in forma libera, è dato dal fatto che in questo modo viene ad essere
mantenuta costante la pressione osmotica intracellulare, che altrimenti in presenza
di glucosio libero, aumenterebbe fino alla lisi della cellula.
CELLULOSA presente nelle piante con funzione strutturale. È costituito da
ripetizioni di glucosio con legame β,(1,4) organizzato in struttura lineare a formare
fibre. Tale anomero in configurazione β, non può essere utilizzato dal nostro
organismo in quanto non riconosciuto da nessun enzima. Infatti non presentiamo
l’enzima β,glicosidasi ma solo enzima α,glicosidasi.
In generale l’apporto energetico deve mantenere un bilancio corretto: le kcal introdotte con
la dieta devono essere pari alla quantità di energia spesa.
Stabilire il fabbisogno energetico giornaliero di ogni persona non è facile, poiché ogni
soggetti differisce in base a caratteristiche genetiche, metaboliche, stile di vita.
In particolar modo, per poter definire il fabbisogno energetico di un individuo, bisogna
tenere in considerazioni per quali aspetti il nostro organismo utilizza energia: mantenere
metabolismo basale – produzione di calore a partire dal cibo – attività fisica.
LARN GLUCIDI
I carboidrati rappresentano il nutriente dal quale proviene più energia (45,60% dell’energia
totale). Nonostante rappresenti la fonte principale di energia, le regole per la sua
assunzione non risultano severe come quelle di altri nutrienti, in quanto l’organismo è in
grado di rigenerare glucosio (gluconeogenesi). Tuttavia, una sua carenza prolungata porta
allo sviluppo di condizioni non favorevoli per il nostro
organismo.
- Carenza glucidi: l’assenza di carboidrati e la loro sintesi a partire da altri
precursori (gluconeogenesi), non risulta sufficiente a soddisfare il fabbisogno
energetico quotidiano, per tale motivo il metabolismo energetico tende a
produrre energia a partire da altri nutrienti come proteine e lipidi.
Le proteine svolgono principalmente un ruolo “strutturale”, di conseguenza la
deplezione di proteine dieta,muscolari comporta una quantità insufficiente per
svolgere la funzione strutturale. L’utilizzo prolungato di lipidi e la simultanea
attivazione del meccanismo gluconeogenetico (responsabile del rallentamento
del ciclo di krebs) comporta un accumulo di Acetil CoA e l’attivazione di una
via metabolica di energia di riserva, la chetoneogenesi. Tale via converte l’Acetil
CoA in corpi chetonici, una forma molecolare energetica che può essere
esportata in altri tessuti e utilizzata per ricavare energia, evitando così un
rallentamento della beta ossidazione e quindi la possibilità di continuare a
ricavare energia da lipidi, nonostante il rallentamento del ciclo di Krebs, imposto
dalla gluconeogenesi. L’aspetto negativo della produzione di corpi chetonici
riguarda il fatto che, una loro produzione in quantità maggiori rispetto alle
capacità degli organi epertraepatici di utilizzarli, comporta un accumulo nel
sangue (chetosi) ed essendo composti acidi, tendono a liberare H+ con
conseguente abbassamento pH ematico andando incontro ad acidosi.
- Eccesso glucidi: l’eccesso di carboidrati viene ad essere convertito in acidi
grassi ed immagazzinati sottoforma di trigliceridi, determinando come effetto un
aumento dei trigliceridi, un abbassamento di HDL e come conseguenza un
Indice glicemico
L’aumento del glucosio ematico è diverso a seconda dell’alimento che viene introdotto.
La capacità che ogni alimento ha di poter aumentare la glicemia a parità di contenuto
glicemico, viene definita indice glicemico (IG): (risposta glicemica singolo
elemento/risposta glicemica alimento di riferimento) per 100.
A seconda dell’IG si effettua una classificazione degli alimenti:
- Alimenti ad alto IG: causano un aumento rapido della glicemia subito dopo
l’assorbimento, ma è seguito da un repentino calo;
- Alimenti basso IG: causano un aumento graduale della glicemia, dando un senso
di sazietà per un periodo più lungo.
L’IG (quindi la capacità di ogni alimento di poter aumentare la glicemia), varia a seconda:
Dimensioni particelle
Forma
Grado di cottura
L’alimento in questione viene assunto isolatamente oppure durante un pasto
insieme ad altri alimenti (ad esempio frutta e verdura, contenenti fibre sono in grado
di abbassare la glicemia e quindi ritardare lo svuotamento gastrico). A tal proposito,
dobbiamo menzionare anche la variazione dell’IG in seguito al rapporto
lipidi/proteine.
Diete caratterizzati da cibi a basso IG:sembrano avere effetti benefici su varie condizioni
patologiche e ciò ha indotto a proporre diete costituite da cibi a basso IG. Tale
metodologia è stata messa in discussione, in seguito alle variazione che l’IG può subire in
conseguenza a interferenze con altri alimenti. Perciò i nutrizionisti tendono a consigliare
una valutazione dell’IG riferita ad un pasto intero e non quindi del solo
alimento.
breve durata (attività anaerobiche): indispensabile utilizzo glucosio – per attività aerobiche
intense: 40,50% lipidi– 60,50% glucosio.
Una volta che il glicogeno muscolare si è esaurito (ciò può avvenire anche nel giro di 60
secondi) si ha l’impedimento nel continuare l’attività svolta a quella intensità. Il corpo ha
bisogno di recupero per poter ristabilire le proprie riserve di glicogeno. Le piene riserve
vanno ad essere ristabilite dopo almeno 24 ore. Dunque, in un soggetto che compie attività
fisica, per permettere la ristabilizzazione del glicogeno muscolare sarà importante una
elevata quantità di carboidrati.
Fibra alimentare
Non è ancora presente una definizione ampia del termine. Un aspetto in comune è quello
di non essere idrolizzabile per gli enzimi digestivi umani. I composti che appartengono
alla categoria della fibra, possono svolgere funzioni fisiologiche molto diversificate e
mentre per alcuni di essi è stato dimostrato un ruolo positivo per la salute, per altri non vi è
alcuna evidenza circa eventuali effetti benefici.
Pectine: sono polisaccaridi solubili in acqua calda, aventi proprietà gelificante. Nel
tratto digerente possono legare Sali biliari e ioni. Li ritroviamo prevalentemente
nella frutta (mele, buccia agrumi), negli ortaggi, nei legumi e nella frutta secca.
Utilizzati anche come additivi nelle confetture.
Amido resistente: porzione di amido e prodotti della degradazione amido che non
vengono assorbiti dall’intestino tenue. Si suddividono in 4 categorie:
- Amido fisicamente inaccessibile: presenti in cereali e legumi parzialmente
macinati;
- Amido non gelatinizzato: presenti in alimenti consumati crudi come banane non
mature o nella pasta poco cotta;
- Amido retrogradato: deriva da riarragiamenti dell’amido avvenuti con il
raffreddamento di cibi cotti (pane, patate);
- Amidi modificati: utilizzati come additivi alimentari;
- Inulina – frutto oligosaccaridi (FOS) – oligofruttosio: l’inulina può contenere
10,60 unità di fruttosio legate ad un glucosio. FOS: struttura simile all’inulina
con polimerizzazione minore. Fos ed inulina sono presenti in: carciofi, asparagi,
cereali, aglio e cipolla. L’oligofruttosio, contiene meno di 9 unità di fruttosio.
Tutti e 3 questi composti svolgono funzione prebiotica, cioè andando ad essere
fermentanti rapidamente dai batteri del colon, favoriscono lo sviluppo di
bifidobatteri, importanti nel mantenimento dell’ecosistema intestinale.
Gomme: polisaccaride con elevato grado di ramificazione, caratteristica che
permette di intrappolare acqua e dare elevata viscosità – adesività. Sono ricavate da:
secrezione di alcune piante in seguito a traumi esterni (gomma arabica – gomma
adragante) – secrezione di batteri (gomma perantano) – da farine ottenute da semi di
leguminose (gomma guar) – da farine ottenute da tubero di una pianta giapponese
(gomma konjac). Vengono utilizzate dall’industria alimentare come addensante –
stabilizzante, ad alcune di esse è stata attribuita funzione positiva per la salute (es.
gomma guar sembra ridurre picco glicemico dopo pasto glucidico).
Mucillagini: mucopolissacaride che a contatto con acqua si dilata formando
soluzioni colloidale viscosa. Vengono sintetizzate dalle piante per prevenire la
disidratazione. Si trovano in: semi di lino, orzo e farine derivanti da legumi.
Raccomandazioni nutrizionali
Lipidi
Una dieta povera di lipidi induce effetti nocivi per la salute, alterando la crescita, la
riproduzione, lo sviluppo del sistema nervoso, l’integrità della cute.
Questi effetti ci permettono di comprendere come i lipidi non svolgano solo funzione
energetica ma siano fondamentali nella regolazione e nella costituzione cellulare.
Acidi grassi
Gli acidi grassi sono acidi carbossilici, cioè formati da una lunga catena idrocarburica
(alifatica) responsabile della caratteristica di idrofobicità che li rende insolubili in acqua.
Ad un’estremità è presente il gruppo carbossilico (OH,C=O), caratteristico degli acidi
grassi in quanto è l’unico gruppo polare.
Gli acidi grassi possono essere presenti in forma libera (non esterificati) – esterificata.
La prima tipologia può essere presente nel sangue e all’interno delle cellule. Essendo
lipofili sono sempre legati ad una proteina che nel sangue è l’albumina, mentre nella
cellula è la lipid binding protein. Oppure possono legarsi al CoA, che li rende parzialmente
idrofilici e di dimensioni tali da non poter uscire dalla cellula.
Catena idrocarburica: rappresenta la parte idrofobica dell’acido grasso. Nel nostro
organismo esistono più 500 tipi diversi acidi grassi. Tale eterogeneità permette di
costituire diverse tipologie di lipidi, interagire con diversi recettori, essere precursori di
molecole ad alta attività biologica.
Ciò che caratterizza gli acidi grassi è il numero C e il numero dei doppi legami.
La lunga catena può essere costituita da 4 a 36 atomi di C (quelli che hanno 14,20 C sono i
più frequenti in natura) e in base alla loro lunghezza distinguiamo:
Acidi grassi a catena corta: tutti quegli acidi grassi che presentano una catena
inferiore a quella dell’acido palmitico (16C) ed hanno la caratteristica di avere
maggiore libertà di movimento, proprio perché sono molecole più piccole. Hanno
un livello di idrofobicità minore rispetto a acidi grassi a catena lunga, che gli
consente di attraversare membrane senza l’intervento di un apposito trasportatore,
circolare nel plasma sanguigno senza essere legati a specifiche proteine
trasportatrici;
Acidi grassi a catena lunga: tutti quegli acidi grassi che presentano una catena
maggiore a quella dell’acido palmitico (16C). Sono più idrofobici rispetto a quelli a
catena corta, determinando maggiori difficoltà nell’attraversamento delle membrane
biologiche, difficoltà anche nel trasporto nel flusso sanguigno. Hanno quindi
bisogno di strutture predispose per il loro metabolismo (determinato trasportatore
che interviene).
Acidi grassi saturi TRANS (TFA): In base alla posizione degli atomi di idrogeno
associati ai carboni impegnati nel doppio legame, un acido grasso può esistere in natura
sotto due forme, una cis e una trans.
In natura prevalgono nettamente gli acidi grassi cis rispetto ai trans, che si formano
soprattutto in seguito a determinati trattamenti artificiali di rettificazione industriale , a
partire da acidi grassi insaturi di origine soprattutto vegetale.
Oltre che essere prodotti artificialmente, i TFA sono presenti anche in natura. Infatti li
possiamo trovare nei prodotti latteo,caseari poiché si formano nello stomaco dei ruminanti
a causa dell'azione di determinati batteri. Circa il 5% del grasso della carne presenta TFA.
La quota di TFA che assumiamo da prodotti di carne è però minima rispetto invece alla
quota introdotta da TFA derivanti da prodotti vegetali.
I più abbondanti TFA presenti negli alimenti (in generale) sono acidi grassi a 18C con un
singolo doppio legame, che derivano dall’idrogenazione dell’acido linoleico.
Nei prodotti vegetali il TFA più rappresentativo è l’acido elaidico, mentre nei prodotti
animali è l’acido vaccenico.
Diversi studi mostrano la correlazione positiva tra alcuni TFA e patologie cardiovascolari.
I TFA infatti inducono cambiamenti della concentrazione ematica di colesterolo (↑LDL),
come avviene per i SFA ma con la differenza che si ↓HDL. Sembrerebbe quindi che i TFA
risultano più aterogenici dei SFA. In particolar modo, diverse ricerche suggeriscono una
correlazione positiva tra malattie cardiovascolari e TFA vegetali, piuttosto che con TFA
animali. Ciò sembrerebbe dovuto ad un diverso metabolismo degli acidi grassi di origine
animale, i quali si incorporano in minore concentrazione nel tessuto adiposo rispetto ai
TFA dei prodottivegetali. Inoltre il TFA di origine animale, acido vaccenico, sembrerebbe
avere finalità benefiche e per questo andrebbe differenziato dai TFA in generale. Egli
infatti è precursore dell’acido linoleico coniugato (CLA) il
quale sembrerebbe avere benefici anticancerogeni, antiaterogeni, antidiabetici. In realtà
per CLA si intende un gruppo di acidi grassi polinsaturi costituiti da un insieme di
stereoisomeri dell’acido linoleico.
Una volta avvenuta la completa degradazione dei LIPIDI, essi vengono assorbiti dalle
cellule epiteliali costituenti la mucosa intestinale (ricca di villi e microvilli che aumentano
la superficie assorbente).
Superata la barriera epiteliale, i prodotti della degradazione, avendo una scarsa mobilità
in un ambiente acquoso in quanto idrofobiche, vengono riconvertiti in triacilgliceroli e
incorporati insieme a colesterolo e apolipoproteine (“apo” sta ad indicare che la proteina
è nella forma priva di lipidi. Sono proteine che si legano ai lipidi nel sangue e sono
responsabili del trasporto di trigliceridi, fosfolipidi, colesterolo ed esteri del colesterolo),
formando chilomicroni (aggregati lipoproteici) che permettono di muoversi in un ambiente
acquoso come quello linfatico (prima) e sanguigno (poi) andando a raggiungere i vari
tessuti.
Lipoproteine
Sono aggregati sferici che presentano una superficie polare, in quanto rivestiti da un solo
strato di fosfolipidi disposti con le teste polari rivolte verso l’esterno e la coda idrofobica
verso l’interno, costituito da un nucleo
apolare, in quanto formato esclusivamente da lipidi idrofobici (trigliceridi e esteri del
colesterolo).
Nella superficie fosfolipidica sono inserite molecole di colesterolo libero, orientate con la
porzione polare verso l’esterno e apolare verso l’interno.
Altra caratteristica riguarda la presenza sempre sulla superficie, di proteine che etichettano
l’aggregato, svolgendo un ruolo di riconoscimento per le varie cellule (dando informazioni
sulla provenienze e su che cosa viene trasportato), queste proteine prendono il nome di
apolipoproteine.
La funzione delle lipoproteine è quella di veicolare gli aggregati lipidici in un ambiente
polare fino ai tessuti periferici dove verranno rilasciati e, quello che rimane delle
lipoproteine andrà ad essere riciclato nel fegato.
Si possono avere diverse tipologie di lipoproteine, tale eterogeneità è data dal tipo di lipidi
che trasportano, determinando aggregati con differente densità [V/PESO] (più lipidi=
minor densità), e dal tipo di apolipoproteine presenti sulla superficie:
1.CHILOMICRONI (>95% TGL; 3% COL; 2%PRO): da intestino a tessuti;
2.VLDL (70%T,20% C,10%P): da fegato ad intestino;
3.LDL (20%T,55%C,25%P): da fegato ad intestino;
4.HDL (15%T,35%C,50%P): da tessuti a fegato;
5.VHDL.
- ApoC,II: attiva la lipoproteina lipasi presente nei capillari del tessuto adiposo,
cuore, muscolo scheletrico, ghiandola mammaria, consentendo il rilascio degli
acidi grassi verso i tessuti.
I chilomicroni trasportano i lipidi esogeni (introdotti con la dieta) digeriti nell’intestino,
verso i tessuti in cui verranno utilizzati per produrre energia o immagazzinati. (intestino
tessuti)
Azione della Lipoproteina lipasi: nella porzione extracellulare dei capillari di questi
tessuti, ma attaccato alla superficie dell’endotelio (attraverso catena polisaccaridica), è
presente l’enzima lipoproteina lipasi, che viene attivato grazie all’apoC,II di cui il
chilomicrone è dotato.
Tale enzima, idrolizza i triacilgliceroli ad acidi grassi e glicerolo, che entreranno
all’interno delle cellule del tessuto bersaglio (nel muscolo gli acidi grassi andranno ad
essere ossidati per produrre energia; nel tessuto adiposo verranno riesterificati a
triacilgliceroli per essere conservati).
Come gli acidi grassi entrano all’interno delle cellule dei vari tessuti periferici?
Sulla membrana delle cellule muscolari, è presente una proteina trasportatrice (CD36), in
grado
di interagire con l’acido grasso e trasportarlo nell’ambiente intracellulare (acidi grassi a
catena
corta non hanno bisogno di interagire con il CD36, in quanto le loro dimensioni gli
consentono di solubilizzarsi con la membrana biologica ed attraversala).
Una volta all’interno, visto che si ha sempre un ambiente idrofilico, l’acido grasso andrà
ad
essere stabilizzato grazie all’interazione con una proteina, FABP (Fatty acid,binding
protein ), la quale veicolerà l’acido grasso verso il mitocondrio, dove subirà delle
modificazione per entrare all’interno (Betaossidazione).
I chilomicroni svuotati, cioè dai quali sono stati rimossi quasi completamente i
triacilgliceroli ma che contengono ancora colesterolo e apolipoproteine , vengono diretti al
fegato dove andranno ad essere internalizzati per endocitosi, grazie a recettori specifici
presenti sugli epatociti che riconoscono e
interagiscono con l’apoE (le altre proteine apo vengono perse), mettendo fine al ciclo
esogeno.
All’interno del fegato i chilomicroni rilasceranno colesterolo e andranno ad essere
degradate dai lisosomi.
Il fegato utilizzerà i vari precursori derivanti dalla degradazione di altri prodotti, per
sintetizzare lipidi che andrà a rimettere in circolo.
3.LDL (20%T,55%C,25%P)
Sono lipoproteine molto ricche di colesterolo ed esteri del colesterolo, la loro
apolipoproteina principale è l’apoB,100.
Il ruolo delle LDL è quello di trasportare principalmente colesterolo ai tessuti periferici
che possiedono uno specifico recettore per l’apoB,100 (la più alta presenza di recettori per
LDL è nel fegato).
Come il colesterolo ed esteri del colesterolo entrano nella cellula? per endocitosi mediata
dal recettore (Michael Brown – Joseph Goldstein) la presenza sulle LDL dell’apoB,100
permette a queste lipoproteine di legarsi a specifici recettori posti sulla superficie delle
cellule che costituiscono i tessuti periferici. Il legame
apoB,100/recettore innesca un processo di endocitosi che andrà ad inglobare, grazie ad un
endosoma, l’LDL più recettore trasferendoli all’interno della cellula (apoB,100 è presente
anche sulle VLDL ma in questo caso il dominio non risulta esposto, non permettendo alla
lipoproteina di legarsi allo specifico recettore. La conversione in LDL, espone il dominio
al legame con il recettore APO B,100).
Il fenomeno di endocitosi è mediato da una proteina posta sotto la membrana che prende il
nome di clatrina, questa proteina attira i recettori legati all’LDL in un punto specifico,
creando un’invaginazione verso l’interno della membrana (dovuta alle forze di torsione
che si vanno a creare sulla membrana) che porterà alla formazione della vescicola
(endosoma).
La vescicola creata, andrà poi a fondersi con un lisosoma, contenente gli enzimi in grado
di idrolizzare l’LDL e rilasciare nel citosol colesterolo,acidi grassi e amminoacidi,
chiamato fagosoma.
Il recettore delle LDL non andrà incontro alla degradazione e ritornerà sulla superficie per
captare nuove LDL.
Il colesterolo liberato andrà ad essere riesterificato, per poter poi essere immagazzinato
sottoforma di piccole gocce.
Ipercolesterolemia familiare
I livelli delle LDL ematico sono sempre elevati, nonostante le accortezze nell’assunzione
di colesterolo con la dieta, ciò è dovuto ad un non efficiente funzionamento del
meccanismo di endocitosi. Questo malfunzionamento è dovuto ad una mutazione di uno
(eterozigosi) o entrambi i geni (omozigosi) che codificano i recettori per LDL. Nel primo
caso, avendo un solo gene in grado di codificare correttamente, il numero di recettori sarà
ridotto e di conseguenza il processo di internalizzazione sarà più rallentato. In una
condizione del genere, attraverso un adeguata dieta e l’attività fisica, si potrà andare a
diminuire i livelli
di colesterolo ematico.
4.HDL (15%T,35%C,50%P)
Ha origine nel fegato e intestine tenue (nell’ambiente extracellulare), inizialmente
contengono molte proteine e quantità limitate di colesterolo (non esterificato). Le
apolipoproteine contenute sono: apoA,I; apoAII;
apoA,IV; apoC,I; apoC,II (ricevute da VLDL); apoC,III; apoD (HDL scambia colesterolo
esterificato, ricevendo in cambio trigliceridi, con le VLDL e dalle IDL); apoE (ricevuta da
IDL).
La funzione di questa lipoproteina è quello di captare il colesterolo in eccesso presente nei
tessuti epertraepatici e trasformarlo in colesterolo esterificato, mediante uno specifico
enzima localizzato sulla
superficie delle HDL che prende il nome di lecitina,colesterolo aciltrasferasi. Questo
enzima esterifica il colesterolo utilizzando la lecitina (fosfatidilcolina). Il colesterolo
esterificato entra all’interno delle HDL per essere così convogliato nel:
Fegato: dove le HDL tramite l’apoE, possono interagire con specifici recettori degli
epatociti, che mediano l’endocitosi. Oppure possono interagire con un recettore
(SR,BI) che non media endocitosi, ma permette il trasferimento del colesterolo da
HDL a tessuto. L’HDL vuoto si dissocia dal recettore per tornare in circolo per
estrarre lipidi da chilomicroni e VLDL o colesterolo da tessuti extraepatici. In
particolar modo, HDL vuota può prelevare il colesterolo presente in un tessuto,
grazie all’interazione con il recettore SR,BI che permette il passaggio di colesterolo
nella direzione cellulaHDL. Esiste poi un’altra via dove il recettore SR,BI
interagisce con l’apoA1 che viene internalizzata per poi essere secreta di nuovo
carica di colesterolo.
Tessuti steroidogenici (ghiandole surrenali o gonadi)l’HDL interagisce con un
recettore (SR,BI) che non media endocitosi, ma permette il trasferimento del
colesterolo da HDL a tessuto. L’HDL vuoto si dissocia dal recettore per tornare in
circolo per estrarre lipidi da chilomicroni e VLDL o colesterolo da tessuti
extraepatici. In particolar modo, HDL vuota può prelevare il colesterolo presente in
un tessuto, grazie all’interazione con il recettore SR,BI che permette il passaggio di
colesterolo nella direzione cellulaHDL.
Proteine
I costituenti base delle proteine sono gli amminoacidi. Gli amminoacidi sono formati da un
gruppo carbossilico (,COOH) e un gruppo amminico (,NH2) legati allo stesso atomo di C.
Gli amminoacidi sono del tipo α.
Le caratteristiche dell’amminoacido sono:
Tutte possiedono un gruppo carbossilico (,COOH) e un gruppo amminico (,NH2)
che costituiscono la parte invariabile della molecola e questo tipo di configurazione
è uguale per tutti gli amminoacidi. Differiscono invece per il gruppo R, che può
essere: amminoacidi con gruppo R polare carichi, polari non carichi, non polari.
Gli amminoacidi, possiedono 4 costituenti diversi legati all’atomo di C (,COO, H,
H3N, R), assumono una configurazione asimmetrica, cioè per ogni amminoacido
esistono 2 isomeri diversi (L e D).
Gli amminoacidi presenti nelle proteine appartengono sempre alla serie L e vengono
definiti come α in quanto i vari composti sono legati tutti allo stesso C definito
appunto α.
Funzioni proteine
Le proteine introdotte con la dieta permettono di neo sintetizzare proteine strutturali –
ormoni peptidici (insulina, glucagone, ecc) – proteine trasporto (albumina) – enzimi – ma
anche prodotti non proteici come ad esempio il triptofano precursore vitamina PP –
seratonina– quando la quantità di aa esogeni è superiore ai fabbisogni, essi vengono
sfruttati per produrre energia – ecc.
Legame peptidico: Il gruppo carbossilico e amminico, sono impegnati nella formazione
del legame che tiene uniti 2 amminoacidi, detto appunto legame peptidico.
Questo tipo di legame è determinato dalla reazione di condensazione che avviene tra un
gruppo carbossilico e un gruppo amminico, con eliminazione di una molecola di acqua e
formazione di un legame ammidico (acidi carbossilici più ammineammide sostituite)
chiamato in questo caso legame peptidico.
Il legame che si forma quindi tra C e N, non è un legame semplice ma ha parziale carattere
di doppio legame, dovuta alla delocalizzazione degli elettroni del doppio legame C=O e di
quelli presenti come coppia solitaria nell’azoto N (ha 5 elettroni nello strato di valenza.
Questo tipo di doppio legame, determina la forma planare e rigida del legame peptidico.
Tale forma rigida è la causa principale del ripiegamento della catena peptidica.
Aminoacidi (aa)
Esistono centinaia di aa, ma solo 20 sono rilevanti per la nostra alimentazione. Questi 20
vanno suddivisi in:
Aa essenziali: vengono definiti tali in quanto il nostro organismo non è capace di
sintetizzarli, perciò devono essere introdotti con la dieta.
Aa non essenziali: vengono definiti tali perché possono essere prodotti da una fonte
anche molto semplice di N. Per alcuni di questi aa
(glicina,prolina,arginina,glutammina,taurina) in condizioni nelle quali non riescono
ad essere sintetizzante con sufficiente velocità, può divenire essenziale la loro
introduzione con la dieta (es. dopo un trauma o intervento chirurgico, il fabbisogno
di glutammina aumentano in modo considerevole, con una richiesta di quantità che
il corpo non riesce a soddisfare. Per tale motivo diventa essenziale introdurli con la
dieta).
Fonti alimentari AA
Tutti le proteine che derivano dagli alimenti (a parte qualcuno) contengono tutti gli aa
essenziali ma in quantità variabile, perciò potremo assumere proteine che contengono
quantità molto basse di un certo/i aa. In questo caso si parla di aa limitante. Questo aa
limitante è capace anche di influenzare il modo in cui l’organismo può metabolizzare una
certa proteina.
Ad esempio i cereali sono molto poveri di lisina ma ricchi di metionina, mentre i legumi
sono poveri di metionina ma ricchi di lisina.
Questa complementarietà fra proteine vegetali ha determinato inconsapevolmente
nell’uomo l’abitudine ad
abbinare cereali e legumi (pasta,fagioli; pasta,ceci o lenticchie) determinando un apporto
aa completo.
In generale assumere aa limitanti non dovrebbe essere un problema, salvo nel caso in cui si
assumono proteine da una sola fonte proteica e per di più proteine di “cattiva qualità” !
questo significa, dato che le varie proteine hanno aa limitanti diversi, chi mangia svariate
fonti proteiche dovrebbe soddisfare i fabbisogni di aa piuttosto facilmente.
Comunque, anche assumendo grosse quantità di una proteine a bassa qualità, si dovrebbe
riuscire ad assumere abbastanza aa per la salute e il corretto funzionamento del
metabolismo. Si tratterebbe però, semplicemente di un modo poco efficace, perché si
assumerebbero quantità eccessive di aa non limitanti, solo per assimilare una quantità
esigua di aa limitanti.
Fabbisogni Proteici
Poiché la sintesi di proteine è un processo molto dispendioso dal punto di vista energetico,
essa va ad influenzare l’efficienza di utilizzazione dell’energia da parte dell’organismo.
Tradurre il fabbisogno proteico in numeri è estremamente difficile, in seguito ai vari fattori
che modificano l’utilizzo di proteine:
- Digeribilità;
- Composizione in aa;
- Quota azoto proteico;
- Vitamine;
- Sali minerali.
I valori attualmente consigliati sono riferiti ai LARN 1996. I valori dei bisogni proteici
sono stati ricavati dalle stime della quantità di proteine di alta qualità necessaria a
mantenere l’equilibrio dell’azoto in presenza di una adeguato apporto energia.
Tali valori sono stati aumentati per quelle condizioni in cui il dispendio energetico e
proteico è maggiore (gravidanza, allattamento, ecc). Attualmente i valori proposti per un
adulto sano (sia uomo che donna) sono di 0,75 g/kg giorno.
glutammina, deriva molto probabilmente dal catabolismo dei 6aa indicati prima,
mentre l’alanina deriva dall’aumentata transaminazionedel piruvato;
- Allenamento di forza: in questo caso il contributo delle proteine nella
produzione di energia è quasi inesistente, e il fabbisogno proteico osservato dopo
l’allenamento è frutto della degradazione del tessuto muscolare (non è possibile
ancora calcolare la quantità esatta di tessuto degradato). Nell’allenamento di
forza, l’esaurimento del glicogeno muscolare determina un ↑ossidazione aa
ramificati. Il reintegro di questi aa può essere però ottenuto in quantità più che
abbondanti dalla somministrazione di alcune proteine alimentari, sembra quindi
improbabile che il consumo di aa ramificati in quantità extra abbia un grosso
impatto sulla crescita. Garantire le riserve ottimali di glicogeno muscolare e
fornire glucosio durante l’allenamento (es.attraverso assunzione bevanda a base
carboidrati), dovrebbe impedire, o comunque ridurre, l’ossidazione di aa
ramificati durante l’attività fisica. L’integrazione di aa ramificati attraverso
integratori o proteina del siero possono dare benefici durante un dieta
ipolgucidica.
Altra condizione in cui si ha un aumento fabbisogno proteico è quando c’è un aumento
dell’acido lattico, in quanto la glutammina è coinvolta nell’equilibrio acido,base, un
aumento dell’acido lattico porta ↓pH con conseguente ↑sintesi di glutammina e quindi
esaurimento nel muscolo degli aa dal quale viene sintetizzata glutammina con conseguente
aumento del fabbisogno proteico.
Quali aa somministrare? Una ipotesi riguarda quella di scegliere il profilo aa da
somministrare basandosi sul profilo degli aa costituenti i tessuti del corpo. Probabilmente
le proteine con il profilo aa più vicino a quello del muscolo umano sono le proteine
animali (carne) e questo tipo di ragionamento è stato usato come prova del fatto che la
carne costituisce più massa muscolare. Di conseguenza le polveri proteiche sono state
sviluppate in base al profilo di aa del muscolo umano.
Valore energetico dei nutrienti
L’energia fornita dai nutrienti viene ad essere espressa attraverso la kcal, che è la quantità
di calore necessaria per innalzare di 1 °C la temperatura di 1kg acqua.
Più frequentemente si usa il KJ che è l’unità standard per misurare l’energia ed è riferita al
lavoro svolto per indurre un determinato aumento di temperatura.
Lo strumento utilizzato per misurare tale energia è la bomba calorimetrica, la quale
consente di misurare l’energia sottoforma di calore, sprigionata dalla totale combustione di
un determinato composto.
Zuccheri semplici o complessi oppure lipidi di origine animale o vegetali, hanno un valore
energetico leggermente diverso tra loro, ma comunque da considerare simile.
Per quanto riguarda le proteine, si avrà che il valore energetico dipenderà dal contenuto
di N.
La digestione per quanto efficiente non permette mai di assorbire il 100% dei nutrienti
assunti con la dieta. Si definisce:
Coefficiente di digeribilità: la percentuale di nutriente presente nell’alimento ingerito che
viene effettivamente assorbito.
Valore energetico netto: per sapere quindi il vero valore energetico dei nutrienti nel nostro
organismo, dovremo tenere in considerazione il coefficiente di digeribilità.
VALORE ENERGETICO NETTO = VALORE ENERG.BOMBA per
COEFFICIENTE DI DIGERIBILITA’
Per calcolare il valore energetico derivante dalle proteine, considerare solo il coefficiente
di digeribilità non basta, in quanto l’organismo non ossida tutto l’azoto (come avviene
invece nella bomba), ma viene eliminato sottoforma di urea.
Ciò comporta che l’energia potenziale che può derivare dall’N, non possa essere utilizzata
(18% dell’energia potenziale non utilizzata).
Valori netti dei nutrienti per 1g di ogni nutriente:
- Carboidrati: 4 kcal/g;
- Lipidi: 9 kcal/g;
- Proteine: 4kcal/g.
Vitamine
Sono composti organici indispensabili in piccole quantità al nostro organismo, il quale non
può sintetizzarle in quantità sufficienti e devono perciò essere introdotte con la dieta.
Diverse sono le funzioni svolte dalle vitamine:
- Coenzimi per le reazioni metaboliche;
- Precursori dei coenzimi;
- Fungono da ormoni;
- Mediatori di segnalazioni cellulari;
- Regolatori della crescita;
- Differenziamento cellulare.
VITAMINE IDROSOLUBILI
Le vitamine del complesso B, sono 8 vitamine idrosolubili che svolgono un ruolo
fondamentale nel metabolismo energetico, nella proliferazione e nella differenziazione
cellulare.
Esse sono:
Vitamina B1 (tiamina): la cottura di quegli alimenti che la contengono ne fa
diminuire il contenuto, la cui quantità varia a seconda dell’alimento e dei tempi di
cottura. Viene ad essere assorbita a livello intestinale mediante trasporto attivo
(trasporto nel sangue) o trasporto passivo. Essa può essere presente in forma libera o
come fosfoestere, in questo caso una fosfatasi la renderà libera. Una volta arrivata ai
tessuti è fosforilata a Tiamina Pirofosfato(TPP).
Funzione biologica: la tiamina pirofosfato (TPP) è il coenzima che partecipa alla
decarbossilazione del piruvato e dell’alfa chetoglutarato (4°tappa ciclo krebs).
Dose raccomandata: i livelli di assunzione sono calcolati in base alla quantità di
carboidrati assunti e allo stato fisiologico (o patologico) individuo. Al momento se
ne consiglia: 0,4mg/1000kcal.
Carenza tiamina: non essendo immagazzinata deve esse assunta dall’esterno
costantemente. La sua carenza anche dopo pochi giorni, può dare problemi
metabolici soprattutto a livello metabolismo energetico carboidrati. La carenza
cronica provoca alterazioni del sistema nervoso accompagnate da problemi
cardiovascolari e gastrointestinali (beri,beri). L’assunzione eccessiva di alcol
provoca mal assorbito con carenza tiamina.
Eccesso tiamina: non si conoscono effetti tossici, grandi quantità vengono
eliminate rapidamente con le urine.
Dove si trova? Negli alimenti vegetali si trova in forma libera: legumi, germe dei
cereali. Negli alimenti animali si trova oltre che in forma libera anche sottoforma
mono,difosfato: nel fegato, nel rene, nel cervello e nell’intestino. Nel pesce crudo è
presente un enzima inibitore della B1 (tiaminasi); il consumo di pesce crudo per
lungo tempo può portare a una carenza tiamina, ma essendo sensibile al calore, una
cottura breve è sufficiente a inattivare l’enzima.
fosfatasi. Una volta assorbita viene trasportata nel sangue legata a specifiche
proteine plasmatiche (soprattutto albumina e globuline). Tramite il circolo
raggiunge il fegato e altri tessuti dove viene trasformata in FMN – FAD.
Funzione biologica: i 2 coenzimi che vanno a costituire sono i componenti protetici
degli enzimi flavinici. Intervengono in diverse reazioni di ossidoriduzione del
metabolismo dei carboidrati, delle proteine e dei lipidi e nella decarbossilazione del
piruvato.
Dose raccomandata: stesse considerazioni tiamina. Attualmente si consiglia
0,6mg/1000kcal.
Carenza B2: provoca stato pluricarenziale di altre vitamina (niacina, vitamina K,
acido folico, ecc) in quanto coinvolta in molte reazioni metaboliche in sinergia con
altre vitamine – anemia da carenza Fe – alterazioni mitocondriali ecc. A livello
macroscopico si osserva: arresto crescita, sindrome tipo pellagra caratterizzata da
lesioni delle mucose, epitelio occhio, apparato gastrointestinale, ecc.
Eccesso B2: non sono noti effetti tossici.
Dove si trova? Si trova in verdure, lievito di birra, latte (quantità dipende da
alimentazione animale), fegato, cuore, rene, albume dell’uovo. Una quantità
modesta può essere fornita anche dalla flora intestinale.
VITAMINE LIPOSOLUBILI
Vitamina A (retinolo): con vitamina A ci si riferisce a diverse molecole che
possiedono attività biologica simile al retinolo. Il retinolo può essere in forma libera,
esterificata (esteri retini lici), retinale e acido retinolico sono i derivati ossidati del
retinolo. Questa vitamina è caratterizzata dalla presenza di 4 doppi legami nella
Un esercizio fisico condotto per lungo tempo in condizioni che inducono notevole
sudorazione possono indurre altre perdite di Na+. Quindi non bere eccessivamente quando
si fa attività fisica (non superare 1L acqua per ora) e aggiungere piccola quantità Na+ ,
glucosio nella bevanda.
Sali minerali
Il 94% del peso corporeo e dato dalla somma di elementi chimici detti primari che sono
carbonio,idrogeno,ossigeno e azoto; una 20ina di ulteriori elementi chimici sono
responsabili del 6,2 % del peso corporeo: questi elementi sono i Sali minerali, i quali
rientrano nel gruppo delle sostanze essenziali.
La loro funzione e quella di partecipare: crescita e sviluppo di organi e tessuti , coinvolti
nella regolazione dell'equilibrio idrosalino , nell'attivazione di numerosi cicli metabolici,
sono fattori determinanti per la formazione di svariate molecole (es.emoglobina).
Nessun essere vivente e in grado di sintetizzare autonomamente alcun minerale i quali
vengono
assimilati attraverso acqua, alimenti oppure sottoforma di condimenti aggiunti al cibo
(sale da cucina). Devono dunque essere assunti con una corretta ed equilibrata
alimentazione. A tal fine però dobbiamo considerare la biodisponibilità dell’elemento.
Solitamente la quantità di Sali minerali ingeriti con la dieta non coincide con quella
biodisponibile. Per disponibile si intende la frazione di minerali ingerita con la dieta che è
effettivamente assorbita, trasportata al sito di utilizzo e metabolizzata. Ne deriva che un
alimento è in grado di coprire il fabbisogno di un elemento se questo è presente non solo
in quantità corretta ma anche in forma disponibile.
La biodisponibilità è influenzata da:
- Fattori soggettivi(età – sesso – microflora intestinale – stati fisiologici
particolari – ecc);
- Fattori oggettivi (forma chimica minerale – solubilità minerale – presenza nella
dieta di fattori che inibiscono l’assorbimento e/o forma chimica del minerale).
Si differiscono dai carboidrati,lipidi e proteine in quanto non forniscono direttamente
energia,ma la loro presenza e essenziale per la realizzazione di quelle reazioni che liberano
energia.
Rispetto a queste sostanze, il fabbisogno giornaliero di sali minerali è minimo; ma,
essendo continuamente eliminati tramite sudore,urine e feci vanno costantemente
reintegrati. Si differiscono dalle vitamine in quanto non si alterano ne disidratano durante
cottura,riscaldamento, ecc.
Si suddividono in:
- Macroelementi: prensenti nell'organismo in quantità relativamente elevate,
fabbisogno giornaliero ˃100 mg al gg;
- Microelementi: sono presenti nell'organismo in piccole quantità; fabbisogno
giornaliero compreso fra 1 e 100 mg al gg;
- Oligoelementi: sono presenti solo in tracce nell'organismo; fabbisogno
giornaliero va da qualche microgrammo al milligrammo.
Macroelementi
Calcio
Il minerale quantitativamente più rappresentato nel nostro organismo. La maggior parte si
trova nelle ossa e nei denti dove svolge funzione strutturale e di riserva; la restante parte si
trova nel sangue e nei tessuti e agisce sottoforma di ione Ca2+ svolgendo svariate
funzione fra cui quella di attivatore della contrazione muscolare – fattore rilascio ormoni
neurotrasmettitori – regolatore permeabilità cellulare – cofattore per funzionamento
enzimi.
Si trova nel latte e nei suoi derivati (non tutti,burro e panna non sono buone fonti in quanto
non presentano proteina caseina), in quantità minore anche in ortaggi e legumi e in cereali,
carne,pesce e acqua.
L’assorbimento avviene principalmente a livello prima parte intestino (trans cellulare), e
una quota più piccola nella seconda porzione intestino. La vitamina D favorisce
assorbimento Ca2+ a livello intestinale. Altri fattori aumentano biodisponibilità come gli
zuccheri (lattosio), gli aa (lisina,arginina) l’aumento del pH intraluminale.
Altri fattori la diminuiscono: costituendi vegetali (es. fibra alimentare).
Fosforo
L' 85% in ossa e denti e il 12% in tessuti molli nei quali riveste un ruolo strutturale
(fosfolipidi di membrana di tutte le cellule e in particolare delle cellule nervose) –
composti adibiti al trasporto di energia (ATP e analoghi) – trasmissione intracellulari di
messaggi ormonali tramite secondo messaggero (AMP ciclico).
Ha anche un ruolo come componente di materiale genetico e contribuisce alla regolazione
dell'equilibrio acido-base dei fluidi corporei.
La carenza di fosforo e un evento molto raro poiché è contenuto in svariati alimenti quali il
latte,formaggi carne,pesce,uova,cereali,legumi.
Eventuali carenza determinano:
- Debolezza;
- Demineralizzazione ossea;
- Anoressia;
- Malessere.
L’assorbimento del P avviene per la maggior parte a livello intestinale ed è favorito dalla
vitamina D. L’omeostasi è mantenuta grazie alle variazioni dell’escrezione renali di fosfati
della quale il paratormone è il principale regolatore.
Magnesio
E’ un minerale necessario per la costituzione dello scheletro , l'attivita nervosa e
muscolare , per il metabolismo e la sintesi proteica. La maggior parte del magnesio è
localizzata nelle ossa e in misura minore nei compartimenti intra ed extracellulari dove
partecipa a un gran numero di reazioni cellulari: trasferimenti di gruppi fosfatici all’ATP,
dove agisce come complesso Mg2+,ATP – biosintesi lipidi
proteine e ac.nucleici – glicolisi –ecc). Essendo largamente diffuso negli alimenti,la dieta e
solitamente sufficiente per la richiesta da parte del nostro organismo.
Gli alimenti che lo contengono maggiormente sono: noci,mandorle,cacao,semi di
soia,fagioli,grano tenero e tutti i vegetali verdi (in quanto il Mg e un costituente essenziale
della clorofilla).
Carenze di magnesio si possono osservare in alcolizzati e pazienti post intervento
chirurgico,con sintomi quali anoressia,vomito,aumento dell'eccitabilita muscolare.
Un'eccesso provoca depressione del sistema nervoso centrale con disturbi all'att cardiaca e
respiratoria.
Potassio
E’ localizzato principalmente all'interno delle cellule (95% di tutto K corporeo). Questo
gradiente viene mantenuto grazie alla pompa Na+,K+. Il contenuto di potassio rappresenta
un indice della massa magra dell'individuo,in quanto esso e proporzionale alla massa
corporea cellulare.
La quota di K+ extracellulare influenza l’attività del muscolo scheletrico e del miocardio.
Viene assorbito a livello prima parte intestino tenue. La maggior perdita di K+ si realizza
attraverso defecazione, mentre minima è la quota persa con sudore. L’apporto medio di K
= 3,2g al gg (adulto), provenienti per la maggior parte da prodotti vegetali e frutta. Le fonti
alimentari piu ricche (con rapporto sodio\potassio piu elevato) sono i cibi freschi non
sottoposti a trattamenti tecnologici di conservazione (frutta,verdura,cereali,carni fresche).
Sodio
Il contenuto corporeo medio e 90-100 gr:la meta e localizzata nei fluidi extracellulari,il
10% negli intercellulari mentre 35 g nelle ossa. La disparità di concentrazione intra e extra
cellulare crea un gradiente che viene mantenuto dal corretto funzionamento della pompa
sodio-potassio.
Il Na+ è contenuto principalmente nel sale da cucina,ma anche in formaggi,salumi e tutti i
prodotti conservati. Essendo la nostra alimentazione ricca di sale le dosi giornaliere non
superano i 4,6 gr,il che significa che non è necessario aggiungere sale nella preparazione
dei cibi.
La carenza provoca anoressia,nausea e vomito; l'eccesso predispone l'insorgenza
dell'ipertensione arteriosa.
Cloro
E’ presente nell'organismo in quantità di circa 100 g sottoforma di Cl,. Funge da
contro,ione (ione di carica opposta) del Na+ e K+ ed è localizzato principalmente nel
liquido extracellulare,ma anche negli spazi intracellulari nel connettivo e nell'osseo.
Come il sodio regola il bilancio idrico,la pressione osmotica, l'equilibrio acido,base ed e il
principale anione del succo gastrico.
La principale fonte e costituita dal cloruro di sodio (sale da cucina NaCl).
Zolfo
E’presente in quasi tutti i tessuti dell'organismo quale costituente delle proteine,ma e
indispensabile per la formazione delle cartilagini,peli,capelli,unghie. Si trova
principalmente in 2 aa (metionina – cisteina) e in 3 vitamine (tiamina – biotina – acido
pantotenico).
E difficile riscontrare carenze da zolfo se la dieta contiene quantità adeguate di proteine
animali; l'assunzione eccessiva causa problemi di sviluppo fisico e una scarsa crescita.
Carne,pesce,latte e derivati e legumi e cereali hanno un buon contenuto di zolfo
Microelementi
Ferro
Dobbiamo distinguere 2 tipologie di Fe presente nell’organismo:
Rame (CU)
Concentrato principalmente a livello epatico. La quantità di rame assunto con la dieta e
generalmente sufficiente a coprire il fabbisogno giornaliero. Ne sono particolarmente
ricchi i legumi, pesci, crostacei, carne,cereali e noci. Vista la sua presenza in svariati
alimenti la sua carenza dipende da malnutrizione generale; l'eccesso si manifesta con
febbre,nausea,vomito e diarrea.
Zinco
Cofattore di numerosi e importanti enzimi implicati ad es. nella detossificazione alcol
etilico o la sintesi ac.nucleici – maturazione gonadi.
Più presente in: carne bovina,suina – ostriche – funghi – cacao – noci – tuorlo uovo.
Frutta e verdura ostacolano l’assorbimento in quanto contengono fibre.
Fluoro
Presente prevalentemente nelle ossa e nello smalto dentario dove svolge la sua azione
proteggendolo e prevenendo la carie dentaria. Esso agisce in forma di ione fluoruro F, e
legandosi all’idrossipatite dello scheletro forma il fluoroapatite, minerale molto resistente
agli acidi.
L’acqua costituisce la fonte prevalente di approvvigionamento del F.
La dose consigliata è di 4mg/gg per adulti. Quantità eccessive possono risultare tossiche
dando origine a fenomeni di alterazione dentarie (fluorosi).
Selenio
Protegge l’integrità della membrana cellulare grazie alla sua azione di difesa contro i
radicali liberi.
Principali alimenti sono: cereali – pesci marini – alcuni tuberi. La sua quantità presente
negli alimenti dipende dalla sua presenza nel suolo.
Cromo
Indispensabile per metabolismo zuccheri – grassi. La sua carenza genera intolleranza al
glucosio, ↑trigliceridi , ↑colesterolo.
Gli alimenti più forniti sono: lievito di birra, carni, formaggio, cereali integrali e vegetali
Alcol etilico: per molto tempo è stato considerato come alimento accessorio, cioè privo di
qualsiasi nutriente utile per l’alimentazione umana. Tra le sostanze alcoliche, nel vino è
stata rilevata la presenza di più di 200 sostanze, tra cui il resveratrolo, al quale sono state
attribuite importanti funzioni nella prevenzione di alcune patologie. L'uso di bevande a
contenuto alcolico e ampiamente diffuso nella nostra società e ne deriva il verificarsi sia
dell'abuso di tale sostanza sia di molte patologie correlate all'alcol,motivo per cui sono
stare identificate quantità che possono essere definite "ammissibili" (tollerabili) anche se
difficilmente "raccomandabili".
Per tollerabilità si intende la quantità scarsamente tossica, anche se è difficile dare questi
valore poiché è presente una diversa sensibilità soggettiva (età sesso – ecc).
Secondo le linee guida del 2003 un U.A. (unita alcolica) e pari a:
• 125 ml di vino di media gradazione o
• 300 ml di birra di media gradazione o
• 40 ml di superalcolico
La quantità consigliata è :
- Uomo→2,3 UA;
- Donna→1,2 UA;
- Anziano→1 UA.
Tale dato è stato correlato all’effetto positivo che piccole quantità di etanolo (derivanti da
bevande fermentate (ad esempio vino,birra)) potrebbero avere sui HDL – coagulazione .
Questa tollerabilità non è valida per certe condizioni (<18anni – diabete mellito –
gravidanza – ecc).
L'alcol etilico ha un contenuto calorico intermedio fra quello dei glucidi e quello dei grassi
(7 kcal
per grammo).
L'apporto calorico derivante dall'alcol non deve mai superare il 10 % dell'introito calorico
giornaliero, anche perche l'etanolo ha uno scarsissimo indice di sazietà:l'alcol non
sostituisce le calorie,ma ne aggiunge solo altre.
Detossificazione: non tutto l’alcol assunto viene ossidato, in quanto 10% viene perso con
respirazione, sudore, urine e feci, senza subire alcuna trasformazione.
Inoltre l’organismo non accumula alcol, quindi la restante parte deve essere smaltita da
organismo nel breve tempo.
La detossificazione avviene a livello epatico, l’etanolo va ad essere trasformato in
acetaldeide e poi inacetato.
L’acetato prodotto esce dal fegato immesso in circolo ematico dove giunge ai tessuti per
essere trasformato in Acetil CoA. Questa molecola può:
- Entrare nel ciclo di Krebs e fornire energia;
- Essere trasformato in corpi chetonici;
- Essere sintetizzato in acidi grassi;
- Essere immagazzinati come triaciglicerolo.
Gusto
La possibilità di riconoscere un’ampia gamma di sapori è essenziale per assaporare cibi e
bevande ma anche per stimolare la digestione ed eventualmente per proteggersi da
composti dannosi.
Le caratteristiche di un alimento (temperatura,odore) sono importanti per la percezione del
gusto, del quale riconosciamo 5 tipi. Tutte le cellule gustative presentano recettori dei 5
gusti, anche se la quantità varia nelle diverse zone della lingua.
Salato: concentrato sulla punta e porzione anteroposteriore della lingua. Piccole
quantità di composti salati sono desiderabili, mentre quantità grandi possono
causare avversione.
Dolce: sono i più numerosi e sono localizzati sulla punta, generalmente il sapore
dolce è considerato piacevole. Le sostanze con sapore dolce sono numerose:
- Carboidrati :tra i quali abbiamo i disaccaridi come lattosio e saccarosio, e
monosaccaridi come glucosio, fruttosio e galattosio. Tali composti presentano un
potere dolcificante molto diverso, infatti il fruttosio è molto più dolce del
glucosio, tant’è che viene utilizzato come dolcificante “dietetico” per le bibite, in
quanto di riesce ad ottenere un sapore dolce con la metà delle Kcal;
- Proteine, AA di origine vegetale;
- Composti eterociclici: dolci con retrogusto amaro;
- Terpenoidi
Amaro: i recettori sono localizzati nella parte posteriore e presentano una grande
variabilità (sono note 40 specie differenti). Riconoscono composti come: caffeina –
chinino (presente nell’acqua tonica) – nicotina – fenoli – polifenoli.
Aspro (acido) recettori localizzati nei margini della lingua e riconoscono acidi
organici (acetico,citrico,malico,fumarico) contenuto nei frutti e vegetali e l’acido
tartarico nel vino.
Umami: è un gusto attribuito a diversi alimenti tra cui carne e vegetali.È provocato
da cibi contenenti glutammato monosodico.
Ci sono poi alimenti o additivi che presentano sapore metallico come: antibiotici,
anestetici, farmaci, ecc.
Il fumo causa una forte avversione al gusto metallico (infatti le gomme da masticare
utilizzate come deterrente contro il fumo, contengono acetato d’argento che svolge la
funzione di rendere sgradevole il gusto del fumo).
La sensibilità al gusto varia con l’età e stato fisico: i bambini percepiscono il sapore del
salato dopo i 4 mesi. Con l’attività fisica si matura una preferenza per il saccarosio e
l’acido citrico ma non per NaCl – caffeina – glutammato monosodico.
Appetito e sazietà
Si ritiene che l’appetito sia influenzato da componenti dell’organismo,metaboliche dette:
glucostatica (riferita al glucosio) – amino statica (riferita agli aa) – termostatica (riferita
alla prod.calore) – lipostatica (riferita alle scorte tess.adiposo). Ognuna di esse ha un ruolo
preponderante nel modulare l’espressione del cibo.
La fame può essere definita come la necessità di introdurre cibo, e i segnali derivanti dalla
vista e odore del cibo, preparano l’organismo all’INGESTIONE. L’ingestione di cibo
provoca la sazietà, la quale può essere suddivisa in:
- Sazietà a breve termine: generata dall’introduzione di cibo;
- Sazietà a lungo termine: generata da segnali metabolici riferiti alle necessità
energetiche.
I processi che portano alla sazietà sono determinati dalla dimensioni del pasto che a sua
volta determina la lunghezza dell’intervallo tra pasti.
Gli effetti che si hanno dall’inizio alla fine di un pasto e che portano alla sazietà possono
essere
riassunti e suddivisi in:
Fase pre-prandiale (cefalica): di questa fase fanno parte quei segnali che derivano
dalla vista o dall’odore del cibo: queste info sono portate al cervello tramite nervi
cranici e stimolano la sensazione di fame prima dell’inizio pasto e nella prima fase
consumo cibo;
Fase prandiale: il SNC riceve segnali dall’intestino che riferiscono la quantità di
cibo ingerito (meccanocettori rilevano le distensioni del tessuto fornendo una stima
del volume cibo consumato) e il contenuto in nutrienti (chemorecettori oltre a
informare sul contenuto dei nutrienti sembrano informare anche sul contenuto
energetico).
Fase post-prandiale: di questa fase fanno parte i segnali derivanti dall’entrata in
circolo di nutrienti, i quali una volta assorbiti ed entrati in circolo inducono la
sazietà.
Ricapitolando
Nell’organismo possiamo distinguere 2 sistemi di regolazione dell’omeostasi energetica:
- Segnali adiposità: forniscono info al SNC su depositi di grasso nell’organismo e
sono coinvolti nella regolazione a lungo termine dell’introduzione cibo: esempi
sono la leptina e l’adiponectina;
- Segnali sazietà: sono rilasciati in risposta all’introduzione di cibo e sono
coinvolti nella regolazione a breve termine dell’introduzione di cibo: per
esempio la coleocistichinina , il peptine YY – GLP-1, operintomodulina e il
polipeptide pancreatico.
Digestione e Assorbimento
Per digestione si intende la via di ingresso degli alimenti nell’organismo. La digestione
permette la modificazione degli alimenti in maniera tale da essere poi assorbiti nel circolo
ematico ed entrare nei diversi tessuti.
I componenti utili alla digestione sono:
- Tratto gastrointestinale;
- Enzimi e zimogeni;
- Ormoni;
- Acidi biliari.
Tratto gastrointestinale
Per far si che gli alimenti vengano modificati per poi essere assorbiti, è necessario che le
varie porzioni del tratto gastrointestinale cooperino.
Il tratto gastrointestinale è costituito da:
Cavità orale: la sola vista, odore, pensiero del cibo determina una stimolazione pre-
prandiale che consiste in una: secrezione di saliva, attraverso l’attivazione del
sistema parasimpatico che innerva le ghiandole salivari – rilascio di succo gastrico –
rilascio di una certa quantità insulina. Tale stimolazione permette di preparare
l’organismo alla digestione che poi porterà all’assorbimento. Dal momento che
l’alimento entra in bocca, la presenza del cibo stimola i recettori del gusto
aumentando la secrezione di saliva.
La saliva è prodotta principalmente dalle ghiandole maggiori (parotide,
sottolinguale, sottomandibolare ) ma anche da ghiandole minori le quali
contribuiscono a mantenere umida e lubrificata la superficie buccale. La saliva
presenta un pH neutro a causa della presenza del bicarbonato, contiene mucina che
ha proprietà lubrificanti, sostanze antibatteriche ed enzimi idrolitici come
l’alfa,amilasi che idrolizza i legami 1,4,alfa,glicosidici dei carboidrati, iniziando
così la digestione di tale macronutriente. Un soggetto normale è in grado di produrre
al giorno 1,5L di saliva.
Le funzioni svolte dalla bocca sono:
- Assumere alimenti dall’esterno;
- Triturare gli alimenti con i denti;
- Impastare gli alimenti con la saliva in maniera da solubilizzarli rendendoli in
grado di stimolare i calici gustativi;
- Deglutire: inviare il bolo nella faringe;
- Percezione gustativa per mezzo della lingua.
Esofago
Stomaco: lo stomaco riceve gli alimenti deglutiti (boli) per esporli all’azione
digestiva del succo gastrico, prodotto dalle ghiandole gastriche che sono: o
- Cellule mucipare a secrezione mucosa: presenti soprattutto a livello dello
sbocco;
- Cellule principali (adelomorfe): che producono uno zimogeno (enzima
inattivo), il pepsinogeno, precursore inattivo dell’enzima pepsina (enzima
presente nei succhi gastrici, provvede alla digestione parziale delle proteine);
- Cellule parietali (delomorfe) producono acido cloridrico (componente dei
succhi gastrici) e secretano il fattore intrinseco importante per l’assorbimento
della vitamina B12.
Oltre alle cellule gastriche ce ne sono altre localizzate nelle diverse zone dello stomaco:
ghiandole cardias e ghiandole piloriche.
Processi digestivi
Lo stomaco comincia a prepararsi per la digestione grazie alla stimolazione pre-prandiale.
Una volta che il bolo giunge nello stomaco, l’ambiente acido, oltre ad attività antibatterica,
blocca l’azione dell’amilasi salivare (solo se pasto è molto abbondante l’amilasi continua
ad agire). Da alcune ghiandole dello
stomaco è rilasciata la lipasi gastrica, la quale si esprime ad un pH ottimale di 4,6 ed è
responsabile dell’idrolisi di circa il 20% triacilgliceroli.
Per quanto riguarda le proteine, esse vengono ad essere denaturate grazie proprio
all’ambiente acido. Tale denaturazione rende le catene proteiche più accessibili all’azione
della pepsina che deve rompere i legami peptidici. La pepsina è prodotta a partire dal
pepsinogeno che a sua volta viene prodotto
dall’attivazione dell’enzima zimogeno (attivato in seguito a basso pH). Al pepsinogeno
viene ad essere distaccato un peptide, divenendo pepsina. Tale enzima agisce a pH
ottimale 2 (ambiente acido), scindendo i legami interni delle proteine trasformandoli in
peptidi + corti. A livello stomaco non avviene assorbimento nutrienti ad eccezione
dell’etanolo.
La capacità contrattile della mucosa gastrica, permette di agevolare la digestione alimenti
e di far scorrere il bolo attraverso lo sfintere pilorico per giungere al duodeno.
C’è poi la grelina che è un peptide rilasciato dallo stomaco ed è presente in basse quantità
durante il pasto , e in alte quantità durante il digiuno.
Enzimi e zimogeni
Alcuni degli enzimi secreti nel tubo digerente sono secreti in forma di attiva altri in forma
di zimogeni (forma inattiva), la cui attivazione avviene mediante la rimozione di un
frammento della catena peptidica (es. alfa,amilasi ghiandole salivari.
Le sorgenti significative di enzimi digestivi sono: stomaco, pancreas ed enterociti.
Secrezione pancreatica
Il succo pancreatico viene secreto dalla parte esocrina del pancreas, costituita da cellule a
secrezione sierosa (acini pancreatici). Il succo pancreatico presenta un contenuto con un
pH=7,2,7,4. Gli enzimi digestivi contenuti all’interno del succo pancreatico, sono quasi
tutti inattivi:
- TRIPSINOGENO- TRIPSINA;
- CHIMOTRIPSINOGENO- CHIMOTRIPSINA;
- PROCARBOSSOPEPTIDASI A- CARBOSSIPEPTIDASI A;
- PROCARBOSSOPEPTIDASI B- CARBOSSIPEPTIDASI B;
- PROELASTASI- ELASTASI
Tutti questi enzimi sono diretti alla degradazione proteine.
Come avviene l’attivazione degli enzimi inattivati presenti nel succo pancreatico??
Tutti questi enzimi sono secreti in forma inattiva ma vanno poi ad essere attivati
nell’ambiente intestinale. Tale attivazione avviene grazie alla presenza di enterocinasi, un
enzima presente nell’intestino tenue legato alla superficie esterna degli enterociti.
L’enterocinasi catalizza la rottura di uno specifico legame peptidico del tripsinogeno,
trasformandolo in tripsina. A sua volta la
Tripsina catalizza l’attivazione di altri enzimi pancreatici.
Gli altri enzimi attivi secreti dal pancreas sono:
Acidi biliari
Sono composti acidi che contengono un anello steroideo. Immessi nell’ambiente
intestinale, perdono la funzione acida e diventano Sali ( Sali biliari).
I Sali biliari vengono definiti anche come agenti emulsionanti, in quanto partecipano al
processo digestivo andando ad emulsionare i lipidi. In particolar modo essi sono composti
anfipatici dotati quindi di una parte polare che andrà a legarsi con le molecole di acqua
presenti nell’ambiente digestivo, e di una apolare che invece andrà a legarsi con i grassi
solubilizzandoli, ottenendo così delle micelle miste
composte da Sali biliari e trigliceridi.
La formazione delle micelle aumenta enormemente la frazione di lipidi accessibile
all’azione di lipasi solubili in acqua.
Gli acidi biliari prima di divenire Sali, possono essere presenti sottoforma di acidi biliari
primari (acido colico,acido chenodesossicolico,) o secondari (acido colico-
acdesossicolico).
I primi vengono ad essere sintetizzati nel fegato dagli epatociti, per poi essere
immagazzinata nella cistifellea. Alcuni di essi possono venire ad essere modificati dalla
flora batterica intestinale trasformandoli in acidi biliari secondari.
Gli acidi biliari sono secreti nell’ambiente intestinale con la bile e passano dalla cistifellea
all’intestino attraverso il coledoco che sfocia nella parete posteriore del duodeno. I Sali
biliari presenti nell’intestino, circa il 95%, vanno ad essere riciclati, riconducendoli nella
cistifellea, il restante 5% va ad essere espulso
mediante defecazione.
Digestione
Digestione proteine
La digestione delle proteine ha inizio a partire dall’iniziale omogeneizzazione ottenuta con
la masticazione.
Il bolo alimentare scivola lungo il tubo digerente, fino ad arrivare allo stomaco. Qui il
bolo sarà sottoposto all’acidità del succo gastrico, il quale contiene HCl che svolge
un’azione denaturante sulle proteine rendendole maggiormente suscettibile all’azione della
pepsina (proteasi presente nel succo
gastrico). Il pH basso provoca il cambiamento conformazionale nella struttura della
proteina (denaturazione), andando inoltre ad attivare la pepsina la quale provoca una
parziale digestione proteine, agendo in maniera non specifica.
La denaturazione è importante in quanto si liberano minerali e vitamine che possono
essere legate alla proteina (anche la cottura cibi denatura proteine rendendole +
digeribili).
L’arrivo delle proteine alduodeno, stimola il rilascio nel sangue di CCK che provoca il
rilascio di succo pancreatico nell’intestino. Le proteasi presenti all’interno del succo
pancreatico vengono attivate grazie da un meccanismo a cascata iniziato dall’enzima
enterocinasi.
Tra le proteasi pancreatiche:
- Tripsina: agisce in maniera specifica scindendo i legami lisina-arginina;
- Chimotripsina: agisce in maniera specifica scindendo i legami in vicinanza AA
aromatici (fenilanina – tirosina);
- Elastasi: agisce in maniera specifica scindendo i legami in cui sono coinvolti aa
che hanno catena laterale corta e non carica (glicina – alanina – valina –
fenilalanina).
Alla digestione delle proteine partecipa anche un enzima presente sulla membrana esterna
degli enterociti: la profosfolipasi che va ad essere attivata in fosoflipasi.
Assorbimento AA
L’entrata all’interno dell’enterocita da parte dei aa avviene tramite un trasporto attivo.
Sono noti 4 trasporti che richiedono il cotrasporto di 1NA:
- aa acidi come GLUTAMMATO – ASPARTATO;
- aa basici come LISINA – ISTIDINA;
- aa neutri come ALANINA – GLICINA – SERINA;
- GLICINA – PROLINA , IDROSSIPROLINA.
Digestione Carboidrati
La frutta e i vegetali sono eccellenti fonti carboidrati, la carne ne è povera. I carboidrati
della dieta sono:
Monosaccaridi:
- Glucosio;
- Fruttosio.
Disaccaridi:
- Lattosio: costituito da GALATTOSIO – GLUCOSIO. Questo zucchero è
degradato nelle sue 2 unità dalla lattasi, enzima legato alla membrana dei
microvilli;
- Saccarosio: costituito da GLUCOSIO – FRUTTOSIO. Questo zucchero è
demolito nelle sue 2 unità dalla saccarasi, enzima legato alla membrana dei
microvilli.
Oligosaccaridi e Polisaccaridi:
- Amido: sono i carboidrati più abbondanti della dieta. Costituito da amilosio (è
una catena lineare formata dalla ripetizione di molecole di glucosio legate da
legame 1,4,alfa- glicosidico) e amilopectina (è una catena ramificata di molecole
di glucosio legate da un legame 1,6-alfaglicosidico). La scissione del legame
1,4,alfa-glicosidico dell’amido, determina la sua idrolisi in molecole di maltosio
(glucosio,glucosio), destrine (dalla loro idrolisi si ottengono glucosio o
isomaltosio) e piccoli oligosaccaridi.
Alcuni legumi (come fagioli) contengono dei carboidrati trisaccaridi (raffinosio,
strachiosio, verbascosio) che non sono digeriti da enzimi umani, ma sono utilizzati dalla
microflora intestinale che li trasforma in prodotti volatili gassosi (CO2).
Gli amidi delle piante si trovano in forma tale da essere protetti da una struttura proteica
che impedisce la digestione (se consumati crudi) di circa 50% amidi. Mentre se cotti, la
cottura idrata le molecole amido e le rende più suscettibili all’idrolisi enzimatica (aumenta
digeribilità).
Il legame 1,4,alfa-glicosidico viene ad essere scisso dall’alfa-amilasi, enzima presente sia
nella saliva che nel pancreas. L’azione dell’ alfa-amilasi salivare è minore rispetto a quella
pancreatica in seguito al minor tempo in cui enzima-carboidrato stanno a contatto.
Assorbimento Monosaccaridi
Tutti i carboidrati digeribili, sono sottoforma di monosaccaridi. Essi entrano all’interno
dell’enterocita, passando per dei trasportatori. Differenziamo 2 tipologie di trasportatori:
- GLUTn (Glucose Trasporters): (n è il numero che li contraddistingue in base
alla loro localizzazione sulle membrana) sono trasportatori passivi. I GLUT
conosciuti sono 12;
- SGLT (Sodium Glucose Trasporters): sono trasportatori attivi sinporto che si
servono del gradiente concentrazione favorevole del Na+ ad entrare all’interno
cellula, per portare dentro il monosaccaride. Il gradiente di concentrazione per il
Na+ è mantenuto grazie alla presenza dell’ ATPasi Na +/K+ che porta fuori
(contro gradiente) dalla cellula Na+ servendosi dell’idrolisi di 1 ATP.
Glucosio e galattoso: entrano mediante trasporto attivo, passando per SGLT-1. Durante la
digestione, la concentrazione glucosio o galattosio è molto alta nel lume intestinale, per
cui non sarebbe necessario un trasporto attivo, poiché le molecole possono passare
secondo gradiente. Però la presenza del trasporto attivo, assicura il completo assorbimento
di tutte le molecole di glucosio e galattosio anche in quelle fasi in cui non vi è gradiente di
concentrazione favorevole, vale a dire nella fase iniziale e finale della digestione.
Il passaggio del glucosio dall’enterocita al lume interstiziale è mediato dal GLUT 2.
Fruttosio: entra mediante trasporto passivo, passando per GLUT 5. Il passaggio del
fruttosio dall’enterocita al lume interstiziale è mediato dal GLUT 2.
La presenza della quantità dei vari trasportatori è regolata dalla disponibilità dei
carboidrati introdotti con la dieta, ad esempio ↑GLUCOSIO fa aumentare l’espressione di
SGLT1 ; ↑FRUTTOSIO fa aumentare espressione GLUT5.
Alcune molecole di zuccheri, invece di passare nel circolo ematico, vanno direttamente ad
essere utilizzate dalle cellule enteriche, le quali richiedono di costante apporto di ATP per
espletare le funzioni cellulari, tra cui il mantenimento del GRADIENTE Na+.
Digestione LIPIDI
I lipidi introdotti con la dieta sono: TRIACILGLICEROLI – FOSFOLIPIDI –
COLESTEROLO – ESTERI DEL COLESTEROLO – VITAMINE LIPOSOLUBILI.
I triacilgliceroli per poter essere digeriti devono essere emulsionati dai Sali biliari,
formando micelle, cioè piccoli aggregati di lipide-sale biliare, suscettibili all’azione delle
lipasi.
L’ idrofobicità dei lipidi, li porta nell’ambiente acquoso intestinale ad aggregarsi in grosse
particelle, rendendo difficile la loro digeribilità. Per far si che i lipidi si leghino ai sali
biliari, l’aggregato di lipide va a subire una “scissione meccanica” ad opera della peristalsi
intestinale, formando degli aggregati più piccoli.
Per evitare che queste particelle si riaggreghino tra loro, ricostituendo la particella di
grosse dimensione, sulla superficie dei piccolo aggregati lipide, andrà a legarsi il sale
biliare aventi cariche negative: ogni particella di lipide ha quindi sulla sua superficie una
carica negativa.
Tale carica permette alle micelle di respingersi, evitando di aggregarsi.
Nelle micelle, a seconda della digestione che hanno subito da parte della lipasi linguale,
gastrica, possono essere presenti triacilgliceroli sottoforma di: monoacilgliceroli,
diacilgliceroli – acidi grassi liberi. Quei trigliceridi che non hanno subito una completa
scissione nei loro prodotti finali (2-monoacilglicerolo – 2 acidi grassi liberi), sono
sottoposti a livello intestinale all’azione della lipasi pancreatica che opererà in maniera da
degradare il trigliceride ai prodotti finali.
L’attività della lipasi pancreatica è però ostacolata dalla presenza del sale biliare il quale
inattiva la lipasi. Per ovviare a questa limitazione, la lipasi si serve della proteina colipasi
(attivata da tripsina), la quale, interagendo con la lipasi, la attiva ulteriormente e si va ad
incuneare tra il sale biliare in maniera da portare la lipasi a contatto con il contenuto
lipidico.
Gli altri lipidi della dieta (fosfolipidi – colesterolo), dopo l’idrolisi della rispettive lipasi,
entrano negli enterociti.
Assorbimento Lipidi
I prodotti della degradazione dei triacilgliceroli, acidi grassi liberi e monoacilgliceroli,
entrano per diffusione semplicie (o per presenza di un trasportatore) all’interno
dell’enterocita in seguito alla presenza di un gradiente di concentrazione favorevole. Una
volta all’interno, gli acidi grassi insaturi a catena corta e media, in seguito alla loro
maggiore solubilità e all’assenza di un enzima specifico per la loro esterificazione, entrano
direttamente nel circolo sanguigno, mentre i restanti acidi grassi vengono
Composizione corporea
La composizione corporea è una delle variabili che definiscono lo stato di nutrizione
dell’individuo. Alla base dello studio della composizione corporea c’è il concetto di uomo
costituito dall’insieme di massa grassa più massa magra.
Diversi livelli di studio della composizione corporea
Metodi Diretti
Vengono ad essere eseguite misurazioni direttamente sul compartimento di interesse. o
attraverso l’analisi chimica del cadavere o attivazione neutronica: unica tecnica eseguita
in vivo.
Si basa sulla misurazione degli elementi (livello atomico): C – P – Ca – N. La misurazione
viene effettuata irradiando il soggetto con neutroni veloci di energia che interagiscono con
questi elementi chimici del corpo, provocando emissioni di raggi gamma che possono
essere misurati.
Metodi Indiretti
Viene misurato un certo parametro per derivare poi indirettamente il compartimento
d’interesse. Per far ciò è necessario che sia una correlazione tra parametro misurato e
compartimento d’interesse o densiometria.
Viene ad essere calcolata la densità corporea. Sapere la densità corporea, e sapendo i
valori di densità della massa magra e grassa, può permetterci di derivare la percentuale di
massa magra,grassa dei vari distretti corporei.
La densità è data dal rapporto m/V corpo. Il volume del corpo viene ad essere misurato
grazie alla pesata idrostatica: il soggetto viene pesato in aria poi fatto immergere in acqua.
La differenza tra peso in aria e peso in acqua, rappresenta la spinta che il corpo immerso in
acqua riceve dal basso verso l’alto, la quale è uguale al peso dell’acqua spostata.
Conoscendo la densità acqua è possibile ricavare volume acqua spostata che sarà uguale al
volume corpo o Tecniche diluizione.
Viene somministrato nel compartimento di interesse una dose nota di liquido tracciante, il
quale andrà a diluirsi con l’acqua presente nel compartimento. Dopo aver aspettato un
tempo tale da consentire la
distribuzione del tracciante viene ad essere misurato il volume idrico attraverso il rapporto
DOSE SOMMINISTRATA/CONCENTRAZIONE RAGGIUNTA o Metodologie per
immagine (TAC – RMN) utilizzata per misurare il grasso viscerale e in particolare la
proporzione tra tessuto adiposo viscerale e sottocutaneo a livello addominale.
Alimentazione equilibrata
Per alimentazione equilibrata si intende di evitare sia carenze che eccessi nutrizionali
attraverso un
apporto proporzionato di alimenti. Concorrono a ciò:
• Le raccomandazioni sull'assunzione di alimenti che sono i livelli quantitativi stabiliti
per
la maggior parte dei nutrienti al fine di coprire i fabbisogni ed evitare livelli tossici.
• Le linee guida che sono la traduzione qualitativa delle raccomandazioni,ovvero i
consigli pratici su cosa e come mangiare.
• Gli obiettivi nutrizionali che identificano i traguardi da raggiungere stabiliti da
organizzazioni scientifiche e sanitarie nazionali e internazionali per migliorare la salute
della popolazione attraverso l'alimentazione.
Raccomandazioni
Le prime raccomandazioni RDA (RECOMMENDED DIETARY ALLOWANCE) sono
state elaborate dagli USA nel 1943 e codificavano le necessita nutrizionali e fornivano
standard per una nutrizione che proteggesse dal rischio di carenze alimentari. Da li molti
altri paesi hanno sviluppato raccomandazioni in base alle nuove conoscenze e alle diverse
realtà.
I primi LARN (livelli di assunzione raccomandati di nutrienti) sono stati elaborati in Italia
nel 76 e revisionati 2 volte a distanza di 10 anni,gli obiettivi dell'ultima revisione (1996)
sono:
• Proteggere la popolazione dal rischio di carenze nutrizionali;
• Fornire elementi utili per valutare l'adeguatezza nutrizionale della dieta media della
popolazione;
• Pianificare la politica degli approvvigionamenti alimentari nazionali,nonché
l'alimentazione di comunità
Sia le RDA che i LARN vengono definiti a partire dalla conoscenza del fabbisogno del
nutriente considerato e aumentati di una percentuale che tenga conto della variabilità
individuale.
E importante sapere che:
• I valori delle raccomandazioni non rappresentano un limite minimo al di sotto del quale
esiste un reale rischio di malnutrizione,ne rappresentano un livello ottimale di
assunzione: sono un livello di sicurezza valido per l'intera popolazione,gruppi di essa,ma
non singoli
individui.
• Le quantità raccomandate non devono essere necessariamente assunte ogni giorno,ma
rappresentano una media di consumi per un certo periodo di tempo
• Le raccomandazioni si riferiscono a individui sani e non possono essere applicate a
soggetti con problematiche varie.
Linee guida
Questi consigli pratici non possono riguardare tutti i nutrienti,devono perciò essere
specifiche per ogni nazione o gruppo di popolazione caratterizzato da diversi modelli
alimentari.
Riassumiamo le linee guida principali:
• Controllo del peso
• Incentivo all'attività fisica
• Limitazione delle bevande alcoliche
• Limitazione del sale
• Aumento consumo alimenti di origine vegetale
• Limitazione del consumo di prodotti di origine animale e in particolare della carne rossa
e carni conservate.
Obiettivi nutrizionali
Gli obiettivi sono specifici per ogni popolazione. In generale si tratta di promuovere la
salute e ridurre le malattie croniche associate alla dieta e al peso.
Gravidanza
Durante la gravidanza e normale che la donna vada incontro a un aumento di peso.
L'aumento dovrebbe essere inizialmente molto graduale,arrivando a un aumento medio di
3,5 kg dopo le prime 20 settimane. In seguito si dovrebbe verificare un aumento di circa
0,5 kg a settimana. Nel caso la madre non sia normopeso,le indicazioni tendono a
normalizzare il peso della madre a fine gravidanza,riportandolo verso un valore più
appropriato.
Durante la gestazione la richiesta supplementare di energia e relativamente contenuta:nei
primi 3 mesi non e necessario un aumento della quota calorica,successivamente e
consigliabile un
aumento graduale intorno alle 300kcal giornaliere.
Si verifica,in questo periodo, una aumentata domanda proteica (il feto deve
costruire tessuti e organi) quindi il rapporto in macronutrienti cambia a favore delle
proteine in:
• 55 % carboidrati;
• 25 % lipidi;
• 20 % proteine.
Nell'incrementare le proteine sarebbero da preferire nell'ordine: pesce,carni
magre,uova,latte,formaggi.
Per quanto riguarda i micronutrienti in gravidanza si hanno aumentate richieste di folati,
ferro, calcio, vitamine B1, B2, A, C, B12.
I bisogni di ferro e calcio risultano raddoppiati, per le altre vitamine le richieste sono
aumentate del 10-20%.
Occorre quindi arricchire la dieta base con latte e latticini e consumare un'ampia varietà di
frutta e ortaggi,privilegiando quelli colorati in giallo/arancio.
Gravidanza e malattia
La toperoplasmosi e la listeriosi sono due buoni motivi per cui a una donna gravida viene
sconsigliato il consumo di insaccati e di carne cruda o poco cotta.
La toperoplasmosi e infatti particolarmente pericolosa per il feto e la listeriosi ha un
rischio di
contrazione per le donne gravide 20 volte maggiore.
Inoltre una mamma in attesa dovrebbe astenersi completamente dal bere bevande alcoliche
perche il bambino potrebbe manifestare la sindrome alcolica fetale che comporta: ritardo
nella crescita prenatale e post natale,gravi alterazioni della morfogenesi,problemi
motori,ritardi mentali,tremori ed e caratterizzata da volti con occhi piccoli e un ponte
nasale appiattito.
Infine e bene menzionare il diabete gestazionale che e una tipologia di diabete che viene
diagnosticato solitamente durante il 3 mese di gravidanza a donne alle quali non era mai
stato diagnosticato prima. Solitamente scompare dopo la gravidanza,ma alle volte permane.
Gli elevati livelli di insulina fetale possono agire come fattore di crescita eccessivo del
bambino, mortalità prenatale e disordini biochimici del nascituro. I fattori di rischio sono:
età superiore ai 25, BMI maggiore di 25, familiarità diabetica,diabete gestazionale in una
precedente gravidanza.
Se il diabete non si manifesta in forma grave va controllato con alimentazione corretta ed
esercizio fisico regolare,in forme più gravi viene iniettata insulina.
Allattamento
E’ importante sapere che il costo energetico per la produzione di latte e superiore rispetto
alla domanda energetica richiesta per la gravidanza. Tuttavia parte di questa richiesta
viene soddisfatta utilizzando le riserve energetiche accumulate durante la gravidanza.
Alimenti da evitare:
• Spezie, asparagi, aglio, cipolle, cavoli, mandorle amare che conferiscono al latte gusto
sgradevole
• Crostacei, molluschi, mirtilli, formaggi fermentati, cacao, cioccolato, fragole, ciliegie,
pesche, albicocche che scatenano reazioni allergiche
• Superalcolici: inibisce la montata lattea e passa nel latte materno;
• Te, caffè, cacao, bevande a base di cola e i nervini in genere: vengono escreti nel latte in
maniera significativa.
Adolescenti
Le maggiori richieste di energia in questo periodo della vita si accompagnano a maggiori
richieste sopratutto per proteine,vitamine A, C, D, minerali ferro e calcio. Le ragazze in
particolar modo dovrebbero avere un dieta ricca di ferro e calcio. Il ferro può essere
ricavato da alimenti quali la carne,il pesce, i frutti di mare. L'alternativa vegetariana sono i
vegetali ricchi di ferro o cereali fortificati con l'aggiunta di ferro consumati in associazione
ad alimenti ricchi di vitamina C.
Per aumentare il calcio basta non far mancare i latticini.
Menopausa
Durante questo periodo si assiste a un cambiamento della distribuzione del tessuto adiposo
da "ginoide" ad "androide" e quest'ultimo e un fattore di rischio per le malattie
cardiovascolari. Durante il climaterio (periodo che precede e segue la menopausa) la
donna va incontro a un aumento del rischio di aterosclerosi, trombisi, riduzione del
metabolismo basale e osteoporosi.
Una donna in questo periodo di vita dovrebbe avere un'alimentazione ricca di Ca e
vitamina D. Il
latte e un alimento completo che contiene tutto quello di cui ha bisogno; e preferibile
quello fresco
e per chi non lo digerisce quello ad alta digeribilità; anche lo yogurt,formaggi,pesce e
cereali contengono calcio.
Anziani