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Chimica delle fermentazioni

Chimica delle fermentazioni (Università degli Studi di Ferrara)

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LEZIONE 2 26/09/2018

LA CELLULA
Fermentazione da Fervere = bollire, ebollizione produzione di CO2.

FERMENTAZIONE INDUSTRIALE
La fermentazione è la trasformazione in uno o più stadi di un prodotto grezzo a basso valore
economico in un prodotto pregiato attraverso la catalisi eterogenea di un sistema
multienzimatico costituito da microrganismi.
La cellula trasforma il materiale grezzo in prodotti economicamente pregiati che possono
essere isolati ed estratti e la cui produzione costituisce lo scopo ultimo delle fermentazioni
industriali.

Per l’impiego in processi fermentativi industriali, i microrganismi dovrebbero:


❏ Crescere il più velocemente possibile, perché questo in generale porta più
velocemente alla sintesi del prodotto;
❏ Non essere patogeni, perché questo comporterebbe difficoltà legislative;
❏ Essere in grado di crescere su terreni poco costosi, preferibilmente scarti (tranne per
i prodotti ad alto valore aggiunto);
❏ Avere un range di optima piuttosto ampio.

MICRORGANISMI

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Estremamente vari, sia come morfologia, sia come dimensioni, sia come costituzione
chimica, anche se:
❖ La composizione molecolare qualitativa è molto simile per ogni tipo di cellula.
❖ Gli elementi chimici costituenti la cellula (bioelementi) sono relativamente pochi e
comuni a tutti i tipi di cellule.
❖ La specie molecolare predominante è l'acqua che costituisce il solvente in seno a cui
avvengono le reazioni metaboliche.

BIOELEMENTI

LEZIONE 3 2/10/2018

Una parte consistente delle reazioni metaboliche è comune a tutti gli organismo.

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Si parla di METABOLISMO PRINCIPALE e lo si distingue da quello SECONDARIO che


varia da specie a specie.
L’insieme delle reazioni metaboliche è controllato da catalizzatori di natura proteica chiamati
ENZIMI.
La sintesi delle proteine enzimatiche richiede la presenza di ACIDI NUCLEICI.
PROTEINE e ACIDI NUCLEICI sono indispensabili per ogni tipo di metabolismo e sono
presenti in tutte le cellule viventi.
La struttura di ogni cellula è delimitata da una MEMBRANA CELLULARE di natura proteo-
lipidica.
La cellula ideale può essere assimilata a un minuscolo, ma efficiente, reattore chimico in
grado di estrarre dagli alimenti l’energia e il materiale necessario per mantenersi, per
rinnovarsi in continuazione e se le condizioni sono favorevoli per riprodursi.

COMPOSIZIONE CHIMICA
Attraverso l’analisi elementare è possibile determinare quali elementi chimici costituiscono la
cellula (C, H, N, S, O) e in che quantità questi si uniscono per formare un dato materiale o
sostanza.
Emerge che i rapporti quantitativi tra gli elementi sono relativamente costanti e possono
essere mediati. È possibile perciò identificare una composizione “media” delle cellule per
quanto riguarda i macroelementi: C H1.79 O0.50 N0.20
La formula indica il rapporto tra gli elementi rapportati ad una mole di C.
Questi elementi, ovvero C, H, O, N, (P e S), vanno a comporre i CARBOIDRATI, le
PROTEINE, i LIPIDI, gli ACIDI NUCLEICI. Queste sostanze fanno parte del nutrimento della
cellula, c’è quindi un processo di catabolismo di queste matrici organiche, che vengono
trasformate in zuccheri semplici, amminoacidi, acidi grassi, che poi con processi anabolici
danno proteine, polisaccaridi, lipidi e acidi nucleici. Tutto ciò avviene anche con produzione
di energia.

CARBOIDRATI
I carboidrati della cellula hanno una funzione:
- ENERGETICA (monosaccaridi, amido, glicogeno);
- STRUTTURALE (cellulosa, glicani)

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In generale sono:
- IDROFILI
- SOLUBILI IN ACQUA
- PIUTTOSTO REATTIVI

I CARBOIDRATI IN NATURA
La produzione di carboidrati in natura avviene nelle piante verdi mediante il processo di
FOTOSINTESI CLOROFILLIANA, che catalizza la conversione dell'anidride carbonica ed
acqua in D(+)-glucosio.

VIE METABOLICHE DEI CARBOIDRATI NELLA CELLULA


L'energia contenuta nei carboidrati è impiegata dagli organismi che non effettuano
fotosintesi nei processi di GLICOLISI ANAEROBICA:

e di RESPIRAZIONE:

La respirazione dà alla cellula la possibilità di sfruttare l’energia che viene intrappolata nelle
moli di ATP.

GLICOLISI

Il glucosio viene agganciato dal fosfato, una mole di ATP entra in gioco e si forma il Glucosio
6- fosfato. Si passa poi al Fruttosio 6- fosfato attraverso una reazione di isomerizzazione. Da
qui un’altra mole di ATP entra in gioco e il fruttosio 6 - fosfato diventa fruttosio 1,6 -
bisfosfato. Il punto chiave della glicolisi, il fruttosio i,6- bisfosfato viene “spaccato in due”, da
un enzima, ovvero l’aldolasi, e si formano due unità, il Diidrossiacetone fosfato (DHAP) e la
Gliceraldeide 3- fosfato (GP). Queste due molecole con 3 atomi di carbonio sono in

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equilibrio tra di loro. La fase successiva della glicolisi parte dalla gliceraldeide 3- fosfato che
man mano che viene consumata trascina il diidrossiacetone fosfato e quindi tutto si
trasforma poi in piruvato.

CICLO DI KREBS
Permette di trasformare l’acido piruvico per creare energia. Esporta gli elettroni che vengono
trasferiti all’ossigeno per creare H. Nel momento in cui non esiste, come accettore finale
degli elettroni, l’ossigeno, quindi in condizioni anaerobiche, si va verso un processo
ossidoriduttivo interno dei composti organici dando i prodotti di fermentazione come l’acido
lattico e l’alcol.

LA CHIMICA DELLA CELLULA


CARBOIDRATI
I carboidrati sono poliidrossialdeidi, c’è una funzione aldeidica sul C1, o
poliidrossichetoni, ci sono funzioni chetoniche come il fruttosio, o loro derivati. Sono i
composti organici più diffusi nel regno vegetale ed animale. Il nome di carboidrati o "idrati di
carbonio" deriva dal fatto che la formula bruta è:

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Quindi per ogni atomo di carbonio c’è una molecola d’acqua, ecco perché vengono chiamati
carboidrati.

CARBOIDRATI PIU’ DIFFUSI IN NATURA


AMIDO: è un altro carboidrato molto diffuso di importanza biologica e commerciale. SI trova
nelle foglie, gambi, radici, semi e tuberi di piante, dove rappresentano energia di riserva
catturata con la fotosintesi. Soprattutto ricchi: mais, grano, segale, riso e tuberi di patate. E'
meno noto che anche altri vegetali (fagioli, piselli, patate dolci) e frutti (banane) hanno
elevato contenuto di amido.
CELLULOSA: polisaccaride più largamente diffuso in natura, di importanza biologica e
commerciale. Si trova In tutte le piante come principale componente strutturale della parete
cellulare. II legno è una forma impura di cellulosa in quanto sono presenti anche altre
componenti come le emicellulose e la lignina. La forma di cellulosa più pura esistente in
natura è quella della fibra di cotone.
CHITINA: è un polimero della N-acetil glucosamMina. Per la sua struttura è correlata alla
cellulosa. E' il costituente fondamentale degli esoscheletri di artropodi (insetti, granchi e così
via). Dopo i batteri quella degli artropodi rappresenta la classe più grande di organismi
viventi con oltre 900.000 specie.
SACCAROSIO:è il componente fondamentale della barbabietola e della canna da zucchero,
ma può essere presente in molte altre piante e nella frutta. E' anche presente nel miele,
nella linfa dell'acero, nel sorgo e in alcuni alberi dl datteri e palme.
LATTOSIO: è lo zucchero che si riscontra nel latte dei mammiferi e rappresenta la maggior
fonte di carboidrati per i loro piccoli. E' molto meno dolce del saccarosio.
GLUCOSIO: rappresenta il prodotto principale della fotosintesi. E' Il componente essenziale
di cellulosa, amido, saccarosio, lattosio, um-tetralosio. Si trova anche in forma libera in molti
prodotti come miele e uva. Gioca un ruolo importante nel sangue degli animali dove serve
come fonte immediata di energia e come stabilizzante della pressione osmotica. E'
precursore della sintesi del glicogeno e dei grassi.

CLASSIFICAZIONE DEI CARBOIDRATI


MONOSACCARIDE: un’unica unità.
DISACCARIDI: due unità monosaccaridiche legate insieme.
OLIGOSACCARIDI: Un certo numero di unità monosaccaridiche. Dalle 3 alle 20 unità.
POLISACCARIDI: Un numero di unità molto elevato.

MONOSACCARIDI
I monosaccaridi che troviamo nella cellula sono principalmente GLUCOSIO, FRUTTOSIO e
GALATTOSIO. Di questi esistono anche derivati amminici (il gruppo amminico va a
sostituire l’OH del carbonio numero 2), ovvero la GLUCOSAMMINA e la
GALATTOSAMMINA. Poi ci sono vari derivati carbossilici, ovvero ACIDI GLUCONICI (la
funzione aldeidica viene ossidata, sono degli acidi con un’unica funzione acidica su C 1),

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ACIDI GLUCORONICI (viene ossidata solo la funzione C6) e ACIDI GLUCARICI


(ossidazione sia del C1 che del C6).
In generale, dal punto di vista della nomenclatura generale, i carboidrati possono essere
degli ALDOPENTOSI / ALDOESOSI e CHETOPENTOSI / CHETOESOSI.
Per quanto riguarda la stereochimica dei carboidrati, quelli naturali sono tutti della serie D,
ciò vuol dire che l’OH dell’ultimo carbonio della catena chirale è a destra. Per la serie L
invece è ovviamente a sinistra.

FRUTTOSIO
A differenza del glucosio è un chetoesoso.

GALATTOSIO
E’ un aldoesoso, l’unica differenza con il glucosio è il C4, che nel glucosio è a destra, mentre
nel galattosio è a sinistra.

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DISACCARIDI
Comprendono 2 unità di monosaccaridi unite da un legame acetalico, comunemente
chiamato LEGAME GLICOSIDICO.
Il MALTOSIO è uno dei disaccaridi più importanti perché deriva dall’unione di due molecole
di glucosio e il ponte che si crea è un ponte di tipo alpha, ciò vuol dire che l’ossigeno è
sempre in basso rispetto all’anello del glucosio. Si ottiene per parziale idrolisi dell’amido.

Il maltosio può essere α o β. Il maltosio α ha un legame glicosidico che è stabile, quindi non
si apre e non si chiude. Però il C1 che rimane libero è un legame emiacetalico, quindi si apre
e si chiude. (non so se ho capito bene, non penso)
La differenza tra ponti di tipo α e β è che in α le due molecole di glucosio formano una sorta
di scaletta (guarda struttura maltosio), mentre in β le due molecole non sono a scaletta.
Tutto dipende dal legame glicosidico che si viene a formare.

LATTOSIO
E’ una molecola di glucosio che lega la molecola di galattosio con un ponte C4 glucosio C1
galattosio. Il ponte di tipo β.

SACCAROSIO
Deriva dall’unione di una molecola di glucosio e una di fruttosio. Il ponte tra i due zuccheri è
C1 glucosio C2 fruttosio.

OLIGOSACCARIDI
3-20 unità monosaccaridiche.

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I POLISACCARIDI
Parliamo di polisaccaridi quando le unità sono superiori a 20. Possono essere, per quanto
riguarda la struttura, LINEARI O RAMIFICATI, e OMO - POLISACCARIDI (costituiti da un
unico tipo di monosaccaride) o ETERO - POLISACCARIDI (costituiti da differenti tipi di
monosaccaridi. Per quanto riguarda la funzione possono essere DI RISERVA (per esempio
il glicogeno) o DI STRUTTURA.

AMIDO
E’ un polimero in cui l’unità base è il glucosio legato con ponti 1-4 di tipo α.
Nell'amido esiste una frazione solubile in acqua che si chiama AMILOSIO (20% del totale)
che è un polimero lineare di glucosio (60-6000 unità) legato con ponti n-glicosidici C1-C4.

Nonostante l’elevato peso molecoalre, si distribuisce sotto forma di spirale e ciò consente
l’entrata dell’acqua, perciò è solubile in acqua.
La frazione insolubile dell’amido è l'AMILOPECTINA caratterizzata da legami α-glicosidici
C1-C4 e α-glicosidici C1-C6.
Le sue catene sono molto più corte ma ramificate, e i ponti tra le catene si formano tra
un’estremità di una catena corta (C1) e il C6 di una catena qualsiasi.
Questa ramificazione così importante crea una struttura compatta, quindi il peso molecolare,
invece di essere dislocato su una catena lineare distribuita nello spazio e quindi permette
l’entrata dell’acqua e di conseguenza la solubilità, fa in modo che fa in modo che ci sia
questa struttura molto compatta che non permette l’entrata dell’acqua e quindi rende la
molecola insolubile. Questo è ciò che succede all’amido quando si gonfia senza sciogliersi.

CELLULOSA

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La cellulosa è il polisaccaride naturale più abbondante, (costituisce circa la metà del


carbonio organico presente nella biosfera). E' insolubile in acqua, presente allo stato
praticamente puro in alcuni materiali (cotone) o in miscele con altri composti complessi
(legno). La cellulosa è un polimero del 1;-ID-glucosio e a seconda delle piante da cui
proviene ha un peso molecolare compreso fra 5 X 10 (4) e 5 X 10(6).

Il ponte C1 - C4 di tipo β crea la possibilità di un impaccamento, quindi si creano dei legami


idrogeno tra le varie catene e questo crea delle zone cristalline o delle zone amorfe.

EMICELLULOSE
Sono sostanze che variano a seconda della provenienza, ma in genere sono corti polimeri
ramificati di pentosi: xilosio β(1—>4) o (1->3) o (1->6) con ramificazioni di arabinosio (1—
>3) e (1—>6) e di esosi (glucosio, galattosio e mannosio).
Xilani (unità xilosio)
Galattani (unità galattosio)
Arabinogalattani (unità galattosio/arabinosio)
Mannani (unità mannosio)
Glucomannani (unità glucosio/mannosio)

LIGNINA
Nei processi di fermentazione ci si imbatte spesso nella lignina. La lignina NON è un
carboidrato. E’ un polimero complesso dove possiamo evidenziare un’unità ripetitiva che si
lega in maniera diversa, si tratta di un polimero fenil-propanico.

PECTINE
Sono in genere acidi poligalatturonici legati (1 —A), spesso variamente metitati e che hanno
proprietà di formare gelatine in acqua. Sono infatti impiegate soprattutto nel settore
alimentare.

CHITINA
E' il principale costituente degli esoscheletri degli insetti e dei crostacei ma si trova nella
parete cellulare di molti lieviti e muffe. Chimicamente è un omopolimero della N-acetil-D-
glucosammina ed ha una struttura simile alla cellulosa.

PEPTIDOGLICANO

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Le pareti cellulari dei batteri hanno un carattere di rigidità dovuto alla presenza di un
biopolimero , il peptidoglicano, formato da catene polisaccaridiche unite tra loro da catene
peptidiche. Le catene polisaccaridiche sono formate da un'unità ripetitiva disaccaridica
costituita da N-aceti?-D-glucosamminn do N-acetilmurammico.

PROTEINE
Le proteine sono le molecole organiche più abbondanti nella cellula (30-70% del peso
secco) e vi svolgono una grande varietà di funzioni biologiche.
Le proteine sono dei polimeri e hanno come unità base gli amminoacidi.
Gli amminoacidi non hanno un comportamento simile ai composti organici di pari peso
molecolare:
➢ Hanno punti di fusione sopra i 200°C, mentre i composti organici di peso molecolare
equivalente sono normalmente liquidi;
➢ Hanno una discreta solubilità in acqua ed in altri solventi polari, mentre sono
insolubili in etere etilico e benzene;
➢ Hanno un elevato momento dipolare.
Tutte queste proprietà sono dovute al fatto che gli amminoacidi, avendo una funzione acida
e una funzione basica all'interno della stessa molecola, esistono prevalentemente in forma
dipolare o zwitterionica (sale interno).

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LEGAMI COVALENTI: legami ammidici (peptidici e isopeptidici) e legami a ponte disolfuro


inter- e intra-molecolari, i primi responsabili della struttura primaria e i secondi soprattutto
della terziaria.
LEGAMI A IDROGENO: più deboli dei precedenti, ma così numerosi da dar un contributo
fondamentale alla stabilizzazione del secondo, terzo e quarto livello strutturale.
INTERAZIONI IONICHE: possono essere attrattive o repulsive. Sono influenzate dal pH del
mezzo in cui la proteina è disciolta. Poiché di solito l'ambiente è acquoso, i gruppi ionizzati
sono ampiamente solvatati e così le loro interazioni sono spesso meno forti di quello che si
possa pensare.
INTERAZIONI IDROFOBICHE: sono la conseguenza del carattere idrofobo delle catene
laterali idrocarburiche di alcuni amminoacidi e della particolare struttura dell'acqua. La
proteina tenderà quindi spontaneamente a ripiegarsi in modo da offrire verso l'ambiente
acquoso solo i gruppi R idrofili e da «nascondere» al suo interno i gruppi idrofobi.

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LEZIONE 4 3/10/2018

DENATURAZIONE DI UNA PROTEINA


Non è altro che la la perdita della struttura terziaria originaria.

LIPIDI
I lipidi sono sostanze organiche insolubili in acqua, che si trovano nelle cellule e nei tessuti
animali e vegetali e che vengono estratte con solventi apolari come l'etere, il cloroformio e il
benzene.
Possono essere SAPONIFICABILI (Trigliceridi, cere, fosfolipidi) (un trigliceride trattato con
soda dà l’idrolisi dei legami esterei e si forma glicerina e i sali solidi degli acidi grassi) e
INSAPONIFICABILI (Terpeni, steroidi, vitamine liposolubili, prostaglandine, lipoproteine).

TRIGLICERIDI
Formati da acidi grassi che possono essere saturi o insaturi. Il grado di saturazione è
sempre di tipo cis, mentre l’insaturazione provoca una disomogeneità dell’impaccamento
delle catene idrocarburiche lineari e quindi si ha la differenza tra trigliceridi solidi (grassi) e
liquidi.

FOSFOLIPIDI
Abbiamo una struttura che parte dal trigliceride.

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TERPENI
Sono un gruppo di sostanze diffuse soprattutto nel mondo vegetale. La loro struttura
contiene uno scheletro idrocarburico rispondente alla formula bruta:

Classificazione:

STEROIDI
Sono caratterizzati da 3 anelli cicloesanici e 1 ciclopentano condensati insieme.i

I più importanti sono:


❏ Steroli: sono diffusi nel regno vegetale ed animale, sono importanti costituenti della
membrana cellulare, fra essi il più importante è il colesterolo.
❏ Vitamina D: in realtà è un complesso di almeno sette sostanze che prevengono il
rachitismo di cui la più nota è l'ergosterolo.
❏ Acidi biliari: funzionano da emulsionanti dei grassi

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❏ Ormoni sessuali maschili e femminili: testosterone, progesterone ed estrogeni.


❏ Ormoni adrenocorticali: che sono coinvolti nel metabolismo dei carboidrati, delle
proteine e nel controllo del bilancio dell'acqua e degli elettroliti. Il più famoso è il
cortisone.
❏ Glicosidi steroidei: che sono presenti nelle piante ed hanno una forte funzione
stimolante del muscolo cardiaco (digitale).
❏ Sapogenine: sostanze di origine vegetale con proprietà schiumogene.

VITAMINE
Sono sostanze di varia natura, necessarie in piccole quantità per'' il normale metabolismo di
tutti gli organismi.
I microrganismi sono in grado di produrle a partire da precursori semplici, altri organismi
come l'uomo devono assumerle preformate con la dieta o come precursori complessi detti
pro-vitamine.
Le vitamine si distinguono in due classi:
1) IDROSOLUBILI:
Vitamina B1 (o tiamina), si trova come coenzima in molte reazioni metaboliche
sempre sotto forma di pirofosfato.
Vitamina B2 (o riboflavina), è un importante coenzima in moltissime reazioni di
ossidoriduzione.
Vitamina B3 o PP (o niacina), la nicotinammide è una componente fondamentale del
NAD e NADP.
Vitamina B5 (o acido pantotenico)
Vitamina B6 (o piridossina),
Vitamina B7 o B8 o H (o biotina), la biotina viene utilizzata, nell'uomo da quattro
carbossilasi: la PIRUVATO CARBOSSILASI per la trasformazione del piruvato in
ossalacetato (per la sintesi dei glucidi), la propionil-CoA carbossilasi per la
trasformazione dl propionil-CoA in metil malonil-CoA, la metiltrotond carbossilasi,
la acetil-CoA carbossilasi, per trasformare acetil-CoA in malonil-CoA (importante
nella sintesi degli acidi grassi).
Vitamina B9 (o acido folico)
Vitamina B12 (o cianocobalamina), interviene in due processi di conversioni di
metilmaloni-CoA in succin-CoA e nella sintesi dei 2-desossiribonucleotidi.
Vitamina C (o acido ascorbico)
2) LIPOSOLUBILI:
Vitamina A (o retinolo)
Vitamina D (o calciferolo), è un complesso di almeno 7 sostanze diverse ed è
coinvolta nel metabolismo del calcio.
Vitamina E (o tocoferolo)
Vitamina K (o fillochinone).

ACIDI NUCLEICI

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NUTRIZIONE MICROBICA
CARBONIO
Le differenze tra i microrganismi derivano dal tipo di fonte di carbonio e di energia:

Tutti i microrganismi necessitano di una fonte di carbonio: per la sintesi del materiale
cellulare come fonte di energia per le reazioni coinvolte nei processi di sintesi e come fonte
di energia per la riproduzione delle cellule (energia di mantenimento).

PROTOTROFI: Specie in grado di crescere su un terreno costituito da un carboidrato


semplice o CO2 come fonte carboniosa, con fonti inorganiche di tutti gli altri nutrienti. Può
sintetizzare i suoi nutrienti da materiale inorganico.
AUXOTROFI: Specie in grado di crescere su uno o più substrati organici complessi e che
necessitano di fattori di crescita organici (vitamine, aminoacidi, ecc.) per la biosintesi del
materiale cellulare.

I mezzi su cui vengono coltivati i microrganismi vengono detti terreni di coltura. I terreni di
coltura comprendono:
➔ MACRONUTRIENTI: Carbonio, Azoto (organico e inorganico), Elementi (fosforo,
sodio, potassio, calcio, magnesio e zolfo);
➔ MICRONUTRIENTI: Oligoelementi (rame, cobalto, zinco, molibdeno, ferro, vanadio)
e fattori di crescita (vitamine, amminoacidi, acidi grassi, basi azotate).
➔ ACQUA
➔ OSSIGENO

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FATTORI DA CONSIDERARE NELLA MESSA A PUNTO DI UN TERRENO COLTURALE


PER UN PROCESSO INDUSTRIALE
1 ) Considerazioni legate al metabolismo microbico :
- massima resa di conversione prodotto/substrato
- massima resa di fermentazione
- massima velocità di formazione del prodotto
- minima formazione di prodotti secondari indesiderati

Lezione 5 9/10/2018

GLI ENZIMI
Gli enzimi sono catalizzatori evolutisi in natura per velocizzare e coordinare la moltitudine di
reazioni chimiche necessarie a sviluppare e a mantenere la vita.
Circa 7000 anni fa, già con gli egizi c’era la capacità di produrre formaggio utilizzando ciò
che era contenuto nello stomaco dei cavalli.
Nel 1987 si inizia a parlare di enzima. (in azzurro i passaggi chiave)

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Gli enzimi principali sono divisi in 6 classe principali. Tale classificazione fu data da ‘IUB
(international union of biochemistry) in base al tipo di reazioni che catalizzano i determinati
enzimi.
1) OSSIDOREDUTTASI: divise in
- idrogenasi (trasferimento di uno ione idruro)
- ossidasi (trasferimento di elettroni all’ossigeno molecolare)
- ossigenasi (trasferimento di ossigeno dall’ossigeno molecolare
- perossidasi (trasferimento di elettroni al perossido)

2) TRANSFERASI: trasferiscono gruppi di atomi da un donatore ad un accettore


3) IDROLASI: le più utilizzate dal punto di vista industriale (proteasi, amilasi, lipasi,
esterasi ecc) perché non hanno bisogno di cofattori costosi, perchè il loro è l’acqua in
quanto idrolizzano legami esteri ed ammidici.
4) LIASI: catalizzano rotture non idrolitiche di legami C-C, C-O, C-N
5) ISOMERASI: catalizzano l’isomerizzazione e le reazioni di trasferimento all’interno di
una molecola
6) LIGASI: catalizzano la formazione di legami covalenti tra due molecole

LA STRUTTURA:
Tutti gli enzimi sono proteine, quindi le interazioni che determinano la loro attività enzimatica
sono la struttura terziaria, (quindi i ripiegamenti della struttura proteica) e la struttura
quaternaria.

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Gli enzimi vivono in acqua -->Nel processo di ripiegamento le catene laterali idrofobiche
degli amminoacidi sono preferenzialmente orientate verso l’interno della molecola in modo
da diminuire la superficie di contatto con l'acqua e abbassare l’energia. D’altra parte invece,
tutti i gruppi polari sono orientati preferibilmente verso la superficie che interagisce con
l’acqua e quindi rende la proteina solubile i acqua.
Dove avviene la catalisi enzimatica? Qual è il sito attivo? Il sito attivo si trova spesso in una
fenditura su una superficie piana irregolare, protetta all’interno della struttura terziaria.,
quindi protetto dalla struttura proteica.
Il riconoscimento del substrato è un processo dinamico, che non riguarda soltanto
l’associazione e la dissociazione del substrato, ma può coinvolgere anche movimenti della
catena proteica per adeguarsi al processo di legame con il substrato che entra. Il legame
che si forma è un legame quindi assistito INDUCED-IT (Perchè la catalisi avvenga il
substrato deve entrare nel sito attivo dove la proteina si muove).

I COENZIMI:
Molti enzimi richiedono la presenza di gruppi non proteici per svolgere la loro azione
catalitica. Aiutano l’enzima a svolgere l’attività catalitica.

Enzima aggancia il substrato e lo tiene una in posizione specifica, arriva il substrato che fa
una reazione stereospecifica su quel substrato. L’enzima fa quindi una reazione sul
substrato.
Nell’immagine: L’apoenzima (enzima senza cofattore), una volta che l'enzima è attivo grazie
al cofattore, aggancia il substrato che viene trasformato in prodotto e libera l’enzima. Questi
gruppi sono detti coenzimi/cofattori o attivatori e rientrano in 3 gruppi principali:
1. Molecole organiche che sono separate dall’enzima e sono quindi nell’ambiente
2. gruppi prostetici che sono legati all’enzima
3. ioni inorganici
Il complesso enzima-cofattore è detto OLOENZIMA, mentre se si rimuove il cofattore rimane
L’APOENZIMA inattivo.
I cofattori agiscono per attacco nucleofilico od elettrofilico sul substrato per iniziare la
reazione che porta al prodotto finale.
I cofattori possono essere legati in equilibrio associazione/dissociazione agli enzimi e
devono essere presenti in concentrazione sufficiente per ottenere la massima attività
enzimatica
Alcuni sono rigenerati in ciclo catalitico mentre sono legati all’enzima cosicchè sono
sufficienti quantità catalitiche per sostenere la reazione.
Altri richiedono una o più reazioni separate con substrati diversi da ossigeno per rigenerare il
prodotto di partenza. In questi casi il cofattore è necessario in quantità stechiometriche.

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I cofattori più noti sono NAD+ (idrogeno) e NADP+ ( gruppo fosfato)-- (nicotinamide
dinucleotide)--esce H- e dall’ altra parte esche H+-- e le sue forme ridotte NADH e NADPH, i
quali sono coinvolti in molte reazioni di deidrogenazione all’interno delle cellule. Sono solubili
in acqua e possono essere allontanati dall’enzima sia nella forma ridotta che ossidata per
partecipare con altri enzimi a reazioni di ossido-riduzione.
Un altro cofattore importante è FAD (flavin nucleotide) e FMN (flavin mononucleotide). Essi
sono enzimi di una classe di deidrogenasi chiamate flavoproteine. Il gruppo flavina deriva
dalla riboflavina (vitamina B2), la riduzione del FAD (FMN) coinvolge i 2 atomi di azoto
dell’anello centrale non sostituiti della struttura chiamata isoalloxazina. Se al posto del
gruppo R ho H abbiamo FMN.

Successivamente vi sono i gruppi Eme dei citocromi (enzimi che trasportano elettroni e
che trasformano l’idrogeno in H+ ad e-. A livello del citocromo il ferro si ossida e si riduce e
quindi trasporta elettroni.
Questi elettroni sono poi trasportati da enzimi chiamati citocromo a,b, c ed e a seconda del
anello porfirinico che possiedono. Questi enzimi sono capaci di accettare un elettrone e di
passarlo ad un altro citocromo. L’atomo di ferro è legato con un gruppo eme a b c d ad un
coenzima porfirina identico a quello dell’emoglobina, con la differenza che nel citocromo il
ferro subisce ossidazione e riduzione.
Il ferro da 2+ perde un elettrone e diventa ferro 3+ e si ossida, mentre il ferro 3+ può
acquistare un elettrone e si riduce, questo giochetto permette il trasporto degli elettroni.

Un altro cofattore è il COENZIMA A (CoA-SH). E’ una molecola complessa che contiene un


gruppo -SH libero. Questo gruppo può reagire con un gruppo carbossilico per formare un
tioestere. Nell’acetil coenzima A il legame tioestere (imp avere tioestere e non estere perchè
è più facile da idrolizzare e nello stesso tempo attiva il ch3 attiva sia il gruppo metilico che il
gruppo acetile

Abbiamo anche l’ATP, un agente fosforilante, ADP e AMP. Sono coenzimi che influenzano
la direzione del flusso nei percorsi metabolici. L’ATP funziona come un donatore di fosfato
ad altre molecole in reazioni catalizzate da chinasi.

Ennesimo coenzima è il PIRIDOSSAL FOSFATO, un derivato della vitamina B6, agisce


come coenzima nella transaminazione e nella decarbossilazione. Nella transamminazione il
gruppo aldeidico del piridossal fosfato forma una base di Schiff con il gruppo amminico
dell’amminoacido, che è poi convertito in chetoacido. Il piridossal fosfato è a sua volta
convertito in piridossamina fosfato che trasferisce il gruppo amminico ad un altro chetoacido
per formare il corrispondente amminoacido.

LA CINETICA ENZIMATICA:

L’enzima cambia la velocità con cui si raggiunge l'equilibrio ma non cambia l’equilibrio
termodinamico. L’accelerazione della velocità di reazione si ottiene abbassando l’energia di
attivazione di tutto il processo energetico del processo.
Questo implica che l’enzima lavori in maniera reversibile (dove c’è equilibrio tra prodotto e
substrato)

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.Parlando di cinetica osserviamo quali sono i parametri che influenzano la velocità di


reazione di un enzima. Cinetica di MICHAELIS-MENTEN. Si nota una prima parte dove le
basse concentrazioni di substrato aumenta la concentrazione nell’ambiente di reazione
dove è presente l’enzima. Fino a che il substrato ha concentrazioni piuttosto basse abbiamo
un aumento di velocità che è lineare; è la fase di primo ordine della nostra reazione. E’
chiaro che che nell'ambiente di reazione ho gli enzimi con una determinata concentrazione e
quindi ho un certo numero di siti dove posso agganciare il substrato. Quando La
concentrazione del substrato è bassa è chiaro che io ho più siti di aggancio di quando non
ho il substrato quindi tutto il substrato che è presente si aggancia all enzima e quindi la
reazione continua ad aumentare la velocità perché il substrato che ho dentro si trasforma
immediatamente. Man mano che io aumento la quantità di substrato presente nell'ambiente
di reazione ovviamente i siti attivi vanno via via saturandosi fino ad arrivare al top dove la
velocità più di quello non va.

Più ho un enzima più la velocità aumenta, quindi ho un diagramma lineare con la retta che
parte per l’origine. Più ho siti più ho prodotti perchè tutto avviene più velocemente.
Il modello cinetico base per le bioconversioni enzima catalizzate è quello di Michaelis-
Menten da cui derivano modelli più complessi.
Viene postulata l'esistenza di un complesso enzima-substrato ES (dove il substrato si
aggancia all’enzima) che viene prodotto in un processo reversibile tra substrato S ed enzima
E.

nel momento cui il complesso ES si


forma, una parte di esso può andare a prodotto (k2).
Poniamo k2 trascurabile, quindi bassa, per far si che tutto il processo si cristallizzi/si soffermi
nella prima parte della reazione. Infatti se la costante k2 è molto più piccola della costante K-

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1 dell’enzima, S ed ES sono in equilibrio, (equilibrio non disturbato dalla decomposizione di


ES in E e P). Tutto ciò viene posto come ipotesi per ricavare una equazione che rappresenti
la velocità di reazione di un processo enzimatico.
Facendo questo Michaelis Menten arrivò all’equazione seguente dove la velocità è data
dalla Vmx x la concentrazione del substrato diviso ks + la concentrazione del substrato.

Elaborando questa prima equazione vennero sviluppate altre equazioni;

al denominatore c’è un valore


senza dimensioni: TERMINE DI ASSORBIMENTO = quando l'enzima è in grado di
agganciare il substrato. E’ un valore che determina le varie strutture di complessi ES che il
nostro enzima è in grado di fare con il substrato che abbiamo. Ci dice quanto del nostro
substrato è stato assorbito.

Questo Ks è la k-1 / k1 che è uguale alla


dissociazione di Es. La Ks è quindi la costante di questo equilibrio. Io vado a sostituire S /
KS con la concentrazione del complesso ES / la concentrazione dell'enzima libero (E).
Questo adesso ci fa capire esattamente cosa vuol dire termine di assorbimento; mi dice quel
numero quanto enzima è agganciato sul substrato e quanto ce ne è di libero.
Quindi sostanzialmente nel diagramma sottostante, che rappresenta l’andamento di una
reazione enzimatica dal punto di vista della velocità rispetto alla concentrazione del
substrato ci troviamo di fronte a una situazione dove il termine dell’equazione di M.Menten al
numeratore mi da la pendenza della cinetica di primo ordine che è valida solo a
concentrazioni molto basse del substrato. Quando entrano in gioco concentrazioni del sub
più elevate ovviamente abbiamo che la velocità non può essere di primo ordine ma si
abbasserà fino ad arrivare a quella che è la velocità massima che abbiamo.

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Quando la concentrazione di S è inferiore a Ks, la cinetica di M.Menten è del primo ordine,


quasi tutte le molecole di enzima sono presenti in forma libera e l'insufficiente saturazione
dell’enzima con il substrato è il fattore limitante della velocità (first order kinetics).
Il grado di saturazione è rappresentato dal termine di assorbimento che da la somma dei
valori di tutti i possibili complessi enzima substrato. Il termine di assorbimento rappresenta
gli equilibri di dissociazione di tutti i possibili complessi enzima.substrato e esprime il “peso”
di tutti gli equilibri coinvolti.
Il termine di assorbimento cresce inizialmente da un valore di 1 (dove S<<<ks) lentamente,
e successivamente proporzionalmente trasformando il lineare primo ordine nella curva di
Menten. A valore di concentrazione S intorno a Ks il fattore limitante diventa la velocità il
turnover catalitico e non la saturazione enzimatica.
Essendo proporzionale alla concentrazione del complesso ES, la velocità di reazione non
può essere superiore al Vmax dove tutte le molecole di enzima sono nella forma ES. LA
cinetica enzimatica diventa di ordine 0 (zero).
La cinetica di Menten può essere estesa a reazioni più complicate ma non è valida
comunque in tutti i casi.
Briggs e Saldane misero in evidenza che entro un tempo abbastanza piccolo dopo la
partenza della reazione ES sarebbe stato prodotto a livello quasi di stato stazionario dove si
assume che d ES / d t =0 (d=concentrazione)
Quando un enzima è mescolato con un eccesso di substrato , c'è un periodo iniziale, detto
stato pre-.stazionario, durante il quale le concentrazioni di questi intermedi di accumulano
fino ai loro livelli di stato stazionario.
Una volta che gli intermedi hanno raggiunto le concentrazioni dello stato stazionario, la
velocità di reazione cambia col tempo in modo relativamente lento. E’ durante questo
periodo di stato stazionario che vengono misurate le velocità delle reazioni enzimatiche.

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Km è la costante di Michaelis, ed è definita come la concentrazione di substrato per cui la


velocità di reazione osservata è metà della velocità massima

LEZIONE 6 10/10/2018

ENZIMI ED APPLICAZIONI
L’impatto più grande a livello industriale, per quanto riguarda gli enzimi, si è avuto con la
scoperta della penicillina e la produzione a livello mondiale della penicillina G, che è stato il
primo antibiotico messo in campo e deriva dalla fermentazione del Penicillium sp. La
penicillina G viene prodotta per 12000 tonnellate. Nel tempo gli organismo colpiti da
antibiotici hanno creato un certo tipo di resistenza, quindi nel tempo è avanzata un’industria
di trasformazione della penicillina G portandola ad altri derivati sempre più efficienti.
Gli enzimi sono entrati in campo per la necessità di sostituire un gruppo della penicillina con
altre sostanze otticamente attive. Questa reazione di idrolisi di un’ammide è dal punto di
vista chimico abbastanza impraticabile poichè richiede acidi e basi forti, quindi molto spesso
distruggono l’anello penicillanico. Proprio per questo si usano enzimi per fare sia processi di
idrolisi che di ammidazione.
Nel caso specifico, è stata estratta dal microrganismo la penicillina G amidasi che è in grado
di idrolizzare la penicillina G in acido penicillanico. Il secondo passaggio per arrivare

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all’antibiotico Ampicillina richiede la fenilglicina, un amminoacido. La fenilglicina viene


prodotta per via chimica in grandi quantità. Quello che otteniamo è un antibiotico
semisintetico.

Un altro esempio è il cortisone. Il primo approccio è di tipo chimico, dove la base per la sua
produzione è l’acido desossicolico, estratto dalla bile bovina. Da questa sostanza per
arrivare al cortisone vi sono una serie di passaggi chimici (31). Si parte da 615 kg di acido
per formare 1kg di cortisone. Il passaggio chiave è il trasferimento di un OH dalla posizione
12 a un CO in 11, ed è proprio questa funzione carbonilica che lo attiva come farmaco.
Questo passaggio avviene in 9 stadi diversi. Si tratta di una reazione di eliminazione di
acqua da una parte e di idrossilazione dall’altra (entrata di un ossigeno sull’altro carbonio).
Questi 9 stadi sono però stati sostituiti poiché è stato trovato un organismo in grado di
idrossilare il progesterone, questo enzima viene sfruttato per effettuare questa operazione
dall’acido desossicolico al cortisone. Questo ha diminuito gli stadi di reazione da 31 a 11, ed
ha quindi anche diminuito drasticamente il costo del cortisone, che è passato da 200$/g a
6$/g.

Nel portare avanti i loro processi metabolici i microrganismi trasformano diversi composti
organici.
Queste BIOTRASFORMAZIONI avvengono con alta specificità ed efficienza perché sono
catalizzate da enzimi.

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L’uso di enzimi isolati ha un vantaggio importante rispetto all’uso delle cellule come tali nel
fatto che l’enzima scelto generalmente catalizza la reazione desiderata mentre le reazioni
collaterali sono evitate.
La lavorazione di una reazione catalizzata da enzimi è di solito molto semplice ma diventa
ancora più facile quando l’enzima è attaccato ad un supporto solido (immobilizzazione).

Le biotrasformazioni sono le reazioni che coinvolgono l'uso di enzimi (con il riciclo del
cofattore) o di cellule come tali e sono processi in generale facili da fare e poco costosi.
Lo stato fisico dei biocatalizzatori usati può essere molto differente.
L'uso di enzimi più o meno purificati o di microrganismi, che possono essere considerati dei
sistemi multienzimatici, in forma libera o immobilizzati dipende da una serie di fattori:
● il tipo di reazione
● i cofattori che devono essere riciclati
● la scala in cui la biotrasformazione deve essere fatta

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SVANTAGGI:
- Gli enzimi che la natura ci fornisce spontaneamente hanno un'unica forma
enantiomerica.
- Gli enzimi richiedono condizioni di reazione piuttosto ristrette.
- Gli enzimi esplicano la loro attività a livelli elevati in acqua.
- Gli enzimi possono essere inattivati

VANTAGGI:
- Gli enzimi sono catalizzatori molto efficienti:
Vi è una accelerazione per una reazione catalizzata da enzimi di circa un fattore di
10 elevato a 8 Si può arrivare anche a 10elevato a 12 che è molto lontano da quello che
può fare un catalizzatore chimico. Inoltre la concentrazione di un catalizzatore
chimico va dallo 0.1-1% mentre quella di un biocatalizzatore va dal 10 elevato a -3 -10
elevato a -4%.
- Gli enzimi sono accettati dall'ambiente:
A differenza dei metalli pesanti che compongono normalmente i catalizzatori chimici
gli enzimi sono completamente degradati dall'ambiente.
- Gli enzimi agiscono in condizioni blande:
Gli enzimi lavorano in un intervallo di pH che vada 5 a 8, normalmente 7, a
temperatura di 20-40°C, normalmente 30°C. Questo minimizza la possibilità di avere
reazioni indesiderate come decomposizione, isomerizzazione, racemizzazione,
riarrangiamento.
- Gli enzimi non sono legati al loro ruolo naturale:
Dimostrano una grande tolleranza accettando anche substrati di produzione umana e
non devono per forza lavorare in acqua.

Gli enzimi possono catalizzare un largo spettro di reazioni. Come tutti i catalizzatori gli
enzimi accelerano solo la reazione ma non influenzano l’equilibrio termodinamico.

CHEMOSELETTIVITÀ
Se ho un composto chetonico insaturo, quando riduco la molecola, con idrogeno sotto
pressione e catalizzatori, ottengo la riduzione sia del carbonile che del doppio legame.
Se invece opero una riduzione enzimatica viene ridotto solo il carbonile, quindi ottengo un
alcol, e mantengo il doppio legame carbonio-carbonio o si riduce solo il doppio legame e non
il carbonile.Questo vuol dire chemoselettività, ovvero gruppi differenti subiscono la stessa

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reazione per via chimica, ma per via enzimatica c’è la possibilità di scegliere se far avvenire
la reazione di riduzione su una sola delle due funzioni (avendo l’enzima corretto.

REGIOSELETTIVITÀ
Abbiamo, sulla stessa molecola, una serie di funzioni uguali, per esempio funzioni alcoliche.
Se vado a deidrogenare un alcol vado a deidrogenare tutte le funzioni alcoliche presenti su
questa molecola (poiché sono tutte uguali). Quindi se devo fare un’ossidazione selettiva per
via chimica devo operare una serie enorme di passaggi per proteggere tutte le funzioni che
non mi interessano e fare reagire quella che mi serve e deproteggere successivamente.
Dal punto di vista enzimatico invece abbiamo un Gluconobacter oxydans che è in grado di
ossidare solo l’H del carbonio 5 vicino all’alcol primario, quindi ottengo solo il chetone in
posizione 5.

DIASTEREOSELETTIVITÀ (l’onda per R vuol dire che non è definita la stereochimica)


Un composto con un gruppo R in cui il carbonio è chirale. Un enzima può ridurre il carbonio
agganciando la molecola in una posizione definita, quindi facendo entrare l’idrogeno da una
sola parte del piano, e quindi avere uno dei due diastereoisomeri, perché se lo faccio per via
chimica non cambia niente per quanto riguarda l’entrata dell’idrogeno.
Gli enantiomeri sono l’immagine speculare l’uno dell’altro non sovrapponibili.
I diastereoisomeri NON sono l’immagine speculare l’uno dell’altro e NON sono nemmeno
sovrapponibili, sono due molecole diverse che hanno caratteristiche chimiche diverse.

ENANTIONSELETTIVITÀ
Un racemo è la miscela 1:1 dei due opposti enantiomeri di un composto chirale.
Quando ho un alcol racemo, faccio una reazione di ossidazioni con una deidrogenasi che è
in grado di riconoscere uno dei due enantiomeri e ossidarlo e lasciare l’altro intatto.
Questo è detto anche RISOLUZIONE CINETICA perché uno dei due enantiomeri reagisce
in ossidazione più velocemente e quindi si forma il carbonile mentre l’altro non reagisce.

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Quando si parla di enantiomeri, li si distingue in due classi:


- DISTOMERO: enantiomero con attività minore o indesiderata;
- EUTOMERO: enantiomero con attività più alta.

IDROLISI DI AMIDO E CELLULOSA


L’idrolisi dell’amido viene messa in campo a livello industriale perché sia l’amido che la
cellulosa sono fonti glucosio.
L’idrolisi enzimatica industriale dell’amido avviene secondo un processo in cui l’amido viene
idrolizzato per produrre oligosaccaridi per poi arrivare al glucosio.
Descriviamo ora i vari passaggi del processo:
1) GELATINIZZAZIONE: dissoluzione dei granuli di amido per formare una
sospensione gelatinosa. I granuli di amido vengono macinati insieme ad una
percentuale di acqua fredda a un pH di 6.5, aggiungendo una piccola quantità di
calcio. Si forma una poltiglia di amido che viene scaldata a 105°C per 5 minuti.
2) LIQUEFAZIONE: parziale idrolisi della sospensione e diminuzione della viscosità.
(qui entrano in gioco gli enzimi) Entra in gioco il primo enzima, α-amilasi batterica,
sulla gelatina di amido. Viene utilizzata una quantità di questo enzima, 1500 U/kg, e
viene scaldata a 95°C per 2 ore. Si arriva poi all’amido liquefatto, composto dallo
0.3% di glucosio, 2.0% di maltosio, 97.7% di oligosaccaridi.
3) SACCARIFICAZIONE: completamento dell’idrolisi e formazione dei prodotti
idrolizzati. Ci sono 2 sistemi, in base all’enzima usato, uno porta allo sciroppo di
glucosio (97% di glucosio), l’altro allo sciroppo di maltosio (56% di maltosio).
Per arrivare allo sciroppo di glucosio si usa l’enzima glucoamilasi in quantità 150
U/kg e pullulanasi in quantità 100 U/kg ad un pH 4.5 a 60°C per 72 ore. Lo sciroppo
di glucosio viene spesso usato nei processi fermentativi come fonte carboniosa.
Per lo sciroppo di maltosio, invece, si usa la β-amilasi fungina in quantità 2000 U/kg
con una piccola quantità di calcio a un pH 5.5 a 55°C per 48 ore.

ENZIMI IDROLITICI

α-amilasi (batteriche)- endoamilasi:


- esplicano azione random sui legami α (1-4) interni alle catene dei polisaccaridi;
- la loro attività si riduce con la lunghezza delle catene;
- generano oligosaccaridi ramificati riducendo rapidamente la viscosità della
sospensione;
- gli ioni Ca++ ne aumentano attività e stabilità ad alta temperatura, consentendone
l'impiego anche a 105°C .

β-amilasi (fungine) - diastasi:

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- idrolizzano i legami α(1-4) delle estremità dei polisaccaridi rilasciando maltosio.

Glucoamilasi - esoamilasi:
- idrolizzano i legami α(1-4) delle estremità de polisaccaridi, e in misura minore i
legami α(1-6);
- producono molecole di glucosio, in quanto il loro punto di attacco è il primo legame
glicosidico a partire dall’estremità della catena.

Pullulanasi:
- idrolizzano soltanto i legami α(1-6);
- riducono la ramificazione dell’amilopectina, producendo oligosaccaridi a catena
lineare.

Lezione 7 16 ottobre 2018

Uno dei parametri che ci permette di quantificare quanto è stato idrolizzato l’amido è il
DEXTROSE EQUIVALENT % (DE) (l’equivalente del glucosio). Ci permette di dire che la
miscela a determinate caratteristiche. Misura le quantità di estremità riducenti presenti in un
carboidrato. Il DE descrive il grado di conversione dell’amido in glucosio.

ovviamente quando si
hanno catene più o meno lunghe della parziale idrolisi dell amido abbiamo le
MALTODESTRINE, oligosaccaridi, e quando la loro lunghezze da un DE 23 a un DE 20.
Lo sciroppo di glucosio normalmente è intorno al 99%, quindi ci sono ancora tracce di
maltosio però il risultato è importante.

LO SCIROPPO DI GLUCOSIO: è in gran parte glucosio, partendo dall’amido che ha basse


DE arrivando al glucosio che ha un alto DE.

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Lo sciroppo di glucosio è la principale fonte di glucosio utilizzata industrialmente. E’ una


sostanza secca intorno al 70&. La capacità di fermentazione dell’amido è bassa, in confronto
al glucosio che è alta

IDROLISI CELLULOSA: è una matrice organica importante fonte carboniosa per le


fermentazioni. E’ normalmente inx alle emicellulose e alla leghina. Sostanzialmente le
applicazioni della cellulosa sono via via sempre più utilizzati.
La cellulosa è un polimero di glucosio legati con ponti glucosidici 1-4 beta, e si formano
legami H tra le varie catene. Ha una struttura fibrosa che deve essere liberata da materiali
lignocellulosici, materiali complessi fatti di cellulosa e lignine. La biomassa lignocellulosica
per liberare la cellulosa per liberare glucosio necessitano pretrattamenti di vario tipo per
arrivare alla cellulosa CRISTALLINA LIBERA da emicellulose e da lignina. Questi trattamenti
sono sempre necessari per qualsiasi scopo successivo. La cellulosa una volta recuperata da
questa fase di pretrattamento deve essere PORTATA A GLUCOSIO (scopo) e qui entrano in
gioco ENZIMI:
★ ENDOGLUCANASI; rottura legami 1 -4 beta e è una rottura random all’interno della
catena e si creano spezzono più corti. Oltre che a rompere i legami disturba
l’impaccamento della catene e rompe i legami H che tengono la molecola di cellulosa
in una fibra lineare. Rompe la struttura cristallina. Porta a una cellulosa con spezzoni
meno lunghi.
★ ESOCELLOBIO IDROLASI: enzimi che rompono i legami beta 1-4 per dare
cellobiosio. insieme ci possono essere gli esoglucosidasi
★ ESOGLUCOSIDASI: Rompe i legami 1 4 beta per dare glucosio
★ CELLOBIASI (BETA GLUOSIDASI): enzima idrolitico che permette di rompere i
legami 1-4 beta del dimero del glucosio (cellobioso)
Tutto ciò porta dalla cellulosa cristallina quello che è il glucosio.
Problema: la cellulosa è un polimero strutturale “programmato” per resistere alla
degradazione, quindi il problema sono i pretrattamenti, il cui scopo è separare l'involucro di
lignina ed emicellulosa, in modo da aumentare la superficie di attacco per le cellulasi.
I pretrattamenti possono essere:
- metodici fisici: si macina il materiale lignocellulosico e metodi di riscaldamento (
triturazione meccanica e Pirolisi)
- metodici chimico-fisici: come steam-explosion (crea una pappa più disponibile a
livello enzimatico), afex, co2 explosion: rompono la lignina e idrolizzano
l’emicellulosa liberando la fibra di cellulosa
- metodici chimici: ozonolisi, organosolv, delignificazione ossidativa
Dopo tutto ciò si raggiungono i metodi ENZIMATICI

FERMENTAZIONI E STECHIOMETRIA DEL METABOLISMO:


Dobbiamo sapere in partenza se vogliamo tenere una biomassa, da dove bisogna partire.
Come esempio prendiamo il Saccharomyces cerevisiae, organismo modello per lo studio
delle condizioni del metabolismo microbico e della formazione dei prodotti. IN presenza di
ossigeno (aerobiosi) per produrre tanta biomassa, o in assenza di ossigeno (fermentazione
alcolica)
In presenza di ossigeno posso ipotizzare che tutto il glucosio serve per creare energia per la
crescita e quindi non si ha la produzione di metaboliti, ma solo per la formazione di energia

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per le replicazione cellulare. Tutto il glucosio va a co2 e h2o. Non si ha la formazione di


metaboliti,ma produzione di energia metabolica per la respirazione cellulare
In assenza di ossigeno → fermentazione alcolica, da una mole di glucosio ottengo 2 moli di
etanolo e 2 moli di co2. Si ha formazione di etanolo come metabolita e una produzione
inferiore di energia metabolica per le replicazione cellulare.

Non tutto il glucosio quando l'organismo respira va a produrre biomassa.


Nei microrganismo eterotrofi la fonte carboniosa serve come fonte di energia per la crescita
cellulare e come fonte di carbonio per le produzione di metaboliti.
Come funziona un processo BATCH? E’ un processo in cui si ha un REATTORE CHIUSO
(non c’è entrata e uscita di prodotti), lo carico con un SUBSTRATO, lascio andare il
processo (aerobico o anaerobico) e alla fine chiudo la fermentazione e vado a vedere cosa
è successo. E’ un sistema chiuso dove la concentrazione del substrato metto in partenza
cala e si trasforma, venendo utilizzato per crescere, per produrre metaboliti e parte del
substrato viene utilizzato per il mantenimento; quindi a seconda delle condizioni in cui si
trova il microrganismo, chiaramente c’è una parte del substrato che serve per mantenere le
condizioni vitali della cellula. Il substrato che carico all’inizio si divide.
L’energia di mantenimento è il minimo apporto di energia richiesto per il mantenimento
basale delle attività cellulari, senza contributi alla biosintesi. Il mantenimento è in parte usato
per mantenere gradienti di concentrazione attraverso la membrana cellulare in ambienti
estremi rispetto a concentrazione salina, ph e temperatura.
Condizioni non ottimali possono perciò determinare un aumento dell’energia necessaria al
mantenimento e una riduzione del coefficiente di resa

carbonio assimilato dal microrganismo

La ripartizione della sostanza organica tra assimilazione e dissimilazione dipende dal tipo di
microrganismo, dal tipo di metabolismo e dalle condizioni ambientali.

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Normalmente una percentuale abbastanza corretta è intorno al 90% , perché il 10% da


energia al mantenimento. In condizioni anaerobiche c’è l’assimilazione bassa.
I processi industriali possono essere orientati alla produzione di metaboliti primari o
secondari, oppure hanno come scopo ultimo il recupero e l’utilizzo dell’intera biomassa.
In tutti i casi, per poter formulare i corretti bilanci di massa per i reattori è necessario
conoscere la stechiometria e i bilanci di massa delle reazioni metaboliche coinvolte nella
produzione
Nell’analisi stechiometria delle reazioni metaboliche vengono completamente trascurati i
singoli passaggi del metabolismo e si concentra la nostra attenzione solo sulla sua
stechiometria generale.
I calcoli stechiometrici sono fondamentali per una valutazione teorica dei prodotti di partenza
e finali di un processo microbico, quali:
- la quantità di substrato che reagisce
- la quantità di cellule prodotte
- la quantità di ossigeno, azoto, fosforo necessarie alla crescita batterica
- la quantità di prodotti ottenuti nonché
- la quantità di energia scambiata e il calore sviluppato

STECHIOMETRIA DELLA CRESCITA CELLULARE:


Molti processi industriali, oltre ad essere orientati alla produzione di metaboliti primari o
secondari, hanno come scopo ultimo il RECUPERO e l’UTILIZZO dell’intera BIOMASSA.
Diventa così importante l’analisi della stechiometria della crescita cellulare, oltre che della
formazione dei prodotti.
La crescita cellulare obbedisce alla legge di conservazione di massa, è quindi possibile
effettuare una rigorosa analisi del bilancio di materia e di energia dei processi metabolici, per
poter poi formulare gli analoghi bilanci per i reattori.
Trascuriamo allora completamente i singoli passaggi del metabolismo e concentriamo la
nostra attenzione solo sulla sua stechiometria del processo.

n cellule + Substrati + O2 → m cellule + prodotti + co2 + h2o (n<m)

inizialmente si ha un inoculo cellulare, substrati come fonte di carbonio, fronte di azoto,


ossigeno se si è in condizioni aerobiche, CHE DANNO un certo numero di cellule, un tot di
prodotti, co2 e acqua. Il numero di cellule che si ottiene sarà maggiore a quello di partenza.

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Per realizzare calcoli è conveniente ricavare analiticamente una formula cellulare riferita a
un grammo-atomo di carbonio e relativa alla massa cellulare secca/cellule secche
Una mole di carbonio è quindi per definizione la quantità di cellule che contiene un
grammo-atomo di carbonio (=12 grammi)

Es: i batteri. la quantità di carbonio in peso non è molto differente (53%). E’ chiaro che
questo ci permette di avere un dato che permette di fare i conti sulle fonti di carbonio
necessarie per avere un risultato.

Prima abbiamo visto come si ricava la formula della cellula, della massa cellulare;
Il secondo passo è determinare una FORMULA per il mezzo. Ciò risulta più complicato
per diversi motivi:
> alcuni elementi del substrato non sono in realtà assimilati, ma vengono rilasciati assieme
ai prodotti, quindi non è sempre facile seguire il percorso di un elemento
> Poiché i nutrienti presenti nel mezzo sono parecchi, è conveniente semplificare il problema
centrando l’attenzione solo su alcuni composti o elementi chiave limitanti (fonte carboniosa).
Un discorso analogo si può fare con i microrganismi aerobi che prendono in considerazione
l’ossigeno emesso.
Una possibilità è che un composto sia stechiometricamente limitante, cioè sia in pratica
quello consumato per primo (quando finisce il sistema ha finito di lavorare), un’altra è che un
composto limiti la velocità di accrescimento.
Non necessariamente i 2 composti coincidono, MA → Per semplicità conviene ammettere
che i due composti coincidano, ma si deve sempre ricordare che tale ipotesi deve essere
prima verificata sperimentalmente
Come esempio di semplice calcolo stechiometrico possiamo considerare la crescita
aerobica di un organismo, con formazione solo di anidride carbonica (OSSIGENO) e acqua
e che utilizzi una fonte di carbonio e una di azoto.

Dalla base di partenza di ottiene una certa


quantità di cellule + acqua + co2. Tutto ciò che era fonte di carbonio viene trasformato in
biomassa ed energia che serve per la crescita cellulare.

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E’ un equazione. Ha sostituito i dati. Partendo da un determinata quantità di idrogeno


presente nel mezzo e come si trova nei prodotti(!)
Se definiamo un quoziente di respirazione Qr come Qr= moli di CO2 formate = e
_________________ __
moli di O2 consumate b
e lo misuriamo sperimentalmente, si ottiene una quinta equazione che ci permette di
determinare tutti i coefficienti stechiometrici.
Questo calcolo è piuttosto grossolano ma potrebbe essere più preciso se si tenesse conto
che della formazione e del consuma di ATP

Per la crescita anaerobia la resa totale di biomassa basta sull’utilizzo di ATP è quasi
costante per vari substrati e si aggira intorno a 10,7 grammi di cellule/mole di ATP.
Contemporaneamente appare che la maggior parte del substrato viene utilizzato per la
produzione di energia (fino al 98%) piuttosto che per la produzione di biomassa.
Per la crescita aerobia, invece, le proporzioni di substrato utilizzato per gli scopi citati più o
meno si equivalgono. Quindi la resa di biomassa per unità di massa si substrato consumato
è maggiore in condizioni aerobiche.
In genere si può definire un fattore di resa il rapporto tra la quantità di biomassa formata e
la quantità di substrato (fonte di carbonio, di energia o di ossigeno) utilizzato

Quantità di biomassa : substrato

STECHIOMETRIA DI FORMAZIONE DEI PRODOTTI:


La stechiometria di formazione dei prodotti è complicata dal fatto che essi, oltre che a poter
essere numerosi e molto vari, possono essere liberati nel mezzo o accumulati nella cellula.
In generale si possono avere 4 situazioni diverse:
I. Il prodotto principale è un metabolita primario legato alla crescita
II. Il prodotto principale si forma indirettamente dal metabolismo energetico, per
esempio citrato dalla fermentazione aerobia di varie muffe
III. Il prodotto è un metabolita secondario, per esempio un antibiotico
IV. Il prodotto proviene dalla biotrasformazione di un substrato attraverso una serie di
reazioni enzimatiche, per esempio l’idrossilazione degli steroidi

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Solo nel primo caso c’è una relazione fra consumo di substrato, aumento della biomassa e
formazione di prodotto (metabolita primario).
Nel secondo caso si perde la semplice proporzionalità fra prodotto, substrato e biomassa e
diventa necessario elaborare un’equazione indipendente per la formazione del prodotto.
Nel terzo caso (metabolita secondario) e quarto caso (biotrasformazione( la formazione dei
prodotti è totalmente disaccoppiata dalla crescita delle cellule e dipende dal particolare
substrato e prodotto coinvolti nel processo.

METABOLITA PRIMARIO: poichè c'è una relazione pressoché costante tra consumo di
substrato, aumento della biomassa e formazione di prodotto.
Si può quindi scrivere la relazione:

alfa è la quantità di carbonio che entra nella cellula.

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In qualunque processo di fermentazione (in senso industriale) parte della fonte di C viene
utilizzata per il mantenimento cellulare, anche quando non è prevista dalla stechiometria
della reazione

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LEZIONE 8 17/10/2018

LABORATORIO

FERMENTAZIONE ALCOLICA
Saccharomyces cerevisiae

Un metabolita è una molecola che viene generata attraverso dei percorsi metabolici
microbici, che possono essere più o meno intersecati tra loro, ovvero il bilancio tra la via
respiratoria e fermentativa di saccharomyces.
Per la produzione di un metabolita è necessario fornire al microrganismo dei nutrienti, delle
fonti di carbonio. Questi vengono convertiti dal microrganismo tramite i suoi processi
metabolici in molecole essenziali per il suo metabolismo.
I metaboliti si dividono in primari e secondari a seconda della fase di crescita del
microrganismo. Quindi nella trofofase, la fase di crescita, si definiscono primari, mentre nella
fase stazionaria vengono definiti secondari.
Da sempre l’uomo sfrutta questi processi microbici per ottenere metaboliti per il proprio
interesse, come l’etanolo, l’acido lattico e l’acido acetico.
Tutti questi 3 metaboliti sono il risultato del bilancio ossidroiduttivo del catabolismo del
glucosio.

ESEMPIO DI METABOLITA PRIMARIO A DUE ATOMI DI CARBONIO: ETANOLO


Si parte dal BIOETANOLO che, in base a quale zucchero viene fornito dall’organismo, si
divide in PRIMA GENERAZIONE se deriva da saccarosio o amido, e SECONDA
GENERAZIONE con materiali ligno-cellulosici.
Ha formula CH3CH2OH.

La fermentazione alcolica è una delle vie più diffuse a livello microbico, quindi c’è una vasta
gamma di microrganismi che possono essere scelti.
Per scegliere il microrganismo ideale vanno tenuti in considerazione diversi fattori:
★ Utilizzare ampia gamma d tonti di carbonio (basso costo e facile reperibilità);
★ Alte rese e alte produttività;

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★ Tollerare alte concentrazioni di etanolo e alte pressioni osmotiche;


★ Crescere a temperature elevate per limitare contaminazioni e facilitare il recupero del
prodotto;
★ Flocculare facilmente per semplificare le operazioni di separazione della biomassa.

FONTI DI CARBONIO
Nei microrganismi eterotrofi la fonte carboniosa serve come fonte di energia per la crescita
cellulare e come fonte di carbonio per la produzione di metaboliti.

SACCHAROMYCES CEREVISIAE
ORGANISMO MODELLO

-Perché Saccharomyces?
➢ accessibile (economic driver)
➢ resistente
➢ duttile (breve ciclo cellulare, terreni di coltura semplici)
-Caratteristiche:
➢ 5-10 um, unicellulare
➢ gemmazione
➢ usi: vinificazione, panificazione.
-Modello metabolico:
➢ Respiratorio vs Fermentativo
➢ Studio di proteine omologhe umane (ciclo cellulare, molecole segnale, enzimi)
-modello genetico:
➢ genome sequencing
➢ 6274 geni, 16 cromosomi
➢ facoltà di manipolazione genica
➢ addizione/delezione genica

RESPIRAZIONE VS FERMENTAZIONE
Lo schema ci fa capire che ci sono due complessi enzimatici che intervengono a livello del
piruvato e che in base alla presenza o assenza di ossigeno spingeranno verso la via
fermentativa o vero la via respiratoria.

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Abbiamo a sinistra la presenza di ossigeno, quindi respirazione, a destra assenza ossigeno,


quindi fermentazione.
Queste due vie condividono i primi step, ovvero la glicolisi, dieci step di reazione che ci
portano al piruvato.
A questo punto,in base alla presenza o meno di ossigeno, interverranno due complessi
enzimatici:
1) la PIRUVATO DEIDROGENASI (in presenza di ossigeno) che ossida e decarbossila
il piruvato ad acetil-CoA che entrerà nel ciclo di acido citrico producendo ATP e CO2,
verrà prodotto del NADH che, nella catena respiratoria mitocondriale, troverà un
accettore di elettroni in O2 producendo nuovo ATP e di conseguenza nuovo NADH
che torna a far funzionare la glicolisi. Quindi il ciclo riparte.
2) la PIRUVATO DECARBOSSILASI, che decarbossila il piruvato in una molecola in
grado di accettare il protone ossidando NADH a NAD+ e producendo alla fine
etanolo.
Oltre alla fermentazione alcolica c’è quella lattica che produce, ovviamente acido lattico.

C’è però un’eccezione che prevede la fermentazione in alcuni lieviti che avviene anche in
presenza di ossigeno.
La fermentazione in presenza di ossigeno deriva dall’effetto di alte concentrazioni di glucosio
che producono principalmente due effetti correlati nello spingere verso una via fermentativa
in presenza di ossigeno:
1) effetti a BREVE TERMINE: dovuti a delle caratteristiche biochimiche dei due
complessi enzimatici citati prima che differiscono tra loro per Km e Vmax. La piruvato
decarbossilasi, che ha una Km maggiore rispetto alla piruvato deidrogenasi e quindi
una minore affinità per il piruvato. Quindi se il piruvato è troppo concentrato, funziona
meglio la deidrogenasi. Ci troviamo però nella condizione di alta concentrazione di
glucosio, che però equivale a dire alta concentrazione di piruvato, perché il piruvato
deriva dal glucosio.
2) effetti a LUNGO TERMINE: repressione genica.

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lezione 9 23 ottobre 2018

10. COLTIVAZIONE DEI MICRORGANISMI:


Il processo industriale è un processo scalare.
Nella messa a punto di un processo di fermentazione, in laboratorio o su scala industriale,
occorre definire il microrganismo di interesse e trovare i canali commerciali per procurarlo in
condizioni vitali.
In tutto il mondo esistono parecchie organizzazioni la cui funzione principale è mantenere
colture pure autentiche sia di batteri sia di altri microrganismi (lieviti, muffe, alghe protozoi,
virus) e di cellule animali.
La prima collezione nota di colture tipo, la collezione Kral, fu istituita a Praga intorno al 1900

L'ATCC comprende più di 17.000 ceppi di batteri funghi, alghe, protozoi, linee di cellule
animali e virus
Più di mezzo milione di ampolle di campioni liofilizzati sono immagazzinate in refrigeratori
meccanici a - 60°C, in camere fredde a 5°C o in refrigeratori ad azoto liquido a -196°C.
I microrganismi quando crescono su un terreno di laboratorio sono chiamati coltura
Il mantenimento di una coltura pura e senza variazione di caratteristiche è essenziale per
qualsiasi processo industriale
La maggior parte dei laboratori mantiene una collezione propria di queste colture, chiamata
master stock. Dobbiamo far evitare qualsiasi tipo di mutazione del microrganismo.

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Dalla master stock vengono prodotte le cosiddette working stock (working cell bank), una
riserva per uso corrente.
Sono colture di agar (slant o piastre) mantenute in frigo a 0-4 gradi e rinnovate di frequente,
perché a questa temperatura l’organismo perde le sue caratteristiche.
Vi sono vaste ricerche che sono state eseguite per sviluppare migliori condizioni per la
conservazione dei ceppi microbici

Dalle colture si va al master bank, che possono essere fiale liofilizzate o trial vials.
Successivamente ogni volta che si prende una fiala bisogna controllarla.
Il master stock è un metodo di liofilizzazione. Quest’ultima è il procedimento più efficace per
la conservazione delle colture, infatti molte specie di batteri conservate con questa tecnica
sono rimaste vitali e invariate per più di 20 anni.
La liofilizzazione è un procedimento che sfrutta la sublimazione del solvente (acqua in
questo caso) sottovuoto.
La sospensione cellulare deve essere trasferita in una apposita fialetta di vetro, congelata in
N2 liquido e posta a liofilizzzare per 2-3 giorni fino a perditta totale dell’acqua.
La polvere così ottenuta va sigillata nella fialetta e può essere conservata anche a
temperatura ambiente per tempi lunghi (anni)
Ciascuna fialetta liofilizzato a rappresenta il materiale di partenza per la costruzione del
working stock.

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La liofilizzazione è un processo che vede il passaggio da solido a vapore a bassa


temperatura. Dopo un processo di liofilizzazione rimane solo l’acqua legata.
Come nel processo di mantenimento, anche la liofilizzazione, dobbiamo aggiungere dei
crioprotettivi.

Cryovials:
La facile reperibilità dell'azoto liquido (-196°C) ha offerto al microbiologo un altro mezzo per
mantenere le colture.
In questo procedimento le cellule sono congelate insieme ad un agente crioprotettivo.
I campioni congelati sono conservati in refrigeratori ad azoto liquido.
Il mantenimento delle colture con azoto liquido si è rivelato molto soddisfacente ed efficace
con molti campioni che non possono essere mantenuti mediante liofilizzazione.
Entambi i sistemi vengono usati in parallelo.
CRIOPROTETTIVI:
per uscire dalla moda. a schermo intero
Sono sostanze organiche aggiunte ad una sospensione cellulare per preservare le cellule
dai danni da raffreddamento
I crioprotettivi possono essere di due tipo:
- PENETRANTI (etilenglicole, DMSO): penetrano la membrana cellulare e abbassano
temperatura di congelamento dell'acqua intracellulare.
- NON-PENETRANTI (macromolecole, glicerolo, zuccheri): si mantengono all'esterno
ma favoriscono l'uscita dell'acqua intracellulare aumentano la pressione osmotica
verso l'esterno (osmolarità)
Il danno che le cellule subiscono a seguito del raffreddamento è dovuto alla formazione di
piccoli cristalli di ghiaccio che compromettono le strutture cellulari.
Durante il raffreddamento una gran parte delle cellule comunque non sopravvive, ma la
presenza di un crioprotettivo permette di mantenere il livello di sopravvivenza intorno al 20-
40%. Una volta ripristinate le condizioni ambientali, le cellule sono in grado di moltiplicarsi e
crescere

WORKING STOCK
Deriva dallo sviluppo delle cellule di prima generazione liofilizzate del MASTER STOCK.
Le cellule di seconda generazione vanno conservate su slant e recuperate attraverso
un'ansa sterile per effettuare l'inoculo in terreno vegetativo.
Gli slant si conservano in frigorifero (+4°C) fino a 30 giorni. All'aumentare del grado di
invecchiamento delle cellule potrebbe aumentare la fase di latenza della crescita in terreno
vegetativo.

Da uno slant di seconda generazione viene effettuato il cosiddetto INOCULO in una beuta
vegetativa
BEUTA VEGETATIVA: bioreattore che contiene un piccolo volume (100-150 ml) di terreno di
crescita. La permanenza in beuta vegetativa è di circa 24-48 ore in dipendenza del
microrganismo.
Di norma la fase vegetativa ha una durata corrispondente all'arrivo in piena fase log della
crescita cellulare (metodo di controllo → turbidimetria, con campionamenti ad intervalli
regolari)

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II numero di passaggi di scala in fermentatore dipende dal volume finale del fermentatore
produttivo.
Di norma l'inoculo deve essere del 5-10% del volume di arrivo.

In ciascun passaggio le cellule vanno trasferite quando si trovano in piena fase log.
All'arrivo, come adattamento alle nuove condizioni, esse manifesteranno una nuova fase di
latenza prima di tornare in fase log in un volume più grande.
Nel fermentatore produttivo BATCH le cellule concluderanno il loro sviluppo completando
tutte le rimanenti fasi di crescita fino alla morte cellulare.
Nel caso della produzione di un metabolita primario (growth linked):

Nel caso growth unlinked:

LA fase logaritmica dovrebbe/si desidera farla durare più a lungo

CONDIZIONI CHE INFLUENZANO LA CRESCITA:


Possono essere fattori chimici e fisici.
I fattori fisici possono essere la temperatura (ottimale all’ottimo di temperatura e la
temperatura del fermentatore deve essere mantenuto tale)
Le variazioni di temperatura incidono in diverse fasi dei processi metabolici: aumentando la
temperatura si ha un’accelerazione di tutte le reazioni chimiche e del trasporto di massa,
D'altra parte temperature molto elevate portano a denaturazione delle proteine e quindi a
morte cellulare.
Per questo motivo si rende quasi sempre necessario fornire o sottrarre calore in modo da
mantenere le condizioni ottimali e questo avviene con scambiatori di calore.
La capacità del calore di uccidere i microrganismi viene sfruttata nella fase di sterilizzazione
che precede qualsiasi fermentazione

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VI SONO 2 METODI PER STERILIZZARE:


★ Sterilizzazione a secco : Si usa una stufa a circolazione di aria forzata scaldando a
160-170°C per due o più ore
★ Sterilizzazione a umido: Questa operazione è condotta in autoclave alla temperatura
di 115-121°C e alla pressione di 2 atm.

Il calore umido è molto più efficiente del calore secco perché provoca la coagulazione e la
denaturazione delle proteine e quindi degli acidi nucleici nel giro dì 12-45 min (di solito 20
min).

Un altro fattore fisico è la pressione osmotica: L'acqua indispensabile per la vita di qualsiasi
microrganismo contiene sostanze disciolte tali che difficilmente un batterio si trova in
condizioni isotoniche
Se l'ambiente è ipotonico per la cellula procariote, in possesso di membrana, non ci sono
particolari problemi, mentre la cellula eucariote si rigonfia fino a scoppiare (plasmoptisl).
Se l'ambiente è ipertonico si ha una disidratazione della cellula, seguita da una contrazione
(plasmolisi).

Ci sono batteri in grado di accrescersi in condizioni di elevata concentrazione salina (alofili)


o zuccherina (saccarofili) ma in genere è sufficiente una concentrazione di sale del 10-15%
o di zucchero del 50-60% per inibire ogni tipo di crescita.

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altri fattori fisici sono:


le radiazioni: Gli organismi fototrofi hanno bisogno di luce per crescere. Radiazioni a
lunghezza d'onda superiore (meno energetiche) non mostrano effetto sui microrganismi,
mentre radiazioni UV ed)( provocano mutazioni e morte.
la viscosità
La viscosità influenza la velocità con cui i microrganismi entrano in contatto con i nutrienti. In
un mezzo particolarmente viscoso diventa difficile lo scambio gassoso. E' necessario
prevedere quale sia la viscosità del mezzo per avere una fermentazione efficiente.
La turbolenza
La turbolenza, provocata dall'agitazione necessaria in un fermentatore, influenza poco i
batteri provvisti di membrana ma può provocare danni agli eucarioti. Quindi flussi gassosi ed
agitazione vanno opportunamente regolati.

Effetti positivi dell'agitazione


- l'alta pressione dinamica vicino all'agitatore provoca la dispersione dell'aria in piccole
bolle aumentando l'interfaccia gas-liquido
- le colture possono contenere solidi in sospensione e questi vengono uniformemente
dispersi
- viene ridotta la dimensione massima delle particelle (miceli) aumentando
l'omogeneità del sistema
- ottimo mescolamento della sospensione cellulare

Per quanto riguarda i fattori chimici è importante che l’ossigeno arrivi (esigenze gassose)
I gas che influenzano la crescita microbica sono l’ossigeno e l’anidride carbonica.
Esistono organismi:
- aerobi: che richiedono energia
- anaerobi: che richiedono l’essenza di ossigeno
- - anaerobi facoltativi che so accrescono comunque
- . microaerofili che richiedono la presenza di piccole quantità di ossigeno

Il trasferimento di ossigeno ad una cellula è ostacolato da diversi fattori:


1. diffusione dall’interno della bolla all’interfaccia
2. passaggio attraverso l’interfaccia
3. diffusione della zona stagnante immediatamente vicino alla bolla
4. diffusione nella massa del liquido ben agitatao
5. diffusione dalla zona stagnante immediatamente vicino alla cellula
6. superamento dell’interfaccia liquido.aggregato di cellule
7. diffusione all’interno della cellula
8. superamento della membrana cellulare
9. diffusione nella cellula per raggiungere il sito di reazione

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Il consumo di ossigeno è espresso il g/L*h ed è di solito centinaia di volte superiore al


valore di saturazione e quindi è necessario aggiungerlo continuamente
Ci sono tutta una serie di relazioni fra la potenza dell’agitazione e le risultanti velocità di
trasferimento del gas.

altri fattori chimici sono:


il pH
In genere il pH ottimale è tra 6.5-7.5, ma ci sono specie acido-resistenti che vivono
addirittura a pH 2-3. Spesso quando si coltivano microrganismi vengono prodotte sostanze
che variano il pH del terreno di coltura e quindi insieme ai nutrienti è necessario usare
tamponi
sostanze chimiche
Molte sostanze chimiche influenzano la crescita dei microrganismi interferendo con
meccanismi diversi. Ad esempio fenoli ed alcoli causano denaturazione delle proteine, gli
alogeni sono battericidi per il loro potere ossidante e infine la formaldeide agisce grazie alle
sue proprietà alchilanti

La strategia BATCH non sempre risponde alle esigenze di produttività.


Esistono diverse strategie di fermentazione che permettono di superare i limiti fisiologici
della crescita microbica ed aumentare la produttività

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REPEATED BATCH
FED BATCH
CONTINUA
CONTINUA CON RICICLO

11. IL FERMENTATORE
Ci sono due definizioni:
❖ BIOREATTORE: ambiente controllato in cui si allestisce una reazione biochimica
❖ FERMENTATORE: un bioreattore nel quale si realizza una fermentazione

Scala da laboratorio 1-10L


Scala pilota 50-1000L
Scala industriale 100,000-300,000L

I fermentatori vanno da semplici a sistemi integrati complessi che coinvolgono diversi livelli
di controllo.
Si distinguono due tipi di fermentatori:
➢ sistemi non-asettici dove non è necessario operare con colture pure di microrganismi
➢ sistemi asettici usati per la produzione di composti come antibiotici, amminoacidi,
polisaccaridi ecc...
L'obiettivo di qualsiasi fermentatore e di ottimizzare la crescita dell'organismo e/o la
formazione di un prodotto da parte di un organismo.

Un fermentatore deve:

➔ escludere l'ingresso di organismi contaminanti (mantenere la sterilità)


➔ contenere gli organismi desiderati
➔ mantenere il volume della coltura costante e la coltura omogenea
➔ mantenere il livello di ossigeno disciolto sopra valori critici di aerazione e agitazione
per organismi aerobici
➔ Controllare parametri chimico/fisici come temperatura e pH
➔ consentire una buona miscelazione della coltura

In un fermentatore i materiali che sono in contatto con le soluzioni che entrano nel
fermentatore o con la coltura devono:
➢ essere resistenti alla corrosione
➢ essere non-tossici perchè la dissoluzione del materiale non inibisca la crescita
➢ sopportare ripetuti cicli di sterilizzazione ad alta pressione.

ll sistema di agitazione deve essere sufficientemente resistente da non essere deformato o


rotto, o provocare deformazioni o rotture, per lo stress meccanico.
L'ispezione visiva del mezzo e della coltura è vantaggiosa, per cui se possibile dovrebbero
essere usati materiali trasparenti.
La maggior parte dei processi utilizzano colture sommerse

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I materiali che devono resistere alla corrosione, pericolosa dal punto di vista strutturale ma
anche come fonte di inquinamento del processo, sono:
• Acciaio Inox
• Vetro (per reattori fino a 40 L)
• Rame, Alluminio, Cemento, Legno
• Rivestiti di materiali polimerico ("per produzioni speciali")

I fermentatori sono di forma cilindrica per permettere un migliore scambio di materia e


perché sono più facili da sterilizzare
Il fermentatore viene riempito per ¾. In testa tende a formarsi schiuma che viene controllata
tramite un agitatore rompischiuma o con l'uso di agenti antischiuma

working volume =/ volume del vessel

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Classificazione dei bioreattori:


I fermentatori possono essere classificati in basle:
- ai sistemi di agitazione ed aerazione
- alla tipologia dei controlli effettuati in continuo
- alla tipologia del processo

Classificazione in base ai sistemi di agitazione e di aerazione


• fermentatori ad agitazione meccanica: STR o reattore batch
• fermentatori ad agitazione pneumatica: BCR e AIR LIFT
• fermentatori ad agitazione idraulica: deep-jet

Classificazione in base alla tipologia del bioreattore


• fermentatori monofasici
• fermentatori multifasici: reattori bifasici (a letto fisso e a letto fluido)

Classificazione in base alla tecnica di produzione


• impianti discontinui BATCH
• impianti continui

CONTINUA NELLA LEZIONE SUCCESSIVA

LEZIONE 10 24/10/2018

BIOREATTORI STR (Stirred tank reactor) O MESCOLATI MECCANICAMENTE

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E’ il tipo più comune di reattore usato per processi asettici. E’ il reattore più omogeneo e
versatile
Vantaggi:
➢ ottima omogeneità del brodo di coltura;
➢ elevata capacità di trasferimento O2;
➢ elevata flessibilità.

Svantaggi:
➢ Costi di fabbricazione elevati connessi alla costruzione del sistema di agitazione;
➢ Costi di processo elevati, connessi all’energia per il mescolamento.

Elementi caratteristici sono:


• Stirrer (con Impeller)
• Baffles
• Sparger

STIRRER
Le eliche usate nei bioreattori sono classificate come impellers.
Gli impellers spingono la maggior parte del flusso del liquido dall’asse verso la periferia, il
che dà una buona turbolenza e quindi una velocità di trasferimento gas-liquido
soddisfacente.

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RUSHTON TURBINE IMPELLER

BAFFLES
I baffles o deflettori riducono il tempo per raggiungere l’omogeneità e fanno sì che gli
impellers trasmettano potenza al fluido evitando la formazione di vortici e favorendo la
turbolenza.

SPARGER
Gli spargers servono ad introdurre bolle più piccole nel fermentatore. Il tipo più semplice è a
apertura singola.
All’aumentare delle dimensioni del fermentatore aumentano le richieste di aerazione.
Se occorre una maggiore aerazione, si usa lo sparger ad anello. Lo sparger ad anello ha
molti buchi. Lo sparger è localizzato direttamente sotto il disco dell’impeller più basso
cosicché la corrente d’aria è immessa direttamente attraverso gli impellers.

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I dispositivi coinvolti nel sistema di ossigenazione oltre agli insufflatori comprendono il


compressore e sistemi per l’ingresso e l’uscita dell’aria.
L’aria contiene tipicamente 103-104 microrganismi/m3. L’aria in ingresso è sterilizzata per
filtrazione; il filtro è sterilizzato a vapore.

BCR (Bubble Column Reactor) o bioreattori ad agitazione pneumatica


Nei bioreattori a colonna di bolle la miscelazione è affidata al flusso di gas in ingresso.
La geometria del fermentatore consente:
➔ tempi lunghi di soggiorno della bolla nel fermentatore;
➔ una regione di alta pressione idrostatica vicino allo sparger alla base del
fermentatore.

Vantaggi:
❏ Semplicità ed economia di disegno e di esercizio;
❏ Minore sensibilità alle infezioni.
Svantaggi:
❏ Elevata eterogeneità del contenuto;
❏ Limitata capacità di trasferimento dell’O2 (rispetto a STR).

Bioreattori AIR LIFT (con elevatore ad aria)

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Reattori a disegno più complesso rispetto ai reattori BCR in quanto è presente un diaframma
che serve per migliorare la circolazione di liquido.

Vantaggi:
★ Maggiore semplicità ed economia di esercizio rispetto allo STR;
★ Capacità di trasferimento dell’O2 maggiore rispetto a BCR anche se minore dell’STR;
★ Adatti per colture sensibili all’agitazione.
Svantaggi:
★ Rischio di elevata eterogeneità del contenuto.

BIOREATTORI SFERICI

Massimo working volume, minimo ingombro


Fino a 2000 m3
Mescolamento

Bioreattori DEEP-JET (o ad agitazione idraulica)


Il terreno è prelevato dal basso attraverso una pompa e viene reimmesso nel reattore
dall’alto dopo essere stato mescolato con aria sterile.
Il mescolamento dei liquidi favorisce il mescolamento del gas e della sospensione di cellule.

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Fermentatori Multifasici
Bioreattori in cui è presente una fase solida (supporto o cellule/enzimi immobilizzati) ed
un eluente.
Il volume del reattore può essere completamente riempito con supporti e liquido.

Vantaggi:
❖ Semplicità ed economia di esercizio
❖ Ottimi per lo svolgimento di reazioni enzimatiche e water waste treatments
Svantaggi:
❖ Formazione di aggregati o di percorsi preferenziali

Bioreattori a LETTO FLUIDO


Le particelle sono mantenute in sospensione dal flusso dell’eluente e/o dal gas in entrata.

Vantaggi:
● Semplicità ed economia di esercizio

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● Utilizzati per water waste treatments anaerobici


● Utilizzati per cellule animali che hanno richiesta di crescita su superfici
Svantaggi:
● Abrasione delle particelle

Bioreattori a LETTO FISSO


Sono colonne riempite (impaccate) di particelle di biocatalizzatore immobilizzato e sono
utilizzate in casi di elevata permanenza dei reagenti nella miscela di reazione perché si
formino i prodotti.
Come supporto per il biocatalizzatore si usano fibre sintetiche o argilla con porosità elevata
e superficie dai 50 ai 250 m2 per m3.

Vantaggi:
➢ Semplicità ed economia di esercizio
➢ Utilizzati per water waste treatments anaerobici
Svantaggi:
➢ Abrasione delle particelle

CONTROLLI
Per il controllo di un processo biotecnologico i parametri da misurare sono:
★ parametri fisici: velocità di agitazione, temperatura, pressione,livello di schiuma;
★ parametri chimici: pH, concentrazione di O2, concentrazione di CO2,
concentrazione dei nutrienti, potenziale redox;
★ parametri biologici: concentrazione cellulare, concentrazione di substrati,
concentrazione di metaboliti.

Sistema di mantenimento della temperatura


Quando la sonda rileva una temperatura maggiore di quella ottimale attiva la
pompa di ingresso dell’acqua di raffreddamento nella camicia.

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Sistema di controllo del pH


Il sistema di controllo prevede un elettrodo, due pompe e due serbatoi contenenti l’acido e la
base.

Sistema per il controllo della schiuma


Cause della schiuma:
1. Prodotti cellulari
2. Lisi cellulare

Controllo della schiuma:


➔ Per prevenire la produzione di gas schiumanti occorre tenere le cellule in buona
salute lavorando sulla strategia di alimentazione dei nutrienti.
➔ Per inibire le condizioni che conducono alla schiuma occorre controllare l’agitazione
e l’aerazione.
➔ Aggiunta di anti-schiuma (es. glicole polimerico, olio, antischiuma a base siliconica).

CONTROLLI
Gli strumenti attualmente in uso permettono di effettuare tre tipi di misure:

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❏ misure in-line (sonde): soprattutto per il controllo di parametri fisici. Vengono messi
dei sensori direttamente a contatto con la biomassa per cui danno risposte continue
e immediate.
Vantaggio: non ha bisogno di campionamento.
❏ misure on-line: vengono effettuate attraverso campionamenti periodici. Con questo
tipo di controllo si possono verificare errori, in quanto il tempo tra campionamento e
misura è più lungo di quello durante il quale avvengono nella biomassa variazioni dei
parametri osservati.
❏ misure off–line: vengono effettuati campionamenti discontinui, utili perché
rappresentano una conferma sia delle misure in-line che on-line.
❏ Metodi di misura innovativi: BIOSENSORI e SENSORI OTTICI (UV, IR, NIR).

Lezione 11 30/10/2018

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VISIONE DI VIDEO PER LAB

Lezione 12 6 novembre 2018

INIZIO SECONDA PARTE: NUOVA DOCENTE

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LA CRESCITA MICROBICA:

ripassiamo: la fermentazione è la trasformazione in uno o più stadi di un prodotto grezzo a


basso valore economico in un prodotto pregiato attraverso la catalisi eterogenea di un
sistema multienzimatico costituito da microrganismi
Dal punto di vista biochimico la fermentazione è una cosa, dal punto di vista industriale è
anche quello, ma anche un uso di microrganismi per un determinato fine.

Schema di un processo di fermentazione. 3 macroargomenti: preparazione, fermentazione e


aspetti del downstream (recupero del prodotto) → tecniche per ricavare il prodotto
→ upstream process: processo di preparazione della fermentazione.
Stream perchè significa “percorso principale di produzione”
Il microrganismo è un piccolo reattore.

La scissione binaria: la riproduzione dei batteri è asessuata e avviene mediante la divisione


di un individuo in due cellule figlie uguali tra di loro e identiche alla progenitrice. Il processo è
tipico degli organismi unicellulari (batteri).
ll tempo richiesto per svolgere un ciclo di crescita completo dipende dal batterio e dipende
da fattori genetici e nutrizionali.
I lieviti invece si riproducono per GEMMAZIONE. E’ una riproduzione asessuata dove si
forma una piccole protuberanza alla cellula, detta gemma, che in un secondo momento si
stacca; al contrario della scissione la cellula genitrice si conserva e la gemma è in genere
più piccola di essa (una cellula può gemmare fino a 40 volte, poi muore
Le muffe fanno la SPORULAZIONE.
Quindi i microrganismi hanno modalità di riproduzione diversa. Tuttavia per studiare la
crescita microbica si tende a ragionare per semplificazione, quindi che da una cellula se ne
ottengono due (tranne la sporulazione). Si pone un’ipotesi di divisione binaria. Con le muffe
il modello teorico avrà una deviazione dovuta al fatto che nella realtà non è così.
Successivamente dopo un modello generale si va nei casi particolari.

Vi sono delle variabili fondamentali per studiare la crescita microbica:


1. il NUMERO di cellule che si riproducono
2. e il TEMPO in cui la stesse cellule si riproducono

Se parto da una cellula a ogni evento divisionale ho il raddoppio del numero di cellule.
2^n (2 perchè è una divisione binaria)

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CRESCITA MICROBICA

L'intervallo di tempo durante il quale da una singola cellula si formano due cellule figlie è
definito tempo di duplicazione (td)
II tempo di duplicazione (td), é dunque il tempo necessario ad una popolazione per
duplicarsi e viene detto anche tempo di raddoppiamento/tempo di generazione.
Molti batteri hanno tempi di generazione compresi tra una e tre ore; alcuni crescono
rapidamente dividendosi à circa 10 minuti mentre in altri può essere di alcuni giorni
II tempo di generazione oltre a variare a seconda dello specifico microrganismo può essere
influenzato dal terreno e dalle condizioni di crescita.
➔ t=td * n → td= t/n

La crescita microbica può essere studiata con due parametri


1. di popolazione (numero di cellule): misuro il numero di cellule nei vari tempi
2. di massa cellulare (misura di cellule in base al peso): concentrazione delle cellule nel
recipiente di fermentazione
Sono parametri identici , l’unica differenza è che uno ragiona in numero e l’altro in massa.
Dal punto di vista pratico è più comodo ragionare dal punto di vista della massa cellulare.
(da ora in poi solo massa)

Stabilito e capito che le due variabili sono la quantità di cellule “X” e il tempo in cui queste
cellule si moltiplicano è chiaro che il passo successivo è capire come sono tra loro correlate
queste due variabili. Devo stabilire una uguaglianza in base al tempo per avere a
disposizione strumenti per dare un senso a ciò che cerco.
Studiare la curva di crescita di un microrganismo significa capire quale è la funzione che
lega il numero di cellule al tempo. Devo ricordarmi che il TEMPO è LA VARIABILE
INDIPENDENTE (asse X), la variabile DIPENDENTE è la CONCENTRAZIONE DELLE
CELLULE/BIOMASSA (asse y). All'aumentare del tempo devo capire cosa accade alla
massa cellulare.

➔ y=f(x)
Se osservo una curva di crescita microbica e vado a misurare la X o la N si osserva
l'espressione della y= f(x) → N=f(t) oppure X=f(t)

Arrivati alla curva di crescita bisogna osservare un po’ di matematica.

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Esiste una QUINTA FASE DI SVILUPPO CRIPTICO/METABOLISMO ENDOGENO dove


una volta che il microrganismo è in fase di morte si osserva una seconda impennata di fase
esponenziale, dovuto al fatto che man mano che le cellule muoiono si ha la rottura delle
parete cellulari e quindi il materiale intracellulare viene rilasciato nel terreno di crescita e
rappresenta lui stesso il nutrimento per quelle poche cellule che sono sopravvissute e quindi
continuano a crescere. E’ un passaggio transitorio. Poi moriranno tutte
In inglese, in ordine è: fase lag, log, stationary, death, criptic growth

FASE DI LATENZA (LAG PHASE)


La fase di latenza rappresenta un periodo di adattamento delle cellule (inoculo) alle
condizioni del nuovo terreno di crescita. In questa fase non si verifica alcuna divisione
cellulare.
In questa fase non si verifica alcun incremento del numero di cellule, al contrario in genere si
ha una riduzione.
La durata della fase lag è molto variabile e può dipendere da:
- stato vegetativo in cui si trovano le cellule trasferite (esponenziale o stazionaria)
- trasferimento da un terreno ricco ad uno povero (il microrganismo deve sintetizzare
nuove proteine)
- diluizione degli esoenzimi e difficoltà di «cattura» dei nutrienti
- condizioni di crescita (temperatura, pH, ossigenazione, ecc) -concentrazione
dell'inoculo
Dal punto di vista industriale la fase lag è «tempo non produttivo» perché in questo
momento il microrganismo ha solo bisogno di adattarsi. Si deve ridurre al minimo il tempo
della fase di latenza (!)
In alcuni casi la fase di latenza è rivolta in modo negativo, perché i microrganismi non si
riproducono e iniziano a morire. Si osserva un calo della concentrazione cellulare, Il
passaggio tra l’inoculo e il fermentatore è molto diverso la fermentazione non parte perchè
muoiono e non fanno in tempo ad adattarsi. Vi è un avvallamento.

FASE ESPONENZIALE (LOG PHASE)


In questa fase ciascuna cellula della popolazione raddoppia in un tempo di generazione.
II tempo di generazione e il tempo necessario per duplicare la popolazione iniziale di cellule
E' la fase di moltiplicazione cellulare vera e propria.
y=f(a) --> X= f(t) la funzione esponenziale.
y= e^x → X=e^t
Ad un piccolo incremento della variabile indipendente (t), si ha un incremento esponenziale
della variabile dipendente (X)

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La velocità di crescita dipende direttamente dalle condizioni di crescita; è massima se i


microrganismi sono nosti nelle migliori condizioni

Quando termina il nutriente,che diventa limitante il microrganismo smette di crescere (in


laboratorio). In natura invece i porcessimicrobici sono esotermici (aumentano laT) e quindi
ogni microrganismo che ha la propria temperatura ottimale, il processo prosegue, la
temperatura aumenta e i microrganismi stessi anche se responsabili dell’aumento di
temperatura iniziano a morire e si arriva alla fase STAZIONARIA.

Gli antibiotici vengono prodotti solo in fase stazionaria, quindi questa fase non è sempre
negativa, perché è la fase produttiva industriale/tecnologo. A loro interessa che le fasi prima
siano le più brevi possibili.
A chi lavora con le fermentazioni invece, interessa la fase esponenziale, più dura e più è
meglio.
Questa è la differenza tra chi studia e chi produce per questioni lavorative.

Nella fase stazionaria non c’è aumento di concentrazione cellulare, però la curva di crescita
è il risultato di un EQUILIBRIO DINAMICO. Il fatto che non si percepisca variazione cellulare
dipende dal fatto che il numero di cellule che muoiono è uguale al numero di cellule che si
riproducono (diverso dall’eq statico dove se ho 100 cellule rimangono 100 e poi muoiono).

➢ Fase esponenziale: Le cellule sono in condizione di massima velocità di riproduzione


molte nascono, poche muoiono, Risultato:aumento della concentrazione cellulare
➢ Fase stazionaria: le cellule sono in condizioni di scarsi nutrienti o condizioni non
ottimali. Alcune nascono, alcune muoiono. Risultato: concentrazione cellulare
costante
➢ Fase di morte: Le cellule sono in condizioni di difficoltà, poche nascono, molte
muoiono. Risultato: diminuzione netta della concentrazione cellulare
.
Ogni punto della funzione di crescita è il risultato di un equilibrio dinamico tra cellule che si
riproducono e cellule che muoiono.

FASE DI MORTE
La fase di morte sopraggiunge quando il numero delle cellule che muoiono prevale sul
numero di cellule vitali.

FASE DI SVILUPPO CRIPTICO


La fase di sviluppo criptico può sopraggiungere se nuove cellule si sviluppano nutrendosi del
materiale cellulare rilasciato dalle generazioni precedenti già morte e ancora presenti nel
mezzo di crescita.
Detta anche FASE DI METABOLISMO ENDOGENO

A livello industriale, l’analisi della crescita microbica avviene di preferenza secondo il criterio
della massa cellulare. Dobbiamo dedurre un modello teorico:
Sulla base delle loro caratteristiche si chiamano: non strutturato, strutturano, non segregato,
segregato. Più uno studio considera tutte le variabili, più è specifico e più si adatta a un

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processo definito. Più fa approssimazioni, più si allontana dalla realtà, più riesco a dare un
modello di validità generale
TIPI DI MODELLO NON STRUTTURATO
STRUTTURATO

tutte le reazioni sono vengono


CARATTERISTICHE descritte come una considerate
reazione funzione di specifiche reazioni
una singola cellula intracellulari e quindi
la velocità di
reazione è funzione
di più parametri

NON SEGREGATO tutte le cellule sono qs → O→ qp


simili

SEGREGATO la popolazione
contiene cellule con
caratteristiche
differenti

Noi utilizzeremo quelle con il colore blu.

Per applicazioni di fermentazione si usano MODELLI DELLA CINETICA DI CRESCITA


MICROBICA NON-SEGREGATI e NON-STRUTTURATI
NON-SEGREGATI: si assume che tutte le cellule siano simili cioè abbiano tutte la stessa
"età", la stessa dimensione, la stessa morfologia, stessa capacità e modalità di riproduzione
NON-STRUTTURATI: si assume che la velocità di reazione non sia influenzata dalla
struttura intra-cellulare, cioè si assume che la struttura intra-cellulare rimanga sempre la
stessa
MODELLO DELLA CELLULA COME SCATOLA NERA

Le ipotesi con cui dobbiamo confrontarci, dalle quali partiamo sono:


1. ogni cellula si riproduce per divisione binaria
2. tutte le cellule si dividono alla stessa velocità
3. tutte le cellule hanno la stessa probabilità di dividersi
In realtà non è così, sono ipotesi che mi servono per ottenere un risultato sufficientemente
semplice per spiegare la realtà → dobbiamo riuscire a spiegare un modello di crescita
microbica in BATCH (“discontinuo”). E’ un processo di classica fermentazione su cui si
studia il modello della crescita perché dentro il batch i microrganismi si sviluppano secondo
la loro forma di crescita. Si ha un contenitore chiuso, metto dentro i substrati, metto l’inoculo,
chiudo tutto, faccio avvenire il processo finché i microrganismi non sono in fase di morte e
dopo apro

La crescita dei microrganismi è condotta in specifici contenitori chiamati


bioreattori/fermentatori che costituiscono l'ambiente controllato in cui si allestisce il processo
fermentativo.

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La coltura batch può essere vista come un'estensione volumetrica di una coltura in provetta
o in beuta ed ha una durata temporale definita poiché costituisce un sistema chiuso che
contiene un limitato ammontare di nutrienti.

lezione 13 8 novembre 2018

VARIAZIONE: è necessario trovare quale funzione esprima la variazione della massa


cellulare (X) nel tempo (t) oppure come si comporta la variabile dipendente X per ogni
variazione di t, oppure quale è la variazione di X al variare di t.

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La derivata ha il significato matematico di esprimere come varia una variabile rispetto ad


un’altra. Da questo deriva la velocità di aumento della massa cellulare in un certo intervallo
di tempo dipende dalla concentrazione di cellule presenti nel bioreattore all’inizio di
quell’intervallo di tempo

Il tempo di duplicazione è il tempo necessario per duplicare la popolazione iniziale di cellule.


In fase esponenziale questo valore si può considerare costante

esprime anche le altre fasi, lag, e stazionaria

effetti ambientali sulla crescita microbica: dipendono dal tipo di microrganismo


- concentrazione substrato limitante
- temperatura
- ph extracellulare
- osmolarità
- ossigeno

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lezione 14 13 novembre 2018

Sebbene la μ (mu/mi) sia legata ad una serie di eventi variabili in un bioreattore, queste
possono essere mantenute tutte costanti tranne la concentrazione di u unico componente S del
substrato. Pertanto, se ipotizziamo di mantenere costanti tutte le altre variabili, il valore
istantaneo di μ può essere legato esclusivamente all’unico componente essenziale S dalla
relazione μ = f(s)
Il consumo di un componente del substrato essenziale allo sviluppo S fa si che la sua
concentrazione prima sufficiente divenga limitante per la crescita cellulare

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CONCETTO COI SUBSTRATO LIMITANTE:


Si ritiene che tutti i substrati (nutrienti presenti nel terreno) siano in eccesso all'inizio del
processo, finché la concentrazione di uno cala al punto da diventare limitante per la crescita
microbica
Tutti i nutrienti possono essere substrati; anche se solitamente è la fonte carboniosa perchè
più rilevante (impatta anche sui costi, non si spreca)
Prima o poi uno dei substrati diventa limitante ed è il principale fattore che comporta la fine
del processo (le altre variabili sono controllabili per tempi molto più lunghi - tempi, pH)
L'ossigeno può essere un substrato limitante se, quando necessario non è fornito in quantità
opportune alle cellule
Il teorico ex ante della concentrazione di nutrienti necessaria per ottenere un certo
quantitativo di biomassa o metaboliti é utile per evitare di trovarsi nelle condizioni di
substrato limitante in fasi della fermentazione ancora produttive

RAPPORTO TRA LA VELOCITÀ DI SVILUPPO E LA CONCENTRAZIONE DEL


SUBSTRATO
In un processo batch il valore di μ varia in maniera continua da un minimo, corrispondente a
quello del metabolismo basale della biomassa in fase lag e stazionaria, ad un massimo che
si osserva per buona parte della fase log.
Nel 1942 Jaques Monod propose la seguente relazione matematica per descrivere l'effetto
della concentrazione di S (SUBSTRATO LIMITANTE) sul valore di μ

EQUAZIONE DI MONOD

Su x substrato, su y la μ

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Il substrato man mano che la fermentazione procede diminuisce, perché viene mangiato. Il
grafico si legge da dx a sx. Si parte quanto la concentrazione è al max possibile (!) Mentre il
processo avviene il microrganismo cresce il substrato cala perché viene consumato dal
microrganismo
Ad un certo punto la quantità di substrato (carbonio) non è più sufficiente per sostenere la
crescita di μ=vmax → cambio di pendenza (cala) che porta alla fase stazionaria.
Finchè μ=vmax è costante; quando il substrato diventa limitante si arriva alla fase stazionaria
dove la velocità di crescita è pari a zero (all’”origine” del grafico) e le cellule iniziano a morire
molto velocemente. Tutto questo è scritto nell equazione di Monod.
Qual è la dipendenza della velocità di crescita rispetto alla concentrazione di substrato limitante?
→ è data dall'eq di Monod che esprime come cala la velocità specifica di crescita in base alla
concentrazione di substrato.
(velocità crescita e sviluppo sono sinonimi)
ks= concentrazione di substrato (X) che corrisponde a una velocità di crescita si sviluppo di
metà rispetto alla Vmax. Interessa perchè i punti della curva dimostrano andamenti diversi

μ è la velocità specifica di crescita osservata


μ è la velocità specifica di crescita massima nelle condizioni di coltura
S è la concentrazione del substrato limitante K, ossia la concentrazione del substrato limitante
alla quale valore di μ è la metà della massima μ/μmax= 0.5.
- ks rappresenta la quantità di substrato necessaria affinché la reazione avvenga con
velocità pari a metà della velocità massima raggiungibile.
- Km può essere considerata la misura dell'affinità di un enzima per il substrato: più è alta
Km, minore è l'affonda e viceversa.
- Ks rappresenta Quindi un Indice dell'efficienza con cui un microrganismo riesce ad
utilizzare il substrato o l'affinità di un microrganismo per un certo substrato.
Finché il substrato è a concentrazione elevata, quindi siamo sulla dx, il microrganismo può
crescere tranquillamente a μ=vmax. Il substrato ovviamente cala, anche se non è limitante e la μ
rimane = a vmax.

Si possono avere anche altre andamenti (verde e blu) che corrispondono a μ altri valori
Microrganismo Blu raggiunge prima la metà della capacità specifica di crescita, verde è il più
efficiente di tutti. Sostiene una crescita alta per più tempo
Più ks è grande meno efficiente è a crescita e prima il microrganismo raggiunge la metà
specifica
ks più piccolo, più il microrganismo è efficiente

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Le principali grandezze che descrivono la crescita microbica sono la μ(vmax) e la Ks che dice
quanto velocemente crescono e quanto efficientemente il microrganismo usa il substrato che sta
consumando

TEMPERATURA:

La temperatura è un fattore ambientale caratterizzante per lo sviluppo del microrganismo


Vale lo stesso discorso del ph, cioè che dal punto di vista industriale non interessano gli
estremofili. A noi interessano psicrofili, mesofili e termofili .
Il grafico è importante (!) → non è una campana simmetrica come nel ph. Se ho l’ottimo di
temperatura e vado a temperature più basse la velocità specifica cala, fino a diventare 0, perchè
la T non permette la, vita dell’organismo e si rompono le membrane cellulari.

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Se aumento la T, vedo che l’organismo muore facilmente, quindi non è adatto a temperature
alte.

Dobbiamo capire la relazione tra la velocità specifica di crescita (velocità microbiologica e la


temperatura → grafico esponenziale → si può trasformare in logaritmo secondo un formalismo
matematico più elegante → permette una retta che piace di più (non a noi ma ai chimici)
1/T è sulle X= variabile indipendente
variabile dipendente è il log di μ
Sulle X non c’è la temperatura, ma 1/T, quindi se 1/T aumenta vuol dire che diventa più piccolo.
Se 1/T aumenta da sx a dx, la T aumenta da Dx verso Sx → temperature basse “verso l’infinito”
e temperature alte si leggono “all’origine”
Quindi la velocità specifica di crescita aumenta all’aumentare della temperatura

Arrhenius vale solo finché non arrivo all’ottimo, poi il sistema non sostiene più

Se sostituiamo alle X 1/T con T:


fino all’ottimo segue il modello arrhenius, poi vi è un comportamento fisiologico → morte, quindi
la velocità va a zero

Se “sposto” un andamento spanciato. Le due curve sono identiche, ma è più elegante


linealizzarla. La coerenza è la stessa

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OSMOLARITA’:
Il cloruro di sodio modifica alcune caratteristiche del terreno di crescita, alcuni microrganismi ne
hanno bisogno, altri meno. Influenza l’osmolarità del terreno e l’attività dell’acqua (aw) che dice
se nell’acqua pura ci sono parti che sono non più disponibili
L'attività dell'acqua (aw) per una soluzione è il rapporto fra la pressione parziale di vapore della
soluzione con quella del solvente puro (acqua):
%o= P/Po
L'attività dell'acqua varia da 1 (acqua pura) a 0.
La presenza di soluti disciolti fa variare aw
La presenza di soluti abbassa l'attività dell'acqua, perché l'acqua di idratazione non è più
disponibile.
Più soluto c’è meno è disponibile.
Se metto nacl nell’acqua le molecole di acqua che vanno verso anione/catione non sono più
disponibili, rimane l'acqua pura.
I microrganismi percepiscono l’attività dell’acqua, quindi la maggior parte dei
batteri/microrganismi vivono quando l’attività dell’acqua è aw >9,98 (il massimo è uno!), non
hanno una grande tolleranza rispetto ad abbassamenti di attività.
I microrganismi vengono classificati sulla base della loro tolleranza al cloruro di sodio:
XEROFILI microrganismi che crescono in condizioni di aridità. Tra questi gli alofili e gli
alotolleranti sono gli organismi capaci di svilupparsi in ambienti con bassa disponibilità d'acqua,
legata alla presenza di sali.
ALOTOLLERANTI Alcuni batteri sono moderatamente alofili e possono sopportare piccole
quantità di NaCI per crescere (crescono bene intorno ad aw=0.96, con concentrazioni di NaCI
intorno a 0,5%)
ALOFILI Alcuni batteri hanno sviluppato la caratteristica di vivere in condizioni di aw< 0.85

Basso alofilo NaCI < 1-6%


Alofilo moderato NaCI < 6-15%
Alofilo estremo NaCI < 15-30%
La maggior parte dei microrganismi è inibita per aw < 0,60

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lezione 15 14 novembre 2018

OSSIGENO:
rapporto tra crescita microbica e concentrazione di ossigeno.
I microrganismi si classificano in base alla capacità/aver bisogno di lavorare l’ ossigeno.
Oltre alla fonte carboniosa, anche l’ossigeno è una fonte limitante, al quale segue una cinetica
come quella di Monod
AEROBI RELAZIONE CON IL 02

OBBLIGATI richiesta

FACOLTATIVI non richiesta, ma crescono


meglio in presenza di O2

MICROAEROFILI richiesta, ma a livelli di quelli


atmosferici

ANAEROBI AEROTOLLERANTI non richiesta e non crescono


meglio in presenza di O2

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OBBLIGATI Dannosa o letale

Anche per l’ossigeno si può considerare come substrato: A concentrazioni sufficientemente


basse, l’ossigeno diventa limitante limitante per la crescita.
E’ un nutriente quando serve, quindi è a tutti gli effetti un substrato.
La relazione tra O2 e μ è di tipo Monod (si determina però con kp=ks):

Il parametro di riferimento è la pressione parziale. La concentrazione di


ossigeno è determinata dalla concentrazione parziale e la costante specifica.
Quando considero l’ossigeno substrato limitante significa che è il substrato che limita la crescita,
gli altri,come la fonte carboniosa, sono in eccesso.
I possibili andamenti:

Sulle y c’è la quantità di ossigeno.


Aerobi: l’andamento è come per i substrati (da dx a sx). Finchè c’è ossigeno sufficiente i
microrganismi crescono con μ=vmax e ad un certo punto per valori inferiori è limitante (sx) e per
valori superiori è sufficiente(dx), fino a calare e arrivare a zero
Aerobi facoltativi: inizialmente come gli aerobi, poi l’ossigeno diventa limitante (non da arrivare a
μ=0 → se non c’è ossigeno non ci sono problemi però, perchè sono appunto facoltativi
Anaerobi: microrganismi che non tollerano l’ossigeno. Finché c’è tanto ossigeno non crescono.
Se sono anaerobi obbligati quando è 0 iniziano a crescere, quando sono anaerobi che tollerano
l’ossigeno, crescono quando l’ossigeno diminuisce e raggiungono la μmax quando l’ossigeno è
pari a zero.

Dopo tutto dobbiamo studiare il CONSUMO DEL SUBSTRATO, e qual è la cinetica del suo
consumo. E dobbiamo studiare anche come SINTETIZZA IL PRODOTTO che interessa (come
vengono bio sintetizzati).

VELOCITÀ’ DI CONSUMO DEL SUBSTRATO:


Riferimento: fonte di carbonio (perchè costa di più e si mette in maggior quantità), ma vale per
tutti i substrati
Per convenzione si ritiene che nei terreni di crescita la fonte di carbonio sia il substrato limitante
e quindi su di essa vengono basati i modelli teorici.

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Se la variazione della concentrazione del substrato nel tempo è proporzionale alla massa
cellulare iniziale alla prima potenza, la velocità di consumo del substrato segue una cinetica di

primo ordine.
La velocità di consumo del substrato in un certo intervallo di tempo, dipende dalla
concentrazione di cellule presenti nel bioreattore all’inizio di quell’intervallo di tempo
Consumo di substrato= q

La costante cinetica q si chiama QUOZIENTE METABOLICO e rappresenta la VELOCITÀ


SPECIFICA DI CONSUMO DEL SUBSTRATO cioè LA QUANTITÀ DI SUBSTRATO CHE VIENE
CONSUMATA PER UNITÀ DI MASSA CELLULARE (che mi permette di confrontare vari e
diversi processi)
Così come μ descrive I evoluzione della massa cellulare nel tempo q descrive evoluzione della
concentrazione del substrato nel tempo.
Può essere calcolato un q per ogni substrato consumato durante il processo

Il grafico è:

Durante un processo fermentativo l’andamento della concentrazione del substrato è


SPECULARE a quello della biomassa fino alla fase stazionaria.

q è la pendenza della fase esponenziale di consumo di substrato


La pendenza è negativa, ma il valore di q si considera in valore assoluto (!)

Blu: osservo che come c’è una fase di latenza, ma poi vi è una fase in cui la concentrazione
cellulare non varia (μ=0) → le cellule non consumano e non mangiano → fase di latenza
speculare a quello della crescita.
Le cellule vanno in fase esponenziale → substrato consumato in maniera esponenziale, tanto
quando deve sopportare la crescita microbica.
A un certo punto il substrato non è più sufficiente per sostenere la crescita e quindi mentre va a
zero, la crescita cellulare non è più sostenuta e la μ va a zero.

Come possono essere le Q in termini di valore?

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Lo scopo è sempre quello di arrivare al consumo totale almeno della fonte carboniosa per
massimizzare la conversione.
Al termine di un processi batch il substrato non consumato è perso, è da buttare via
L’ossigeno è quindi un substrato e per questo motivo è possibile definire un’equazione cinetica
del primo ordine che descrive la velocità del suo consumo.

qO2 QUOZIENTE METABOLICO: velocità specifica di consumo per unità di massa cellulare

La crescita Diauxica:
La maggior parte di terreni complessi non contengono mai una fonte di carbonio, ma 2 o più.
Come vengono consumate? Prima ne viene consumata una, poi l’altra, una alla volta. La scelta
avviene sulla base della costante di affinità che manifesta rispetto a quella fonte carboniosa.
Questa crescita si chiama crescita diauxica → comportamento di crescita del microrganismo che
si trova ad usare 2 fonte carboniose presenti nel terreno di crescita.
Prima mangia il glucosio, poi quando finisce entra in fase stazionaria, e dopo una fase di latenza
breve che serve per cambiare il pool enzimatico per sintetizzare la nuova crescita carboniosa per
sintetizzare il lattosio (seconda fonte carboniosa) e così via → andamento a gradini

Si osserva quando una popolazione microbica cresce in un sistema chiuso in un terreno minimo
che contiene due diverse fonti organiche di carbonio (crescita con doppia fase).
Il plateau che si osserva alla fine della prima fase esponenziale in cui la crescita è nella dipende
dal tempo richiesto per la sintesi degli enzimi che promuovono la demolizione del substrato S2

Ogni volta che parte in fase esponenziale, lui usa il substrato che via via gli è meno affine, quindi
il substrato ha un ks via via maggiore in termini di valore, quindi ciò fa sì che Ks1 (del primo
substrato) è più piccola (perchè più affine) rispetto al secondo substrato.
Questo ha un effetto sulla crescita, nel senso che la pendenza prima della fase esponenziale è
sempre maggiore (cresce più rapidamente) sul primo substrato di quando non cresca sul
secondo.

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Esempio: (errore nella fase di latenza, se esaurisce il glucosio non può poi crescere glucosio)

Crescita diauxica di ceppi di S. thermophilum in latte:

Alcuni ceppi di S. thermophilus mostrano in latte una chiara crescita diauxica che scompare se il
latte viene implementato di amminoacidi. Questo fenomeno, che determina un rallentamento
della crescita di S. thermophilus, è dovuto al fatto che amminoacidi essenziali quali Glu e Met
sono presenti in latte in concentrazioni decisamente inferiori (Glu 45 mg/l, Met 1 mg/I) a quelle
richieste da questa specie per crescere correttamente (Glu 200 mg/I, Met 60 mg/I). Di
conseguenza, S. thermophilus deve trovare altre fonti amminoacidiche per poter raggiungere alte
concentrazioni cellulari in latte.

CINETICA DI FORMAZIONE DEI PRODOTTI:


La formazione di metaboliti è strettamente legata allo sviluppo della biomassa.
La relazione cinetica tra sviluppo cellulare e formazione del prodotto dipende dal ruolo che il
prodotto svolge nel metabolismo cellulare
I microrganismi usano 3 tipi di modalità biosintetiche per produrre metaboliti:
1. LA BIOSINTESI DEL PRODOTTO E ASSOCIATA ALLO SVILUPPO
2. LA BIOSINTESI DEL PRODOTTO INIZIA DOPO CHE LO SVILUPPO E COMINCIATO
3. LA BIOSINTESI DEL PRODOTTO INIZIA QUANDO LO SVILUPPO E CESSATO

I metaboliti che possono essere prodotti sono di due tipi: primari e secondari
I primi 2 casi sono associati → il microrganismo produce metaboliti primari, ovvero associati allo
sviluppo e alla crescita microbica.
Nel terzo caso si chiamano metaboliti secondari

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METABOLITI PRIMARI: (amminoacidi, vitamine, etanolo)


Di primo tipo, vengono biosintetizzati in maniera completamente associata alla crescita →
growth-linked
Quando la formazione di un prodotto è legata alla crescita, la quantità di prodotto che si forma è
direttamente proporzionale alla quantità di biomassa presente nel terreno di fermentazione, ha lo
stesso andamento.
Non vengono prodotti in fase stazionaria
La biosintesi di metaboliti primari del primo tipo segue una cinetica del primo ordine:

La variazione di prodotto nel tempo è proporzionale alla massa cellulare rispetto alla costante di
velocità specifica di formazione del prodotto
qp= velocità specifica di formazione del prodotto
La quantità di prodotto che viene sintetizzato per unità di massa cellulare.

Di secondo tipo, Produzione di acido lattico e citrico.


La formazione del prodotto è parzialmente disaccoppiata dalla crescita → partly growth linked
Il prodotto viene sintetizzato a un certo punto dello sviluppo della fase esponenziale

METABOLITI SECONDARI: (antibiotici e tossine)


Formazione del prodotto totalmente disaccoppiata dalla crescita microbica → not growth linked
Vengono sintetizzati dalla fase esponenziale in poi, nella fase stazionaria.
Per i prodotti ottenuti dal metabolismo secondario non esiste generalmente una correlazione
diretta tra cinetica di formazione del prodotto ottenuto e biomassa, a causa delle complesse vie
metaboliche che porta alla sua biosintesi
La biosintesi di metaboliti primari di terzo tipo non segue una cinetica del primo ordine, ma è una
funzione complessa qp:

RIEPILOGO:

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lezione 16 20 novembre 2018

(laboratorio) PRODOTTI MICROBICI DA TECNOLOGIE FERMENTATIVE:

metaboliti primari: fase di crescita esponenziale

- alcoli
- amminoacidi
- nucleotidi
- acidi organici
- polioli
- vitamine
- enzimi

metaboliti secondari: fase stazionaria

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- antibiotici
- tossine

metaboliti distinti dalla linea verde.

Possono essere creati dei polimeri biodegradabili per una sorta di ingegneria tissutale, per
l'impianto di tissutare biomediche. Sono anche termoplastici e possono essere usati ad ampio
spettro per l’utilizzo biologico e biomedico. Da scarti di cibo si possono creare polimeri di acido
lattico.
Inizialmente le vitamine venivano estratte da materiale vegetale o animale, successivamente per
via fermentativa o dalla combinazione di passaggi chimici e microbiologico.
La vitamina B12 è ottenibile dalla sola via fermentativa non perchè per via chimica non sia pox
ma ha un costo non trascurabile.
Si stanno producendo grandi sforzi per la ricerca per massibilazzare la produzione di questi
prodotti.

Gli antibiotici sono le tetracicline e le penicilline quelli più usati


Dal 1928 Fleming scoprì la penicillina: scoprì che sulla sua piastra di muffa crescevano gli
antibiotici betalattamici (Penicillium chrysogenum tra cui Ampicillina,
amoxicillina,Fenossimetilpenicillina). L’attività è quella di inibire la produzione del peptidoglicano,
che serve per la sintesi della parete cellulare del peptidoglicano.
Viene prodotto per fermentazione sommersa, non oltre i 40-200 mq

Microbiologia in larga scala: Sterilizzazione, fermentazione, separazione/recupero

Lezione 17 21 novembre 2018

MISURARE LE PERFORMANCE:

Per potere monitorare l'andamento di un processo di fermentazione dal punto di vista analitico è
necessario conoscere:
1. la concentrazione iniziale dei nutrienti principali del terreno (strumento ex-ante, posso
immaginare sulla base di cosa so quante cellule posso ottenere)
2. a tempi prefissati la concentrazione di X - S - P

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X= concentrazione della massa cellulare


S= concentrazione del substrato limitante (fonte carboniosa)
P= concentrazione del prodotto

1.
è possibile prevedere quanta massa cellulare posso ottenere da un terreno?
in alcuni casi si! → se il terreno è chimicamente definito & se conosco il tipo di metabolismi
E’ possibile sapere per ogni grammo di elemento che metto nel terreno è possibile sapere
quanta biomassa è possibile ottenere=RESA SU ELEMENTO (importante per l’esame, la prof ha
una fissa)
Parte dal presupposto che io sappia cosa c’è nel terreno, quindi questo discorso vale solo per i
terreni chimicamente definiti.
Quando devo lavorare su un processo sconosciuto con uno scarto del terreno che non conosco il
parametro resa su elemento non è utile.
resa su elemento=consente di calcolare la concentrazione massima di biomassa teoricamente
ottenibile da un terreno chimicamente definito o di cui si conosce con esattezza la composizione

formula: resa= grammi di biomassa/grammo di elemento

E’ importante anche se io ho bisogno di target di produzione e devo sapere se il mio terreno di


crescita è quello giusto per la mia ricerca, o vado a tentativi (tempo lungo) o usa la formula.
Le rese esistono già tabulate:

(non serve impararla a memoria)


1 gr di ferro entra in 500 grammi di cellule; in 1 grammo di magnesio se ne ottengono 200 di
biomassa.
Il carbonio → 0,5 grammi (resa bassa perché la richiesta della cellula è molto elevato; 1 gr basta
solo per due cellule) differentemente dall’azoto.
Le parentesi servono per: per l’azoto ad esempio è difficile dare dati medi rappresentativi di tutti i
possibili tipo di cellule, 12 è un dato medio proveniente da 7 e 17 che sono i dati estremi
Il carbonio ha una resa che dipende dal metabolismo; ha una resa di 0,5 quando il metabolismo
è aerobico, quando è anaerobico (per esempio dopo la glicolisi) le rese sono più basse, inferiori,
e la capacità del carbonio è anche inferiore (0,1 grammi di biomassa, resa del 10% e non del
50%)Il carbonio non usato viene disperso o usato dai metaboliti

Es: importanti da sapere


Misura della quantità di biomassa teoricamente ottenibile in condizioni aerobiche da un litro di
terreno che contiene:
30 g/L di C
3 g/L di N
0,1 g/L di S (zolfo)
0,002 g/L di Mn (manganese)

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Quale tra questi è limitante per la produzione di biomassa?


Biomassa teoricamente producibile da C:
30x0,5=15 g/L
Biomassa teoricamente producibile da N:
3x12=36 g/L Biomassa teoricamente producibile da
S: 0,1x100=10 g/L
Biomassa teoricamente producibile da Mn:
0,002x20000=40 g/L

Substrato limitante: è quello che finisce prima, quando finisce lui la crescita non continua
La quantità massima di biomassa ottenibile è 10 g/L, perchè dopo che ho raggiunto il decimo
grammo di biomassa la crescita si ferma!
il nutriente che limita la produzione è S, in quanto con la quantità aggiunta, si possono ottenere
solo 10 g/L, anche se gli altri nutrienti sono in eccesso.
Posso prevedere eventualmente l’aggiunta al terreno di ulteriore zolfo per aumentare la
produzione
_____________________________________________________________________________

Es: Misura della composizione teorica del terreno in C,N,S,Ca per ottenere 100 g/L di biomassa
in condizioni anaerobiche
Per ottenere 100 g/L di biomassa, servono di C:
100/0,1=1000 g/L
Per ottenere 100 g/L di biomassa, servono di N:
100/12=8,3 g/L
Per ottenere 100 g/L di biomassa, servono di S:
100/100=1 g/L
Per ottenere 100 g/L di biomassa, servono di Ca:
100/200=0,5 g/L

La ricetta teorica per ottenere 100 g/L di biomassa cellulare è:


1000 g/L C
8,3 g/L N
1 g/L S
0,5 g/L Ca
_____________________________________________________________________________

La resa su elemento si calcola a partire dal singolo elemento.


Nel caso di composti che contengono l’elemento è necessario considerare la quantità
percentuale dell’elemento nel composto considerato

1 g di C6H12O6 NON corrisponde ad 1 g di C


1 g di C6H12O6 CORRISPONDE a (72/180)=0,4 g di C

PESO ATOMICO DELL’ELEMENTO x COEFF. STECHIOMETRICO / PESO MOLECOLARE


DEL COMPOSTO

Es:
Quanto glucosio deve essere aggiunto ad un terreno che deve contenere 100 g/L di C? PM
glucosio= 180 uma
PAC=12 uma

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% di C nel glucosio_considerando tutti e 6 gli atomi di C=(12x6)/180*100=40%

100 (g/L di C da aggiungere al terreno): x = 40 (contenuto % di C nel glucosio) : 100

x (g/L glucosio da aggiungere al terreno) = 250 g/L

Al terreno devono essere aggiunti 250 g/L di glucosio per garantire 100 g/L di C
_____________________________________________________________________________

Es:
Quanto NH4NO3 in g/L deve essere aggiunto ad un terreno di crescita che possa produrre
teoricamente 60 g/L di biomassa cellulare?
Resa su elemento di N=12
60/12=5 g/L di N (da aggiungere al terreno per avere una crescita teorica di 60 g/L di cellule)

PMNH4NO3=80 uma PAn=14

% di N in NH4NO3 _considerando tutti e 2 gli atomi di N=(14x2)/80*100=35%


5 (g/L di N da aggiungere al terreno): x = 35 (contenuto % di N in NH4NO3 ) : 100
x (g/L di NH4NO3da aggiungere al terreno) = 14,3 g/L

Al terreno devono essere aggiunti 14,3 g/L di NH4NO3 per garantire una produzione di cellule di
60 g/L
_____________________________________________________________________________

2.
MISURAZIONE DELLA CRESCITA MICROBICA
Vi sono vari metodi (analitici!):
1. conta cellulare diretta
- Conta al microscopio
- Conta delle colonie su piastra
- Conta automatizzata
Nel caso delle fermentazioni non è ideale. Si preferisce il peso secco e la torbidità (vd sotto)

2. misurazione della massa cellulare


- Determinazione del peso secco
- Determinazione della torbidità
- Misura del volume umido

3. stima indiretta della massa cellulare Misura dei componenti cellulari Misura del calore
metabolico

Determinazione del peso secco:


Questo metodo fornisce una concentrazione effettiva della quantità di cellule presenti nel brodo
di coltura al tempo t del prelievo.
Non distingue tra cellule vitali e non vitali
Rende un risultato di concentrazione esprimibile in g/L.
Il metodo si basa sul prelievo di un volume noto di brodo, successiva filtrazione sottovuoto su
filtri a porosità 0,45 mm ed essiccamento in stufa a 105°C overnight (fino a peso costante).
E’ possibile utilizzare anche un recipiente a peso noto.

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Questo metodo rende inutilizzabili le cellule per analisi biochimiche.

Determinazione della torbidità:


E’ il metodo più rapido e conveniente per misurare la massa cellulare, e si basa sulla
determinazione spettrofotometrica nell’intervallo 400-600 nm.
Una sospensione batterica appare torbida per il fatto che ciascuna cellula in essa disperde la
luce.
La dispersione è proporzionale quantità di cellule presenti nella sospensione.
I valori indicati dallo spettrofotometro sono in unità di assorbanza (A) non in massa cellulare.
La torbidità è proporzionale alla massa cellulare solo in un intervallo di valori (0-1 AU circa).

Rosso: curva di crescita diretta, Verde torbidità


Se l’assorbanza aumenta il sistema non aumenta

MISURAZIONE DELLA CONCENTRAZIONE DI S e P


➔ Metodi tradizionali di analisi degli zuccheri e metaboliti usando enzimi per i quali le
sostanze sono specifici (Substrato)
➔ Metodi di cromatografia strumentale (HPLC-RI/UV → tecniche analitici)
➔ Kit enzimatici

Come si misura l’andamento di un processo fermentativo?


Resa e produttività

LA RESA DI UN PROCESSO BATCH


La resa di un processo batch è il rapporto tra il substrato utilizzato e la biomassa (o un dato
prodotto) ottenuti durante il processo.
La resa può essere calcolata solo alla fine del processo quantificando i prodotti e rapportandoli al
substrato utilizzato, rispetto alle concentrazioni iniziali (intervallo t0 --> tfinale).
I coefficienti di resa permettono di quantificare l’andamento di un processo fermentativo.

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LA PRODUTTIVITÀ’ DI UN PROCESSO BATCH


Con il termine di produzione si indica la quantità di biomassa o di prodotti ottenuti alla fine del
processo.
La produzione totale si limita a quantificare il prodotto P o le cellule X ottenuti alla fine del
processo senza tener conto del tempo impiegato per ottenerlo e può essere espressa in g e
viene espressa dai coefficienti di resa
La produttività invece è un concetto che relativizza la produzione totale al tempo impiegato per
ottenerla, oppure all’unità di volume del fermentatore.

Xmax è il massimo della concentrazione cellulare raggiunto durante la fermentazione X0 è la


concentrazione iniziale all’inoculo
ti è il tempo in cui il microrganismo cresce con velocità massima mmax
tii è il tempo in cui il microrganismo non cresce a mmax (fase lag, stazionaria, tempo di
sterilizzazione…)

QP = PRODUTTIVITÀ’ VOLUMETRICA PER LA FORMAZIONE DEL PRODOTTO


𝒓 𝑳 𝒓𝒓 ×

Qx = PRODUTTIVITÀ’ VOLUMETRICA PER LA FORMAZIONE DELLA MASSA CELLULARE


𝒍𝒍 𝒍 𝑳 𝒓𝒓 ×

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