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STORIA
MODERNA
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Storia moderna
Lez.62 La prima fase delle guerre di Italia
L’Italia era molto debole sulla fine del 400’ rispetto
ai periodi precedenti, essa non attira gli stranieri,
ingolosisce gli stranieri per le sue ricchezze, è una
zona ricca sì, ma periferica e infatti Spagna e
Francia si contenderanno la penisola in un primo
momento. Esse stanno emergendo in Europa come
grande potenze militare.
1494: in Italia vi è il ducato di Milano, la rep. Di
Firenze, lo stato della chiesa e il regno di Napoli.
Il ducato di Milano era da poco passato agli
Sforza dopo i Visconti.
Venezia è una repubblica dove le famiglie
patriziato veneziane comandano, si estende da
metà 400’ in terraferma.
La repubblica di Firenze è in mano ai Medici.
Lo stato della chiesa con i papi più ricchi e amanti
delle arti, veri e propri mecenati; sono interessati
più alla politica che alla fede e alla crescita
spirituale del mondo cristiano.
Il regno di Napoli è tenuto in mano dagli aragonesi con Ferrante, che gli fa acquisire
importanza e autonomia della Spagna.
Questo equilibrio viene messo a dura prova da Milano dove comandano gli Sforza con Gian Galeazzo
Sforza, un duca debole e sempre assisto da un consiglio di reggenti da cui era emerso Ludovico Il
Moro, che voleva diventare legittimo duca di Milano scalzando il nipote. Gian Galeazzo ha pressioni
da Ludovico Il Moro e ciò preoccupa Ferrante che aveva mandato una nipote in sposa a Gian
Galeazzo per stabilire legame tra Napoli e Milano. Il braccio di ferro tra loro due si fa intenso e per
avere la meglio Ludovico crea una sorta di lega contro il nemico, ma fa male i conti perché chiama
dall’esterno qualcuno e chiama il re di Francia perché Ferrante è un aragonese ed era da poco
riuscito a riunificare il regno di Napoli dopo una lotta dinastica tra angioini, aragonesi e ungheresi,
così cerca di chiamare gli angioini, nemici di Ferrante. L’errore è che chiamando i sovrani di Francia,
si poteva chiedere più energie perché aveva esercito forte rispetto agli eserciti italiani, invita gli
stranieri a fare razzia all’interno della penisola. Il re di Francia Carlo VIII scenderà in Italia nel 1498
puntando su Napoli e creando scompiglio in tutta la penisola, entra dal territorio dai Savoia e da
quest’anno si dà avvio alle guerre di Italia; viene accolto trionfalmente a Milano quando Ludovico Il
Moro sale al potere dato che Gian Galeazzo muore. Carlo VIII viene accolto da Piero de ‘i Medici, il
suo atteggiamento remissivo nei confronti dei sovrani francesi provoca un tumulto a Firenze e i
Medici vengono cacciati dalla città. Papa Alessandro VI accoglie il sovrano francese a Roma e infine
arriva a Napoli che ormai è libera del sovrano perché Ferrante è morto e gli è succeduto Ferdinando
II, il nipote, che nel frattempo è scappato in Sicilia e quindi Carlo VIII si proclama re di Napoli, questo
è un segno di debolezza degli stati italiani pronti a inchinare la testa nei confronti di un soldato
straniero.
L’impresa di Carlo VIII finisce malamente perché rimane a Napoli per poco tempo e gli stati italiani
formano una lega antifrancese formata dallo stesso Ludovico Il Moro insieme a Venezia, il papa
Alessandro VII, la Spagna e Massimiliano d’Austria, gli Asburgo. Così Carlo VIII torna in Francia con
un solo scontro sulle Alpi che si conclude senza un nulla di fatto.
Firenze
Girolamo Savonarola, apparteneva all’ordine dei domenicani, un frate ferrarese rigoroso e la sua
predicazione era contro il clero e la politica italiana. Questo è un momento in cui si sente la
corruzione della chiesa che spende i propri soldi in beni effimeri e vi è un divario netto tra chi è
povero e chi è ricco, egli ispirandosi al vangelo, predica contro questi lussi e ha ampio successo
quando Piero de i ‘Medici viene cacciato diventando leader della politica fiorentina attaccando
anche il papa, suo bersaglio polemico preferito, Alessandro VI Borgia che evidenzia i casi di
nepotismo dando ai figli anche importanti cariche ecclesiastiche. La popolazione fiorentina è tutta
dalla parte di Savonarola e vuole imporre a Firenze un regime teocratico trasformando le leggi della
Repubblica per farle coincidere con le leggi del Vangelo. Egli colpisce direttamente i ricchi
introducendo un’imposta fondiaria progressiva sul reddito, a fine 400’ era una cosa inedita che
andava a danneggiare i ricchi mercanti, artigiani, nobiltà e i proprietari terrieri, ha l’appoggio delle
classi popolari, ma si inimica le classi dominanti. Il suo governo infatti finisce nel 1498 quando viene
arrestato, processato per eresia e arso vivo in piazza della signoria a Firenze, i suoi libri verranno
proibiti; l’anno precedente era stato scomunicato dal pontefice.
Nel 1500 il re di Francia Luigi XII scende nuovamente in Italia prima a Napoli e poi a Milano perché
imparentato con gli Sforza. Prima di muoversi avvisò le città vicino a Milano delle sue intenzioni in
cambio di sostegno, regalo la città di Cremona a Venezia, il Cantonicino agli svizzeri e diede aiuto a
Cesare Borgia per la conquista della Romagna. Prende milano senza troppa fatica e arresta Ludovico
Il Moro spedendolo in Francia; per Napoli si prepara la strada per non suscitare l’ira della Spagna e
si accordano nel trattato di Granada firmato del 1500 dove i due si spartiscono il regno di Italia:
Francia: parte settentrionale del regno di Napoli
Spagna: parte meridionale del regno di Napoli
Il re di Napoli Federico III viene a sapere di questo accordo e si sente tradito dai sovrani spagnoli con
cui è imparentato, egli così decide di abdicare in favore del re di Francia proponendo al re di Francia
di ricevere il ducato di Angiò, così le due potenze si fanno la guerra per ricevere il territorio; così
Federico III riceve il ducato di Angiò mentre Luigi XII vuole diventare re di tutto il regno di Napoli e
scoppia una guerra nel regno di Napoli tra Francia e Spagna per il mancato rispetto del trattato e si
concluse nel 1504 con un armistizio a Lione che vede la sconfitta della Francia, la Spagna ha il regno
di Napoli.
Cesare Borgia, figlio di Alessandro VI, ottiene grandi risultati in Romagna e potrebbe formare un
esercito, ma la sua importanza dura fino al 1503 quando il papa muore e il nuovo papa Giulio II, è
nemico dei Borgia e mette il bastone tra le ruote a Cesare, così se ne va in Spagna. Giulio II diventa
protagonista di guerre; Venezia tenta di prendersi la Romagna e ciò mette in allarme gli altri stati
italiani così nasce la Lega di Cambrai nel 1508 tra papa, Francia, Spagna e Austria. Si arriva alla
battaglia di Agnadello che vede Venezia sconfitta, con la pace rinuncia a Romagna e territori in
terraferma conquistati negli anni precedente, rischia di crollare; il papa allora preoccupato per
questo crollo veneziano, forma lega antifrancese che vede coinvolto papato, Spagna, Venezia,
svizzeri e impero; qui gli svizzeri riescono a scacciare i francesi da Milano ripristinando la dinastia
degli Sforza, ma nel 1515 il nuovo sovrano francese Francesco I vuole riprendersi Milano lanciando
guerra contro la Lombardia sconfiggendo gli svizzeri nella battaglia di Marignano e si prende Milano
che torna sotto i francesi e gli spagnoli in contemporanea quasi agiscono a Firenze ripristinando a
Firenze la dinastia dei Medici.
Nel 1516 viene eletto Leone X, amante del lusso, dell’arte e mediatore in politica che riesce a
mettere d’accordo francesi e spagnoli nella pace di Noyon riconoscendosi i territori, Spagna regno
di Napoli e francesi ducato di Milano.
Lez.63 Umanesimo
L’Umanesimo ha influito sulla vita sociale, sulle arti e sulla storia anche, fu un movimento culturale
che diede il nome alla parola umanista (neologismo di
Humanae litterae), i letterati studiano i testi dell’età antica
dimenticati durante l’alto medioevo in buona parte, dopo il
1200 vi fu una generale rinascita umana e culturale e questo
portò alla riscoperta dei testi antichi nelle abbazie, nei
monasteri e gli umanisti cercano nei testi antichi delle
indicazioni su come vivere, alla ricerca della bellezza e della
verità. Gli antichi avevano un modo diverso di vedere il
mondo rispetto all’uomo medievale cristiano; essi si
interrogavano sul mondo organizzando anche l’arte oratoria,
ma lo facevano in una prospettiva non cristiana. Il primo
intellettuale di questo periodo fu Francesco Petrarca, grande
studioso della letteratura antica e classica, egli affronta i testi antichi con uno sguardo quasi
filologico. Attorno ai primi decenni del 400’ arrivano intellettuali greci e bizantini in Italia dopo
l’avanzata dei turchi ottomani nel loro impero, questi bizantini si rifugiano in Italia come Pletone,
bizantino-greco, che insegna greco agli intellettuali italiani, ma anche Giovanni Bessarione. Tutto ciò
porta a prospettive enormi perché si può conoscere il pensiero greco originale, questo aspetto porta
a cambiare l’umanità.
Questi testi antichi non erano sempre perduti, Aristotele ad esempio era conosciuto nel Medioevo,
basti pensare alla Scolastica di Tommaso D’Aquino, ma l’umanesimo ha riscoperto il vero Aristotele
perché nel medioevo non vi era stata una grande attenzione filologica a questi testi. I monaci
amanuensi incappavano in errori ricopiando questi testi e questi pensatori greci si interpretavano
in chiave biblica e cristiana, questi testi dovevano adattarsi al cristianesimo. Nell’umanesimo si
studiano i codici cercando di capire se vi erano errori di trascrizione, se mancavano pezzi e così nasce
la filologia nella prima metà del 400’, in particolare grazie a Lorenzo Valla, che scopre che la
donazione di Costantino era un falso, un documento medievale secondo il quale Costantino avrebbe
lasciato nelle mani del papa il compito di governare l’Europa per conto loro; questa opera conteneva
riferimenti a fatti storici e città che in quell’epoca non potevano esistere.
La dignità dell’uomo
Gli umanisti portano sul mondo uno sguardo più laico e incentrato sull’uomo, Giovanni Pico della
Mirandola, un umanista filosofo fiorentino, scrive un’opera in latino che esalta la dignità dell’uomo
in un’ottica tutta nuova rispetto al medioevo dove tutto era vissuto in relazione a Dio, l’uomo qui
deve fare da solo nonostante Dio deve rimanere una stella polare da guardare, ma bisogna fare
affidamento sulle proprie forze poiché dice che l’uomo è l’essere più particolare nella natura, egli
può decidere dove stare a differenza delle altre cose che hanno un posto nel mondo, può elevarsi o
abbassarsi. L’uomo diventa artefice del proprio e deve vivere la religiosità in maniera nuova perché
Dio non interviene più di tanto nella nostra vita.
Una nuova pedagogia
Nel 1000-1100 si diffondono le università in Italia e nel resto d’Europa dando impulso all’importanza
delle città, ma nei primi secoli era un sistema chiuso, i libri erano costosissimi, gli ambienti erano
chiusi e ostili, non si potevano affrontare grandi dibattiti; all’interno di queste università si praticava
spesso anche la pena corporale, ma con l’umanesimo quest’ultima viene meno, i maestri e gli allievi
cominciano a leggere e a studiare i testi iniziando a criticarli e ponendoli sotto uno sguardo critico,
attento e nuovo.
Vittorino da Feltre, originario del veneto, mise in piede interessanti esperimenti pedagogici
fondando scuole a Padova, Venezia e Mantova. Egli era stato molto povero, riuscì a studiare da
autodidatta, lavorando anche. A Mantova aprì una scuola chiamata Casa gioiosa, un convitto dove
gli studenti studiavano, vivevano e mangiavano insieme e vi erano sia studenti ricchi che poveri, si
studiava il trivio e il quadrivio integrando tra loro anche le varie discipline. Studiava gli antichi sotto
i vari aspetti come fecero gli umanisti, si pensi a Leon Battista Alberti oppure Leonardo da Vinci.
Queste scuole erano sempre chiuse alle donne, ancora escluse alla vita intellettuale dell’epoca,
anche se vi è qualche donna che emerge come nel campo dell’arte.
Filippo II decide di continuare la guerra contro la Francia di Enrico II, che vedrà vittorie spagnole
nella battaglia di San Quintino dove combatterà a fianco degli spagnoli Emanuele Filiberto di Savoia.
Anche la Francia ottiene qualche vittoria come quella di Calois; alla fine di questa lunga guerra si
arriverà alla pace di Cateau-Cambresis stabilita nel 1559, importante perché durare per qualche
decennio e per circa un cinquantennio tra Francia e Spagna:
Francia mantiene i suoi confini
Spagna mantiene i suoi domini in Italia
Emanuele Filiberto di Savoia riottiene le sue terre in Piemonte e il marchesato di Saluzzo,
importante in Piemonte.
Questa fase di guerre si chiuse in maniera disastrosa dal punto di vista economico e
demografico; infatti, il 600’ fu un secolo di crisi per le troppe tasse alzate dai sovrani europei
per sostenere i loro eserciti; inoltre, fu dannoso dal punto di vista ambientale perché questi
eserciti spostandosi danneggiarono città e si diffusero malattie come la peste e anche
malattie nuove come la sifilide dannosa.
Lez.85 La Russia da Ivan il terribile a Michele Romanov
Zar di tutte le Russie
La storia russa è stata abbastanza
travagliata, da metà 500’ a fine 600’ si
sono susseguiti grandi zar che hanno
ottenuto grandi risultati, ma vi si sono
alternati periodi di totale anarchia;
questo è il segno di un impero che
vorrebbe essere grande, ma che
riesce ad implodere in sé stesso. La
Russia sembra che faccia fatica ad
avere istituzioni solide, il destino della
Russia sembra essere legato al destino
di singoli personaggi. A metà del 500’
diventa “Zar di tutte le Russie” Ivan il
Terribile, che regna dal 1547 al 1584 e durante questo regno nel 1561 Ivan istituisce il nuovo
titolo di zar che vorrebbe richiamarsi a Roma, già il nonno Ivan III voleva che Mosca
diventasse una nuova Roma, erede di questa classicità. Memore di suo nonno, Ivan IV si
proclama zar, titolo che deriva da Cesar, questo Caesar diventa zar, l’impero romano si
voleva proclamare impero universale e adesso Mosca si presenta come colei che vuole
riunire tutte le russe cioè i popoli di origine slava.
Ivan contro i boiardi
I predecessori di Ivan erano scesi a compromessi con l’aristocrazia terriera, i cosiddetti
boiardi, indicanti nobili di antica tradizione che erano padroni di diverse zone della Russia e l’opera
di Ivan il terribile tentava di indebolire il potere di questi boiardi, egli scelse di creare una nobiltà di
servizio per indebolire la nobiltà di vecchio stampo.
Ivan divide i territori della Russia in due zone:
da un lato Mosca e altri territori centrali amministrati dallo zar e dalla nobiltà di servizio
i territori di periferia vengono affidati alla Duma, che nel 500’ è il Consiglio dei boiardi,
un’assemblea della grande nobiltà
Ivan IV favorisce uno scambio affidando a boiardi di territori centrali dei territori di periferia,
questo è uno scambio vantaggioso per lo stato perché Ivan IV prende il controllo di un
territorio centrale e cede al boiardo un territorio periferico, di poca valenza economica.
Tra il 1564 e il 1572 Ivan IV dà avvio a una campagna di persecuzione nei confronti di boiardi
mandandoli a morte, i boiardi più importanti vengono messi a morte, gli altri accettano di
sottostare alla sua figura; questo fatto indica che il sovrano va contro l’assolutismo.
Il periodo dei torbidi
Sotto il regno di Ivan IV si espande verso est, mentre ad ovest i russi vennero frenati dagli
svedesi e dai polacchi, i regni polacchi-lituani e svedese sono molto forti fino alla metà del
600’ e i russi non sono ancora in grado di competere alla pari. I successi ottenuti ad est e
all’interno del paese sono velleitari perché dopo la morte di Ivan IV inizia un periodo di
grande caos per la Russia, soprattutto i boiardi e la nobiltà di servizio iniziano un grande
braccio di ferro tra di loro. Dal 1598 al 1613 si ha il periodo dei torbidi perché in questi 15
anni si alternano vari zar tra congiure, colpi di stato, omicidi, non si che regga il potere in
Russia e addirittura in questa fase molti nemici della Russia la attaccano come i polacchi che
riescono ad entrare a Mosca.
Michele e Filarete
Nel 1613 Michele Romanov riesce a mettere fino al periodo dei torbidi, scelto dalla Duma e
sarà il fondatore della dinastia Romanov rimasta al potere poi fino al 1917. Michele viene
scelto perché ha l’appoggio di suo padre Filarete, patriarca ortodosso della chiesa russa,
inizialmente governano insieme migliorando le condizioni dello stato, dell’esercito e del
fisco; Michele governò dal 1613 al 1645 potendo gestire con un certo respiro le varie
iniziative e le varie riforme, ma non riuscì a sistemare le cause di arretratezza economica
della Russia perché rimarrà un problema fino a inizio 900’.
Arretratezza economica
Il paese era profondamente agricolo, in quell’epoca alcuni paesi iniziano a trovare il modo di
superare la crisi puntando sui commerci e adattando meglio l’artigianato. L’organizzazione
agricola è ancora di stampo medievale dato che domina nel paese la servitù della gleba, che
non permette il libero scambio di merci e prodotti, non permette investimenti e ciò rimarrà
in vigore fino al 1861 perché sono i boiardi che impongono questo sistema dopo aver
riconquistato il potere durante la fase dei torbidi. Un altro problema è la mancanza di
artigianato, vi sono forme di artigianato, ma il governo aggrava le tasse prelevandole dalle
classe borghesi e dai contadini poveri.
La Russia per il momento non riesce ad affacciarsi all’Europa.
Rivolta e Costituzione
Parigi è una città molto moderna, vi è una già classe operaia abbastanza forte mentre l’altra parte
della Francia è costituita da contadini legati alla chiesa cattolica, alle vecchie tradizioni e quindi più
moderati. Quando l’Assemblea costituente scioglie le fabbriche nazionali a Parigi scoppia una
seconda rivolta da parte del popolo parigino a giugno e l’assemblea manda contro la popolazione
un esercito che reprime violentemente la protesta. Dopo qualche settimana, l’Assemblea termina
la redazione della costituzione, modellata sull’esempio di quella americana; vi è il suffragio
universale maschile che deve portare alle elezioni l’assemblea legislativa e il presidente della
repubblica, che sarebbe dovuta durare quattro anni.
Il Secondo Impero
Nel dicembre 1848 si svolgono le elezioni per il presidente della repubblica dove i parti di sinistra
sono divisi ognuno con un suo candidato mentre quelli di destra presentano come candidato il
nipote di Napoleone, Luigi Napoleone Bonaparte che diventa il primo presidente di questa seconda
repubblica, ma negli anni successivi finisce per esautorare la repubblica tanto che nel 1851 compie
un colpo di stato facendo arrestare i suoi oppositori politici sciogliendo la Camera e vara un
plebiscito che nel 1852 lo fa proclamare imperatore come Napoleone III, non II perché vuole contare
il figlio del fratello morto senza potere diventare sovrano. Diventa imperatore con il titolo imperiale
da trasmettere ai suoi figli così la seconda repubblica si è conclusa con un secondo impero
napoleonico.
La rivolta in Austria
Vienna subisce la seconda importante rivolta europea il 13 marzo 1848 con studenti intellettuali e
borghesi che protestano, viene mandato l’esercito dall’imperatore che non riesce a frenare la rivolta
e così l’imperatore decide di licenziare il capo del governo Metternich e di concedere nel giro di
qualche settimana il Reichstag dell’impero, il parlamento imperiale eletto a suffragio universale a
rappresentanza di tutti i popoli dell’impero austriaco; dopo Vienna scoppiano rivolte a Budapest,
Praga e Venezia, tutte le popolazioni fanno scoppiare queste rivolte perché Boemia, Ungheria,
Veneto e Lombardia non vogliono stare sotto l’Austria.
Budapest e Praga
A Budapest prende il potere Lajos Kussoth, un esponente di un movimento di indipendenza che crea
un parlamento locale eletto a suffragio universale; vi sono riforme nel settore agricolo con abolizioni
di diritti feudali e questo governo locale formato da democratici e radicali vorrebbe iniziare a
costituire un esercito nazionale per lottare nell’indipendenza dell’Ungheria. A Praga arrivano rivolte
più moderate rispetto a Budapest perché vuole una parziale autonomia, ma anche qui Vienna
manda l’esercito che reprime la protesta praghese e l’imperatore austriaco con questa repressione
capisce che l’esercito gli è rimasto fedele non essendosi schierato con i rivoltosi. A ottobre l’esercito
austriaco viene mandato con una rivolta scoppiata a Vienna e rimane anche qui fedele
all’imperatore.
Repressione asburgica
Le varie nazionalità del Reichstag non si riescono a mettere d’accordo, l’imperatore in carica
Ferdinando I decide di fare una mossa a sorpresa in favore del nipote Francesco Giuseppe, che
decide dopo aver preso il potere di intervenire con la forza mandando l’esercito in gir per l’impero,
scioglie il Reichstag e vara una costituzione istituendo un parlamento con poteri limitati. Anche
Budapest fu bombarda dall’esercito austriaco in alleanza con i russi
L'Assemblea di Francoforte
Non solo la zona dell’impero austriaco asburgico aveva conosciuto rivolte, ma anche il resto
dell’area tedesca; già nel marzo 1848 era scoppiata una rivolta in Prussia, da Berlino e poi si espande
in altre città e Federico Guglielmo IV, sovrano di Prussia, si era convinto a creare un assemblea
dando un parlamento al popolo, ma ciò preoccupava i nobili e la borghesia, che vedevano più potere
da parte del popolo e così con l’appoggio della borghesia Federico Guglielmo IV poté sciogliere
l’assemblea conscendendo una costituzione più moderata. In area tedesca si andò a formare un
movimento che vedeva il suo culmine a Francoforte tra il 1848-1849, un gruppo di intellettuali che
vogliono unificare la Germania e discutono a lungo su come far nascere questo stato; vi è l’idea della
Grande Germania che comprendeva Germania e territori dell’impero asburgico, la guida sarebbe
aspettata agli Asburgo d’Austria; nella piccola Germania gli Asburgo sarebbero rimasti fuori e il
paese capofila sarebbe stata la Prussia. Alla fine, l’assemblea di Francoforte scelse la Piccola
Germania e i rappresentati di questa assemblea andarono a Berlino per offrire a Federico Guglielmo
IV la corona imperiale della Germania, che rifiuta la corona non accettando l’offerta perché teme
che accettare la corona offerta da un’assemblea spontanea che si è autonominata possa ridurre il
suo potere.
La rivolta di Palermo
Nel giro di pochi giorni si ribella anche Palermo, anche se qui i rivoltosi chiedono l’autonomia perché
la Palermo è scontenta di essere stata degradata dopo che la capitale si è spostata a Napoli; qui la
rivolta coinvolge sia la borghesia, l’aristocrazia e il popolo palermitano che hanno come obiettivo
l’autonomia; Ferdinando I manda un forte contingente di uomini del sud facendo reprimere la
rivolta
Maroncelli e Pellico
In Lombardia, a Milano, non scoppia alcuna rivolta, ma anche lì erano attivi dei gruppi carbonari e
società segrete che premevano per la rivolta contro gli austriaci considerato straniero e invasore; la
rivolta non venne messa in atto perché la polizia austriaca riesce ad intercettare alcune lettere che
parlavano di queste rivolte svelando il piano dei rivoltosi e vennero arrestati in particolare Silvio
Pellico e Pietro Maroncelli; questi due personaggi vengono processati a Venezia e condannati a
morte, la pena poi viene commutata in venti anni di carcere per Maroncelli e quindici anni per
Pellico, vengono condannati nel carcere dello Spielberg in Moravia; un carcere molto duro dove i
due carbonari italiani vengono tenuti in condizioni di vita pessima. Essi sconteranno solo dieci anni,
ma ne usciranno malconci; Pellico scriverà un libro intitolato Le mie prigioni sulla sua esperienza in
carcere, che sarà da esempio per gli altri patrioti, coloro che vorranno lottare contro lo straniero.
La rivolta in Piemonte
In Piemonte tutto scoppia nel marzo 1821 con una rivolta dell’esercito, il cui leader è Santorre di
Santa Rosa. I rivoltosi chiedono al sovrano l’emanazione di una costituzione su modello di quella del
1812; Santorre di Santa Rosa non fa questa rivolta perché aveva degli amici all’interno ella famiglia
reale e alcuni esponenti di membri di secondo piano amici di Santarosa avevano manifestato una
certa simpatia per le idee liberali, principalmente Carlo Alberto. Così Santorre promuove questa
rivolta, Vittorio Emanuele I abdica preso alla sprovvista e concede al fratello Carlo Felice il trono,
che in quel momento era all’estero e così il governo viene preso da Carlo Alberto, nipote di Vittorio
Emanuele I e Carlo Felice. Carlo Alberto mostra l’intenzione di voler concedere una costituzione, ma
il progetto dura pochissimo perché al ritorno di Carlo Felice la costituzione viene abrogata; l’esercito
piemontese rafforzato da reparti dell’esercito austriaco reprime la rivolta.
Modena 1831: Ciro Menotti
Nel 1831 avviene una rivolta che ricorda quella piemontese; in Italia nel 1831 vi è una situazione
significativa che riguarda la città di Modena, appartenente al ducato di Modena, uno staterello
autonomo e piccolo il cui trono era occupato dal duca Francesco IV d’Asburgo-Este, imparentato
con gli Este. Egli sperava di diventare sovrano di uno stato più grande di quello modenese e così
decide di dare svago ad alcuni rivoltosi locali, nella città vi sono borghesi che da tempo chiedono di
cambiare le cose per smuovere la situazione del centro Italia; in particolare vi è l’imprenditore Ciro
Menotti, che spera di fare una rivolta contro la situazione italiana frastagliata in mano agli austriaci.
Francesco IV sostiene Ciro Menotti nella rivolta per aggiungere Toscana e Stato della Chiesa al suo
territorio, ma quando il piano sta per scattare Francesco IV si impaurisce cambiando idea, manda
l’esercito a circondare la casa di Ciro Menotti nel febbraio 1831 e Ciro Menotti e gli altri collaboratori
verranno arrestati. Ciro Menotti viene giustiziato in un modo con cui Francesco IV cerca di lavarsi le
mani e gli occhi di fronte ai cugini. La rivolta scoppia in Emilia, Romagna, Stato della Chiesa e Marche
scoppiano delle rivolte anche se falliscono perché le truppe della chiesa vengono aiutate dalle forze
austriache per sedare queste rivolte.
Lez.125 Le idee del Risorgimento: Mazzini, neoguelfi, federalisti
I fallimenti dei primi moti
I moti del 1830-31 furono fallimentari tanto che dopo gli ultimi moti degli anni 30’ in vari circoli
italiani si iniziò a pensare in cosa si era
sbagliato e si pensò a tre motivi
fondamentali come l’inaffidabilità dei
sovrani, all’inizio sovrani come Carlo
Alberto di Savoia o Francesco IV
appoggiavano i moti, successivamente li
fecero fallire tradendo i rivoluzionari; la
carboneria e le società segrete non sono in
grado di fare rivoluzione perché non erano
riusciti a coinvolgere il popolo essendo
moti limitati a poche persone. I patrioti
dell’800’ devono cambiare strategia coinvolgendo il popolo superando in primo luogo la struttura
segreta della carboneria, che permetteva di salvarsi dalle persecuzioni, ma in pochi sapevano dove
andavano a parare le rivoluzioni, quali strategie usare; bisogna iniziare a fare propaganda politica
tra le classi popolari e contadine; fattore di debolezza è anche il fatto che questi moti erano isolati
e slegati tra loro, mancava un coordinamento unitario, ci si diceva quanto meglio sarebbero andate
le cose se questi moti fossero stati collegati, quindi bisognava usare la propaganda pubblica per una
rivoluzione unitaria.
Le idee di Mazzini
Giuseppe Mazzini nato a Genova nel 1805, da giovane aveva aderito alla carboneria, proveniva da
una famiglia borghese. Egli matura l’idea di cambiare strategia; nel 1830 si rifugia a Marsiglia perché
perseguitato in Italia e conosce lì un altro rivoluzionario italiano, Filippo Buonarroti, che aveva
partecipato agli eventi della Rivoluzione francese e della congiura degli eguali di Babeuff. A Marsiglia
lo conosce Mazzini e creerà le sue prime organizzazioni politiche delineando la sua idea di Italia e di
rivoluzione; Mazzini fortemente influenzato dal romanticismo, vede l’attività politica spirituale, una
sorta di missione religiosa per compiere l’unità nazionale. La fede deve guidare lo spirito italiano,
l’Italia ha un dovere morale, un primato, ha il compito da fare d’esempio a tutti i popoli europei. Egli
parlerà delle tre Rome, la Roma dei Cesari che ha unificato l’Europa dal punto di vista politica, la
Roma dei papi che ha unificato la religiosità e la Roma nuova che deve divenire capitale d’Italia. Per
lui la lotta ha dei caratteri spirituali e gli italiani devono combattere uniti per la nazione; il popolo
italiano per lui è come il popolo della chiesa e gli italiani per lui devono costituire una nazione vera
e propria. Per Mazzini gli individui hanno senso per l’associazione a cui fanno parte come anche per
Hegel conta il tutto secondo l’idea romantica; il singolo non conta da solo, ma come parte del tutto.
Mazzini vuole un’ideale democratica perché la sovranità sta nel popolo, ma rifiuta la visione
socialista perché Mazzini rimprovererà sempre al socialismo una visione troppo materialistica delle
cose dato che per Marx e altri socialisti ciò che muove la storia è l’economia mentre per Mazzini ciò
che guida la storia è lo spirito ancora fondamentale; per i socialisti il popolo deve essere disunito
perché deve esserci una lotta di classe mentre per Mazzini il popolo non deve mai dividersi, deve
essere un tutto organico per lottare insieme; una lotta degli italiani contro lo straniero, ma non
contro altre classi sociali. Mazzini rifiuterà il discorso dei socialisti sulla proprietà privata e prenderà
a modello le cooperative per cambiare forma di proprietà, così che tutti quelli che lavorano in quella
società sono padroni e lavoratori, quest’ultimi sono tutti soci dell’azienda; questo modello
garantisce unità dato che si lavora tutti insieme e con questo si può lottare per l’unità italiana.
Le rivolte mazziniane
Nel 1831 crea a Marsiglia la Giovine Italiana, un’associazione pubblica che rende chiari gli scopi agli
adepti e inizia a fare propaganda tra le masse di contadine italiane; questa propaganda ha successo
però tra gli intellettuali e quest’ultimi parlando con i contadini in giro per l’Italia potrebbero
innalzare la rivolta per un’Italia repubblicana con una struttura abbastanza centralizzata; una
capitale in cui si decide e nelle periferie poche autonomie, limitate ai comuni. Avere un’Italia
accentrata serve per favorire un’aggregazione più forte degli italiani. Tenta di varare varie azioni e
negli anni 30’-40’ i mazziniani di Italia tentano varie azioni, tutte fallimentari; tra le più importanti vi
sono quella del 1834 in Piemonte nella cui partecipa il mazziniano Giuseppe Garibaldi, proveniente
da Nizza all’epoca italiana, ma dopo il fallimento di questa rivolta si rifugia in sud America; un
secondo tentativo avviene nel 1844 per opera dei fratelli Bandiera, due giovani veneziani che
facevano parte dell’esercito della marina austriaca, ufficiali di Marina. Questi due militari decidono
di andare a fare una rivoluzione in sud Italia andando in Calabria dai contadini più sfruttati di tutti,
in Calabria tentano di coinvolgere i contadini calabresi, ma non vi riescono per la difficoltà di
comprensione linguistica. L’esperimento dei fratelli Bandiera fallisce, vengono catturati e fucilati
dalle truppe borboniche.
Cattolici e neoguelfismo
Vi sono filomonarchici che pensano in una rivoluzione con la collaborazione di alcuni sovrani; per
alcuni bisogna appoggiarsi alla chiesa cattolica perché il cattolicesimo è l’unica cosa che tiene unita
l’Italia, solo la chiesa cattolica può aiutare la rivoluzione e si sviluppa una corrente di cattolici liberali,
ispirati al modello inglese parlamentare, ma anche cattolici, tra cui Alessandro Manzoni e Antonio
Rosmini. Questo incontro tra liberalismo e cattolicesimo è difficile perché il liberalismo è
anticlericale, ci si prova, ma già nel 1832 papa Gregorio XII boccia le tesi liberali perché il liberalismo
è una visione sbagliata per la chiesa; questa bocciatura frena le inibizioni dei liberali. Negli anni 40’
nasce una corrente neoguelfa, che si rifà ai guelfi medievali che patteggiavano per il papato e questa
corrente pensa che il papato debba guidare l’unificazione italiana.
Gioberti e Balbo
Vincenzo Gioberti è uno dei più importanti neoguelfi, che nel 1843 pubblica un libro intitolato
“Primato morale e civile degli italiani”, in questo libro dice che l’unità d’Italia è possibile solo se la si
dà in mano al papa cioè doveva nascere una confederazione tra stati che stia in piedi grazie alla
forza militare del Piemonte e che abbi una figura di rispetto importante alla guida di questa
confederazione, il papa. Gioberti riprendeva l’idea di Mazzini sul fatto che l’Italia avesse un primato
morale; il piano di Gioberti è velleitario perché i papi sono antiliberali e non si sa se alcuni sovrani si
sottomettono al papa. Si apre un dibattito e nel 1844 nasce un libro intitolato le speranza di Italia di
cesare balbo in cui dice di voler creare una lega doganale italiana per permettere il commercio tra i
vari stati italiani da cui potrebbe nascere una lega militare, inoltre bisogna pensare all’Austria se si
vuole unificare l’Italia dato che ha presenza sull’Italia, per cacciare gli austriaci bisogna convincerli a
indirizzarsi verso i Balcani come scambio con l’Italia.
Le idee di d'Azeglio
Vi sono altri moderati di stampo liberale tra cui Massimo d’Azeglio che scrive nel 1846 un libro
intitolato Gi ultimi casa di Romagna, in questo libro analizza la situazione della Romagna facendo
notare che il papa non riusciva a tenere capo a quel territorio e quindi non sarebbe riuscito a
governare in Italia; Mazzini per lui rende sempre più difficile l’obiettivo di unificare l’Italia, d’Azeglio
dice che bisogna fare passi graduali e punta sui Savoia dato che è la casata migliore per portare
avanti l’unità d’Italia.
Federalismo democratico
I democratici federalisti sono vicini a Mazzini, ma vogliono un’Italia decentrata come aveva proposto
a Gioberti che voleva una confederazione con i re invece i federalisti non vogliono più i re, ma una
repubblica divisa come la Svizzera e gli Stati Uniti. Il principale esponente di questa corrente fu Carlo
Cattaneo, che ebbe una rivista a Milano chiamata politecnico e pensava che l’Italia andasse divisa
garantendo la diversità per ogni zona. Cattaneo non aveva fiducia nel papa e nel Piemonte perché
erano due regimi oscurantisti e non andavano bene per formare un’Italia democratica e più
moderna; egli propone la creazione di scuole per un’Italia solida, ma anche riforme economiche.
All’interno di questo movimento democratico altra figura importante fu Giuseppe Ferrari, di origine
lombarda e poi scappato a Parigi, sperando che dalla Francia potesse partire una rivoluzione che
sarebbe arrivata in Italia, anche se poi si avvicinerà al socialismo.
Le speranze con Pio IX
Poco prima del 1848, cioè nel 1846 viene eletto il nuovo papa, un arcivescovo di Imola chiamato
Giovanni Maria Mastai Ferretti, che assumerà il nome di Pio IX. Egli fa uscire alcuni detenuti politici
per amnistia e nel 1847 convoca la consulta di Stato, un assemblea dello stato della chiesa che
prende i delegati dei vari territori dello stato della chiesa e così sembra che il papa sembra
relazionarsi con i rappresentanti della popolazione; viene allentata la censura sula stampa nello
stesso anno e inoltre si viene a firmare una prima lega doganale italiana tra Stato della Chiesa,
Toscana e Regno di Sardegna (Piemonte) in modo tale che le merci circolino liberamente. In Italia vi
è un primo passo per un progetto di unificazione italiana; questa lega doganale viene creata perché
vi erano stato delle piccole sommosse nel 1847 in varie zone d’Italia e il papa e i sovrani degli altri
stati avevano concesso ciò in modo che la situazione si stabilizzasse.