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Italia nel '400: dai Comuni alle Signorie

Tra il XIV e il XV secolo anche nella penisola italiana si assiste a un


processo di accentramento del potere, in controtendenza con la
frammentazione e il particolarismo che avevano contraddistinto l’età feudale.    

A differenza di altre parti d’Europa, dove questo processo era sfociato nella
formazione di ampie compagini statali governate da monarchie, in Italia si
costituirono vari Stati territoriali su scala regionale, nessuno dei quali con
la forza e il potere necessario per condurre con successo un’opera di conquista e
unificazione delle realtà politiche presenti nella penisola.       
Il nuovo assetto territoriale italiano è quindi caratterizzato da
un policentrismo composto da cinque Stati regionali di forza grossomodo
equivalente: il Ducato di Milano, la Repubblica di Venezia, la Signoria di
Firenze, lo Stato pontificio e il Regno di Napoli.    

Ad eccezione del Regno di Napoli e dello Stato pontificio, a fare da traino alla
ridefinizione territoriale degli Stati italiani furono le città. A partire
dalla metà del XIII secolo le istituzioni comunali cittadine cominciarono ad
entrare in crisi a causa delle continue lotte intestine tra le varie fazioni.  

Per ovviare a questa situazione di permanente conflittualità le città affidarono il


potere al podestà, al quale subentrò presto la figura del signore. Tale figura poteva
emergere in diversi modi:  
 poteva essere un esponente di una potente famiglia dell’emergente nobiltà
cittadina;
 poteva essere un podestà che conservava il potere al di là dei termini del suo
mandato;
 poteva essere un condottiero che si era impadronito del potere con un colpo di
mano.
Indipendentemente da come era giunto al potere, il signore cercava
una legittimazione della sua autorità sia dal basso, ottenendo una delega
dagli organismi comunali, sia dall’alto, facendosi riconoscere dall’imperatore o
dal papa, stabilizzando in questo modo la sua egemonia e trasformando
la signoria in un principato, dove cadevano definitivamente gli ordinamenti
comunali e il potere assoluto del signore era trasmesso per via dinastica.  
Ducato di Milano, Repubblica di Venezia e Signoria di Firenze
Nel XIV secolo Milano raggiunse una posizione di predominio economico e
politico nell’Italia settentrionale. Protagonisti dell’ascesa della città fu
la famiglia Visconti. Il fondatore della dinastia, Matteo Visconti, nel
1311 ottenne il titolo di vicario dell’imperatore e conseguentemente
l’autorità per governare la città e il suo contado. Fin da subito egli
intraprese una politica di espansione territoriale, che venne poi ripresa dai suoi
successori.  
Con Gian Galeazzo Visconti (1351-1402), Milano raggiunse il culmine del suo
potere, espandendo il suo dominio a parte del Piemonte, del Veneto, dell’Emilia
e anche dell’Umbria e della Toscana. 
Nel 1395 Galeazzo ottenne il titolo di duca dall’imperatore, portando a
compimento la trasformazione della signoria di Milano in un principato. La
morte improvvisa di Gian Galeazzo portò, però ad un rapido
ridimensionamento dei territori controllati da Milano, che si ridussero
sostanzialmente alla Lombardia. 
Nei decenni successivi i Visconti cercarono di rilanciare la politica
espansionistica di Milano ma si scontrarono con Venezia. Nel 1450, il
condottiero Francesco Sforza, sposo di Bianca Maria Visconti, si impadronì
del potere facendosi proclamare signore di Milano.  
Questo atto aprì un conflitto per il dominio di Milano che coinvolse
anche la Repubblica di Venezia e il Regno di Napoli. Tale conflitto ebbe
termine dopo quattro anni con la pace di Lodi nel 1454, che riconobbe gli
Sforza come signori di Milano, e che ristabilì un equilibrio tra i vari Stati
territoriali che si erano formati nella penisola, che durò fino a fine
Quattrocento.  

Per secoli Venezia aveva esteso il suo dominio ad oriente, consolidando un


impero marittimo che dalle coste dalmate arrivava fino al Mar Nero, passando
per l’arcipelago greco. Quest’impero, governato da
un’oligarchia di mercanti riuniti Maggior consiglio e basato sul commercio
marittimo, entrò presto in contrasto con un'altra potenza marinara:
Genova.  
A metà del Trecento la rivalità tra queste due città che si contendevano il
dominio commerciale del Mediterraneo orientale sfociò in due conflitti:
uno tra il 1351 e il 1355, e uno tra il 1378 be il 1381, chiamato Guerra di
Chioggia.  

Durante questo conflitto, i genovesi riuscirono a far leva sulla paura di


un’eccesiva espansione di Venezia per formare contro di lei una
Lega composta dal re di Ungheria, dal Regno di Napoli e dal Duca d’Austria.
Assediata nella sua stessa laguna da forze soverchianti, Venezia fu costretta a
firmare la pace di Torino, nella quale dovette cedere alcune città e territori
sulle coste mediterranee. 
Complice il declino della potenza marittima di Genova, nel Quattrocento
Venezia riprese la sua politica espansionistica, che questa volta si rivolse
invece che verso il mare verso la terraferma. Tra il 1404 e il 1428 Venezia costituì
un vasto Stato territoriale, occupando il veneto e la pianura Padana fino al fiume
Adda.
Nella seconda metà del XIV secolo Firenze era riuscita a imporre la propria
egemonia su gran parte della Toscana. A fine Trecento il potere in città era
controllato da una ristrettissima cerchia di famiglie della
ricca borghesia mercantile, tra le quali spiccava il predominio degli
Albrizzi.  
Nel 1434, Cosimo de Medici, un mercante e banchiere di umili origini, riuscì,
grazie all’appoggio del popolo minuto, a cacciare gli Albrizzi da Firenze e a
impadronirsi del potere, facendosi nominare l’anno successivo Gonfaloniere
della città. Durante il suo governo, che si protrasse fino al 1464, Cosimo rimase
formalmente rispettoso della tradizione repubblicana, rifiutandosi di farsi
chiamare “signore”. Di fatto, però, il forte controllo che egli esercitava sulla vita
politica, trasformarono Firenze in una Signoria.  
Dopo la sua morte infatti, il potere passò prima al figlio Pietro (1464-1469) e poi
al nipote Lorenzo (1469-1494). Sotto la dinastia medicea Firenze consolidò il suo
potere nella regione e conobbe un periodo di grande sviluppo sia economico che
artistico, in particolare, durante il governo di Lorenzo, che per la sua eccezionale
personalità, venne detto «il Magnifico».  

Curiosità

Secondo la testimonianza lasciata da Vespasiano da Bisticci, scrittore umanista e libraio


italiano, Cosimo de Medici fu un ottimo uomo politico dotato di grandissima memoria, aveva la
passione per l’agricoltura che dimostrò nella cura dell’orto del Convento di San Marco a Firenze
ed ebbe un’avventura extraconiugale con una schiava circassa comprata a Venezia e da cui
nacque un figlio che crebbe con i suoi fratellastri.

Italia nel '400: lo Stato della Chiesa e il Meridione


Nel XV secolo anche il papato costituisce uno Stato territoriale nella penisola.
Abbandonato ogni progetto universalistico e riportata la sede papale a Roma
dopo il periodo avignonese, i papi del Quattrocento si dedicarono alla
costruzione di un vero e proprio Stato territoriale al centro della
Penisola, basandosi sull’organizzazione amministrativa che il
cardinale Albornoz aveva espresso nelle Costituzioni egidiane (1357).
Comportandosi come veri e propri principi laici, i papi dotarono lo Stato
pontificio di un efficiente apparato amministrativo, che garantì
un aumento delle entrate fiscali, e distribuirono cariche e privilegi ai
membri della propria famiglia, o a signori locali che in cambio garantivano la
propria fedeltà al papato.   
Assegnato agli angioini, dopo la pace di Caltabellotta (1302), il Regno di
Napoli cominciò ad attraversare una fase di declino. Organizzato ancora
secondo strutture feudali e privo di quel ceto borghese, che era stato il
protagonista delle trasformazioni economiche e politiche nelle città dell’Italia
settentrionale, il Regno di Napoli era caratterizzato da una
profonda arretratezza che si intensificò durante una lunghissima crisi
dinastica, protrattasi dal 1343 fino al 1442, quando Alfonso V d’Aragona riunificò
la corona di Napoli con quella di Sicilia.  
Alfonso diede inizio a un’opera di ammodernamento delle strutture
amministrative del regno, facendo della sua corte napoletana uno dei centri
di rifermento del Rinascimento. Alla sua morte nel 1458, il regno venne
diviso nuovamente tra il fratello Giovanni, che ereditò la Sicilia e la Sardegna, e il
figlio illegittimo, Fernandino detto Ferrante, che diede seguito all’opera
riformatrice del padre nel Regno di Napoli.  

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