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Descrizione[modifica | modifica wikitesto]

Essa si sviluppò a partire dal conferimento del dominio cittadino, per lo più attraverso l'attribuzione di
cariche podestarili o popolari, ai capi delle famiglie preminenti, con poteri eccezionali e durata spesso
vitalizia. Nelle prime testimonianze di signorie urbane, a partire dalla seconda metà del Duecento, i
signori si identificano spesso con i leader del movimento popolare, di cui esibivano titoli che ne
esplicitavano la rappresentanza (per esempio, Difensore del Popolo oppure Podestà del Popolo). I
primi signori agivano infatti con un forte mandato del popolo, di cui intendevano rappresentare le
istanze politiche[2]. Inoltre, in tal modo si rispondeva all'esigenza di un governo stabile e forte che
ponesse termine all'endemica instabilità istituzionale ed ai violenti conflitti politici e sociali, soprattutto
tra magnati e popolari.[3]
I signori più forti e ricchi riuscirono quindi a ottenere la facoltà di designare il proprio successore, dando
così inizio a dinastie signorili. Un importante momento di rafforzamento di tali signorie fu la
legittimazione da parte dell'imperatore o di altri poteri sovrani, come il papa, che potevano concedere,
spesso dietro forti compensi da parte dei Signori, svariati titoli, come quelli di vicario imperiale,
di Duca o di vicario papale. Rimanevano tuttavia funzionanti le istituzioni comunali, sebbene,
soprattutto dopo gli anni Trenta del Trecento, spesso si limitassero a ratificare le decisioni del Signore.
Numerose signorie cittadine, soprattutto le più antiche, limitavano il loro potere a singole città, tanto che
si possono definire monocittadine: è il caso di Alberto Scotti[4] a Piacenza (1290), Manfredo
Beccaria[5] a Pavia (1289), Romeo[6] e Taddeo Pepoli a Bologna nella prima metà del Trecento.
Altre signorie ebbero fin da subito o acquisirono grazie alle conquiste militari una consistenza
sovralocale, estendendo la loro autorità su più città e divenendo, a partire dalla fine del Trecento, veri e
propri stati regionali. Tra le più importanti signorie sovralocali si possono menzionare quelle dei De'
Medici, Gonzaga e Sforza, dei Della Torre, Visconti, Da Montefeltro, Estensi, Bentivoglio, Della
Scala e Malatesta, che ebbero, in momenti diversi, notevole importanza.
Alcune signorie nel nord Italia furono realizzate da principi feudali, che riuscirono a includere all'interno
della loro dominazione territoriale anche importanti comuni, che per la loro scarsa forza economica e
politica non gli si erano contrapposti efficacemente. Furono di questo tipo le signorie dei marchesi di
Monferrato, dei conti di Savoia che riuscirono ad imporsi su un territorio tra Piemonte e Savoia,
imponendosi rispettivamente su centri come Alessandria, Vercelli e Pavia i
primi, Torino, Ivrea, Fossano e Cuneo i secondi. Per breve tempo in Veneto s'impose la signoria feudale
di Ezzelino da Romano.[7]

Storia[modifica | modifica wikitesto]


Inizialmente, numerose Signorie si presentarono come "cripto-Signorie", cioè delle "Signorie nascoste";
infatti, queste non erano delle istituzioni legittime, ma erano appunto "nascoste". Vengono cosiddette
poiché si aggiunsero alle istituzioni comunali senza mostrarsi apertamente e senza mostrare cambiata
l'istituzione vigente. Con questa Signoria ancora in ombra (ma già forte) salirono al potere molti
avventurieri, ma soprattutto famiglie di antica nobiltà cittadina. Queste, dopo aver governato per una o
due generazioni, decisero di legittimare il loro potere e di renderlo ereditario. Nel XIV secolo ottennero il
titolo di vicario imperiale e tra il XIV e il XV secolo i titoli di duca e marchese. L'assegnazione di questi
titoli è indice della stabilizzazione dei poteri signorili. In quel tempo, nell'Italia settentrionale, gli
imperatori tedeschi pretendevano la sovranità feudale. Tuttavia, già dalla seconda metà del Trecento,
questi non riuscivano a governare le regioni settentrionali. Così si rese possibile l'affermazione delle
Signorie.
La Signoria rappresentò un momento fondamentale di transizione verso la formazione dello Stato
moderno. Inizia infatti il processo di specializzazione e di accentramento delle varie funzioni del potere:
diplomazia, amministrazione burocratica, prelievo fiscale. In Italia l'evoluzione dello Stato signorile portò
alla formazione dello Stato regionale (per esempio Milano con la Lombardia, Venezia con il Veneto,
Firenze con quasi tutta la Toscana). Tale formazione territoriale determinò la nascita di una pluralità di
centri di produzione economica, artistica e culturale ma creò una dannosa frammentazione del territorio
italiano esponendolo così alle invasioni straniere. Nessuno Stato regionale italiano riuscì ad avere una
forza tale da prevalere nettamente sugli altri.
Alla fine le Signorie si evolsero in Principati con dinastie ereditarie e ciò avvenne, come già detto,
quando i Signori, riconoscendo l'imperatore e pagando una quantità di denaro, vennero legittimati e
riconosciuti come autorità da sudditi e principi. I Signori tentarono anche di creare degli Stati
sovraregionali estendendo il proprio territorio.
Durante il Trecento le borghesie cittadine con complesse manovre economiche, tendono a procurarsi il
controllo di territori sempre più vasti attorno alla città per imporre il proprio monopolio economico ed
anche allo scopo di eliminare, anche con la forza, le signorie minori. "Dalla piccola signoria, cioè, si
passa al principato, che è uno stato regionale in cui i poteri sono saldamente concentrati nelle mani di
un principe, il quale, come i monarchi europei, è riuscito a limitare i poteri della vecchia nobiltà e delle
gerarchie ecclesiastiche".[8]

Signorie in Italia[modifica | modifica wikitesto]


Di seguito le Signorie più rilevanti:
In territorio imperiale

Città Signoria
Milano Della Torre, Visconti, Sforza
Verona Ezzelini, Della Scala
Mantova Bonacolsi, Gonzaga
Padova Ezzelini, Da Carrara
Treviso Ezzelini, Da Camino
In territorio pontificio

Città Signoria
Ferrara Estensi
Ravenna Da Polenta
Bologna Bentivoglio
Rimini Malatesta
Cesena Malatesta
Forlì Ordelaffi
Faenza Manfredi
Imola Alidosi
Fano Malatesta
Foligno Trinci
Camerino Varano
Gubbio Gabrielli
Urbino Da Montefeltro, Della Rovere
Perugia Baglioni
In Toscana

Città Signoria
Firenze De' Medici
Siena Petrucci
•A Venezia dal 1423 ci si riferiva al governo ducale col nome di Serenissima Signoria.

INTRODUZIONE

Sul finire del sec. XI le nuove élites cittadine (feudatari minori, professionisti, commercianti e artigiani) iniziarono a
riunirsi in associazioni giurate (coniurationes) e a eleggere propri magistrati (consoli) con il compito di appianare i
contrasti interni e di promuovere e difendere le loro immunità e i loro privilegi. Furono queste le prime forme di
organizzazione comunale, istituzioni che spesso riuscirono a erodere l'autorità dei grandi feudatari. Per contro, il fattore
primario della debolezza politico-istituzionale dei Comuni risiedette nella conflittualità e nella loro discorde litigiosità. Le
lotte delle fazioni si risolsero di fatto con l'affidamento delle cariche a una sola persona (podestà) e con la trasformazione
dei Comuni in Signorie rese per la maggior parte dinastiche. In alcune grandi città come Genova, Firenze Siena e Venezia
non si ricorse al regime signorile ma a governi oligarchici delle famiglie più influenti entro le istituzioni repubblicane.
Lungo tutto il sec. XIV vennero costituendosi Signorie che legarono insieme più città, dando origine ai Principati, veri e
propri stati regionali. Verso il 1430 entità di questo genere si erano affermate in Piemonte, a Ferrara, Milano, Venezia,
Firenze, Roma, Napoli. Il nuovo assetto creato nella penisola fu sancito dalla Pace di Lodi (1454) e rimase immutato fino
alla fine del 1700.

Nella seconda metà del XIII sec. quasi ovunque gli ordinamenti comunali si trasformarono in signorie, cioè l'effettivo
esercizio del potere passò nelle mani di un solo individuo (il dominus o signore) che inizialmente fu il rappresentante delle
forze borghesi che si erano affermate vittoriosamente. Il passaggio al regime signorile si attuò diversamente nelle varie
realtà cittadine italiane e in alcune non rappresentò che un episodio saltuario.

Milano

Dopo la battaglia di Cortenuova a Milano si affermò Pagano della Torre, feudatario appartenente a una famiglia da tempo
residente nella città. L'arcivescovo Ottone Visconti, che guidava l'opposizione nobiliare ghibellina, sconfisse i Della Torre
in battaglia nel 1277 e si fece proclamare signore. Il nipote Matteo estese i domini milanesi al Monferrato aprendo nuove
possibilità ai mercanti e agli artigiani e trasformando Milano in una grande città manifatturiera e commerciale. Il potere fu
ripreso dai Della Torre nel 1302 e i Visconti lo riconquistarono stabilmente nel 1329.

Firenze

Nel XIII sec. Firenze era uno dei maggiori centri economici italiani ed europei i cui mercanti esercitavano soprattutto il
commercio della lana ma erano spesso impegnati anche in attività bancarie (nel 1252 fu coniato il fiorino d'oro, che si
affermò come moneta per i mercati internazionali). In campo amministrativo assunse importanza sempre maggiore la
borghesia delle arti (vi erano 7 arti maggiori, 5 medie e 9 minori). Nel 1282 si costituì il governo dei Priori delle arti,
formato da sei priori che affiancarono e poi sostituirono i magistrati precedenti. Nel 1292 gli Ordinamenti di giustizia,
voluti da Giano della Bella, esclusero i magnati dal governo riservando le magistrature e i consigli solo agli appartenenti
alle arti minori o mediane. In seguito fu concesso ai magnati di partecipare all'amministrazione cittadina purché si
iscrivessero a un'arte (fu il caso di Dante Alighieri che si iscrisse all'arte dei medici e speziali). Tra il XIII e il XIV sec. i
regimi signorili furono soltanto transitori, diversamente da quanto avverrà con la famiglia Medici nel XV sec.

Venezia

Diversamente che a Firenze, a Venezia le arti non ebbero mai funzione politica; inoltre non era mai esistita nemmeno una
nobiltà feudale che potesse contrastare i mercanti. Il problema dei mercanti veneziani fu quello di limitare i poteri
del doge, il magistrato di origine bizantina, e nello stesso tempo di impedire l'ascesa di nuove classi. Dopo aver creato
organi che limitavano il potere del doge ed eliminato l'assemblea popolare, nel 1297 (la cosiddetta “serrata del Maggior
Consiglio”) fu stabilito che potessero fare parte del Maggior Consiglio (l'organo che dal 1172 eleggeva il doge e aveva
funzioni legislative) solo coloro che vi avevano fatto parte negli ultimi 4 anni o appartenessero a famiglie i cui membri ne
avessero fatto parte (l'aggregazione di nuove famiglie fu permessa secondo rigide norme di procedura). Due tentativi di
instaurare la Signoria furono facilmente stroncati e si istituì il “Consiglio dei Dieci”, col compito di prevenire ogni
attentato all'oligarchia.

Altre Signorie

Nelle altre città italiane alcune Signorie si formarono su base podestarile, altre come vicariato imperiale, altre ancora per
dedizione a un signore forestiero. Le principali sorsero a Verona (Della Scala), a Padova (da Carrara), a Ferrara (d'Este), a
Mantova (Gonzaga), a Treviso (da Camino), a Ravenna (da Polenta), a Urbino (da Montefeltro).

signoria Nell’uso storiografico, sia l’insieme dei poteri (prima solo personali, poi anche territoriali)
esercitati durante tutto il Medioevo (e oltre) dall’aristocrazia fondiaria laica ed ecclesiastica sui
contadini, sia l’istituto in cui si risolve, dal 13° sec., la crisi di molti Comuni
dell’Italia settentrionale e centrale, internamente discordi per le fazioni che si alternavano al potere
1. La s. delle campagne
Fin dall’età romana, l’autorità dei proprietari sui loro contadini era anche di natura extraeconomica,
ossia riguardava la possibilità di imporre una forma di disciplina, in misura/">misura differenziata
rispetto alla condizione giuridica (di libertà o schiavitù) dei coltivatori. Soprattutto in età carolingia
(dal 9° sec.), nelle regioni che entrarono a far parte dell’Impero franco tale autorità si concretizzò
nel diritto di giudicare e punire; tale stadio viene definito s. fondiaria, esercitata solo sui contadini
che lavoravano le terre del padrone-signore e che vivevano spesso in differenti villaggi, dato il
frazionamento dell’unità agraria di base del tempo (curtis).
A partire dal 10° sec., durante il periodo dell’anarchia politica dell’Occidente medievale, si verificò
la crisi dei poteri pubblici a tutti i livelli; i grandi proprietari fondiari (aristocrazia laica, chiese e
monasteri) mirarono a unire ai loro precedenti poteri quelli di natura militare e giurisdizionale che i
vari funzionari regi o imperiali non erano più in grado di esercitare. I signori laici ed ecclesiastici
svilupparono così i poteri di banno (diritto di convocare e di punire, potere di comando degli
ufficiali pubblici in campo militare, fiscale, giudiziario). In età postcarolingia tale potere passò
soprattutto nelle mani di quei proprietari fondiari che riuscirono a incastellare, ossia erigere fortezze
sulle loro terre. E poiché tali fortezze proteggevano sia i propri uomini sia i contadini dei villaggi
più vicini al castello (data la natura dispersa del grande possesso fondiario), ecco che la nuova
forma di s. di banno ebbe carattere territoriale, esercitandosi su un territorio compatto, sotto il
raggio protettivo del castello; ed è chiamata dunque anche s. territoriale o di castello. I signori
richiesero allora ai loro uomini una serie di dazi, pedaggi e corvées, come riconoscimento della loro
funzione (mantenere la pace proteggendo dai nemici esterni e assicurare la giustizia all’interno).
Inoltre, in una fase pienamente matura della s., i signori si arrogarono, nei confronti della
popolazione loro soggetta, il godimento di alcuni diritti monopolistici (bannalità), quali quello di
costringere tutti coloro che erano sottoposti alla s. a utilizzare il mulino o il frantoio signorile; diritti
ulteriori (sull’eredità, sui matrimoni) si svilupparono poi in maniera differenziata da luogo a luogo e
a seconda delle varie epoche, ed erano più pesanti nei confronti degli uomini di origine servile. Ma
va detto anche che, all’interno dei quadri della s. territoriale, l’antica distinzione tra liberi e servi
perse consistenza (10°-12° sec.) a vantaggio di una generale sottomissione al banno signorile, che
divenne il marchio generalizzato della popolazione contadina.
Le s. di banno, di frequente nate da uno sviluppo di fatto, ebbero parziali riconoscimenti sovrani,
per es., con la concessione del castello già costruito o ancora da costruire, talvolta a titolo
beneficiario, talvolta in donazione piena. La struttura signorile va infatti distinta da quella
feudovassallatica, anche se poteva darsi il caso frequente di un signore vassallo di un altro più
potente, fosse il re o un altro grande; e questo fu poi il caso normale dal 12° sec. in poi. I signori
difendevano il loro territorio con una forza militare di guerrieri, vassalli o servi armati; i signori
ecclesiastici univano alla forza militare lo scudo rappresentato dall’immunità, ossia da una
concessione da parte dell’autorità, che impediva agli ufficiali pubblici di entrare nelle terre
ecclesiastiche per compiervi qualsiasi atto legato alla loro funzione. Sviluppatasi al massimo grado
nei sec. 11° e 12°, la s. di banno vide limitate le proprie prerogative (13° sec.) dai nuovi poteri forti
(monarchie, Stati regionali, comuni cittadini) che ovunque si formarono in Europa.
2. La s. cittadina
La forma di governo che pressoché ovunque, in Italia, successe al comune, dal tardo 13° sec. in poi,
per porre fine alle lotte di fazione e affrontare in termini più efficaci i problemi creati
dall’espansione nel contado e dalla rivalità dei comuni vicini, si determinò, in relazione a situazioni
e avvenimenti particolari, in modi diversi: ora fu la magistratura unica e forestiera del podestà o il
capitanato del popolo che si trasformò in titolo vitalizio; ora fu la magistratura eccezionale del
capitanato di guerra che si impose stabilmente. A volte, conservandosi gli istituti comunali, si ebbe
il caso di una velata s. di un cittadino, potente per clientela e prestigio e ricchezza. Poteva capitare
ancora che il passaggio alla s. si avesse per improvvisa decisione del Comune che faceva dedizione
o si vendeva a un signore, a un vicario imperiale, a un potente feudatario, a un sovrano, o al
pontefice, per sfuggire a diversa minaccia, per acquistare privilegi economici.
Il signore, nel confronto della cittadinanza, tendeva ad annullare la propria subordinazione e la
propria responsabilità verso statuti e deliberazioni consiliari, a riassumere nella sua persona la
somma dei poteri; e in molti casi l’acquisto da parte del signore di altre s. creò una sempre più
grande distinzione tra governanti e governo, che disponeva di una sua propria organizzazione
burocratica, estranea agli interessi locali. Tuttavia sempre l’origine del potere, anche se era
ammesso il suo carattere vitalizio e perfino ereditario per consanguineità, si basava, almeno di
diritto, sulla volontà popolare che aveva concesso la balìa. Il compromesso trovò una soluzione tra
il 14° e il 15° sec., quando i signori ottennero il titolo della loro legittimità dall’Impero o dalla
Chiesa, trasformando così la s. in principato.

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