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1076: scontro epico tra papa Gregorio VII e imperatore Enrico IV.

Siena sta dalla parte


dell’imperatore.
1150-1190: Siena era attaccata all’impero perché in questi anni aveva avuto buoni rapporti
Inizio 1200: la banca senese vive il suo periodo d’oro
1141: attestazione più antica ci offre la ricostruzione di un secolo in cui Firenze e Siena
chiaramente erano in rivalità
1158: Siena si schiera dalla parte di Federico I ma stare dalla sua parte non era vincolante e
poteva essere sempre messa in discussione al mutare delle condizione politiche.
1183: un console di nome Salvani. La famiglia Salvani è uno dei lignaggi aristocratici più
antichi di cui abbiamo attestazione.
1185-86: il figlio dell’imperatore Enrico marciò contro la città dei senesi e li piegò a dure
condizioni (per mostrare come nemmeno tra Siena e l’imperatore è stato tutto sempre roseo
ma comunque di parte Siena alla fine ha preferito prendere parte al gioco dell’imperatore).
1197: lega toscana. Voluta da Innocenzo III in funzione antimperialista. Firenze e Siena
collaborano. In questa occasione Siena prova a non essere imperiale.
1200: Si ipotizza la nascita di Ruggeri Apugliese.
1202: prima attestazione dei domini societatum (forse domini di societas di pedites). Ciò
pare che in questo periodo nascano forme associative di milites e pedites con funzioni
militari. La politica di questi si manifesterà nel decennio successivo. A Siena i milites e i
pedites erano famiglie aristocratiche specializzate nell’arte della guerra. Il comune viste le
continue lotte del XIII secolo investe più risorse nella formazione di milites e per il loro
armamento. Quindi insorgono novi milites, che ricevono il cingolo della milizia e l’appellativo
di dominus, oltre a quelle aristocratiche originarie (domini militum) . Cioè qui il ceto militare
si espande e nascono nuove famiglie come quelle originarie, questi milites vengono
addobbati dai giudici o da milites precedentemente addobbati.
1203: prima attestazione dei consules militum
1202-1203: Siena e Firenze ritornano a farsi guerra.
1213-1215: la famiglia Salvani raggiunge il il vertice della societas populi. Attestato perché
si scontravano con i milites. Uno dei tre rectores è proprio un Salvani.
1219: Ruggieri Apugliese è certamente già maggiorenne. Compare la prima volta in un
documento dove testimonia la vendita di una terra.
1222- 1235: dapprima Firenze e Lucca contro Pisa (Siena, insieme a Pistoia a e Poggibonsi,
si allea con Pisa e ne condivide la sconfitta) poi Firenze contro Pistoia, poi di nuovo la guerra
che vede contrapposte come capofila Siena e Firenze, entrambe sostenuto da un largo
numero di alleati che si conclude poi nel 35’ da un legato pontificio, la cui sentenza appare
più favorevole a Firenze, ma non costituisce per Siena un esito che possa ridimensionare le
ambizioni quanto piuttosto spingerla dalla aprte dell’imperatore.
1225: In questa data Siena (e sempre più la famiglia Salvani) inizia a intrattenere rapporti
con l’imperatore.
1229: Ruggeri compare di nuovo come testimone di due atti privati. Non sappiamo se ha
già compiuto il trentesimo anno di età.
1235: prima attestazione di un governo policentrico costituito dai 24 (servitores et rectores
del popolo). Questo governo porterà fama alla famiglia Salvani che avrà il maggior numero
di risieduti tra i 24 del popolo.
1240: il governo dei 24 diventa una vera e propria magistratura. Il popolo senese si coordina
con l’entourage filo-imperiale italiano.
1243: Compare nuovamente Ruggeri con il titolo di domino.
1246: prima attestazione che a Firenze ci sono i guelfi.
1247: Provenzano Salvani riveste l’incarico di provveditore di Biccherna
1250: fino a questa data Siena era “ghibellina” nel senso che si era senesi in quanto filo-
svevi, i guelfi come fazione organizzata non esistevano. Mentre a Firenze esistevano e quelli
che gli erano opposti venivano considerati “ghibellini” in origine. Il primo cinquantennio è
l’ascesa del popolo.
1251: sono nominati in modo esplicito ghibellini e guelfi con aderenti e consiglieri di Pisa, a
Prato e ad Arezzo.
1252: si vietano a San Gimignano canti di dileggio antiguelfi e antighibellini perché
provocano tensioni.
1200-1250: due fenomeni. Crescenti conflitti tra papato e impero. Il potere popolare nelle
città toscane ottiene maggiore prestigio fino ad assumere cariche politiche.
1222-1235: conflitti Firenze e Lucca vs Pisa e Siena vs Firenze, Firenze vs Pistoria. Rivalità per
interessi locali e regionali.
1226: Sul versante economico, le miniere d’argento e la monete senese hanno contribuito
all’accrescere del suo capitalismo. In questa occasione Siena prova a fare un volta faccia
all’imperatore con l’attacco e la distruzione del castello di Orgia, la rocca imperiale posta
fuori Siena.
1227: continua fino a questa data la prassi dell'addobbamento. Cioè abbiamo attestazioni
della adozione della prassi di addobbare milites novi pro cimuni.
1250: raggiunge l’apice di questo splendore
Nell’ottobre di questo anno a Firenze si afferma il governo del Primo popolo (né guelfo né
ghibellino) che pone fine all’obbedienza di un regime imperiale. Vista la situazione, Pisa,
Siena e Pistoia si alleano in funzione anti fiorentina l’anno dopo. I ghibellini di Firenze
trovano rifugiano a Siena.
1254: Firenze sta per conquistare Monteriggioni e allora Siena in difficoltà va a patti con
Firenze. Per 3 anni vanno d’amore e d’accordo.
1255: la prima notizia positiva sull’obbligo imposto dai parroci di conformarsi agli “statuti e
ordini del vescovo di Siena dati e da darsi contro gli eretici e gli usurai”. In questo periodo
l’episcopato cittadino aiuta, sostiene e coordina l’azione pastorale del clero impegnato nella
cura animarum. La politica antiusuraia era sostenuta nella prima metà del 200’.
1257: Manfredi succede a Federico II e gli accordi con Siena rimangono stretti. Salvani è il
protagonista della politica popolare in qualità di membro dei 24.
1258: I ghibellini Fiorentini tentano di rientrare in patria con un colpo di stato ma senza
successo. I ghibellini fiorentini si rifugiano sempre a Siena in segreto. Siena e Firenze
rompono i patti ed entrano di nuovo in guerra per questo motivo.
1259: Siena riconosce Manfredi di Svevia quale legittimo successore della corona
meridionale e chiede i suoi aiuti (accetta anche la bandiera del sovrano e si sottomette).
Manfredi vede il giuramento di fedeltà degli ambasciatori senesi e decide di fidarsi
mandando aiuti militari nella lotta contro Firenze. Nel dicembre dello stesso anno un
condottiero di Manfredi con un numero non troppo numeroso di condottieri tedeschi arriva
a Siena: Giordano d’Aglano.
1260: battaglia di Montaperti. Siena e vince e crede di avere la meglio su Firenze. La vittoria
è da attribuirsi al valore dei senesi e ai formidabili cavalieri tedeschi che anche se di meno
riescono a respingere un esercito con più migliaia. Dopo la battaglia la politica della città
prenderà una svolta e si insedieranno governi ghibellini nei comuni toscani. Firenze è sul
fronte guelfo.
Nel frattempo, Alessandro IV cerca di fermare questa avanzata ghibellina insieme ai suoi
successori, cercando di scomunicare i senesi per questo legame filo-svevo. Questa battaglia
di Monte aperti è una parentesi di entusiasmo, l’apice della potenza e del prestigio della
potenza ghibellina. Questa battaglia era così importante perché avrebbe decretato quale
comune avesse l’egemonia regionale.
1261: Dopo la battaglia di Monteaperti viene stabilita la pace tra i due comuni a pesanti
condizioni per Firenze ovviamente. Siena decide di non distruggere definitivamente Firenze
come voleva Manfredi perché la parte ghibellina fiorentina che nella battaglia li aveva aiutati
non intendeva distruggere la propria patria e sarebbe stata disposta a intraprendere un altra
guerra se ciò fosse avvenuto. Siena così decide di godersi la propria fama in tutta tranquillità
non aggravando ulteriormente la situazione. Firenze sconfitta restava comunque il comune
più potente e ricco di tutta la toscana secondo le fonti e si sarebbe presto ripresa dal colpo
mortale. Urbano IV chiede la scomunica a tutti i ghibellini senesi. I mercanti che non sono
obbedienti alla Chiesa pagheranno tributi (anno decisivo). Il fronte popolare ghibellino prova
ad andare a patti senza cadere sotto il potere della Chiesa. È chiaro che dopo questa
battaglia il papa cerca di rompere il legame con l’imperatore e di andare a soccorrere la
parte guelfa che è stata sconfitta, e la maggior parte di costoro trovano rifugio a Lucca.
1262: Gli esponenti dell’alto ceto mercantile si trasferiscono a Radicofani seguendo i dettami
di Urbano IV che li mette sotto la loro protezione dopo i tumulti in città. Non vengono
espulsi, ma decidono di andarsene di loro spontanea volontà e strategicamente per
organizzarsi meglio. Questo ceto mercantile diventeranno i guelfi senesi, nascono sotto la
spinta del papato, volevano la leadership in città, volevano rompere i patti con il mondo
artigiano, miravano a ottenere il potere una volta per tutte rovesciando il governo dei 24. I
ghibellini senesi come leader hanno qualche membro dell’aristocrazia fondiaria, mentre i
guelfi sono il ceto mercantile, aristocratico e alta borghesia degli affari. Sempre in questo
anno abbiamo un gruppo di rivoltosi capeggiati da un certo messer Canto, una parte dei
cittadini dopo Montaperti era scontenta.
1263: alcuni senesi fuoriescono per andare a Radicofani sotto la protezione di Urbano IV.
Questi 107 uomini diventeranno il nucleo della nascente pars guelforum senese. I ghibellini
in questo momento storico sono dominanti. La fuoriuscita di costoro è una manovra
strategica; nel mentre ci sono persone a Siena che lentamente iniziano a pensare che affidare
la città ai ghibellini sarà un fallimento: l’idea che il fronte popolare e ghibellino possa
distruggere la città.
1266: Siena si avvicina al papa e inizia a diventare da ghibellina a guelfa. Gli esuli possono
rientrare perché Siena ha fatto pace con Clemente. In questo anno muore anche Manfredi,
figlio illegittimo di Federico II di Svevia, e gli Angiò si prendono il il regno di Sicilia con la
Battaglia di Benevento. Salvani pensa che la situazione è critica perché Siena non ha più il
suo valido alleato fuori dalle sue mura.
1264: pare che in questa data Ruggeri Apugliese scriva la Tenzone di Provenzano. Il poeta
vuole far apparire Provenzano un politico prudente e razionale con l’intento di far abbassare
la tensione in città. Questo testo ridimensiona la superbia di Provenzano che accetta di
muoversi all’interno dell’opposizione che è al di fuori delle mura della città che sbaglia
perché pensa solo ai propri interessi. Ruggieri grazie alla sua cultura intende difendere
Provenzano, utilizzando l’arma della parola nella lotta politica, che non poteva sottostare
alle richieste della nascente parte guelfa e dagli ambienti filo imperiali meno radicali. Dante
invece è di giudizio diverso nella Divina commedia proprio perché condanna Provenzano di
superbia e lo posiziona nel Purgatorio.
1262-1266: anni del fuoruscitismo guelfo
1267: contratto ufficiale tra il governo senese e il papa. Entrano a patti le due parti per far
rientrare i fuoriusciti. È un primo tentativo di ricomposizione del quadro politico istituzionale
lacerato da anni di lotte.
1268: battaglia di Tagliacozzo. Con questa battaglia gli Angiò fanno fuori anche Corradino
di Svevia, nipote di Manfredi, salito dopo la morte dello zio ma ormai un fantoccio. Siena è
indomita e un tale Provenzano Salvani riarma un esercito ghibellino per una rivalsa. Questo
anno con l’esecuzione capitale di Corradino e la sconfitta di Tagliacozzo segna la fine del
ghibellinismo toscano. Nella battaglia muore lo stesso Provenzano e ne segue la sua
damnatio memorie.
1269: Battaglia di valle d’elsa. Questa è una battaglia tra le forze fiorentine-angioine e quelle
senesi. Non è assolutamente come la battaglia di Monteaperti (ha dimensioni più piccole ed
non portò alle stesse conseguenze politiche della precedente) ma Firenze in un certo senso
si riscatta del torto subito di quella battaglia.
1270: Gli esuli rientrano in città, i ghibellini vanno volutamente in esilio, la parte guelfa
rientra a Siena e il comune accetta di giurare fedeltà a re Carlo d’Angiò e alla Chiesa. Per
diventare guelfo era necessario rispettare sia Carlo d’Angiò e la Chiesa in quanto i due sono
in buoni rapporti. Dal potere vengono esclusi una buona parte di senesi. Viene abrogato il
governo ghibellino popolare dei 24 e Siena diventa guelfa.
1271: abbiamo fino al settembre di quest’anno il governo dei 36. Dopo vengono stabiliti dei
criteri per la loro sostituzione. Gli ufficiali dovevano provenire dai mercatores e non dai
milites (esclusi) in quanto esponenti di casati e di ghibellini di pubblica fama. In questo anno
abbiamo l’atto ufficiale con il quale Carlo d’Angiò accoglie la petizione consegnatagli dagli
ambasciatori di Siena. Siena deve ammettere il dominus da re Carlo e anche se gli lascia
abbastanza libertà su alcune questioni politiche, la libertà di circolazione e l’immunità dei
mercanti nelle sue terre, chiede un cospicui flusso di denaro alla città. Siena guelfa così come
gli altri comuni toscani guelfi periodicamente dovevano versare tributi al re. In compenso i
suoi mercanti avevano più libertà nel sud di Italia. Il potere confluisce nelle mani di un ceto
medio di mercanti che si qualificavano per fedeltà al papa e avevano come desiderio di
operare in onore della città. Questi mercanti erano favorevoli a una oligarchia di banchieri e
mercanti che trovarono in parte guelfa il loro referente politico.
1274: Lo statuto di questo anno è controllato dai massimi esponenti della parte guelfa che
assumono ruoli di primaria importanza politica. Siena diventata guelfa va maggiormente
d’accordo con Firenze che è pure guelfa. Vengono fissati dei criteri per la magistratura
popolare di vertice con una legislazione. 1) adesione alla parte guelfa, 2) afferenza all’ambito
mercantile, 3) escluso se appartieni a un casato, 4) escluso se eri coinvolto ad alto livello
nella coordinazione ghibellina, 5) escluso se eri giudice e notaio, 6) escluso se eri stato
cavaliere.
Sempre in questo anno il concilio lionese fissa norme precise in merito la pratica della
restituzione dell’usura (l’usuraio deve affrontare un percorso anche per essere riammesso in
chiesa).
1261-1271: affermazione, trionfo e crisi del governo ghibellino sostenuto dal populus delle
arti e dagli esponenti del gruppo di milites/ casati.
1271-1277: i senesi del 63’ fuoriusciti rientrano e impongono un regime guelfo
(appartenevano anche mercanti di mezzana gente).
1277: Provvedimenti ante-magnatizi emessi dal governo guelfo
1279- 1280: Per volere del papa Niccolò III inizia una fase di riappacificazione tra Siena e
Firenze grazie anche alla mediazione del cardinale Latino Malabranca. Le cerimonie tra le
due città sono simili ma approdano in riforme costituzionali sensibilmente diverse: a Siena
vogliono abrogare le fazioni guelfi e ghibelline mentre a Firenze che il governo deve essere
guidato da entrambi le parti (50/50). In ogni caso queste riforme hanno vita breve.
1280: Avviene il formale riavvicinamento tra la parte guelfa e quella ghibellina. Per legge
vengono abolite le due fazioni e perfino il loro ricordo.
1281: Abbiamo una rivolta capeggiata da un uomo d’affari di nome Nicola di Bonifazio
sostenuta da una Arezzo ghibellina che danno appoggio a questi ribelli. Durante il regime
guelfo è normale che qualche famiglia covasse rancore fino a sfociare in una ribellione di
coloro che in fondo in fondo erano ghibellini.
1282: inizia a Firenze il priorato delle Arti, governo che si dichiara guelfo anche se ammette
qualche ex ghibellino tra le sue fila, ma la cosa ciò che è importante è che è un governo che
nasce per volontà delle corporazioni, cioè ceti mercantili e artigiani contadini.
1289: Siena guelfa vince a Campaldino.
1287-1355: Inizia il governo dei 9. Una delle principali magistrature della Repubblica di
Siena. Le cariche pubbliche sono accessibili solo a chi è guelfo, accanto a questi esistono dei
collegi per la mezzana gente e per il ceto medio alla quale è preclusa la carica pubblica (così
come ovviamente anche ai ghibellini). Questo governo è medio-alto alla fine perché poco
importava a Siena della mezzana gente, coloro che avevano il potere erano proprio quelle
classi. Stiamo parlando di un governo che nasce all’indomani della della sconfitta di Siena
ghibellina ad opera dei guelfi della nemica di sempre.
1293: i Salimbeni sciolgono la compagnia
1295: i Ricciardi di Lucca avevano descritto gli effetti nefasti sulla compagnia della notizia
della guerra tra Francia e inglesi (Edoardo I contro Filippo il Bello di Francia): prima
l’inquietudine si era diffusa tra i loro creditori. In questo anno abbiamo le prime difficoltà dei
Bonsignori e l’inizio della crisi che colpirà le famiglie toscane magnatizie. II crediti purtroppo
restano all’estero e le compagnie che erano appunto prestatori falliscono in quanto non
riescono a riprendersi i propri crediti sparsi per il mondo.
1298: Fallisce la compagnia senese dei Bonsignori. Nonostante godesse di una grande fama
internazionale, la compagnia non era più in grado di far fronte alle richieste di pagamento
di tutti i suoi creditori. Doveva restituire 200.000 fiorini d’oro e 2 milioni e mezzo circa di lire
di moderno corso!
1300: A livello economico gran parte delle famiglie che avevano fama a livello internazionale
si sciolgono e sono costrette ad attraversare delle crisi (i Piccolomini escono dalla scena
internazionale).
1309: Viene aperta una procedura fallimentare nei confronti dei Franzesi che li mette in
difficoltà.
Molte compagnie senesi erano state trascinate in una crisi di liquidità, restrizione del credito,
perdita di fiducia. Le compagnie senesi per superare la crisi si appoggiano al sistema
creditizio e monetario fiorentino ma subendo una crisi vengono trascinate pure loro.
1310: per la prima volta i 9 intervengono per aiutare i falliti (le famiglie di banchieri e
mercanti in crisi). Introducono i consoli della Mercanzia che agiscono da curatori fallimentari
1312: secondo intervento dei 9 verso i falliti. Sostengono i Tolomei con la loro politica e
garantiscono impunità ai soci fuggitivi.
1313: Siena è diventata guelfa ma è rimasta sempre titubante su questa posizione rispetto
ad altri comuni. Tanto è vero che ’imperatore Enrico VII quando in questo anno si è spinto
alle porte di Siena, questa aveva sempre paura di lui e cercava in tutti i modi di accordarsi.
Esempio di doppiezza, slealtà, opportunismo da parte dei senesi.
1315: Siena sconfitta a Montecatini
1323: per terza volta i 9 aiutano i falliti. Offrono loro occasioni più strutturate per l’impegno
di capitali liquidi attraverso la sistematica cessione di iniziative prima riservate al comune.
1332-1340: il sistema senese del credito (spesa pubblica,propaganda contro l’usura,
politiche comunali) prese in esame dalla Piccini. In questo periodo abbiamo un passaggio
cruciale della vita politica ed economica della città, segnato nei primi decenni del 1300 dal
rientro in patria di affari e di denari dei soci di quelle imprese familiari che avevano contatti
a livelli internazionale. In questo periodo ci sono casati le cui società erano fallite e avevano
cessato l’attività internazionale, alcuni di loro per evitare la bancarotta a causa del mutato
clima internazionale avevano convertito capitali e risorse in una dimensione locale.
1311: I Peruzzi costruiscono una filiale a Siena (il palazzo prima era stato dei Franzesi).
1323: aumenta il numero di alloggi nel borgo di Santa Maria
1325: Siena sconfitta a Montepascio
1326: Siena è costretta ad accettare la signoria di Carlo duca di Calabria, figlio di Roberto
d’Angio.
Nel mentre i 9 decidono di aiutare per la quarta volta i falliti. Costruiscono all’interno
dell’ospedale civico un rifugio per il denaro per proteggerlo e riprodurlo in attesa di tempi
migliori.
1332: il mondo del prestito cittadino è in fermento. I buoni uomini del vicino governo
segnalano ai 9 di emettere una una ordinanza sul sistema bancario.
1333: per la quinta volta i 9 aiutano i falliti. Gli consentono di pagare 2/3 dei debiti
1336: primo provvedimento. Vengono regolamentati i tassi di interesse.
1335-1336: la spesa pubblica e gli improvvisati usurai. In questi anni abbiamo il tema
dell’usura e il tema dell’aumento della spesa pubblica. Molti artigiani e mercanti abusano
del prestito di stato.
Il governo incarica a una commissione di savi di studiare misure per alleggerire la spesa
pubblica. I savi segnalano che erano nati dei prestatori presso la gente semplice,
improvvisati, che provocavano il fenomeno dell’usura, che costituiva una debolezza per il
sistema sociale. I savi facevano notare che gli alti costi del denaro producevano a Siena un
danno enorme a tutto il comparto del commercio (la mercanzia) e ai mercanti e agli artigiani
che stavano andando in rovina. I savi dunque avevano un compito: multe salate che
fissassero il tasso di usura rispettando il credito (il 10% stabilita dallo Stato), la rottura della
tradizione nelle forme del credito e l’emergere di nuovi prestatori. Quello che succede è
questa classe di prestatori su pegno prestava denaro, questo ha provocato un mondo locale
nuovo e deregolamentato, e i banchieri tradizionali cadono in crisi.
1336-1339: La città sfiora i 50.000 abitanti. La gente stava bene e possedeva denaro in
abbondanza.
1338: banchieri senesi in crisi (prestano troppo denaro non loro) all’avvio della guerra dei
100 anni tra Francia e Inghilterra. In questi anni abbiamo la caduta della famiglia fiorentina
Peruzzi, non a caso si parla di “vigilia dei tracolli in Firenze”. C’è una forma di collegamento
tra la guerra, difficoltà dei fiorentini e i fallimenti senesi. In questo anno abbiamo un secondo
provvedimento: gli usurai vengono esclusi dall’accesso alla carica di consoli di Mercanzia e
viene introdotto l’albo dei prestatori.
1337: per la sesta volta i 9 aiutano i falliti. Danno priorità al risarcimento dei senesi e le
difendono dalle rivendicazioni straniere nonostante che gli statuti garantissero i diritti di
questi ultimi.
1338-1339: l’arte della Lana stava ampliando le attrezzature per la lavorazione dei tessuti
1339: Lorenzetti dava le ultime pennellate ai suoi affreschi. Tutto quello che vede in quegli
anni in cui la città cresce lo dipinge è questa la cosa importante. Lo stesso anno si presentano
ai consiglieri un gruppo di banchieri e mercanti che con un lungo testo incitavano a un
intervento pubblico di efficacia normativa per vietare la carcerazione per i debiti usurai. I
banchieri sono venuti meno e gli usurai vanno annientati. I 9 avevano per 20 anni sostenuto
compagnie in crisi, lasciando crescere una saldatura di intenti tra ceto medio e casati, ma
ora l’erario era strozzato dai creditori, tanti banchieri erano in bancarotta, gli artigiani non
trovavano soldi per finanziare le loro attività, i mercanti stessi vedevano calare il giro di affari:
la politica doveva assumere un ruolo equilibratore. Nell’aprile di questo anno vi è uno sforzo
nel ridisegnare il comparto del credito. Terzo provvedimento: limitato la carcerazione degli
usurai (aprile) e escluso gli usurai dalla nomina governativa (ottobre). La crisi dei mercanti
sarebbe successiva a quella dei banchieri e delle famiglie. I presentatori della proposta
scrivevano non solo che i cittadini e i contadini rovinati dall’usura erano migliaia ma quelli
usurai appartenenti alla povera gente si erano arricchiti moltissimo. I presentatori della
domanda facevano appello a principi etici, sociali e religiosi, gli usurai andavano condannati
sotto questi punti di vista affinché Siena potesse riprendersi (dunque l’usura viene anche
condannato come peccato e la chiesa scomunicava).
1340: il cerchio si chiude con l’albo dei prestatori cattivi. Il consiglio dettò nuove regole sul
prestito e istituì l’albero dei prestatori. L’usura viene condannata come male agli occhi di Dio
ancora di più rispetto a prima. Si doveva realizzare un albo di questi prestatori cattivi in 10
giorni.
I prestatori potevano scegliere: o si autodenunciavano, iscrivendosi e accettando la vergogna
pubblica e venendo esclusi dalla vita politica o continuavano a prestare fuorilegge o
smettevano di prestare una volta per tutte. Lo scopo dell’albo non era vietare l’usura, ma
permetterla e controllarla, e coloro che la praticavano andavano incontro l’esclusione
politica. Il conflitto è evidente: quello tra usurai e mercanti -banchieri che facevano
comunque a Siena il mestiere di prestatore. In questo anno chiudono anche le compagnie
toscane dei Bardi e Peruzzi.
1344: per l’ultima volta i 9 aiutano i falliti. Decidono di non scrivere proprio tutto nelle
documentazioni in merito ai propri patrimoni fondiari e immobiliari cosicché i rappresentanti
papali non recuperassero da quelle proprietà i loro crediti. Vennero difesi così tanto che alla
fine la città cadde nella scomunica.
1348: Siena è colpita dalla peste. Squilibra completamente il sistema economico.
1355: i 9 vengono spodestati da un movimento nato dalle corporazioni artigiane. Il governo
cade perché alla fine i 9 avevano mitigato la loro politica di aiuti nei confronti dei falliti
(sentimento antinovesco da parte dei casati). Smettendo questo tipo di politica e di
favoritismo, diminuisce il denaro e aumentano i tassi di interesse perché comunque la
richiesta di beni e servizi era rimasta alta presso la popolazione (questa si era abituata a
ricevere capitali per investire nel periodo precedente ma una volta che vi fu meno denaro in
circolazione si lamentò). In poche parole chiunque volesse chiedere un prestito al Comune
gli costava di più e gli investimenti calarono. Fino a questa data vi era stata la peste e carestie,
e i fallimenti di diverse compagnie toscane, siamo chiaramente in un quadro sfavorevole per
i 9.
1355-1368: Inizia la nuova signoria popolare dei 12. Un governo di impronta artigiana,
espressione dei gruppi di media e alta borghesia che erano stati tenuti ai margini del
governo dei mercati noveschi. Anche coloro che prestavano denaro a nero (finanziatori
mondo artigiano) che vennero bloccati dai 9 con le loro riforme vollero provare a fuoriuscire
ma in realtà non fu così. Questo governo bloccò dagli uffici gli usurai. Dopo la metà del 300’
i contadini furono favoriti dalla mezzadria poderale ben sorretta dalla politica mentre i casati
protagonisti della rivolta antinovesca ottennero dai 12 un controllo pressoché esclusivo dei
posti di governo del contado.

I libro

1. Siena nell’Italia dei guelfi e dei ghibellini.

Sulle origini del mito si è discusso. Saba Malaspina pensava che esistessero due demoni
femminili che lottavano tra loro nel tempestoso cielo della Toscana, Guelfa e Gebellia. Per
l’anonimo romano ebbe tutto inizio da una zuffa tra due cani Guelfo e Gebellino, e i loro
nomi sono ricaduti sulle fazioni. A Siena si era fedeli sempre all’imperatore (filo-svevi) e
questo la rendeva ghibellina. Ma in verità il termine ghibellino era stato usato per designare
coloro che a Firenze contrastavano la classe nascente dei guelfi che ancora a Siena non era
nata. Defunto Federico II i vincoli restano stretti con i successori , in particolare con Manfredi.
Fino al 1250 abbiamo l’apice della potenza ghibellina. Il guelfismo senese era esule ma poi
si rivelò vincente. Siena dopo che gli esuli ritornarono in città divento guelfa e inizio una
serie di riforme istituzionali e un cambio di politica. È bene anche inquadrare i rapporti con
gli angioini di Napoli che erano in buoni rapporti con l’imperatore e che sotto il vessillo
guelfo combatteva dalla sua parte e gli pagava i tributi.

2. Il traghettamento dei mercatores: Dal fronte imperiale alla pars ecclesiae

In origine Siena è stata una città-banca e i suoi abitanti un popolo mercanti. Sono stati
proprio i mercanti a costruire i principali edifici della città e la sua ricchezza culturale e
artistica si deve grazie al loro denaro. I mercanti senesi curavano principalmente gli affari del
papa, quest’ultimo li riteneva incredibilmente capaci e affidabili, tanto è vero che questa
opinione si è diffusa in tutta Europa. I mercanti senesi erano dotati di sagacia e di una
straordinaria padronanza degli affari nel mercato internazionale. Il territorio senese era
anche ricco di metalli preziosi come oro, argento, rame che contribuì chiaramente al
capitalismo senese e alla espansione del commercio del denaro.
Il fatto che Siena fosse anche non molto distante da Roma fu un altro fattore importante.
Geografia, banca e commercio, furono la mescolanza di questi 3 fattori a renderla grande.
La città poté fiorire grazie al fatto che vi erano attività di banco svolte in ambito curiale e
romano, d’altra parte la Chiesa contribuì anche a promuovere la fama e consolidare la
posizione e la competitività dei banchieri senesi su scala internazionale. La Siena del 200’
dunque era una “colossale banca pontificia” appollaiata sulla via Romea. Questi affari
avvenivano già prima che Siena diventasse guelfa ovviamente, all’inizio del 200’ abbiamo la
sua stagione d’oro e di quanto il papa si fidasse ad ad esempio, nel 1235 per la prima volta
nei registri vaticani ai mercanti senesi viene affidato il cambio e il trasporto delle somme
ricavate dai tributi ecclesiastici. I mercatores senesi hanno tra le mani un mestiere altamente
specializzato e i pontefici lo riconoscono e li sostengono in modo robusto. Qua parla anche
della storia di come lentamente dal versante ghibellino si passa a quello guelfo, da Urbano
IV fino al 1280 più o meno, di quando il cardinale Malabranca riuscì a mettere pace alla sfida
continua tra ghibellini e guelfi, sia a Siena che a Firenze, anche se come abbiamo detto con
riforme diverse.

3. La chiesa di Siena nella transizione dal ghibellinismo al guelfismo

Dopo la vittoria di monteaperti chiaramente la città diventò ghibellina ma la Chiesa continuò


ad esistere in città e quindi ne indaghiamo i suoi rapporti con il governo. La gestione dello
spazio sacro dopo la metà del 1200 venne presa in carico dal comune, pare che lo stesso
mondo ecclesiastico cittadino fosse ghibellino e quindi non schierato dalla parte del papa.
La realtà di quella Chiesa era complessa: su un piano orizzontale era influenzata dai membri
ecclesiastici cittadini che per la maggior parte erano ghibellini come idee e al vertice dai
rapporti con la curia romana. Inoltre le chiese locali di quei decenni erano complesse perché
influenzate sia dal vescovo che da una pluralità poteri. Pare che durante gli anni della guerra
di Monteaperti i vertici del clero cittadino sposarono la causa ghibellina e non si tirarono
indietro a sostenere il popolo e l’imperatore, a fare la loro parte nella battaglia, tanto è vero
che ci furono scolpite anche delle frasi nelle chiese per esaltare quella vittoria. Nel quadro
generale abbiamo un conflitto tra stato comunale, giurisdizioni ecclesiastiche e da un clero
frequentemente diviso al suo interno, lotte di classe tra i ceti ecclesiastici che si intrecciano
con i problemi sociali del mondo laico. Una maggiore stabilità di questa Chiesa locale avverrà
durante il governo dei 9.

4. Investitura dei cavalieri

In origine a Siena esistevano i domines militum, un gruppo di cavalieri addobbati, chiamati


con devozione a partecipare all’attività politica (questi governavano insieme ai consoli dei
mercanti e i priori del popolo). Questi all’inizio del 200’ erano pochi, ma lentamente,
nonostante fossero un gruppo nettamente distinto dalla cittadinanza diventarono più aperti
e attraverso la pratica dell’addobbamento (cingulum militiae) permisero a molte famiglie di
entrare nella loro cerchia anche se prive di una tradizione cavalleresca, ma in corso di
affermazione socio-politica. Il gruppo dei casati, che tra la fine del 1200 e gli inizi del 1300
poteva annoverare circa 2000 individui, nel momento in cui venne definito come tale
comprendeva al proprio interno il vertice politico ed economico senese, composto per lo
più da lignaggi di origine urbana e in misura molto minore di gruppi parentali provenienti
dal contado e rapidamente integratisi nell’ambiente cittadino. Si trattava in primo luogo
delle famiglie di mercanti-banchieri – proprietari fondiari giunte al potere tra la fine del 12°
secolo (Gallerani, Piccolomini) e nei primi decenni di quello successivo (Tolomei, Salimbeni,
Accarigi) ed affermatesi definitivamente nel corso del 200’, nonché di alcune famiglie
dell’aristocrazia consolare che avevano saputo riorganizzarsi in senso economicamente
produttivo convertendosi tempestivamente alla mercatura (Maconi, Malavolti), tutte
accomunate da una fede guelfa più o meno recente o comunque da un atteggiamento
politico non indifferente. Al loro fianco troviamo inoltre famiglie di più antica origine legate
all’episcopato già in età comunale (Antolini) o comunque protagoniste della formazione del
comune (Cauli) caratterizzate da una base economica ancora fondiaria e prive di attività
mercantili, in molti casi rovinate da una adesione incondizionata alla parte ghibellina voluta
da Salvani. Il concetto di nobiltà cavalleresca avrebbe preso a sostanziarsi in una realtà
sociale sempre più distante da quella dei casati. Da una parte il cavalierato avrebbe avuto
sempre le sue regole, ma più aperto rispetto al passato, dall’altra parte invece venne poi
gradualmente modificato dai governi popolari esterni, sulla base di criteri politi connessi
all’evoluzione della realtà sociale cittadina. Coloro che ricevevano l’honor militiae si
elevavano al di sopra degli altri cittadini e venivano chiamati dominus (passaggio di status
sociale). Rispetto alle sue origini la classe dei cavalieri divenne meno aristocratica, meno
informale, e più strutturata e definita. A partire dagli ultimi decenni del 1200 la qualifica
miles/dominus sarebbe quindi divenuta come in molte altre città, uno dei criteri (forse il
principale) per definire gruppi familiari di vertice da escludere dalle organizzazioni del
popolo e dalla magistratura cittadini (durante gli anni in cui questi fuoriuscirono divenne
una auto-esclusione alla fine).

5. Il sistema senese del credito nella fase di smobilitazione dei suoi banchi
internazionali

Il periodo preso in considerazione è quello che va da 1332 al 1340, una fase in cui ci sono
state diverse politiche comunali, spese pubbliche e propagande contro l’usura. Nel primi
decenni del 300’ gli affari e i denari di molte imprese familiari e soci come i Salimbeni,
Tolomei, Piccolomini, Angioleri, Ugolini (esponenti del ceto magnatizio) vengono guidate
dai Bonsignori (collettori delle decime papali per qualche decennio quasi in regime di
monopolio) e raggiungono il loro culmine.
Negli anni dal 36’ al 39’ la popolazione aumenta ed economicamente sta bene. In questo
periodo la tradizione finanziaria dei senesi decide di convertire il proprio capitale, si passa
da un giro di affari a livello internazionale e un restringimento e a un trasferimento di
competenze nell’ambito della finanza cittadina, sia privata sia pubblica. I margini di profitti
non erano altissimi ma nemmeno trascurabili in assoluto, forse anche più interessanti se
pensati in anni critici. Negli anni presi in considerazione non circolano molti capitali fuori da
Siena. Quando le crisi dei banchieri tradizionali ricaddero anche nell’ambito cittadino, pochi
usurai si trovarono quasi da soli a prestare in Siena, mettendo in crisi anche i mercanti e gli
artigiani, arricchendosi in poco tempo: rimase dunque il solo credito non regolamentato,
che impoveriva le famiglie (cioè i consumatori) e sottraeva capitali alla circolazione , alla
gestione delle botteghe, agli investimenti produttivi. Alla risoluzione di questa contingenza
veniva legata la percezione dell’immagine di urbanità di Siena: se i mercanti andavano in
rovina la città intera rischiava il declino. Per tutti questi motivi una crisi generale dei mercanti
si temeva che seguisse alla crisi dei banchieri, per questo i destini di mercanti e banchieri,
schematizzando in ceto medio e casati , erano economicamente e forse politicamente legati.
I 9 protessero i falliti in diversi modi e in vari momenti messi nella tabella cronologica.

6. Siena comunale per Davidsohn

Per l’autore che l’ha inserita nella storia di Firenze, la città di Siena era fedele all’impero
soltanto in senso strumentale in quanto questa temeva continuamente eventuali attacchi da
Firenze.
Il perdurare del legame con l’imperatore si deve anche al suo anti-fiorentismo. Siena negli
anni anche in cui è stata guelfa ha avuto sempre paura dell’imperatore e ha cercato sempre
di non provocarlo. In un certo senso ha fatto un po’ il doppio gioco anche negli anni in cui
è diventata guelfa. In genere Siena ha avuto da sempre una ‘oligarchia guelfa’ e una
‘democrazia ghibellina’. I guelfi senesi seppero conservare i loro potere mediante il successo
delle armi e i tentativi dei fuoriusciti ghibellini di riprendere la città, compreso quello
capeggiato dal potente uomo d’affari Nicola Bonifazio (1281), finirono tutti per fallire. Che
Siena fosse sempre in contrasto con Firenze è stata considerata uno stato di cose
assolutamente normale per l’autore vista la sua vicinanza geografica e il pericolo di eventuali
attacchi per il predominio dei territori circostanti. Le due città non fidavano dei patti dell’altra
e temevano sempre che una delle due potesse liquidarla. Inoltre l’economia senese pare
avesse avuto uno sviluppo economico più precoce rispetto a quello fiorentino nonostante
fosse stato di breve durata. Fino alla metà del 200’ Siena nel campo delle attività finanziarie,
per via della bravura dei suoi banchieri, ma anche per il suo denaro che ha promosso la vira
culturale e artistica superava Firenze. Non a caso i banchieri senesi ricevevano elogi dagli
inglesi per le loro operazioni finanziarie ed erano stimati in tutta Europa, successivamente
furono i senesi stessi a far conoscere i fiorentini all’estero. Sulle piazze straniere poi i senesi
e i fiorentini si ritrovarono in competizione ma ciò non impedì che nel 200’ si trovassero
forme di collaborazione dettate dalla reciproca convenienza come tra i Bonsignori e i
Franzesi (accordi stipulati intorno al 300’). Siena era artisticamente anche superiore a Firenze:
era il centro del movimento di rivolta contro la tradizione di derivazione bizantina, un
movimento inscritto in quella corrente spirituale che preparò l’età dell’Umanesimo, anzi, per
certi aspetti tuttavia l’apporto degli artisti senesi o formatisi in città risultò più determinante.
La scultura prima che a Firenze e a Pisa era sbocciata a Siena i quei comuni ghibellini che
avevano come maestro Nicola Pisano ed arricchirono i loro duomi con pulpiti monumentali
che fecero epoca nell’arte figurativa. L’arte nuova di quel periodo dunque era nata
principalmente come un movimento ribelle sotto influsso del ghibellinismo, dove vi era il
guelfismo ancora la chiesa imponeva i suoi canoni gotici e frenava le nuove tendenze della
cultura figurativa. Inoltre pare che sotto l’influenza dell’imperatore l’Università di Siena
godette di grande fama cosa che andò a calare negli anni in cui diventò guelfa e sotto
influsso del papato. In seguito Firenze superò Siena per alcune ragioni di tipo strutturale:
mentre la società senese era decisamente fondata sulle operazioni finanziarie, quella
fiorentina trovava la sua base principale nelle attività mercantili, rendendola più solida e
salda. I finanzieri di Firenze erano maggiormente abituati dei senesi al commercio, in quanto
non provenivano come costoro dalla professione di cambiatore, ma erano anche loro per lo
più mercanti. A Siena invece l’organizzazione bancaria era derivata dall’attività di cambio,
ma appunto proprio perché là le mancò il legame con il commercio essa si dimostrò,
nonostante una grande fioritura, meno elastica e resistente nel tempo di quella fiorentina.
Alla fine del 200’ così non solo i fiorentini avevano sorpassato i senesi ma erano sul punto
di eliminare ogni concorrenza, ponendosi ormai nell’organizzazione bancaria rispetto anche
alle altre città italiane decisamente al primo posto. Così Firenze superò Siena sia
economicamente che politicamente, ciò che prima era di Siena passò nelle mani di Firenze;
i cittadini fiorentini comprarono anche case lì per evitare disgrazie e alcune proprietà e
strutture appartenenti a famiglie di banchieri senesi prima passarono ai Franzesi e dopo il
loro fallimento ai Peruzzi.

7. Il Populus di Mondolfo

L’arco preso in considerazione in questo libro è quello tra il 1230-1280. Il libro tratta di come
la politica del popolo si sia evoluta così tanto in questo periodo. Il popolo è costituito da
elementi che possiedono il mestiere delle arti ma anche qualche nobile, anche mercatores
(mercanti) e pizicaioli (importatori ed esportatori di spezie)comunque l’idea è che vi erano
strati della società differenti al suo interno che avevano i loro motivi per starci e avevano una
loro fisionomia quasi quella di un partito politico. Il popolo aveva le proprie liste e
solitamente eleggeva un Capitano che era l’espressione dei suoi interessi ma queste
iniziative e il potere popolare fu spezzato quando la parte guelfa rientrò in città e instaurò il
governo guelfo concretizzandosi in una oligarchia di mercanti e banchieri per lo più
antidemocratici (sopratutto) e anti-magnatizi (prima nei 36, poi nei 9 e poi dei 12).

8. Sestan

Sestan esamina, contesta e sostanzialmente ridimensiona l’importanza del fatto d’armi di


Monteaperti, la cui fama è frutto della poesia di Dante ma addirittura si pensava che per
diverso tempo Siena fosse inespugnabile. Meno trattazione per questa parte che puoi
andare a rivedere perché si tratta del pensiero di un autore.

II libro

1. Attorno all’economia della salvezza

In questo articolo parliamo di della condanna dell’usura e dei problemi posti dalla sua
restituzione nel basso Medioevo (prendendo in considerazione anche il 1200). L’usura veniva
condannata per il fatto che è immorale all’interno di un mercato per lo più “cristiano” con
dei cittadini ed una Chiesa. Era intesa come una lacerazione di un ordine consacrato che può
e deve essere ripristinato attraverso le pratiche della restituzione e ridistribuzione della
ricchezza. Tutti quelli coinvolti in questa pratica pare rispettassero il loro dovere di ripagare
le proprie usure o in vita oppure delegando un membro della famiglia di assolvere tale
compito dopo la propria morte. Il sacerdote (simbolo di eticità) molte volte era una figura
intermediaria tra i mercante che si prendeva carico del suo compito di restituzioe e Dio. La
restituzione nonostante fosse un valore in perdita dal punto vi sta economico per il mercante
acquistava un valore “etico”e per questo molti furono invogliati a rispettarla. La
professoressa porta alla luce in una sua analisi, un attività di tipo bancaria nell’ospedale di
Santa Maria della Scala (anni 300’ e 400’) svolta dall’ente assistenziale e la interpreta come
un elemento portante della costruzione di un “impresa della pubblica carità” che coinvolge
per intero l’intera società cittadina del tempo. Nella prima metà del 200’ ancora non si erano
affermate le grandi famiglie di banchieri. I mercatores senesi, meglio definiti come uomini
di quel variegato mondo della mercatura internazionale e della finanza, contribuendo alla
razionalizzazione delle operazioni economiche del papa hanno accelerato l’espansione
economica senese di questo periodo. Rispetto a quanto si dice, la maggior parte degli usurai
non proveniva da gente di malaffare come giocatori d’azzardo e uomini che frequentavano
taverne, ma erano proprio questi uomini d’affari che compievano queste azioni illecite e che
in un certo senso sono stati i primi imprenditori in Siena. Quello che importante notare è
che nel 200’, ci fosse proprio una vera azione pastorale che l’intera gerarchia ecclesiastica
senese svolse concretamente anche negli strati più elevati del ceto mercantile. I rettori delle
parrocchie cittadine parono quelli più direttamente coinvolti, ma le fonti documentano , in
modo non meno evidente il ruolo che l’episcopato cittadino svolse nel sostenere e
coordinare l’azione pastorale del clero nella cura animorum. Nel 1255 vi è l’obbligo per la
prima volta ai parroci di conformarsi agli “statuti e ordini del vescovo di Siena dati e darsi
contro eretici e usurai” anche se disposizioni di questo genere le possiamo ritrovare già
impartite nella prima metà del secolo (ad esempio già nel 1227). La chiesa dunque ha
sostenuto attivamente tematiche contro l’usura. Il compito nuovo che le aporie della
restituzione ponevano di fronte a questa piccola comunità grandi mercanti e di alti dignitari
ecclesiastici forzati a collaborare nella gestione di questo ‘denaro sporco’ era, dunque, quella
di elaborare strategie capaci di ottimizzare l’investimento pro anima, rendendolo produttivo
sul piano commerciale come su quello religioso. Dalle fonti superstiti emerge la linea di
tendenza lungo la quale si orienta la strategia della pratica restitutoria del ceto mercantile
senese nel primo 200’: mantenere per quanto possibile le risorse destinate alla
redistribuzione all’interno del sistema economico familiare, prolungare nel tempo la
possibilità del nucleo di gestire direttamente quei capitali, ottimizzarne l’investimento
ricavandone nei limiti del possibile anche un ritorno economico, più o meno giustificato da
ragioni etiche. Diveniva dunque necessario elaborare , nell’esecuzione delle volontà
restitutorie , strategie gestionali capaci di conciliare l’avvertita esigenza di una cresciuta
redditività dell’investimento pro anima, con la legittimazione che derivava da una operazione
economica la cui eticità venisse assicurata , all’interno di una società cittadina che si
riconosceva cristiana , dal consenso dei garantiti carismatici di quella fidelitas. In questa
elaborazione il ceto mercantile non si sottrasse a un fitto dialogo con le istanze gerarchiche
della chiesa locale ma individuò senza altro nella comunità religiosa di Santa Maria della
Scala il suo interlocutore più dinamico e collaborativo , più aperto alla sperimentazione di
forme innovative di investimento e di gestione. L’ospedale, coinvolto nelle pratiche di
restituzione, grazie al suo ancoraggio strutturale agli ambiti cattedrali, la solidità assicurata
da una vicenda già secolare e dalla peculiare tutela pubblica, l’efficienza dei servizi erogati,
contribuivano a indicarlo come il tramite fisiologico delle pratiche di redistribuzione etica.
Questa collaborazione tra laici e religiosi genera una economia della carità: un modello di
azione economica capace di conciliare, nella logica delle redistribuzione, pratiche speculative
volte al consolidamento delle ricchezze private e la possibilità di incremento di una ricchezza
diversa, comune alla città e ai suoi poveri; un patrimonio, avvertito come pubblico e dunque
‘cristiano’, che non coincide perfettamente, ma pure ha molto in comune, tanto con i sacri
beni delle chiese, dei quali gode l’intangibilità, quanto con le ordinarie finanze del Comune,
che su di essa esercita forme sempre più attente di controllo. Quindi la relazione è tra il ceto
mercantile senese e la comunità religiosa assistenziale e la questione della restituzione fa da
volano. In questo clima di collaborazione nascerà anche una economia della solidarietà,
mescolanza di competenza professionali, sensibilità, logiche assistenziali, che prenderà
forma compiuta nei due secoli successivi.

2. La vittoria di Monteaperti

Firenze e Siena tra loro sono state due rivali, la prima di tendenza anti-sveva mentre la
seconda filo-sveva e fedele all’imperatore. Ripercorri nello schema gli anni dal 54’ al 60’ per
gli antefatti. Le ragioni della vittoria sono da individuare in alcuni come fattori, come il fatto
che Monteaperti fosse maggiormente conosciuta dai senesi come territorio e questi fossero
in possesso di una strategia migliore, dall’audacia complessiva dei soldati che nonostante il
numero ridotto sono riusciti nell’impresa, e dal fatto non trascurabile che tra le file dei
fiorentini vi erano ghibellini pronti a tradirli nel corso della battaglia. La portata storica della
battaglia di Monteaperti non ha mutato affatto l’esito di una egemonia regionale da parte
di Firenze, anche se la battaglia è stata mitizzata e chiaramente è stata un successo per Siena.
Gli stessi di allora dovettero rendersi conto nel volgere di pochi anni che contendere a
Firenze il primato in Toscana era una impresa ormai superiore ai propri mezzi e si
comportarono di conseguenza. Ciò di cui bisogna tenere conto è la memoria collettiva che
ha provocato questa battaglia nei secoli in entrambe le città. Monteaperti ha convinto a
Firenze che Siena non era conquistabile, che il suo territorio era più facile estenderlo altrove.
Se Siena perse l’indipendenza solo tre secoli dopo il merito va certo ascritto ai senesi delle
generazioni seguenti, ma l’impressione è che prima l’esito e poi il ricordo di Monteaperti
abbia anche esso contribuito alla sua parte.

3. Il mito di Salvani

Salvani è stato un personaggio di spicco della storia senese del 200’. Il suo ingresso istituzioni
comunali ha avuto inizio nel 47’ già ricoprendo una posizione non di poco: provveditore di
Biccherna. Da allora ha avuto una carriera rosea ed è stato un abile leader politico del
decennio avvenire, probabilmente il membro più influente all’interno della cerchia dei 24. In
un arco piuttosto limitato di tempo ricoprì tutti i maggiori incarichi pubblici cui poteva
aspirare un cittadino senese del suo rango, ed è anche interessante vedere come
strategicamente lui pensasse di ricoprirle tutte passaggio per passaggio. Nel 1251 la sua
figura emerge nel Consiglio generale nel nuovo conflitto contro i guelfi di Firenze. La rete di
alleanze ed accordi tessuta da Siena con gli altri esponenti della causa filo-imperiale toscana
trovò nel Salvani uno dei coordinatori più attivi. Nel 52’ è di nuovo provveditore di Biccherna,
nel biennio 56-57’ diventa membro dei 24 e fa parte del consiglio del popolo, nel 58’ viene
confermato di nuovo nel consiglio del popolo e nel 59’ per la terza volta diventa
provveditore di Biccherna. Probabilmente l’attenzione mostrata da Provenzano per la
politica interna non fu che un mezzo per scontrarsi con i guelfi toscani.
L’azione di Provenzano fu sempre finalizzata alla diminuzione dei poteri connessi alle
tradizionali figure pubbliche comunali, dal potestà ai consigli maggiori, mirando a un
rafforzamento del ruolo del capitanato del popolo. In poco tempo ereditò il leader dello
schieramento popolare perché proveniva da una famiglia che provò le stesse cose. Quando
nel 1260 ci fu la battaglia di Monteaperti, dopo la vittoria di Siena, ebbe una posizione di
predominio assoluto all’interno della politica di Siena. Il successo conseguito sui guelfi
fiorentini aprì a Provenzano la strada verso un potere localizzato non solo su Siena ma
sull’intera area toscana, infatti, tutta la parte ghibellina di Italia faceva capo a lui. A partire
dal 1261 accettò la podesteria di Montepulciano, che da poco si era sottomesso a Siena a
dure condizioni. Verso la fine del 1262 ebbero inizio le prime insurrezioni perché dopo due
anni dalla battagli ci furono dei malcontenti all’interno del popolo. Provenzano dovette
ribadire la propria linea politica al consiglio del 1262: “ Voluntas popilus senesis est, fuit ed
erit obeadire domino regi Manfredi”. I suoi parenti e fratelli avevano ottenuto posizioni di
incarico (come quella del provveditore di Bicherna) ed erano stati pure in Sicilia alla corte
del re per rafforzare il suo potere con questo ultimo. Il punto di non ritorno per Salvani fu
proprio la morte di Manfredi nel 1266. Dopo la sua morte entrano gli esuli in Siena ma lui
continuò a tassarli e a confiscarli proprietà, nel mentre la maggior parte dei ghibellini di
Firenze guidati da Guido novello si allearono con lui prima di uno nuovo scontro con i guelfi,
che diventò poi la battaglia di Colle. Lì finì l’epilogo della vita di Salvani e della fortuna della
sua famiglia.

4. Ruggieri Apugliese

Ruggieri Apugliese, in base ai versi che ci ha lasciato e ai risultati della critica più recente, è
certamente un poeta compatibile con un contesto colto, e quindi potrebbe ben essere figlio
di un notaio di rilievo, lui stesso acculturato non nella strada o nell’abitazione paterna ma
nelle sedi deputate alla formazione universitaria. Il problema è che in alcuni documenti del
200’si trova il suo nome ma potrebbe trattarsi benissimo di suo padre, ragion per cui bisogna
distinguere padre e figlio. Intellettuale e giullare, le sue opere sono: Tenzone con
Provenzano, Tenzone con il vescovo, Sirventese di tutti i mestier, Canzone de oppositis,
l’Amore di questo mondo. Essendo lui stesso un testimone del suo tempo, le sue opere sono
utili per ricostruire in un modo in un certo senso “trasversale” il clima politico di quel periodo,
gli anni di ascesa dei ghibellini che culminano con la battaglia di Monteaperti, il conflitto
ideologico tra guelfi e ghibellini nella mente dei cittadini che erano i suoi clienti. A contrario
di quanto viene detto nella Divina Commedia che Provenzano sia stato arrogante e per
questo dovette scontare la sua pena nel Purgatorio, Ruggieri da una valutazione positiva
nella Tenzone di Provenzano, lodandolo come un ottimo leader, giustificandolo nelle sue
scelte perché pressato dalle circostanze esterne. In l’Amore di questo mondo Ruggeri
racconta che ne ha passato tante, che ha vissuto la stagione precoce del ghibellinismo
senese sia la drammatica conversione della città al guelfismo, mentre nell’altra sua opera,
Tenzone con il vescovo, si sfoga raccontando che ormai lui stesso anziano e i suoi amici sono
caduti in rovina. Ruggieri nelle vesti di giullare è sospettato di Eresia, come un giurisperito
maturato nella stagione della Siena filo-imperiale, ma non per questo automaticamente anti-
papale, che ha avuto il vezzo di presentare i proprio mestiere di giullare (ambedue lavorano
per chiunque li chiami e consigliano ai governanti). Tuttavia una sera pare abbia bevuto
troppo ed esagerando più del dovuto, è stato richiamato dal clero a rispondere del suo
comportamento. In città tutti chiudevano un occhio, anzi a dirla tutta, i cittadini erano simili
a lui, ma proprio in quella occasione si ipotizza che la parte nemica dei guelfi fosse in ascesa
e gli abbiano cercato di fargliela pagare mobilitando il clero. Il nostro poeta, insomma,
sembra immerso fino al collo nel conflitto politico e ideologico che travaglia il cuore del 200’
con le sue contraddizioni.

5. Ultima manifestazione del ghibellinismo

L’epistola di Enea Silvio Piccolomini nota come Historia de duobus amantibu del 1444 è il
prodotto più celebre di un episodio che per la città è l’ultima prova di un sentimento
ghibellino, affermazione di identità e progetto intorno al quale aggregare altri centri toscani
contro la dilagante supremazia fiorentina, recuperando antiche tradizioni. Il pensiero di
questo autore è anche indagato insieme a quello di un altro di nome Patrizi. I testi di
Piccolomini e Patrizi, diffusi attraverso numerose edizioni e traduzioni, sono tra le le fonti
della pubblicistica cinque e seicentesca legate all’affermazione dell’assolutismo. Assolutismo
come conseguenza estrema della reductio ad unum di matrice ghibellina, mentre la fedeltà
agli ordinamenti comunali e alla Chiesa fanno parte dell’habitus guelfo. Del resto la
monarchia è prevalente in Europa, dal 1380 al 1440 si contano circa 15 regni simili. L’Europa
delle monarchie è anche quella del papato. Enea è dell’opinione che sia papa che imperatore
debbano restare attivi e che ha ciascuno spetti il suo ruolo un po’ come pensava Machiavelli,
l’imperatore è la legge che governa mentre il papa è il capo mistico dello stato. Tra i due
l’imperatore deve detenere il potere temporale per far rispettare la sua legge e punire
mentre al papa è affidata la cura delle anime e il potere spirituale. Sostiene che la monarchia
è considerata la forma di governa giusta, non molte persone soffrono sotto questa. Dunque
Enea condanna il conflitto tra guelfi e ghibellini perché nella sua ottima le due parti
dovevano venirsi incontro per collaborare e condanna come ancora molti autori del suo
tempo utilizzavano questa terminologia di divisone “guelfo” e “ghibellino”. L’imperatore
Sigismondo di Lussemburgo ha soggiornato a Siena e ha combattuto anche dalla sua parte
in un conflitto mossa da Firenze contro Lucca nel 1429 conclusosi nel 1433 (anche se Siena
scende in campo nel 1431). I nove mesi del soggiorno imperiale sono un seguito di cerimonie
e feste per l’augusto ospite, che presenzia ai consigli e partecipa a nozze e funerali di notabili.
L’aspirazione ai titoli, basta pensare alla frequenza dell’investitura cavalleresca, è motivo non
ultimo del favore riscosso dall’autorità imperiale. Avviene la cerimonia d’arrivo di
Sigismondo in Piazza del Campo, l’imperatore riceve l’omaggio e chiede inviolata e perpetua
fedeltà all’impero, quindi condona censi e tributi. Piccolomini lo vede poco attento al denaro.
Sul versante politico, l’imperatore appoggia Siena, Lucca, Piombino, Genova, Milano
coalizzati contro Firenze e Venezia. Non esistevano più le fazioni, in questa guerra vengono
coinvolti tutti, papa, imperatore, condottieri, principi e impressiona i contemporanei, che
producono arte e letteratura ma anche nuovi ingegnosi congegni in vista delle battaglie.
Questi 4 anni di minacce contro Siena e la città di Serchio portano a u rinnovato sentimento
di fedeltà all’impero, dipingendo sulla facciata del Palazzo l’aquila imperiale.
Siena lungo la via Francigena si sentiva sicura da Firenze grazie al supporto dell’imperatore
e in questo modo il commercio senese poteva essere salvato. Sigismondo viene
rappresentato in diversi quadri ed effigi per rendere grazie del suo operato di quegli anni.
La scelta ghibellina convive con atteggiamenti critici verso l’autorità ecclesiastica ed è più
libera e spregiudicata nei costumi. Siena e Lucca accomunate da una tradizione ghibellina
stringono di più, si scambiano persino gli artisti. Nel 1418 Firenze prova a prendersi Siena
ma il tentativo fallisce, apparterrà a Firenze nel 1555 (conquista del suo stato). Per
concludere, a seguito della guerra di Lucca e della presenza imperiale, la fiammata ghibellina
porta a Siena a un decennio di duro confronto tra potere civile e potere religioso, con
posizioni tanti radicali da arrivare alla scomunica dopo una serie di incidenti con la Santa
Sede, che si risolvono solo dopo lunghe trattative diplomatiche, impegnando san Bernardino
il senese più ascoltato d’Italia. A Siena dura a lungo la santa memoria dell’imperatore
Sigismondo, venti anni dopo sarà il turno di Federico III ma non riecheggerà mai come quella
di Sigismondo.

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