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Il primo caso che documenta il passaggio dal comune alla signoria è quello di Ferrara, dove, dalla metà del
XIII secolo il capo della fazione guelfa, Obizzo d’Este, fu insignito dall’assemblea comunale del titolo di
“perpetuo signore” con il compito di riportare la pace tra le diverse fazioni della città. Alla sua morte questo
suo titolo fu tramandato agli eredi, così che gli Estensi divennero signori di Ferrara, ampliando il proprio
dominio anche su Modena e Reggio per circa due secoli.
Anche in altri centri una stessa famiglia riuscì a governare per lungo tempo dando vita a una vera e propria
dinastia: fu il caso di Verona con gli Scalieri e di Padova con i Carraresi.
Nel corso del Trecento e della prima metà del Quattrocento anche molte città del Centro-Nord, come
Milano, Parma, Mantova, Firenze e Parma, risposero alla crisi delle istituzioni comunali instaurando delle
signorie. Inoltre i comuni minori entrarono nell’orbita di città e signorie più potenti, che poterono quindi
estendere il proprio dominio.
Le signorie costituirono un’istituzione politica di nuovo tipo, che formalmente conservava le magistrature e
le assemblee comunali, privandole però delle loro prerogative di autogoverno, affinchè diventassero organi
di consulenza al servizio del signore. Questi agiva come un sovrano, amministrando attraverso funzionari il
prelievo fiscale, gestendo le finanze e controllando il territorio.
L’affermazione delle signorie determinò il venir meno di quel confronto di idee e fermento politico
caratteristico della vita comunale, ma aveva notevolmente ridotto la conflittualità interna per diversi motivi.
Infatti la possibilità di trasmettere la carica di padre in figlio aveva notevolmente abbassato la competizione
al momento della morte del signore e, inoltre, per impedire l’uso della violenza come strumento di lotta
politica furono sciolte le milizie cittadine e sostituite con le compagnie di ventura, truppe mercenarie che
prestavano servizio al miglior offerente. Non si dimostrarono però molto efficienti in quanto divennero a
volte strumento per acquisire una signoria, come accadde nel caso di Federico da Montefeltro che, grazie
alle sue compagnie di ventura, divenne conte e poi duca di Urbino, e di Francesco Sforza , che con la
minaccia delle sue truppe riuscì a farsi nominare signore di Milano.
LA REPUBBLICA DI VENEZIA
Venezia, a differenza di molti altri comuni, non si trasformò mai in una signoria: rimase sempre una
repubblica, ma oligarchica in quanto governata da un ristretto gruppo di nobili. Questo assetto istituzionale
era avvenuto nel 1297 con la cosiddetta “serrata del Maggior consiglio”, un provvedimento che aveva reso
ereditaria la carica del doge, il membro principale dell’assemblea cittadina e riservato l’accesso a poco più
di 300 famiglie dell’aristocrazia veneziana.
Questo carattere elitario fu inoltre rafforzato con la costituzione del 1310 del Consiglio dei Dieci, un organo
di governo formato da 10 persone, scelte tra le casate dell’aristocrazia mercantile, le quali quindi
controllavano tutte le cariche politiche.
Per quanto riguarda la politica estera, la Serenissima, appellativo attribuito alla Repubblica di Venezia
derivato da uno dei titoli attribuiti ai dogi veneziani, aveva costituito le proprie fortune sul commercio
navale, diventando crocevia dello scambio tra occidente e oriente. Nel XVsecolo la repubblica si sviluppò
lungo due direttrici: il rafforzamento del dominio sul mare e l’espansione sulla terraferma.