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COMUNI:

fu una vera democrazia?


Introduzione
Nel XI secolo si iniziano ad affermare i comuni che erano forme di governo alternative che
non dipendono da un grande potere centrale ma che si autogovernano. Questi comuni si
vennero a formare per favorire i mercanti e gli artigiani ed alimentare le loro attività
commerciali. Inizialmente le città erano governate dal proprio vescovo affiancato dai suoi
vassalli, i quali erano degli aristocratici. Con la nascita dei comuni il potere del vescovo
viene anche accompagnato dai magnati, che erano persone appartenenti all’alta borghesia, i
quali acquisirono sempre più importanza nella politica comunale. In questo periodo si
stipularono dei patti non ufficiali tra il vescovo e le famiglie di rilievo della città. Questi patti
avevano il fine di mantenere la città in pace e in sicurezza; questi accordi prenderanno
carattere pubblico nelle coniurationes. In seguito a questi accordi i cittadini si iniziarono a
riunirsi in un’assemblea chiamata arengo. Quest'assemblea aveva il potere legislativo ed
eleggeva i magistrati che detenevano quello esecutivo: i consoli.Ad eleggere e a poter
essere eletti erano solo i magnati e i membri delle famiglie aristocratiche, era invece escluso
il popolo grasso,che era formato da grandi artigiani e commercianti.
Questo nuovo assetto della società era rivoluzionario perché la suddivisione dei tre ordini
(oratores, bellatores e laboratores)che era il modello di società utilizzato in tutta europa in
quel tempo era stata rimpiazzata.
I contadini iniziarono a migrare dalle campagne alle città per trovare un lavoro diverso da
quello dei campi ma soprattutto perché chi abitava all’interno delle mura era considerato un
cives e in quanto tali godevano dei diritti indicati nelle “carte di libertà”.
I comuni cercarono di controllare anche i territori occupati dalle campagne circostanti poiché
la città dipendeva da esse per l’approvvigionamento di beni alimentari. i membri dell’élite
cittadine iniziarono a acquistare terre dai signori locali per due principali motivi: per acquisire
prestigio sociale e utilizzare i prodotti dei fondi per soddisfare la richiesta di generi alimentari
dei centri urbani in crescita.
A partire dal XII secolo iniziarono ad esserci lotte tra fazioni, nelle quali si vedevano
contrapporsi le diverse fazioni. A partire dal XIII secolo molti comuni per porre fine a queste
lotte affidarono il potere ad un podestà, un funzionario proveniente dall’esterno affinché
avesse una visione più neutra dei fatti. Da un lato queste figure riuscirono a contenere gli
scontri tra fazioni, dall’altro posero le basi per un progressivo accentramento dei poteri.
I comuni si diffusero in molte zone dell’europa, in particolare nell’Italia settentrionale, ma
anche in Francia, in Inghilterra, dove a causa delle forti monarchie si cercava solo una
libertà economica ed amministrativa e non l’indipendenza politica; e in alcune zone della
Germania e delle Fiandre

Analisi delle fonti al fine di approfondire il rapporto tra Gilde e Comuni: facendo
riferimento ad una fonte di secondo livello scritta dallo storico tedesco Otto Gerhard Oexle
(1939-2016) possiamo considerare le gilde come degli elementi fondamentali per la
formazione dei comuni medievali.
Le gilde, infatti, erano associazioni formatasi a partire dal XI secolo nate per tutelare e
regolamentare le attività dei propri membri, i quali erano accomunati dallo svolgere la stessa
professione.
Loro, come i comuni, erano associazioni giurate, ma mentre nel caso delle gilde si trattava di
un insieme puramente personale, nel caso dei comuni le basi erano territoriali. Secondo
molte teorie però i Comuni sembrano essere continuazioni delle gilde mercantili dato che è
stata rilevata la presenza di gilde e coniurationes su basi regionali nel XI secolo che, nel
tempo, si sono sviluppate e hanno gettato le basi per i Comuni.
In particolare, il fenomeno delle coniurationes potrebbe essere legato all’espansione dei
Normanni, che ha portato alla formazione di gruppi di resistenza e rivolta tra gli abitanti dei
territori conquistati, chiamati coniurationes. Queste avevano fini principalmente difensivi
erano composti da gruppi armati. Saranno proprio le coniurationes, nel XI secolo, ad essere
considerate le prime forme preliminari di comuni.
Quest’ultimi riprenderanno la missione di protezione e sicurezza ispirata dalle gilde e dalle
coniurationes, ma aggiungeranno l’idea di una ugualianza riconosciuta tra i cittadini.
Inoltre proprio a causa della vicinanza di valori tra queste associazioni e i comuni, la
partecipazione della popolazione a gilde e corporazioni sarà un requisito fondamentale per il
successo della comunità.

Primo esempio di comune medievale:il caso di Firenze

Per questa analisi faremo riferimento ad un’altra fonte scritta, in questo caso, da G. Villani,
un mercante e cronista fiorentino che vive tra il 1276 e il 1348.

Dal documento si può dedurre come sono cambiate le istituzioni comunali di Firenze nel
tempo, a partire da quando la città era retta dai consoli cittadini (il cui numero, che da 4 e
successivamente passato a 6, variava a seconda della suddivisione della città) e dal senato,
ovvero un assemblea composta da cento uomini che avevano la facoltà di formulare e
promulgare le leggi.
In quel periodo i consoli, al momento di assumere la carica, si impegnavano a tutelare i
cittadini e ad utilizzare il loro potere esecutivo per garantire loro pace, giustizia e sicurezza.
Tuttavia spesso le loro promesse si rivelano vane, perché non erano in grado di gestire i
contrasti tra le famiglie aristocratiche spesso in lotta tra loro e le tensioni popolari che
stavano degenerando sempre di più.
Per questo, quando la città si è ingrandita, è stato necessario un cambiamento che allo
stesso tempo mantenesse la giustizia e i valori cittadini e che non venisse influenzato da
raccomandazioni, dalla paura delle ritorsioni dei potenti o per altre forme di corruzione.
A questo scopo è stato nominato Podestà di Firenze un uomo proveniente da un’altra città, il
cui giudizio non era influenzato dalla realtà cittadina che amministrava.
Il primo a venir scelto per questo ruolo è stato Gualterotto da Milano, nel 1207, che, a causa
della mancanza di un palazzo podestarile, visse nel vescovado durante il periodo in cui
rimase in carica.

La pratica di affidare il governo ad uno straniero in modo che sostituisca i consoli in varie
funzioni era già diffusa in svariati comuni, dove le assemblee nominavano un podestà che,
per venire scelto, doveva essere un esperto sia di legge che nell’uso delle armi (perché tra
le altre cose aveva anche il compito di guidare l’esercito cittadino).
Le Arti fiorentine:
Tra il XI è il XIII secolo a Firenze erano presenti svariate corporazioni(o Arti) accomunate da
una struttura simile: ognuna era infatti provvista di uno Statuto che, avendo valore di legge,
poteva emettere sentenze tra gli appartenenti alla corporazione (per questo, nel 1300, venne
fondato anche il Tribunale di Mercanzia).
Le Arti maggiori di Firenze in particolare erano sette:
-L’arte dei Giudici e Notai, che era considerata la più importante, e anche la sola da cui si
eleggeva io Proconsole, ovvero la massima autorità di tutte le arti.
-L’arte dei Mercatanti (o di Calimala), che si occupava soprattutto delle importazioni
all’estero di panni grezzi.
-L’arte del Cambio, che prestava denaro, si occupava di operazioni di cambio e trasferiva le
valute in vari paesi europei.
-L’arte della Lana, ovvero la corporazione più importante economicamente
-L’arte della seta, una corporazione conosciuta per i suoi prodotti pregiati
-L’arte dei Medici e Speziali, i cui membri esercitavano la professione medica e vendevano
erbe e medicamenti.
-L’arte dei Vaiai e Pellicciai, maestri nel lavorare la pelle grezza.
Oltre a queste 7 erano presenti nello stesso periodo erano presenti altre 14 corporazioni
chiamate Arti Minori per delle controversie politiche da cui ogni arte ricavo una diversa
posizione sociale.
A livello pratico le arti proteggevano i membri dalla concorrenza di individui esterni all’Arte o
quella con le altre città e garantivano un operato migliore ed un maggiore controllo
attraverso i propri Statuti.

In particolare abbiamo approfondito, grazie ad una fonte di primo livello di quel periodo, lo
Statuto dell’arte della lana, che elencava le regole che i membri dovevano seguire e le pene
che li aspettavano se non avessero seguito gli accordi.

Riporteremo parzialmente quelle più significative a titolo di esempio:


“A causa delle frequenti illecite operazioni d'acquisto e di vendita di prodotti e mercanzie
fatte senza l'intervento degli intermediari è stato stabilito e ordinato che tutti i membri della
corporazione siano obbligati a tenere uno o più pubblici libri sui quali registrare o far
registrare tutte le operazioni di acquisto e di vendita PENA: 10 lire di fiorini piccoli
d'ammenda per ogni omessa registrazione”
“Stabiliamo che a nessun membro di quest'Arte, a nessun artefice o gruppo di artefici,
uomini e membri dell'Arte predetta, in nessuna forma, sia consentito organizzare alcun
associazione o regolamento contro l'ufficio dei consoli o contro la detta Arte o suoi membri.
PENA: 200 lire di fiorini piccoli, da pagarsi dai partecipanti ad ogni radunata o associazione.

Secondo esempio di comune medievale: il caso di Venezia


Venezia, come spesso accade, si dimostra una realtà molto diversa dai comuni nel resto
dell’Italia.
Ci troviamo tra il XII è il XIII, è il doge rimane la figura centrale nel governo di Venezia ma, in
quel momento, il suo potere non dipendeva più dalla potestà dell’impero bizantino o dalle
azioni violente dei ribelli, ma dalla nomina per acclamazione dell’assemblea popolare, che
era costituita da una nobiltà composta prima da discendenti di tribuni locali, poi anche da
famiglie di più recente origine che vengono accettate.
Nel 1143 compare anche il Consiglio dei Savi, ovvero una nuova assemblea che ottiene un
potere consultivo e legislativo, mentre all’assemblea popolare (l’Arengo) rimane solo il
compito di ratificarne le decisioni e di eleggere il papà ed è proprio togliere potere
all’assemblea che più di tutti costituiva la voce del popolo che porta Venezia a allontanarsi
sempre più dall’idea di democrazia che abbiamo noi oggi. Nel 1172 le cose mutano ancora,
ora i consiglieri ducali formano il “Minor Consiglio” mentre quella che prima era l’assemblea
dei Savi diventa il “Maggior Consiglio” (i cui membri passano da 35 a 100), inoltre l’Arengo
perde anche la facoltà di eleggere il Doge.
Il collegio elettorale, che si occupava di eleggere i sostituti dei titolari delle varie cariche negli
anni passa da 3 elementi a 12 e, tra il 1261 e io 1262 arriva ad eleggere 430 persone solo
per tenere occupati i 100 saggi del Maggior consiglio. La maggior parte di essi (242) tuttavia,
apparteneva a solo 27 famiglie diverse restringendo il potere ad una cerchia sempre meno
basta e cristallizzandolo.
Questo, alla fine del 1200 ha portato un problema alla classe politica, ovvero che data la
mancanza di potere dell’assemblea popolare e la cerchia ristretta di titolari delle cariche nel
Maggior Consiglio, si rischiava l'instaurazione di una dittatura.
A cercare di fermare questo processo saranno i capi della Quarantia, ovvero un tribunale
giudiziario composto da 40 membri volto a mantenere l’ordine e la stabilità in città. Loro
proporranno, nel 1286, di riconoscere il diritto di eleggibilità ai discendenti di coloro che
avevano fatto parte del consiglio in passato in modo da rispondere meglio all’espansione
economica e politica, ma la proposta non venne accolta perché prevalse l’opinione dei
conservatori.

In questo caso faremo riferimento ad una fonte

DEMOCRAZIA:la democrazia etimologicamente significa governo del popolo, cioè una


forma di governo in cui la sovranità è generalmente identificata come l’insieme dei cittadini
che ricorrono in generale a strumenti di consultazione popolare. La democrazia è una forma
di Stato che si è via via affermata in modo particolarmente significativo negli ultimi due
secoli. Il concetto di democrazia ha vissuto in continua evoluzione, subendo importanti
modificazioni nel corso della storia.
I tre poteri sovrani tradizionalmente identificati sono quello legislativo, quello esecutivo e
quello giudiziario. Essi spettano rispettivamente al parlamento, al governo e alla
magistratura.
La democrazia consiste nello stabilire regole, accettate da tutti, che ci dicono come
dobbiamo arrivare a una decisione politica, ma non cosa dobbiamo decidere. Queste regole
sono liberamente poste e possono cambiare; elementi limitativi della libertà del gioco
democratico e della partecipazione popolare. Elemento caratterizzante della democrazia è
infatti la partecipazione del popolo al potere politico, cioè la dottrina della sovranità popolare.
Nelle democrazie moderne questa partecipazione avviene attraverso l’elezione diretta da
parte del popolo di rappresentanti che costituiranno l’organo politico (in Italia è il parlamento)
cui è affidata la funzione legislativa. Elettori devono essere tutti i cittadini che abbiano
raggiunto la maggiore età. Anche i responsabili degli enti di amministrazione locale devono
essere eletti. Per le elezioni e per tutte le decisioni prese in seno all’organo legislativo o al
governo, vale il principio della maggioranza numerica, anche se nessuna decisione della
maggioranza deve cancellare i diritti delle minoranze.
Alcuni valori sono considerati essenziali dell'ideale democratico. Essi sono: l'eguaglianza di
tutti i cittadini di fronte alla legge; la tolleranza religiosa e la libertà di stampa e di
insegnamento; la libertà di organizzazione politica e sindacale; la soluzione pacifica dei
conflitti sociali; l'eliminazione della violenza nel funzionamento di istituzioni come polizia,
esercito, carceri; il frequente ricambio della classe politica; il rispetto dei diritti delle
minoranze; il controllo della concentrazione di poteri di monopolio nelle mani di pochi in
campo economico, dell'informazione e delle telecomunicazioni.
Abbiamo diversi tipi di democrazia, che sono:
1. La democrazia diretta è una forma di governo democratica nella quale i cittadini
possono, senza alcuna intermediazione o rappresentanza politica, esercitare
direttamente il potere legislativo. I suoi principali strumenti sono:
● L’iniziativa legislativa è lo strumento che permette ai cittadini di presentare una
proposta di legge al Parlamento. Generalmente, per presentare la proposta, è
necessario raccogliere un certo numero di firme. In questo modo i cittadini possono
introdurre nel dibattito parlamentare temi che non sono presi in considerazione dai
rappresentanti.
● Il referendum è il più importante istituto di democrazia diretta. Grazie ad esso i
cittadini, senza la mediazione del Parlamento, possono esprimere la propria opinione
direttamente su una norma, un atto o una decisione da assumere. Le tipologie di
referendum sono: consultivo, confermativo,abrogativo e propositivo.
● Il recall, presente in alcuni Paesi, è lo strumento che permette al corpo elettorale di
revocare il mandato di un rappresentante eletto. Generalmente, a questo scopo, i
cittadini devono raccogliere un certo numero di firme, per chiedere di votare la
revoca del mandato. Se la votazione determina la revoca si dovrà provvedere
all’elezione di un nuovo rappresentante.
2. La democrazia indiretta (o rappresentativa) si basa sul diritto di voto.L'elettorato
attivo è il diritto dei cittadini di votare i propri rappresentanti, che si manifesta
soprattutto nell'elezione del Parlamento, composto dalla Camera dei Deputati e del
Senato della Repubblica.
3. Nella democrazia partecipativa si raccolgono tutti quegli strumenti utili che forniscono
informazioni stimolando la collaborazione tra cittadini e rappresentanti, ma di per sé
questa forma di democrazia non contempla strumenti per attribuire potere legislativo
ai cittadini
4. Nella democrazia deliberativa, la volontà del popolo non viene espressa tramite
l'elezione di rappresentanti, ma attraverso un processo deliberativo.
Oggi si parla spesso di due diversi modelli di democrazia: presidenziale e parlamentare.
La repubblica presidenziale (o presidenzialismo) è una forma di governo in cui il potere
esecutivo si concentra nella figura del presidente che è sia il capo dello stato sia il capo del
governo. Generalmente questo è democraticamente eletto direttamente dai cittadini e forma
il suo governo. Il presidente, essendo capo di stato non ha bisogno di voto di fiducia
parlamentare. È una forma di governo monocratica, governa un organo costituito da una
sola persona.
Una repubblica parlamentare, come quella italiana, è una forma di governo in cui gli elettori
votano i rappresentanti del parlamento, i quali poi nomineranno il Presidente della
Repubblica. Quest’ultimo nomina il Presidente del Consiglio dei Ministri, che presiede il
governo; le elezioni parlamentari avvengono ogni 5 anni.
“I COMUNI FURONO DAVVERO DELLE DEMOCRAZIE?”: LA RISPOSTA AL QUESITO
MEDIANTE L’ANALISI DELLE FONTI PROPOSTE DALL’INSEGNANTE.

DOCUMENTO A: Raffaella Sau, La rappresentanza prima del governo rappresentativo.


Brevi note sul Comune medievale.

- Il comune introduce dei principi innovativi nella definizione del rapporto tra il singolo e
il collettivo di cui fa parte.
- Dal diritto delle città autonome emerge un coinvolgimento rilevante dei singoli nel
processo decisionale come l’introduzione di meccanismi elettivi destinati
all’assegnazione delle pratiche pubbliche. Questo però non si può definire un
approccio al modello politico di sovranità popolare perché gli abitanti dei Comuni
erano ancora vittime di un modello politico che aveva le sue fondamenta nella
disuguaglianza, nell’esistenza della gerarchia e della conseguente presenza di
subordinazione.
- L’analisi di questo contesto evidenzia il fatto che anche nei comuni autonomi dotati di
statuti l’elettività delle cariche e le funzioni attribuite ai cittadini, come nelle forme
politiche feudali, non costituiscano il principio del concetto moderno di
rappresentanza politica.
- Ciò che davvero differenzia la democrazia odierna dal “tentativo di democrazia” dei
Comuni medievali è il principio dell’ uguaglianza formale. Quest’ultimo ha permesso
di tracciare una linea di confine tra un ordine fondato sulla disuguaglianza politica,
sociale e esistenziale e la nostra democrazia, fondata sull’uguale riconoscimento e
sulla garanzia dei diritti inalienabili degli individui.

DOCUMENTO B: Università di Firenze, Caratteri generali degli ordinamenti comunali


italiani.

- La vera essenza del comune italiano (in particolare modo dei comuni situati nella
zona centro-settentrionale della Penisola) è l’ordinamento gerarchico.
- Questo ordinamento è il risultato di una stratificazione di cittadinanze di livello
diverso.
- Come citato nell’analisi del documento A, all’interno dei comuni il riconoscimento dei
diritti civici non era destinato a tutti.
- I diritti civici dipendevano dal gruppo di appartenenza: il gruppo eminente, situato al
vertice della piramide gerarchica, coincide con le famiglie che discendono dai nuclei
fondatori della città che rivendicano lo status di padrone del Comune.
- Sotto questo vertice si trovano gli altri gruppi, costituiti da cittadini di più recente
ammissione o che appartengono a corporazioni di minor rilievo sociale ed
economico.
- Per ognuno di questi gruppi, i diritti civici sono un patrimonio di famiglia che si
tramanda di generazione in generazione.
- Nessun conflitto ha mai messo in discussione il ruolo della gerarchia: alcune
rivoluzioni ne hanno cambiato il profilo ma non hanno mai eliminato la gerarchia a
favore di una costruzione inclusiva dell’ordinamento politico.
- Così il Comune non è certamente una democrazia, ma neanche un’oligarchia. É
invece una società naturale di diseguali caratterizzata dalla sfida di far rispettare
reciprocamente “pacifici agnelli” e “lupi feroci”.
- Il proposito è quello di istituire un “bonum commune” dal quale ogni strato sociale
può trarre vantaggio.
- Nel Comune medievale non è rilevante chi governa, ma come lo fa.

DOCUMENTO C: Gaeta, Villani, Petraccone, Storia Medievale, Principato, Milano 1992

- La “democrazia” dei Comuni era legata al possesso dei beni: solo chi possedeva un
dato patrimonio era eleggibile alle cariche.
- Il “popolo-borghesia” era quindi ben distinto dagli strati inferiori della popolazione.

DOCUMENTO D: Zorzi, I comuni.

- I regimi comunali consentivano la partecipazione politica al venti percento o meno


della popolazione.
- Erano esclusi i lavoratori manuali,le donne, gli immigrati, i servi.
- Non si può parlare di regimi democratici: infatti nei consigli non si discuteva
liberamente. Ci si limitava a legittimare le leggi decise in comitati ristretti.

UN CRONISTA TEDESCO GIUDICA I COMUNI ITALIANI, I LIMITI DELLA DEMOCRAZIA


COMUNALE

DOCUMENTO E: UN CRONISTA TEDESCO GIUDICA I COMUNI ITALIANI


La fonte considerata è di I livello, in quanto tratta dalle Imprese di Federico I imperatore,
opera di Ottone vescovo di Frisinga (1115 ca.-1158), nonchè zio di Federico Barbarossa, il
quale fu a fianco del nipote nelle sue discese in Italia. Provvedendoci il giudizio di un
commentatore non coinvolto nelle dinamiche dei comuni, Ottone ci lascia un’importante
testimonianza su come la realtà comunale doveva apparire agli occhi degli stranieri.
- un senso di ammirazione implicito, nonostante il disprezzo nei confronti del diritto
esteso ad “artigiani praticanti spregevoli arti meccaniche”
- confronto con gli antichi Romani: un’imitazione di saggezza
- descrizione di un amore per la libertà per sfuggire alla prepotenza dell’autorità
- divisione in ceti sociali: grandi feudatari, valvassori e plebe
- viene sottolineata la carica temporanea e il fatto che i consoli vengono eletti da tutti i
ceti
- estensione del comune alle campagne e meticolosità dei nobili nell’obbedire agli
ordini della città

DOCUMENTO F: I LIMITI DELLA DEMOCRAZIA COMUNALE - Roberto Sabatino Lopez


Roberto Sabatino Lopez fu uno storico italiano naturalizzato statunitense specializzato nello
studio del Medioevo italiano. In conclusione dell’approfondimento svolto, lo citiamo in merito,
in quanto con questo suo testo riassume gli aspetti principali dei comuni e ci permette di
comprendere quanto qui in realtà fosse rivoluzionaria la situazione, per l’epoca e come, nel
tentare di ricreare un sistema politico adeguato per il proprio popolo non si riscontrò un
totale fallimento.
- la data di nascita dei primi coumuni è general mente sconosciuta
- i comuni non costituirono quell’età d’oro fantasticata da scrittori successivi, da Dante
a Carducci, ma non furono neanche quei regimi arbitrari e oppressivi che qualche
storico recente ha riconosciuto in loro
- Se paragonati ad altre forme di governo successive alle rivoluzioni francese e
americana li ricordiamo per aver conferito al massimo numero di cittadini l’occasione
di partecipare in un modo o nell’altro alla gestione dei pubblici affari
- Confronto con i governi monarchici contemporanei ad essi: il contesto storico
- l’assemblea plenaria non fu probabilmente il luogo ideale per l’espressione
indisturbata dell’opinione pubblica ma i consiglieri e magistrati, anche se non
venivano eletti secondo i metodi del sistema rappresentativo moderno,
rispecchiavano l’insieme dei cittadini più fedelmente dei pochi membri «eletti» che
furono ammessi a far parte dei parlamenti inglese e francese nell'autunno del
Medioevo
- Senza dubbio la democrazia comunale non fu egualitaria ne totale, poichè aspirare a
ciò avrebbe significato sovvertire l’ordine decretato da Dio
- Si cerca non la maggioranza numerica ma il consenso della “parte più valente”
secondo la definizione di Marsilio di Padova, il massimo pensatore politico del primo
Trecento
- Nei comuni però il valore non deriva più dall’atto di nascita, nè era ristretto a una
piccola minoranza: i poveri, i deboli, gli abitanti del contado avevano la possibilità di
cambiare status, superando queste condizioni, traguardo non sempre superato
facilmente, ma neanche impossibile da compiere

Sitografia:

https://www.sentascusiprof.it/storia/STO_MED/Il%20comune%20medievale%20e%20la
%20sua%20evoluzione.pdf

https://www.tuscanypeople.com/antiche-arti-fiorentine/

Bibliografia:

Raffaella Sau, La rappresentanza prima del governo rappresentativo. Brevi note sul Comune
medievale.

Università di Firenze, Caratteri generali degli ordinamenti comunali italiani.

Gaeta, Villani, Petraccone, Storia Medievale, Principato, Milano 1992

Zorzi, I comuni.

I LIMITI DELLA DEMOCRAZIA COMUNALE - Roberto Sabatino Lopez

Le Imprese di Federico I imperatore, di Ottone di Frisinga

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