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Analisi delle fonti al fine di approfondire il rapporto tra Gilde e Comuni: facendo
riferimento ad una fonte di secondo livello scritta dallo storico tedesco Otto Gerhard Oexle
(1939-2016) possiamo considerare le gilde come degli elementi fondamentali per la
formazione dei comuni medievali.
Le gilde, infatti, erano associazioni formatasi a partire dal XI secolo nate per tutelare e
regolamentare le attività dei propri membri, i quali erano accomunati dallo svolgere la stessa
professione.
Loro, come i comuni, erano associazioni giurate, ma mentre nel caso delle gilde si trattava di
un insieme puramente personale, nel caso dei comuni le basi erano territoriali. Secondo
molte teorie però i Comuni sembrano essere continuazioni delle gilde mercantili dato che è
stata rilevata la presenza di gilde e coniurationes su basi regionali nel XI secolo che, nel
tempo, si sono sviluppate e hanno gettato le basi per i Comuni.
In particolare, il fenomeno delle coniurationes potrebbe essere legato all’espansione dei
Normanni, che ha portato alla formazione di gruppi di resistenza e rivolta tra gli abitanti dei
territori conquistati, chiamati coniurationes. Queste avevano fini principalmente difensivi
erano composti da gruppi armati. Saranno proprio le coniurationes, nel XI secolo, ad essere
considerate le prime forme preliminari di comuni.
Quest’ultimi riprenderanno la missione di protezione e sicurezza ispirata dalle gilde e dalle
coniurationes, ma aggiungeranno l’idea di una ugualianza riconosciuta tra i cittadini.
Inoltre proprio a causa della vicinanza di valori tra queste associazioni e i comuni, la
partecipazione della popolazione a gilde e corporazioni sarà un requisito fondamentale per il
successo della comunità.
Per questa analisi faremo riferimento ad un’altra fonte scritta, in questo caso, da G. Villani,
un mercante e cronista fiorentino che vive tra il 1276 e il 1348.
Dal documento si può dedurre come sono cambiate le istituzioni comunali di Firenze nel
tempo, a partire da quando la città era retta dai consoli cittadini (il cui numero, che da 4 e
successivamente passato a 6, variava a seconda della suddivisione della città) e dal senato,
ovvero un assemblea composta da cento uomini che avevano la facoltà di formulare e
promulgare le leggi.
In quel periodo i consoli, al momento di assumere la carica, si impegnavano a tutelare i
cittadini e ad utilizzare il loro potere esecutivo per garantire loro pace, giustizia e sicurezza.
Tuttavia spesso le loro promesse si rivelano vane, perché non erano in grado di gestire i
contrasti tra le famiglie aristocratiche spesso in lotta tra loro e le tensioni popolari che
stavano degenerando sempre di più.
Per questo, quando la città si è ingrandita, è stato necessario un cambiamento che allo
stesso tempo mantenesse la giustizia e i valori cittadini e che non venisse influenzato da
raccomandazioni, dalla paura delle ritorsioni dei potenti o per altre forme di corruzione.
A questo scopo è stato nominato Podestà di Firenze un uomo proveniente da un’altra città, il
cui giudizio non era influenzato dalla realtà cittadina che amministrava.
Il primo a venir scelto per questo ruolo è stato Gualterotto da Milano, nel 1207, che, a causa
della mancanza di un palazzo podestarile, visse nel vescovado durante il periodo in cui
rimase in carica.
La pratica di affidare il governo ad uno straniero in modo che sostituisca i consoli in varie
funzioni era già diffusa in svariati comuni, dove le assemblee nominavano un podestà che,
per venire scelto, doveva essere un esperto sia di legge che nell’uso delle armi (perché tra
le altre cose aveva anche il compito di guidare l’esercito cittadino).
Le Arti fiorentine:
Tra il XI è il XIII secolo a Firenze erano presenti svariate corporazioni(o Arti) accomunate da
una struttura simile: ognuna era infatti provvista di uno Statuto che, avendo valore di legge,
poteva emettere sentenze tra gli appartenenti alla corporazione (per questo, nel 1300, venne
fondato anche il Tribunale di Mercanzia).
Le Arti maggiori di Firenze in particolare erano sette:
-L’arte dei Giudici e Notai, che era considerata la più importante, e anche la sola da cui si
eleggeva io Proconsole, ovvero la massima autorità di tutte le arti.
-L’arte dei Mercatanti (o di Calimala), che si occupava soprattutto delle importazioni
all’estero di panni grezzi.
-L’arte del Cambio, che prestava denaro, si occupava di operazioni di cambio e trasferiva le
valute in vari paesi europei.
-L’arte della Lana, ovvero la corporazione più importante economicamente
-L’arte della seta, una corporazione conosciuta per i suoi prodotti pregiati
-L’arte dei Medici e Speziali, i cui membri esercitavano la professione medica e vendevano
erbe e medicamenti.
-L’arte dei Vaiai e Pellicciai, maestri nel lavorare la pelle grezza.
Oltre a queste 7 erano presenti nello stesso periodo erano presenti altre 14 corporazioni
chiamate Arti Minori per delle controversie politiche da cui ogni arte ricavo una diversa
posizione sociale.
A livello pratico le arti proteggevano i membri dalla concorrenza di individui esterni all’Arte o
quella con le altre città e garantivano un operato migliore ed un maggiore controllo
attraverso i propri Statuti.
In particolare abbiamo approfondito, grazie ad una fonte di primo livello di quel periodo, lo
Statuto dell’arte della lana, che elencava le regole che i membri dovevano seguire e le pene
che li aspettavano se non avessero seguito gli accordi.
- Il comune introduce dei principi innovativi nella definizione del rapporto tra il singolo e
il collettivo di cui fa parte.
- Dal diritto delle città autonome emerge un coinvolgimento rilevante dei singoli nel
processo decisionale come l’introduzione di meccanismi elettivi destinati
all’assegnazione delle pratiche pubbliche. Questo però non si può definire un
approccio al modello politico di sovranità popolare perché gli abitanti dei Comuni
erano ancora vittime di un modello politico che aveva le sue fondamenta nella
disuguaglianza, nell’esistenza della gerarchia e della conseguente presenza di
subordinazione.
- L’analisi di questo contesto evidenzia il fatto che anche nei comuni autonomi dotati di
statuti l’elettività delle cariche e le funzioni attribuite ai cittadini, come nelle forme
politiche feudali, non costituiscano il principio del concetto moderno di
rappresentanza politica.
- Ciò che davvero differenzia la democrazia odierna dal “tentativo di democrazia” dei
Comuni medievali è il principio dell’ uguaglianza formale. Quest’ultimo ha permesso
di tracciare una linea di confine tra un ordine fondato sulla disuguaglianza politica,
sociale e esistenziale e la nostra democrazia, fondata sull’uguale riconoscimento e
sulla garanzia dei diritti inalienabili degli individui.
- La vera essenza del comune italiano (in particolare modo dei comuni situati nella
zona centro-settentrionale della Penisola) è l’ordinamento gerarchico.
- Questo ordinamento è il risultato di una stratificazione di cittadinanze di livello
diverso.
- Come citato nell’analisi del documento A, all’interno dei comuni il riconoscimento dei
diritti civici non era destinato a tutti.
- I diritti civici dipendevano dal gruppo di appartenenza: il gruppo eminente, situato al
vertice della piramide gerarchica, coincide con le famiglie che discendono dai nuclei
fondatori della città che rivendicano lo status di padrone del Comune.
- Sotto questo vertice si trovano gli altri gruppi, costituiti da cittadini di più recente
ammissione o che appartengono a corporazioni di minor rilievo sociale ed
economico.
- Per ognuno di questi gruppi, i diritti civici sono un patrimonio di famiglia che si
tramanda di generazione in generazione.
- Nessun conflitto ha mai messo in discussione il ruolo della gerarchia: alcune
rivoluzioni ne hanno cambiato il profilo ma non hanno mai eliminato la gerarchia a
favore di una costruzione inclusiva dell’ordinamento politico.
- Così il Comune non è certamente una democrazia, ma neanche un’oligarchia. É
invece una società naturale di diseguali caratterizzata dalla sfida di far rispettare
reciprocamente “pacifici agnelli” e “lupi feroci”.
- Il proposito è quello di istituire un “bonum commune” dal quale ogni strato sociale
può trarre vantaggio.
- Nel Comune medievale non è rilevante chi governa, ma come lo fa.
- La “democrazia” dei Comuni era legata al possesso dei beni: solo chi possedeva un
dato patrimonio era eleggibile alle cariche.
- Il “popolo-borghesia” era quindi ben distinto dagli strati inferiori della popolazione.
Sitografia:
https://www.sentascusiprof.it/storia/STO_MED/Il%20comune%20medievale%20e%20la
%20sua%20evoluzione.pdf
https://www.tuscanypeople.com/antiche-arti-fiorentine/
Bibliografia:
Raffaella Sau, La rappresentanza prima del governo rappresentativo. Brevi note sul Comune
medievale.
Zorzi, I comuni.