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Luigi Provero (Torino, 1965) insegna Luigi Provero – Massimo Vallerani È vero, il medioevo è un periodo oscu-

Luigi Provero – Massimo Vallerani


Storia medievale all’Università di To-
rino. Ha studiato i poteri signorili dei
Luigi Provero ro e lontano, ma resta quello in cui è av-
venuta la più radicale trasformazione
secoli centrali del medioevo (L’Italia Storia medievale Massimo Vallerani del mondo antico. Il crollo dell’Impero
dei poteri locali, Roma 1998) e in par- romano e l’arrivo delle popolazioni
ticolare la capacità della società con- barbariche obbliga l’Europa a ricostru-

Storia
tadina di agire politicamente nel qua- ire le proprie strutture sociali e politi-
dro delle signorie locali (Le parole dei che su nuove basi. Le aristocrazie mili-
sudditi, Spoleto 2012). Fa parte del co- tari si impongono come guida della
mitato di direzione della rivista «So- società, appoggiandosi sulla forza delle

medievale
cietà e storia». armi e sul possesso di terra. I nuovi re-
gni «nazionali» cercano di raggiungere
Massimo Vallerani (Roma, 1961) inse- un governo stabile con l’appoggio del
gna Storia medievale all’Università di ceto ecclesiastico. La Chiesa si defini-
Torino. Ha studiato le forme di inclusio- sce a sua volta come istituzione separa-
ne e di esclusione delle società urbane ta dai poteri laici, rivendicando la capa-
medievali, in particolare i sistemi giudi- cità di inquadrare le popolazioni di
ziari dell’età comunale (Giustizia pubbli- sudditi-fedeli in un ordine religioso su-
ca medievale, Bologna 2005), i modi di periore. Dall’XI secolo comunità conta-

Storia medievale
accesso alla cittadinanza, le suppliche Mille anni di storia che hanno visto l’Europa dine e città entrano prepotentemente
in età signorile. Fa parte della direzione nel gioco politico e reclamano un ruolo
della rivista «Quaderni Storici». trasformarsi: nuove popolazioni, nuovi regni, attivo nella costruzione dei nuovi asset-
equilibri sociali da ricostruire e la ricerca faticosa ti regionali. Questa continua interfe-
renza tra l’azione di gruppi sociali e i
di un sistema di governo e di inquadramento progetti di inquadramento dagli esiti
di popoli diversi e in continuo movimento. incerti segna il lungo medioevo euro-
peo, e proprio da qui nasce la dimen-
sione-chiave attorno a cui si organizza
la presentazione del medioevo propo-
sta in questo volume: il rapporto tra le
forme di dominazione e i gruppi sociali
che elaborarono, o subirono, le spinte
verso la costruzione di un ordine poli-
tico valido per tutti, di un dominio su-
In copertina: La battaglia di Crecy (1346), mi- gli uomini, sulle loro anime, sulle loro
niatura dalle «Chroniques de Jean Froissart» risorse.
(XVI secolo) © Mondadori Portfolio/Rue des
Archives/Tallandier.

ISBN 978-88-00-74527-7
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Prezzo al pubblico LE MONNIER


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Luigi Provero – Massimo Vallerani

Storia medievale
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Prima edizione Le Monnier Università, marzo 2016


www.mondadorieducation.it

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2020 2019 2018 2017 2016

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Lineagrafica s.r.l. – Città di Castello (PG)


Stampato in Italia – Printed in Italy – marzo 2016
Indice

Prefazione, di Giuseppe Sergi IX

Introduzione. Le forme del dominio XIII

Parte prima
LA TRASFORMAZIONE DEL MONDO ROMANO

Introduzione 3

Capitolo 1. L’Impero cristiano 6


1. Il sistema imperiale tardoromano: potere e prelievi 7
2. L’esercito, il limes, i barbari 11
3. La cristianizzazione dell’Impero 17
4. Vescovi e monaci 21

Capitolo 2. Barbari e regni 26


1. Mobilità degli eserciti 26
2. I nuovi regni 31
3. L’Italia ostrogota 33
4. Anglosassoni, Vandali e Visigoti 38
4.1 Anglosassoni 38
4.2 Vandali 40
4.3 Visigoti 42

Capitolo 3. La simbiosi franca 44


1. Clodoveo 44
2. Le chiese franche e la diffusione del monachesimo in Occidente 48
3. I regni e l’aristocrazia 52

Capitolo 4. La rottura del Mediterraneo romano 57


1. Produzione e scambi in Occidente 57
1.1 Città 59
1.2 Reti 60
1.3 Produzione 61
1.4 Contadini 63
2. Le ambizioni universali dell’Impero di Giustiniano 64
3. Dibattiti teologici e identità locali 70

Parte seconda
IL SISTEMA DI DOMINAZIONE ALTOMEDIEVALE

Introduzione 77

Capitolo 1. Nobili, chiese e re: ricchezze e poteri 79


1. Nobili e re 79
VI Indice

2. Terre e uomini 85
3. Reti di scambio 90

Capitolo 2. Nuovi quadri politici: il regno longobardo 97


1. I Longobardi in Italia 98
2. Longobardi e Romani 103
3. Crescita e fine del regno 108

Capitolo 3. Impero carolingio, ecclesia carolingia 116


1. Dal regno all’Impero 117
2. Conti, vassalli e liberi 124
3. Le chiese carolingie 129
4. Dall’Impero ai regni 132

Capitolo 4. Il Mediterraneo bizantino e islamico 138


1. Le origini dell’Islam 138
2. Bisanzio: crisi e riorganizzazione di un Impero 142
3. Le articolazioni del mondo islamico e bizantino 146

Capitolo 5. Società e poteri nel X secolo 151


1. I mutamenti dei poteri comitali 152
2. Minacce esterne: le incursioni di Saraceni, Ungari e Normanni 156
3. Il potere dei re 160
3.1 Italia 162
3.2 Germania 163
3.3 Francia 168
3.4 Ai margini del mondo carolingio 170
4. Modelli di ordine sociale 172
5. Nuove chiese, nuovi poteri 175

Parte terza
POTERI LOCALI E POTERI REGI TRA L’XI E IL XIII SECOLO

Introduzione 185

Capitolo 1. Le istituzioni della Chiesa e l’inquadramento religioso


delle popolazioni fra XI e XIII secolo 188
1. Per una riforma della Chiesa: vescovi, imperatori e papi
nella prima metà dell’XI secolo 189
2. Il momento del conflitto. Il pontificato di Gregorio VII 195
3. Pretese universali e definizione istituzionale della Chiesa 200
4. L’inquadramento religioso dei laici 208

Capitolo 2. La guerra, la Chiesa, la cavalleria 215


1. Il controllo della violenza e le paci di Dio 216
2. La sacralizzazione della guerra e le prime crociate 217
3. Le spedizioni in Terrasanta 218
4. Da guerrieri a cavalieri: la disciplina del ceto militare 224
5. L’ideale cavalleresco e la socialità di corte 227
Indice VII

Capitolo 3. Il dominio signorile 231


1. Un potere senza delega: terre, castelli, clientele 232
2. La formazione dei poteri signorili 236
3. Chiese potenti e chiese private 239
4. Produzione e prelievo in un’età di sviluppo 243
5. L’inquadramento delle popolazioni rurali e l’azione
politica contadina 246

Capitolo 4. Le città nell’Europa medievale 251


1. Le basi dello sviluppo urbano 252
2. Le città tra XII e XIII secolo:
unificazione e differenziazione sociale 258

Capitolo 5. I regni e i sistemi politici europei fra XI e XIII secolo 261


1. Limiti dei regni nei secoli XI e XII 262
2. L’Inghilterra dalla conquista al Duecento 264
3. Il regno di Francia da Luigi VI a Filippo Augusto 270
4. I regni spagnoli 277
5. La Germania e l’Impero 281
6. Il regno di Sicilia 285
7. La successione imperiale e il regno di Federico II 289
8. Conclusioni 291

Capitolo 6. Nuove strutture politiche nell’Italia medievale: città e comuni 295


1. Nascita del comune consolare: una rappresentanza
autonoma delle forze cittadine 295
2. Le funzioni di governo: giustizia, economia
e controllo del territorio 299
3. Le città italiane alla prova della guerra:
lo scontro con Federico Barbarossa 304
4. L’affermazione del comune aperto: podestà, consigli
e governi di Popolo 308
5. Il governo delle corporazioni nel Duecento 313

Parte quarta
CRISI E INQUADRAMENTO DELLE SOCIETÀ EUROPEE
(METÀ XIII-XV SECOLO)

Introduzione 323

Capitolo 1. Il papato, gli ordini mendicanti e la crisi


della Chiesa (1215-1378) 326
1. La Chiesa del papa: apogeo e crisi del papato 327
2. Nuove forme di religiosità monastica: gli ordini mendicanti 331
3. I mendicanti e l’inquadramento dei fedeli 337
4. L’uso politico dell’eresia: re e pontefici alla ricerca del carisma 342

Capitolo 2. La costruzione dello spazio politico dei regni europei 348


1. La difficile costruzione di uno spazio politico dei regni
di Francia e Inghilterra 349
VIII Indice

2. L’Impero e i regni dell’est: crisi e flessibilità


della forma monarchica 358
3. Il caso italiano: gli Stati regionali dal XIV alla fine del XV secolo 362
4. Conclusioni 372

Capitolo 3. Società politiche del basso medioevo.


Un processo di integrazione conflittuale 374
1. Immagini e ideologie del re 375
2. L’amministrazione del regno: corti, ufficiali, fiscalità 378
3. Assemblee e parlamenti: la società locale nei sistemi monarchici 382

Capitolo 4. Gerarchie sociali alla fine del medioevo 391


1. Crisi e ristrutturazione dei rapporti sociali nelle campagne 392
2. La trasformazione del mondo del lavoro in ambito urbano:
i salariati 397
3. Povertà e assistenza: nuovi modelli di solidarietà
e la promozione di élite sociali 404

Congedo 413

Bibliografia 415
Glossario 423
Cronologia 432
Indice dei nomi 436
Indice dei luoghi 442
Prefazione

Nella maggior parte dei casi, il medioevo non è trattato bene né nella
manualistica scolastica né nelle sintesi rivolte al grande pubblico. Que-
sto volume va quindi a occupare uno spazio importante: di sistemazio-
ne, di rettifica, di trasmissione corretta di conoscenze. I caratteri che lo
distinguono dalle opere migliori che negli ultimi anni hanno perseguito
i medesimi scopi sono due: l’aggiornamento sulla base delle ricerche più
recenti e l’esplicitazione delle correzioni.
I due autori non si limitano a cercare il punto di equilibrio fra le in-
terpretazioni ancora oggetto di dibattito, ma si sforzano di cogliere nel
lavorìo della ricerca medievistica le soluzioni più avanzate, quelle che
secondo i loro accertamenti (ampiamente condivisibili) sono destinate a
segnare a lungo nei prossimi anni la lettura di un periodo controverso
come il medioevo.
L’altro carattere, un vero accorgimento comunicativo, consiste
nell’esplicitare quella che dalla storiografia dell’Ottocento in poi si è
affermata come vulgata sui secoli tra i più fraintesi. Trasmettere co-
noscenze aggiornate può non essere sufficiente per cancellare davve-
ro in chi legge stereotipi troppo consolidati. È più efficace mettere a
confronto ciò che sopravvive nella cultura diffusa – spiegando anche,
in più di un caso, le cause ideologiche di quella pigra sopravvivenza –
con esiti della ricerca che, nella loro complessità, aprono scenari di
grande interesse.
Le correzioni esplicitate rendono particolarmente chiare le pagine
sulla curtis come «unità gestionale, non come unità fisica e territoriale»,
allontanando l’abusata visione di un alto medioevo condizionato da
un’economia chiusa. È giustamente insistita, in campo feudale, la sosti-
tuzione di una «confusa e discontinua» rete orizzontale di fedeltà – risa-
lente già a Marc Bloch – all’inscardinabile ed errata immagine di una
piramide con al vertice il re. E si cancella l’idea, tenace, di una Chiesa
già verticistica e monarchico-papale prima della riforma del secolo XI.
La connessione diretta con l’attualità della ricerca si trova nella sot-
tolineatura della «continua rielaborazione» a cui è sottoposta la que-
stione etnica: identità etniche per lo più negate, definizioni di popolo
(come quella dei Longobardi) che cambiano del tutto contenuto e signi-
ficato dal secolo VI all’VIII, efficacia positiva di una completa simbiosi
di civiltà come quella realizzata dai Franchi dal secolo V in poi. Ma si
trova anche in vari altri punti in cui è da superare una stratificata cultu-
ra scolastica e divulgata: come la negazione, per l’Italia, della figura del
«vescovo-conte»; o come l’affermazione, per il primo comune consola-
re, del ruolo dirigente non della borghesia bensì dell’«aristocrazia mili-
tare più in vista».
X Prefazione

Le competenze dei due autori – esponenti di punta della generazio-


ne intermedia di una storiografia italiana in costante colloquio con la
medievistica internazionale – sono messe al servizio sia dell’impianto
sia dei contenuti delle pagine che seguono. È stato conseguito con suc-
cesso un obiettivo non facile da raggiungere: esporre la materia secon-
do un andamento cronologico e incastonarvi tutti gli approfondimenti
tematici indispensabili per interpretare un millennio difficile da com-
prendere per chi usi, anacronisticamente e inopportunamente, le cate-
gorie della modernità.
Orizzonti decisivi sono aperti dall’attenzione rivolta al prelievo fi-
scale, come indicatore dell’efficienza del potere e dei modi di realizza-
zione della capillarità politica e dei mutevoli rapporti potenti-sudditi.
La protezione-dominazione, così come è percepita dai contadini, con-
sente di disporre i poteri su una scala di intensità concrete e di convi-
venze istituzionali variabili nello spazio e nel tempo, dai re ai loro agen-
ti (quando ci sono) e ai signori locali. In particolare i secoli XI e XII –
centrali nello sviluppo della trattazione – risultano teatro di conflitti
continui fra grandi possessori, che vogliono trasformare in sudditi i lo-
ro contadini, e signori di castello che tendono a far corrispondere alla
protezione esercitata il riconoscimento del loro dominio. La conoscen-
za delle dinamiche di questi conflitti è decisiva per sfuggire a un equi-
voco che troppo spesso accompagna l’immagine di medioevo: l’equivo-
co qui cancellato è quello di una sorta di mosaico di latifondi con pie-
nezza interna di giurisdizione.
I processi di ricomposizione hanno protagonisti iniziali diversi in
Italia e nel resto dell’Europa: in Italia i comuni, con la loro espansione
nel contado, altrove signori che si sovrappongono ad altri strutturando
principati territoriali. Per l’Europa gli autori sottolineano la natura
«quasi bicefala» delle città, con poteri signorili influenti e consoli che
rappresentano i ceti specificamente urbani. Per l’Italia la transizione
dai comuni agli Stati regionali non è unidirezionale e costante, non
mancano «ritorni» alle istituzioni comunali. Inoltre gli autori negano
che i signori cittadini italiani possano essere considerati «piccoli re»:
con accelerazioni e frenate, i signori-prìncipi acquisirono «per ‘blocchi
separati’ città e territori che patteggiarono col signore modi e forme
dell’entrata nel dominio».
Nell’insieme dell’Europa i regni prima si caratterizzano per una po-
litica definita come «constatazione attiva» poi, alle soglie dell’età mo-
derna, cominciano a sviluppare una nozione più astratta e meno perso-
nale della regalità. A ciò contribuisce l’attività di esperti di diritto che
non sono soltanto intellettuali, ma anche e soprattutto «giuristi pratici»
nella loro attività di corte, contribuendo all’«omogeneizzazione cultu-
rale» europea così come aveva fatto il monachesimo fino ai secoli cen-
trali del medioevo.
Una sintesi come questa non ha ovviamente potuto prescindere da
«medioevo» come frutto di una periodizzazione convenzionale, consoli-
datasi nei secoli. Ma gli autori sono stati efficaci nello ‘sfocarne’ l’inizio
e la fine, desolennizzando – e non solo in modo definitorio – le date 476
e 1492. Non negano il carattere di «transizione traumatica» del passag-
Prefazione XI

gio fra antico e medievale, ma trattano in modo aggiornato le reinter-


pretazioni della romanità che condizionano il primo medioevo in modo
non solo formale ma anche sostanziale. Danno spazio all’apertura sui
nuovi mondi non trattandoli soltanto come ‘scoperte geografiche’ ma
verificando l’applicazione, in quegli scenari inediti, di schemi politico-
sociali europei, primo fra tutti lo strumento feudale che, ormai lontano
dalle origini carolinge, dimostra tutta la sua plasticità.
Questa prefazione ha il difetto di mostrare essenzialmente la com-
plessità di alcuni temi affrontati nell’opera. Ma il lettore deve essere av-
vertito dell’aspetto forse più positivo delle pagine che seguono: Provero
e Vallerani non hanno semplificato, eppure sono riusciti a esporre con
grande chiarezza la complessità.
Giuseppe Sergi
Introduzione
Le forme del dominio

Nel momento in cui proponiamo questo manuale di storia medievale,


è opportuno chiarire ai lettori quali percorsi e quali scelte hanno guidato
la costruzione del volume. È noto che il medioevo è una convenzione
storiografica creata artificialmente, un contenitore di processi politici,
sociali e religiosi estremamente diversificati, letti e selezionati dagli sto-
rici in modi molto differenti uno dall’altro. Per mettere ordine tra queste
immagini così contrastanti del millennio medievale, un grande storico
italiano, Giovanni Tabacco, ha analizzato, criticandole, le più diffuse
manipolazioni ideologiche che del medioevo assolutizzavano, secondo i
casi, una componente particolare: il feudalesimo come sistema politico
ed economico, l’uniformità religiosa sotto il manto di una cristianità on-
nicomprensiva, l’ininterrotta egemonia della nobiltà carismatica di tra-
dizione germanica o la moltiplicazione «semianarchica» delle comunità
locali. Tutte realtà ben presenti nel mondo medievale, ma sempre come
elementi interconnessi di un sistema instabile, non come fulcri di uno
sviluppo unitario. Il medioevo resta un «cosmo imprevedibile nei suoi
processi evolutivi», segnato da «una costante possibilità di esperienze
imprevedibili». Partiamo da questo dato: il medioevo non è la tappa di
un processo predefinito della società europea, ma un intreccio di eventi e
di strutture da ricostruire, caso per caso, nel proprio significato storico.
Naturalmente non si può fare storia di tutto e non tutti gli eventi sono
uguali. La storia può essere «totale», ma occorre intendersi bene sul si-
gnificato da dare a questa espressione. La storia totale non è semplice-
mente una storia che ricostruisce ogni manifestazione della vita umana,
dal punto di vista delle strutture sociali, materiali, politiche, culturali,
religiose. Una storia totale che presenti il passato ponendo sullo stesso
piano tutti i vari aspetti della vita umana sarebbe infatti inutile, e forse
fuorviante. La via più efficace per delineare il periodo medievale è inve-
ce un’altra: individuare quella che due importanti storici francesi,
Jacques Le Goff e Pierre Toubert, hanno definito una «struttura globa-
lizzante», ovvero un elemento fondamentale attorno al quale si collega-
no i diversi sviluppi della vita associata. La storia totale deve avere come
oggetto la comprensione dei legami esistenti fra queste strutture fonda-
mentali e le altre componenti di una società: è consapevole della totalità,
ma non si risolve in un tutto indifferenziato.
In questo volume abbiamo scelto come dimensione-chiave per spie-
gare il medioevo il rapporto tra le forme di dominazione e i gruppi socia-
li che elaborarono, o subirono, le spinte verso la costruzione di un ordi-
ne politico valido per tutti. Naturalmente è una proposta che ha una fun-
zione volutamente didattica, che dovrebbe fornire a chi legge un filo
rosso per connettere i tanti fatti e i processi analizzati. L’idea che percor-
XIV Introduzione. Le forme del dominio

re il libro è dunque quella di dominio: termine con cui non intendiamo


solo i modi della sottomissione politica – che pure sono necessari per de-
finire le gerarchie sociali – ma anche i meccanismi che potevano assicu-
rare un controllo ampio della vita associata: controllo sulle risorse attra-
verso la politica fiscale; sulle anime, le fedi religiose e le strutture orga-
nizzative del culto attraverso l’istituzione di una Chiesa ufficiale; sulla
produzione di immagini riflesse della società tramite la cultura dotta; e
sulle forme dei rapporti di potere tramite il diritto. Lo spazio (a tratti
ampio) che nel libro viene dedicato alla storia religiosa, economica e dei
saperi giuridici non deriva solo dalla volontà di informare il lettore sui
diversi aspetti della vita delle società medievali, ma anche dal tentativo
di mostrare come questi elementi siano articolazioni di sistemi di domi-
nazione coesistenti e collegati.
Nel libro, tuttavia, non si trovano quadri politici definiti e pacificati,
ma piuttosto tendenze e tensioni, conflitti ed equilibri dinamici. I lettori
vedranno quindi ritornare più volte nozioni fluide, come «inquadramen-
to» o «processo», utili per evitare una visione statica della storia. Più che
sulle strutture stabili degli Stati, abbiamo concentrato la nostra attenzio-
ne sui percorsi che portarono alla creazione – e alla continua trasforma-
zione – delle forme di dominio, ovvero sui tentativi di «inquadrare» le
persone, di tracciare un perimetro intorno ai gruppi sociali soggetti e di
dare una forma visibile alle egemonie politiche nate all’interno delle re-
gioni europee. Tentativi che, naturalmente, incontrarono opposizioni
anche violente e subirono cambiamenti parziali o radicali una volta ca-
lati in contesti locali determinati. Gli attori sociali, in altre parole, ave-
vano un progetto, ma non seguivano un copione: l’azione politica si defi-
niva attraverso una serie di relazioni violente e spesso contraddittorie
che modificavano continuamente il quadro generale degli assetti sociali.
Lo scarto tra i tentativi di inquadramento e gli adattamenti locali è il filo
rosso che abbiamo cercato di seguire nel corso dei secoli esaminati.
Questa attenzione alle trasformazione dei quadri socio-politici del
medioevo ha messo in luce alcune relazioni dinamiche che ricorrono
con maggiore frequenza. Per esempio i rapporti tra re e aristocrazie ri-
tornano in molti capitoli del libro, dai regni romano-germanici alla co-
struzione delle monarchie nazionali tardomedievali: pur con profonde
differenze, molte strutture politiche medievali esprimono infatti una fon-
damentale tensione tra le istituzioni regie e le forze aristocratiche intor-
no alla natura del potere centralizzato e alle sue articolazioni locali. Il
confronto e l’equilibrio tra queste due istanze diventa così una chiave
utile sia per comprendere gli specifici funzionamenti della singola strut-
tura politica, sia per comparare realtà lontane e diverse.
Analogamente, ricorre in molti punti del volume il tema del nesso tra
aristocrazia e chiese, o meglio tra aristocrazia militare e aristocrazia del-
la preghiera, i due volti dei gruppi sociali dominanti. In effetti, per lungo
tempo, le forme di inquadramento delle popolazioni europee da parte
delle élite aristocratiche laiche e di quelle ecclesiastiche possono essere
esaminate in parallelo, come elementi di una medesima grammatica del
potere. E ancora, un’altra relazione importante e ricorrente è quella tra
intellettuali e potere, tra il pensiero giuridico-politico e le pratiche del
Introduzione. Le forme del dominio XV

potere: un tema che si connette direttamente al precedente, dato che per


larga parte del medioevo la lettura, la scrittura e le forme culturali più
raffinate furono monopolio dei religiosi. Questo giustifica in parte l’in-
sistenza sulle elaborazioni dottrinali di natura religiosa, che hanno in-
fluenzato direttamente gli sforzi delle istituzioni ecclesiastiche di inqua-
drare le persone come «fedeli» nei secoli centrali e finali del medioevo.
È infine ricorrente la questione del nesso tra contadini e signori, o più
in generale tra chi coltiva e chi controlla la terra: un tema che acquista
una drammatica evidenza nelle campagne dei secoli XI-XII quando si
affermano nuove strutture di potere locale, ma anche una relazione che
fonda tutti i processi economici di accumulo, redistribuzione, consumo,
in un’epoca in cui «ricchezza» è in larga misura sinonimo di «terra».

Di quale medioevo stiamo parlando? Ovvero, quali sono i limiti cro-


nologici e geografici del nostro manuale? Dal punto di vista della crono-
logia, la trattazione ha inizio nel IV secolo, quando si avviano alcuni im-
portanti mutamenti del mondo romano, con l’affermarsi del Cristianesi-
mo ai vertici imperiali e una connotazione sempre più barbarica
dell’esercito; per terminare al XV secolo, al momento della formazione
degli Stati nazionali e regionali che, pur nella loro instabilità, divennero
gli elementi di base della dinamica politica europea nell’età moderna.
Per quanto riguarda gli spazi, potremmo definire questo manuale co-
me un testo a geografia variabile, con un orizzonte che si allarga e si re-
stringe a seconda dei temi. Il quadro di riferimento dominante è senza
dubbio l’Europa occidentale, che in questi secoli costituisce uno spazio
di civiltà analoghe o comparabili. Al suo interno, tuttavia, la specifica
realtà italiana assume, a tratti, un rilievo maggiore: come ad esempio av-
viene per il regno longobardo tra VI e VIII secolo, a cui dedichiamo uno
spazio più ampio che ad altri regni contemporanei; per la formazione
dei comuni cittadini tra XI e XIII secolo, le cui peculiarità – a confronto
con le altre città europee – richiedono una presentazione più approfon-
dita; e infine per gli Stati regionali e le compagini monarchiche dell’Ita-
lia meridionale fra XIII e XV secolo che rendono conto della complessa
articolazione «plurale» dei poteri politici nella penisola italiana del bas-
so medioevo. D’altro canto, lo sguardo si allarga a comprendere il Medi-
terraneo e il Medio Oriente quando gli sviluppi storici lo suggeriscono.
Così la trasformazione del mondo romano deve essere considerata in
una prospettiva territoriale ampia, a comprendere tutti gli spazi che ave-
vano fatto parte dell’Impero; e così anche l’espansione islamica, che si
estende dall’Indo al Portogallo, ci suggerisce uno sguardo allargato, per
porre in una giusta prospettiva l’incidenza diretta e indiretta dell’Islam
sull’Europa occidentale.

L’insieme del libro si articola, per ragioni didattiche, in quattro parti,


che comprendono una partizione cronologica di più secoli. Al contempo
ogni parte descrive anche uno specifico sviluppo, un processo che – dal
punto di vista delle forme del dominio (inteso in senso ampio) – connota
quella spanna di secoli. Può essere utile anticipare brevemente questa
articolazione e gli specifici processi posti al centro delle singole parti.
XVI Introduzione. Le forme del dominio

La prima parte è dedicata alla Trasformazione del mondo romano,


un processo che su molti piani diversi si attua tra il IV e il VI secolo. Non
è ovviamente possibile proporre delle date e delle scansioni cronologiche
precise, ma possiamo dire che alla fine del VI secolo tutto era cambiato
rispetto all’inizio del IV: le strutture politiche, la distribuzione dei popo-
li, le fedi religiose, i sistemi di produzione e di scambio. Non si tratta solo
del crollo dell’Impero romano e dell’affermarsi di nuovi popoli domi-
nanti: il principale processo in atto è la rielaborazione dell’eredità di Ro-
ma e la costituzione di forme profondamente nuove di organizzazione
della società sul piano economico e sociale.
L’esito di questa grande trasformazione è rappresentato dal Sistema
di dominazione altomedievale, cui è dedicata la seconda parte, relativa
ai secoli VII-X. Nessuna staticità è contenuta nell’espressione sistema:
anzi, sono questi i secoli che vedono due mutamenti «rivoluzionari» co-
me l’affermazione dell’Islam dalle regioni dell’Oriente fino alla Spagna
e la costruzione dell’Impero carolingio nell’Europa occidentale. Il conti-
nente europeo, in questo periodo, è dominato da un equilibrio mutevole
tra poteri regi, aristocrazia militare e chiese, che dà vita a configurazioni
sempre diverse. Una molteplicità che emerge in tutta la sua violenza una
volta venuto meno il tratto unificante dell’Impero, che nel X secolo la-
scia spazio a una pluralità di poteri attivi su livelli diversi, ma tutti nati
da un libero uso politico della ricchezza e della capacità militare. Questo
processo di dispersione dei poteri pubblici favorisce la nascita di un nu-
mero altissimo di signorie locali, castelli, comunità di villaggio e centri
urbani, difficilmente inquadrabili sotto una dominazione unitaria.
Dal secolo XI si avverte, tuttavia, la messa in atto di diversi tentativi
di imporre un controllo egemonico nei territori dei regni. Si tratta anco-
ra di progetti non coordinati, portati avanti da forze politiche in compe-
tizione una con l’altra; da qui il titolo al «plurale» della terza parte: Pote-
ri regi e poteri locali tra l’XI e il XIII secolo. A un livello alto è la Chiesa
del secolo XI ad avanzare la proposta più articolata di governo della so-
cietà, prima isolando un vertice al suo interno, il papato romano, poi
estendendo il suo controllo all’intera società, dal ceto armato dei cava-
lieri all’insieme dei sudditi-fedeli, tutti membri di una «cristianità» unita
sotto la guida degli uomini di Chiesa. Dal canto loro, anche i regni ini-
ziano a configurarsi come poteri superiori in grado di guidare una ge-
rarchia ordinata di istituzioni politiche. La tensione con una realtà così
ricca di poteri locali radicati in forme autonome è tuttavia evidente. Ep-
pure, queste spinte ordinatrici lasciano intravedere l’elaborazione di
progetti culturali più complessi, frutto dell’ingresso dei giuristi colti nel-
le corti laiche ed ecclesiastiche. Dopo secoli di silenzio, i re ricomincia-
no a fare leggi, a regolare l’assetto politico delle diverse regioni del regno
attraverso strumenti amministrativi validi per tutto il territorio. Le mag-
giori signorie regionali si comportano nello stesso modo: favoriscono il
popolamento di zone poco abitate, creano città, promuovono uno svi-
luppo dell’agricoltura che raggiunge nel Duecento il suo apice. Processi
di crescita che innescano uno sviluppo economico e sociale senza pari
nel mondo medievale, ma che presentano al contempo numerosi ele-
menti di contraddizione ben visibili nei secoli XIV e XV.
Introduzione. Le forme del dominio XVII

Il titolo della quarta parte mette in luce questo contrasto: Crisi e in-
quadramento delle società europee (metà XIII-XV secolo). La crisi è in
primo luogo di natura economica e sociale, dovuta all’eccessiva espan-
sione delle terre coltivate e dal ripetersi di una serie di epidemie e di care-
stie. Ma è una crisi che investe anche le istituzioni laiche ed ecclesiasti-
che, proprio nella fase in cui aspirano a presentarsi come i poteri supe-
riori senza rivali interni. La Chiesa rafforza la centralità del papato
romano, i re si presentano come un vertice quasi sacro dei regni nazio-
nali, la nobiltà impone la sua superiorità sul resto della società, ma tutti
si scontrano con i propri limiti e con un mondo sociale ricco di progetti
culturali e religiosi alternativi. Ecco allora che le istituzioni di vertice su-
biscono contraccolpi fortissimi alle loro pretese: un papato indebolito
dagli scismi interni si allontana da Roma per un settantennio, regni sem-
pre in bilico sono limitati da combattive assemblee locali, rivolte urbane
e rurali si sollevano contro i signori locali e le aristocrazie cittadine. Gli
sforzi dei poteri centrali devono prendere direzioni meno conflittuali:
devono cercare di integrare le forze sociali esterne, condividere con esse
una parte delle funzioni di governo, accogliere le loro richieste trasfor-
mandole in politiche condivise. Naturalmente questi sforzi non portano
la fine dei conflitti, ma mostrano che nell’Europa del secolo XV non è
possibile tenere insieme organismi territoriali complessi solo con la for-
za. La ricerca del consenso, di un’obbedienza meno coercitiva (se non
proprio spontanea), di una coesistenza di elementi diversi in un sistema
«ordinato», rientra così a pieno titolo nei sistemi di dominazione del
basso medioevo.

Il volume è frutto di un lavoro comune e di un continuo confronto tra


i due autori. In sede di stesura, Luigi Provero ha elaborato le parti I e II,
Massimo Vallerani le parti III e IV.

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