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Lorenzoni Filippo

A.A.: 2021-22

RIASSUNTO ECONOMIA AZIENDALE

INTRODUZIONE

L’economia aziendale studia i sistemi economici di qualsivoglia spazio-tempo indagando l’agire dei
soggetti effettivamente operanti:

A) Le FAMIGLIE -> sono le unità-base del vivere civile e che sono le cellule delle comunità, della
collettività e della convivenza
B) Le IMPRESE -> unità che per natura propria (uniche nel sistema) producono redditi e
riproducono capitali, tramite la produzione di beni economici
C) Lo STATO (con le sue partizioni) -> aggregazione territoriale indipendente definita
dall’ordinamento

Sono quindi aggregazioni sociali risultato di variabili storiche, religiose, socio-culturali, giuridiche. In
particolare, l’economia aziendale studia queste aggregazioni in quanto AZIENDE, ovvero complessi
economici, dei quali studia le funzioni di equilibrio e i processi di sviluppo e di crescita dettandone le
leggi relative.

Al fine di formulare tali leggi l’economia aziendale indaga i prezzi, redditi e capitali nei loro vari
aspetti e manifestazioni.

CAPITOLO PRIMO: L’ATTIVITÀ ECONOMICA DALL’ANTICHITÀ ALLA CINA CONTEMPORANEA

L’ATTIVITÀ ECONOMICA QUALE ATTIVITA’ SEMPITERNA

Secondo Benedetto Croce, la Storiografia, quale sia il suo oggetto, si articola in 3 momenti:

1) La cronologia che stabilisce l’esatta successione degli avvenimenti


2) La biografia che consiste nella ricostruzione di un evento, di un trattato, di un regno,
arricchita di tutte le sue componenti e nessi causali
3) La Storiografia, ovvero l’interpretazione che attraversa le epoche e le nazioni per
individuarne la struttura profonda al fine di determinare le leggi di comportamento, di
successione, di sviluppo degli accadimenti dell’umanità

L’obbiettivo dello studio di questo capitolo è triplice:

a. Conoscere bene la storia


b. Comprendere che le leggi economico-aziendali sono sempiterne (come la natura umana) e
che quindi le attività economiche si svolgono sin dall’antichità
c. Apprezzare il progresso tecnico-scientifico e i benefici che esso porta (miglioramento
dell’efficienza produttiva e l’efficacia raggiunta)

In particolare bisogna tenere ben presente che le ricostruzioni storiografiche devono essere guidate
dall’approfondimento neutrale e critico e non da proiezioni false derivanti da convinzioni
economiche e politiche.

Questa interpretazione del progresso e della Storiografia di Croce va contro alla dialettica di Marx e
di Engels, i quali concepivano la storia come una perenne lotta di classe, dove vi erano solo due classi

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che erano in perenne lotta tra di loro (i capitalisti sfruttatori e gli operai vessati dalla classe
superiore).

Marx ed Engels applicarono questa loro visione a tutta la storia andandone a modificare e a
distorcere i fatti. Questi affermavano che nella preistoria l’uomo viveva in uno stato di perenne
felicità (denominato il comunismo originario); questa armonia venne infranta nel momento in cui si
affermò la divisione del lavoro che portò alla gerarchizzazione della società in sole due classi: gli
sfruttati e gli sfruttatori, i quali si arricchivano a discapito dei primi.

Il culmine della gerarchizzazione della società la si raggiunge con la nascita dello Stato. Ecco quindi
che per i marxisti lo stato è il culmine dello sfruttamento della classe proletaria e quindi tutta la
Storia è caratterizzata da una perenne lotta di classe.

Tuttavia analizzando la storia antica possiamo trovare numerosi esempi di manifestazioni


economiche anche agli albori della civiltà che non hanno a che vedere con lo sfruttamento:

 Costruzione delle piramidi egizie (2650-2100 a.C.) -> per la costruzione delle priamidi egizie
vennero impiegati operai, non schiavi. Inoltre vi fu un larghissimo uso di innovazioni
tecnologiche finanziate dai faraoni
 Amministrazione pubblica assiro-babilonese (1500-626 a.C.) -> grazie al ritrovamento di
tavolette in linguaggio cuneiforme si è potuto avere un esempio di quella che era la
Ragioneria Pubblica, ovvero la contabilità di stato fondata sulla combinazione di entrate e di
uscite
 Le attività agricole, artigianali e imprenditoriali dalla Grecia ai mercanti Fenici

Secondo lo storico francese Lévy, l’economia antica potrebbe essere articolata secondo quattro
principali stilizzazioni:

 Economia rudimentale => sono quelle economie fondate sulla pastorizia e allevamento,
localizzate su terreni siccitosi e sono quelle economie tipiche dell’epoca antica come la
civiltà Assiro-Babilonese e la Grecia prima di Alessandro Magno
 Economia statalista => la si ritrova per esempio nell’Antico Egitto e in età contemporanea
può essere paragonata all’economia in URSS e nella Cina fino agli anni 70. Tutta l’economia
era quindi gestita dallo Stato (o dal partito che lo governava)
 Economia dell’affarismo => economia basata su centri di scambio commerciale,
nell’antichità pera per esempio la città di Babilonia e nell’età contemporanea la possiamo
ritrovare nell’Olanda
 Economia basata sull’espansione marittima => come per esempio l’economia fenicia e
quella greca successiva ad Alessandro Magno, oppure in età contemporanea il Giappone

Al fine di rafforzare quanto già detto si può osservare la completezza già realizzata delle attività
economiche dell’epoca dall’800 a.C. fino a dopo il 300 d.C. con il declino dell’Impero Romano.
Questa completezza è data da due fattori fondamentali:

1) Ricchezza semantica dei termini professionali latini (vocaboli per indicare tutte le attività
economiche)
2) Passi degli Autori latini ove essi parlano di economia e commerci

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Civiltà Etrusca (1000-294 a.C.)

Gli etruschi svilupparono la coltura dei cereali e della vite (con innesti e ibridi), oltre all’allevamento
le attività economiche erano soprattutto di tipo artigianale (produzione di armi, attrezzi agricoli,
bacili-ceramiche-vasellame, gioielli, legni e tufi per l’edilizia, pellame, tessuti, statue e suppellettili).

I commerci etruschi non percorrevano solo l’asse Nord-Sud, ma anche l’asse Ovest-Est (ne è prova
un’importante via etrusca lastricata che collegava Livorno con la Romagna per il trasporto di minerali
ferrosi estratti nell’Isola d’Elba e che arrivava fino all’Adriatico).

Inoltre, anche il grado di civiltà mostra una discreta accumulazione di ricchezza, mentre, dal punto
di vista medico, vi sono testimonianze di interventi chirurgici di elevata delicatezza (installazioni di
protesi dentarie in oro ed esperimenti di trapanazione cranica.

Civiltà Romana

La città di Roma aveva una posizione baricentrica, trovandosi nel contempo:

1) Sull’asse Nord-Sud
2) Sull’asse Ovest-Est

Nel periodo della Repubblica (V-I secolo a.C.) i patrizi conducevano direttamente le proprie grandi
proprietà fondiarie e ciò indirizzo a un’agricoltura e bovinicoltura estensive e in seguito alle
coltivazioni dell’olivo e della vite che davano prodotti che venivano collocati nei mercati
settentrionali e nei mercati generali a Roma.

Più tardi, essendo proibite alle classi nobiliari le attività economiche, vennero in campo con la tarda
repubblica gli equites (cavalieri) I quali si dedicarono ad attività economiche di varia natura:

 Commerciali  Proto-industriali
 Finanziarie (investimenti e crediti)  Di trasporto

Con la prima età imperiale si erano sviluppati i commerci interni e i commerci esteri.

Col II secolo d.C. vi fu un grande sviluppo delle opere pubbliche (e quindi degli appaltatori) e
dell’effetto moltiplicatore che esse comportavano sull’intera economia (materiali edili, manodopera,
ecc.). Nel contempo la spesa pubblica cresceva anche in altri settori come, per esempio, l’esercito e
quindi lo sviluppo di appaltatori di forniture militari.

L’insieme di tutte queste attività economiche aveva dato origine a una struttura sociale complessa
che va a contrapporsi all’idea di Marx-Engels sulle due classi sociali in perenne lotta tra di loro. Infatti
i 4 ceti più importanti dell’epoca erano:

1) Patrizi 3) Liberti (schiavi affrancati)


2) Equites (cavalieri) 4) Plebe

Ma questi erano inseriti in un’articolazione sociale assai più ampia:

 Ufficiali  Impiegati
 Funzionari imperiali  Militari
 Giudici  Artigiani (incluse le corporazioni)
 Professionisti  Negozianti
 Insegnanti

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Sistema monetario romano, rappresenta un altro capolavoro della Roma antica: la monetazione
standard, iniziatasi nel 335 a.C., durò fino al tempo di Nerone:

 Venne governato sempre con grande attenzione, mantenendo attentamente sorvegliato il


volume della circolazione totale rispetto ai volumi di scambio dell’economia (cioè il totale di
moneta in circolazione rispetto al totale dei beni)
Alcuni studiosi affermano che la moneta è sempre quella e che i compratori la faranno girare
più velocemente. Ma il problema resta nel proporzionare la moneta ai beni in circolazione.
Vediamo per esempio la Repubblica di Weimar: uno stato che spende e spande e che non
riesce a rientrare con le imposte inizia a stampare più moneta (carta moneta sempre meno
pregiata); se la quantità di moneta in circolazione aumenta sempre di più rispetto alla
quantità di bene, chi vende vuole più moneta. Ecco quindi che si giunge all’inflazione.
Questo concetto può essere espresso con l’identità di Fischer:

MV=pQ
M = quantità di moneta p = livello generale dei prezzi (prezzi)

V = velocità di circolazione della Q = quantità di beni


moneta

Aumentando la M aumenta anche il valore del primo termine e quindi aumenta anche il
secondo termine e di conseguenza anche p
 Era costituito di monete d’oro, d’argento, di bronzo e poi via via di monete di basso conio
(rame-ottone)
 Era fondato su un sistema di cambi fissi sempre conservato con attenzione

Tra i vari fattori che portarono al declino dell’Impero Romano e alla caduta dell’Occidente vi furono
numerosi fattori economici ed extra-economici:

1) Non vi furono incrementi nella produzione agricola mentre i fabbisogni crescevano


2) Decadenza dell’agricoltura (dovuta allo spopolamento dei campi e per via delle vessazioni ad
opera di proprietari di latifondi)
3) Oziosità delle classi urbane, avvezze a una vita di lussi
4) Difficoltà a nello sviluppare produzioni su ampia scala (solo i ricchi compravano quindi non vi
era una vera e propria domanda di mercato)
5) Predominanza dell’esercito
6) Strapoteri degli appaltatori
7) Insicurezza sulle strade per via del brigantaggio
8) Corruzione dilagante negli uffici pubblici
9) Inflazione di prezzi rarefazione delle monete

Rostovtzev, forse il massimo storico dell’antichità del XX secolo affermò:

La causa principale del declino dell’Impero e della civiltà romana risiedeva nella mancanza di
sicurezza e nel disordine della vita economica, il quale procedeva di pari passo con l’aumento delle
spese necessarie all’esercito, alle guerre esterne, alla burocrazia.

Gli imperatori avevano urgenti necessità di denaro, mentre la popolazione lo nascondeva e lo faceva
sparire dalla circolazione.

L’esercito divorava le risorse e lo Stato era costretto a ricorrere ai metodi più coercitivi.

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A seguito della caduta dell’Impero Romano d’Occidente, l’Europa venne influenzata e guidata da 4
fattori:

1) Il ricordo dell’impero
2) La Chiesa cristiana
3) I barbari
4) L’esigenza di ordine

DALLE ECONOMIE DI BARATTO ALL’ECONOMIA MONETARIA

Prima della diffusione della moneta, vigeva il principio del baratto che consisteva nello scambio di
merce contro merce.

Tuttavia, il baratto aveva alcune difficoltà materiali:

1) Difficoltà di incontro: bisognava trovare controparti con cui risultasse possibile uno scambio
di mutuo interesse
2) Soggettività di determinazione dei valori, in funzione dei bisogni e delle preferenze tenendo
conto anche della presenza di beni deperibili
3) Procedure complesse per trovare un accordo e l’imperfetta divisibilità dei beni (una balena
non può essere suddivisa)
4) I valori di scambio variano nel tempo (in base a carestie ecc.)

Inoltre con l’avvicinarsi dei nuclei di popolazioni iniziò il baratto multiplo che provocò l’infittirsi delle
negoziazioni e il sorgere di intermediari.

Il problema sommo del baratto era dunque duplice:

1) La variabilità dei valori nel tempo, nello spazio e in funzione delle controparti (valore
soggettivo che incontrava un altro valore soggettivo)
2) Il numero quasi infinito di rapporti di scambio: ogni bene possedeva un valore (variabile) in
termini di ciascuno degli altri beni esistenti

Venne così in campo, nel tempo, la fase successiva detta del baratto standard, dove cioè una delle
due merci del baratto era appunto un bene standard (sale, avorio, bestiame, metalli preziosi). Si
trattava cioè di beni:

- Relativamente noti (numero finito di rapporti di scambio)


- Diffusi e sempre simili a sé stessi
- Di valore relativamente stabile (non varia nel tempo)
- Aventi comunque utilità derivata (usati per altri scambi o per detenere ricchezza) ma anche
diretta (bestiame)

Essendo che questi beni erano facilmente reperibili o riproducibili consentì loro di diffondersi come
forma di proto-moneta, portando come vantaggio quello della fluidificazione degli scambi. Col
passare del tempo, però, il regolamento degli scambi venne progressivamente accentrandosi
nell’uso di metalli preziosi, i quali avevano solo due inconvenienti:

 La misura del peso (ma bastava un bilancino)


 La purezza (bastava una pietra di paragone)

Per ovviare a questi due problemi si giunse quindi alla standardizzazione del peso e della purezza,
ovvero con la coniazione di monete.

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La transazione dal baratto alla moneta è così descritta da Dopsch:

Nell’economia di natura lo scambio o manca del tutto (ed è quindi economia di autoconsumo) o le
merci vengono direttamente scambiate con merci (baratto).

Al contrario, nell’economia monetaria le relazioni si attuano con l’aiuto di un mezzo circolante


riconosciuto quale generale valore di scambio (la moneta).

Nell’antichità vi fu quasi sempre la compresenza fra economia di natura ed economi monetaria.


Bisogna infatti ricordare che nell’economia monetaria, infatti:

1) L’uso diffuso fino al XV secolo circa di moneta-merce (bene-tipo utilizzato come moneta)
2) L’uso di monetazione metallica anche in dipendenza dell’abbondanza dell’uno o dell’altro
metallo

Invenzione successiva fu la moneta cartacea (la banconota). Questo era un documento cartaceo,
emesso da un banchiere (banconota = nota di banco), il quale ne garantiva il valore quale mezzo di
pagamento (POTERE LIBERATORIO). Con la nota di banco sorsero due problemi:

1) La garanzia fornita dall’emittente (onestà del banchiere su quanto fosse il suo patrimonio)
2) La fiducia del pubblico nei confronti del banchiere che consentiva la maggiore o minore
circolazione delle sue banconote

Col passare del tempo il diritto di emissione di banconote venne via via riservata allo Stato:
dapprima le banche emettevano banconote su concessione dello Stato. Questo diritto passò poi alla
Banca dello Stato e quindi poi alla Banca Centrale.

I tre fondamentali vantaggi della moneta coincidono con tre funzioni della moneta in qualunque
spazio-tempo. La moneta è infatti:

 Unità di misura (dunque anche unità di conto)


 Strumento di pagamento (intermediario degli scambi)
 Riserva di valore

Unità di misura del valore – Unità di conto

L’esistenza di un unico bene ufficializzato dall’Autorità, quale la moneta, è dunque collettivamente


riconosciuto come avente:

 Valore intrinseco riconosciuto e definibile


 Accettabilità diffusa o totale

Questo permise la fluidificazione degli scambi i quali possono venire tutti ricondotti a un’unica unità
di valore (tutti i beni ottengono una valutazione-prezzo espressa in moneta). Quindi un qualsivoglia
bene è valorialmente definibile in termini di un unico altro bene (si ha un unico e medesimo metro).

Quindi, con la moneta, i rapporti di scambio sono n-1 (con n che tende a infinito, prima erano n).
ovvero per quanto i beni potessero moltiplicarsi all’infinito, fino a n, il numero di rapporti di scambio
sarebbe sempre risultato inferiore di un’unità al loro numero, poiché fra loro c’è anche la moneta
che ha valore 1 quando si scambia con se stessa).

Con il declino dell’Impero Romano la più importante riforma monetaria dell’Alto Medioevo è da
attribuirsi a Carlo Magno il quale coniò la moneta denominata Denaro.

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A partire dal 1200 circa, nell’Italia dei Comuni e delle Signorie, si iniziò quasi ovunque la
monetazione. Di seguito alcune monete:

 Il Ducale di Brindisi
 L’Augustale d’oro di Federico II
 Il Fiorino di Firenze
 Il Ducato di Venezia

Strumento di pagamento – intermediario degli scambi

La moneta quale strumento di pagamento si è gradatamente affermata sin dall’antichità pre-


cristiana proprio sostitutivamente rispetto al baratto, con una circolazione più locale o più diffusa a
seconda della propria credibilità.

La moneta ha un POTERE LIBERATORIO, cioè può e deve essere accettata quale mezzo di
regolamento di tutti gli scambi, si tratti di acquisto di beni, pagamento di imposte, rimborso di
debiti.

A partire dall’Ottocento si affermarono i sostituiti della moneta:

1) Assegni di conto corrente


2) Moneta elettronica (bancomat e carte di credito)

Riserva di valore

La moneta quale riserva di valore prende significato proprio dal suo essere mezzo di pagamento,
rappresentare cioè una capacità di spesa generale, un mezzo tramite il quale è possibile ottenere
qualsivoglia altro bene.

La moneta ha quindi una natura di potere d’acquisto indifferenziato (inoltre la spesa può essere
fatta in qualunque direzione).

LEGGE DI GRESHAM (1519-1579)

La moneta cattiva scaccia la moneta buona

Quando nell’antichità i governanti mancavano di oro, cominciavano a coniare monete d’argento, poi
di bronzo infine di rame (arrivando a Caracalla che spacciava per monete d’oro quelle fatte di
piombo dorato). Il pubblico ben presto se ne accorgeva e tesaurizzava (incettava) le monete d’oro
utilizzando per le proprie spese monete di minor pregio.

Ecco quindi che la moneta cattiva scaccia dalla circolazione la moneta buona, la quale viene
tesaurizzata dal pubblico poiché coniata in metalli preziosi.

Tuttavia, da quando la moneta è cartacea la legge di Gresham vale in modo inverso anche nelle
economie moderne, dove il valore della moneta è dato dalla prosperità dello Stato che la emette e
dalla fiducia che il pubblico mondiale nutre in essa. Quindi quando l’economia di uno Stato peggiore,
la sua moneta perde di valore, quindi:

i) Essa è meno accettata


ii) Ne occorrono quantità sempre maggiori per acquistare la medesima quantità di beni
iii) Il pubblico cerca di liberarsene per detenere valute più pregiate (per esempio $ £ € Yen)

Quindi, da quando domina la moneta cartacea, controvertire la legge di Gresham dicendo:

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La moneta buona scaccia dalla circolazione e poi da tutte le sue funzioni la moneta cattiva

Osservando quindi i due casi in cui ricade la legge di Gresham possiamo dire che da sempre è
necessaria una buona amministrazione dello Stato:

 Nel primo caso per evitare che monete intrinsecamente preziose venissero tesaurizzate
 Nel secondo per evitare che la propria moneta perda progressivamente di valore

Una moneta deve conservare sempre uno standard fisso, altrimenti l’ordine pubblico è turbato, con
compratori e venditori truffati in molti modi, come il chilo o il metro non conservassero una
grandezza invariabile.

Noi infatti vediamo fiorire gli Stati che posseggono una buona moneta, mentre quelli che l’hanno
malvagia decadono e periscono

LE RIVOLUZIONI INDUSTRIALI

Premessa storico-economica sul Medioevo

L'opinione degli studiosi sul Medioevo è spaccata da una polemica in quanto alcuni ritengono che il
Medioevo sia un'età retrograda (infatti ci si riferisce al periodo come “secoli bui”) per via della
cultura e di come si sviluppò la società a seguito della caduta dell’Impero Romano d’Occidente.

Ma se andiamo a considerare il medioevo dal punto di vista economico, solo l'alto medioevo (476-
1000) può essere considerato veramente retrogrado, mentre il Basso Medioevo coincide con un
periodo di grande sviluppo economico.

Osservando l'Alto Medioevo, infatti, a seguito delle invasioni barbariche e dopo la caduta
dell’Impero Romano si svilupparono le economie curtensi favorite dall'incastellamento. Le economie
erano quindi chiuse nei castelli, nelle città e nelle corti. Le economie curtensi erano quindi economie
di autoconsumo. Siccome non vie erano scambi e mercato, le carestie erano molte di più e con
effetti drammatici.

La svolta inizia a seguito del fiorire dei commerci a seguito dell'anno 1000: l'economia inizia a
cambiare orientandosi come economia di mercato. Nascono i centri commerciali come Firenze e le
Repubbliche marinare e quindi questa nuova economia si basa sugli scambi.

Dal 1453 al 1492 l'economia si trasferisce dal Mediterraneo all'Atlantico.

Inoltre inizia la rotazione degli assi economici del mondo => dal mediterraneo all'Atlantico => in
particolare verso l'America Latina con gli Imperi Portoghese e Spagnolo.

Poi con la Dichiarazione d'Indipendenza degli USA 1776 l'economia è definitivamente traslata
nell'Atlantico del Nord.

I cinque fattori fondamentali delle Rivoluzioni industriali


a. Quadro statuale organico
b. Economia di mercato
c. Disponibilità di capitali e di manodopera
d. Domanda di mercato di beni
a) Realizzati ora in grandi quantità (a seguito della rivoluzione)
b) Nuovi

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1) Quadro statuale organico

Una nazione frammentata, disunita o preunitaria, divisa in sé stessa dal punto di vista etnico,
politico, religioso, giuridico, geografico, dunque anche commerciale non può procedere sulla strada
della rivoluzione industriale.

Un esempio è l’Inghilterra, nazione dove prese avvio la Rivoluzione Industriale nella seconda metà
del XVIII secolo. Uno dei fattori che permisero questo fu proprio la presenza di un quadro statuale
organico (quindi una sola monarchia, una sola burocrazia di governo, un solo esercito, una
diplomazia e un solo sistema giuridico).

Successivamente a quella inglese, prese avvio la Rivoluzione Industriale Francese, poiché mentre
l’Inghilterra si industrializzava, la Francia era in preda a tumulti politici (fine della Monarchia –
Rivoluzione (1789) – Terrore – Bonaparte – Restaurazione borbonica – Napoleone III. Parallelamente
a quella francese si ricorda l’industrializzazione del Belgio. Via via poi quella Danese e Olandese

Al contrario Italia e Germania, che completarono l’unità nazionale all’inizio degli anni 70
dell’Ottocento, videro una rivoluzione industriale successiva (note come late industrial revolutions).

2) Disponibilità di capitali e manodopera

I fattori produttivi capitale e lavoro risultano fondamentali per avviare qualsivoglia processo di
trasformazione e decollo economici.

Le produzioni in serie richiedono infatti capitali infinitamente maggiori per stabilimenti-impianti-


macchinari rispetto alle produzioni artigianali; altrettanto, esse richiedono abbondante manodopera.

Ecco quindi che occorreva aver accumulato ingenti capitali in antecedenza (con risorse interne,
attività mercantili, commercio di schiavi, sfruttamento delle colonie) o ricorrere a capitali delle
banche, dello Stato o esteri.

Nel contempo occorreva anche manodopera adeguata dal punto di vista:

 Quantitativo
 Qualitativo, ovvero personale con qualificazioni sia tecnica che amministrativo-gestionale

3) Progresso tecnico

Il progresso tecnico si origina dalle attività del settore industriale tese ad aumentare i volumi
produttivi, sviluppare i prodotti, economizzare la forza-lavoro e le materie prime, utilizzare nuovi
materiali, infine produrre una maggiore varietà di beni da destinare al consumo.

I volumi produttivi sono stati incrementati soprattutto grazie all’impiego di energie naturali per far
funzionare i macchinari. La qualità media dei prodotti è stata sviluppata da congegni meccanici via
via perfezionati e dal controllo scientifico dei processi chimici utilizzati nell’attività manifatturiera.

Con la rivoluzione industriale si ha che il prodotto medio dell0industria moderna è ben migliore del
prodotto medio del periodo artigianale.

La forza-lavoro è stata economizzata non solo sostituendo i macchinari al lavoro manuale, ma anche
dai correlati sviluppi nell’organizzazione di stabilimento e impresa.

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Il progresso tecnico richiede tre componenti fondamentali e il passaggio dalla prima all’ultima:

Invenzione -> innovazione -> industrializzazione

Per l’invenzione si necessita del genio dell’inventore; per l’innovazione occorre la trasformazione del
progetto in modello e infine in prototipo; mentre per l’industrializzazione occorrono l’iniziativa
imprenditoriale e i capitali per proseguire verso la produzione in serie.

Lo Stato può intervenire molto per quanto riguarda il progresso tecnico, infatti può attuare politiche
di investimenti per la Ricerca e Innovazione. Ecco quindi che diventa fondamentale avere un quadro
statuario organico.

4) Economia di mercato

Con economia di mercato ci riferiamo alla libertà di mercato e viene definita come la libertà di
produrre e scambiare senza essere soggetti ad azioni di forza o a coercizioni da parte di terzi, e senza
l’intervento dello Stato. Quindi corrisponde alla libertà di importare, esportare, produrre e vendere
liberamente, quella libertà che impiegò centinaia e centinaia di anni a diffondersi ed affermarsi.

La libertà di commercio, agli inizi, fu bilaterale (da uno Stato a un altro), parziale (non riguardava
tutti i beni), poi multilaterale ma sempre preferenziale (fra Stati alleati e contro gli Stati nemici o
terzi) fino ad arrivare, dopo il secondo conflitto mondiale, con la CEE (Comunità Economica Europea)
e quindi i Trattati di Roma (1956) e di Maastricht (1992 – trattato sul mercato comune europeo) e il
WTO (World Trade Organization) del 1995 (questi sono una serie di trattati e di esempi che spiegano
la libertà di commerciare fra Stati, riducendo o abolendo i dazi doganali).

Con economia di mercato ci riferiamo a qualcosa di più ampio: la libertà di produrre, vendere,
importare, esportare implica infatti una serie di condizioni strutturali che quella libertà consentono,
tutelano, difendono; condizioni che debbono venire garantite dal sistema di leggi detto
ORDINAMENTO.

Occorre pertanto:

 Che non esistano privative, ovvero monopoli riservati allo Stato (o che siano almeno ridotti
al minimo, in quanto la loro esistenza offre privilegi e induce dunque in discriminazioni.
 Che l’ordinamento tuteli efficacemente, tramite leggi e norme adeguate, l’economia di
mercato

In conclusione, l’economia di mercato si fonda sulla libertà di produrre, scambiare, possedere: è


dunque rilevante che tali libertà vengano garantite e protette in modo formale, analitico e
sostanziale dall’ordinamento.

L’ordinamento è un sistema organico di leggi che deve dunque provvedere ad affermare, e a


tutelare in via dinamica:

1) La proprietà privata, cioè la libertà di acquistare-possedere-trasmettere per eredità


liberamente, eventualmente sanzionando l’uso oppressivo della proprietà privata
2) L’iniziativa privata, cioè la libertà di investire, produrre e commerciare liberamente sotto
l’egida delle norme, senza divieto in alcun campo se non quelli proibiti dall’interesse
pubblico

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3) Il funzionamento dei mercati, proteggendo concorrenti e consumatori da abusi di mercato,


da frodi, concorrenza sleale, contraffazioni

È rilevante quindi che lo Stato risulti organico e funzionante anche e soprattutto nelle pre-condizioni
generali che riguardano l’intero svolgersi delle funzioni politico-amministrative nell’interesse di tutti
i cittadini (concetto tedesco della Gemeinschaft, ovvero la collettività unita). Importano cioè la
struttura e la funzionalità:

- Dell’ordine pubblico
- Dell’amministrazione della Giustizia
- Dell’apparato burocratico
- Del sistema tributario

OSS. => indice di libertà economica OSS. => tassazione totale delle imprese

I primi 5 stati: I primi 5 stati:

1. Hong Kong (90%) 1. Italia (64,00%)


2. Singapore (87%) 2. Francia (63,00%)
3. Australia (83%) 3. Belgio (58,00%)
4. Irlanda (82%) 4. Grecia (51,00%)
5. Nuova Zelanda (82%) 5. Spagna (50,00%)

Gli ultimi 5 stati: Gli ultimi 5 stati:

1. Corea del Nord (2%) 1. Lussemburgo (21,00%)


2. Zimbabwe (23%) 2. Irlanda (26,00%)
3. Cuba (28%) 3. Bulgaria (27,00%)
4. Birmania (38%) 4. UK (32,00%)
5. Eritrea (39%) 5. Romania (38,00%)

5) Domanda di mercato

La domanda di mercato può essere di tre tipologie:

1) DOMANDA INTERNA (può essere elitaria come per esempio nella Francia di Luigi XVI oppure
comune a livello del ceto medio come nell’Inghilterra successiva alla Rivoluzione Industriale)
2) DOMANDA ESTERNA
3) DOMANDA STATALE

Se uno Stato col tempo ha accumulato grandi fattori produttivi quali capitali e forza-lavoro, a seguito
della rivoluzione industriale si avrà la diffusione nel sistema di grandi volumi di stipendi e salari,
generando nella nazione larghe disponibilità di risorse che danno vita ad una nuova domanda
interna di beni. Questa domanda interna diventa vettore del proprio sviluppo.

Ma se lo stato che si sviluppa (o che sta sviluppando) la propria rivoluzione industriale non ha potuto
accumulare finora grandi risorse, se è carente di risorse interne e deve quindi importarle per
produrre, lo Stato stesso potrà/dovrà puntare sulla domanda estera quale vettore del proprio
sviluppo.

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Esempi:

 Gli USA sono fondati su una domanda interna per i seguenti motivi:
1) Ricchi di tutte le risorse naturali
2) Vaste superfici rispetto
3) Flussi di immigrati
4) Cultura della libertà economica e tensione verso lo sviluppo e la crescita
5) Non hanno mai subito un’invasione
6) Una forte moneta
 La Germania, il Giappone e l’Italia hanno fondato la rivitalizzazione del loro sviluppo
industriale a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale sulla domanda estera.
Germania e Giappone hanno continuato poi a fondarsi sulla domanda esterna, mentre
l’Italia successiva al 1963 ha iniziato a basare la sua economia sulla domanda interna

Nel caso poi della domanda interna molto dipende dall’esistenza e dalla ripartizione dei patrimoni e
dei redditi nonché dalle direzioni verso cui la stessa vuole tendere.

La domanda interna dipende cioè:

1) Dal livello generale dei patrimoni e dei redditi (nazioni povere generano una domanda
interna debole)
2) Ripartizione delle ricchezze (se concentrate nelle oligarchie favoriranno gli investimenti, i
consumi di lusso e la creatività artistica, viceversa se diffuse nella popolazione favoriranno la
domanda di beni di consumo e di consumo durevole)
3) Dalle direzioni percorse dalla domanda interna: acquisto di beni nazionali o di beni di
importazione

Osservazione #1:

 Gli Stati-nazione industrializzatisi in precedenza vedono fatalmente diminuire le proprie


percentuali di produzione sul totale dell’economia-mondo
 Essi peraltro – tecnologicamente più avanzati, e favoriti dalla avvenuta accumulazione di
capitali – possono transitare verso nuovi settori e più innovativi

Basti osservare l’esempio della Gran Bretagna che fu destinata a cedere via via quote di produzione
ai nuovi stati di mano in mano che gli stessi si sviluppavano. Tuttavia nel mentre declina in senso
relativo dal punto di vista delle produzioni industriali fra Otto- e Novecento, non passa a investire nei
settori via via nuovi dell’economia manifatturiera, ma si specializza in campo bancario, finanziario e
assicurativo anche nei rapporti con le proprie colonie, poi Commonwealth.

Osservazione #2:

Nella Russia sovietica, la domanda interna era davvero minima in quanto il ceto aristocratico e
quello borghese erano stati spazzati via dalla Rivoluzione Bolscevica.
La domanda esterna era pari a 0 in quanto a seguito del 1917 l'URSS venne isolata dalle altre nazioni.
Il governo creò quindi una domanda statale orientata sull'industria pesante. In 20 anni il regime
arrivò a quadruplicare la produzione industriale.

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Perché la rivoluzione industriale fiorisce in Inghilterra:

1) L’Inghilterra era costituzionalizzata già dal 1215 (Magna Charta Libertatum) e si unificò come
Gran Bretagna nel 1801: aveva quindi un monarca, una burocrazia di governo, un esercito,
una diplomazia e un sistema giuridico fondato sul diritto consuetudinario. Aveva cioè un
quadro statuale organico
2) Aveva accumulato ingenti captali con i commerci oltremare, scorrendo i mari sin dal tempo
di Elisabetta I e poi nobilitando la pirateria (i corsari possedevano la lettera patente) al fine
di depredare i mercantili di nazioni nemiche. Superò la Spagna e il Portogallo per le ricchezze
accumulate sfruttando le sue colonie e il commercio degli schiavi.
3) Sia i miglioramenti del rendimento agricolo che le enclosures favorirono un’importante
crescita demografica, rendendo disponibile grande forza-lavoro
4) Molteplici e rilevanti innovazioni tecniche come l’uso del carbon-coke, il telaio tessile a
navetta volante e la macchina a vapore
5) Presenza di un’economia di libero mercato

Come conseguenza si svilupparono i settori:

 Tessile
 Estrattivo
 Siderurgico

I TRE MODELLI DI SVILUPPO – Gerschenkron, Rostow e Clark

Gerschenkron

Lo storico Russo Alexander Gerschenkron formulò alcune importanti proposte teoretiche sul tema
delle rivoluzioni industriali. Egli afferma che le rivoluzioni industriali non percorrano
necessariamente stati e tappe lineari, nelle quali cioè ogni nazione che si sviluppi debba tornare a
ripetere pedissequamente ogni fase evolutiva già percorsa dalle nazioni prioritarie. Ovvero, nazioni
le quali giungano successivamente alla propria rivoluzione industriale, possono abbordarla non dai
primissimi inizi ma già più avanti.

Quindi le nazioni che si industrializzeranno successivamente sceglieranno la tecnologia più moderna


(o quasi) attualmente disponibile, senza ripercorrere certo tutti gli stadi o tappe che hanno condotto
al presente libello di modernità (lo stesso vale per quanto riguarda l’organizzazione di stabilimento,
le tecniche direzionali, la scelta della gamma produttiva e così via.
Gli stati che si affacciano ad una rivoluzione industriale tardiva possono dar via ad un processo di
sviluppo (trade-off – decollo) iniziando quasi dal livello cui sono già giunte ora le nazioni prioritarie
se non addirittura più modernamente grazie alle invenzioni e innovazioni.

Tuttavia possiamo individuare un problema per le nazioni successive dato da un doppio fabbisogno:

 Capacità intellettuali e know-how (conoscenze tecnico-ingegneristiche, conoscenze


economico-gestionali) non sempre disponibili in quantità sufficienti agli inizi dello sviluppo
 Capitali:
o Gli Stati che si affacciano ad una rivoluzione industriale tardiva difficilmente sono
riusciti ad accumulare capitali
o Gli stati che sbarcano direttamente su stadi più avanzati richiedono maggiori capitali

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Si ha quindi l’intervento di due fattori che vanno a finanziare le rivoluzioni industriali e vengono
definiti da Gerschenkron FATTORI SOSTITUTIVI:

A) BANCHE => mettono a disposizione ingenti capitali all’ingrosso, diventando finanziatrici delle
imprese e spesso anche azioniste (banche miste) (Germania, Italia, Austria-Ungheria)
B) STATO => mette a disposizione capitale per finanziare le imprese (URSS, Repubblica
Popolare di Cina)

Queste osservazioni di Gerschenkron spiegano, ad esempio, il decollo del Giappone nel settore
automobilistico nel 1948, quando prima, non disponeva delle risorse per farlo.

Lo stesso vale per la Repubblica Popolare di Cina che, dopo le “Quattro Modernizzazioni”, ha
percorso in circa 30 anni la traiettoria che la Gran Bretagna ha compiuto in più di 200, ed è oggi il
massimo Stato Manifatturiero mondiale.

Questo nucleo teoretico viene denominato da Gerschenkron teoria dell’industrializzazione tardiva e


va ad individuare quelli che sono i vantaggi dell’arretratezza.

Questa teoria si compone di 4 leggi:

1) Lo sviluppo è tanto più intenso quanto più un paese è arretrato


2) Le nazioni successive sviluppano l’industria pesante e la chimica più rapidamente delle
nazioni sviluppate. Si veda per esempio il caso dell’Unione Sovietica sotto Stalin:
Egli dovette affrontare una grave situazione di arretratezza e di scarsissima domanda sia
estera che interna. Decise quindi di avviare un decollo industriale con l’industria pesante
(siderurgica, metallurgica, metalmeccanica e chimica) che venne finanziata dallo Stato
(butter or wheapons => industria di consumo o industria pesante). Si venne a creare poi un
forte assorbimento delle produzioni da parte dello Stato e si generò un grande potere
moltiplicatore degli affari con effetti generalizzati nel sistema
3) Vi si registra una tendenza all’aggregazione monopolistica al fine di ottenere economie di
scala
4) Il tutto può coesistere con un settore agricolo relativamente arretrato, giacché il take-off
avviene direttamente nel settore secondario. Occorre infatti rilevare che il miglioramento
generalizzato delle tecniche e le maggiori ricchezze disponibili tendono poi a traslarsi anche
al settore agricolo

Rostow

Rostow suddivide i processi di modernizzazione in modo molto schematico e generalizzato


affermando che in qualunque nazione essi seguono 5 fasi:

1) Le società tradizionali, caratterizzate da autoconsumo, sussistenza e reciprocità


2) I preliminari del decollo, ovvero quando iniziano a diffondersi conoscenze economico-
tecniche
3) Decollo con avvio di intere e profonde modificazioni socio-culturali
4) Maturità quando dal secondario ormai sviluppato si passa al terziario e al miglioramento
degli standard di vita
5) Benessere, caratterizzato da produzioni e consumi di massa

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Nel caso di Gerschenkron si era visto che le nazioni, nel proprio modello di decollo, potevano
sbarcare direttamente su stadi ulteriori senza la necessità di ripercorrere tutta la trafila di sviluppo.
Invece nel modello di Rostow si può notare quanto segue:

a. La sua suddivisione è molto generalizzante e approssimativa ed è ricalcata sugli sviluppi


storici delle principali rivoluzioni industriali, in particolare quelle anglosassoni
b. Il suo modello trascura quanto è avvenuto attorno al bacino del Mediterraneo e in alcuni
Stati africani negli ultimi decenni, con il passaggio dal settore primario al secondario e
terziario contemporaneamente

Clark

Colin Clark propone la teoria della transizione agricoltura-industria-servizi.

Egli afferma che di mano in mano che il progresso economico si affaccia, si espande, si diffonde, si
verifica nel contempo (quasi in ogni nazione) la transazione, ovvero lo spostamento di baricentro
internamente allo stato e alla sua economia:

dall’agricoltura -> all’industria -> ai servizi

Quindi per le esigenze della produzione industriale e i connessi processi di inurbamento, la porzione
di addetti impegnati nei settori primari transita al settore secondario (produzioni industriali). Ciò
avviene – di mano in mano che le rivoluzioni industriali si originano, si affermano, portano al
mutamento strutturale dell’economia – in qualsiasi Stato.

Con l’ulteriore sviluppo dell’economia crescono poi le esigenze di beni non solo materiali ma anche
immateriali (pubblicità, media, tele-cinematografia, sanità, consulenza): ciò consente l’ulteriore,
parziale traslazione dal settore secondario (dei beni-merce) al settore terziario (dei beni-servizi).

La transazione di Colin Clark è destinata a confermarsi e a riprodursi nello sviluppo di qualsivoglia


nazione. Inoltre questa teoria tiene in considerazione i casi ove il progresso del settore secondario
diventa stimolo per il progresso del settore primario, quindi con la modifica sostanziale (e a volte
radicale) delle modalità di gestione dell’impresa agricola grazie ad ingenti investimenti anche
elettronici ed informatici:

- Meccanizzazione e automatizzazione delle coltivazioni


- Selezione delle sementi
- Meccanizzazione e automazione delle operazioni di raccolta e raffinatura
- Selezione delle razze bovine, mungitura meccanica

In tal modo anche i rendimenti dei capitali investiti nel settore primario si sono pareggiati rispetto al
secondario grazie ad una maggiore efficienza ed efficacia.

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Tavola – Articolazione del Settore dei Servizi

Sociali Pubblici Finanziari Distributivi Professionali

Sanità Acqua-gas Bancari Strutture Consulenza


commerciali: professionale

Università e Energia Assicurativi all’ingrosso, Informatica


ricerca mercati rionali,
supermercati,
Scuole Comunicazioni Finanziari negozi Assistenza tecnica

Musei e Trasporti locali


Biblioteche

IL PROGRESSO NELLA RIVUOLUZIONE INFORMATICA CONTEMPORAEA

Le grandi ere della produzione manifatturiera (dall’ultimo quarto dell’Ottocento agli anni 1970 circa)
erano caratterizzate:

 Da produzioni di massa organizzate in complessi produttivi anche enormi alla ricerca di


economie di scala (cioè a costi dei fattori produttivi via via minori quanto maggiore la
quantità utilizzata)
 Concentrate in poche, grandi metropoli industriali (Pittsburgh, Torino, Essen)
 Domanda di beni industriali e di consumo relativamente indifferenziata (dall’acciaio ai
tessuti al vetro al Ketchup)

Ciò aveva dato vita al fenomeno del gigantismo industriale con problemi relativi di tipo:

 Sociale e urbanistico: per i riflessi comportati sui tessuti urbani delle città, sui nuovi
insediamenti, sull’immigrazione dall’interno e dall’estero
 Organizzativo-gestionali: per la difficoltà di controllare strutture produttive di dimensioni
sempre maggiori con ricorso al principio di gerarchia

Bisogna inoltre ricordare i problemi politico-sociali dell’Europa nel periodo 1968-80:

- I movimenti anarco-liberatorio-sovversivi, il pan-sindacalismo


- Le due crisi energetiche (1973 e 1980)
- Incremento dei costi di lavoro ed energia

Dal punto di vista produttivo si passò così nei decenni:

1) A strutture produttive distribuite => non un unico enorme stabilimento


2) Al trasferimento internazionale delle produzioni (transplanting) verso stati ove minore
risultassero:
a. Il costo del lavoro (Europa Orientale, Asia Orientale, America del Sud)
b. L’imposizione tributaria

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3) Al principio manifatturiero della lean production e del just in time lanciato da alcuni
produttori automobilistici nipponici, cioè una produzione così snella, esatta e temporizzata
da poter fare a meno delle scorte, poiché materie prime, materiali e semilavorati giungono
proprio nel momento (just in time) in cui i reparti produttivi ne abbisognavano

L’intero processo è stato denominato da qualche autore post-fordismo, cioè dal grande stabilimento
con catene di montaggio allo stabilimento medio tutto automatizzato. Ma come si vede più avanti è
un termine errato.

Gli inizi prioritari vanno ricondotti alla corsa allo spazio durante la Guerra Fredda (1957 in avanti) e
alla destinazione dei satelliti artificiali a usi metereologici che prima erano destinati a scopi militari.

La prima crisi del petrolio (1973) indusse poi, via via più rapida, anche la rivoluzione tecnologica che
sperimentiamo ormai tutti i giorni, iniziatasi con gli apparecchi televisivi, le calcolatrici elettroniche
da tavolo e portatili, i micro-apparecchi radio e di registrazione, infine i personal computer, i telefoni
portatili, laptop, smartphones sempre più potenti e multi-funzione. Si è così sviluppata una vera
rivoluzione informatico-digitale, oggi da tempo sboccata in internet e nel web, dunque nella
rapidissima connessione audio-video mondiale.

Dal punto di vista economico-aziendale ciò ha significato almeno 3 conseguenze sistematiche che
determinano ormai da qualche decennio l’evoluzione dell’economia-mondo:

1) Sviluppo di tecnologie ad alta intensità di capitale, specialmente in campo:


a. Informatico
b. Telematico
2) Nuovo rapporto capitale/lavoro, con molto maggiore contributo del capitale rispetto al
lavoro (impianti costosi e automatizzati, spese in Ricerca e Sviluppo, frequente rinnovo delle
strutture produttive data la rapidità dell’evoluzione tecnologica
3) Generale diffusione dell’informatica e della telematica in tutte le applicazioni produttive
rivoluzionando in prima battuta i settori ad elevata intensità tecnologica:
a. Aereo-spaziale e. Militare
b. Chimico f. Nucleare
c. Elettronico g. Telematico
d. Informatico
Ma intervenendo poi nella modernizzazione forzata di tutti i settori in quanto essi:

 Incorporino componenti altamente tecnologiche


 Utilizzino impianti sempre più automatati

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Le tre rivoluzioni industriali

Prima Seconda Terza

Anno 1750 e seguenti 1870 e seguenti 1970 e seguenti

Energia Carbone Elettricità, petrolio Energie alternative

Esiti produttivi Ferro Acciaio, chimica Informatica

Innovazione Macchina a vapore Motore a scoppio Comunicazioni

Settori portanti Settore tessile Settore meccanico Settori a elevata


intensità tecnologica

Con la nuova informatica si è affermata la rivoluzione digitale di cui tutti siamo utenti, la quale ha
dato origine non alla “società post-fordista” bensì alla generale

RE-INGEGNERIZZAZIONE DEI PROCESSI PRODUTTIVI SU BASE ELETTRONICO-INFORMATICA,

ove gli stessi sono stati ri-progettati non più sulla base di operazioni ripetitive come le catene di
montaggio degli anni ’20, e neppure su basi elettro-meccaniche come negli anni ’50-’70, bensì grazie
a microprocessori secondo l’ordinamento:

MICRO-PROCESSORI => LINGUAGGIO DI PROGRAMMAZIONE INFORMATICO => AUTOMAZIONE


IMPIANTISTICA GENERALIZZATA

Dal punto di vista delle imprese, la ICT (Information and Communication Technology) ha influenzato
dunque tutti i settori, ma in particolare:

 L’elettronico: dal personal computer (1975) con la continua diminuzione delle dimensioni e
dal contemporaneo aumento sia della potenza sia della velocità di calcolo
 Il telematico, relativo alla trasmissione delle informazioni (le telecomunicazioni e i media)
 L’informatico (Cibernetica e le sue applicazioni Hardware, Software e Robotica)

Dal punto di vista economico-sociale la ICT, ha dato vita alla cosiddetta globalizzazione, cioè ha
drasticamente mutato i flussi informativi nonché commerciali mondiali.

Oggi siamo in grado di accedere in tempo reale ad una quantità pressoché infinita di informazioni:

a. Economiche generali
b. Finanziarie e monetarie
c. Di settore

Riguardati di volta in volta:

1) Le macro-quantità
2) Le variabili finanziari-monetarie (andamento dei prezzi dei fattori di produzione,
circolazione monetaria, cambi esteri, saggi di interesse
3) Le quantità di settore-mercato (andamento della produzione, della domanda, dell’offerta,
prezzi di mercato) relativamente a quasi tutte le nazioni, i settori, i mercati e le imprese

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Ciò ha ampliato a dismisura le capacità informative, dunque la possibilità di effettuare decisioni


d’impresa (decisioni strategiche) appoggiandole su informazioni non solo qualitative ma pure
quantitative un tempo inesistenti o comunque non disponibili.

Tuttavia, nel contempo, questo ha comportato tre nuovi problemi:

 Ha aumentato la complessità gestionale (difficoltà nel comprendere tutte queste variabili e


di gestirle a favore dell’impresa
 Ha consentito a imprese nazionali ed estere di entrare più facilmente, anche via web, in
mercati che in precedenza non servivano, così aumentando la concorrenza
 Ha abbreviato tutti i tempi di azioni-reazione

L’insieme ha dunque offerto maggiori chances alle imprese in grado di coglierle, ma ha nel
contempo accresciuto il livello di sfide cui ciascuna di essa viene oggi sottoposta, dunque ha
generalmente incrementato la complessità gestionale.

Questo smisurato ampliamento ha riguardato, con la globalizzazione, non solo l’informatizzazione


dei processi di produzione (quindi la re-ingegnerizzazione elettronico-informatica dei processi
produttivi), ma anche la

RE-INGEGNERIZZAZIONE ELETTRONICO-INFORMATICA DEI PROCESSI DI SCAMBIO (acquisti-vendite)

visto ce oggi ognuno può vendere e acquistare elettronicamente, in tempo reale, in qualsivoglia
continente, nel mercato sia dei beni-merce sia dei beni immateriali, sia soprattutto (per quanto
riguarda le imprese) sui mercati delle materie prime e delle componenti, mercati finanziari e
mercati dei cambi esteri.

LA SUCCESSIONE DEGLI STATI-GUIDA

L’Alto Medioevo fa registrare dal punto di vista economico:


 il collasso dei sistemi degli scambi e dei trasporti lungo le strade imperiali romane
 il rattrappirsi dell’attività economica giungendo all’economia curtense (sussistenza e
autoconsumo)
 ridotti livelli di produttività economica

L’economia di scambi riprende dai secoli XIII-XIV, basti ricordare i commerci veneziani verso l’Asia
Minore e la Grecia e il Nord, i banchi toscani dei Bardi, Peruzzi e Medici, l’economia tessile delle
Fiandre, i commerci tedeschi lungo la valle del Reno, gli armieri di Spagna e del Nord Europa.

L’espansione economica avviata da allora, e da allora inesausta percorre alcuni assi direzionali che
ne caratterizzano in modo speciale i tempi e le strutture qualitative e quantitative.
Queste fasi possono essere sintetizzate nelle seguenti:
1) economia mediterranea a dominio veneziano e delle repubbliche marinare
2) nel contempo economia Nord-Europea e franco-tedesca
3) età delle navigazioni oceaniche e delle scoperte, a dominio ispanico-lusitano
4) sostituzione di potenze marittime e predominio dell’Inghilterra fino al 1914
5) spartizione colonialista del continente africano
6) predominio statunitense, successivamente al 1944
7) rapidissimo sviluppo industriale, finanziario e sociale della Cina dopo le “Quattro
Modernizzazioni” lanciate nel 1978 ma operative dalla fine degli anni ‘80

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1. ECONOMIA MEDITERRANEA E NORD-EUROPEA

L’economia dell’Italia trecentesca è già ben sviluppata, fondata sull’agricoltura, sul commercio, sulla
banca, ma anche fondata su una strumentazione tecnica già ben moderna, la contabilità in partita
doppia, le cambiali, le polizze assicurative e dal punto di vista organizzativo sulle corporazioni di
artigiani e di mercanti.

Si svilupperanno poi competizioni commerciali sia fra i vari comuni sia internamente al comune;
tuttavia all’epoca i veri concorrenti erano esteri: le città della Lega Anseatica (forti nel commercio) e
le Fiandre (produttive nel settore tessile).

Con il ‘400 si affacciano sui mercati le produzioni vinicole francesi, i lanaiuoli inglesi, le produzioni
minerarie e metallurgiche tedesche, ma l’Italia domina ancora largamente nel Mediterraneo con le
Repubbliche Marinare e soprattutto Venezia la quale controllava il Mare Adriatico (all’epoca
conosciuto come Golfo di Venezia) e rappresentava lo snodo di commercio con l’Oriente Vicino e
Lontano grazie anche al perno di Costantinopoli.

Con la Caduta di Costantinopoli da un lato (1453), con l’età delle scoperte trans-oceaniche dall’altro
(1492 in poi), il Mediterraneo diviene un mare chiuso, escluso dai prorompenti sviluppi che
proverranno dalle Americhe

2. I COMMERCI TRANSATLANTICI E GLI IMPERI PORTOGHESE E SPAGNOLO

All’inizio dell’età delle scoperte trans-oceaniche inizia la grande era degli Imperi coloniali di
Portogallo e Spagna.

I Portoghesi all’inizio del ‘400 inaugurano la volta do mar, la lunga rotta che sfruttava i venti
perennemente favorevoli arrivando a colonizzare il Senegal, la Guinea, Capo Verde, la Sierra Leone, il
Ghana e l’intero Golfo di Guinea finché nel 1498 Vasco da Gama giunge in India.

Viene sottoscritto a questo punto fra Portogallo e Spagna il Trattato di Tordesillas (1494), il quale
suddivide fra i due regni i domini al di fuori dell’Europa. Secondo questo trattato al Portogallo
spettano tutti i territori ad est del meridiano N-S a largo della costa del Senegal. Quindi espande il
suo impero in Madagascar e nelle Mauritius, gettando le basi della rotta per le Indie monopolizzando
così i commerci fra l’Asia e l’Europa. Inoltre colonizzò larga parte del Brasile.

Al Portogallo e al suo impero coloniale succederà la Spagna. Questa aveva iniziato a svilupparsi già
nel secolo XVI conquistando vaste porzioni di continente nell’America del Nord, del Sud e del Centro.

La ricchezza delle colonie spagnole porta al siglo de oro (secoli XVI-XVII), il quale vide il fiorire a
massimi livelli il settore finanziario e monetario, ma fu anche portatore di diverse problematiche: da
un lato l’eccesso di importazione di ricchezze, con le comodità ma anche le mollezze e l’inflazione
conseguente, dall’altro soprattutto i costi per mantenere forze armate in grado di difendere un tale
impero.

Ingolositi dai commerci e dagli arricchimenti ispano-lusitani, sia gli Inglesi sia gli Olandesi iniziarono
ad attaccare i domini coloniali spagnoli e lusitani.

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In tal modo gli Olandesi (secolo XVII) conquistarono il Capo di Buona Speranza, le Indie Orientali e si
impadronirono poi dei commerci con il Giappone. Altrettanto gli Inglesi, i quali ottennero Bombay
per poi arrivare a dominare l’intera India nel XVIII secolo.

Inizia ad affermarsi a partire dal XVI secolo la tratta degli Schiavi, attuata prima dal Portogallo e
Spagna, poi dagli Inglesi, Olandesi e Francesi, imprigionando ed esportando uomini dall’Africa per
ottenere forza-lavoro nelle colonie americane e nei propri possedimenti coloniali. Si trattava di un
commercio triangolare che vedeva:

1) Partire dall’Europa all’Africa carichi di stoffe, liquori, manufatti di metallo, armi da fuoco,
perline
2) Lì scambiarli contro schiavi da deportare nelle Americhe o altrove
3) Di là ritornarne con carichi di materie prime

3. LA SUCCESSIONE ANGLO-OLANDESE E L’IMPERO BRITANNICO

L’antitesi fra Spagna e Inghilterra si fondava sul fatto che l’Inghilterra, invidiosa, aveva trovato la
Spagna già saldamente insediata nei domini d’oltremare; derivava inoltre dal contrasto fra la Spagna
cattolica e l’Inghilterra divenuta protestante. Così Elisabetta I ordinò ai pirati (con una lettera
patente e divennero quindi corsari) di attaccare le navi spagnole e portoghesi colme di tesori dal
Nuovo Mondo, e successivamente di depredare le colonie di altre nazioni. Si inizia quindi – nel XVIII
secolo – l’espansione inglese in territori ancora liberi, in particolare in nord America tramite la
Compagnia delle Indie Orientali.

Ferveva nel frattempo la ricerca di espansione nelle Indie con le due Compagnie delle Indie Orientali
inglese e olandese in conflitto tra loro per il commercio delle spezie. Con l’ascesa di Guglielmo
d’Orange al trono inglese (1688) si addivenne alla spartizione dei commerci: le spezie spettavano
agli Olandesi, i tessili indiani all’Inghilterra.

L’Inghilterra divenne Gran Bretagna e a seguito della Guerra di Secessione Spagnola ottenne
Gibilterra. Impaurita poi dalla Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti, accelerò la propria
espansione in altri continenti: Nuova Zelanda, Australia, Asia-Pacifico, Canada.

Sola potenza a fronteggiarla rimane ormai la Francia, ma dopo la sconfitta finale di Napoleone, la
Gran Bretagna guadagna Malta, Tobago, le Mauritius. E nel 1807, con l’abolizione della schiavitù,
cessò la tratta degli schiavi.

Sulla rotta dell’Asia la Gran Bretagna conquista anche l’Egitto, Giava, Singapore, Malacca, la
Birmania. Infine per compensare le grandi importazioni di the dalla Cina, aveva cercato di invaderla
con l’oppio indiano sin dal 1730, fino alla 1^ e 2^ guerra dell’Oppio.

4. GLI STATI UNITI D’AMERICA

A seguito della Dichiarazione d’Indipendenza (Filadelfia 2 luglio 1776) si iniziò il completamento


progressivo dell’Unione e con l’acquisizione di ulteriori territori che li portarono fino al Pacifico, con
l’adesione di circa 30 stati.

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Nel frattempo l’industrializzazione si era iniziata sulla East Coast, fondandosi largamente sul settore
ferroviario in quanto si aveva l’esigenza di creare collegamenti Est-Ovest i quali resero la rete
statunitense la più estesa al mondo.

La scoperta dell’oro in California rafforzò la corsa all’Ovest, con un intero movimento di capitali,
insediamenti e trasferimenti di speculatori, commercianti, banchieri, allevatori, impresari,
delinquenti anche trasferitisi appositamente negli Stati Uniti d’America.

La popolazione passò da circa 10 a circa 30 milioni di persone tra il 1820 e il 1860 e con la grande
immigrazione dall’Europa e l’alto tasso di natalità la popolazione sarebbe cresciuta fino a 92 milioni
nel 1910.

La contrapposizione fra gli Stati del Sud, forti delle produzioni di cotone e tabacco, dunque
favorevoli al mercato libero, e gli Stati del Nord, più favorevoli a un regime protezionistico daziario
per difendersi contro le produzioni inglesi, diedero origine alla Guerra di Secessione.
Successivamente alla stessa una serie di fattori interagenti (la ricostruzione, graduale
ricompattamento sociale, sfruttamento della corn belt) consentirono di realizzare e di sfruttare il
mercato interno maggiore del mondo.

Gli sviluppi durarono progressivi fino e attraverso la Prima Guerra Mondiale per continuare con
l’iper-espansione degli Anni ’20 (gli anni ruggenti) e la conseguente crisi del 1929. Da questa
cominciarono a uscire tramite un gigantesco programma di lavori pubblici e poi anche partecipando
al Secondo conflitto mondiale e facendosi pagare le forniture dagli alleati.

Tuttavia questa è una visione meramente eurocentrica, cioè fondata esclusivamente sul punto di
vista europeo e che trascura gli sviluppi asiatici i quali possono essere riassunti in 3 tappe
fondamentali:

1) Predominio della Cina Imperiale (1642-1839)


2) Ascesa del Giappone Imperiale (1852-1940 e poi 1948-1990/2000)
3) Espansione mondiale della Cina delle “Quattro Modernizzazioni” dopo il 1982

1. PREDOMINIO DELLA CINA IMPERIALE

Dopo la successione della dinastia China alla Ming, l’Impero conosce un ammirevole processo di
crescita, di sviluppo, di pace, con progressi assoluti in ogni campo specialmente sotto il regno
dell’Imperatore Kang-xi. I periodi successivi non riusciranno a mantenere tali saggi di sviluppo sia per
la minor qualificazione dei discendenti, sia per il mutare delle condizioni esogene che porranno alla
Cina in quanto sistema chiuso a sfide difficilmente gestibili.

Queste iniziano con le due guerre dell’oppio (1839-42 e 1856-60), quando la Gran Bretagna volle
aprire forzosamente la Cina al commercio dell’oppio contro la volontà del governo cinese stesso. La
Cina soccombe ed è costretta ad aprire altri porti all’oppio, a cedere Hong-Kong all’Inghilterra. Si
inizia così la penetrazione occidentale in Cina che si avvia pertanto ad un grave periodo di
decadenza.

Si ha poi la Prima guerra sino-giapponese (1894-95) che si conclude con la sconfitta della Cina che è
costretta a cedere al Giappone la Manciuria, Taiwan e le isole Pescadores. Il tutto contribuirà poi alla
rivolta dei Boxers e al crollo dell’Impero (1911).

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2. ASCESA DEL GIAPPONE IMPERIALE 1854-1941 E 1948-1990

Il Giappone era uno Stato chiuso finché nel 1854 una spedizione militare statunitense guidata dal
commodoro Perry lo costrinse ad aprirsi ai commerci esteri anche con altri continenti. Si inizia così
con la dinastia Meji l rapida modernizzazione (sia in campo industriale che militare) dell’Impero
giapponese.

Nell’estremo disordine socio-politico cinese il Giappone attacca il vicino dando inizio alla Seconda
guerra sino-giapponese che porta il Giappone ad espandersi militarmente in Cina, la quale si trova
così ad affrontare sia l’invasione nipponica sia la rivoluzione contadina e comunista organizzata dal
rivoluzionario Mao-tse-dong.

Con il ritiro dell’esercito giapponese nel 1945 vi fu la vittoria della rivoluzione di Mao e la nascita
della Repubblica Popolare Cinese sotto regime comunista.

Le prospettive per il Giappone parevano pessime, ma la politica statunitense di sostegno agli Stati
confitti anche in funzione anti-comunista (Piano Marshall) ne consentì dopo qualche esitazione una
re-industrializzazione così rapida e intensa da fare del Giappone una fra le prime potenze
economiche mondiali fino al 1990-2000.

3. ESPANSIONE MONDIALE DELLA CINA DELLE “4 MODERNIZZAZIONI” DOPO IL 1982

Nel 1978 (dopo due anni dalla morte di Mao) il governo cinese lancia la logica delle QUATTRO
MODERNIZZAZIONI al fine di far uscire la Cina dall’arretratezza e dall’inefficienza ereditate dal
governo comunista che avevano condannato al declino URSS.

Le Quattro Modernizzazioni riguardavano rispettivamente:

1) AGRICOLTURA
2) SCIENZA
3) TECNOLOGIA
4) INDUSTRIA E DIFESA NAZIONALE

Obbiettivo delle 4 modernizzazioni era di fare della Cina una delle maggiori potenze economiche del
XXI secolo.

Grazie al libero comportamento delle imprese sui mercati internazionali, al balzo delle esportazioni,
alla connessa accumulazione di capitali, ai miglioramenti tecnologici e di know-how che i capitali
stessi hanno consentito, non solo sono stati raggiunti gli obbiettivi prefissati ormai 40 anni fa, ma
soprattutto si è ottenuta la crescita in Cina di più di 400 milioni di neo-borghesi abbienti, i quali:

a. Pensano, spendono e consumano come gli occidentali


b. Sono in grado, con le proprie spese ed investimenti, di dare ulteriore alimento al
moltiplicatore dello sviluppo economico cinese

OSS:

dal 2000 al 2018 la quota percentuale nazionale della produzione mondiale della Cina è più che
triplicata, mentre quella del Giappone e dell’Italia è dimezzata. Quella degli USA si è quasi dimezzata.

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Lorenzoni Filippo
A.A.: 2021-22

Per comprendere i motivi del perché la Cina si sia industrializzata così tardivamente bisogna
analizzare le caratteristiche della Cina imperiale. Infatti essa era caratterizzata:

1) Da una profonda cultura burocratica confuciana, tesa ai doveri istituzionali e spregiatrice


delle attività economiche e commerciali
2) Da uno spirito maggiormente commerciale al Sud, ma lontano dalle capitali (Nanchino e poi
Pechino)
3) Da un sistema gerarchico che procedeva – dalla capitale al villaggio più sperduto – con il
“sistema degli esami”, grazie ai quali si era via via introdotti e gradualmente promossi negli
11 gradi progressivi delle 3 carriere mandarinali (mandarini-militari, mandarini-governatori,
mandarini-giudici).
Per questi esami ci si preparava per anni al fine di procedere nella carriera, originando cosi
una cultura efficiente e consapevole, ma cauta nelle innovazioni
4) Da una cultura economico-commerciale che aveva ricevuto pessimi esempi dalle attività
degli Inglesi e dagli altri occidentali

La Cina in transizione non aveva potuto svilupparsi economicamente più di tanto a causa di
numerosi fattori storico-sociali che si sono avvicendati nel corso del XIX e XX secolo:

1) Declino e caduta della dinastia Ching (1830-1911)


2) Rivoluzioni e disastri interni (1911-1945)
3) Occupazione giapponese (1931-1945)
4) Lunga marcia di Mao-tse-dong (dagli anni Trenta fino al 1949)
5) Stabilirsi del comunismo in Cina fondato soprattutto sul settore primario dell’agricoltura,
dunque sul proletariato contadino invece che operaio

LE COSTANTI GEO-POLITICHE DELLE ASCESE E DEI DECLINI STATUALI

Le dinamiche internazionali possono venire ripetute e completate come segue:

1) Economia mediterranea a dominio veneziano e delle repubbliche marinare


2) Nel contempo economia Nord-Europea e franco-tedesca
3) Età delle navigazioni oceaniche e delle scoperte a dominio ispanico-lusitano
4) Predominio della Cina Imperiale (1642-1839)
5) Sostituzione di potenze marittime e predominio dell’Inghilterra fino al 1914
6) Spartizione colonialista del continente africano
7) Predominio statunitense, successivamente al 1944
8) Ascesa del Giappone Imperiale (1852-1940 e poi 1948-1990)
9) Espansione mondiale della Cina delle “Quattro Modernizzazioni” dopo il 1982

Da queste dinamiche possiamo trarre quanto segue:

1) Per l’Asia il predominio centripeto dell’Impero Cinese per circa 200 anni, in particolare
sotto Kangxi (contemporaneo al Re Sole) e successivamente una generale stasi che farà della
Cina oggetto delle prepotenze delle potenze occidentali
2) Per l’Europa:
a. La transizione da Firenze – Lucca – Genova – Milano a Venezia quale regina
dell’Adriatico e del Mediterraneo Orientale

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Lorenzoni Filippo
A.A.: 2021-22

b. Inizio del declino della Serenissima con gli sviluppi del Nord-Europa, della Lega
Anseatica, della Germania, dell’Olanda, delle Fiandre, ma poi soprattutto con gli
sviluppi ispano-lusitani
c. Il passaggio dal Mediterraneo al Mare del Nord all’Oceano Atlantico. Rispetto alle
attività transatlantiche, il Mediterraneo è ormai approssimabile ad un lago chiuso
3) La transizione da Spagna-Portogallo all’Inghilterra, nell’accantonamento della Francia in
declino (XVIII secolo fino al 1871 circa)
4) Dominio dell’Inghilterra fino al 1914, la quale si impossesserà di parte del continente
africano, controllerà l’India, spingendosi fino in Cina. Fonderà un Impero che perdura fino ad
oggi sotto forma del Commonwealth
5) Ascesa degli Stati Uniti d’America fino a diventare oggi l’unica super-potenza mondiale
6) Il risorgere e definitivo affermarsi della Repubblica Popolare Cinese dopo il 1986 e in
particolare dagli anni ’90 fino ad oggi.

Questa dinamica (dal Mediterraneo all’Atlantico al Pacifico, e ancora da Venezia alla Spagna
all’Inghilterra agli USA, alla Cina) può venire sintetizzata come la

ROTAZIONE EST-OVEST DEGLI ASSI ECONOMICI DEL MONDO

Sono state poi così presentate alcune importanti teorie sulla successione degli stati guida:

- TOYNBEE => il quale propone, al fine di interpretare gli incontri-scontri fra popoli e la
conflittualità insita nelle loro relazioni, che la sopravvivenza degli stati e delle civiltà (intesi
come reti di relazioni sociali) è in funzione della qualità delle risposte ai mutamenti del
contesto. Egli in sostanza asserisce che, rispetto alle sfide, si costituiscono sempre
minoranze creative che elaborano il modello sfida => risposta e che, quando questa risulti
nel tempo di insufficiente vigore, uno stato, una civiltà giunge al fallimento dell’auto-
determinazione, una sorta di “suicidio collettivo” che conduce alla disgregazione quale
scissione del corpo sociale
- OLSON => pone l’accento sul concetto di azione collettiva, spiegando che – ai fini
dell’interazione sociale – l’individuo si raggruppa di norma in associazioni, gruppi, sindacati,
ciascuno dei quali rivendica vantaggi per i propri componenti, di modo che il sistema politico
accontenta queste coalizioni distributive a spese del bilancio dello Stato. È questo il principio
dei benefici concentrati e costi collettivi diffusi che favorisce le coalizioni distributive le
quali, tuttavia, a furia di guardare ai propri interessi, si pronunciano a favore dello statu quo
(=immobilità), così inducendo e favorendo il declino.
- KENNEDY => tende a ricondurre il declino all’eccesso di spese militari rispetto all’economia
e alla ricchezza nazionali

Da queste teorie si possono fare tre osservazioni:

1) Le sfide sono senz’altro rilevanti, ma forse, più che l’elaborazione da parte delle minoranze
creative conta la differenza di potenziale fra sfidato e sfidante (Venezia vs Napoleone), e
conta inoltre lo Spirito nazionale, sia esso unito, cementato e combattivo o viceversa
disunito fino alla frammentazione per ragioni etniche, religiose, politiche
2) L’assuefazione alle sfide e quasi alla ricerca delle stesse (Impero Britannico) rispetto al
ritirarsi, ridursi e rattrappirsi (come ad esempio un aristocrazia estenuata senza ricambi di
forze nuove come la Serenissima dopo la Serrata del Maggior Consiglio, divenuta con quella
un’aristocrazia oligarchica, ereditaria, colta, viziosa e inadatta a reagire alle sfide)

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Lorenzoni Filippo
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3) L’interesse verso l’attività economica, il denaro, la finanza, gli affari o viceversa lo sguardo
disincantato quanto disinteressato o addirittura repulsivo rivolto agli stessi (la burocrazia del
Celeste Impero)

Al fondo dell’ascesa e della discesa degli Stati-nazione stanno per altro alcune costanti geo-politiche,
le quali potentemente influenzano:

1) Le attività 2) Le possibilità 3) Lo Spirito nazionale


economiche politiche
Fra tali costanti geo-politiche, le quali co-determinano la storia degli Stati, si ricordano:

 La localizzazione spaziale e anche i suoi effetti climatici


 La struttura geo-morfologica
 Le risorse naturali (fra chi ne abbonda e chi è privo di tutte)
 La densità della popolazione

IL CAPITALISMO

I fattori causali di tutte le conquiste, progressi e migliorie analizzate in precedenza hanno come nodo
fondamentale la natura realizzativa dell’uomo e l’amore per il nuovo ma anche (con il desiderio di
benessere) l’egoismo, il desiderio di conquista, l’appropriazione e lo sfruttamento di beni, attività e
terre altrui.

Questo spiega l’errata concezione comune di progresso, quale miglioramento sempiterno. Mentre
noi invece vediamo congiunte, nella vita di tutti i giorni, condizioni di vita materiale ogni giorno
migliori, eppure altrettanti illeciti, bassezze, disastri anche omicidiari che vi si accompagnano in quasi
qualunque stato. L’errore materialista del concetto di progresso inteso come miglioramento senza
fine deriva dal positivismo e dalla fiducia nell’innovazione e nella tecnica che caratterizza la Belle
Époque. Questa fiducia cessa con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale.

Per progresso s’intende la sempiterna storia di noi umani, dunque del mondo, delle sue altezze e
bassezze, felicità e rovine, progressi e crisi, soltanto in contesti materiali sempre più facilitati.

Se questo è il progresso occorre allora interrogarsi su quali forze sistematiche abbiano sospinto il
mondo sviluppato, soprattutto occidentale a questi livelli di produzione, consumo e benessere
materiale, che vanno comunemente sotto la denominazione di capitalismo moderno.

Per capitalismo quindi possiamo intendere l’economia di mercato.

LE ORIGINI DEL CAPITALISMO

1) LE TEORIE DEI KATHEDERSOZIALISTEN

Il termine capitalismo non viene in campo con Marx, ma con i socialisti, soprattutto tedeschi, della
fine dell’Ottocento (alcuni di essi erano professori, i Kathedersozialiste = socialisti che parlavano
dalla cattedra, ma anche sindacalisti e politici) i quali lo utilizzavano in modo critico e talora
spregiativo, anche influenzati dal nuovo macchinismo industriale e dai contemporanei fenomeni di
sfruttamento operaio.

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Lorenzoni Filippo
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“Capitalismo” era dunque per loro un sistema economico ove la borghesia rapace opprimeva la
classe operaia per sottrarle una parte dei redditi cui essa avrebbe avuto diritto.

Per quanto inesatta fosse questa definizione, occorre riflettere sulla situazione che caratterizzava la
loro epoca: prorompenti sviluppi industriali, formazione e crescita di grandi imprese, processi di
aggregazione fra esse fino a generare oligopoli (poche imprese per settore) o addirittura cartelli
(alleanze fra imprese per imbrigliare i mercati) e monopoli, ammassamento di grandi ricchezze da
parte di pionieri e di artefici dell’industria, i grandi imprenditori innovatori dell’epoca (Krupp,
Daimler, Opel, Siemens). Tutto questo accompagnato da condizioni del lavoro operaio assai dure
rispetto ad oggi (nella prima metà del XIX secolo la giornata lavorativa era tendenzialmente di 16 ore
al giorno per 6 giorni).

Inoltre vi era una mancata tutela dell’operaio in malattia, incidentato, o giunto alla conclusione
della propria vita di lavoro, finché non enne in campo la legislazione bismarckiana. Questo primo
embrione di “Stato sociale” avrebbe via via riguardato l’assistenza sanitaria, le forme previdenziali
contro l’invalidità e la vecchiaia, arrivando quindi alle prime forme pensionistiche.

Nel dare la definizione di capitalismo, i Kathedersozialisten erano influenzati dall’invidia tipica del
pensiero di Marx e trascuravano infatti i veri processi allora in corso:

a. La generazione di ricchezza cui quegli sviluppi davano vita


b. La diffusione della nuova ricchezza così generata, la quale attraverso gli stipendi, i salari e i
consumi si diffondeva gradualmente nel sistema economico

Non comprendevano, inoltre, che la generazione di una nuova ricchezza (nelle forme di salari,
stipendi, imposte, interessi, utili e dividenti) derivava non tanto dallo sfruttamento operaio, ma
soprattutto dalla ricerca dell’efficienza, dai processi di innovazione, di ammodernamento tecnico-
produttivo e gestionale, di sviluppo di nuovi prodotti e mercati (Ragionamento: all’epoca le imprese
meno efficaci fallivano, ma come facevano a fallire se, per i socialisti della cattedra, sfruttavano gli
operai?).

Il capitalismo (cioè l’economia di mercato) infatti, si svolge oggi consentendo produzioni di ricchezza
semi-infinite, le stesse che permettono una sopravvivenza accettabile o serena a quasi 8 miliardi di
persone (ovviamente si svolge con alternanze, difetti ingiustizie, crisi e talora sprecherie e ruberie,
ma non peggiori delle alternanze, ingiustizie e ruberie del 1600, 1700, 1800, 1900, quando bastava
sfamare le poche centinaia di milioni degli allora abitanti della terra.

Si tratta dunque di parlare, in realtà, di economia di mercato, cioè della libertà di produrre,
innovare, commerciare, scambiare in spazi sempre più ampi così:

 Generando nuova ricchezza


 La quale deriva dal maggior valore che il bene economico realizzato possiede e incorpora
 Distribuendo tale ricchezza in forma di salari, stupendi, interessi, dividendi, imposte, così
trasferendola nell’intero sistema economico in due modi:
o Modo diretto e immediato: ai dipendenti, finanziatori, azionisti, aziende territoriali
o Modo indiretto: attraverso le spese gli investimenti che essi fanno delle risorse così
ottenute

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Lorenzoni Filippo
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Tenendo presente le osservazioni fatte, possiamo andare ad individuare quattro definizioni correnti
di capitalismo che poi potranno essere ridotte a due.

CAPITALISMO come:

1) Riconoscimento giuridico della proprietà privata del capitale


2) Possibilità di negoziare il capitale, il lavoro, i servizi sui mercati dei fattori produttivi
3) Concorso ampio del capitale quale fattore produttivo nell’economia moderna, con
possibilità di investirlo e reinvestirlo
4) Accumulazione continua di capitali e di utili, mercificazione, speculazione, monopolio

A ben vedere, le prime due definizioni risultano tendenzialmente coincidenti: se posso negoziare il
capitale o i fattori produttivi, vuol dire che posso detenere capitali (quindi vale la proprietà privata).

Per quanto riguarda il punto 3, è illusorio immaginare che ciò abbia cominciato ad accadere
solamente con le rivoluzioni industriali: è solo un modo spregiativo del socialismo tedesco
dell’Ottocento per suggerire il seguente slittamento semantico:

gran capitale => capitalismo => monopolisti-sfruttatori-speculatori => capitalisti

e quindi si fa riferimento al punto 4, con l’accumulazione continua di capitali a discapito delle masse
operaie che vengono sfruttate.

Questa idea marxista è del tutto falsa, in quanto il concorso ampio del capitale quale fattore
produttivo si era già iniziato in epoca antica e prima della Rivoluzione Industriale, ad esempio nel
caso dell’Arsenale di Venezia, fondato nel XII secolo per le produzioni navali della Repubblica di
Venezia e attivo poi per circa 7 secoli, ricalcava già dal Medioevo la struttura del moderno
stabilimento industriale secondo l’iter:

componenti standardizzate => montaggio => assemblaggio => prodotto finito

A seguito di queste osservazioni, rimangono dunque sostanzialmente due definizioni proprie di


capitalismo:

1) Proprietà privata del Capitale, con possibilità di negoziarlo sul mercato in forma di
capitale d’impresa o di prestito, possibilità di negoziare sui mercati anche gli altri
fattori, il lavoro e i servizi; inoltre si ha il concorso sempre maggiore del capitale nelle
produzioni economiche, di mano in mano che l’economia si sviluppa e cresce di
dimensioni.
2) Accumulazione continua di capitali da parte di capitalisti sfruttatori e monopolisti

La prima definizione ci consente di definite capitalistici tutti i sistemi economici non appena essi
avessero raggiunto un grado medio di sviluppo.

Occorrerà parlare di:

 Capitalismo antico
 Capitalismo medievale (limitato solo alle grandi città mercantili come Venezia, Genova,
Anversa, Bruges, Lega Anseatica)

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Lorenzoni Filippo
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 Capitalismo moderno (colonialismo ispanico-lusitano, tedesco lungo la Valle del Reno,


francese degli ateliers prerivoluzionari)
 Capitalismo contemporaneo o delle rivoluzioni industriali fino all’attuale rivoluzione
informatica

Il capitalismo (cioè l’economia di mercato) è dunque sempre esistito da quando l’attività economica
ha potuto organizzarsi in imprese, scambi, mercati, investimenti, importazioni, esportazioni.
Ovviamente nel corso di circa 3000 anni, si è svolto con limitazioni privative, monopoli, finché poi il
sistema delle libertà venne progressivamente ampliandosi.

In questo senso si potrebbe parare di capitalismo perenne, perenne tanto quanto l’economia di
mercato grazie alla quale si sviluppa l’attività economica.

Mentre la seconda definizione viene utilizzata dai Kathedersozialist, ispirati da Marx, e affermano
che l’attività economica è in realtà una forma di rito selvaggio dove tutto è travestito di capitalismo e
dove solo l’avidità sfrenata spinge gli esseri umani, per cui tutta l’attività economica diventa

Capitalismo => saccheggio => guerra

Riassunto: per i socialisti (di ispirazione marxista) il capitalismo era una cosa negativa che nasce con
le Rivoluzioni Industriali e che vede lo sfruttamento degli operai da parte della classe borghese
(appunto i capitalisti). Questa visione del mondo deriva dalla dialettica di Marx il quale la applica al
processo storiografico: tutta la storia dell’uomo è caratterizzata da una perenne lotta di classe fra
sfruttati e sfruttatori. Per applicare questa teoria a tutta la storia Marx procede con una distorsione
dei fatti (sia passati che contemporanei => vedi esempio della Rivoluzione Francese: per Marx è stata
la borghesia a far scoppiare la rivoluzione, ma in realtà è stata l’aristocrazia con il giuramento della
Pallacorda). Inoltre con la teoria del plusvalore Marx afferma che i capitalisti privano gli operai del
loro guadagno (ignorando la questione dei salari) e questa privazione genera avidità e odio di classe
che portano alla guerra. Per cui il capitalismo è l’origine dell’odio fra gli uomini che sfocia nella
guerra.

2) LO SPIRITO DEL CAPITALISMO DI MAX WEBER

Max Weber è un autore di un’opera tutt’ora rilevante, L’etica protestante e lo spirito del
capitalismo. In questo saggio Weber ricorda in primo luogo che occorre tenere presente che vi è
sempre un concorso di fattori economici ed extra-economici, e che le spiegazioni unilaterali (ovvero
mono-causali, come lo “sfruttamento” marxiano) tendono sempre all’incompletezza quando non alla
falsità. Egli inoltre bolla come spiegazione ingenua il capitalismo derivante esclusivamente
dall’avidità di guadagno e dallo sfruttamento economico. Infatti, Weber afferma che la sete di lucro
e l’aspirazione di guadagnare quanto più denaro, di per sé non ha nulla in comune con il capitalismo
e tale aspirazione è rinvenibile presso gli individui di qualsivoglia tipo e condizione in tutte le epoche
e in tutte le nazioni (sempiternità della natura umana).

Dopo aver fatto queste osservazioni, Weber annota quanto segue:

1) Dopo il Medioevo si è affermata una nuova mentalità economica

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Lorenzoni Filippo
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2) Questa nuova mentalità economica ha reso possibile, assieme allo sviluppo dei mercati, il
capitalismo quale fenomeno storico tipico dell’Occidente moderno, specialmente in
Germania, Olanda, Inghilterra, Svizzera
3) Il capitalismo può essere caratterizzato quindi:
1. Dalla ricerca razionale del guadagno
2. Ricerca intesa proprio quale auto-disciplina dell’avidità smodata di guadagno

L’origine di tale interpretazione può riassunta come segue:

1) La Riforma protestante (con Lutero, Zwingli e Calvino) ebbe grande diffusione in tutto il
Nord-Europa e a Ginevra, all’epoca in prorompenti sviluppi economici
2) La Riforma introdusse il concetto di PREDESTINAZIONE (secondo il quale gli individui sono
cioè predestinati al Paradiso o all’Inferno sin dalla nascita e quindi non valgono i
comportamenti soggettivi volti a mutare tale destino)
3) Vale il concetto di salvezza per sola Gratia
4) Questo significa:
a. Cancellare il rilievo delle opere ai fini della salvezza
b. La predestinazione lascia la gente incerta e dubbiosa sul proprio destino oltre la
morte
5) L’individuo aspira a conoscere quale sia il proprio destino eterno
6) Si ha quindi una traslazione dal piano metafisico (ultraterreno) al piano terreno (economico-
pratico): il mutamento della cultura (da cattolica a protestante) tese a trasformare il
successo mondano (quindi il successo economico e l’arricchimento) quali indizi, segnali,
anticipazioni, conferme del proprio destino ultraterreno, quasi a prefigurare una doppia
connessione del tipo seguente:
successo, ricchezza => Paradiso
insuccesso, povertà => Inferno
7) Il tutto si converte:
a. Nella dedizione auto-disciplinata alla propria attività professionale e professione,
quale essa sia (si parla di vocazione professionale)
b. In una concezione austera (luterana e soprattutto calvinista) della vita e della
condotta di vita, orientate al dovere, al lavoro, alle regole, al risparmio (avversaria
dello sfarzo e dell’ozio)
c. In una vera e propria ascesi (quindi miglioramento, purificazione) già in questo
mondo

In sostanza il lavoro, l’attività lavorativa del singolo venivano interpretati quali dedizione a un
compito cui si è chiamati, dunque nel contempo: vocazione dalla cui operosità scaturisce il successo
economico, ottenendo così la conferma di risultare graditi a Dio, dunque di far parte degli Eletti.

Sono tutti gli operatori economici ben coscienti e dunque votati a dar vita e gestire le imprese in
modo integro, corretto, producente, in modo tale che esse:

 Possano risultare di utilità per i mercati grazie ai beni economici realizzati


 Possano tornare di utilità per le nuove ricchezze prodotte e distribuite ai portatori di
interessi istituzionali-stakeholders (dipendenti, soci, finanziatori, amministrazioni pubbliche)
 Possano continuare nel tempo grazie all’attenzione professionale con cui vengono gestite

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Lorenzoni Filippo
A.A.: 2021-22

Con il trascorrere poi dei decenni e dei secoli, e con l’affievolirsi o lo spegnersi della Fede nel cuore
degli individui e delle masse, quelle pulsioni / tendenze / convincimenti inconsci rimasero nel cuore
degli uomini, però secolarizzati, cioè trasferiti, dal riferimento al nostro destino dopo-morte, al piano
meramente terreno e terrestre, appunto “del secolo”, cioè dell’epoca (lontano da premesse
religiose).

Questo significò due idee fondamentali:

 Il lavoro per il lavoro


 La ricerca scomposta e sconsiderata del guadagno (ricchezza per la ricchezza)

Quindi per Weber il capitalismo deriva dalla concezione austera della vita e del lavoro della fede
protestante:

dedizione autodisciplinata alle attività di lavoro => concezione austera del lavoro e della vita =>
vocazione laica

Nei suoi scritti Weber muove in modo indiretto una critica contro Marx e i marxisti, in quanto la sua
teoresi:

 Sottintende il sistema di imprese collegate in economia di mercato


 Vede il lavoro quale missione
 Neppure menziona il tema dello sfruttamento
 Funzionalizza l’uso del denaro e della ricchezza a fini sociali
 Capovolge la teoria del materialismo storico

Critiche a Weber

TROELTSCH => al riguardo dello sviluppo del capitalismo pone particolare attenzione sulla corrente
protestantica del calvinismo, in particolare egli si concentra sulla cultura generale (ed economica
nello specifico) della Confederazione Elvetica: la visione del mondo concreta, austera, severa,
lavoratrice, risparmiatrice che egli ve soprattutto discendere dagli insegnamenti di Calvino.

Troeltsch ricorda quindi:

 Che solo una visione religiosa come quella della chiesa medievale può orientare tutta
l’attività umana alla svalutazione delle realtà terrene nella ricerca dell’aldilà
 Che, una volta appannatasi o spentasi quella visione di Fede nella vita eterna, è stata la
Scienza a dominare il campo della ricerca di certezze (ecco da dove deriva il carattere
razionalistico-scientifico della cultura moderna)
 Il tutto ha condotto all’individualismo moderno nell’inseguimento dei propri obbiettivi (con
un’ascesi laica, che ben poco ha a che fare con l’ascesi religiosa della ricerca dell’aldilà)

E continua osservando che il mondo moderno si fonda sull’economia globale, sul commercio
internazionale attuato mediante la moneta e il credito, su una tecnica prodigiosamente sviluppata
sull’effettiva dominazione spirituale sulla natura tramite la scienza, sull’individualismo frutto anche
del Protestantesimo, in particolare calvinista.

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Lorenzoni Filippo
A.A.: 2021-22

L’ascesi calvinista, a differenza di quella luterana, razionalizza e disciplina tutta l’attività umana in
teoria etica e in prescrizione disciplinare: il calvinista domina il mondo a gloria di Dio in un’attività
senza tregua con l’obbiettivo.

1) Dell’autodisciplina insita nel lavoro


2) Della prosperità che da questa disciplina del lavoro rifluisce alla comunità cristiana

SOMBART => in tema di capitalismo inteso quale sviluppo dell’economia moderna, Sombart scrisse il
saggio Gli ebrei e la vita economica (1911) (quasi contraltare del lavoro di Weber), nel quale
sottolinea il ruolo quasi costretto degli ebrei nello sviluppo del capitalismo.

Al riguardo occorre ricordare il divieto di prestare interesse sancito per i Cristiani con i Concili di
Lione e Vienna (XIII-XIV). Si riteneva infatti che l’interesse derivasse dal tempo che è un tempo per
tutti, e che quindi prestare a interesse avrebbe significato un’appropriazione egoistica del tempo per
il proprio vantaggio economico, mentre il tempo era appunto considerato una ricchezza collettiva.

Nel corso del Basso medioevo erano solo gli ebrei che potevano liberamente prestare a interesse al
di fuori delle 12 tribù di Israele. Fu questo fatto a spiegare, secondo Sombart, il contributo degli
ebrei ai primi tempi del capitalismo; successivamente, il loro seguire le grandi correnti di traffico dal
Mediterraneo al Nord-Europa alle Americhe ne spiegherebbe il ruolo fondamentale nelle attività
bancarie, e più in generale finanziarie, fino a tutto il capitalismo maturo.

Per quanto riguarda la Cristianità, sarà solo con Sant’Antonio da Firenze e Bernardino da Feltre che
prenderà definitivo sviluppo l’attività dei banchieri italiani e l’istituzione dei Monti di credito su
pegno.

Sant’Antonio in particolare:

1) Riconosce il ruolo del capitale quali risorse da destinarsi agli investimenti tipici delle attività
economiche
2) Consente moralmente gli arbitraggi in cambi fra piazze differenti
3) Consente gli acquisti di crediti svalutati a prezzi inferiori al nominale

Altre critiche vennero mosse alla teoresi di Weber a partire dal considerare che forme di capitalismo
si erano già largamente manifestate in Europa sin dal secolo XII. Pertanto, ascrivere quegli sviluppi
alla razionalizzazione protestante e infine all’ascesi laica, poteva sembrare riduttivo.

 Alcuni studiosi parlano di capitalismo antico e Weber risponde a queste ipotesi affermando
che si tratta di una forma di pre-capitalismo che nulla aveva a che vedere con quello che
secondo lui era il vero capitalismo derivante dalla Riforma
 Altri studiosi pongono l’attenzione all’imprenditore e al capitalismo anche negli Stati cattolici
o da parte di minoranze ebraiche. A queste critiche Weber avrebbe risposto che si
trattavano sì di attività economiche di mercato esercitate in modo sistematico, ma tese
all’arricchimento, dunque non di auto-disciplina razionalizzata.

3) IL CAPITALISMO CATTOLICO DI FANFANI

Tra gli studiosi cattolici si ricorda Amintore Fanfani il quale si pose l’obbiettivo di contestare la tesi di
Max Weber sostenendo quanto segue:

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Lorenzoni Filippo
A.A.: 2021-22

1) Il capitalismo si è originato nei Comuni italiani circa dal 1200, dunque in ambito tipicamente
cattolico, e pertanto in forme non così individualistiche come poi sarebbe avvenuto nella
modernità
2) È solo tra la fine del Medioevo e gli inizi del Rinascimento che tende a mutare lo spirito,
quindi anche l’atteggiamento nei confronti della ricchezza
3) Mutando l’atteggiamento spirituale si ha un controllo etico via via minore delle attività
economiche; in aggiunta nel Nord-Europa il Protestantesimo, per il proprio minor
fondamento etico, riesce ancor meno a controllare gli sviluppi via via prorompenti del
capitalismo
4) Minore è il contributo del protestantesimo
5) Il capitalismo nelle sue forme concrete risulta incompatibile con una concezione cristiana
dell’attività economica, in particolare giacché non assicurerebbe una equa distribuzione
delle ricchezze

Ma ciò che viene affermato nel punto 5 non dipende dall’economia di mercato, bensì dall’esistenza
nel mondo di furfanti che da sempre si affiancano agli onesti.

L’economia di mercato, ove svolta onestamente, premia le capacità, l’impegno, la creatività di


imprenditori e imprese innovative; e quelle attività li premiano consentendo utili, crescite
dimensionali, espansioni anche internazionali.

Sono i consumatori a decretare il successo delle imprese (e non quanto queste “sfruttino gli
operai”). Imprenditori di origini modeste o modestissime i quali, grazie al proprio impegno e alla
propria tenacia, individuarono prodotti nuovi o innovativi e li porsero al mercato, vincendo la
concorrenza e soddisfacendo i consumatori.

Consideriamo per esempio Amazon, Yahoo, Twitter, Google, Alibabà, se i loro fondatori-proprietari
sono fra le persone più ricche al mondo, ebbene siamo stati noi a renderli tali, acquistando i loro
prodotti giacché ci conveniva. Nel contempo, queste imprese (e tutte le altre) hanno riversato nel
sistema salari (agli operai), stipendi (agli impiegati e dirigenti), interessi attivi (per le banche),
emolumenti (per consulenti e professionisti), utili e dividendi (per i soci), tributi (per lo Stato),
dunque con arricchimento generale per il sistema.

OSS.:

1. In ogni fase del capitalismo storico le imprese nuove, vincenti nei settori innovativi
ottengono tassi di reddittività molto superiori alla media, e sono dunque in grado – mentre
distribuiscono ricchezza a tutti i partecipanti – anche di auto-finanziarsi, di espandersi, di
aumentare il proprio valore, così contemporaneamente rendono ricchi in primo luogo i
propri azionisti-fondatori e poi gli azionisti terzi, i fornitori, i dipendenti, i distributori, i
creditori
2. Nel tempo ogni settore perde di importanza relativa rispetto ad altri, nuovi, i quali si
avviano ad essere per qualche tempo i principali dell’economia. Per esempio secondo la
dinamica:

tessile e siderurgico => meccanico => automobilistico => fibre artificiali poi sintetiche =>
abbigliamento e arredamento => elettromeccanico => elettronico => servizi e tempo libero

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Lorenzoni Filippo
A.A.: 2021-22

3. Così pure, gli stessi settori, vengono ora svolti in modi più redditizi in altre nazioni o
continenti oppure addirittura scompaiono in proporzione relativa se non in assoluto

Per tali motivi:

A) Le stesse imprese che erano state rilevanti un tempo, e che avevano diffuso ricchezza e
soprattutto arricchito i propri soci, si riducono lentamente, scompaiono o chiudono o
falliscono, e altrettanto le ricchezze di questi
B) Mentre altri soci di altre imprese nuove in settori innovativi si stanno nel contempo
arricchendo
C) Infine, quand’anche alcune ricchezze rimanessero, avviene che – a causa delle generazioni
che si susseguono, dello spezzamento ereditario, del minore interesse (o delle minori
capacità delle generazioni successive –, assai raramente le imprese che pur sopravvivano
rimangono di proprietà della stessa famiglia

Il comparire, lo svilupparsi, il dominare e infine il declinare di imprese o di interi settori (Vanderbilt e


Krupp) viene denominato:

 Circolazione delle imprese


 Circolazione dei settori

Mentre la circolazione dei ceti dominati è un concetto derivante da Vilfredo Pareto e lui la definisce:

 Circolazione delle élites

Infatti Pareto definisce la storia come il cimitero delle élites e secondo questo concetto vi sono
sempre degli acquirenti che sono i nuovi ricchi che comprano beni appartenuti ai ricchi in decadenza
e che prendono il loro posto.

Per i concetti di circolazione delle imprese e di circolazione dei settori si osservino i seguenti punti:

 Quanti settori sono scomparsi – o si sono grandemente ridotti – a causa del progresso
tecnico, dai velieri alle fibre artificiali alle macchine per scrivere alla valigeria in cuoio o pelle
 Così pure, quante imprese scompaiono, o perché 1) in settori naturalmente in declino, 2) o
ancora giacché sopraffatte da imprese più efficienti o più innovative, talora con innovazioni
inimitabili e brevettate, o infine 3) poiché mal gestite da proprietari disinteressati o incapaci,
da gestori imprudenti o avventati, da managers di nomina pubblica incompetenti o ladri.

LE CRITICHE AL CAPITALISMO

I critici si riferiscono all’economia moderna e alle connotazioni di essa non con il termine oggettivo di
economia di mercato, ma con “capitalismo”.

L’economia di mercato si è tuttavia dimostrata l’unico sistema non solo in grado di produrre nuova
ricchezza, ma anche di riversarla nel mondo economico, distribuendola in modo diffuso e crescente
a tutti i partecipanti allo stesso nella forma di redditi categorici.

E purtuttavia esistono ostinati oppositori dell’economia di mercato i quali, dopo averla denominata
capitalismo in senso marxista, si propongono di abolirla in favore di altri sistemi tutti di stampo
marxista (sistemi che sono defunti o hanno comunque dimostrato la loro inefficacia).

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Lorenzoni Filippo
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1) KROPOTKIN (1842-1921)

Di famiglia principesca russa, zoologo, venne espulso dalla Russia sotto il regime zarista, trovò rifugio
in Inghilterra dalla quale tornò in Russia nel 1917 con l’obbiettivo di opporsi alla rivoluzione
bolscevica in quanto la riteneva troppo di destra,

fonda così l’anarco-comunismo, ovvero il comunismo senza governo e i suoi principi erano:

1) L’anarchismo ha basi scientifiche


2) Come in natura non esistono leggi pre-determinate, così la società umana, retta
sull’armonia, sbocca fatalmente nell’anarchia
3) Anarchia che va temperata dall’uguaglianza e dal mutuo soccorso

Occorrerà a tal fine:

 Abolire lo Stato
 Integrare campagne e città
 Costringere ogni individuo a congiungere lavoro intellettuale e lavoro manuale

Giungendo quindi:

 All’abolizione dei bisogni e del salario


 Organizzare la società secondo il principio “da ognuno secondo le sue forze, ad ognuno
secondo i suoi bisogni”

2) KALECKI (1899-1970)

Ingegnere polacco, poi emigrato, sostenne che – visto che la società è composta di due sole classi,
capitalisti e lavoratori (idea marxista) – , lo Stato ha il compito di ottenere e mantenere la piena
occupazione.

Per realizzare questo lo Stato può procedere:

1) Favorendo gli investimenti privati (che potrebbero scontrarsi con la non-volontà o


pessimismo degli imprenditori)
2) Redistribuendo la ricchezza tramite:
a. Imposte di reddito dai capitalisti ai lavoratori (che manifestano maggiore
propensione al consumismo)
b. Investimenti pubblici
c. Sussidi per i consumi di massa

I punti b e c sono a carico del bilancio dello Stato.

Secondo Kalecki il disavanzo del bilancio dello Stato, tuttavia, non deve preoccupare se teso alla
piena occupazione, in quanto si può provvedere alle risorse mancanti stampando carta-moneta
quindi con l’indebitamento pubblico. Inoltre il deficit farà crescere i redditi, e questa crescita
consentirà di ripagare il debito pubblico. Quindi secondo lui: Risparmio = Deficit + investimenti
privati, ovvero più aumenta il deficit più aumenta il risparmio.

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C) POLANY (1886-1964)

Giornalista, socialista, sostenne che:

1) L’economia di mercato è un’anomalia della storia (come può essere un’anomalia se dura da
3000 anni?)
2) Essa non può quindi venire inclusa e radicata nella società

Egli sosteneva infatti che gli scambi necessari alla vita associata possono venire effettuati secondo 4
diverse modalità:

1) Per dono reciproco, ove ognuno prende e riceve gratuitamente


2) Per redistribuzione, ove tutti i beni economici sono conferiti alla collettività
3) Tramite l’economia di mercato, in cui tutto è mercato

L’economia di mercato si è originata nell’Inghilterra del 1830 sostituendosi alla sostanza naturale
dell’economia (economia primitiva) fino a conformare a se l’intera società.

IL CAPITALISMO DI STATO

NOTA: Donde vennero E donde vengono i capitali per le rivoluzioni industriali?


(La disponibilità di capitale è uno dei fattori fondamentali per le rivoluzioni industriali)

La risposta è semplice:
1) Commerci, sfruttamento delle colonie, industria, artigianato, attività bancarie (per circa
2000 anni) => ecco perché la Gran Bretagna avvia la Prima Rivoluzione Industriale
2) Da Stati stranieri => gli Stati Stranieri finanziano le rivoluzioni industriali di un'altra nazione:
esempio la Cina odierna con i propri accordi ha finanziato l'industrializzazione di stati
africani. Altro esempio l'Italia è stata finanziata dagli USA (come la Germania) con il Piano
Marshall.
3) Dallo Stato => CAPITALISMO DI STATO
4) Dalle banche (in particolare le banche miste)

Banche miste => banche che nascono verso la fine del XIX secolo nelle grandi nazioni europee
(Germania, Francia, Italia e AU) che non disponevano capitali per avviare le rivoluzioni industriali.
Quindi le banche finanziavano le imprese le quali erano contraevano un debito con le banche pari al
capitale prestato con aggiunta degli interessi. Si ha quindi un finanziatore e un finanziato.
Con questa azione le banche diventano sia finanziatrici che azioniste delle imprese.
Questa pratica portò alla nascita di enormi imprese e società grazie ai capitali messi a disposizione
delle banche.

Distinzione tra capitalismo di Stato e Intervento statale

CAPITALISMO DI STATO => per avviare rivoluzioni industriali sia in assenza (o carenza) carenza di
economia di mercato sia di proprietà privata se non minore

INTERVENTO STATALE => per intervenire massicciamente – in alcune nazioni o periodi – al fine di
risanare l’economia di mercato caduta in crisi tanto grave da non poter essere risollevata altrimenti

IL CAPITALISMO DI STATO => una rivoluzione industriale in cui il capitale sia stato conferito
soprattutto se non esclusivamente dallo Stato, anche in assenza – o debole presenza – di proprietà
privata, di libertà di comprare-vendere-scambiare, di mercati organizzati e così via.

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Il caso più rappresentativo del Capitalismo di Stato è l’URSS staliniana.

Il decollo avviato dal capitalismo di Stato sovietico non riuscì mai ad estendersi alle popolazioni, che
rimasero in condizioni economiche modeste, mentre venivano arricchiti soprattutto gli esponenti del
Partito Comunista e delle burocrazie di stato. Eppure risultò di grande rilievo per i pensatori marxisti,
i quali videro in quegli sviluppi l’embrione di una società senza classi, e soprattutto il realizzarsi di
processi di rivoluzione industriale in assenza di mercato e imprenditori.

L’obbiettivo di Stalin era quello di ammodernare strutturalmente l’economia dello Stato


provvedendo all’industrializzazione forzata. Per fare questo lanciò i piani quinquennali:

 Il Primo (a cavallo fra gli Anni ’20 e ’30) fu teso particolarmente allo sviluppo quantitativo
dell’industria pesante (siderurgia, metallurgia, meccanica pesante) a svantaggio dei settori
dei beni di consumo (i quali erano difficilmente raggiungibili per carenza di domanda e per
ideologia)
 Il Secondo (metà Anni ’30) e il Terzo (tra gli Anni ’30 e ’40), via via più attenti al riequilibrio
inter-settoriale e alle formule incentivanti, furono interrotti dall’invasione tedesca.
Furono anni di grande progresso quantitativo: in 4 anni, durante il Primo piano, la
produzione industriale incrementò del 50% e di un ulteriore 120% nel Piano successivo,
grazie anche:
i) Alla grande carestia che fece milioni di morti
ii) Alla distruzione della legislazione sindacalista zarista
iii) Invenzione dei campi di concentramento che fecero dalle 10 alle 30 mln di
vittime

Oltre a questi drammi sociali collettivi si ebbero limitatissimi:

 Tassi di sviluppo
 Livelli di reddito pro-capite

Fino al crollo dell’URSS nel 1989.

Altro esempio di Capitalismo di Stato fu la Repubblica Popolare di Cina, la seconda grande


repubblica comunista nata al mondo (1949). In particolare, la sua economia può essere definita
come un’economia centralmente guidata (ovvero economia regolata).

Dopo molteplici tentativi dagli anni ’50 (Campagna dei Cento Fiori) agli anni’70, solamente grazie alle
QUATTRO MODERNIZZAZIONI lanciate dal presidente Deng Xiaoping e all’inserirsi nel sistema di
scambi economici mondiali la Cina è riuscita a dar vita a un tale processo di decollo da essere
divenuta – in trent’anni circa – la seconda economia del mondo. Deng muoveva infatti, per far
decollare una Cina allora arretrata ed economicamente modesta, da tre principi slogan:

1) Pragmatismo NON ideologia


2) Produzione NON rivoluzione
3) Popolo ricco => paese forte

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Anche l’economia interna cinese va dunque gradatamente liberalizzandosi (esempio gli investimenti
esteri della Cina), certo sotto la guida attenta e lungimirante del Partito e del Governo. In questo
caso, per altro, il fattor-capitale necessario alla rivoluzione industriale ha avuto sostanzialmente una
duplice origine agli inizi:

1. Capitali di Stato
2. Capitali esteri

Infine, di mano in mano che l’economia cresceva e si sviluppava vi fu un graduale auto-


finanziamento delle imprese, le quali investiva o ripetutamente larga parte degli utili realizzati.

Il fattor-capitale venne indirizzato allo sviluppo e alla crescita delle imprese pubbliche, ma prima
ancora alle infrastrutture, alla ricerca e allo sviluppo, al miglioramento del capitale umano.

I vantaggi delle Quattro Modernizzazioni sono mondialmente noti:

 La continua volontà governativa di procedere in (ri)forme strutturali, sicuri che


successivamente lo sviluppo-crescita del settore industriale e delle esportazioni avrebbe
fruttato una quantità di ricadute positive su tutti gli altri settori e componenti dell’economia
nazionale
 L’attuazione di tale processo con disavanzi pubblici limitati (presenza anche di pareggi e di
avanzi)
 Grazie all’efficienza, all’efficacia e alle esportazioni si hanno quote limitate di
indebitamento statale (la Cina uno dei massimi detentori di debito pubblico statunitense)
 Titolare di un debito pubblico allargato (comprensivo dell’indebitamento delle Provincie e di
tutte le imprese pubbliche) che è comunque pari al 50% del Prodotto Nazionale Lordo.

INTERVENTO STATALE => per quanto riguarda l’intervento sostanziale dello Stato per risollevare il
sistema economico da crisi gravissime, così gravi che sarebbero risultate irresolubili per qualunque
capitale privato, gli esempi più interessanti furono costituiti, dopo la crisi del 1929, dagli Stati Uniti
d’America (sotto la presidenza di F.D.R.) e dall’Italia del regime fascista.

Per gli Stati Uniti d’America si ricorda la società di proprietà federale Tennessee Valley Authorithy –
TVA, instituita dal Congresso statunitense nel 1931 con l’obbiettivo dell’aiuto economico, e dello
sviluppo, riferito ad alcune delle aree maggiormente colpite dalla crisi del ’29.

La TVA si occupò dell’intera sistemazione idro-geologica della zona, della costruzione di dighe, della
produzione di energia elettrica e di fertilizzanti, continuando poi con uno tra i maggiori programmi
statunitensi di costruzione di centrali idroelettriche. La TVA ottenne ed ottiene successi indubitabili,
fino a diventare oggi la massima impresa pubblica degli USA per la produzione di energia elettrica.

Essa indusse critiche da parte dei liberisti, i quali sollevarono il problema di infrastrutture di
proprietà pubblica, che essi giudicavano inopportuna se non illegale (problema dell’azione statale in
campo dei pubblici servizi: dal punto di vista economico vanno intesi quali servizi di utilità pubblica,
cioè offerti dai governi in tanto in quanto ritengano di soddisfare, senza scopo di lucro, richieste del
pubblico).

Il caso che riguarda l’Italia è definito unico al mondo in quanto è un caso mai visto prima né dopo.

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Nella nostra Nazione, date:

1) La modestia delle condizioni originarie


2) L’unificazione tardiva
3) I complessi problemi successivi all’Unità
4) La carenza di accumulazione, cioè di capitali necessari allo sviluppo economico-industriale
5) L’eccesso di manodopera senza occupazione

Per dare vita alla rivoluzione industriale dovette venire in campo uno fra i fattori sostitutivi di
Gerschenkron, le banche, in particolare le banche miste, le quali erano nel contempo finanziatrici e
socie delle imprese finanziate (non solo concedevano prestiti a grandi imprese, ma partecipavano al
loro capitale, in alcuni casi diventandone anche azioniste di maggioranza).

Il processo prese così avvio verso la fine del XIX secolo ed ebbe poi grande impulso con le produzioni
belliche del 1915-1918, grazie dunque all’intervento forzoso dell’altro grade fattore sostitutivo di
Gerschenkron, lo Stato (cioè la domanda pubblica di armamenti).

Ma con il ritorno alla pace, con la caduta della domanda pubblica bellica, con la gigantesca inflazione
corrente, con il biennio rosso, molte imprese entrarono in crisi (per primi i grandi gruppi siderurgici).

La crisi di molti grandi gruppi industriali criticizzò pure le grandi banche miste che li avevano
finanziati ed espansi. Le banche infatti si trovavano immobilizzate (con tutti i loro investimenti
bloccati) giacché non riuscivano a farsi restituire i crediti concessi e le imprese non li restituivano
giacché in crisi. Le banche inoltre si trovarono nel contempo depauperate nel senso che:

a. Le imprese da loro controllate non distribuivano più utili anzi registravano perdite
b. Dunque le azioni con cui esse controllavano le imprese finanziate valevano ora molto meno

La situazione si trascinò fra alti e bassi negli anni Venti fra provvedimenti governativi, lotta asperrima
fra le banche, pseudo-ripresa nazionale. Con la crisi del 1929, anche le residue banche miste rimase
in vita, Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano, Banco di Roma, crollarono e con esse l’intero
sistema di imprese che controllavano.

Il governo Mussolini attuò una forma di salvataggio che risultò del tutto innovativa per l’epoca:

 Le banche vennero nazionalizzate diventando così proprietà dello Stato e dichiarate Banche
di Interesse Nazionale (BIN), vietando loro qualunque altro investimento.
 Tutte le imprese che esse controllavano come grandi azioniste vennero riunite in
un’apposita società finanziaria, una capogruppo nella quale quelle imprese vennero:
i) Dapprima tutte concentrate
ii) Poi suddivise per settori di attività omogenei
iii) Quindi raggruppate in questi anche se in precedenza concorrenti le une con le altre

Venne così fondato l’IRI – ISTITUTO PER LA RICOSTRUZIONE INDUSTRIALE (1933) – al quale
facevano capo varie società finanziarie, capogruppo di settore:

 FINSIDER (attività siderurgiche)  FINMECCANICA (settore meccanico)


 FINCANTIERI (costruzioni navali)  FINMARE (attività marittime)

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L’IRI venne molto ben gestito da allora fino ai primi anni ’60 e divenne un modello per molte nazioni
per la collaborazione pubblico-privato, infatti molte imprese dell’IRI erano redditizie, erano quotate
in Borsa, avevano soci e azionisti anche privati. Tuttavia a partire dal 1960 circa, iniziò una fatale
politica di liquidazioni, di pre-pensionamenti, cessioni, privatizzazioni; trasformato in una società per
Azioni nel ’93 fu liquidato 10 anni dopo.

Le tre BIN vennero poi privatizzate e quindi variamente fuse in altre banche maggiori gli anni
successivi.

Con l’istituzione dell’IRI l’Italia risultò il secondo stato al mondo per controllo pubblico dell’economia
dopo l’Unione Sovietica.

Tuttavia, all’epoca, sembrava:

A) difficile conciliare l’iniziativa privata con quella pubblica dell’IRI e si temeva che le imprese
ora pubbliche potessero muovere una concorrenza scorretta alle imprese private, giovandosi
del fatto di appartenere allo Stato, così forse potendo rinunciare all’economicità (equilibrio
economico), anzi potendogli eventualmente chiedere aiuto in caso di necessità
B) che l’economia italiana fosse avviata a una logica di equilibrio pubblico-privato, dando così
vita a una economia mista (ovvero in direzioni sempre più pubblicistiche e dirigistiche)

Fu per questi motivi che si parlò di terza via, come se qualunque sistema economico potesse venire
organizzato:

 non in modo puramente liberista, ovvero senza alcun controllo da parte dello Stato
(secondo il principio he il mercato si auto-regola perfettamente)
 e neppure in modo collettivista e pianificato (dove le grandi direttrici dello sviluppo e degli
investimenti erano stabilite dal governo centrale
 bensì in modo intermedio, secondo i principi dell’economia programmatica, fondata sulla
contrattazione e sull’accordo pubblico-privato, sotto l’egida del governo, al quale spettasse
inoltre di stabilire le grandi direttrici di sviluppo del sistema economico.

L’ECONOMIA DI MERCATO

I VANTAGGI DELL’ECONOMIA DI MERCATO

Mercato libero significa libera concorrenza fra le imprese, le quali tendono al proprio continuo
sviluppo con l’obbiettivo di collocare i propri prodotti sempre rinnovati, o nuovi, cos’ estendendosi
nei mercati e accrescendo le proprie dimensioni. La vivace concorrenza fra le varie imprese porta ai
seguenti risultati:

1) miglioramento e aggiornamento continui dei prodotti


2) migliore e più capillare distribuzione
3) riduzione dei prezzi di vendita a parità di qualità

Dall’economia di mercato derivano dunque vantaggi collettivi:

 per consumatori e investitori (aziende famigliari) => grazie all’economia di mercato si


trovano ad avere una varietà di scelte praticamente infinita

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Lorenzoni Filippo
A.A.: 2021-22

 per le imprese => si trovano a disporre di pressoché infinite possibilità di scelta per quanto
concerne i fattori produttivi, il progresso tecnico, le possibilità di mercato
 per i settori industriali nella loro struttura e funzionamento => l’economia di mercato
consente a tutte le imprese di crescere e svilupparsi, stimola anche la sana concorrenza,
dunque l’espansione delle imprese efficaci-efficienti e innovative stimola anche
l’arretramento fino alla scomparsa delle inefficienti, con purificazione del sistema e una
migliore allocazione dei capitali
 per le aziende territoriali => hanno maggiori flussi di imposte

Questo avviene in ipotesi ottime, di svolgimenti regolari e ordinati, di assenza di turbamenti esterni
o strutturali come le forze-shock (guerre, migrazioni, rivoluzioni, calamità naturali) che possono
colpire più sistemi economici. Perciò il panorama descritto è sostanzialmente veritiero nel lungo
periodo (e non è un inno all’economia di mercato). Basti pensare ai progressi moderni e
contemporanei in tema di:

- durata media della vita


- aumento del tempo libero (a discapito delle ore lavorative)
- migliori livelli medi quali-quantitativi dei consumi
- aumento dell’accesso all’istruzione
- migliori livelli prestazionali di molti beni di consumo

il passaggio dai settori primari al secondario, e poi al terziario, comporta vantaggi indiscutibili per
l’intera economia, ma in particolare un generale sistema di mutamenti:

 per le classi lavoratrici: che passano a orari lavorativi definiti, a redditi regolari, a sistemi di
assicurazioni malattie e infortuni, a tutele sindacali
 per l’intera società industriale: che da vita a processi di sviluppo di nuove conoscenze e
competenze economiche, tecniche e gestionali
 per la società in generale: che si trova proiettata verso l’inurbamento, ma soprattutto verso
un sistema di prodotti-mercati-informazioni-redditi-tempo libero assolutamente differenti
dalle precedenti (localistiche, agricole, campagnole).

Di mano in mano che si sviluppano gli inurbamenti e i progressi, tende prevalere e poi dominare, il
momento economico e si trascurano o si tralasciano i Valori a favore dei comportamenti. Il tema
viene inadeguatamente definito da alcuni come società liquida, ovvero una società senza più valori,
senza gerarchia, tutta tesa all’utilitarismo e con pseudo-regole indotte dagli interessi. Si tratta del
contrasto e dell’opposizione fra KULTUR E ZIVILISTION.

 KULTUR = civiltà, storia culturale => rappresenta la cultura, le forme espressive di un popolo
nel campo delle scienze e delle arti e rappresenta lo Spirito dell’umanità e ne esprime e
guida lo sviluppo, giacché rappresenta nell’insieme l’etica, la tradizione, la patria, infine
l’umanesimo (valori superiori estetici e artistici)
 ZIVILISATION = borghesizzazione, civilizzazione => rappresenta il modo di vivere di un
popolo, le modalità via via più avanzate del progresso anche tecnico: costituisce il corpo
vivente e dinamico dell’umanità, ma significa anche avidità, affarismo, consumismo,
arricchimento della visibilità.

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Sin dalla Prima Guerra Mondiale, alcuni pensatori, nemici della modalità con cui il progresso si
esprimeva già da allora, si espressero in toni pessimistici sulle dinamiche assunte dalla Zivilisation
(quindi una civilizzazione materialista). Si ricordano i più importanti:

 SPENGLER => prevedeva il futuro predominio della tecnica e dell’industrialismo e il pericolo


di marginalizzare i valori spirituali a favore della monetizzazione del mondo
 ORTEGA Y GASSET => prevede con l’avvento dell’iper-democrazia e dell’uomo-massa
(individuo infantile e viziato) al potere, l’aumento del livello medio di materialismo nelle
scelte singole e collettive
 MANN => afferma che la Zivilisation, procedendo verso una forma meramente meccanica di
progresso, sarebbe sboccata nell’affarismo borghese, la corsa a denaro, il consumismo,
l’egualitarismo, la globalizzazione

Ricorda Benedetto Croce che il progresso non è un “miglioramento senza fine” (come il positivismo
di fine Ottocento), ma è la storia sempiterna delle altezze e della bassezze dell’umanità in contesti
materiali sempre più facilitati.

I DIFETTI DEI SISTEMI ECONOMICI IPER-LIBERISTI

Esistono anche estimatori ciechi dell’economia di mercato e della sua modernità (vista come
perenne luogo di progresso, di benessere, di miglioramento delle condizioni di vita) e che quindi
doveva essere lasciata libera di esprimersi con la minore quantità possibile di leggi e regolamenti.
Tuttavia, assieme ai fattori positivi, si possono individuare difetti di svolgimento nell’economia di
mercato tra cui:

1) Processi di sfruttamento di lavoratori


2) Frodi, ingiustizie e oppressioni praticate da imprese nei confronti dei clienti, dei mercati, dei
finanziatori, dei fornitori
3) Attività di lobbying (pressioni organizzate su parlamenti e organi deliberanti al fine di
ottenere leggi e regolamenti a loro favore)
4) Grandi gruppi multinazionali o monopolistici che dominano i mercati
5) Costituzione da parte di imprese di un medesimo settore di cartelli (accordi tra esse per
limitare la concorrenza a proprio vantaggio)
6) Grandi crisi mondiali (1929, 1973, 2008)

Questi difetti di svolgimento, in realtà, non riguardano l’economia di mercato nella sua struttura
logica e funzionale, ma si tratta soprattutto di comportamenti illeciti che:

 Esistono da sempre
 Si sono ampliati su larga scala con il processo di globalizzazione
 Non sono contenuti dalle tre strutture di ordine (DIRITTO, POLITICA, ETICA)

Di seguito esempi di come il diritto può risolvere questi comportamenti illeciti:

a. Sfruttamento dei dipendenti => legislazione lavoristica (esiste da più di 100 anni, basta
applicarla)
b. Frodi, ingiustizie, oppressioni => diritto penale che contempla e punisce i reati
c. Dominio dei mercati => è diffusa la legislazione contraria ai cartelli e anti-inquinamento;
esiste anche il reato di posizione dominante, basta sanzionarlo

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Lorenzoni Filippo
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d. Le grandi crisi scaturirono da normative permissive ai limiti dell’illecito

I casi c) e d) possono risultare i difetti-tipo dei sistemi iper-liberisti in assenza di normativa o con
normative permissive o lassiste, che consentirono a corrotti in penetrare nel mercato ed
espandendo illeciti sotto la falsa protezione delle libertà di mercato. Si tratta dunque di
responsabilità della politica e dei parlamenti i quali forgiano normative permissive.

Le carenze dei casi a), b) e ancora c) possono venire imputate alla magistratura, la quale è
comunque orientata (direttamente e indirettamente) dalla politica, e inoltre dallo Spirito del tempo.

Ecco quindi che l’Etica diventa un fondamento indispensabile del vivere civile tanto più necessario in
epoche in cui si diffondono le mentalità del desiderio illimitato e del denaro quale fattore
legittimante.

I Trust e la Trustificazione

Esiste un solo caso particolare (differente e contrario agli equilibri dell’economia di mercato) che
può verificarsi in assenza di illeciti:

 Acquisizione da parte di una o poche imprese (grazie alle proprie capacità superiori), di tali
dimensioni e potere di mercato da renderle semi-monopoliste nel proprio settore o
mercato, con il potere dunque di dettare prezzi e quantità
 Si hanno quindi tendenze monopolistiche in alcuni settori, con il tendenziale dominio di
imprese grandi o grandissime, costituite in forma di gruppo e governate da una casa-madre
in forma di holding

È questa una tendenza dei sistemi economici sviluppati che fu evidenziata con preoccupazione da J.
A. SCHUMPETER, il quale parlò di trustificazione dell’economica.

Trust va inteso come l’insieme di oligopoli (poche imprese) o monopoli (una sola impresa) costituiti
da imprese grandi o grandissime, fatalmente tesi a dominare e sfruttare i mercati a proprio
vantaggio (big business). Ad esempio la Nestlé nel settore alimentare, e LVMH (Louis Vuitton-Moet-
Hennessy) nel settore della moda, degli champagne e dei gioielli.

Molti gruppi si sono espansi grazie:

a. Alle proprie superiori capacità


b. Ai grandi acquisti di imprese famose collezionando così marchi
c. Alla possibilità di realizzare economie di scala negli acquisti e nella distribuzione

Al riguardo Schumpeter osserva preoccupato il declino dell’imprenditore a causa della


scientifizzazione dei processi gestionali: aumento delle dimensioni d’impresa, sempre minore risulta
lo spazio per l’intuizione e l’originalità imprenditoriale, la quale deve lasciar spazio all’azione di
specialisti (dirigenti e funzionari della produzione, marketing, amministrazione e finanza). Egli
prevedeva poi un avvenire negativo per l’economia di mercato, stretta fra grandi trust, istanze
corporative (protezione di gruppi particolari) e tendenze socialiste. Tuttavia egli non considera la
successione degli Stati-guida e quindi la circolazione delle élites, delle imprese e dei settori. Egli
cioè ha forse in parte trascurato la considerazione dell’innovazione e dell’avvento in interi settori
nuovi, dove gli inizi di questi sono da parte di imprese piccole o minime che (grazie all’originalità

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imprenditoriale) riavviano il processo rinnovando le strutture dimensionali, riducendo la


trustificazione con una circolazione dei settori industriali.

Gli iper-liberisti

I maggiori autori iper-liberisti furono:

 ROTHBARD => sostenitore di tutte le libertà individuali e della libertà d’impresa e suggerisce
l’abolizione di tutte le forme di autorità e di norma a cominciare dallo Stato (fonte di tutti i
limiti delle libertà). Le sue posizioni estreme vengono denominate anarco-libertarie
 MISES (maestro di Rothbard) => si pronunciò a favore di un acceso liberismo utilitarista
quale difensore accanito della proprietà e dell’iniziativa private: lo Stato deve garantire la
libertà economica, cioè abolire tutte le leggi che riducono le libertà degli individui; in
particolare, dal punto di vista economico, che impediscono alle persone attive e operose di
superare gli individui statici e meno efficienti (quindi ogni interventismo statale deve essere
bandito in quanto lo Stato attua scelte lesive alla libertà ed è la causa dell’inflazione)
 FRIEDMAN (Nobel per l’economia 1976) => riteneva che abbondare in spesa pubblica
soprattutto stampando cartamoneta non avrebbe portato vantaggio all’economia ma
avrebbe solamente indotto l’inflazione. Inflazione che andava debellata (dannosa per i ceti
meno fortunati). A tal proposito afferma che la massa monetaria dovese crescere in modo
stabile e controllato.

La logica di fondo del pensiero di Friedman può venire sintetizzata come segue:

A) Individui e imprese debbono essere lasciati liberi di consumare e investire: è questo l’unico
modo per far crescere il reddito nazionale, assieme a politiche monetarie attente e rigorose
B) Gli incrementi di spesa pubblica attuati per creare maggiore occupazione (secondo Keynes)
risultano fallaci in quanto all’aumentare della spesa pubblica aumenta soltanto l’inflazione
C) Occorre che governi e banche centrali:
1) Abbandonino le politiche espansive
2) Riducano la spesa pubblica
3) Abbandonino ogni pretesa di intervento pubblico

Secondo Friedman, infatti, ogni intervento pubblico risulta inefficiente o dannoso poiché ogni
stimolo esterno disturba lo svolgimento dell’economia privata.

Questi Autori erano contrari alle politiche di finanza statale e all’espansione della sfeera pubblica in
generale, in quanto vedevano nell’intervento pubblico:

 Limiti all’iniziativa dei singoli, delle aziende familiari e delle imprese


 Iniziativa vincolata da complessità e burocrazia
 Prelievi tributari ingenti e via via crescenti

Essi immaginavano che sempre l’iniziativa privata tutelasse la libertà, producesse ricchezza,
riversasse in continuazione del sistema nuovi redditi categorici.

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Tuttavia, l’iper-liberismo porta:

 Oligopoli e cartelli
 Abusi di posizione dominante da parte di grandi imprese
 Corruttele di classi politiche
 Legislazioni manipolate

LE TRE STRUTTURE DI ORDINE: DIRITTO, POLITICA, ETICA

Risultano indispensabili le tre strutture di ordine della società civile, il cui funzionamento come
comunità (Gemeinschaft) deriva appunto da tali strutture. Il maggiore o minore ordine sociale
dipende dalla qualità di tali strutture alle quali è ammesso ribellarsi solo se disordinate, disoneste,
rovinose.

Tali strutture sono:

 Diritto  Politica  Etica

DIRITTO

È l’armatura che sostiene la società e il suo svolgersi, e ne consente sviluppi organici e disciplinati. È
compito dunque del diritto animare le leggi e il sistema organico di leggi che prende il nome di
ordinamento, dalla cui fondatezza, correttezza e completezza discendono una vita sociale ordinata,
indirizzi comportamentali chiaramente definiti, in modo da:

1. Tutelare i deboli, impedire comportamenti scorretti, punire i disonesti


2. Evitare le frodi, proteggendo la salute, la famiglia, il lavoro, il risparmio, gli investimenti
3. Tutelare l’ordine pubblico in tutte le sue forme e portare lo stato verso lo sviluppo

Esistono due tipologie di diritto:

 DIRITTO CODICISTICO (civil law): è per esempio il diritto romano, un sistema che regola
la convivenza civile, disciplinando:
 Le personae
 Le res
 Le actiones

Con Giustiniano si ha la stesura del Corpus Iuris Civilis e questo influenzerà in varie
forme tutto il diritto dell’Europa Occidentale fino al Code Napoleon (1804).

 DIRITTO CONSUETUDINARIO (common law): tipico delle nazioni anglosassoni e consiste


nel rifarsi al precedente per obbedirvi o adattarsi. La difficoltà di questo sistema sta
nell’individuare ogni volta casi molto simili a cui rifarsi. Per questo anche il sistema della
Common Law si sta orientando verso una natura più codicistica (problema della tecnica
legislativa).

Il diritto dunque può risultare organico o pasticciato, funzionale o disfunzionale e al riguardo risulta
fondamentale il ruolo della politica, proprio anche dal punto di vista del contributo di essa alla
formazione delle leggi.

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POLITICA

Secondo Aristotele le forme di reggimento di uno stato possono essere le seguenti:

a. Monarchia => il governo da parte di uno solo


b. Oligarchia => governo da parte di pochi

Mentre le tre forme di dominio-dittatura sono:

a. Aristocrazia => dominio da parte dei migliori


b. Timocrazia => dominio da parte di una cerchia ristretta
c. Democrazia => dominio del popolo

Obbiettivo di fondo della politica dovrebbe risultare lo sviluppo (miglioramento qualitativo) della
compagine nazionale in tutti i suoi aspetti, dunque dell’incivilimento di uno Stato e di tutti i suoi
cittadini.

Le strutture politiche sono composte come segue:

1) Capo dello Stato


2) Potere legislativo
3) Potere esecutivo (gestione pubblica e quindi comprende il potere tributario)
4) Potere giudiziario

La politica può dar vita:

 A regimi assolutistici
 A regimi parlamentari di democrazia plebiscitaria (un solo partito, come nell’Italia fascista)
 A regimi parlamentari di tipo partitico (partitocrazie)

Tuttavia, nelle partitocrazie degradate, tendono a crescere di numero e di dimensione gli organi di
governo, di esecuzione, di controllo non tanto a fini di maggiore efficienza bensì per dare sfogo alle
pretese dei partiti.

A questo proposito CALAMANDREI (uno dei padri della Costituzione Italiana) afferma: “chiamare i
deputati e i senatori rappresentanti del popolo non significa più ciò che significa più ciò che con
questa frase si voleva dire in altri tempi: si dovrebbe piuttosto chiamarli impiegati del proprio
partito”.

Allo stesso tempo DEMARIA afferma: “la decadenza e la impopolarità dei parlamentari sono
cominciate all’insegna dei partiti. Essi sono in stretto rapporto non solo con la parzialità e
l’opportunismo, ma con la scorrettezza, la disonestà e la duplicità ideologica insite in tali centri di
potere.

La democrazia può tramutarsi in dittatura della maggioranza dove maggioranze arriviste e colluse
danno vita a governi partigiani i quali legiferano a vantaggio dei propri elettori, dunque a danno
degli elettori degli altri partiti, modificando anche le leggi al fine di garantirsi la permanenza
sempiterna al potere, dunque l’occupazione dello stesso.

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TOCQUEVILLE teorizza il dispotismo della maggioranza seguendo lo schema:

maggioranza parlamentare collusa e partigiana  elezione di governi obbedienti 


 proposte governative di leggi a favore dei partiti di maggioranza  approvazione del parlamento
 successo elettorale dei partiti di maggioranza  rafforzamento della maggioranza stessa

Quindi l’esecutivo (governo) modifica il legislativo (parlamento) giacché è un governo asservito alla
maggioranza partitico-parlamentare, la stessa che approverà quelle leggi, arrivando anche a
modificare il giudiziario (magistratura)

Perciò le classi partitiche:

 Espandono la spesa pubblica (usando come giustifica Keynes)


 Sottraggono spazio alla libertà di iniziativa e ai settori privati allargando l’area pubblica
dell’economia
 Aumentano la burocrazia

ETICA

Sia il diritto sia la politica vengono costruiti, articolati, sviluppati, vissuti con fondamento etico. Con
Etica s’intende quel senso del bene e del male che è innato in ciascuno di noi.

Le principali concezioni etiche:

- ETICA CINESE: il suo massimo esponente e forgiatore è Confucio, il quale esprime l’etica
attraverso forme di massime (si veda l’elenco a pag. 134)
- ETICA ARISTOTELICA: con etica Aristotele s’intende ciò che è relativo ai costumi, ai
comportamenti e la indentifica in una disciplina filosofica che serve per orientare l’agire
dell’uomo al fine di indirizzare la sua vita alla Felicità. Per fare questo bisogna distinguere la
Felicità dai piaceri e servirsi delle Virtù.
- ETICA ROMANA CLASSICA: Eneo Domizio Ulpiano sintetizzò l’etica in 3 precetti:
 Vivere secondo i precetti dell’onestà
 Non recar danno alcuno
 Riconoscere a ciascuno quanto gli spetta
- ETICA CRISTIANA: i due massimi esponenti furono:
 Sant’Agostino => afferma che il male deriva dall’azione dell’uomo ed è solo l’azione
della Grazia a consentire di distinguere il bene e il male e di dar forza alla volontà di
perseguire il bene, ovvero tendere verso Dio (il fine di tutte le azioni dell’uomo)
 San Tommaso d’Aquino => secondo lui la filosofia morale segue una comprensione
ben fondata di ciò che è giusto fare, la quale scelga adeguatamente gli scopi del
nostro agire, orienti i mezzi a nostra disposizione e così determini le nostre decisioni
orientate al bene.
È dunque l’etica che deve orientare le abitudini e i comportamenti dell’uomo.
Per l’etica economica S. Tommaso afferma la necessità della difesa della proprietà
privata, dell’attività economica (tra cui anche quella dello scambio)
- ETICA KANTIANA: Kant fonda l’etica sull’Uomo, sulla sua dignità di essere personale e
razionale, nel quale è la ragione che detta liberamente i comportamenti. Quindi la ragione
deve cioè orientare la volontà a rispettare le leggi morali e a conformarvisi.
Secondo Kant in sostanza esistono per tutti noi degli obblighi (imperativi categorici) i quali
vanno seguiti a prescindere dalle conseguenze personali anche negative.

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- ETICA CROCIANA: Croce afferma che l’etica deve guidare i comportamenti anche da un
punto di vista meramente razionale, anche se siamo incerti, increduli, non credenti

In sintesi: Il diritto deriva dalla politica e quindi la qualità del diritto dipende dalla qualità della
classe politica. A sua volta la politica è guidata dall’etica, perciò, le basi sulle quali decide la politica si
fondano sull'etica.

La politica (e quindi il diritto) si basano su idee, ovvero dei pensieri temporali (pensieri relativi al
secolo in cui si vive).

Esempi sul climax ascendente Diritto-Politica-Etica

1. Caso dell'aborto => Texas vuole diminuire e azzerare le possibilità di aborto e va a scontrarsi
con Biden
2. Utero in affitto => problema etico politico e del diritto
3. In USA (alcuni stati) dopo tre pene scatta l'ergastolo (sei recidivo)
4. Caso del referendum a Berlino sul caso immobiliare => grandi società immobiliari devono
essere espropriate dei loro appartamenti e redistribuiti alla popolazione

Note di fine capitolo:

Le due leggi fondamentali dell’Economia Aziendale:


 SEMPITERNITA' DELLA NATURA UMANA
 SEMPITERNITA' DELL'ECONMIA AZIENDALE
Corollari:
 La legge dell'equilibrio economico
 La legge dello sviluppo economico => lo sviluppo è il miglioramento e l'aggiornamento
interno e di mercato => le imprese concorrono fra di loro

RICORDA:
 Affitto = solo per beni mobili
 Locazione = solo per beni immobili

 In economia aziendale si tratta solo di BENI ECONOMICI e non di beni e servizi

 Ontologia => riguarda l'essere


 Deontologia => riguarda il dover essere

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