Sei sulla pagina 1di 13

LA CHIMERA

Antonia, orfana abbandonata il 17 Gennaio 1590 a Novara, nei pressi del convento di S. Michele,
cresce educata dalle suore alla rigida disciplina del convento. All'età di dieci anni viene adottata dai
coniugi Nidasio che vivono nella bassa novarese, precisamente nel paesino di Zardino che, come
precisa subito l'autore, oggi non esiste più. Il suo arrivo in paese è caratterizzato dalla curiosità delle
comari per la nuova arrivata, ma anche da una certa diffidenza perché, per le sue caratteristiche
fisiche, appare troppo bella e non adatta ai duri lavori della campagna. Nel frattempo la città di
Novara è segnata da avvenimenti importanti: tra questi spicca la nomina a vescovo della città di
Carlo Bascapè, religioso intransigente, inimicatosi con la Roma cattolica e corrotta del tempo e per
questo confinato a Novara.

Nella sua nuova diocesi sostituisce molti parroci corrotti (i quistioni) che si occupavano solo del loro
personale sostentamento economico anche con attività poco lecite. Le sue riforme raggiungono
anche Zardino, infatti il vecchio parroco Don Michele viene sostituito dal giovane, ambizioso e
intransigente Don Teresio che pretende dai paesani la partecipazione alle frequenti cerimonie
religiose ed offerte di denaro e prodotti della terra. Antonia viene presto allontanata dalla chiesa
perché accusata di aver riso del vescovo durante una sua visita a Zardino. Da quel momento la
ragazza afferma spesso pubblicamente che i preti sono inutili e raccontano favole alla povera gente
per "spillare quattrini". Inoltre rifiuta proposte di matrimonio di ricchi signori, guadagnandosi così la
fama di superba da parte dei paesani. A diciannove anni s'innamora di un povero e poco affidabile
"camminante" (vagabondo) di nome Gasparo. Egli riunisce e controlla squadre di "risaroli"(miseri
lavoratori delle piantagioni di riso) da portare a Zardino. Antonia e Gasparo si incontrano di nascosto
di notte nei pressi del "dosso dell'albera", una collinetta, fuori dal paese, con un grande e vecchio
albero di castagno, dove i paesani pensavano che le streghe si riunissero con il diavolo. Lei è
sinceramente innamorata di lui e sogna un futuro con quest'uomo di misera condizione, lui invece le
fa un sacco di promesse che non intende mantenere perché non ha nessuna voglia di legarsi. Nei
suoi spostamenti notturni Atonia viene più volte sorpresa dai "Fratelli Cristiani"(una sorta di guardie
che impedivano fughe notturne dei risaroli), che la riportano a casa con la forza. Tutti questi suoi
comportamenti originali e al di fuori delle comuni regole, alimentano le voci che Antonia sia una
strega e che di notte esca per incontrarsi con il diavolo. Così, in paese, molti la evitano fino ad
isolarla e ad offenderla. Infine Don Teresio la denuncia al tribunale ecclesiastico di Novara,
presieduto dall'inquisitore Mainini che s'interessa con grande fervore al caso, non per scoprire la
verità, ma per ridare al Tribunale l'importanza perduta e dimostrare la sua indipendenza dal
Vescovo. Vengono interrogati molti testimoni, anche i suoi compaesani, che confermano la
colpevolezza della "strega". Le poche persone che raccontano della storia d'amore tra Antonia e il
camminante Gasparo non vengono creduti. L'imputata viene così arrestata e crudelmente torturata
finché, stremata dal dolore e dalle sofferenze elle stessa ammette che la notte s'incontrava con
qualcuno che poteva essere anche un diavolo. Antonia viene così condannata e bruciata viva al
dosso dell'albera, issata su una pira di legni ricavati dal castagno "maledetto". Sistema dei
personaggi: Antonia, scura di capelli, occhi e pelle, è la protagonista di questo racconto, un
personaggio che nello svolgersi della vicenda si evolve e cambia il paese affermano avvengono i
sabba, in altre parole i riti satanici nei quali le streghe vengono possedute dal demonio.

Il romanzo si colloca tra il XVI e il XVII secolo, in piena dominazione spagnola. L'autore inizia con la
nascita d'Antonia, il 17 gennaio del 1590, e termina il romanzo il 20 agosto del 1610, quando morì
Antonia. Messaggio fondamentale dell'opera: Lo scrittore racconta una storia ambientata nel 1600.
Prende spunto da un manoscritto che testimonia il processo ad una strega e così può raccontarci la
sua visione prettamente negativa della Chiesa di quel tempo, preoccupata di affermare il proprio
potere politico e ideologico e di mantenere i propri privilegi. La corruzione è un fenomeno diffuso
anche tra i preti e comunque gli uomini di chiesa non si preoccupano delle condizioni di vita dei più
poveri ma solo d'imporre il loro ordine con mezzi come la paura dell'inferno.

Partendo da questo quadro finisce però per parlare soprattutto dei pregiudizi, della discriminazione
che sempre hanno accompagnato la storia dell'uomo e di tutti gli uomini, sia quelli importanti e
potenti come il vescovo Bascapè o l'inquisitore Mainini, che grazie al processo e alla condanna di
Antonia raggiunge il culmine della sua carriera, sia del popolo che con le sue paure e la sua povertà è
comunque capace di grandi crudeltà verso chi viene sentito come diverso. Impressioni personali: Il
racconto presenta parti in cui si descrivono particolari fatti storici, che a volte si dilungano per molte
pagine e che puntualmente mi hanno annoiato. Quando invece l'autore racconta la storia di Atonia,
le sue sofferenze e il suo coraggio, o quando descrive personaggi come il vescovo, l'inquisitore o i
popolani di Zardino, allora il romanzo diventa davvero avvincente. Molti di quei personaggi
presentano le miserie del genere umano, che non sono da collocare in quell'unico contesto storico,
ma che purtroppo sono tipiche dell'uomo di tutti i tempi. sue idee. La ragazza viene abbandonata
quando è ancora in fasce, così cresce nel convento tra preghiere e rigida disciplina; ma qui vive
comunque serenamente. Quando i coniugi Nidasio la adottano, Antonia è costretta ad abbandonare
il suo mondo per scoprirne uno nuovo di cui non conosce nulla. A causa di un parroco oppressivo
perde la sua fiducia nell'istituzione religiosa. È una ragazza decisa e convinta delle sue scelte: ha il
coraggio di rifiutare diverse proposte di matrimonio che non le interessano; questo, unitamente al
fatto che si fa ritrarre sotto le vesti della Madonna, la portano a meritarsi l'accusa di superbia e le
procurano la scomunica. Antonia rimane forte fino al momento del processo dove, in un primo
momento nega le accuse e cerca di difendersi, poi sottoposta a tortura, si lascia andare e rilascia una
confessione falsa o meglio confusa che permette comunque all'inquisitore di dichiararla colpevole.
Un altro personaggio molto interessante è Carlo Bascapè, il vescovo di Novara, che a mio parere è
descritto in modo splendido dall'autore: ad ogni sua apparizione nella storia, infatti, è come se me lo
fossi trovato davanti, quell' ometto gracile, magrissimo, con la pelle smorta color della cera, le mani
bianche e ossute come quelle di un morto, quasi un "cadavere vivo". Era così pieno di mali, allergie,
emicranie, dolori alle ossa e chissà cos' altro ancora, che tutti pensavano avrebbe presto raggiunto il
Signore a cui tanto era devoto; invece lui restava lì, non voleva andarsene, e sognava di riportare la
Chiesa, con i suoi fedeli e i suoi ministri all' antico splendore e all' antica moralità, ripercorrendo le
orme dell' defunto "amico-guida" Carlo Borromeo, a cui si rivolge sempre nei momenti di difficoltà e
sconforto Spazio e tempo: Il romanzo si ambienta per intero nella provincia novarese, più
precisamente in un piccolo paesino della bassa, Zardino, che come l'autore ripete più volte tra
premessa e congedo, ora non esiste più, probabilmente cancellato dalle pestilenze, dalle battaglie,
dagli incendi o da chissà cos'altro. Zardino è un piccolo borgo come ce ne sono tanti altri nella
Pianura Padana a quei tempi. E' un paesino abitato da contadini, circondato da campi di granturco,
da risaie. E' dominato da due collinette formatesi con i sedimenti portati dal Sesia che scorre a poche
centinaia di metri, e che gli abitanti di Zardino chiamano "il dosso dei ceppi rossi" e "il dosso
dell'albera", dove le dicerie e le fantasticherie di paese affermano avvengono i sabba, in altre parole i
riti satanici nei quali le streghe vengono possedute dal demonio.

Il romanzo si colloca tra il XVI e il XVII secolo, in piena dominazione spagnola. L'autore inizia con la
nascita d'Antonia, il 17 gennaio del 1590, e termina il romanzo il 20 agosto del 1610, quando morì
Antonia. Messaggio fondamentale dell'opera: Lo scrittore racconta una storia ambientata nel 1600.
Prende spunto da un manoscritto che testimonia il processo ad una strega e così può raccontarci la
sua visione prettamente negativa della Chiesa di quel tempo, preoccupata di affermare il proprio
potere politico e ideologico e di mantenere i propri privilegi. La corruzione è un fenomeno diffuso
anche tra i preti e comunque gli uomini di chiesa non si preoccupano delle condizioni di vita dei più
poveri ma solo d'imporre il loro ordine con mezzi come la paura dell'inferno.

Partendo da questo quadro finisce però per parlare soprattutto dei pregiudizi, della discriminazione
che sempre hanno accompagnato la storia dell'uomo e di tutti gli uomini, sia quelli importanti e
potenti come il vescovo Bascapè o l'inquisitore Mainini, che grazie al processo e alla condanna di
Antonia raggiunge il culmine della sua carriera, sia del popolo che con le sue paure e la sua povertà è
comunque capace di grandi crudeltà verso chi viene sentito come diverso. Impressioni personali: Il
racconto presenta parti in cui si descrivono particolari fatti storici, che a volte si dilungano per molte
pagine e che puntualmente mi hanno annoiato. Quando invece l'autore racconta la storia di Atonia,
le sue sofferenze e il suo coraggio, o quando descrive personaggi come il vescovo, l'inquisitore o i
popolani di Zardino, allora il romanzo diventa davvero avvincente. Molti di quei personaggi
presentano le miserie del genere umano, che non sono da collocare in quell'unico contesto storico,
ma che purtroppo sono tipiche dell'uomo di tutti i tempi.

2) Nella notte tra il 16 e il 17 gennaio del 1590 una neonata viene deposta sul torno della Casa di
Carità di San Michele fuori le mura, presso Novara. La bambina, cui viene dato il nome di Antonia,
entra nel cerchio delle esposte(trovatelle) della Pia Casa, che secondo un antico costume ancora
diffuso all’epoca si incaricava della loro prima educazione.
All’età di dieci anni, Antonia viene adottata da una famiglia locale che ne ottiene la custodia,
sollevando da tale compito il convento: trattasi dei coniugi Nidasio di Zardino, un paese della bassa
novarese. Le origini oscure della fanciulla le valgono però la diffidenza del paesino di camna, che
matura negli anni in aperta gelosia delle comari verso questa creaturina graziosa divenuta ben
presto una donna affascinante a scapito delle insignificanti garzoncelle locali.
Mentre Antonia vive il brusco impatto dei preconcetti contadini, la città di Novara viene toccata dai
tempi di crisi che attraversano l’Italia della Contro Riforma. Carlo Bascapè, resosi inviso a Roma per
le sue istanze di epurazione e razionalizzazione del credo, viene inviato dal pontefice in un esilio
poco mascherato nel lontano vescovado settentrionale. Il decrepito ecclesiastico comincia però a
darsi da fare, facendo del novarese una palestra di sperimentazione delle sue istanze riformiste: la
fede primitiva e scaramantica del contado viene duramente colpita in favore di un credo più sincero
e sentito, mentre i parroci sospetti di corruzione e lussuria, ma soprattutto i quistoni (privi della
corretta formazione seminariale e spesso anche dei voti veri e propri) vengono epurati e sostituiti da
nuove leve più affidabili.
Questo processo interessa anche Zardino, dove il vecchio quistone Don Michele viene sostituito dal
giovane ed ambizioso Don Teresio. Il nuovo sacerdote abitua i paesani a frequenti cerimonie ed
offerte in denaro, che urtano sensibilmente la popolazione, abituata alle scarse richieste economiche
di Michele, fornito di suoi mezzi di sussistenza.
Antonia, rea di aver danzato con dei Lanzi durante una loro visita al paesino, viene allontanata dalla
comunità cattolica per connivenza con gli eretici luterani. La fanciulla inizia da quel momento
un’aperta critica alla Chiesa di Roma, sia nelle sue dottrine (Paradiso ed Inferno vengono liquidati
come favolette) che, fatto ancora più grave, della sua bramosia di denaro. Parallelamente, la
fanciulla, ormai in età da marito, rifiuta il matrimonio con i numerosi pretendenti, spesso anche
economicamente onerosi, macchiandosi agli occhi del paese di peccaminosa Superbia: accusa che
esplode in vero e proprio scandalo quando le belle fattezze di Antonia vengono ritratte da un pittore
nelle vesti della Vergine in un'edicola. All’età di diciannove anni la ragazza vive la genesi della sua
tragedia. Antonia si innamora di Gasparo, un camminante (vagabondo nullafacente) che reclutava
disperarti montanari prossimi alla morte per fame(risaroli) e ne rivendeva la manodopera nelle
camne della bassa. I due si incontrano segretamente di notte presso il 'dosso dell’albera' (collina con
un castagno dove si pensava che le streghe si incontrassero col diavolo), dove la fanciulla viene
ingannata dalle grandi promesse del manigoldo. Sulla via del ritorno Antonia veniva spesso sorpresa
dai Fratelli Cristiani (pattuglie di zelanti cattolici incaricatisi di controllare lo stato morale della
comunità. nonché del più lucrativo compito di stanare i risaroli in fuga), che la riportavano a casa con
la forza. Questi comportamenti sospetti della giovane, uniti alle continue malelingue delle comari ed
all’aperta critica della comunità cristiana, portano ben presto a maturare un’infamante accusa nei
suoi confronti: Antonia viene creduta dai suoi compaesani una Strega! Don Teresio la denuncia al
Tribunale Ecclesiastico di Novara; diretto in quegli anni dallo zelante Inquisitore Manini, deciso a
riportarne in auge l’antico prestigio dell’ente dopo gli anni di umiliazioni vissuti sotto Bascapè
(fautore di una rivalsa vescovile ai danni di qualsiasi organo di controllo papale. spec. Il Sant’Uffizio).
Mentre il vescovo è assente per una visita a Roma, l’Inquisizione muove i primi passi del Processo:
vengono interrogati molti testimoni, che confermano la colpevolezza della Strega, mentre i famigliari
e l’amica Teresina (poi spalleggiata anche dalla testimonianza del camparo Pietro Maffiolo) la
discolpano, lasciando emergere la verità sugli incontri notturni di Antonia. Lo spauracchio del sesso
illecito muove però l’Inquisizione ad un passo più risoluto: la rea viene messa sotto tortura per
confermare di essersi concessa al demonio! Stremata dal dolore, Antonia confessa una colpa mai
perpetrata e sottoscrive una condanna per lei già pronta.
La fanciulla viene arsa con la legna dell’albero maledetto ove si incontrava con il suo amato,
risparmiata però al dolore da un sedativo datole dal suo carnefice.

PUNTO DI VISTA
Il narratore è onnisciente ed esterno alla vicenda ma spesso interviene nella narrazione con
commenti e osservazioni che influenzano il lettore e lo portano ad una più attenta osservazione delle
situazioni. La storia ci viene quindi presentata attraverso i pensieri di Vassalli che in alcune parti del
romanzo riesce a penetrare nella vicenda diventando così guida e giudice nella lettura.

AMBIENTI DESCRITTI
Il romanzo si ambienta per intero nella provincia novarese, più precisamente in un piccolo paesino
della bassa, Zardino, che come l’autore ripete più volte tra premessa e congedo, ora non esiste più,
probabilmente cancellato dalle pestilenze, dalle battaglie, dagli incendi o da chissà cos’altro.
Zardino è un piccolo borgo come ce ne sono tanti altri nella Pianura Padana a quei tempi. E’ un
paesino abitato da contadini, circondato da campi di granturco, da risaie. E’ dominato da due
collinette formatesi con i sedimenti portati dal Sesia che scorre a poche centinaia di metri, e che gli
abitanti di Zardino chiamano “il dosso dei ceppi rossi” e “il dosso dell’albera”, dove le dicerie e le
fantasticherie di paese affermano avvengono i sabba, in altre parole i riti satanici nei quali le streghe
vengono possedute dal demonio.

I PERSONAGGI DEL ROMANZO


Antonia Renata Giuditta Snolini, scura di capelli, occhi e pelle, è la protagonista di questo racconto,
un personaggio che nello svolgersi della vicenda si evolve e cambia le sue idee. La ragazza viene
abbandonata quando è ancora in fasce, così cresce nel convento tra preghiere e rigida disciplina; qui
si costruisce un habitat dove vive serenamente.
Quando i coniugi Nidasio la prelevano da questa vita, Antonia è costretta ad abbandonare il suo
mondo per scoprirne uno nuovo di cui non conosce nulla. A causa di un parroco oppressivo perde la
sua fiducia nell’istituzione religiosa. E’ una ragazza decisa e convinta delle sue scelte: ha il coraggio di
rifiutare diverse proposte di matrimonio che non le interessano; questo e il fatto che si fa ritrarre
sotto le vesti della Madonna la portano a meritarsi l’accusa di superbia e le procurano la scomunica.
Antonia rimane forte fino al momento del processo dove, in un primo momento nega le accuse e
cerca di difendersi, poi sottoposta a tortura, si lascia andare e rilascia una confessione falsa
ammettendo colpe che non ha.
Un altro personaggio che cambia il suo punto di vista e si evolve è il vescovo Bascapè.
Bascapè e un ometto gracile, magrissimo, con pelle smorta color della cera, le mani bianche e ossute
come quelle di un morto, è quasi un cadavere vivo, è pieno di mali, catarri, allergie, emicranie, dolori
alle ossa e chissà cos’altro ancora da far pensare a tutti che avrebbe raggiunto presto il Signore a cui
tanto era devoto, invece lui resta sempre lì, non vuole andarsene.
Arriva a Novara un po’ dispiaciuto per non essere diventato Papa ma convinto di poter cambiare la
chiesa corrotta dei suoi tempi cominciando la sua rivoluzione proprio da Novara; non riesce nel suo
intento che rimane solamente una chimera e, anzi, lo allontana dai suoi fedeli, facendolo isolare
all’interno della chiesa romana, e portandolo ad affermare che la Chiesa proclamava le persone,
sante solamente per liberarsene mettendole come in soffitta e quindi cercando di dimenticarle il più
in fretta possibile.
Gli altri personaggi principali sono i coniugi Batolo e Francesca Nidasio caratterizzati da una grande
bontà d’animo, Don Teresio con le sue prediche assurde e le sue assidue richieste di denaro, Don
Michele con le sue attività illecite.

COMMENTO
La storia di per sé abbastanza interessante, ma spesso il ritmo viene eccessivamente rallentato
dall’intento didascalico di Vassalli.
Il paragone con i Promessi Sposi viene spontaneo, visto il combaciare del periodo storico, e porta ad
una sostanziale osservazione: Manzoni operò una lunga descrizione dell’apparato ecclesiastico
italiano di quel periodo, spaziando dalle corruzioni della Grande Chiesa alle opere di bene della
Piccola Chiesa(Es. Priore Regionale dei Cappuccini & Fra Cristoforo); Vassalli invece si fissa su una
critica decisa verso un solo aspetto della vita ecclesiastica contemporanea ad Antonia, il gusto cioè
della Chiesa per la repressione delle dissidenze!

3) All’inizio del 1590, negli anni della Controriforma, la piccola Antonia viene abbandonata appena
nata al convento di San Michele, a Novara. Come cognome le suore che la accolgono scelgono
“Spagnoli”, per sottolineare i colori scuri e marcati che la caratterizzano fin da neonata. Antonia
cresce dunque con altri orfani in un ambiente estremamente protettivo, severo e religioso, con cui il
suo animo, pacato e generoso, si trova in armonia. Passano gli anni e Antonia diventa sempre più
bella, decisamente più delle sue compagne: talmente bella che le fanno recitare una poesia per dare
il benvenuto al vescovo Bascapè, appena giunto a Novara dopo essere stato allontanato da Roma a
causa del suo cattolicesimo eccessivamente severo. Antonia tuttavia, per l’emozione e per il pasto
pesante appena fatto, sviene durante l’esibizione, ma il vescovo si mostra magnanimo nei confronti
della bambina e la perdona.
Quando ha ormai compiuto dieci anni, Antonia viene adottata da due contadini, i coniugi Bartolo e
Francesca Nidasio: un destino peculiare rispetto a quello che generalmente spettava alle esposte che
tendevano a diventar monache o serve in qualche casa, non certo figlie adottive. Antonia si
trasferisce dunque con la nuova famiglia a Zardino, un paesino della Bassa ormai scomparso.
Bellissima e di carattere amabile, Antonia non viene apprezzata dagli abitanti di Zardino, che
diffidano della sua gentilezza e della sua scarsa attitudine al duro lavoro della campagna. Inoltre
molte donne sono invidiose del suo aspetto. L’unica sua amica è Teresina, che la introduce alle
usanze e alle abitudini del luogo. È grazie a Teresina, ad esempio, che Antonia scopre che i risaroli,
quegli uomini che per tutto il giorno si affaticano nelle risaie, vengono scelti deliberatamente con
qualche problema fisico o mentale, per impedire che possano ribellarsi e tentare la fuga. Questi sono
controllati dai cosiddetti Fratelli Cristiani, che giorno e notte perlustrano il territorio per evitare
defezioni.
In questi anni il vescovo Bascapè, che già abbiamo conosciuto, sta intraprendendo una vera e propria
pulizia del clero, allontanando tutti i preti che ritiene in qualche modo corrotti, anche se molto
spesso il suo giudizio è eccessivamente severo. In particolare per la diocesi di Zardino Bascapé
sceglie, al posto di Don Michele, accusato di stregoneria, un prete estremamente rigido, Don Teresio
che inizia a instaurare nel paese un vero e proprio regime di obbedienza pretendendo la
partecipazione ai riti religiosi, le donazioni e la cessione di parte delle produzioni.
Antonia, che si rende conto della inautenticità di un simile pensiero religioso, non lesina critiche ai
preti che si comportano in tal modo, attirando in questo modo su di sé l’antipatia delle pie signore di
chiesa. Da questo momento una serie di situazioni accrescono le antipatie nei confronti della
ragazza: già invidiata dalle donne del paese, Antonia peggiora la sua situazione facendosi ritrarre da
un giovane pittore che la usa come volto per una riproduzione della Madonna su un’edicola,
suscitando, oltre a ulteriore invidia, anche l’accusa di superbia: Don Teresio non benedirà nemmeno
l’edicola votiva, rendendola inutilizzabile.
Antonia, inoltre, rifiuta tutti i pretendenti che, essendo lei ormai prossima ai vent’anni, cominciano a
farsi avanti. Tuttavia si mostra gentile nei confronti dell’unica persona che viene allontanata da tutti:
lo scemo del paese, Biagio, che per questo motivo si invaghisce di lei e ostenta il suo amore creando
i disordini; le donne presso cui presta servizio decidono di castrarlo per eliminare il problema. Infine
Antonia accetta persino di ballare con un lanzichenecco durante uno dei frequenti passaggi dei
soldati. I lanzichenecchi sono luterani e per aver indugiato a divertirsi con loro, ad Antonia verrà
vietato di mettere piede in chiesa.
Antonia viene insomma guardata con sempre maggior fastidio e sospetto e spesso viene additata
come “strega”: il soprannome non tarderà a diventare una completa identificazione.
La situazione precipita quando Antonia si innamora di un uomo che non ha fortune: un camminante,
Gasparo, che passa la propria esistenza a vagabondare di paese in paese. Gasparo, per la verità, è un
mascalzone: infatti pur promettendo alla ragazza un futuro insieme, non ha nessuna intenzione di
maritarsi e interrompere la sua solitaria ma libera vita di vagabondo. Non avendo dimora Gasparo
incontra Antonia in un luogo nei pressi di Zardino dove le donne raccontino sia solito scendere il
diavolo: il Colle dell’albera. I due, per di più, si incontrano di notte, rendendo le scorribande di
Antonia ancora più sospette, soprattutto agli occhi dei Fratelli Cristiani che montano la guardia.
L’incontro con il camminante, dunque, è per Antonia davvero scellerato: infatti dà un appiglio
tangibile a tutti quei compaesani che nutrivano rancori nei suoi confronti.
Questi cominciano così a parlare di Antonia con Don Teresio, che si reca a sua volta a Novara per
chiedere al vescovado di procedere con un’accusa di stregoneria a carico della ragazza. La situazione
di Antonia non potrebbe essere peggiore, infatti l’Inquisitore in carica a Novara, Manini, è un uomo
cinico e assetato di potere e vede il processo come la tangibile possibilità di aumentare il prestigio
del proprio Tribunale a Roma.
Cominciano così gli interrogatori, durante i quali gli unici a difendere Antonia sono i suoi genitori e
Teresina, che cercano di convincere l’Inquisitore dell’innocenza della ragazza, che non era solità
incontrare il diavolo bensì il proprio innamorato.
Quando tocca ad Antonia rilasciare una prima testimonianza con i genitori, la ragazza inizialmente si
dichiara innocente, ma al secondo interrogatorio, dopo ore e ore di terribili torture, pur di farle
cessare, dichiara il falso: ammette di aver incontrato il diavolo.
Dopo una lunga e atroce prigionia, durante la quale Antonia viene nuovamente torturata e subisce
anche delle violenze, la ragazza viene dunque condannata colpevole. A nulla valgono le suppliche di
Bartolo Nidasio, che cerca anche di corrompere l’Inquisitore. Antonia viene dunque arsa viva, sullo
stesso colle dove avrebbe dovuto aver incontrato il diavolo, l’11 settembre 1610. Dopo l’esecuzione,
gli abitanti di Zardino danno luogo ad una grande festa.
Commento
Nella prefazione al romanzo, Vassalli, riferendosi a un’esperienza del poeta Dino Campana, chiama il
Monte Rosa, che svetta sopra Novara, “chimera” perché, con i suoi picchi, sembra inafferabile e
lontano. “Chimera” ha dunque l’accezione di qualcosa di cui si avverte la presenza senza che esista
veramente.
Qui, nei pressi del Monte Rosa, si trovava Zardino, un villaggio che pare sia stato spazzato via da
un'alluvione del fiume Sesia a metà del VII secolo o dalla peste che, come ci insegna Alessandro
Manzoni con i suoi Promessi Sposi, falcidiò il nord Italia nel 1630. Ed è a Zardino che visse realmente
e fu condannata a morte per stregoneria una ragazza di nome Antonia.
Vassalli ritiene importante narrarne la vicenda, partendo dalle carte del tribunale e ricostruendo
romanzescamente la sua storia personale, per capire questo nostro tempo presente. Un presente
che è costretto nel rumore e nelle ansie individualiste e che può essere interpretato solo alla luce di
quelle vicende passate, ormai dimenticate, che ne hanno segnato l’evoluzione e che ne sono l’ideale
archetipo.
La chimera è dunque il lungo racconto della nascita di un pregiudizo: per questo motivo non
vengono narrati solo gli ultimi anni della vita di Antonia, ma ne seguiamo tutto il percorso
esistenziale, da quando, appena nata, viene portata a San Michele. Caratteristiche di Antonia sono,
fin dal principio del romanzo, il suo buon cuore e la sua bellezza. In particolare la bellezza sarà fatale
alla ragazza e innescherà il complesso meccanismo di invidie che sfocerà nella denuncia per
stregoneria: da un lato abbiamo gli uomini di Zardino, ricchi e meno ricchi, che innamorati di Antonia
la chiedono in moglie e vengono sistematicamente rifiutati per un non meglio definito camminante;
dall’altro le donne, che si vedono preferire questa ragazza che fa mostra della propria bellezza con
una sfacciataggine ingenua, senza intuirne mai davvero la carica, e non possono perdonarglielo.
Oltretutto Antonia dona il braccio agli sfruttati, non sta mai dalla parte del carnefice, del potente, ma
predilige coloro che, minorati nel fisico o nella mente, non riescono a difendersi.
L’accusa di stregoneria, dunque, è un mezzo per una vendetta, forse addirittura inconscia, di un
gruppo di carnefici ignoranti e suggestionabili e si inserisce in un modo di pensare, socialmente e
storicamente identificabile, che coincide con la pratica della caccia alle streghe. Quella dei processi di
stregoneria è una pratica, infatti, che si sviluppa in Europa a partire dagli inizi del 1300, ossia da
quando la stregoneria - termine con cui si intende una vasta e spesso nebulosa e pretestuosa serie di
azioni, che vanno dalla coltivazione di piante curative ai sabba satanici - è equiparata all’eresia.
La caccia alle streghe verrà praticata fino alla fine del XVIII secolo, ma è in quegli anni,
immediatamente successivi alla riforma luterana, in cui la Chiesa cattolica sta combattendo per
rivendicare la suprema validità della propria dottrina, che gli Inquisitori si danno maggiormente da
fare, arrestando e condannano eretici e donne (ma anche uomini) dedite alla stregoneria. Le
ipotetiche streghe, dunque, vengono processate dal Santo Uffizio secondo una precisa legislazione e
per questo motivo gli atti di molti procedimenti sono potuti giungere fino a noi. Tuttavia i processi
restano sommari, le donne accusate vengono torturate al fine che ammettano il falso nella speranza
di una rapida cessazione del supplizio e le testimonianze vengono pilotate in funzione del risultato
auspicato dall’Inquisitore: la morte dell’accusata.
La chimera di Sebastiano Vassalli, dunque, presenta una narrazione che pur non essendo “vera” in
ogni suo aspetto è tuttavia assolutamente “veritiera”. La vicenda di Antonia, infatti, affonda le sue
radici nella storia e diventa strumento sia per meglio comprendere una terribile pratica rimasta in
uso per secoli nel nostro paese, sia per riflettere sull’evoluzione, spesso inconscia e per questo
ancora più incontrollata, di irrazionali forme di pregiudizio.
4) Analisi
a) Genere:
romanzo storico tratto da un manoscritto che testimonia il processo di una strega; il romanzo storico
è ambientato tra la fine delle guerre di religione e l’inizio della guerra dei trent’anni.
b) Breve riassunto
Il luogo in cui si svolgono i fatti è Zardino, villaggio padano del Seicento, cancellato ormai dalla storia.
Qui si consuma la tragica vita di Antonia, un’esposta adottata da una famiglia di contadini della bassa
novarese, che per il solo fatto di essere bella ed un po’ insofferente delle autorità e delle
consuetudini, è accusata e ingiustamente condannata dal tribunale dell’Inquisizione al rogo come
strega.
Antonia, schiacciata dall’ordinaria violenza e dal pregiudizio della gente, diviene facile bersaglio di un
mondo in cui qualsiasi infrazione alla regola genera sospetti o addirittura terrore. Contro Antonia si
mette in moto una macchina mostruosa, fatta di credenze leggendarie e di maldicenze quotidiane, di
liti e di casi fortuiti, di invidie e paure, sotto il controllo di uno spietato apparato repressivo: il
Sant’Uffizio. C’era bisogno di una vittima sulla quale la gente potesse scaricare ogni superstizione e
paura; tutti erano convinti che con la morte della "strega" sarebbe cessata ogni forma di tribolazione
e sofferenza che nel ‘600 erano all’ordine del giorno.
c) Riassunto capitoli
1. E’ presentata Antonia la protagonista, una neonata abbandonata sul torno della casa di
carità di San Michele a Novara, dove essa passerà la sua infanzia.
2. Il vescovo Bascapè va in visita a San Michele e Antonia è obbligata a recitare una poesia ma
si sente male.
3. Antonia viene messa in punizione in una stanza e lì incontra Rosalina, un’esposta costretta e
prostituirsi, che racconta alla ragazza la realtà del mondo esterno.
4. I coniugi Nidasio, provenienti da un paesino della bassa, Zardino, adottano Antonia.
5. Antonia viene battezzata da Don Michele, un falso prete con traffici illeciti, e conosce
Teresina.
6. Al paese arrivano i risaroli, contadini che lavorano nei risi e Teresina racconta ad Antonia dei
fratelli cristiani, guardiani del paese.
7. Ad Antonia vengono raccontate tutte le leggende di Zardino.
8. Con la primavera ritornano i risaroli e Antonia fa amicizia col camparo Maffiolo.
9. In un villaggio vicino a Zardino i gesuiti hanno portato una tigre imbalsamata: Antonia va a
vederla con sua madre.
10. A Zardino arriva Don Teresio il nuovo parroco e don Michele, il falso prete deve lasciare il
paese.
11. Il Caccietta, nobile che terrorizzava la bassa, arriva a Zardino e Antonia con le sue amiche
deve nascondersi in una siepe.
12. Monsignor Cavagna va a Roma per prendere delle reliquie, che quando torna a Novara
scopre essere false.
13. Cavagna viene imprigionato dal vescovo Bascapè per lo scandalo delle reliquie false, ma
dopo che furono ascoltate le sue ragioni, viene rilasciato.
14. Antonia consce Biagio, detto “lo scemo” e cerca di insegnargli a parlare correttamente.
Biagio si innamora di lei e per questo le sue zie incolpano Antonia di essere una strega.
15. Arriva in paese un pittore di edicole, che, vedendo Antonia decide di ritrarla nelle vesti della
madonna.
16. Viene portata a Zardino una reliquia della veste della beata Panacea.
17. Giungono in paese i lanzi, soldati tedeschi che mangiano, devono senza pagar nulla, e prima
di andarsene uno di loro trascina Antonia in un ballo.
18. Durante l’ultimo inverno della ragazza, gli abitanti di Zardino parlano della morte del
Caccetta e dei pretendenti rifiutati da Antonia.
19. Antonia, sotto richiesta degli abitanti, viene denunciata come strega da don Teresio
all’inquisitore Mannini.
20. Durante il processo vengono interrogati numerosi compaesani tra i quali solo l’amica
Teresina crede nella sua innocenza e spiega che di notte Antonia non partecipava ai sabba
satanici, ma si incontrava con il suo fidanzato, un camminante.
21. Al suo primo interrogatorio Antonia, per dimostrare la sua innocenza e la sua purezza, si
presenta in abito da sposa.
22. Presentazione del fidanzato di Antonia e racconto dei loro incontri.
23. Presentazione dell’inquisitore Mannini e delle ragioni che lo spingono a tenere tanto a
questo processo.
24. Due giorni dopo il suo arresto, la ragazza è sottoposta a un secondo interrogatorio, durante il
quale viene torturata e stuprata dagli aiutanti dell’inquisitore.
25. Vengono interrogati i genitori adottivi di Antonia, che cercano di difendere la figlia e offrono
all’inquisitore un maiale in cambio della libertà della protagonista.
26. Descrizione della umiliante e terribile prigionia di Antonia nelle cantine del tribunale.
27. Il vescovo Bascapè, durante una notte insonne, decide di partire per un minuscolo borgo, Re,
tra le montagne della Val Vigezzo per ritrovare Dio.
28. Descrizione della sentenza, che condanna Antonia di essere una strega, e di bruciare viva a
Zardino, sul dosso dell’albera dove si riteneva che si incontrasse con Satana.
29. Il 21 agosto Antonia viene trasferita sulla torre dei Paratici nella quale rincontra Rosalina sua
compagna nella Casa di Carità di San Michele.
30. L’11 settembre tra la folla imprecante contro di lei, Antonia viene portata sul dosso
dell’albera dove è bruciata viva dal boia Bernardo Sasso. Dopo di che, la gente accorsa per
l’avvenimento, fece festa.
d) Personaggi
Antonia: è una ragazza molto bella, con capelli e occhi nerissimi. Abbandonata da piccola in un
convento è stata in seguito adottata da una coppia di contadini residenti a Zardino, e poi condannata
dall'inquisizione come strega e quindi bruciata sul rogo. Di Antonia si può dire che era una ragazza
molto coraggiosa, tanto che non ha avuto paura dei lanzi, una ragazza che non si lascia scoraggiare
dalle avversità della vita, molto matura e decisa nel mantenere i propri propositi, tanto che non
rivelerà mai, neanche sotto tortura, il nome del proprio fidanzato. Nonostante sia la protagonista del
romanzo in realtà la sua presenza è poco sentita. Infatti Vassalli più che raccontare la singola storia di
Antonia, tende a narrare la storia di un'intera società, a raccontare la storia dei primi anni del 600.
“Sono una strega... almeno così dicono” ciò dimostra che le torture subite da Antonia erano così
terribili da portarla a dire il falso.
Bescapè: fu vescovo di Novara e odiato profondamente da papa Clemente VIII e dal suo successore e
in generale da tutto il clero. Infatti il suo progetto era quello di rendere il mondo santo e di
trasformare tutte le persone intorno a lui in persone credenti e giuste. Diventato vescovo di Novara
impose dunque una serie di regole molto rigide. Arrivato quasi al termine della sua vita si rese conto,
però, con grande amarezza, che il suo progetto era irrealizzabile. Veniva chiamato il cadavere
vivente, perché aveva l'aspetto di un morto. Il narratore lo descrive come un uomo dal viso grigio,
profondamente incavato, con tutti i tratti del teschio già visibili sotto la pelle tirata, con una barba
rada, le mani fragili e sottili, simile ad un fantasma che attraversava le tenebre del mondo.Gli abitanti
di Novara dicono di lui:”ma quando se ne va?! Che Dio lo maledica!!” questo testimonia l’approccio
che avevano a quei tempi i contadini con la religione.
Caccetta :in realtà si chiamava Giovan Battista Caccia ed era un feudatario novarese. Approfittando
dello stretto controllo che gli spagnoli avevano su quel territorio insieme ai suoi uomini compiva
razzie, rapimenti, delitti e incendi. Era un uomo malvagio, abituato fin da piccolo ad ottenere tutto
ciò che voleva e con un'eccessiva stima della propria intelligenza e della propria condizione. Aveva
amicizie importanti come per esempio Carlo Emanuele I e il Duca di Savoia. Dal punto di vista fisico
era un omiciattolo con una vistosa sproporzione tra la parte superiore del corpo, normalmente
sviluppata, e anzi robusta, e le gambe, corte e gracili.
Biagio: era il nipote ritardato delle sorelle Borghesini, vicine di casa dei Nidasio, che le due donne
sfruttavano facendogli fare i lavori più umili e pesanti e trattandolo peggio di una bestia. Antonia fu
la prima a considerarlo un essere umano e proprio per questo motivo il ragazzo si innamorò di lei,
iniziando a comportarsi in modo strano. In seguito le due sorelle denunciarono Antonia come strega
all'Inquisizione perché credevano che gli avesse fatto qualche magia. Al suo passaggio si alzava un
coro di voci: “Biagio è scemo, Biagio è scemo, Biagio è il fidanzatino di Antonia” seguito da qualche
scherzetto di cattivo gusto da parte dei ragazzi. “Fosse un pollo lo conzeremmo noi stesse, come
abbiamo sempre fatto con i galli che dovevano diventare capponi: ma come si fa a conzare un
uomo?! E se poi muore dissanguato?! Noi povere donne che facciamo?!” questo invece era il
pensiero delle comari.
Gasparo: era il fidanzato di Antonia ed era chiamato Tosetto, perché piuttosto basso di statura,
biondiccio, con gli occhi grigi e una faccia da briccone, senza barba né baffi. Gasparo era un
camminante, categoria di persone completamente scomparsa al giorno d'oggi, che si spostavano di
luogo in luogo, conducendo una vita molto libera e tentando di lavorare il meno possibile. Gaspare
era falso e ipocrita, era una persona che prometteva senza mai mantenere e tanto superficiale ed
indifferente da non presentarsi neanche al processo di Antonia per tentare di difenderla. Gasparo
illudeva sempre Antonia raccontandole frottole di ogni tipo:” vedrai che tornerò presto,metterò la
testa apposto, ci sposeremo e andremo a vivere in una bella casa...”
Manini: inquisitore incaricato di giudicare Antonia. Era una persona alta e snella, dal colorito pallido
e d'aspetto gradevole, elegante nei gesti e nel modo di vestire, caratterizzato da una pronuncia
artificiosa e ricercata. Aveva un modo particolare di parlare ed era molto attento e pignolo in tutti i
compiti che svolgeva. Secondo la sua opinione la realtà non era reale ed esisteva solo in virtù di Dio e
inoltre era ossessionato dall'idea e dalla pratica della castità. Egli pensava infatti che il diavolo
potesse tentare l'uomo sotto varie forme ed una di queste era la donna, che veniva considerata la
sposa del demonio. Manini giudicò Antonia colpevole di stregoneria a priori e non prese neanche in
considerazione altre spiegazioni alle uscite notturne della ragazza se non quella che si recava ai
sabba. Questo perché l'inquisitore credeva che un processo di stregoneria avrebbe ridato una certa
importanza al Sant'Uffizio. Manini agì dunque secondo i propri interessi e uccise un'innocente per il
suo desiderio di potere.
Pietro Maffiolo: ex soldato del re di Spagna e nonno adottivo di Antonia. Era un uomo alto e magro,
che camminava sempre con un bastone uncinato e aveva gambe tanto lunghe e magre che quando
sedeva sulla mula gli arrivavano a terra. Portava legata al braccio una scatola che conteneva i
brevetti di soldato scelto, di sergente e di alfiere oltre che a tutta una serie di attestati di merito e al
diploma di congedo. Anche questo, come Biagio, è un personaggio emarginato. E anche con lui
Antonia è capace di andare al di là delle apparenze e di capire la vera natura della persona. Pietro
Maffiolo cercherà di ripagare Antonia del fatto che non l'aveva più fatto sentire tanto solo
difendendola al processo, ma invano.
Coniugi Dinasio : sono i genitori di Antonia, caratterizzati da una grande bontà d’animo.
Il boia: l'unico uomo comprensivo con Antonia, che si fa preparare un infuso di spezie di nascosto
per avvelenarla, prima di appiccare il fuoco al rogo che le hanno preparato.
Rosalina: orfana più grande di Antonia che è tornata in Istituto dopo aver fatto la prostituta e
insegna all'amica come girano le cose del mondo, smaliziata, cinica, abituata ad arrangiarsi. Antonia
non la vuole ascoltare, tanto orrore la spaventa.
Uomini di Chiesa quali il vescovo Bascapè, Don Michele, Don Teresio, l’inquisitore Manini, non si
fanno alcuno scrupolo a rompere il fragile equilibrio di quel mondo, pur di affermare il loro potere e
la loro autorità. Tra questi il più "ben voluto" è sicuramente Don Michele, poiché la gente con lui
poteva fare tutto ciò che voleva, in quanto egli si occupava solo ed esclusivamente del commercio
delle erbe medicinali e dei bachi da seta. Con l’arrivo al paese di Don Teresio invece, prete "post-
conciliare" inviato nel paese dal vescovo per rimettere in ordine le cose, la situazione cambia
totalmente. Infatti egli basandosi sui cambiamenti apportati dal Concilio di Trento, stabilisce che di
tutta la corruzione ed il disordine che avevano regnato fino ad allora, non ci sarebbe restata traccia.
Ma il suo ordine è l’ordine del rigore, dell’imposizione, della paura dell’inferno, un ordine apparente
che non coinvolge i cuori.
e) Spazio :
Il romanzo si svolge nella bassa provincia novarese,durante la dominazione spagnola,quindi luochi
reali.
Spazi Interni:
 convento di San Michele:è una casa (infatti è denominata pia Casa”) basata su due piani
appena al di fuori delle mura di Novara.E’ una casa dagli spazi angusti e stretti con un
sotterraneo adibito alle punizioni.
 Tribunale dell’inquisizione:è un tribunale ove vengono processate le (presunte) streghe.E’
situato a Novara e natonia lo descrive come “imponente”
 Torre dei paratici:è la oltre dove le streghe vengono rinchiuse prima dell’uccisione pubblica.

Spazi esterni:
 Zardino: Zardino è un paese realmente esistito e cancellato,a detta dell’autore dalle
pestilenze e da una non ben precisata alluvione. Zardino,situato nella “bassa novarese era
un semplicissimo paese costituito essenzialmente da tuguri,qualche rara bottega e la
chiesa,centro nevralgico del paese.Questo paese è circondato dalle risaie e dal colle detto “il
dosso dei ceppi rossi dove si svolgerebbero riti satanici e il sabba.
 Colle dei ceppi Rossi:qui,a detta delle credenze popolari,si svolgono riti satanici e la
sabba.Qui molti testioni diranno,al processo contro Antonia
 Risaie:le risaie circondano interamente Zardino è il luogo dove gli abitanti dove i Zardinesi
vanno a lavorare
f) Tempo:
Il romanzo si svolge tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII, periodo nel quale la chiesa aveva il
suo massimo splendore. Ha inizio con ilo ritrovamento di Antonia tra la notte del 16 e del 17 Gennaio
del 1590, e segue la vita di Antonia fino alla sua morte sul rogo, la sera dell’11 Settembre 1610,
quando la protagonista aveva solo 20 anni.
L’autore inserisce nella narrazione prolessi, ovvero anticipa al lettore fatti che devono ancora
avvenire (“… e si ricordò di quell’alba finché visse; ancora se ne sarebbe ricordata quand’era
prigioniera nella torre dei paratici…”). Il tempo non è ciclico perché non segue il ritmo delle stagioni,
ma si basa su delle date precise, soprattutto nel periodo del processo (“…Antonia comparve per la
prima volta davanti al tribunale dell’inquisizione il 14 Maggio, un Venerdì…”

Commento stilistico
Il racconto è scritto in terza persona e il narratore è presente come un uomo dei giorni nostri che,
ricercando negli archivi, ricostruisce la storia della strega di Zardino. Questo fa si che il narratore sia
onnisciente. Il registro è prevalentemente medio, ma diventa alto quando l’autore descrive le fasi
del processo. Nei discorsi dei contadini invece l’autore regredisce al livello dei suoi personaggi.
La narrazione è piena di citazioni latine e in dialetto novarese (conzarsi= adattarsi). Sono utilizzati
frequentemente il discorso indiretto libero e i flussi di coscienza dei personaggi.
La sintassi è caratterizzata da periodi ampi e articolati con prevalenza di coordinate.
La satira è ampiamente usata soprattutto contro la chiesa e i suoi uomini: il Cavagna ad esempio è
“l’oca bianca più che burro”.

COMMENTO
Sebastiano Vassalli scrive nel 1990; è un romanzo storico ambientato tra la fine delle guerre di
religione e l’inizio della guerra dei Trent’anni. L’Europa e l’Italia attraversano un periodo di relativa
pace, caratterizzato però da manifestazioni di intolleranza religiosa. E’ un’epoca di grandi tensioni,
che vede anche l’opposizione della Chiesa nei confronti dell’evolversi della scienza. Grandi
personaggi come Giordano Bruno e Galileo Galilei, furono vittime dell’intolleranza religiosa, di una
Chiesa sostenitrice di una concezione per cui la scienza era subordinata alla metafisica, e di verità
considerate fino ad allora assolute ed incontrastabili e che la scienza si accingeva a mettere in
discussione. E’ anche un’epoca di grandi fermenti da cui si formerà l’età moderna, fenomeni che la
cultura ufficiale non avvertiva minimamente.
Protagonista non trascurabile del romanzo è il Seicento. L’epoca del romanzo è caratterizzata
dall’ingiustizia e dalla violenza che si manifesta nella persecuzione dei vagabondi e degli eretici, nella
caccia alle streghe, ma anche all’interno delle mura domestiche e tra i vicini di casa. Le discordie
potevano nascere da un nonnulla, ma continuare poi per anni ed anni, e a volte tramandarsi persino
di generazione in generazione. Ovunque nelle campagne all’inizio del Seicento la notte del sabato
era una notte maledetta: infatti l’indole violenta della gente dell’epoca impediva alle donne di uscire
di casa; ma anche all’interno delle mura domestiche non potevano considerarsi al sicuro, essendo
soggette agli abusi dei padri e dei mariti visto che il lavoro dei campi era duro anzi durissimo e gli
svaghi erano pressoché inesistenti. Il romanzo presenta diversi ed inconcepibili esempi di crudeltà,
come quello di Biagio detto "lo scemo", un ragazzo di circa 13 anni nipote e servo delle gemelle
Borghesini. Queste entrambe nubili, non nutrivano nessun affetto per il nipote che era stato loro
"regalato" da piccolo da un loro fratello di Pavia, ma anzi lo sfruttavano solo per i lavori più umili. Il
povero Biagio in pochi anni diventò grande e grosso, ma il suo cervello non crebbe affatto; era molto
mite e dolce. Solo Antonia non rideva di lui, gli si avvicinava quando le sorelle non potevano vederla,
lo prendeva per mano, gli insegnava i nomi delle cose e qualche volta gli dava da mangiare. Biagio si
innamora di Antonia e inizia a trascurare il lavoro, e per questo motivo viene evirato dalle sue zie.
Potenziale vittima di violenza può essere chiunque in un periodo in cui, punti di riferimento quali lo
Stato e la Chiesa vengono meno. L’inquisitore Manini ordina così, senza scrupoli, di usare la tortura
per far confessare la strega. L’ordine giudiziario era incurante dei problemi quotidiani che
affliggevano i ceti più bassi della popolazione: come liti tra vicini, vendette, abusi sulle donne, furti e
persino omicidi; i tribunali dell’epoca avevano altre faccende a cui pensare. La Chiesa era solo
un’istituzione e i suoi preti erano tutt’altro che vicini ai drammi dei singoli e dei poveri.
Vassalli ha una visione prettamente negativa della Chiesa del ‘600: essa brama di affermare il proprio
potere soprattutto sul terreno ideologico rinvigorito dal recente Concilio di Trento (1545) senza
curarsi però tanto dell’educazione morale del popolo quanto invece si preoccupava della riscossione
delle indulgenze. La corruzione è fenomeno normale fra gli stessi preti del contado che quando si
trovano in città hanno rapporti con prostitute; una di queste è Rosalina, un’esposta della Pia Casa di
Novara che racconta di questo scandalo ad Antonia.
Questa potente istituzione non si preoccupa nemmeno della povera gente come i risaroli. Erano
costoro montanari della valle sopra Varallo che ogni anno scendevano spontaneamente in pianure a
fare la stagione del riso per guadagnare tanti soldi da passare poi l’inverno senza patire la fame, o
quasi. Si trovavano in una condizione alquanto disagiata, infatti il lavoro nelle risaie era tra i più
disumani che ci fossero nella campagna italiana, per l’ambiente e il modo in cui si lavorava, piegati
nell’acqua, spesso picchiati come schiavi e sottoposti ad ogni genere di angherie. Non avevano alcun
diritto, non quello di vivere e tanto meno quello di morire in pace.
Uomini di Chiesa quali il vescovo Bascapè, Don Michele, Don Teresio, l’inquisitore Manini, non si
fanno alcuno scrupolo a rompere il fragile equilibrio di quel mondo, pur di affermare il loro potere e
la loro autorità.
Questo tipo di violenza nel ‘600 era di uso comune, una normale pratica giudiziaria, sia nella fase
dell’indagine, che nel sistema delle punizioni.
In questa Chiesa dove la corruzione e la caduta dei principi morali predominano, il Vassalli introduce
la figura del cardinale Federigo Borromeo, cugino del Beato Carlo, il quale lo aveva educato ai veri
valori spirituali e contro i nemici della Chiesa. In realtà poi il cardinale Fedrigo Borrome si
comportava come un vero politico, infatti appare come un vero figlio dei suoi tempi.
Per il Vassalli lo scrivere è il recupero della dimensione storica nel tentativo di dar nuova vita a ciò
che è stato cancellato e dimenticato per favorire la nascita del nostro mondo. La vicenda narrata ne
“La Chimera” invece si pone al di fuori della Storia, registrando una sostanziale ininfluenza del
mondo politico sul mondo contadino della bassa. Il romanzo inizia e termina con una premessa ed
un congedo, entrambi intitolati "Il nulla". Antonia è una trovatella della cui origine s’ignora ogni
cosa. Dopo il supplizio anche le sue ceneri finiranno nel nulla, disperse da un nubifragio. Tutto si
origina nel nulla e ritorna nel nulla.
Concludendo “La Chimera” può essere paragonata ai “Promessi Sposi”, perché entrambi s’ispirano
ad un manoscritto, il quale è la fonte degli elementi storici sui quali è costruito il romanzo. Entrambi
hanno la religione come tema dominante.

Potrebbero piacerti anche