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LE OPERE

Gli inni
Le opere di Manzoni si dividono in due parti: una pre-conversione e una post-conversione.
Dopo la conversione compose “Inni sacri”: l’inno è una narrazione in poesia composta per elogiare
qualcuno o qualcosa.
Infatti Manzoni nota che gli inni cristiani più recenti erano stati composti nel IV sec d.C. ; perciò aveva il
progetto di comporre 12 inni, uno per ogni festa cristiana. Però non riuscì a comporli tutti e 12 in quanto
avrebbe occupato gran parte della sua carriera, ne scrisse solo 5 di cui 4 pubblicati nel 1815:
– La Resurrezione
– Il nome di Maria
– Il Natale
– La Passione
Il 5° inno, l’opera più importante, è stato pubblicato nel 1822 e si intitola “ Pentecoste”.
In seguito compose altri 3 inni, ovvero “ Ognissanti”, “ Natale del 1833”, composto per ricordare la morte
della moglie, ma dopo che aveva scritto tre versi non riuscì più ad andare avanti, infine provò a comporre
“Corpus Domini”, ma anche qui riuscì a scrivere solo tre strofe perché ormai pensava già di iniziare a
scrivere il suo capolavoro, “I Promessi Sposi”.
Perciò pensò di donare le tre strofe alla nipote, perché fossero lette il giorno della sua prima Comunione.
Ancora oggi però queste strofe vengono cantate durante la messa e fanno parte degli “Inni e Canti”.
Il messaggio che Manzoni vuole mandarci con i 5 inni è quello del CRISTIANESIMO SOCIALE, ovvero dice che
la Chiesa dovrebbe occuparsi della povera gente.

Le odi civili
Le due odi civili che Manzoni ha composto sono “ Marzo 1821” e “ 5 Maggio”.
Marzo 1821 fu scritto proprio in quell’anno, e narra delle truppe piemontesi che valcarono il Ticino per
liberare i Lombardi dal dominio austriaco. In Austria però era giunta la notizia dell’avanzata dei Piemontesi
e perciò schierarono tutto l’esercito al confine: qui le truppe piemontesi, colte di sorpresa, furono
sopraffatte dall’esercito austriaco.
La notizia della sconfitta dei Piemontesi arrivò a Manzoni dopo che aveva composto “Marzo 1821”, perciò
quest’ode vuole insegnarci ad essere un popolo unito, e dice che solo essendo uniti possiamo sconfiggere
gli invasori.
Il 5 maggio 1821 muore Napoleone e la notizia arriva in Italia circa un mese dopo. Per questo motivo
Manzoni decide di comporre un’ode, il “ 5 Maggio” appunto, per esaltare il personaggio di Napoleone: mai
nessuno infatti ha iniziato una narrazione con la frase “ Ei fu”.
L’onestà di Manzoni è stata proprio quella di comporre un’ode per Napoleone solo dopo che egli era morto,
perciò non poteva più ottenere nessun tipo di privilegio, ha scritto in modo disinteressato e solo al fine di
esaltare il grande imperatore.
Secondo Manzoni Napoleone ha passato il suo ultimo mese di vita inginocchiato davanti alla croce e perciò
sarebbe morto cristiano; e sempre da cristiano Manzoni risponde a due domande, come mai Napoleone è
morto in un modo così misero e come ha fatto un figlio di nessuno a scalare i gradi della carriera militare: la
risposta che ha dato a queste domande è che Napoleone era uno strumento nelle mani di Dio per realizzare
un progetto.
Questo progetto consisteva nello svecchiare l’Europa dalle strutture feudali che ancora possedeva, ma
Napoleone abusò del suo potere e peccò di superbia; e perciò la Provvidenza lo punì su questa terra al fine
di dargli il dovuto premio nell’aldilà.
Questo si può tradurre con il concetto di “ PROVVIDA SVENTURA”.

Le due tragedie di Manzoni


Tragediografia= branca della letteratura che si occupa della tragedia.
La tragedia italiana ha conosciuto il suo massimo splendore nel 1500, poi decadde.
Così Manzoni decise di riprenderla scrivendo “ Il Conte di Carmagnola” nel 1816 e “Adelchi” nel 1821-22;
iniziò anche a scriverne una terza, “ Spartaco”, della quale noi possediamo solo i primi 10 versi.
Il Conte di Carmagnola
Egli è un personaggio realmente esistito nel 1400, periodo dei mercenari, dei quali egli stesso faceva parte.
Il Conte di Carmagnola, ovvero Francesco Bussane, aveva militato presso i Visconti di Milano e lì sposò una
delle ultime figlie di Filippo Maria Visconti; in seguito passò al comando dei Veneziani.
A quell’epoca però Milano e Venezia entrarono in conflitto, ma essendo Francesco Bussane cristiano, decise
di combattere onestamente per Venezia. Fu proprio quest’ultima a vincere, ma a fine battaglia decise di
non uccidere i fuggiaschi e liberò i prigionieri padri di famiglia.
Ma alcuni generali invidiosi delle capacità in campo militare del Bussane, lo denunciarono al senato di
Venezia con l’accusa di essere stato corrotto dai Milanesi. Fu convocato in giudizio a tradimento e,
dichiarando di andar fiero di non aver inseguito i fuggiaschi e di aver liberato i padri di famiglia, fu
condannato a morte per alto tradimento.
Nel finale sua moglie e sua figlia lo vanno a trovare pochi giorni prima della sua morte ed egli le consolò
dicendo loro che aveva la coscienza pulita e che un giorno sarebbero stati di nuovo felici tutti insieme.

Adelchi
Siamo nell’epoca dei Longobardi (700 d.C.), questi sono in Italia e il Papa Adriano I capì che stavano
sfruttando la Chiesa in quanto non pagavano tasse. Per questo decise di chiedere aiuto a Carlo Magno,
capitano dei Franchi. Il momento in cui è ambientato “Adelchi” è il finale della guerra, e descrive gli Italiani
che gioiscono della cacciata dei Longobardi. Lo scopo è quello di spingere gli Italiani a ribellarsi.
Il re dei Longobardi, Desiderio, ebbe tre figli: Ansverga, che diventò poi Badessa in un convento,
Ermengarda e Adelchi, protagonista della vicenda.
Quando il re si accorge che i Franchi stanno per attaccarlo, decide di dare Ermengarda in sposa a Carlo
Magno; essi si amano ma quando Carlo Magno scopre che era una manovra politica, la ripudia. Ermengarda
disperata tornò dal padre, il quale vista la sua disperazione, decide di mandarla in convento dalla sorella;
morirà alcuni anni dopo di malattia.
Adelchi è l’unico figlio maschio di Desiderio e perciò avrebbe dovuto partire per andare in guerra; egli però
era profondamente credente e non voleva combattere al punto tale che disse al padre:”Con la guerra è
tutto perduto, con la pace è tutto salvato”.
Quando poi Adelchi vede le condizioni disperate della sorella ripudiata da Carlo Magno, decide di andare in
guerra animato dal solo amore che provava nei confronti della sorella.
Intanto re Desiderio viene assediato e fatto prigioniero a Pavia, ma non chiederà a Carlo Magno la grazia
per se stesso, ma per suo figlio.
Nel frattempo Adelchi viene ferito a morte a Verona, vuole però portare l’ultimo saluto al padre. Riesce ad
arrivare a Pavia e una volta davanti al padre dice: “ A questo mondo per un cristiano non restano che due
scelte: o far torto o patirlo”.
Il messaggio che “Adelchi” vuole mandarci è proprio quello che nel mondo si è obbligati o a far del male o a
subirlo, e che soltanto la pace potrà porre fine a questa condizione

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