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Streghe

di Grado G. Merlo

Cap. 1 Le masche sotto processo 4 ottobre 1495 Vito dei Beggiami, inquisitore generale nella provincia di Lombardia e della Marca genovese e di tutto il Piemonte, inizia la sua azione giudiziaria proclamando, a Rifreddo e Gambasca, il tempus gratiae tre giorni in cui tutti coloro che si ritengono coinvolti nell'eresia erano tenuti a presentarsi davanti all'inquisitore per confessare e denunciare. Caterina Bonivarda (e il demone Giorgio) Il 4 ottobre del 1495, Coleto Giordana testimonia che da tre anni in Gambasca si diceva che Caterina Bonivarda fosse una masca quattro giorni dopo, scaduto il tempus gratiae, un'altra donna, Giovanna Motossa, confessa di essere masca da diciotto anni e fa il nome di altre masche appartenenti alla sua setta, tra le quali la stessa Caterina Bonivarda. Giovanna Motossa dice di aver visto Caterina partecipare ai balli delle masche, avere rapporti sessuali con il proprio demone e calpestare una croce. A queste due testimonianze si aggiunge quella di Giovannina, figlia di Giovanna Motossa, alla quale sia aggiungono poi le confessioni, nei giorni 12 e 17 ottobre, di Caterina Bianchetta e Giovanna della Santa. Secondo le testimonianze le riunioni delle masche avvenivano in due localit di Rifreddo e avevano tre momenti principali: la danza/corsa collettiva, i rapporti sessuali con i demoni e lo spregio della croce. Il 19 ottobre 1495, Caterina compare davanti a Vito dei Beggiami lo schema di accusa organizzato su nove articoli punto di partenza la pubblica voce e fama segue la violazione dell'impegno previsto dal sacramento battesimale, i comportamenti sacrileghi e la sottomissione e venerazione di un demone come proprio maestro. Caterina nega la complessiva e singolare veridicit. Tuttavia l'impari confronto non prevede esiti diversi da quelli voluti dall'inquisitore, che, per la seduta successiva, fa convocare i cinque testimoni Caterina risulta per assente. Il 27 ottobre 1495 Caterina continua a rifiutare i capi d'accusa e nega di essere stata invitata a confessare da qualcuno l'inquisitore, che invece sa che il fratello di Caterina l'aveva spinta a confessare, l'accusa di mentire la menzogna provoca un'accelerazione del processo l'inquisitore decide di far torturare Caterina Caterina secglie come procuratori il fratello e il marito. Il 12 novembre si aggiungono due testimonianze Giovanna Borrella confessa di essere masca e di avere come complice la stessa Caterina; Margherita Bonivarda racconta di alcune minacce ricevute da Caterina minacce profetiche relative alla morte del bestiame di Margherita Bonivarda. Il 21 novembre compare davanti all'inquisitore Romea dei Sobrani di Rifreddo, che confessa di essere masca e di avere socie e complici in Gambasca (tra cui Caterina) e Rifreddo. Le testimonianze contro Caterina si moltiplicano al punto da costringere i suoi procuratori a muoversi arrivando fino al vicario generale della diocesi di Torino, Giovanni Ludovico della Rovere la causa contro Caterina arriva a toccare i vertici civili ed ecclesiastici del marchesato di Saluzzo, rischiando di diventare una piccola questione di Stato l'inquisitore accetta di ripetere l'esame di Caterina. Il 23 novembre 1495 Caterina viene interrogata di nuovo dall'inquisitore Caterina dichiara di non conoscere le donne che l'anno accusata l'interrogatorio si sposta poi su un presunto colloquio tra Caterina e suo marito tenutosi qualche giorno prima al cospetto badessa e del frate Minore Leonardo. Il notaio Antonio vacca protesta la nullit dell'interrogatorio poich avvenuto senza il consiglio del consigliere marchionale Michele de Madeis il giorno successivo avviene la ripetizione straordinaria le nuove deposizioni riconfermano l'esistenza di due gruppi di masche, a Rifreddo e Gambasca. Il 25 novembre 1495 Caterina viene reinterrogata nella camera della badessa confessa di far parte della setta delle masche da quattro anni, da quando un giorno, mentre era da sole e si lamentava di come andavano le cose nella sua vita, le comparve un demone che le promette di aggiustare ogni caso a patto di fare quello che le diceva il demone fa una croce per terra con la paglia e le impone

di porvi sopra il deretano rinnegando espressamente Dio segue un primo rapporto sessuale con i demone. In seguito il demone Giorgio avrebbe fatto visita a Caterina una volta a settimana, quasi sempre di gioved e di giorno. Di notte Caterina veniva condotta nel gravere del Po, dove, assieme alle altre masche si congingevano con il proprio demone e ripetevano il rito sacrilego. Dalla confesisone di Caterina risulta che il demone le aveva fatto visita anche durante la sua prigionia, ma Caterina si mostra sempre pi disposta a dire ci che l'inquisitore vuole sentirsi dire. L'inquisitore ritiene ci siano tutti gli elementi per rimettere Caterina al braccio secolare tuttavia l'1 dicembre 1495 il procuratore di Caterina esibisce una memoria difensiva di Bartolomeo della Chiesa in cui si afferma che Caterina non pu essere condannata a morte per ragioni canonistiche infatti ha confessato spontanemanete il suo delitto inoltre Caterina in seguito alla confessione aveva chiesto di essere reintegrata nella santa Chiesa sulla base della legislazione antiereticale bisognava assolvere Caterina. Il 6 dicembre 1495 l'inquisitore convoca nella sala della badessa ben potto donne consocie, tra le quali Caterina le donne confessano di aver ricevuto, nella Pasqua di due anni prima, l'ostia e di averla conservata e portata, la notte seguente, alla riunione con le altre masche dove avevano ridotto in pezzi l'ostia e vi avevano sputato sopra, su incitazione dei demoni. Le masche confessano inoltre di aver compiuton anche un rito antropofago, e Caterina confessa anche di conservare a casa il bastone che aveva ricevuto dal suo demone. Il 7 dicembre 1495 l'inquisitore, con una nota, sostiene di non poter assolvere Caterina che doveva anzi essere considerata impenitente poich la sua confessione era derivata dalla paura della detenzione il procuratore viene avvisato che il 10 dicembre l'inquisitore formuler la sentenza. Caterina Borrella (e il demone Costanzo) 5 ottobre 1495 due uomini di Gambasca rilasciano la propria deposizione all'inquisitore in merito ai sospetti che nutrono sulla loro compaesana Caterina Borrella, detta fornaia. Il primo, Giaffredo Moine, ricorda un contrasto avuto con lei l'anno prima Caterina aveva quindi minacciato la moglie e in seguito era improvvisamente morto il figlioletto di diciotto mesi. Il secondo, Giacomo Bonivardi, racconta di un episodio di 12 anni prima, quando suo padre, priore della confratria di Gambasca, stava distribuendo carni porcine alla popolazione Caterina aveva preteso una coscia per s e si era vista rispondere con un rifiuto, al quale era seguita una minaccia da parte di Caterina il giorno dopo il padre di Giacomo si era ammalato ed era morto. Le testimonianze dei due uomini sembrano suffragate dalle testimonianze di Giovanna Motossa e della figlia Giovannina (9 ottobre 1495), che confessano di essere masche e complici di Caterina Borrella. 20 ottobre 1495 Caterina si presenta davanti all'inquisitore e nega subito tutto. Verr interrogata nuovamente i giorni 7, 9, 12 novembre e 6 dicembre confessando una lunga serie di delitti. Il suo ingresso nella setta risale al tempo in cui suo marito si trovava imprigionato nel monaster di Rifreddo per il mancato pagamento di un debito verso Bellavigna, ebreo di Revello per estinguere il debito e liberare il marito, Caterina aveva dovuto alienare la sua dote rimanendo povera e scontenta qui che entra in gioco il demone Costanzo che le promette ricchezze in cambio della sua fedelt. In seguito al rapporto carnale col demone erano seguiti una serie di malefici compiuti assieme al resto della societ delle donne. Nella deposizione di Caterina Borrella compaiono ulteriori stereotipi legati alla stregoneria: il volo verso i luoghi di riunione (reso possibile mediante la sovrapposizione dei piedi della masca su quelli del demone), la quercia come riferimento topico per le riunioni, il raccogliersi di decine di individui provenienti da posti disparati e lontani, le danze collettive e i rapporti carnali con i demoni. 6 dicembre 1495 -> Caterina Borrella e le altre sue consocie si ritrovano nella sala della badessa e fanno una confessione collettiva circa atti sacrileghi da esse commessi circa due anni prima -> il verbale identico a quello gi ricordato relativamente a Caterina Bonivarda, quasi come se il notaio riproducesse un modello. Giovanna Motossa (e il demone Martino) 4 ottobre 1495 -> si presentano all'inquisitore ben dieci uomini e una donna a denunciare Giovanna

Motossa -> alcuni di essi la accusano di aver procurato la morte di Maria, inserviente diciottenne della badessa, che l'aveva sorpresa a rubare erbe dall'orto monastico. 8 ottobre 1495 -> finito il tempus gratiae, Vito dei Beggiami interroga Giovanna Motossa -> la donna non oppone alcuna resistenza e confessa subito di essere masca da diciotto anni, ossia dopo un anno e mezzo di vedovanza, quando era rimasta povera e piena di debiti -> allora le era apparso il demone Martino. Giovanna a differenza di Caterina Bonivarda e Caterina Borrella non resiste alle pressioni della condizione di imputata, tanto che l'inquisitore non fa registrare dal notaio i nove capi di accusa perch subito dopo la prima domanda Giovanna vuota il sacco. l'intera confessione di Giovanna sembra seguire una sorta di linea difensiva -> Giovanna sembra credere che l'autoaccusa di delitti potesse avere una ricaduta a suo favore, soprattutto perch essi erano stati eseguiti contro la sua volont per imposizione anche violenta del demone. Giovanna riconosce quindi il male che tuttavia risulta commesso a seguito di un'originaria decisione sbagliata e soprattuto per l'imposizione del demone. Tuttavia la linea difensiva di Giovanna appare debole. 3 dicembre 1495 -> la donna ricorda un rito macabro e antropofago ai danni del figlio di tre o quattro mesi di Giovanni Craverio -> la notte successiva all'uccisione dell'infante, Giovanna e alcune complici l'avevano cotto e con il suo grasso avevano unto un bastone successivamente cavalcato da Giovanna per raggiungere l'azienda agraria del monastero di Rifreddo. Cap. 2 - L'inquisitore, la badessa e i suoi uomini Quali sono state le ragioni che nell'autunno del 1495 portarono frate Vito dei Beggiami a Rifreddo? Da chi erano giunte all'inquisitore notizie di fenomeni ereticali in quella localit? Vito dei Beggiami inquisitore e Margherita di Manton badessa Vito dei Beggiami -> frate Predicatore del convento di Savigliano, inquisitore nella provincia di Lombardia, della Marca genovese e di tutto il Piemonte -> l'incarico di inquisitore generale gli viene conferito a met agosto del 1495 -> poco prima della missione a Rifreddo. L'iniziativa repressiva a Rifreddo va cercata nell'asse che unisce il convento di San Domenico di Savigliano e il monastero femminile di Santa Maria della Stella. Si pu supporre che sia stata proprio la badessa Margherita di Manton a richiedere l'intervento dell'inquisitore generale -> a riprova di ci abbiamo innanzitutto un dato istituzionale: la giurisdizione ecclesiastica e civile su Rifreddo e relativo distretto spettava al monastero locale e, di diritto e di fatto, a chi ne era a capo -> come pensare quindi che l'inquisitore svolgesse il suo ufficio senza l'appoggio pieno della badessa. Inoltre l'inquisitore si avvale spesso, come testimoni, di personaggi istituzionalmente e socialmente eminenti di Rifreddo -> la badessa era riuscita a coinvolgere i suoi funzionari e alcuni parenti, laici e chierici, nell'operazione religioso-giudiziaria. Il tutto si svolge in una peculiare condizione di semi-autonomia del distretto di Rifreddo rispetto alle realt adiacenti -> la stessa Margherita di Manton era stata nominata badessa quando ancora il territorio di Rifreddo era sotto dominazione sabauda. Tra la "signora" di Rifreddo e il marchese di Saluzzo La connessione tra Margherita di Manton e la realt saluzzese pare essere Marchiotto dei Tapparelli, che nel processo alle masche affianca Vito dei Beggiami come notaio. Marchiotto era lo stesso che nel 1489 aveva riconfermato Margherita di Manton a capo dell'ente monastico di Rifreddo. Considerando che Marchiotto dei Tapparelli porta lo stesso cognome del predecessore di Vito dei Beggiamo, facile supporre che sia stato lo stesso inquisitore a volere il chierico, a lui gi noto, come notaio. Che l'autonomia di quel distretto, in quel periodo, una volta ristabilito il potere di Ludovico II, fosse relativa provato dalle stesse vicende processuali -> i procuratorio di Caterina Bonivarda infatti, per difendere la loro parente, si appellano ai due poteri aventi la giurisdizione superiore alla signoria spirituale e temporale posseduta dal monastero di Rifreddo -> vengono cos tirati in mezzo altri protagonisti di livello elevato: il nobile Antonio Vacca, notaio di Saluzzo, il quale si rivolger, nella

difesa di Caterina Bonivarda, aGiovanni Ludovico della Rovere, protonotaio apostolico e preposito della chiesa cattedrale di Torino, vicario del vescovo torinese Domenico della Rovere. Antonio Vacca si appella poi al marchese Ludovico II, che affida le sue prerogative a Michele de Madeis dell'Ordine dei Predicatori, il quale agir in veste di commissario marchionale. Infine il procuratore di Caterina Bonivarda chiede il supporto della competenza giuridica del domus Bartolomeo della Chiesa, altro personaggio eminente della corte di Ludovico II. Dal punto di vista del diritto i processi di Rifreddo e Gambasca giungono a coinvolgere i vertici delle istituzioni del marchesato di Saluzzo e della diocesi di Torino. Formalmente, sull'operato di Vito dei Beggiami non vi nulla da eccepire, fatta eccezione per l'esito dei processi: non tutti infatti davano per scontato che le masche fossero relapse da destinarsi al rogo e non, piuttosto, pentite degne di misericordia. Il 23 novembre 1495 Caterina Bonivarda ha un colloquio col marito che le dice di essere impegnato a trovare il modo migliore per difenderla da quella badessa -> ci fa pensare che Bonivardo dei Bonivardi vedesse in Margherita di Manton la minaccia maggiore -> possiamo dunque supporre che l'inquisitore era percepito come subordinato alla badessa e che era giunto a Rifreddo sul sollecitazione di quest'ultima? Certo che la badessa non estranea alle vicende -> tant' che ad esse partecipano due suoi parenti: il frate Minore Leonardo (la cui presenza nel monastero ingiustificata) e Giovanni Francesco, che partecipa in veste di testimone. Quest'ultimo inoltre lo stesso cui si rivolge Caterina Bonivarda nella notte del 24 novembre 1495 affinch chiamasse l'inquisitore ad ascoltarne la confessione -> questa dunque la riprova che Giovanni Francesco di Manton viveva nel monastero -> libert derivatagli dalla parentela con la badessa. Non dimentichiamo inoltre che Giovanna Motossa era stata accusata di aver ucciso l'inserviente della badessa. Cap. 3 - Dalla realt all'immaginario metareale Sul finire del XV secolo, la credenza nella realt stregonesca e la sua equiparazione all'eresia ottiene la sanzione teologica e canonistica nella lettera Summis desiderantes affectibus di Innocenzo VIII (5 dicembre 1484) -> questo atto pontificio trasforma l'immaginario minaccioso in realt di fatto. due anni dopo viene completato il Malleus maleficarum dei frati Predicatori Kremer e Sprenger, con cui si raccoglieva e organizzava la frammentaria produzione inquisitoriale. Streghe e stregoni servono a dare nuovo fiato alla cultura egemone. In questo ambito si situano i processi di Rifreddo e Gambasca. Il profilo personale e sociale delle masche Giovanna Motossa, dai documenti del 1495, risulta vedova -> alla morte del marito, parte dell'eredit era andata ai tre figli di primo letto del marito -> a Giovanna e alle due figlie minorenni non era rimasto molto -> giustificata quindi la dichiarazione dell'8 ottobre 1495, in cui Giovanna dice di essersi trovata vedova e piena di debiti, condizione in cui le era apparso il demone Martino.. Nel 1495, Caterina Borrella anch'essa identificata come vedova da pi di dodici anni e risulta tenere in concessione dal monastero di Santa Maria una casa con cortiletto e orto e un appezzamento di bosco -> negli ultimi vent'anni del Quattrocento sappiamo che Caterina si trovata in una pessima condizione economica e patrimoniale, al di l della sua attivit di fornaia. Sappiamo inoltre che il marito di Caterina Borrella si era indebitato, e per riscattarlo Caterina aveva dovuto alienare la sua dote -> la congiuntura di fatti economici e psicologici tali da giustificare l'apparizione del demone Costanzo risale quindi a circa vent'anni prima della confessione -> tuttavia i malefici confessati on si spingono oltre sette anni prima del 1495. Mentre Caterina Borrella e Giovanna Motossa nel 1495 sono madri, vedove e povere, la posizione di Caterina Bonivarda si delinea diversa. Caterina ha un marito e, da quello che possiamo dedurre dai documenti, un patrimonio incommensurabile rispetto a quello di Caterina Borrella e Giovanna Motossa. Non c' lo spettro della povert per Caterina Bonivarda -> tant' che il demone Giorgio la conquista in un momento di inquietudine a causa dello scarto tra le apsettative di vita della donna e

l'effettiva esistenza che conduceva. La trasfigurazione stregonesca di un omicidio preterintenzionale Se i dati di contesto e contorno risultano pienamente attendibili, che cosa pensare e quale valutazione dare dei racconti riguardanti la parte stregonesca delle loro dichiarazioni davanti all'inquisitore? Ci troviamo quindi di fornte a una duplice realt: realt reale realt metareale Dualismo che connota in generale i processi per stregoneria, costituendo un vero e proprio rompicapo esegetico ed ermeneutico per chi si metta a studiarne la documentazione. Il 4 ottobre 1495, l'inquisitore riceve informazioni su Giovanna Motossa da dieci uomini e una donna -> la madre dell'inserviente uccisa -> costei ricorda di essere andata a salutare la figlia e di averla trovata colpita da una grave e improvvisa infermit prodotta dalle percosse subite dalla Motossa. Anche il Predicatore Tommaso dei Binellati, cappellano della badessa, rievoca lo stesso episodio -> Maria avrebbe rivelato a frate Tommaso che Giovanna si sarebbe vendicata per essere stata sorpresa a rubare erbe nell'orto del monastero. Pietro Sobriani aggiunge inoltre un aspetto assente nelle altre deposizioni: dice infatti che a Rifreddo correva voce che la Motossa fosse masca -> tale dichiarazione viene confermata da altri testimoni. Michele Rosso, servitore della badessa, afferma di essere passato davanti alla casa della Motossa e di essere stato preso da un improvviso malessere che era continuato finch non gli era parso che un soffio uscisse dalla sua spalla -> a proposito del soffio si consideri che la stessa Giovanna confessa come il proprio demone le avesse detto di soffiare in faccia alla badessa per farle del male. Antonio Giordana dichiara all'inquisitore che tutta Rifreddo vociferava sulla mascaria di Giovanna e che in particolare il prete gli aveva detto di guardarsi da quella donna. L'8 ottobre 1495, Giovanna Motossa confessa elencando addirittura i nomi delle sue complici, tra le quali non si fa problemi a inserire anche la figlia Giovannina, che avrebbe condiviso con la madre il demone Martino. Giovanna non oppone resistenza e anzi fornisce dettagli su fatti reali e metareali in una prospettiva che la facesse risultare vittima del demone. Quello che alcuni testimoni avevano presentato come omicidio preterintenzionale, si trasforma in atto in cui realt e metarealt si fondono attraverso le parole della stessa imputata. La trasposizione metareale dell'accaduto sembra spostare la responsabilit penale di Giovanna Motossa -> il crimine umano si fa crimine religioso -> si perviene alla conclusione che la masca non pu non compiere il male. Sorge per spontanea una domanda: com' possibile che la badessa, essendo venuta a sapere dell'uccisione della sua inserviente da parte di Giovanna Motossa, non avesse richiesto l'immediato intervento del suo gastaldo e giudice e avesse aspettato l'azione repressiva dell'inquisitore? L'improvvisa morte dell'inserviente aveva procurato notevole imbarazzo al convento, considerando inoltre che i segni rinvenuti sulla schiena di Maria erano simili a quelli pervenuti nel 1489 sul corpo del figlio di Giaffredo Moine. Il mito delle masche e l'immaginario demoniaco Quasi tutti i malefici sono compiuti da pi masche insieme accompagnate dai rispettivi demoni. Questi ultimi hanno poteri ultraumani ostacolati dalla barriera della sacralit. I demoni sembrano dominare il metareale ma alla fine hanno attegiamenti tristemente umani e soprattutto maschili: picchiano le masche, pretendono rapporti carnali che non danno piacere alle donne (a causa della freddezza del loro membro). In realt non sembra esserci nulla di positivo nella relazione con il demone -> restano la trasmissione del potere di fare malefici e la promessa di ricchezze -> tuttavia solo Giovanna Motossa dichiara di aver ricevuto una volta un fiorino in moneta dal demone Martino. Quali i meccanismi attraverso cui il metareale viene raccontato come realmente accaduto? Questa questione rimanda alla domanda relativa al perch le donne accusate decidono di confessare di essere masche. le confessioni sono risultato distorto e distorcente degli effetti delle torture fisiche e quindi sono del tutto inattendibili. Tuttavia c' chi trova una spiegazione a tali confessioni trovando una

mediazione tra cultura dotta e cultura folklorica -> in tale prospettiva la stregoneria esisterebbe non per come viene confessata dalle masche bens come residuo di una cultura altra di antichissima origine e che si perpetua in riti e in forme orali. Un ulteriore spiegazione viene invece trovata nella lettura degli eventi in chiave femminile e femminista -> le streghe esprimerebbero dimensioni esistenziali proprie della donna nella societ maschilista. In ogni caso la macchina repressiva inquisitoriale, una volta messa in moto, non si ferma finch non ha terminato il lavoro per cui predisposta -> l'inquisitore viene chiamato per ripristinare l'ordine sacrale e l'orizzonte di ortodossia che si ritenevano frantumati dall'esistenza e dall'agire delle masche. Per quanto riguarda le morti innaturali di cui vengono accusate le masche, sul piano del reale possibile che si trattasse di morti accidentali di pargoletti causate dagli stessi genitori -> si ricordi che negli statuti sinodali si proibiva ai genitori di far dormire nel loro stesos letot i bimbi piccoli a causa dell'evidente rischio di soffocamento che i pargoli correvano durante il sonno dei genitori, i cui spostamenti incontrollati potevano con facilit provocare la morte delle loro creature. Una volta avviato il meccanismo processuale, la differenza tra realt e metarealt si annulla e i passaggi dall'una all'altra diventano pi frequenti e intensi producendo anche incongruenze dal punto di vista cronologico nelle confessioni. Tutte quelle donne vennero arrestate a seguito della prima confessione di Giovanna Motossa -> essa, senza tortura fisica ma muovendo forse da una tortura interiore, si identifica subito nel ruolo di masca che le viene attribuito dall'inquisitore -> se Giovanna Motossa era masca e riconosceva di essere tale, per essere creduta doveva fare i nomi delle altre componenti della sua setta -> dalle varie confessioni si attesta la mascaria di Caterina Bonivarda -> tuttavia le altre donne sembrano non avere consuetudine di vita con lei n tantomeno conoscerla bene. Caterina viene citata dall'inquisitore e arrestata il 19 ottobre 1495 ma le testimonianze sulla sua mascaria risalgono al 4 e 8 ottobre -> tuttavia indiscrezioni e voci dovevano essersi diffuse, tant' che suo fratello Giaffredo aveva detto all'inquisitore di aver sentito che sua sorella era sospettata per il crimine di stregoneria, e aveva anche pregato Caterina di confessare per permettergli di chiedere la sua assoluzione all'inquisitore. Nelle azioni di Giaffredo possiamo leggere una volont arginante nei confornti dell'azione inquisitoriale -> tuttavia, con l'interrogatorio di Giovanna Motossa dell'8 ottobre, si avvia un circolo vizioso da cui era impossibile uscire se non con una condana di tutte le masche. Cap. 4 - Il mondo notturno delle ombre e dei fantasmi La ricerca della verit non pu essere condotta sul piano del reale. La verit delle confessioni registrate negli atti di Rifreddo situata nel metareale, da intendersi come la costruzione culturale che afferma e descrive l'esistenza dell'universo demoniaco. Il campo magnetico dei processi inquisitoriali I processi inquisitoriali creano una sorta di campo magnetico attorno al quale si coagula il metareale -> ci dovuto anche al clima di violenza che si traduce nella pratica della tortura -> la paura un elemento strutturale del rapporto tra giudice e masche. attraverso i processi inquisitoriali si profila una situazione speculare: i modi violenti dei demoni si rispecchiano nella violenza dell'istituzione. Una volta immessa nel campo magnetico del processo ogni donna reagisce a modo suo. Il fatto che Giovanna Motossa confessi subito tuttavia non riconducibile alla pratica della tortura poich i tempi giuridici non ne spiegherebbero l'impiego alla prima udienza -> sappiamo invece quanto potesse aver agito in lei il senso di colpa per la morte della giovane inserviente e come la trasposizione di quell'atto nel campo del metareale potesse trasformare la natura stessa del fatto e delle responsabilit della donna. Il racconto orale di Giovanna si fa scrittura attraverso il filtro dell'inquisitore -> on dato sapere quanto questo filtro possa aver influito, ma di certo ha avuto un suo peso -> ce lo testimoniano alcune spie linguistiche, come ad esempio l'utilizzo del termine dotto "filocaptus" (amante) che difficilmente poteva essere conosciuto da una povera donna di Rifreddo. L'8 e il 9 ottobre, Giovanna confessa cercando di distinguere le sue responsabilit da quelle del

demone -> infatti dichiara di non aver mai pagato alcun censo al demone, a riprova che la fedelt non era del tutto consolidata -> in altri casi Giovanna dichiara di aver disobbedito al demone, specie quando egli le imponeva atti che potevano danneggiare il monastero e la badessa. Giovanna descrive la sua relazione col demone in modo ambiguo -> Martino compare a Giovanna anche quando incarcerata per unirsi carnalmente con lei ma anche per confortarla -> le promette di liberarla dai ceppi a patto che lei non denunci le altre masche -> ma Giovanna confessa -> il racconto prosegue quindi lungo una linea difensiva che ci presenta una donna che ha commesso un originario errore al quale tuttavia cerca ora di porre rimedio. Il 3 dicembre Giovanna si ripresenta all'inquisitore e dimostra finalmente di aver fatto proprio il discorso inquisitoriale -> confessa un episodio di antropofagia, alcuni malefici e pratiche sacrileghe -> compare nella narrazione il bastone della strega -> Giovanna racconta ci che dovrebbe raccontare una masca. L'inquisitore, pur avendo saputo della mascaria di Caterina Borrella sin dal 5 ottobre, la convoca solo il 20 ottobre -> Caterina nega ogni addebito -> tuttavia il 7 novembre inizia improvvisamente la sua confessione -> non dato sapere cosa sia successo tra il 20 ottobre e il 7 novembre. Rileviamo per che Caterina possiede un pi ricco bagaglio di immagini. Anche Caterina cerca di manifestare il suo distacco dal proprio demone -> dice di aver negato Dio con la bocca ma non con il cuore e di essere stata picchiata per essersi rifiutata di seguire le ingiunzioni del demone di non andare a messa e non ricevere il corpo di Cristo. Caterina Borrella conosce la tecnica demoniaca per uccidere le bestie: le masche pongono le mani sull'animale e il demone sovrappone la sua mano premendo quella delle donne; abbiamo gi visto come avviene inoltre lo spostamento delle masce nello spazio. il 7 novembre si riconosce colpevole della morte del figlioletto di Giaffredo Moine. Ben diversa si propone la situazione con Caterina Bonivarda -> l'inquisitore impiega pi di un mese per farle confessare ci che l'inquisitore voleva sentire -> il 25 novembre Caterina confessa ma le sue conoscenze del mondo demoniaco risultano limitate -> Caterina ricorda due malefici: l'uccisione di tre bovini e quella del figlioletto di Giaffredo Moine assieme alla complice Caterina Borrella. Essendo di giovane et e da poco sposata con Bonivardo, dimostra di aver poca confidenza con la cultura stregonesca e con la stessa realt di Gambasca (Caterina era di Revello) -> tant' che riconosce come complici solo le donne con cui aveva consuetudine di vita. La favola "horror" della stregoneria Possiamo affermare che le parole delle masche si fanno tali attraverso quelle conoscenze emergenti nel momento processuale. Il 6 dicembre 1495 ci troviamo di fronte a un fatto eccezionale -> l'assoluta identit delle confessioni Caterina Bonivarda e Caterina Borrella circa l'episodio di antropofagismo da loro testimoniato -> l'assoluta identit presenta per un'incrinatura: l'elenco delle masche presenti durante il maleficio uguale in entrambe le confessioni ma in quella di Caterina Borrella il nome di quest'ultima risulta espunto con un tratto di penna, mentre in quella di Caterina Bonivarda non risulta cancellato -> forte quindi il sospetto che si tratti di una meccanica ripetizione del notaio -> d'altronde anche le domande fatte alle donne sono identiche. Il notaio registra qui non ci che le masche potevano dire ma ci che l'inquisitore voleva sentirsi dire. Dai tre fascicoli inquisitoriali si ricava un panorama demoniaco e stregonesco relativamente scarno -> tanto per cominciare ci sono demoni ma non c' il Demonio. Le masche confessano malefici di carattere stereotipato ruotanti soprattutto sulle morti innaturali. Non si parla mai di culto a Satana e del rito classico del bacio osceno alla stessa divinit, altrove ampiamente attestati anche in epoca anteriore. Le parole delle masche diventano formulari di colpevolezza, mentre quelle dell'inquisitore diventano formulari di condanna. Tra l'ottobre e il dicembre del 1495 le donne di Gambasca e <rifreddo si trovarono proiettate in una realt processuale a loro del tutto sconosciuta, costrette in prigione e messe davanti a un'autorit ecclesiastica che voleva da loro verit che esse non conoscevano. Le ombree i fantasmi erano anche dell'inquisitore, ma per lui avevano un significato completamente diverso -> non elementi di una

cultura folklorica e popolare ma espressioni del crimine di eresia e apostasia.

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