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RIFERIMENTI ALLA REALTA’

Il personaggio della Monaca di Monza, forse il più misterioso e affascinante dei Promessi Sposi, non è frutto della
fantasia di Alessandro Manzoni. Lo scrittore milanese, infatti, si è ispirato a una donna realmente esistita, Marianna
de Leyva, la cui turbolenta storia ha scandalizzato il Seicento lombardo.
Marianna de Leyva (1575–1650) conosciuta come suor Virginia Maria, è passata alla storia per una delle vicende più
cupe e scandalose mai accadute. Vicaria del convento di Santa Margherita di Monza, intreccia una lunga
relazione con un conte, proprietario del palazzo adiacente al convento; per coprire le tracce di questo rapporto
decennale, i due insieme ad altri complici sono coinvolti in una serie di delitti di inaudita ferocia. Le azioni
commesse sono giudicate talmente crudeli, che gli atti del processo sono tenuti segreti per quasi due secoli.

SEQUENZE STORIA: essere precisi non è una perdita di tempo perché trasmettono
chiarezza al lettore (ha più facilità a seguire), ma anche perché tutti questi elementi
sono già prove di quello che devo sostenere (dissidio interiore, lavaggio del cervello, la
crudeltà della società e del padre, la comprensione di Manzoni e poi, invece,
relativamente ai delitti, la non giustificazione).

CAPITOLO 9

 Dalla barca al barocciaio


Renzo, Lucia e Agnese arrivano sulla riva destra dell’Adda; il primo a scendere è Renzo, seguito da Agnese, infine
Lucia. Renzo dà al barcaiolo un po' di denaro che si era preparato la sera prima per Don Abbondio: il barcaiolo, però,
non accetta il denaro e ritira la mano come se gli fosse proposto di rubare. Scesi dalla barca, li aspetta il conduttore del
baroccio, per raggiungere la meta indicata da Fra Cristoforo.

 Intervento dell'autore sulle fonti

Manzoni dice che l’autore del manoscritto non ha descritto il viaggio verso il convento, e non ha voluto inserire il
paese dove si recano le due donne perché, come si capisce dalla storia, le vicende di Lucia coinvolgono una persona di
famiglia molto potente. Per spiegare lo strano comportamento di quella persona, l’autore del manoscritto ne descrive
la famiglia, che conoscerà solo chi vorrà leggere. Nonostante l’autore del manoscritto non abbia inserito il nome del
borgo, Manzoni dice di averlo trovato attraverso altre fonti. Uno storico milanese, infatti, ha parlato di quella persona,
senza dirne il nome della famiglia né il nome del luogo in cui vive; le informazioni che si hanno sulla città è che è un
borgo nobile e ricco, attraversato dal Lambro, che ha un arciprete. Manzoni dice quindi che il paese è sicuramente
Monza. Manzoni dice anche che potrebbe dire il nome della famiglia, ma lo evita per non fare torti a nessuno e per
lasciare agli studiosi qualcosa su cui ricercare.

 Arrivo a Monza
I tre arrivano a Monza, il conduttore li accompagna in un’osteria dove prendono una stanza. Come con il barcaiolo,
Renzo offre del denaro al barrocciaio ma quello non accetta. Sono molto contenti di stare seduti lì dopo una sera e una
notte avventurose, fanno una scarsa colazione nonostante la fame e il pensiero del banchetto che avrebbero dovuto
fare due giorni prima.

 La partenza di Renzo
Renzo vorrebbe fermarsi lì per vedere le due donne e servirle, ma decide di andarsene secondo gli ordini di Fra
Cristoforo; si accordano per rivedersi, Lucia piange e Renzo trattiene le lacrime.
 Incontro col padre guardiano e tragitto verso il monastero
Il barocciaio, come gli ha ordinato Fra Cristoforo, aiuta le due donne, che altrimenti non avrebbero saputo cosa fare.
Le accompagna al convento a pochi passi da Monza, dove sono accolti dal padre guardiano che legge la lettera di Fra
Cristoforo e ne riconosce la calligrafia; è infatti un suo grande amico, anche a giudicare dal tono di voce e
dall’atteggiamento. Fra Cristoforo ha descritto le due donne nella lettera in modo che il padre guardiano che la riceve
provi interesse e pietà. Dopo un colloquio con Agnese, decide di mandarle dalla “signora”, sperando che offra loro
protezione. Il padre guardiano si raccomanda con le donne di non stare troppo vicino a lui durante il tragitto, perché
vedere un frate insieme a una donna giovane come Lucia desterebbe scandalo. Anche il barocciaio le accompagna al
monastero.

 Il barocciaio descrive la signora


Agnese e Luci chiedono al barocciaio chi sia la signora; il barocciaio risponde che la signora è una monaca diversa
dalle altre, detta “signora” non perché sia badessa o priora ma parchè appartiene a una famiglia importante, suo padre
è conosciuto a Milano e ancor più a Monza. Nel convento non è mai vissuto nessuno di così importante. Il barocciaio
sostiene che, se la signora le proteggerà, saranno molto sicure.

 Arrivo al monastero della "signora"

Arrivati al monastero, il barocciaio lascia le due donne e il guardiano, a cui chiede di portargli notizie dopo un paio
d’ore. Il guardiano accompagna le due donne nel primo cortile, dove dialogano con la fattoressa, mentre lui va a
chieder grazia. Dopo un po' di tempo il guardiano torna, le due donne sono contente perché si liberano dalle domande
pressanti della fattoressa, le accompagna nel secondo cortile. Intanto dà dei consigli su come comportarsi con la
signora: dice loro che è ben disposta e può aiutarle, devono essere umili e rispettose, rispondere sinceramente alle
domande, e se non sono interrogate lasciar parlare il guardiano. Le accompagna al parlatoio passando attraverso una
stanza terrena e Lucia, che non ha mai visto un monastero, si stupisce di vedere la monaca dritta dietro la finestra.
Intervento dell’autore con ironia: “forse dieci de’ miei lettori possono ancor rammentarsi d’aver veduto in piedi” si
riferisce a un pezzo di castello fiancheggiata da un torracchione.

 Descrizione della signora

Occhi neri, che


- fissano le persone con investigazione
- a volte si chinano come per nascondersi
- chiedono affetto, corrispondenza, pietà
- esprimono odio, con sguardo minaccioso e feroce
- se sono immobili e fissi esprimono una svogliatezza orgogliosa
- nascondono un pensiero, una preoccupazione famigliare
Viso
- fronte pallida che si raggrinzisce spesso che sembra esprimere dolore
- sopraccigli neri che si avvicinano velocemente, quando la fronte si raggrinzisce
- gote pallide circondate da un contorno delicato e grazioso alterato dalla lenta stanchezza
- labbra tinte di rosa sbiadito che risaltano sul viso pallido, si muovono subitanee, vive, piene d’espressione e di
mistero come gli occhi
Aspetto
- Bellezza sbattuta, sfiorita e scomposta
- La grandezza della persona scompare nell’abbandono del portamento, sembra sfigurata in mosse repentine,
irregolari e irrisolute per una donna e soprattutto per una monaca
- età Dimostra 25 anni
Abbigliamento
- Abbigliamento studiato e negletto, che annuncia la personalità strana della monaca: vita attillata con cura
- Velo nero, sospeso e stirato orizzontalmente sulla testa, che cade dalle due parti un po' discosto dalla testa
- Benda bianca di lino che attorciglia la fronte bianca, un’altra benda bianca a pieghe che termina sul mento con
un soggolo che copre la scollatura del saio nero.
Capelli neri: un ciuffo esce dalla benda e cade sulla tempia à dimostra dimenticanza/disprezzo della regola di tenerli
corti dopo la cerimonia del vestimento
 Dialogo tra Lucia, Agnese, la monaca e il guardiano

La monaca si mostra disposta ad aiutare le due donne, ma dice di voler conoscere meglio la situazione di Lucia.
Agnese inizia a parlare, ma è interrotta dal guardiano, che spiega come Lucia sia fuggita dal suo paese dove era in
pericolo. La monaca vuole conoscere quindi quali siano i problemi di Lucia, e il guardiano risponde spiegando che un
prepotente l’ha perseguitata fino a costringerla a fuggire. La monaca vuole che la stessa Lucia si avvicini e le spieghi
la sua situazione. Lucia cammina verso la grata, ma è in difficoltà nel parlare. Interviene quindi Agnese, dicendo che
la figlia aveva in odio quel cavaliere, paragonato al diavolo, si scusa per il linguaggio definendo lei e la figlia “gente
alla buona”, e racconta alla monaca che Lucia era promessa sposa a un giovane, e il matrimonio non è stato celebrato
per il mancato lavoro del curato; si difende dicendo che, se Fra Cristoforo fosse lì, la sosterrebbe. Agnese è interrotta
dalla monaca che dice che tutti i genitori hanno un argomento a favore dei propri figli. La madre lancia uno sguardo a
Lucia per farle notare cosa ha fatto in sua difesa, e il guardiano le fa segno di farsi avanti e parlare. Lucia quindi
prende coraggio e ribadisce che tutto ciò che h detto la madre è vero, e che preferirebbe morire al posto che stare sotto
quel cavaliere prepotente. La monaca dice che vorrebbe parlare da sola con Lucia, ma ha già pensato di far alloggiare
le due donne nella stanza della figlia della badessa che è stata da poco maritata; rivela poi al guardiano che in realtà
era stato stabilito di non sostituire la figlia della badessa per mancanza di risorse a causa della carestia, ma riuscirà a
trovare un accordo e dà la cosa come fatta. Il guardiano la ringrazia, ma lei lo ferma dicendo che avrebbe chiesto aiuto
ai cappuccini in caso di bisogno.

 Dopo il dialogo

La monaca fa chiamare una conversa, per ordinarle di avvisare la badessa, che avrebbe preso provvedimenti opportuni
con la fattoressa e Agnese.
Agnese e il guardiano escono dalla stanza. Il guardiano va a scrivere la lettera a Fra Cristoforo, mentre pensa che la
Signora sia curiosa, ma si può manipolare per farle fare ciò che si vuole. Immagina inoltre Fra Cristoforo soddisfatto
del lavoro che gli ha assegnato.
La signora è rimasta sola con Lucia, e non si contiene nel discorso con la ragazza. L'autore interviene dicendo che,
essendo un discorso così strano, preferisce non riferirli e raccontare la storia della giovane monaca: l'obiettivo è di
spiegare il suo atteggiamento insolito e misterioso, per comprendere i motivi del suo comportamento prima e dopo.
· Giudizio implicito: "infelice" --> riferito a Gertrude

 L'infanzia di Gertrude (inizio flashback)

La monaca era l'ultima figlia del principe ***, gentiluomo milanese, tra i più ricchi della città, ma la notorietà del suo
titolo gli faceva sembrare le sue sostanze appena sufficienti, anzi scarse; il suo unico obiettivo era quello di
conservarle per sempre, per quanto dipendeva da lui. Dal manoscritto non possiamo capire quanti figli avesse, ma
sappiamo che erano tutti stati indirizzati al chiostro, tranne il primogenito, che avrebbe ereditato tutte le ricchezze,
consegnate a sua volta al proprio primogenito, destinando gli altri figli a prendere i voti.
Quando ancora non era nata, i genitori avevano già deciso il futuro del neonato: diventare monaco o monaca, cosa che
si sarebbe scoperta al momento della nascita.
Questa decisione non prevedeva il consenso della figlia, ma la sua presenza. Alla nascita il padre aveva scelto il nome
Gertrude per richiamare l'idea del chiostro. I primi regali furono bambole vestite da monaca, santini di monache, che i
famigliari trattavano come cose preziose, con espressioni del tipo "bello, eh?". Quando i genitori o i fratelli volevano
farle un complimento, esclamavano "che madre badessa!".
Nonostante fosse predestinata a diventare monaca, nessuno aveva mai detto a Gertrude che era obbligata a farlo.
Secondo i famigliari, era un'idea sottintesa, che accennavano in ogni discorso sul suo futuro. Quando la bambina
compieva atti arroganti e imperiosi, secondo il suo istinto, il padre la rimproverava dicendole che, diventata madre
badessa, avrebbe potuto comandare. Quando invece la ragazza si lasciava a atti famigliari e liberi, il padre le ricordava
che sarebbe stata la prima del monastero, raccomandandole quindi di controllarsi per ottenere il rispetto degli altri.
Le parole dei famigliari le stampavano nel cervello l'idea di diventare monaca, e quelle del padre facevano ancora più
effetto; il padre era autoritario soprattutto quando si occupava del futuro dei suoi figli.

 Gertrude in convento
A sei anni Gertrude era stata collocata in convento per educazione e per scelta libera e sentita. È lo stesso convento
dove arrivano le due donne; l'autore del manoscritto non inserisce il nome del convento, ma Manzoni dice di aver
capito che è il convento di Monza, perché il padre guardiano ha detto alle due donne che il padre di Gertrude era il
primo di quella città, inoltre nel manoscritto si trova qualche informazione. Nel monastero di Monza, Gertrude
sarebbe stata trattata con distinzione e finezza tale da convincerla a vivere lì per sempre. La badessa e le altre monache
del monastero erano contente di ospitare la ragazza, perché figlia di un uomo di prestigio, la cui posizione avrebbe
offerto vantaggi nel futuro, lo aiutano quindi a realizzare la sua intenzione.
Appena entrata in monastero, viene chiamata per antonomasia "la signorina", ha un posto distinto nel dormitorio e a
tavola, il suo comportamento è proposto alle altre giovani come esempio, viene trattata con famigliarità e rispetto, cioè
l'atteggiamento che fa sentire bene i bambini quando vedono che gli altri sono trattati solo con superiorità.
Non tutte le monache la considerano superiore alle altre: alcune considerano sbagliato che una ragazza venga destinata
ai voti solo per interessi economici; alcune non si accorgono di come viene trattata la ragazza, altre non vi trovano
nulla di cattivo, altre non esaminano la situazione, altre stanno in silenzio per non destare scandalo. Altre provano
tenerezza per la ragazza perché proprio come lei erano state indirizzate alla vita in convento per volere dei genitori,
ma lei non percepisce lo strano comportamento.

 La nuova voglia di Gertrude


Tra le compagne di Gertrude, ci sono quelle a cui è stato promesso il matrimonio, dalle quali la ragazza apprende gli
ideali della vita mondana, come pranzi, feste, conversazioni, vacanze, vestiti e carrozze; Gertrude affianca queste
immagini al prestigio offerto dalla vita in convento, come previsto dai genitori, con cui vorrebbe scatenare l'invidia
delle altre. In realtà, è lei a provare invidia e odio per le compagne, a cui fa dispetti. Capisce quindi che può opporsi a
farsi mettere il velo, perché è necessario il suo consenso. Richiama alla mente la necessità del suo consenso per
godersi le immagini proposte dalle compagne, con cui si confida. Vorrebbe soddisfare le sue nuove voglie, ma ricorda
l'autorità del padre: in lei si oppongono il desiderio concreto del mondo esterno e il dovere religioso.
· Ossimoro: "vocazione impostale" frutto di un sentimento e di una scelta libera e sentita

 La lettera di ribellione al padre

Una ragazza poteva diventare suora solo dopo un esame da parte del vicario delle monache o di un altro incaricato, per
assicurarsi che la ragazza lo facesse per sua libera scelta; l'esame doveva essere preceduto da una lettera in cui la
ragazza mettesse per iscritto la propria supplica. Gertrude invia la supplica al vicario, convinta da altre monache, ma
ne se ne pente presto. Decide, però, di non riferire il proprio pentimento alle compagne. Un anno dopo aver
sottoscritto la supplica, Gertrude deve trascorrere un periodo a casa per proseguire il percorso necessario a prendere i
voti; non vorrebbe, però, fare passi avanti, ma cancellare il primo e unico che ha fatto, cioè quello di sottoscrivere la
supplica. Si confida quindi con una delle compagne, che le consiglia di scrivere una lettera al padre, prima di partire
per il soggiorno a casa. La ragazza, però, non riceve una risposta, fino a quando la badessa le accenna alla collera del
padre richiamandola nella sua cella e le lascia intendere che, comportandosi bene, avrebbe potuto risolvere il
problema. Gertrude capisce che non può fare ulteriori richieste.

 Il periodo a casa

(distacco dai famigliari e delusione delle aspettative di Gertrude) -narrativa


Gertrude, 14enne, esce dal convento per trascorrere il periodo in famiglia; nonostante consideri questo momento "un
combattimento", prova una gioia tumultuosa. Secondo il suo piano, se i famigliari la vorranno forzare, lei dovrà essere
umile, rispettosa, ma dura, e non acconsentirà. Se invece la prenderanno con le buone, lei si comporterà in modo da
fare compassione.
A casa, però, i famigliari, con cui può trascorrere solo parte della giornata, sono seri, tristi, burberi con lei, silenziosi,
per farle comprendere che diventare suora è un mezzo per riconquistare il loro affetto. Gertrude, pur di non diventare
suora, finisce per allontanare qualsiasi segno di benevolenza, sembrando dalla parte del torto. Inoltre, la ragazza è
delusa poiché a casa non può vivere nessuna delle esperienze come aveva immaginato in convento: all'arrivo di
qualsiasi ospite, era rinchiusa all'ultimo piano con alcuni servitori, dove talvolta mangiava. Il tempo con la famiglia la
fa sentire umiliata, afflitta perché trattata con noncuranza.

 L'amicizia col paggio


Gertrude si accorge del rispetto e compassione di un paggio nei suoi confronti. Trova nel suo contegno l'ideale ordine
di cose che immaginava. La ragazza mostra una tranquillità e un'inquietudine tipica di chi ha ottenuto ciò che gli
premeva e non vuole farlo conoscere ad altri; il suo atteggiamento allarma i famigliari, che la fanno controllare ancora
di più, fino a quando delle cameriere la trovano piegare una lettera rivolta al paggio e la consegnano al padre.

 La collera del padre

Gertrude prova terrore quando sente i passi del padre irritato che si avvicina, e si sente colpevole; nonostante ciò,
avrebbe preferito trovarsi sotto terra piuttosto che in un chiostro. La prima punizione è di stare rinchiusa sotto il
controllo della serva che aveva scoperto la lettera, ma si prevede un ulteriore castigo. Il paggio è allontanato, il padre
si raccomanda di non raccontare a nessuno l'accaduto e gli dà due schiaffi perché il ricordo gli tolga la tentazione di
vantarsi dell'esperienza.

 I pensieri di Gertrude rinchiusa

Gertrude rimane con il batticuore, rimorso, vergogna e terrore per la punizione del padre. Lei e la carceriera, costretta
a custodire il segreto, si odiano a vicenda.
I sentimenti di Gertrude sembrano inizialmente scomparire, per poi tornare uno alla volta alla mente e ingrandirsi. Si
chiede quale possa essere la punizione del padre: la più probabile è di essere mandata nel monastero di Monza, dove si
immagina di essere trattata non più come la signorina ma come la colpevole, provando molta vergogna.
Le tornano in mente le immagini della lettera e del paggio, che si distingue tra coloro che la circondano, freddi, seri e
minacciosi.
Col passare del tempo abbandona questi pensieri, sostituiti dalle fantasie che faceva anche in monastero, consapevole,
però, che non si sarebbero mai realizzate.
Immagina il monastero come l'unico luogo tranquillo e onorevole, se avesse deciso di starci per sempre. Diventare una
monaca festeggiata, ubbidita e ossequiata è ora un suo desiderio.

 I sentimenti di Gertrude e il rapporto con la carceriera

I due sentimenti che prova sono: il rimorso insieme al bisogno di pratica religiosa e l'orgoglio. La carceriera le ricorda
il castigo del padre e lo sbaglio che ha fatto, oppure si mostra benigna adottando un tono di protezione che Gertrude
trova peggiore di un insulto. Alla ragazza pare amabile ogni cosa che la allontani da quella donna.

 La lettera per il perdono

Dopo 4 o 5 giorni di prigionia e i dispetti della carceriera, Gertrude sfoga la sua rabbia con la faccia tra le mani, in un
angolo della stanza. Vorrebbe vedere nuovi visi, sentire altre parole, essere trattata diversamente. Il pensiero che sia
proprio compito vedere i famigliari come amici, si rallegra. Prova però, anche rimorso per il fallo e desiderio di
espiarlo. Decide quindi di scrivere una lettera al padre; in essa esprime il suo entusiasmo e abbattimento, afflizione e
speranza, chiedendo il perdono ad ogni costo per il piacere di coloro che lo accordano.
• Antitesi "d'entusiasmo e d'abbattimento, d'afflizione e di speranza" per esprimere i sentimenti contradditori della
giovane

CAPITOLO 10

 Il principe convince Gertrude ad entrare in monastero


Il principe leggendo la lettera di Gertrude capisce che è l’occasione giusta, Gertrude va dal padre e si inginocchiò e
chiese perdono piangendo. E il padre le risponde che il suo perdono va meritato con le azioni. Gertrude si lascia
sfuggire un “SI” che il padre interpreta come l’accettazione al velo, il principe scosse un campanello e riferì la notizia
alla moglie e al primogenito e i due si complimentarono con Gertrude.
Il principe inoltre vorrebbe che quello stesso giorno Gertrude si recasse in convento per mostrare alla badessa la sua
volontà ma riesce a posticiparlo al giorno seguente nella speranza di riuscire a cambiare le cose. Il principe poi si recò
dal vicario delle monache per fissare il giorno dell’esame di Gertrude.

 Gertrude si prepara alla visita di Monza

Il resto della giornata Geltrude è impegnata in molte occupazioni: viene pettinata e acconciata, riceve molti
complimenti e da alcuni parenti, passeggia in carrozza con la madre e due zii lungo una strada principale di Milano,
Gertrude viene chiamata “sposina”, che è l’appellativo che viene dato alle giovani monacande inoltre ai complimenti
deve rispondere facendo buon viso cattiva sorte. A fine serata riceve anche i complimenti del padre, e dopo cena
Gertrude pensa di approfittare della benevolenza del padre per allontanare la cameriera con cui era stata rinchiusa
nella stanza, lamentandosi dei suoi comportamenti e promette alla figlia rimproveri alla domestica e le viene assegnata
un’altra cameriera anziana.

 La visita al convento di Monza


Il mattino dopo Gertrude è svegliata molto presto dalla cameriera, dopo essersi alzata essere stata pettinata va in una
stanza dove le è offerta una tazza di cioccolata. Prima di partire per il convento il principe si raccomanda con la figlia
che deve tenere un comportamento esemplare e deve mostrarsi sincera quando farà la supplica di essere ammessa.
Gertrude parte per Monza accompagnata oltre che dal padre anche dalla madre e dal fratello maggiore. Quando la
superiora chiede alla ragazza cosa sia venuta a chiedere Gertrude colta da un momento di incertezza ma poi rivela alla
badessa la sua volontà di entrare a far parte del monastero. Successivamente vengono offerti dei dolci a Gertrude e la
badessa si apparta con il principe per ricordargli con imbarazzo che qual ora la figlia fosse stata forzata nella sua
decisione incorrerebbe la scomunica, ma la badessa sottolinea la sua convinzione che ciò non è accaduto, dopodichè la
famiglia si congedo e torno a palazzo a Milano.

 La scelta della madrina


Dopo la cena a palazzo il principe incomincia a parlare della madrina, colei che dovrà accompagnare Gertrude fino al
momento della monacazione, facendole vedere chiese, monumenti e ville che rappresentano il mondo che dovrà
abbandonare. Gertrude poi indica il nome della dama che durante la cena l’ha lodata di più rispetto alle altre, questa
scelta rispecchiava anche la scelta che avrebbe fatto la famiglia. Gertrude ha compiuto questi atti pur sapendo che si
sarebbe avvicinata sempre di più alla monacazione ma non ebbe il coraggio di deludere le aspettative del padre.

 L’esame del vicario


Il giorno dopo seguente Gertrude aspetta il vicario delle monache che la verrà a visitare e pensa come sottrarsi ai suoi
doveri. Il padre la esorta a non farsi prendere da dei momenti di esitazione davanti al vicario altrimenti il padre
sarebbe stato costretto a rivelare il suo peccato, per convincere maggiormente la figlia le ricorda che avrà molti
privilegi, all’arrivo del vicario Gertrude fu lasciata da solo con esso. Gertrude afferma al vicario che si vorrebbe far
monaca di sua volontà, anche se vorrebbe rivelare la verità ma di conseguenza verrebbe rivelato anche il suo peccato.
Gertrude sa che il vicario le potrebbe impedire la monacazione ma non avrebbe potuto proteggerla dalla collera del
padre, così continuò a mentire e convinse il vicario e il padre ne fu molto contento e si complimentò con la figlia.

 Gertrude diventa monaca


Il giorno successivo deve prendere parte a numerose visite e ricevimenti che sono per lei motivo di molti ripensamenti
e molta sofferenza dato che non avrebbe potuto condurre una vita di quel genere. Nel frattempo le monache esprimono
i loro voti positivi per far entrare Gertrude in monastero. Gertrude chiese di entrare in monastero il prima possibile per
non dover più sopportare quelle sofferenze e il suo desiderio fu esaudito, dopo 12 mesi giunse il momento di
pronunciare i voti e Gertrude rispose “SI” diventando così monaca per sempre. La monaca però provò ripulsione per
la vita che avrebbe dovuto condurre così incominciò a trattar male molte donne sia quelle che avevano votato per il
“si” sia quelle che si mostrano gentili.
 Gertrude maestra delle educande
Poco dopo il suo ingresso in monastero Gertrude diventa maestra delle educande, arriva a imitare la madre badessa
oppure si prende gioco delle altre consorelle, ridendo in modo sguaiato.

 La reazione con Egidio e l’assassinio della conversa

Gertrude trascorre così alcuni anni non avendo altri diversivi nella sua vita laica fino ad un momento. La monaca ha il
privilegio di alloggiare in un quartiere a parte del convento, che fa parte della casa laica dove vive Egidio, un giovane
irriverente che si circonda di brutte persone e non segue né le leggi né la giustizia grazie alle sue amicizie potenti.
Gertrude iniziò con Egidio una relazione clandestina, per questa relazione Gertrude è molto felice e molte consorelle
trovano Gertrude più tranquilla. Un giorno però Gertrude ha una discussione violenta con una conversa e la maltratta
eccessivamente, la donna si lascia sfuggire che lei è a conoscenza di un segreto della monaca. Gertrude è preoccupata
ma non dopo molto tempo la conversa sparì e quando venne scoperta una buca nel muro dell’orto che lasciò pensare a
tutti che fu scappata in Olanda e dopo poco tempo non si parlò più di lei, anche se Gertrude preferisce trovarsela viva
davanti e non sentirne la voce nella sua mente che la rimprovera e la minaccia per il delitto commesso, senza lasciarle
mai un solo attimo di pace.

 Agnese e Lucia al convento (fine flashback e ritorno al presente)

Quando Agnese e Lucia arrivarono al convento e incontrarono Gertrude era già passato un anno, Gertrude mentre
parlava con Lucia le rivolgeva molte domande riguardo la persecuzione di Don Rodrigo. Appena arrivò dalla madre le
confidò il suo imbarazzo per quelle domande e Agnese rispose che i signori sono tutti strani e che non deve prestarci
molta attenzione.

CAPITOLO 11

 Il Griso e i bravi tornano al palazzo di don Rodrigo

Il Griso e i bravi fanno ritorno al palazzotto di don Rodrigo, la notte in cui hanno tentato vanamente di rapire Lucia,
simili a un branco di segugi con i musi bassi e la coda tra le zampe. Il signorotto cammina nervosamente in una sala
all'ultimo piano, buia, mentre attende con impazienza l'esito della spedizione: rassicura se stesso circa le possibili
conseguenze dell'atto scellerato, dicendosi certo che né Renzo, né tanto meno padre Cristoforo o Agnese verranno a
cercare Lucia nel suo palazzo e, quanto alla giustizia, egli può contare sull'appoggio del podestà di Lecco. Don
Rodrigo già pregusta la soddisfazione di vincere la scommessa sul conte Attilio e pensa alle infami lusinghe che
rivolgerà a Lucia prigioniera, quando sente dei passi in strada e, affacciatosi dalla finestra, vede con sorpresa che i
bravi sono tutti rientrati senza la bussola. Il Griso va subito a fargli rapporto e il nobile, che lo attende in cima alle
scale, lo apostrofa con parole dure e di scherno per il fallimento dell'impresa, al che il Griso riferisce fedelmente al
padrone tutto quanto è avvenuto nelle ore precedenti, incluso ovviamente il fatto che Lucia e Agnese non si trovavano
in casa. Don Rodrigo sospetta che ci possa essere una spia a palazzo, come del resto pensa anche il bravo, il quale
rassicura tuttavia il padrone sul fatto che, come spera, lui e i suoi uomini non sono stati riconosciuti. Il signorotto
ordina al Griso di provvedere il mattino dopo a mandare due sgherri a minacciare il console del paese (cosa che
l'autore ha già narrato nelle pagine precedenti), di provvedere a portar via la bussola dal casolare vicino alla casa delle
due donne, e infine di sguinzagliare altri uomini nel villaggio per scoprire cosa sia accaduto la notte prima. A questo
punto sia don Rodrigo sia il Griso vanno a dormire, quest'ultimo (osserva con ironia l'autore) stanco per i rischi corsi e
avendo ricevuto ingiusti rimproveri.

 Colloquio tra don Rodrigo e il conte Attilio


Il mattino seguente don Rodrigo cerca il conte Attilio e questi lo prende in giro ricordandogli che è S. Martino e che
ormai la scommessa è perduta. Il cugino gli rivela cosa è accaduto la notte scorsa e Attilio, con fare serio, osserva
che padre Cristoforo è certamente coinvolto, rimproverando tra l'altro Rodrigo di non aver fatto bastonare il frate
quando due giorni prima lo aveva affrontato nel suo palazzo. Il conte promette che penserà lui a punire come si deve il
cappuccino, rivolgendosi al conte zio del Consiglio Segreto di Milano dove Attilio si recherà di lì a due giorni, benché
l'altro lo preghi di non peggiorare le cose. In seguito i due fanno colazione e il padrone di casa si dice certo di non
avere problemi con la giustizia, tanto più che (come ricorda Attilio) il podestà è dalla sua parte, anche se Rodrigo
accusa il cugino di provocare di continuo il magistrato mettendo lui in una posizione scomoda. Attilio osserva che don
Rodrigo sembra avere un po' di paura, quindi lo rassicura e promette che presto andrà dal podestà a portargli i suoi
ossequi e a far sentire il peso del suo potere. Il conte esce poi dal palazzo per andare a caccia, mentre don Rodrigo
attende il ritorno del Griso con le informazioni raccolte sulla notte precedente.

 La reazione del paese alla scomparsa di Renzo, Lucia e Agnese


La confusione in paese della notte precedente è stata troppa perché coloro che ne sono informati non si lascino
sfuggire qualche dettaglio, a cominciare da Perpetua che rivela a molte persone il fatto
che Renzo, Agnese e Lucia hanno tentato il "matrimonio a sorpresa" ai danni di don Abbondio, benché la donna taccia
il fatto di essere stata raggirata da Agnese. Anche Gervaso è eccitato all'idea di rivelare ciò a cui ha preso parte e che
lo fa sembrare un uomo come gli altri, incurante del fatto che il fratello Tonio lo minacci perché non dica nulla, e del
resto Tonio stesso si lascia scappare qualche ammissione con la moglie che a sua volta ne parla in giro.
Solo Menico osserva il silenzio, in quanto i suoi genitori, atterriti all'idea che il ragazzo abbia sventato una trama
di don Rodrigo, lo tengono chiuso in casa per alcuni giorni, salvo poi essere loro stessi a rivelare ai compaesani
dettagli di quella vicenda, incluso quello molto importante che i tre scomparsi si sono rifugiati a Pescarenico.
Gli abitanti del villaggio non sanno tuttavia spiegare l'incursione dei bravi nella casa di Agnese e Lucia, né la presenza
degli altri all'osteria (il cui padrone è abile a eludere qualsiasi domanda), mentre il pellegrino visto da due paesani
confonde le idee a tutti, poiché ovviamente nessuno sospetta che si trattasse del Griso travestito. Quest'ultimo riesce
poi a mettere insieme i pezzi della vicenda grazie a tutte queste informazioni raccolte da lui stesso e dai suoi bravi,
così all'ora di pranzo raggiunge don Rodrigo al suo palazzo e gli fa una relazione abbastanza precisa dell'accaduto:
riferisce lo stratagemma tentato dai due promessi, che spiega l'assenza di Agnese e Lucia smentendo l'ipotesi di una
spia, quindi afferma che i tre si sono rifugiati a Pescarenico, dove evidentemente hanno avuto l'assistenza di padre
Cristoforo. Il signorotto è furibondo per la fuga dei due giovani e per la parte avuta dal frate, perciò manda subito il
Griso a Pescarenico a raccogliere altre più dettagliate informazioni, promettendogli denaro e la sua protezione.

 Don Rodrigo manda il Griso a Monza


L'autore osserva con una certa ironia che l'amicizia è una gran consolazione, specie perché consente di rivelare ad altri
dei segreti, ma poiché gli amici non formano coppie come gli sposi è abbastanza ovvio che questi segreti vengano
ampiamente diffusi tra un gran numero di persone. Così il conduttore di calesse che ha portato i tre fuggitivi
a Monza confida la cosa a un amico fidato, e questi fa la stessa cosa ad altri, finché il "segreto", passando di bocca in
bocca, giunge all'orecchio del Griso che può rivelare a don Rodrigo, a tarda sera, che Agnese e Lucia si sono rifugiate
in un convento a Monza e Renzo ha proseguito per Milano. Il signorotto si rallegra della separazione dei due giovani e
il giorno seguente chiama subito il Griso, dandogli il denaro promesso e ordinandogli di recarsi a Monza per
raccogliere ulteriori notizie sulle due donne.
Il bravo si mostra esitante e chiede al padrone di mandare qualcun altro a Monza, poiché egli ha in quella città una
taglia di cento scudi sopra la sua testa e teme quindi di finire nei guai con la giustizia, cosa che ovviamente non rischia
in paese in quanto è protetto dal nobile e dal podestà. Don Rodrigo lo rimprovera aspramente della sua vigliaccheria e
gli dice che non dovrà certo andare da solo a Monza e che potrà farsi accompagnare dallo Sfregiato e dal Tiradritto
(due bravi al suo servizio), dicendosi certo che il suo nome è abbastanza noto anche in quella città per assicurargli una
certa protezione. Il Griso parte dunque per la sua missione, non senza una certa vergogna, simile a un lupo affamato
che scende dai monti innevati in cerca di preda, mentre annusa l'aria sospettoso (l'autore cita un verso di un poema
ancora inedito di Tommaso Grossi, amico di Manzoni che egli loda con bonaria ironia).
In seguito don Rodrigo pensa alla maniera per sbarazzarsi di Renzo usando la giustizia, magari inducendo il podestà a
farlo arrestare o bandire dallo Stato per il tentativo fatto in casa del curato, ripromettendosi di parlarne al
dottor Azzecca-garbugli. Il signorotto, tuttavia, non può immaginare che Renzo nel frattempo si sta comportando in
modo tale da mettersi da solo nei guai con la legge, senza bisogno di alcun intervento da parte sua.

 Disgressione dell’autore
Manzoni interrompe la narrazione e afferma, non senza una certa ironia, di aver visto più volte un "caro fanciullo"
tentare senza successo di radunare i suoi porcellini d'India che ha lasciato correre liberi per il giardino, poiché gli
animali gli sfuggivano da ogni parte e non si lasciavano ricondurre al coperto: alla fine il ragazzo finiva per spingere
dentro il recinto quelli più vicini all'uscio, andando poi a recuperare gli altri a seconda di dove si trovassero. L'autore
dovrà fare qualcosa di simile con i personaggi del romanzo, poiché, dopo aver lasciato Agnese e Lucia per parlare
di don Rodrigo, dovrà ora tornare a Renzo che è in cammino verso Milano.

 Renzo giunge a Milano

Renzo percorre la strada che da Monza conduce a Milano, pieno di pensieri cupi e di rabbia verso don Rodrigo che lo
ha costretto a lasciare il paese e Lucia, anche se il ricordo della preghiera recitata con padre Cristoforo lo raddolcisce e
lo induce a inginocchiarsi in preghiera ogni volta che trova un'immagine votiva (l'autore osserva ironicamente che,
durante il viaggio, uccide e resuscita col pensiero il signorotto varie volte). Il giovane percorre una strada infossata tra
due rive nel terreno, per poi salire in posizione più elevata grazie a un sentiero a scalini più ripido: da lì scorge a un
tratto la sagoma del duomo di Milano, restando meravigliato di fronte a quel monumento di cui ha tanto sentito parlare
fin da bambino. In seguito Renzo si volta e vede le sue montagne, tra cui il Resegone che ha dovuto lasciare, quindi
prosegue e giunge in prossimità della città, di cui vede ormai case ed edifici. Si avvicina a un distinto viandante e gli
chiede con cortesia quale strada conduca al convento di padre Bonaventura: l'uomo, che si allontana di fretta da
Milano a causa del tumulto che è in atto, dice con altrettanta cortesia a Renzo che per indirizzarlo dovrebbe sapere di
che convento si tratta, al che il giovane gli mostra la lettera avuta da fra Cristoforo. L'uomo legge "Porta Orientale" e
mostra a Renzo la via per arrivarci, dicendogli di costeggiare il fossato che circonda il lazzaretto fino ad arrivare alla
porta, superata la quale troverà il convento molto facilmente. L'uomo si congeda con grande gentilezza e Renzo
rimane stupito dei modi garbati dei Milanesi, non sapendo che in quella giornata tutti i signori si mostrano gentili con i
popolani a causa della rivolta.

 Renzo trova i pani per terra. Il tumulto


Renzo segue le indicazioni e giunge presto a Porta Orientale, che all'epoca è costituita da due pilastri sormontati da
una tettoia e con accanto la casupola che ospita i gabellieri. La strada che conduce entro le mura della città è tortuosa,
con al centro un piccolo fossato che la divide in due e che si perde in una fogna presso la via del Borghetto (lì vicino
c'è una grande croce detta di S. Dionigi, posta su di una colonna). Renzo passa attraverso la porta senza che i gabellieri
si interessino a lui, cosa che lo stupisce molto ricordando i racconti di chi era stato a Milano e aveva riferito dei
controlli minuziosi che aveva dovuto subire. La strada è deserta e la città pare disabitata, salvo il fatto che in
lontananza si sente un vocio confuso.
Renzo prosegue il cammino e, a un tratto, vede sul terreno delle lunghe strisce bianche che sembrano di neve, cosa
impossibile anche per la stagione dell'anno; il giovane osserva con più attenzione e scopre, con enorme sorpresa, che
si tratta di farina. Renzo pensa che a Milano debba regnare l'abbondanza, visto che la farina viene sciupata in questo
modo, ma poco dopo, giunto vicino alla colonna di S. Dionigi, vede sugli scalini del piedistallo delle cose simili a
pagnotte e, incuriosito, ne raccoglie una: si tratta proprio di un pane tondo e soffice, bianchissimo, il che riempie il
giovane di meraviglia e lo induce a pensare che questo sia il "paese di cuccagna", visto che il pane viene gettato via
così e per di più in tempo di carestia. Renzo riflette sul da farsi e poi decide di raccogliere alcuni pani, dal momento
che sono stati buttati per terra, ripromettendosi di pagarli al proprietario se mai lo incontrasse. Ne raccoglie due e ne
mangia un terzo, proseguendo il cammino e desideroso di capire cosa stia succedendo in questa città.

 La famiglia dei rivoltosi


Renzo prosegue e dopo un po' vede arrivare gente, a cominciare da una donna, un uomo e un ragazzo: tutti e tre
portano un carico pesante, sono infarinati e sembrano pesti, doloranti. L'uomo regge sulle spalle un gran sacco che
perde farina, mentre la donna regge i lembi della gonna che contiene anch'essa farina, in quantità tale che ne vola via
un po' a ogni passo. Il ragazzo porta sulla testa una cesta di pani e, nel tentativo di tenere il passo dei genitori, fa
cadere ogni tanto alcune pagnotte a terra. La madre lo rimprovera aspramente e, muovendosi, fa cadere anche lei un
buon quantitativo di farina. Il marito invita ad andare via in fretta, mentre alcuni nuovi arrivati da fuori città chiedono
ai tre dove si va a prendere il pane: la donna risponde di andare più avanti e poi osserva con l'uomo che i contadini
finiranno per depredare tutti i forni di Milano, mentre il marito la invita a pensare che finalmente c'è abbondanza per
tutti.
Renzo ha capito che è in corso un tumulto popolare e che i rivoltosi saccheggiano i forni per rubare il pane, cosa che
gli fa istintivamente piacere sia per le ingiustizie da lui sofferte, sia per la convinzione (generalmente diffusa) che
la carestia sia causata dagli incettatori di pane e che per questo sia giusto, all'occasione, impadronirsi di ciò che viene
negato al popolo affamato. Decide comunque, per il momento, di tenersi fuori dalla sommossa e si affretta a
raggiungere il convento dove è stato indirizzato.

 Renzo arriva al convento, poi si avvicina al tumulto


Renzo raggiunge il convento dei cappuccini, che sorge in una piazzetta con quattro grandi olmi davanti: mette via il
pane che stava mangiando, prepara la lettera di padre Cristoforo e tira il campanello. Si apre uno sportello con una
grata e il frate portinaio gli domanda cosa voglia: Renzo dice di dover consegnare al padre Bonaventura una lettera di
padre Cristoforo, al che il frate gli domanda di darla a lui. Il giovane rifiuta e afferma di doverla dare in mano a padre
Bonaventura, ma il portinaio gli dice che è assente e rifiuta di fare entrare Renzo, consigliandogli di attendere in
chiesa il ritorno del padre. Lo sportello si richiude e il giovane, dopo essersi incamminato verso la chiesa, è poi attratto
dall'idea di vedere da vicino il tumulto: si dirige pertanto verso il vociare del popolo, incuriosito, mentre sbocconcella
la mezza pagnotta che gli è rimasta. L'autore interrompe il racconto per spiegare le cause e le origini di quella
sommossa popolare.

CONSIDERAZIONI PSICOLOGICHE

 Gertrude: un destino deciso in convento dalla famiglia


Gertrude, la monaca del convento di Monza, è uno dei personaggi principali dei Promessi Sposi di Alessandro
Manzoni. Viene introdotta nel cap. IX quando Agnese e Lucia si rifugiano nel convento per fuggire da Don Rodrigo.
Figlia di un nobile milanese, Gertrude è una ragazza venticinquenne e il suo aspetto appare alquanto enigmatico. Dopo
aver accettato di ospitare Agnese e la figlia, Gertrude si apparta con Lucia e la esorta a raccontare i dettagli delle sue
vicende, in particolare della persecuzione subita da Don Rodrigo e del suo rapporto con Renzo.
Nei capitoli IX e X Manzoni descrive il passato turbolento della Monaca; il destino di Gertrude era già stato deciso dal
padre, che la voleva indirizzare verso la vita monastica. In tal senso egli educa la figlia inculcandole nella testa l'idea
del chiostro.

 Come Gertrude inizia a provare insofferenza verso la vita di clausura


All'inizio la piccola Gertrude è emozionata all'idea di diventare la madre superiora del monastero, ma
successivamente, da adolescente, si rende conto che anche lei vuole vivere una vita ordinaria, sposandosi ed avendo
figli.Tuttavia la nuova decisione di Gertrude viene accolta con freddezza dalla famiglia, che pone la ragazza in una
sorta di isolamento. Un giorno Gertrude scrive un biglietto per un ragazzo per cui prova un "innocente passione", che
però finisce nelle mani del padre. Dunque il nobile sfrutta tale occasione per far sentire la giovane ragazza
terribilmente in colpa e per indurla a prendere il velo.

 La vita monastica di Gertrude


La sua vita monastica è complicata, lei prova astio nei confronti delle altre monache del convento, credendole
complici del padre. Dalla sua abitazione Gertrude vede una casa laica abitata da un ragazzo, Egidio. Egli un giorno osa
rivolgerle la parola e i due, così, danno vita ad una relazione. Le caratteristiche di tale relazione vengono descritte
sommariamente da Manzoni, il quale, inoltre, accenna solamente alla scomparsa di una suora che aveva scoperto la
relazione tra i due e che fu probabilmente uccisa da Egidio. Successivamente Gertrude avrà un ruolo importante nel
rapimento di Lucia da parte dell'innominato.
Si può notare più volte nel testo un profondo cambiamento nel carattere di Gertrude, specialmente in seguito a
particolari eventi o incontri:

 Un primo cambiamento nel carattere della donna si può notare in seguito alla sua “entrata” nella fase
dell'adolescenza: la ragazza, che fino a quel punto aveva preso per certo il suo futuro in convento, comincia
improvvisamente a mettere in discussione tutte le volontà e tutti i piani futuri che i suoi genitori avevano in mente
per lei, e a considerare anche una possibile vita fuori dal convento, tant'è che si pente di aver scritto la supplica al
vicario.
 Un ulteriore cambiamento nel comportamento di Gertrude si ha quando inizia, segretamente, a prendere
confidenza con un paggio: isolata e maltrattata dal resto della famiglia al fine di farle desiderare il convento,
quella del paggio è l'unica attenzione che Gertrude riceve. Questo causa una tranquillità diversa dal solito, ma allo
stesso tempo un'inquietudine per la paura che qualcuno potesse scoprila.
 Un mutamento nel comportamento di Gertrude si ha dopo che essa ha trascorso del tempo imprigionata per la
relazione con il paggio: uscita da questo isolamento, è subito disposta ad accettare la vita in convento, pur di
ricevere il perdono dalla famiglia, cosa che prima rifiutava.
 Un notevole cambiamento di personalità in Gertrude si ha inoltre durante un dialogo con una suora del convento:
dopo una sua seconda relazione di Gertrude con un ragazzo chiamato Egidio, una suora aveva scoperto l'accaduto,
e minacciato di rivelare tutto. Un forte turbamento e una forte angoscia prenderanno il sopravvento in Gertrude.
Tuttavia, queste sensazioni non saranno nulla in confronto con la forte ansia, l'angoscia, la paura, il
pentimento che sentirà in seguito all'omicidio della suddetta suora.

COMMENTI – GIUDIZI MANZONI


L’autore presenta la monaca descrivendone prima i caratteri fisici e successivamente racconta l’infanzia della signora
e la sua vita antecedente, affrontando il problema che nelle famiglie nobili di quel tempo i padri, per conservare il
patrimonio, destinavano le proprie figlie alla carriera ecclesiastica, prima ancora della loro nascita, cosicché tutte le
sostanze sarebbero rimaste al primogenito che avrebbe portato avanti la famiglia. La monaca di Monza alla sua nascita
fu chiamata Gertrude, perché portasse un nome che aveva avuto una santa importante e che fosse già un segno della
sua carriera futura. Fin dai primi anni i genitori cercarono di accrescere la sua vanità naturale, continuavano a fare
allusioni sul suo futuro, di cui non parlavano mai esplicitamente, ma come qualcosa di sottinteso e certo fu educata per
otto anni nello stesso monastero in cui speravano che rimanesse tutta la vita, coinvolgendo anche le monache di
questo, che la trattavano con superiorità rispetto alle altre allieve. Così Gertrude aveva immaginato per sé un futuro di
madre badessa, di cui si vantava con le compagne; tuttavia erano immaginazioni diverse da quelle che avevano queste
ultime che sognavano di sposarsi. Poiché desiderava che provassero invidia nei suoi confronti, sosteneva che il suo
destino non era scritto e che avrebbe potuto cambiare le proprie idee. In realtà aveva capito le intenzioni e la sicurezza
dei genitori e sebbene sapesse che per compiere l’importante passo era necessario il suo consenso, aveva paura di
negarlo specialmente al padre. Tutto questo le generava un violento conflitto interiore perché non aveva alcuna
certezza di un avvenire gradito, mentre le sue compagne ne erano molto più sicure; finiva così per provare verso di
loro quell’invidia che aveva desiderato che esse sentissero per lei e ad odiarle. Il suo carattere andava così
inasprendosi e l’unica arma in suo possesso era il far sentire il più possibile alle altre ragazze la posizione di privilegio
che aveva presso le educatrici, che facevano ogni sforzo per farle piacere il chiostro, approfittando del suo carattere
instabile e dei momenti di pentimento e dei sensi di colpa che ogni tanto provava per immaginato di sposarsi.
Le monache approfittarono di uno di questi momenti per farle sottoscrivere una supplica al Vicario, primo passo che
per legge doveva compiere per entrare nel chiostro. Quando Gertrude si rese conto di ciò che era stata indotta a fare,
per tirare indietro quel primo passo, dietro consiglio di una compagna scrisse al padre una lettera esprimendo la
propria intenzione a ritirare la supplica. Questo fece andare il principe su tutte le furie e quando Gertrude tornò a casa
per il mese che, sempre per legge, doveva trascorrere fuori dal monastero in attesa di compiere le altre formalità, tutta
la famiglia le negò il proprio affetto, facendo di tutto per farla sentire colpevole e lasciandole capire che l’unico modo
per tornare in unione con i familiari era accettare ciò che essi avevano dato per certo da molto tempo. Gertrude in quel
mese quindi rimase sempre in solitudine o con la servi, che dimostravano la stessa freddezza della famiglia, eccetto un
paggio che aveva per lei un rispetto e una comprensione che fecero cambiare i suoi stati d’animo e i suoi
atteggiamenti. I genitori notarono i cambiamenti che questo nuovo rapporto comportava, ma ne capirono la ragione
soltanto quando una cameriera intercettò una lettera che era destinata al paggio. Il padre reagì licenziando
quest’ultimo e lasciando Gertrude rinchiusa con quella cameriera e minacciandole un castigo oscuro e terribile. In quei
giorni, nel tumulto dei suoi pensieri, la ragazza vedeva il chiostro come unico destino possibile, dal momento che era
stata privata di tutto ciò che avrebbe potuto accendere il suo animo. Questa idea e l’odio che provava nei confronti
della sua carceriera, in un momento in cui entrambi erano troppo forti e lei si sentiva troppo debole, la spinsero a
scrivere una lettera al padre per implorare il suo perdono. In questa parte Manzoni dimostra chiaramente la propria
indignazione per l’atteggiamento del padre: egli, conoscendo il carattere di Gertrude e consapevole che non aveva
alcuna vocazione, in quel momento la fece sentire più che mai colpevole di quello che definiva il suo errore ed infine,
con il proprio contegno, cambiando con grande maniera dalla severità alla dolcezza, la indusse a pronunciare una
risposta che le sfuggì, di cui si pentì quasi subito, ma che lui interpretò come un fermo ed irrevocabile consenso a
prendere la strada del chiostro. L’atteggiamento dei familiari e tutto intorno a Gertrude cambiò immediatamente, la
sua scelta fu ripetutamente lodata e da sola e rinchiusa si trovò al centro dell’attenzione. In tutti i passi successivi, tra
cui la visita al monastero, l’esame con il vicario delle monache e la scelta della madrina, il padre riuscì a dominarla, ad
indurla a mentire a se stessa, alle altre monache e al vicario perché tutto si svolgesse in maniera regolare. Per
esercitare quest’influenza il padre utilizzava lo sguardo, l’espressione severa, nuovi slanci di affetto ad ogni passo
compiuto, parole di avvertimento prima di ciascuna formalità; le faceva mancare il coraggio di comportarsi
diversamente.
L’unico punto in cui la sua futura situazione avrebbe potuto adattarsi al suo carattere, e che ugualmente veniva sempre
ribadito dal padre, era la condizione di superiorità all'interno di quel monastero e il grande rispetto che tutti avrebbero
portato alla nobiltà delle sue origini. Ma nonostante questo, appena concluse le formalità del caso, i sentimenti
dominanti di Gertrude erano la rabbia verso se stessa per il suo poco coraggio e il rimpianto per tutto ciò che le era
stato tolto, per le possibilità di vita che avrebbe accolto con vero entusiasmo e che si vedeva scorrere accanto senza
poterle sfiorare; infatti vivrà solo come monaca senza vocazione e ciò sarà l’origine e la principale causa del suo
contegno e dei suoi modi insoliti e anche dei suoi futuri delitti.

MATERIALI DA USARE, ovvero dove posso trovare RIFERIMENTI utili (appunti,


approfondimento fornito dall’insegnante, citazioni dal romanzo).

 La Monaca di Monza, è comunemente chiamata la Signora per le sue nobili origini. Questo ci fa rifletter sul
fatto che la prima cosa per cui viene ricordata la monaca di Monza non è il fatto di essere una monaca (che di
solito è una delle prime cose che si notano e si dicono), bensì per il fatto di avere origini nobili. Manzoni
infatti prima di dire che è una monaca la cita ben 6/7 volte come la Signora.

 Nel capitolo 10 compare il personaggio di Egidio, il giovinastro che diventa amante di Gertrude e commette
insieme a lei il delitto della conversa che, venuta a sapere del loro segreto, minaccia di rivelarlo: il tutto viene
sinteticamente riassunto dall'autore, (e la sventurata rispose…) che non scende nei dettagli della relazione
clandestina né del delitto (ben diverso il modo in cui, nel Fermo e Lucia, questa vicenda era stata raccontata
con ampiezza di particolari morbosi e truci: cfr. i brani Geltrude ed Egidio, L'uccisione della suora).

 La convessa: compare nel cap. X ed è una delle laiche che vivono nel convento di Monza in cui Gertrude è
monaca: viene a sapere della relazione clandestina tra la "Signora" ed Egidio, per cui un giorno, dopo che
Gertrude l'ha trattata con molta durezza in seguito a una discussione, si lascia sfuggire che è a conoscenza del
suo segreto e che è decisa a rivelarlo. In seguito la donna scompare e tutti credono che sia fuggita, specie dopo
che si trova una breccia nel muro dell'orto (viene cercata a Meda, donde è originaria, e in altri luoghi, senza
che se abbia più traccia); alla fine si pensa che si sia rifugiata in Olanda, mentre essa è stata uccisa da Egidio
con la complicità della monaca (l'autore osserva che, anziché cercare lontano, si sarebbe dovuto scavare
vicino, dunque è probabile che sia stata sepolta all'interno dello stesso monastero).

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