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Capitolo 1: I promessi sposi si aprono con una lunga descrizione del paesaggio in cui si

colloca il paese brianzolo dove abitano Renzo e Lucia, i due promessi sposi, e del tempo,
ambientato nel Seicento. La descrizione del luogo ha, fondamentalmente, due funzioni. Una
si ricollega alla natura del romanzo storico, cioè come un racconto verosimile, l’altra è di
natura poetica.
Dopo la celebre presentazione del luogo e del tempo, con una specie di zoom
cinematografico, viene presentato il personaggio di un modesto curato di paese, Don
Abbondio. Quest’ultimo, che passeggia serenamente leggendo il suo breviario, incontra ad
un bivio due uomini che stanno aspettando proprio lui.
Sono i “bravi”, uomini armati al servizio del signorotto locale, Don Rodrigo, che hanno il
compito di gestire l’ordine e tenere sotto controllo il territorio, eseguendo ovviamente i
desideri del loro signore. In questo caso, i bravi sono stati incaricati da Don Rodrigo
di impedire il matrimonio tra Renzo e Lucia; matrimonio che don Abbondio avrebbe dovuto
appunto celebrare l’indomani.
Imbattendoci, qui, nel primo dei numerosi dialoghi che punteggiano il romanzo,
sottolineiamo subito che tutti i momenti salienti del racconto trovano efficace espressione
nel discorso diretto.
Preceduto da un monologo, nel quale Don Abbondio non fa che compiangere sé stesso,
giunge a casa, affannato e agitato per l’accaduto e confida ogni cosa alla sua serva Perpetua:
serva affezionata e fedele, che sapeva obbedire o comandare, secondo l’occasione. L’ordine
impartito a lei è quello di non fiatare della cosa a nessuno. Lei, però, suggerisce di avvertire
il cardinale, ma Don Abbondio è troppo dominato dalla paura dei bravi e crede che la
disobbedienza gli costerà una fucilata.
Capitolo 2: Don Abbondio passa insonne gran parte della notte, solo perché l’indomani
dovrà cercare di convincere un giovane contadino, un ragazzone, a rimandare il giorno delle
nozze. Il capitolo si apre con il suo risveglio, il quale ha programmato un piano e si sente
pronto ad affrontare lo sposo. L'idea è quella di prender tempo per qualche giorno senza
scoprirsi e poi rimandare le nozze per almeno due mesi a causa dell'Avvento, periodo in cui
era proibito celebrare matrimoni. 
Renzo arriva alla casa del curato, felice e baldanzoso come si può esserlo a vent'anni, ma lo
attendono brutte notizie: il matrimonio non verrà celebrato. Renzo è sbalordito, non
capisce, sa che era tutto pronto e fissato proprio per quel giorno, ma Don Abbondio lo
confonde con le sue parole, con l'uso del latino e poi lo congeda con la promessa di aver
pazienza ancora per una settimana.
Renzo esce dalla casa del curato, ma è ancora confuso e sospettoso. In quel momento
incontra Perpetua e la donna, pur senza rivelare nulla, fa capire che sotto ci sia qualcosa di
più grosso.
“non si tratta di torto o ragione; si tratta di forza”. Così conclude, amaramente, la
discussione tra Renzo e don Abbondio. Lo dice per scusarsi: lui non è colpevole, perché ha
ceduto alla violenza e non poteva far altro che cedere, perché un povero curato non può
competere con il potente e prepotente signorotto del posto.
Allora Renzo rientra in casa e, questa volta, messo alle strette Don Abbondio, riesce a farsi
confessare il vero motivo per cui il matrimonio non può essere celebrato. Ancora più
sbalordito di prima, Renzo esce e si avvia verso casa di Lucia, mentre il curato si mette a
letto febbricitante. Giunto a casa della sposa, informa lei e sua madre, Agnese,
dell'accaduto. I tre, di comune accordo, decidono di spargere la voce che Don Abbondio è
ammalato e per questo il matrimonio è stato rimandato.
Capitolo 3: Lucia informa tra le lacrime la madre e il promesso sposo di essere stata avvicinata da
don Rodrigo qualche giorno addietro, lungo il percorso dalla filanda a casa, ma di non avergli dato
ascolto. Renzo ha una reazione di rabbia violenta, ma Agnese ha pronto un consiglio: andare a
chiedere un parere ad un importante avvocato di Lecco, Azzeccagarbugli, che ha fama di saper
risolvere anche i casi più difficili. Renzo si mette dunque in cammino, portando con sé quattro
capponi, un omaggio per l'avvocato.
Giunto all'abitazione di Azzeccagarbugli, Renzo viene introdotto nello studio dell'avvocato. Invitato a
esporre il suo problema, e un po' intimidito dal trovarsi di fronte a un uomo importante, Renzo
chiede sbrigativamente se sia prevista una pena per chi minacci un curato affinché non celebri un
matrimonio. Azzeccagarbugli, abituato com'è a prendere le difese dei potenti e dei prepotenti, crede
che sia stato Renzo l'autore della minaccia; seguendo la sua tattica abituale, incomincia a enumerare
le varie gride che contemplano casi simili per spaventare l'interlocutore; rimane però interdetto
constatando che Renzo non mostra di provare timore. Quando l'equivoco si chiarisce e
Azzeccagarbugli si rende conto di aver di fronte un uomo che chiede giustizia contro don Rodrigo, il
suo comportamento cambia radicalmente: si sdegna e caccia via Renzo, obbligandolo a riprendersi
anche i capponi.
Durante l'assenza di Renzo, Agnese o Lucia ricevono la visita di fra Galdino, un laico cappuccino
incaricato della cerca delle noci per il convento, che ne farà l'olio da distribuire ai poveri. Lucia va a
prendere le noci da dare in elemosina e nel frattempo fra Galdino racconta ad Agnese la storia del
miracolo delle noci, per dimostrarle che la carità ha sempre il suo premio, mentre lo sprezzo della
religione e l'aridità del cuore non pagano. Lucia torna con il grembiule colmo di noci e chiede a fra
Galdino di comunicare a padre Cristoforo che ha bisogno di parlargli al più presto, ma a casa propria.
Renzo, di ritorno da Lecco, racconta alle donne l'esito infausto del colloquio con Azzeccagarbugli.
Agnese e Lucia cercano di calmarlo, Lucia in particolare esprime fiducia nell'intervento di padre
Cristoforo. La luce del giorno sta ormai spegnendosi e Renzo fa ritorno a casa sua, ancora
rimuginando propositi di vendetta.
Capitolo 4:

Nel quarto capitolo de I promessi sposi il narratore sposta la sua attenzione sul personaggio
di Fra Cristoforo, che si sta recando da Agnese e Lucia. Il capitolo si sofferma così a
ricostruire le vicende passate di questo personaggio e il motivo per cui si è fatto frate. 
Dopo aver saputo della richiesta d’assistenza da parte di Lucia, che già si era confessata con
lui dopo il tentativo di seduzione da parte di don Rodrigo, fra Cristoforo, uscito dal
suo convento a Pescarenico, attraversa la campagna di Lecco. La serena descrizione della
campagna autunnale contrasta con quella delle misere figure popolari che il frate incontra
nel suo percorso.
L’anticipazione della drammatica carestia che sta sopraggiungendo e la preoccupazione del
frate stuzzica l’interesse del narratore, che, in un lungo flashback che occupa tutto il capitolo
IV, presenta la sua storia passata. Manzoni descrive inizialmente il suo aspetto e ripercorre
la storia della sua giovinezza: i suoi tratti fisici evidenziano aspetti nascosti del suo carattere,
come la sua irrequietezza e fierezza, celate dietro un’apparente calma e tranquillità. Il frate,
il cui vero nome è Lodovico, è figlio di un ricco mercante ed è stato educato secondo i
costumi della aristocrazia cavalleresca dell’epoca.
Un giorno, una banale disputa con un nobile arrogante su una questione di precedenza finì
con la morte del suo fedele servitore, di nome Cristoforo. Ludovico venne condotto dal
popolo in salvo, lontanato dagli sbirri e dai parenti del nobile in cerca di vendetta, in una
chiesa di cappuccini. Lo sconvolgimento per le due morti ed il credere che la vicenda fosse
un segno di Dio, convertirono la sua fantasia di farsi frate in un profondo desiderio: donò
tutti i suoi averi alla famiglia del fedele servitore e divenne così fra Cristoforo.
Prima di partire per raggiungere il luogo del suo noviziato, fra Cristoforo ottenne di poter
incontrare la famiglia del nobile e chiedere il loro perdono. Come simbolo del perdono
ottenuto, padre Cristoforo ricevette in dono dal fratello del nobile un pane, del quale
conserverà un pezzo come ricordo perpetuo del suo peccato.
Intanto il frate, giunto all’uscio della casa di Lucia e Agnese, viene accolto con gioia dalle due
donne.
Capitolo 5: Padre Cristoforo arriva a casa di Agnese e Lucia e, ascoltato il racconto di ciò che
era accaduto, cerca una soluzione per aiutare i due giovani. Dopo aver scartato l'ipotesi di
andare a parlare con Don Abbondio sia quella di chiedere aiuto al Cardinale Borromeo,
decide di recarsi direttamente da Don Rodigo.
Nel frattempo, è arrivato anche Renzo e i due uomini iniziano a parlare fra loro: il giovane è
adirato e deluso, ma Padre Cristoforo lo invita ad avere fede in Dio e lo informa del suo
proposito di andare a parlare con Don Rodrigo.
Ottenuta la sua approvazione, e quella delle due donne, fa prima ritorno al convento e poi si
reca al palazzotto che però trova sbarrato, con due carcasse di avvoltoi inchiodate sui
battenti: è il momento del pranzo e c'è un banchetto in corso. Due bravi, sdraiati fuori, a
guardia del palazzo, fanno entrare il frate per poi affidarlo ad un servitore che lo introduce
nella sala del banchetto.
Al tavolo trova seduti il Conte Attilio, il Podestà di Lecco, l'Azzeccagarbugli, Don Rodrigo e
altri due uomini impegnati in diverse discussioni: la prima, una disputa a tema cavalleresco,
vede fronteggiarsi il conte Attilio e il Podestà; la seconda riguarda una questione politica a
proposito della guerra di successione al ducato di Mantova e anche in essa il conte e il
Podestà si trovano in disaccordo; la terza discussione, invece, viene aperta
dall'Azzeccagarbugli che, con un brindisi, dichiara bandita la carestia dal palazzo di Don
Rodrigo mettendo tutti d'accordo.
In tutto questo, Padre Cristoforo ha continuato a restare in silenzio e Don Rodrigo, capendo
che non può più evitare di sentire ciò che ha da dirgli, saluta i propri ospiti e invita il frate in
un’altra stanza.
Capitolo 6: Padre Cristoforo viene condotto da Don Rodrigo in una sala appartata ed inizia
quindi il dialogo tra i due uomini.
Il padrone del palazzo si mostra subito arrogante ed interrompe di frequente, ed in modo
aggressivo, il religioso cercando di utilizzare qualunque sua parola per volgere alla rissa
verbale la discussione.  Il frate cappuccino dal canto suo si sforza di mantenere la calma e di
essere il più diplomatico possibile nel chiedere cortesemente all’altro di far cessare le
persecuzioni contro Lucia e di permettere il matrimonio tra i due promessi sposi.
La situazione precipita quando accusa il frate di nutrire un equivoco interesse per la ragazza
e propone di condurre la donna nel suo palazzo per tenerla sotto la sua protezione: ha inizio
la rissa verbale.
Mentre sta uscendo dal palazzo, il frate viene avvicinato dal vecchio servitore che l’aveva
accolto nell’abitazione. L’anziano uomo ha ascoltato di nascosto il dialogo tra i due uomini, e
si dichiara intenzionato ad aiutare il religioso.
Nel frattempo, Agnese ha elaborato un nuovo piano di azione e lo propone ai due giovani:
presentarsi di sorpresa al cospetto del curato con due testimoni ed auto-dichiararsi marito e
moglie. Il matrimonio così celebrato, anche se contro la volontà del parroco, avrebbe valore
a tutti gli effetti, ed i due giovani potrebbero poi lasciare insieme il paese in regola. Renzo è
subito d’accordo e propone Tonio, un amico, come uno dei possibili testimoni, Lucia è
invece contraria e contrappone ai tentativi di convincimento degli altri due.
Renzo si reca dall’amico Tonio, lo invita a pranzo nell’osteria del paese e gli espone il suo
piano, proponendogli quindi di fargli da testimone e offrendogli in cambio il denaro che
l’uomo deve al curato. Tonio è più che contento di accettare e propone suo fratello Gervaso
come secondo testimone.
Mentre Renzo ed Agnese stanno ancora cercando invano di convincere Lucia ad accettare il
loro piano, dei rumori all’esterno della casa annunciano il ritorno di Padre Cristoforo.
Capitolo 7: Padre Cristoforo racconta di aver fallito con Don Rodrigo, ma di avere comunque
in mano un filo che potrebbe salvare la situazione e, perciò, dà appuntamento ai due giovani
presso il convento il giorno dopo. L’insuccesso fa andare Renzo su tutte le furie e Lucia, per
calmarlo, decide di accettare il matrimonio a sorpresa.  Il giorno dopo, quindi, Renzo
pianifica il tutto con la ragazza e con Agnese che decide di mandare Menico, suo nipote di
dodici anni, presso il convento di Pescarenico da Padre Cristoforo. Durante la giornata, poi,
una serie di strani figuri, tra cui un mendicante e un viandante, cercano di entrare nella casa
delle due donne con fare sospetto. Manzoni per spiegare l’accaduto fa allora un passo
indietro e racconta che, una volta rimasto solo, Don Rodrigo è stato a lungo inquieto e ha
ordinato al Griso, capo dei Bravi, di rapire Lucia. Quando cala la sera, dunque, i Bravi sono
pronti a colpire proprio mentre Renzo, Tonio e Gervaso si recano alla locanda per mangiare
prima di passare a prendere Lucia e recarsi da Don Abbondio. Fa qui la sua entrata in scena il
primo oste del romanzo, un uomo per cui l’utile conta più della morale. Egli, infatti, rivela ai
bravi travestiti la presenza di Renzo e dei suoi amici rendendo i tre molto tesi e rovinando la
cena. Il capitolo si conclude con Tonio e Gervaso che bussano alla porta del curato e, con la
scusa di dover saldare un debito, riescono a convincere Perpetua ad aprirgli.
Capitolo 8: E' la famosa "notte degli imbrogli". Renzo, Lucia e Agnese sono nascosti nei pressi della
casa di Don Abbondio mentre Tonio si fa aprire la porta da Perpetua. Con la scusa di restituire del
denaro, insieme a Gervaso, sale nella stanza del curato. Agnese, fingendo di passare di lì per caso e
stuzzicandola con pettegolezzi di paese, trattiene e allontana la serva, cosicché Renzo e Lucia
riescono ad introdursi in casa. Quando i due giovani si palesano a Don Abbndio, questi comprende le
loro intenzioni e provoca un parapiglia per evitare che riescano a pronunciare la formula di rito che li
renderebbe valido il matrimonio. Don Abbondio si rifugia in un'altra stanza dalla cui finestra riesce
ad avvertire il sagrestano di un grave pericolo che sta occorrendo in casa sua. L'uomo esce di corsa e
si precipita a suonare le campane della chiesa svegliando tutto il paese.

Nel frattempo, anche il Griso, insieme ai suoi uomini, sta mettendo in atto in rapimento di Lucia:
introdottosi in casa delle donne, trova l'abitazione inspiegabilmente vuota. Ed è ancora lì quando
Menico, di ritorno dal convento di Fra Cristoforo, entra per riferire ciò che il padre gli ha
raccomandato. Il ragazzino viene immediatamente afferrato e fatto tacere, ma si salva proprio grazie
al suono delle campane che mettono in allarme i bravi: temendo di essere stati scoperti, fuggono per
i campi lasciando Menico spaventato, ma vivo.

L'allarme ha scosso dalle chiacchiere anche Perpetua che si precipita in casa a vedere ciò che sta
succedendo proprio mentre ne escono Renzo, Lucia e i due testimoni. Agnese domanda loro se siano
riusciti nell'impresa, ma vengono raggiunti in quel momento da Menico che li guida verso il convento
di Pescarenico, dove li sta aspettando Fra Cristoforo. Una volta arrivati vengono informati dei piani di
rapimento di Don Rodrigo e invitati a lasciare la città per qualche tempo. Il frate ha già organizzato i
loro spostamenti e i luoghi dove alloggeranno: Lucia e Agnese presso il convento di Monza e Renzo
dai padri Cappuccini a Milano.
Capitolo 9: Approdati all'altra riva dell'Adda, i tre fuggiaschi trovano ad aspettarli un
baroccio, sul quale giungono a Monza. Qui si rifocillano in un'osteria, per poi separarsi:
Renzo sulla via per Milano, le donne, insieme al barocciaio, al convento dei cappuccini.
Il padre guardiano, letta la lettera di fra Cristoforo, decide di affidare le donne alla
protezione della signora, una monaca di alto rango che, per quanto non sia la badessa, gode
di grande autorità nel convento.
Per spiegare quanto di strano era stato avvertito nel comportamento della monaca, il
narratore apre un ampio flashback, che occuperà la restante parte del capitolo e l'intero
capitolo successivo. La storia della monaca viene raccontata per tappe, a partire dalla
nascita in una famiglia nobile e ricca che, prima ancora che venga alla luce, la destina alla
vita claustrale, affinché l'intero patrimonio familiare sia ereditato dal primogenito. Chiamata
con il nome di una santa di nobile famiglia, Gertrude subisce fin da bambina un pressante
condizionamento psicologico, perché ogni discorso sul suo futuro sottintende il suo ingresso
in convento.
A sei anni, Gertrude viene introdotta in convento per ricevervi un'educazione, come era
costume per le figlie di famiglie nobili. Il contatto con le altre compagne, che le prospettano
altre scelte di vita oltre a quella monastica, inquieta Gertrude, tanto più quando l'ingresso
nell'età adolescenziale suscita in lei turbamenti e sogni.
Gertrude si lascia tuttavia persuadere a inviare al vicario delle monache la supplica per
essere ammessa alla vita monastica. Se ne pente, però, e scrive al padre una lettera in cui
smentisce la scelta del chiostro. La badessa le fa intendere che ha commesso una grave
colpa. Questa è la situazione quando Gertrude lascia il convento per rientrare in famiglia per
un mese, come, era consuetudine per chi volesse diventare monaca di clausura.
A casa, Gertrude viene emarginata dal resto della famiglia, relegata in una solitudine
umiliante. Perfino i servitori si adeguano al comportamento del principe e degli altri
familiari, tranne un giovane paggio per il quale Gertrude prova un'attrazione particolare.
Sorpresa da una cameriera con un biglietto destinato al paggio, viene punita con la
reclusione; in capo a pochi giorni, la giovane scrive al padre una lettera in cui invoca il
perdono e si dichiara disposta a compiacerlo in ogni suo desiderio.
Capitolo 10: Il principe volle sfruttare appieno l’opportunità della lettera e la debolezza della
figlia, per raggiungere il suo obiettivo: la ragazza accettò di farsi monaca. Tutti quanti
mostrano cenni di affetto con Geltrude e si congratulano. Poi, per testare la vocazione della
futura monaca, il padre subito organizza la visita del vicario.
Gertrude diventata così monaca ma non riesce ad accettare il suo triste destino. Gertrude
non sopportava e contestualmente odiava le sue colleghe suore, nonché le educande che le
erano state assegnate. Su di loro vendicava la sua infelice condizione.
Lei aveva il privilegio di poter frequentare un signorotto, di nome Egidio, che abitava in un
palazzo attiguo al cortile e un giorno se ne innamorò. Dopo una prima momentanea
tranquillità d’animo, la situazione tornò però poi subito tormentata.
Un giorno Gertrude, minacciata da una sua serva personale che era stata spinta al limite di
sopportazione dai continui maltrattamenti verbali, lei arrivò addirittura a commettere un
omicidio. La donna non verrà mai ritrovata. Era stata uccisa e sepolta nel cortile. Così si
aggiunse un altro tormento nell’animo della monaca.
Le domande che la monaca di Monza fa a Lucia sono a volte molto indiscrete e fanno
arrossire la ragazza. Confessata poi alla madre la discussione, Agnese giustifica le parole di
Gertrude confidando alla figlia che tutte le persone hanno un po’ del matto, e
preannunciandole quindi che non le mancheranno le occasioni per averne conferma.
Lucia ed Agnese sarebbero restate a lungo nascoste in quel convento, ignorate da ogni
persona, però un uomo non molto lontano da Monza, Don Rodrigo, sarebbe stato disposto a
fare qualunque cosa pur di avere notizie di una di loro.
Capitolo 11: In questo capitolo Manzoni lascia momentaneamente le vicende di Lucia e
Agnese nella città di Monza per ritornare al "paesello" dove Don Rodrigo, ansioso del ritorno
di Griso, sta organizzando congetture sulla gravità e sulle conseguenze del rapimento di
Lucia.
Quando i bravi rientrano senza la giovane, la delusione è veramente forte. Infatti ai due
viene subito l'idea che ci sia una spia all'interno del palazzo e il Conte Attilio, informato degli
avvenimenti, sospetta immediatamente di Padre Cristoforo. Il Griso si reca in paese e inizia
a cercare informazioni per capire meglio cosa sia successo la notte precedente. Le
informazioni che riesce a reperire tra la gente sono le più disparate ma comunque sono
sufficienti per riferire che Renzo e Lucia sono scappati insieme verso Pescarenico. Così Griso
viene incaricato di andare là a cercare notizie più certe. L'uomo accetta, nonostante il
pericolo di essere preso nelle zone dove è maggiormente ricercato, e grazie alle chiacchiere
del barrociaio passate di bocca in bocca, riesce a scoprire la vera destinazione dei due
giovani: Lucia si trova a Monza con la madre, mentre Renzo è andato a Milano. A questa
notizia certa e alla separazione dei due giovani, Don Rodrigo si rallegra e inizia a pensare al
modo di dividere per sempre i due giovani.
Intanto Renzo è giunto alle porte di Milano, proprio nel giorno dei tumulti del pane del
pane. Dopo aver chiesto informazioni, arriva al convento dei frati cappuccini, ma, pur
avendo esibito le lettere di Padre Cristoforo al guardiano, viene fatto attendere fuori. Renzo
nota il clima di fermento intorno a lui e il giovane si lascia attrarre dagli insoliti avvenimenti
che stanno accadendo nella città, così si allontana da convento.
Capitolo 12: La storia si svolge a Milano e racconta l'inizio e la causa della "rivolta del pane"
in cui si troverà coinvolto anche Renzo.
Manzoni, inizialmente, introduce il contesto economico e sociale in cui versa il territorio
milanese da un paio d'anni: a causa della carestia, dell'abbandono delle terre, delle guerre
in corso (successione del ducato di Mantova) e delle imposte troppo alte, il prezzo del pane
è lievitato enormemente. I cittadini sono ridotti alla fame e il cancelliere Ferrer risolve subito
il problema stabilendo un prezzo fisso di vendita del pane. Questa soluzione aiuta
inizialmente la popolazione, ma scontenta poi i fornai che continuano a pagare la farina
molto cara, e quindi non riescono a guadagnarci niente.
In seguito alle proteste dei fornai, il prezzo del pane lievita di un po' ma, essendo gli animi
della popolazione troppo agitati, la mattina in cui Renzo giunge a Milano, scoppia la rivolta.
Le rivolte nascono da un primo assalto ad un garzone che trasporta una cesta di pane: il
ragazzo viene aggredito e costretto a cedere alla folla il suo prezioso carico. Da questa prima
azione, dilaga la protesta in tutta la città: altri garzoni vengono assaliti finché si arriva a
depredare anche i forni. Il primo forno ad essere saccheggiato è quello di "Forno delle
Grucce" che viene totalmente assaltato e derubato: pane, soldi, farina e perfino gli utensili
di legno, che vengono bruciati in un grande falò in Piazza Duomo.
Inizialmente Renzo segue le vicende tumultuose in modo distaccato, ma comunque curioso
e attento. Infatti il giovane si fa trascinare dai movimenti della folla che lo portano al forno
delle grucce ora in Piazza Duomo, finché, indeciso se tornare al convento dei cappuccini, si
lascia ancora una volta trasportare dagli avvenimenti e si dirige coi rivoltosi verso la casa del
vicario.
Capitolo 13: Renzo e i rivoltosi si stanno dirigendo alla casa del vicario. Lui, ora non è più
trascinato dalla folla, ma volontariamente al centro della scena. Nel frattempo, il vicario, che
sta facendo colazione, viene informato dell’arrivo dei manifestanti e, con ai servi, ha appena
il tempo di chiudere porte e finestre. Dopo un po’, infatti, la casa viene circondata dai
rivoltosi e poi tentano di penetrare all'interno, rompendo porte e finestre. In aiuto, arrivano
i soldati spagnoli, ma, a causa della folla troppo numerosa, rimasero inerti, destando
comunque l’irritazione della gente.
Renzo non è d’accordo con le intenzioni bellicose dei manifestanti e, visto che un uomo
vorrebbe dimostrare la colpevolezza del vicario, afferma ad alta voce il proprio disappunto.
Diventa quindi una spia, un favoreggiatore e rischia a sua volta di essere linciato. Arrivano
alcune persone in suo aiuto e proprio in quel momento giunge la carrozza del cancelliere
Ferrer venuto per soccorrere il vicario. La folla fa passare la carrozza e Renzo riesce a
sottrarsi alla furia che gli si era rivolta contro.
Ferrer, procede lentamente, aiutato in questo dalla "parte buona" della folla che si adopera
per fargli strada, e nel farlo parla con la gente, promettendo pane e abbondanza per loro e
prigione e castighi per i colpevoli. Giunto alla casa del vicario, riesce a salvarsi. Attraversato
nuovamente la folla, la carrozza si lancia a gran velocità lontano dalla calca, mentre il
cancelliere si dichiara intenzionato a vivere il resto della sua vita da eremita.
Capitolo 14:
Allontanatasi la carrozza di Ferrer con a bordo il vicario di Provvisione, la folla comincia a
disperdersi, mentre i soldati riprendono il controllo della situazione.
Renzo, affamato e desideroso di trovare una location dove poter passare la notte, si avvicina
a delle persone che commentavano l’accaduto dei fatti della giornata. Renzo inizia così un
discorso, deciso e ingenuo, sull’ingiustizia del costo del pane e della farina e sui
provvedimenti da prendere per risolvere il problema.
Renzo fa subito colpo sulla folla e riceve qualche appaluso, ma anche qualche critica. Dopo
Renzo chiede indicazioni su una locanda in cui poter mangiare qualcosa e un uomo, rimasto
in disparte ad ascoltare il suo accalorato sermone, si offre di accompagnarlo in un posto che
conosce.
I due iniziano a camminare e dopo alcuni metri, Renzo decide di fermarsi in un’osteria, piena
di gente che continuava a commentare gli avvenimenti, inoltre chiede gentilmente all’uomo
di potergli fare compagnia.
Finito di cenare, Renzo chiede una stanza per la notte, ma entra in forte contrasto con l’oste
perché non vuole rivelare le proprie generalità, come invece previsto dalla legge.
Il giovane comincia a bere un bicchiere dietro l'altro e, dopo poco tempo, perde la sua
lucidità e diventa lo zimbello di tutta la clientela.
Nel frattempo, l’accompagnatore, attraverso uno stratagemma, riesce a sapere il suo nome
e cognome, dati indispensabili per denunciarlo alla polizia come uno dei capi della rivolta.
Capitolo 15:
L’oste, vedendo Renzo ubriaco, decide di accompagnarlo in camera e lo aiuta a mettersi nel
letto. Poi chiude la porta a chiave della camera per evitare la fuga di Renzo. Dopo l’oste
affida il controllo dell’osteria nelle mani della moglie e si dirige subito dalla polizia per
denunciarlo.
Giunto dall’ufficiale responsabile degli atti criminali, scopre che sono già al corrente di tutto
ciò e sanno pure che Renzo si trova nella loro locanda. Dopo qualche domanda a cui l’oste
non sa rispondere, viene congedato dai poliziotti e gli viene dato il compito di trattenerlo
durante tutta la notte.
Al mattino Renzo viene bruscamente svegliato da due gendarmi, cercando di tirarlo subito
giù dal letto. Renzo non capisce cosa stia succedendo e gli viene spiegato che dopo aver
sbrigato alcune faccende, sarà di nuovo libero come prima.
Renzo subito si veste e proprio nel momento in cui esce dalla locanda, viene ammanettato
dai poliziotti.
Renzo cerca subito di trovare uno stratagemma per liberarsi: attira lo sguardo di un crocchio
di persone, urlando di essere innocente e di aver reclamato pane e giustizia per il popolo. A
sentire quelle parole, la gente circonda i poliziotti che cercano inutilmente di sgomberare la
folla velocemente. Il notaio che era lì insieme ai poliziotti, però, s’impaurisce ed esce dalla
rissa, fingendo di essere capitato lì per caso.
Capitolo 16:
Renzo si libera degli sbirri che volevano condurlo in caserma e decide di rifugiarsi da suo
cugino Bortolo, nella città di Bergamo, perché capisce che Milano è troppo pericolosa
pertanto scarta subito l’ipotesi di domandare rifugio in una chiesa o in un convento, dove
avrebbe goduto del diritto d’asilo.
Renzo era un po' disorientato, così decide di chiedere indicazioni sulla strada da prendere
ma nessun passante gli ispirava fiducia, fin quando ne trova uno che gli ispira più fiducia ed
ottenute le informazioni necessarie. Renzo riesce a superare i soldati all’ingresso delle mura
della città e si allontana da Milano. L’intenzione di Renzo è quella di allontanarsi il prima
possibile da Milano, in modo tale da seminare gli sbirri che avranno sicuramente lanciato
l’allarme a causa della sua fuga.
Renzo, però, sbaglia molte volte la direzione ma nonostante ciò non chiede più informazioni
ai passanti perché non si fida e per questo non percorre mai le strade principali.
Dopo essersi fermato nella locanda di un'anziana ostessa, prende finalmente la via giusta e,
arrivato nei pressi di Gorgonzola, si ferma in un’osteria per rifocillarsi. Chiede indicazioni
all’oste per attraversare il fiume Adda, ma si ferma ad ascoltare le chiacchiere di un crocchio
di avventori che continuano a discutere sui tumulti di Milano.
Uno di questi è un mercante che sta raccontando la storia dell’arresto di tutti i signori della
rivolta, ma solo uno non sono riusciti a prenderlo, il quale è riuscito a fuggire. Allora Renzo,
dopo aver pagato il conto, lascia la locanda per incamminarsi nella direzione opposta a
quella da cui era arrivato.
Capitolo 17:
Renzo esce dall’osteria e si incammina per le strade secondarie in direzione dell'Adda.
Lui non conosce esattamente se la strada che ha preso lo condurrà a Bergamo, ma è
fiducioso e ottimista, si confida nell’udire presto i rumori del fiume, spartiacque fra lo
stato milanese e la Repubblica di Venezia. 

Durante il tragitto, Renzo pensa sempre ai fatti accaduti nella città milanese e si sente
sempre più stanco di quella lunga giornata trascorsa. Visto che si ritrova ad attraversare
boschi bui che gli incutono molta paura, lui non si trova a suo agino proprio per la
situazione molto facile. Ma proprio nel momento in cui decide di tornare indietro, sente
il rumore del fiume, poco distante da lui.

Renzo giunge sulla riva del fiume, ma non trova nessuna barchetta adatta ad
attraversarlo. Così decide di trascorre la notte in casupola, intravista durante il cammino
e di provare ad attraversare l’adda il mattino seguente.

Renzo ha freddo e non si sente tranquillo per i continui pensieri che vacillano nella sua
mente, tra cui quello di Lucia. Nel momento in cui finalmente riesce ad addormentarsi, i
rintocchi delle campane lo svegliano, si alza e si dirige subito alla riva del fiume, dove
trova un uomo con una barca, disposto ad accompagnarlo dall’altra sponda dell’Adda.

Una volta giunto in territorio bergamasco, Renzo non ha una bella impressione di quei
luoghi il quale lo agitano molto. Infatti, vede tanta miseria, tanta povera gente che chiede
l’elemosina lungo la strada. Per questo pensa che nemmeno Bortolo, forse, potrà aiutarlo
a trovare un lavoro. Raggiunta la filanda dove lavora il cugino, Renzo gli racconta tutta la
storia. Poi Bortolo lo conforta, confidandogli di riuscire a trovargli una sistemazione
presso la filanda.  
Capitolo 18:
In questo capitolo si conclude momentaneamente la vince di Renzo e si apre quella di
Lucia.
Il 13 novembre viene ordinata dalle autorità milanesi una perquisizione dell’abitazione di
Renzo, perché è ritenuto un pericolo ribelle sfuggito alla giustizia. Il podestà esegue il
mandato e subito la notizia gira in tutto il paese. Ma la gente capisce subito che dietro
questo gesto c’è la mano di don Rodrigo, ma padre Cristoforo scrive una lettera a Renzo
per dargli informazioni più precise.

Nel frattempo, don Rodrigo è contento di ascoltare le vicende negative su Renzo, ma


contestualmente è anche attraversato da qualche timore nel portare avanti la questione
con Lucia. Alla fine, però, soprattutto per tenere alta la sua reputazione e per non venir
additato dal cugino Attilio, lui si convince a continuare col suo disegno malvagio, grazie
anche alle circostanze che sembrano più favorevoli che mai. Il suo piano è quello di
rivolgersi a un tale capace di venir a capo di imprese per altri.

Attilio, quindi, si è recato a Milano per incontrare il conte zio e per chiedergli di far
allontanare Fra Cristoforo da Pescarenico. Nel frattempo Renzo è fuggito e non si sa
dove sia. Invece Agnese è tornata in paese lasciando sola Lucia a Monza, proprio dopo
aver saputo di quanto capitato a Renzo e dopo aver cercato invano Fra Cristoforo al
convento di Pescarenico.

Grazie a questa situazione Don Rodrigo capisce che quello è il momento giusto per
portare a termine il suo piano e rapire Lucia. 
Capitolo 19:
Questo capitolo e quello del dialogo tra il conte zio e il padre provinciale dei cappucci.
Consigliato dal nipote Attilio, il conte vuole chiedere il trasferimento di  Fra Cristoforo e,
per questo, invita a pranzo il potente uomo di chiesa. Insieme a loro siedono a tavola
alcuni ospiti di nobile casata e altri dalla dubbia fama. Tutti quanti sono chiamati
appositamente per impressionare il reverendo. Poi, dopo il pranzo, i due si appartano
per conversare liberamente.

Il conte zio inizia a spiegare le ragioni della sua richiesta e fa un elenco di tutti i demeriti
di Fra Cristoforo, denunciando anche il fatto di aver aiutato e coperto un fuorilegge, cioè
Renzo.

Il padre dei cappuccini non si convince e vuole far chiarezza sulla vicenda per capire
quali siano le ragioni più profonde. Quindi lui non cede e addirittura si oppone,
sostenendo di volersi accertare della veridicità di quanto successo a Renzo.
A questo punto conte zio cerca di trovare un altro stratagemma. Infatti vuole concludere
la questione tirando in ballo il conflitto tra Don Rodrigo e Fra Cristoforo e ricordando al
padre questioni di onore, di "amicizia" fra la casata il convento, poi minacciandolo più o
meno velatamente di gravi conseguenze se il frate non verrà allontanato.
Alla fine padre provinciale cede alle pressioni che gli vengono fatte e, in nome di una
pacifica convivenza tra potere politico e potere religioso, alla fine è disposto ad
allontanare il suo sottoposto.
Capitolo 20:
E' il capitolo del rapimento di Lucia e dei primi segnali di turbamento da parte
dell'Innominato.
Il capitolo inizia con una descrizione del luogo impervio in cui si trova il castello
dell'Innominato che Don Rodrigo sta raggiungendo a cavallo. Dopo aver lasciato il
cavallo, le armi e alcuni denari all'osteria della Malanotte, Don Rodrigo si avvia col Griso
su per il pendio che conduce al castello. Qui incontra l'Innominato e gli spiega il suo
intento di rapire Lucia, presentandogli l'affare come molto difficile per via del fatto che
Lucia è custodita presso il monastero di Monza. Proprio l'idea di un'impresa difficile
porta l'Innominato ad impegnarsi precipitosamente nell' aiutarlo, ma appena Don
Rodrigo se ne è andato, l'Innominato inizia a sentire dentro di se' qualche moto di
ripensamento ed esitazione. Per scacciare queste sensazioni, invia il più valente tra i suoi
bravi, il Nibbio, affinché coinvolga Egidio (l'amante di Gertrude) nel rapimento. Quando
Egidio informa Gertrude di ciò che devono fare, la donna vorrebbe opporsi, ma non ha la
forza di farlo e alla fine acconsente a dare il suo aiuto. Il giorno stabilito Gertrude manda
Lucia in paese con una scusa, ma durante il cammino una carrozza con gli uomini
dell'Innominato la sta aspettando per rapirla. La giovane viene caricata a forza sulla
vettura e portata al castello. Quando l'Innominato vede arrivare la carrozza manda a
chiamare una vecchia servitrice perché assista Lucia nella prigionia, le faccia compagnia
e, possibilmente, coraggio.

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