Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
4) In convento a Monza
Lucia viene accompagnata dal padre guardiano al convento di Monza retto da Gertrude, la "signora" (la cui storia è ispirata a quella di
suor Maria Virginia de Leyva), che prende la giovane sotto la sua protezione.
Dopo l'incontro con Lucia, Manzoni racconta la biografia della monaca di Monza.
Gertrude è figlia del principe feudatario di Monza di cui il narratore, seguendo l'anonimo, tralascia il nome. Per conservare intatto il patrimonio
del primogenito, si era deciso prima ancora che nascesse che sarebbe entrata in convento. L'educazione della bambina è dunque continuamente
orientata a convincerla che il suo destino di monaca sia il più desiderabile.
Divenuta adolescente, Gertrude comincia a dubitare di tale scelta e sente nascere in sé tutte le emozioni proprie della sua età. Nonostante questo,
un po' per timore, un po' per riconquistare l'affetto dei genitori, compie i vari passi previsti per diventare monaca. In convento, però,
conosce Egidio, uno «scellerato di professione», che la seduce e la coinvolge in una relazione che porterà la ragazza a perdere tutta la sua
ingenua purezza: i due amanti continueranno a vivere la loro storia peccaminosa di nascosto e, quando un giorno una conversa li scoprirà, i due
non esiteranno ad ucciderla.
La giovane e buona Gertrude non esiste più e lascerà il posto ad una donna cinica e spregiudicata.
Ed è proprio questa la donna che accoglierà l’ignara Lucia, con il compito di proteggerla da Don Rodrigo.
7) La peste
Con i Lanzichenecchi la peste entra in Lombardia e infine a Milano, sottovalutata inizialmente dalle autorità, in particolar modo dal governatore
e dal Senato: solo il cardinale Federigo si prodigherà nell'assistenza ai malati, unica autorità rimasta in una Milano abbandonata a sé stessa.
Di peste si ammalano Renzo, che guarisce, e don Rodrigo, che viene invece tradito e derubato dal Griso, il capo dei suoi bravi che, contagiato
anch'egli dalla peste, non riuscirà però a godere dei frutti del suo furto.
Una volta guarito Renzo, preoccupato dagli accenni fatti da Lucia per lettera al suo voto di castità fatto quando era dall'Innominato, torna nel suo
paese per raggiungerla, ma trova una grande desolazione e scopre da un convalescente don Abbondio della morte di Perpetua.
Non trovando la fidanzata, il giovane viene indirizzato a Milano, dove apprende che Lucia si trova nel lazzaretto, luogo tremendo dove vengono
ammassati tutti gli ammalati di peste.
La descrizione dei carri dei monatti che raccolgono i cadaveri tra le strade è una pagina potente e sinistra, ma l’episodio più bello descritti dal
Manzoni si rivela però nelle note soavi della scena della madre di Cecilia, una bambina ormai morta la quale è posta sul carro dei monatti dalla
madre, che li implora di non toccare il piccolo corpo composto con tanto amore e chiede poi di tornare dopo a «[...] prendere anche me e non me
sola». La donna è presentata piena di dignità umana e di amore materno che riesce a impietosire anche il "turpe monatto" che le voleva strappare
la bambina dalle braccia.