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I PROMESSI SPOSI – ALESSANDRO MANZONI - TRAMA

1) L'incontro coi bravi e la minaccia di don Rodrigo


I protagonisti della storia sono Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, due giovani operai tessili che vivono in una località del lecchese, nei pressi
del lago di Como, allo sbocco del fiume Adda.
Ogni cosa è pronta per il matrimonio di Renzo e Lucia, quando un signore del luogo, don Rodrigo, scommette con il cugino Attilio che sarebbe
riuscito a possedere Lucia.
Don Abbondio, il curato del paese incaricato di celebrare il matrimonio, viene così minacciato durante la sua solita passeggiata serale da
due bravi di don Rodrigo, affinché non sposi i giovani.
In preda al panico, don Abbondio cede subito: il giorno dopo imbastisce delle scuse a Renzo per prendere tempo e rinviare il matrimonio, non
esitando ad approfittare della sua ignoranza per utilizzare come spiegazione frasi in latino.
Stizzito dal comportamento evasivo di don Abbondio, Renzo decide di uscire dalla canonica ove incontra Perpetua, la domestica di don
Abbondio dalla quale, seppur per vie traverse, comprende la natura della titubanza del parroco e lo costringe a rivelare la verità.

2) Dall'Azzecca-garbugli all'incontro tra fra Cristoforo e don Rodrigo


Renzo è scioccato e stupito.Si consulta così con Lucia e con sua madre Agnese e insieme decidono di chiedere consiglio a un avvocato,
detto Azzecca-garbugli; questi inizialmente crede che Renzo sia un Bravo e come tale è disposto ad aiutarlo; ma appena capisce che il giovane è
venuto a chiedergli giustizia nei confronti di don Rodrigo, il giurista terrorizzato lo scaccia malamente: non si metterebbe mai contro un potente
per difendere i diritti di un popolano!
Così i tre si rivolgono a fra Cristoforo, loro "padre spirituale", cappuccino di un convento poco distante, anche lui parente di una vecchia
famiglia nobile del luogo che si convertì, in gioventù, dopo aver ucciso un uomo.
Egli conosce bene i “metodi” di Dom Rodrigo e ha deciso di diventare uomo di chiesa proprio perché combattere certi soprusi e difendere gli
interessi dei più deboli (gli “umili” tanto cari a Manzoni).
Volendo compiere così il proprio dovere in nome di un vero spirito Cristiano, il frate decide di affrontare personalmente don Rodrigo e si reca al
suo palazzo ma quegli, intento a pranzare col cugino Attilio, il podestà di Lecco e l'Azzecca-garbugli, accoglie con malumore il frate, intuendo il
motivo della visita.
Cristoforo tenta di farlo recedere dal suo proposito ma, vista la risolutezza del nobile, gli ricorda il giorno del giudizio in cui dovrà render conto
del suo operato davanti a Dio. Irato e al contempo intimorito nel profondo della sua coscienza, don Rodrigo scaccia via in malo modo il frate…
ma non cambia posizione.

3) La notte degli imbrogli e dei sotterfugi: la fuga


Intanto Agnese propone ai due promessi un matrimonio a sorpresa, pronunciando davanti al curato le frasi rituali alla presenza di due testimoni.
Con molte riserve da parte di Lucia, sempre onesta e poco propensa all’imbroglio, il piano viene accettato solo quando fra Cristoforo annuncia il
fallimento del suo tentativo di convincere don Rodrigo.
Questi, intanto, vuole andare a fondo alla questione e medita addirittura il rapimento di Lucia.
Così una sera alcuni bravi irrompono nella casa delle donne, che però trovano deserta: Lucia, Agnese e Renzo sono infatti a casa di don
Abbondio per tentare di ingannarlo.
I tre falliscono perché il curato capisce le loro intenzioni e fa una sfuriata, cacciandoli in malo modo.
A quel punto i tre, sconsolati, tornano al convento di fra Cristoforo, perché frattanto - grazie all’uomo di chiesa- sono venuti a sapere del tentato
rapimento.
Contemporaneamente, dunque, fallisce anche il rapimento di Lucia da parte dei bravi.
Padre Cristoforo è deciso ad aiutare i due giovani ed espone loro i suoi progetti: Renzo si sarebbe rifugiato presso il convento dei cappuccini a
Milano per cercare un valido alleato (padre Bonaventura), mentre Lucia avrebbe trovato aiuto dal padre guardiano del convento nei pressi
di Monza.
Il religioso ha già scritto una lettera per ognuno dei confratelli e le consegna ai due.
Ingiovanì sono pronti a separarsi e, mentre Renzo è fortemente motivato a sistemare le cose, Lucia soffre per queste dinamiche che non avrebbe
mai voluto vivere ed è dispiaciuta di dover lasciare la sua terra (“Addio ai monti”).

4) In convento a Monza
Lucia viene accompagnata dal padre guardiano al convento di Monza retto da Gertrude, la "signora" (la cui storia è ispirata a quella di
suor Maria Virginia de Leyva), che prende la giovane sotto la sua protezione.
Dopo l'incontro con Lucia, Manzoni racconta la biografia della monaca di Monza.
Gertrude è figlia del principe feudatario di Monza di cui il narratore, seguendo l'anonimo, tralascia il nome. Per conservare intatto il patrimonio
del primogenito, si era deciso prima ancora che nascesse che sarebbe entrata in convento. L'educazione della bambina è dunque continuamente
orientata a convincerla che il suo destino di monaca sia il più desiderabile.
Divenuta adolescente, Gertrude comincia a dubitare di tale scelta e sente nascere in sé tutte le emozioni proprie della sua età. Nonostante questo,
un po' per timore, un po' per riconquistare l'affetto dei genitori, compie i vari passi previsti per diventare monaca. In convento, però,
conosce Egidio, uno «scellerato di professione», che la seduce e la coinvolge in una relazione che porterà la ragazza a perdere tutta la sua
ingenua purezza: i due amanti continueranno a vivere la loro storia peccaminosa di nascosto e, quando un giorno una conversa li scoprirà, i due
non esiteranno ad ucciderla.
La giovane e buona Gertrude non esiste più e lascerà il posto ad una donna cinica e spregiudicata.
Ed è proprio questa la donna che accoglierà l’ignara Lucia, con il compito di proteggerla da Don Rodrigo.

5) I tumulti di Milano e la fuga nella bergamasca


Nel frattempo a Milano Renzo, non potendo subito ricoverarsi nel convento indicatogli da fra Cristoforo, dato che padre Bonaventura è in quel
momento assente, rimane per errore coinvolto nei tumulti scoppiati in quel giorno per il rincaro del pane, tumulti che andranno sotto il nome
di tumulti di San Martino, perché scoppiati per l'appunto l'11 di novembre.
Renzo si fa trascinare dalla folla e, pensando alla sua storia, pronuncia un discorso in cui critica la giustizia, che sta sempre dalla parte dei
potenti.
Purtroppo tra i suoi ascoltatori c’è un gendarme in borghese che decide di arrestarlo come “sollevatore di popolo”.
Egli finge di socializzare con Renzo e i due si fermano in un'osteria dove, con uno stratagemma, il poliziotto viene a conoscenza del suo nome.
Il mattino dopo Renzo viene arrestato, ma riesce a fuggire e si ripara nella zona di Bergamo, nella Repubblica di Venezia, da suo cugino Bortolo,
che lo ospita e gli procura un lavoro sotto falso nome.
Intanto la sua casa viene perquisita: tutti credono che lui sia uno dei capi della rivolta.
Nel frattempo il conte Attilio (grande amico di Dom Rodrigo) chiede a suo zio, membro del Consiglio Segreto, di far allontanare fra Cristoforo,
cosa che il conte ottiene dal padre provinciale dei cappuccini: in questo modo padre Cristoforo viene trasferito a Rimini.
Non potrà più aiutare in nessun modo Renzo e Lucia.

6) Il rapimento di Lucia e l'Innominato


Don Rodrigo viene a sapere che Lucia è dalla monaca di Monza: sa che lei ed Egisto saranno dalla sua parte e lo aiuteranno. Purtroppo, però,
non conosce personalmente i due.
Decide così di chiedere aiuto ad una terza persona, che lo conosce molto bene e che ha una fama tremenda in tutta la zona: l’Innominato.
Egli è un potentissimo e sanguinario signore che però, da qualche tempo, all’insaputa di tutti, sta vivendo una profonda crisi interiore. Egli
riflette sulle proprie responsabilità nel dolore che ha provocato agli altri, sulle vessazioni di cui si è reso autore o complice per attestare la
propria autorità sui signorotti e al di là della legge e sul senso della propria vita.
Tutto questo, però, non lo frena nel suo aiuto da dare a Dom Rodrigo è così, con la complicità di Egidio e di Gertrude, l'Innominato riesce a far
rapire Lucia dal Nibbio, suo crudele bravo, e la fa portare al suo castello.
Quando Lucia incontra l’Innominato, è sconvolta ma mantiene la sua dignità.
Terrorizzata, la ragazza supplica l'Innominato di lasciarla libera e lo esorta a redimersi dicendo che «Dio perdona molte cose per un atto di
misericordia». Avviene così un miracolo.
Queste parole sorprendentemente scuotono l’animo dell’Innominato.
La notte che segue è per Lucia e per l'Innominato molto intensa: la prima, ormai consapevole che il suo matrimonio non è destinato a realizzarsi,
fa un voto di castità alla Madonna perché la salvi e quindi rinuncia al suo amore per Renzo; l'altro trascorre una notte orribile piena di rimorsi e
sta per uccidersi quando scopre, quasi per volere divino (le campane suonano a festa in tutta la vallata), che il cardinale Federigo Borromeo è in
visita pastorale nel paese.
Spinto dall'inquietudine che lo tormenta, la mattina si presenta in canonica per parlare proprio con il cardinale che, vedendo il suo nome tra
coloro che vogliono parlargli, rimane felicemente stupito e decide che questo sarà l’incontro più importante di tutti.
Lo straordinario colloquio tra i due uomini porta l’Innominato al culmine di una tormentata crisi di coscienza: egli si converte e decide di
impegnarsi a cambiare vita, iniziando con il liberare Lucia.

Tra calamità naturali ed eserciti


Dopo aver provveduto ad ospitare Lucia presso due aristocratici milanesi, don Ferrante e donna Prassede, il cardinale decide di incontrare don
Abbondio e lo rimprovera duramente per non aver celebrato il matrimonio, dando più valore alla prepotenza di Don Rodrigo che all’amore
genuino dei due giovani.
I capitoli successivi alternano digressioni storiche e le vicende dei vari protagonisti. Tra questa la più importante è la discesa in Italia
dei Lanzichenecchi, mercenari tedeschi che combattono nella guerra di successione al Ducato di Mantova, i quali mettono a sacco il paese di
Renzo e Lucia e diffondono il morbo della peste.
Agnese, rimasta nel suo paese natio, parte insieme a Perpetua e don Abbondio e i tre si rifugiano presso l'Innominato, il quale ha aperto il suo
castello ai contadini in fuga dalle soldataglie alemanne. D'altro canto, il Manzoni si sofferma nel narrare della permanenza di Lucia presso il
palazzo milanese di don Ferrante e donna Prassede: il primo, simbolo della decadenza culturale barocca, tutto preso dai suoi studi astrusi; la
seconda, invece, caratterizzata da una forte volontà e da uno spirito dominatore, è intenta a far dimenticare Lucia di Renzo, sulla base anche
delle accuse che le autorità milanesi hanno lanciato contro di lui per la responsabilità nei tumulti di san Martino.

7) La peste
Con i Lanzichenecchi la peste entra in Lombardia e infine a Milano, sottovalutata inizialmente dalle autorità, in particolar modo dal governatore
e dal Senato: solo il cardinale Federigo si prodigherà nell'assistenza ai malati, unica autorità rimasta in una Milano abbandonata a sé stessa.
Di peste si ammalano Renzo, che guarisce, e don Rodrigo, che viene invece tradito e derubato dal Griso, il capo dei suoi bravi che, contagiato
anch'egli dalla peste, non riuscirà però a godere dei frutti del suo furto.
Una volta guarito Renzo, preoccupato dagli accenni fatti da Lucia per lettera al suo voto di castità fatto quando era dall'Innominato, torna nel suo
paese per raggiungerla, ma trova una grande desolazione e scopre da un convalescente don Abbondio della morte di Perpetua.
Non trovando la fidanzata, il giovane viene indirizzato a Milano, dove apprende che Lucia si trova nel lazzaretto, luogo tremendo dove vengono
ammassati tutti gli ammalati di peste.
La descrizione dei carri dei monatti che raccolgono i cadaveri tra le strade è una pagina potente e sinistra, ma l’episodio più bello descritti dal
Manzoni si rivela però nelle note soavi della scena della madre di Cecilia, una bambina ormai morta la quale è posta sul carro dei monatti dalla
madre, che li implora di non toccare il piccolo corpo composto con tanto amore e chiede poi di tornare dopo a «[...] prendere anche me e non me
sola». La donna è presentata piena di dignità umana e di amore materno che riesce a impietosire anche il "turpe monatto" che le voleva strappare
la bambina dalle braccia.

8) Il ricongiungimento di Renzo e Lucia


Alla fine Renzo giunge al Lazzaretto dove, in mezzo al dolore e alla morte degli appestati, trova fra Cristoforo, giunto in città per soccorrere i
più bisognosi.
Benché afflitto dalla malattia che l'ha colpito (mortalmente, come si saprà alla fine del romanzo), il vecchio cappuccino si prodiga con tutte le
sue forze per alleviare le sofferenze altrui e inveisce contro Renzo quando quest'ultimo gli parla dei sentimenti di vendetta che nutre verso Don
Rodrigo, indegni in un animo che aspira ad essere cristiano.
Pentitosi, Renzo si ricongiunge con il nobile ormai morente: Rodrigo capirà i suoi errori solo in punto di morte.
Più Renzo parte alla ricerca di Lucia nel Lazzaretto: sa che era lì fiko a pochi giorni prima, ma non sa se adesso sia viva o morta.
La trova risanata e ne è felicissimo.
Lucia, però, manifesta ritrosia nel ricongiungersi al suo promesso a causa del voto pronunciato quando era prigioniera dell'Innominato, ma fra
Cristoforo, saputo di tale inghippo (non vincolante, visto che fu pronunciato in condizioni di impedimento), la scioglie dai voti pronunciati.
Il seguente arrivo della pioggia purificatrice annuncia la prossima fine della pestilenza.

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