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Dopo l’Introduzione, la vicenda prende avvio con la celebre descrizione del “ramo del
lago di Como, che volge a mezzogiorno” che, presenta prima lo spazio in cui il romanzo
è ambientato (Il lago, l’Adda, il Resegone, la città di Lecco, la “stradicciola” del apese)
poi il personaggio di un modesto curato di paese, Don Abbondio. Quest’ultimo, che
passeggia serenamente leggendo il suo breviario, incontra ad un bivio due uomini che
stanno aspettando proprio lui.
Sono i “bravi”, uomini armati al servizio del signorotto locale, Don Rodrigo, che hanno
il compito di gestire l’ordine e tenere sotto controllo il territorio, eseguendo
ovviamente i desideri del loro signore. In questo caso, i bravi sono stati incaricati da
Don Rodrigo di aggiungono il nome di “don Rodrigo”, che gela il sangue al povero curato,
che non può che replicare:
È a questo punto che la sua ignoranza viene usata contro di lui. Don Abbondio infatti
cerca di ingannarlo spiegandogli che vi sono impedimenti di natura burocratica, di
cui si dice responsabile; Renzo è dubbioso e un po’ nervoso, ma nonostante tutto si
lascia convincere. Sulla strada per tornare a casa incontra Perpetua: lui vuole saperne
di più, mentre lei non vede l’ora di spiegare a Renzo il vero motivo del rifiuto del
prete, ovvero la minaccia di un misterioso persecutore. Infuriato, il giovane si reca di
corsa da Don Abbondio, e con una certa foga, portando anche la mano al coltello,
costringe il pauroso uomo di Chiesa a vuotare il sacco: al nome di Don
Rodrigo Renzo sbianca, conoscendone la potenza, e fa ritorno a casa con la coda tra
le gambe, ancora visibilmente alterato.
Arrivato a casa della giovane Renzo parla alla promessa sposa. Questa, vestita e
agghindata per la festa, ci viene descritta accuratamente: i suoi lunghi capelli neri
sono raccolti in trecce, indossa una gonna di seta e un corpetto in broccato e al collo
ha una collana modesta. La ragazza è sorpresa, ma una volta arrivata anche la madre
Agnese mostra di essere a conoscenza della passione che Don Rodrigo nutre per
lei. Lucia dunque manda via tutte le donne, che stavano preparando il matrimonio,
adducendo la malattia del parroco come scusa per il rinvio.
CAPITOLO 3
Il terzo capitolo dei Promessi Sposi si apre con Renzo che cerca di capire come mai Don
Rodrigo non vuole che Lucia lo sposi.
Riassunto Promessi Sposi, Terzo Capitolo: Lucia parla a Renzo di Don Rodrigo
Ritroviamo Renzo e Agnese a colloquio con Lucia, la quale finalmente racconta come è
nato l’interesse di Don Rodrigo per lei. Pochi giorni prima, infatti, tornando dalla filanda la
ragazza è stata avvicinata dal signorotto, accompagnato dal nobile conte Attilio.
Importunata con volgarità, la ragazza è riuscita a scappare, ma il giorno successivo
incontra di nuovo il suo persecutore: a quanto pare Don Rodrigo ha scommesso con
Attilio di fare sua Lucia. Questa è poi andata a confidarsi con padre Cristoforo, il quale le
ha consigliato di affrettare le nozze e di non uscire più di casa.
La giovane non ha ne ha fatto parola né con la madre Agnese, per non rattristarla (e per
paura che questa ne parlasse alle comari), né con Renzo, per non farlo arrabbiare. Il
giovane però si infuria alle parole della fidanzata, e minaccia di fare del male a Don
Rodrigo; solo la dolcezza e la lacrime di lei riescono a calmarlo. Lucia propone di
scappare, ma Renzo reputa che una fuga da coppia non sposata sarebbe problematica.
CAPITOLO 4
Il sole sta ancora sorgendo quando fra Cristoforo esce dal convento di Pescarenico, un piccolo
villaggio di pescatori posto sulla riva sinistra dell’Adda, per recarsi a casa di Lucia. Il
suggestivo paesaggio autunnale non può che dare gioia, guastata però da ogni figura d’uomo
incontrata: l’aspetto ed i gesti di ognuno lasciano trasparire una profonda sofferenza, causata
dalla povertà e dalla carestia di quel tempo, ed il frate cappuccino non può che provare una
profonda tristezza e un crescente presentimento di dover andare a sentire una sciagura.
CAPITOLO 5
I presentimenti di padre Cristoforo divengono subito certezza quando
vede Lucia scoppiare in lacrime e aver ascoltato il resoconto degli
avvenimenti fatti da Agnese. Il religioso promette alle donne di non
abbandonarle e medita poi sulla situazione per definire la prossima mossa:
affrontare Don Rodrigo per cercare di persuaderlo dalle sue intenzione o
almeno per riuscire a conoscerle meglio e trovare poi più facilmente un
rimedio. Giunge nel frattempo a casa di Lucia anche Renzo e con innocenza
confessa di aver cercato invano il supporto dei suoi amici per vendicarsi di
Don Rodrigo. Padre Cristoforo lo rimprovera, gli fa promettere di
lasciarsi guidare da lui ed infine saluta tutti e si dirige verso il palazzo del
prepotente.
CAPITOLO 6
Questo capitolo è molto importante: avviene lo scontro infatti tra Fra
Cristoforo e Don Rodrigo, che non va a buon fine, e viene proposta l’idea
del matrimonio segreto tra Renzo e Lucia per ovviare ai problemi con il
signorotto. Come andrà a finire il piano?
CAPITOLO 7
Ritroviamo Padre Cristoforo nella casa di Lucia e Agnese, dove è presente anche
Renzo. Il frate racconta com’è andato l’incontro con Don Rodrigo, cioè non bene,
ma promette di avere una possibile soluzione l’indomani. Renzo però, nonostante la
possibilità di un colloquio con Fra Cristoforo, si inalbera e mostra tutto il suo
carattere impetuoso e la grande furia.
Settimo Capitolo riassunto Promessi Sposi: Lucia accetta l’idea del matrimonio
segreto
Una volta salutato il prete il giovane continua a proferire minacce contro Don
Rodrigo, probabilmente anche per indurre Lucia, che vorrebbe affidarsi all’uomo di
Chiesa, ad acconsentire al piano segreto di Agnese. Lucia scoppia a piangere
all’ennesima esclamazione di Renzo che vorrebbe uccidere il signorotto: la ragazza
afferma di non essersi innamorata di un assassino, e alla fine per calmarlo decide di
tentare la carta del “matrimonio a sorpresa”. A questo punto Renzo è soddisfatto e
lascia la casa.
Il giorno dopo il ragazzo evita di presentarsi al colloquio con il frate, per non farsi
scoprire, per cui Agnese decide di inviare al convento il nipote Menico di 12 anni.
Ma la giornata trascorre in modo strano per le due donne: un mendicante, non troppo
male in arnese in realtà, entra in casa chiedendo del pane, ma sopratutto per guardarsi
intorno e osservare l’abitazione. Molti altri strani personaggi passano davanti
all’abitazione, con fare sospetto, almeno finché la processione inusuale non ha fine.
Punto sul vivo Don Rodrigo raddoppia la posta in palio e chiama il Griso, il capo dei
suoi bravi: si tratta di un malfattore che dopo essersi macchiato del delitto di un uomo
si è affidato al signorotto, e ora gli è fedelissimo. Il nobile gli ordina dunque
di rapire Lucia e portarla la sera stessa al palazzo: il mendicante e gli altri erano
infatti uomini mandati a fare sopralluoghi sul posto in attesa dell’azione serale.
Nell’ombra il servitore del Don, che ha appuntamento con Fra Cristoforo, ha
ascoltato tutto.
Lucia è impaurita e spaventata da quello che dovrà fare, ma si lascia condurre dalla
madre, che la scorta alla casa di Don Abbondio davanti alla quale incontrano il
terzetto. Qui si dividono: Renzo, Lucia e Agnese da una parte, nascosti, mentre Tonio
e Gervaso si fanno aprire la porta da Perpetua, con la scusa del debito da saldare.
CAPITOLO 8
Ritorniamo finalmente a occuparci di Don Abbondio, che ritroviamo intento alla
lettura nel vano tentativo di acculturarsi. Il parroco infatti sta leggendo un panegirico
in onore di San Carlo Borromeo, ma non riesce a cogliere i riferimenti del testo
(“Carneade, chi era costui?” è la famosissima frase di questo passaggio che si cita),
quando ecco arrivare Perpetua ad annunciare l’arrivo di Tonio e Gervaso, pronti a
restituire il debito che Don Abbondio è lieto di riscuotere.
A questo punto Renzo e Lucia fanno il loro ingresso, coperti inizialmente dai due
testimoni, che si scostano per fare pronunciare loro la frase fatidica. “Signor curato,
in presenza di questi testimoni, quest’è mia moglie”, riesce a dire Renzo, mentre la
ragazza viene interrotta da Don Abbondio, terrorizzato, il quale è riuscito a lanciare
in testa a Lucia il tappeto dello scrittoio sul quale stava firmando le carte. Don
Abbondio riesce a premere le mani sulla bocca della ragazza, nel frattempo
chiamando Perpetua: nella colluttazione il lume si spegne, lasciando tutti al buio.
Il prete si chiude in una stanza, e Renzo cerca di farlo uscire. A questo punto
Manzoni nota come sia il giovane ad apparire l’oppressore in questo frangente,
nonostante la situazione che conosciamo. Le urla del prete sono udite dal sagrestano
Ambrogio, il quale dopo aver sentito che “c’è gente in casa”, inizia a suonare le
campane in segno di allarme, richiamando gli abitanti del villaggio, che si
precipitano armati verso la chiesa.
Renzo, Lucia e Agnese arrivano al convento, dove li attende Fra Cristoforo con Fra
Fazio, laico sagrestano: questi protesta per l’intrusione di due donne a tarda notte, ma
il Padre lo zittisce con la frase “Omnia munda mundis” (ovvero “tutto è puro per i
puri”). All’uomo non viene rivelato il piano e l’esito del matrimonio segreto, ma in
ogni caso questi sa che il villaggio non è più un luogo sicuro per i tre, e
quindi consiglia di fuggire. Le donne potranno trovare rifugio al convento di Monza,
mentre Renzo potrà andare a Milano, presso il convento di Porta Orientale. Il Padre
congeda tutti con una preghiera a Dio, sia a protezione degli oppressi, sia affinché
illumini Don Rodrigo con la sua grazia.
CAPITOLO 9
All’inizio del capitolo 9 de I Promessi Sposi, ritroviamo Agnese, Lucia e Renzo, i quali
sono stati portati a Monza prima dal barcaiolo e poi dal conduttore di un calesse. Arrivati
in una locanda il trio decide di separarsi seguendo le istruzioni di Padre Cristoforo:
Renzo partirà di nuovo alla volta di Milano, mentre Agnese e Lucia si dirigono al
convento dei padri cappuccini.
Qui ad aspettarle c’è il padre guardiano, che legge la lettera di Fra Cristoforo nella quale
viene spiegata la vicenda. Il frate capisce che solo la “ Signora”, ovvero la monaca di
Monza, potrà essere loro d’aiuto. Questa è una giovane molto potente, figlia di
un’importante famiglia, che nel convento viene rispettata come se fosse la badessa.
Manzoni però preferisce narrare la storia della monaca di Monza. Figlia di un principe di
Milano, è stata destinata sin da bambina alla vita monacale perché il padre non voleva
dividere il patrimonio famigliare, destinandolo tutto al primogenito. Tutto nella sua
infanzia viene ordinato in modo tale da renderle piacevole il pensiero del convento, dai
giocattoli ai vezzeggiativi religiosi.
A sei anni viene inviata come educanda in monastero, e qui inizia a capire che il suo
desiderio sarebbe quello di condurre una vita da laica. Per far ciò però deve disubbidire
al principe padre, descritto come un uomo duro, austero, severo e desideroso di
primeggiare: in fondo il ritratto speculare della figlia. Gertrude decide dunque
di scrivergli una lettera, ma questa viene accolta con gran collera.
Tornata a casa per un mese, in attesa di prendere i voti definitivi, Gertrude viene trattata
con freddezza assoluta a causa del suo proposito di diniego. Nessuno le rivolge parola, se
non un paggio verso il quale inizia a infatuarsi, quasi per riconoscenza. Un giorno un
bigliettino amoroso scritto al giovane viene intercettato dal padre, che rimprovera
duramente la figlia e la fa rinchiudere in una camera. Isolata, sorvegliata da un’odiosa
cameriera, infelice per l’odio che le riserva la famiglia, Gertrude inizia a pensare che la
vita monacale potrebbe costituire un rimedio al suo errore, e un modo per farsi
perdonare, e dunque si arrende alla volontà del principe.
Gertrude viene riportata a casa, dove è atteso il vicario delle monache che la esaminerà. Il
padre le chiede ancora una volta di non commettere errori, ricordandole il suo peccato
(ovvero il bigliettino destinato al paggio). Gertrude vorrebbe confidarsi con il vicario,
ma questi pur potendole negare l’ingresso in convento non potrebbe proteggerla dal
padre: per questo continua a mentire e infine convince il prete della bontà della sua
chiamata a Dio.
Dopo altri giorni di visite, ricevimenti e spettacoli, Gertrude continua a non trovare il
coraggio di ribellarsi, e quindi, dopo 12 mesi di noviziato, viene il momento
di pronunciare i voti e diventare monaca. Manzoni nota come la vita religiosa potrebbe
esserle di conforto, se infine l’accettasse con rassegnazione, ma la ragazza detesta il
velo, la vita che dovrà condurre e tutte le consorelle, non trovando molto soddisfazione
nelle lodi che le tributano tutti in monastero. Diventata maestra delle educande, Gertrude
alterna momenti di grande odio verso di queste, alcune delle quali destinate al mondo
laico, o ne diventa la confidente e complice, quasi a farsi beffe del suo ruolo.
I Promessi Sposi, capitolo sulla Monaca di Monza: Lucia parla a Gertrude di Don
Rodrigo
Agnese e Lucia arrivano al convento un anno dopo questi eventi. Lucia nel suo colloquio
con la monaca di Monza viene tempestata di domande su Don Rodrigo e il suo rapporto
con il signorotto, come se Gertrude non potesse accettare che un’altra donna potesse
avere un atteggiamento diverso dal suo. Lucia è in imbarazzo, e confida ciò alla madre
una volta libera: questa la risponde che tutti i Signori sono un po’ strani, e quindi di non
farci troppo caso. Gertrude in ogni caso desidera davvero proteggere le due, e le fa
alloggiare in alcune stanze liberatesi da poco.
Riassunto Undicesimo Capitolo Promessi Sposi: Don Rodrigo scopre della fuga di
Renzo e Lucia
Il mattino dopo Don Rodrigo incontra il conte Attilio, il quale ha vinto la scommessa.
Tuttavia questi rimprovera anche il cugino per non aver fatto bastonare Fra Cristoforo
quando poteva, visto che c’è il suo zampino dietro quanto avvenuto. Sarà il conte zio del
Consiglio Segreto di Milano a pensare alla vendetta, convengono i due mentre fanno
colazione.
In paese nel frattempo molte persone hanno iniziato a parlare, e in pratica tutti i
protagonisti secondari della vicenda riferiscono con dovizia di particolari ai bravi della
notte del matrimonio a sorpresa: Perpetua, Gervaso, Tonio e i genitori di Menico
confidano tutto nonostante sappiano con chi stanno trattando. Griso allora fa il suo
resoconto piuttosto fedele alla realtà a Don Rodrigo, il quale si inalbera per la fuga di
Renzo e Lucia con l’aiuto di Fra Cristoforo.
Manzoni nota come i segreti passino di bocca in bocca tra amici, ed è così che Griso
viene a sapere della presenza di Agnese e Lucia a Monza e di Renzo a Milano. Il bravo
viene inviato a Monza, per trovare altre informazioni, ma questo è titubante, perché in
città, dove non ha protezione, c’è una taglia sulla sua testa. Don Rodrigo ne rimprovera
la codardia, e lo rassicura dicendogli che verrà accompagnato da altri due uomini e
ricordandogli che la sua fama arriva anche a Monza.
Riassunto Promessi Sposi capitolo undici: Renzo arriva a Milano
Ma torniamo a Renzo, il quale sta percorrendo la strada che da Monza porta a Milano in
preda a pensieri foschi rischiarati solo dal ricordo della preghiera di Fra Cristoforo.
Durante il percorso incontra un viandante distinto al quale chiede la direzione: questi
gentilmente lo dirige alla Porta Orientale, e Renzo rimane sorpreso dalla cortesia del
signore.
Ma quello che non sa è che tutti i nobili in quel momento si mostrano gentili con i
popolani in quanto è in atto la rivolta del pane. Renzo infatti entra nella porta senza che i
gabellieri gli chiedano nulla: la strada è deserta, la città pare disabitata e per terra ci sono
lunghe strisce bianche, quasi di neve ma in realtà di farina, e per terra alcune forme di
pane. A Renzo Milano appare come il paese della cuccagna, vista la carestia che
imperversa, e così raccoglie tre panini.
Renzo poi incontra per strada una famiglia, composta da padre, madre e un figlioletto.
Gli adulti reggono della farina in gran quantità, mentre il ragazzo porta dei pani; alcuni
nuovi arrivati si avvicinano e chiedono loro dove si prende il pane. Renzo finalmente
capisce che è in atto una rivolta popolare che si è concretizzata nell’assalto ai forni della
città: la cosa gli fa piacere da una parte, trovandosi dalla parte della gente semplice, ma
decide di tenersi fuori per non mettersi nei guai.
Infine Renzo giunge al convento, ma qui il frate portinaio gli chiede di poter avere la
lettera destinata a padre Bonaventura. Il giovane rifiuta, e allora gli viene risposto che
dovrà attendere il ritorno del religioso in chiesa. Renzo, preso dalla curiosità, decide di
ammazzare il tempo andando a vedere da vicino il tumulto.
Ad assistere alla scena c’è proprio Renzo, il quale vede il forno razziato (altri locali
simili si difendono come possono oppure distribuiscono volontariamente il pane): alcuni
popolani iniziano ad accusare il vicario di Provvisione, addetto all’approvvigionamento
della città, mentre altri difendono il gran cancelliere Ferrer. Renzo nota che molte
persone stanno portando via pezzi di mobilio, e li segue, incuriosito. Lungo la strada che
costeggia il Duomo è stato acceso un gran falò, alimentato dal legname, attorno al quale i
rivoltosi fanno festa e protestano a viva voce.
Manzoni nota insieme a Renzo che la distruzione dei forni non è una risposta sensata alla
carestia, ma la folla non capisce, e si dirige prima verso un forno nei pressi del Cordusio,
protetto da un gruppo di persone armate, e poi verso la casa del vicario di Provvisione,
per linciare il funzionario.
Inoltre lo scrittore spiega la sua concezione del popolo, che si può dividere in tre anime:
quella romantica, secondo la quale il popolo è sempre innocente, anche quando ci sono
alcuni elementi violenti; quella illuministica, nella quale viene spiegato che la colpa
dell’aumento del pane è frutto della legge della domanda dell’offerta, dunque la rivolta è
frutto dell’ignoranza, del popolo ma sopratutto dei potenti; e quella cristiana, secondo la
quale questo mancato funzionamento della mente è assimilabile all’assenza di coscienza
dei ricchi e potenti, i quali sfruttano il popolo meno istruito per assoggettarlo al loro
volere.