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Alcune conseguenze psichiche

della differenza anatomica tra i


sessi
Psicoanalisi
Università degli Studi di Napoli Federico II (UNINA)
4 pag.

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ALCUNE CONSEGUENZE PSICHICHE DELLA DIFFERENZA ANATOMICA TRA I SESSI (1925)

In questo saggio Freud indaga la questione della differenza tra i sessi e delle conseguenze di quest’ultima sul
piano psichico, attraverso l’analisi del complesso edipico e della sua preistoria sia nel maschio che nella
femmina.
-La situazione del complesso edipico nel maschio è facilmente intelligibile perché in essa il bambino si
attiene al medesimo oggetto che egli, già nel precedente periodo dell’allattamento e delle cure
prodigategli, aveva investito con la sua libido non ancora genitale; anche il fatto che in questo egli
senta il padre come un rivale che lo turba e che vorrebbe eliminare o soppiantare si deduce senza
difficoltà dalle circostanze reali. Che l’impostazione edipica del maschio appartenga alla fase fallica, che
tramonti con il timore dell’evirazione, ossia insieme all’interesse narcisistico per i genitali, è stato già
esposto; le cose si complicano perchè il complesso edipico nel maschio assume un doppio senso, attivo e
passivo, in corrispondenza della disposizione bisessuale: il maschio vuole anche soppiantare la madre come
oggetto sessuale del padre e questo viene indicato come atteggiamento femminile (il bambino si identifica
con la madre e sceglie il padre come oggetto d’amore; la castrazione qui è un presupposto, non una
conseguenza, mentre prima la castrazione è una conseguenza perché il bambino è diventato rivale del padre-
>appunti).
-Sulla preistoria del complesso edipico nei maschi si è ancora lontani dall’aver raggiunto la chiarezza.
Conosciamo di essa un periodo di identificazione con il padre di natura affettuosa, a cui manca ancora il
senso della rivalità nei confronti della madre. Un altro elemento sempre presente in questa preistoria è
l’immancabile attività masturbatoria rivolta ai genitali, quell’onanismo piccolo-infantile la cui più
brutale repressione da parte di coloro che hanno cura del bambino pone in essere il complesso di
evirazione. L’ipotesi di Freud è che questo onanismo si accompagna al complesso edipico e fornisce la
scarica del suo eccitamento sessuale; è incerto se tale relazione sussista fin dall’inizio, ma in realtà l’ipotesi
più verosimile sembrerebbe quella secondo cui l’onanismo appaia spontaneamente come attività
d’organo e solo più tardi si giunga al complesso edipico.
Problematico è ancora il significato dell’enuresi notturna e dell’eliminazione di questa abitudine attraverso
l’intervento degli educatori. Freud vede nella persistente enuresi notturna l’esito dell’onanismo: la sua
repressione viene avvertita dal maschio come inibizione dell’attività genitale, nel senso di una minaccia di
evirazione; ma è da provare che questa ipotesi valga per tutti i casi.
(Infine, l’analisi permette di intravedere come lo spiare di nascosto, all’inizio della seconda infanzia, il coito
dei genitori provochi il primo eccitamento sessuale e attraverso i suoi effetti consecutivi possa divenire il
punto di partenza per tutto lo sviluppo sessuale: l’onanismo, così come entrambi gli atteggiamenti assunti dal
complesso edipico, si riallacciano più tardi a quell’impressione, che il bambino ha in seguito interpretato. E
tuttavia non si può ammettere che queste osservazioni del coito siano un caso normale, perciò si pone il
problema delle fantasie primarie).
Il complesso edipico delle bimbe pone un problema in più rispetto a quello dei maschi. La madre era
all’inizio per entrambi il primo oggetto; non ci stupiamo che il maschio lo conservi nel complesso edipico,
ma come giunge la bambina a rinunciarvi e ad assumere invece il padre come oggetto?
-Il complesso edipico delle bambine ha una lunga preistoria ed è in un certo modo una formazione
secondaria. Secondo una osservazione del pediatra Lindner, il bambino scopre la zona genitale che dona
piacere (pene o clitoride) mentre succhia con delizia (ciuccia); Freud preferisce lasciare in sospeso la
questione, se davvero ciò questa nuova fonte di piacere conquistata dal bambino prenda il posto della recente
perdita del capezzolo materno. A farla breve, la zona genitale viene prima o poi scoperta e nella fase
fallica si verifica una scoperta gravida di conseguenze, di cui è protagonista la bimba; ella osserva il
pene, vistoso e di grandi proporzioni, di un fratello o di un compagno di gioco, riconosce subito che esso
è ciò che fa il paio in maggiori dimensioni al proprio organo piccolo e nascosto e di qui incorre
nell’INVIDIA DEL PENE.
Vi è qui un interessante contrasto nel comportamento dei due sessi: quando il maschio scopre per la prima
volta la regione genitale della bambina rimane titubante, rinnega la sua percezione, la attenua; solo più tardi

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quando una minaccia di evirazione ha pesato su di lui l’osservazione da lui fatta acquisterà
importanza ed è indotto a credere nella verità di quella minaccia finora derisa. Questa coincidenza
provoca due reazioni: orrore per quella creatura mutilata o trionfante disprezzo per essa; ma questi
sviluppi appartengono al futuro, seppur non lontano.
Per la bambina la cosa è diversa; il suo giudizio e la sua decisione sono immediati. Questa l’ha visto, sa di
non averlo e vuole averlo. Da questo punto parte il cosiddetto complesso di virilità della donna*, che
potrà provocare gravi difficoltà al lineare sviluppo della femminilità, se non riuscirà a superarlo rapidamente.
La speranza che nonostante tutto una volta le si sviluppi un pene e che diventi così uguale all’uomo può
mantenersi incredibilmente a lungo e diventare motivo di bizzarri comportamenti; oppure si avvia quel
processo di rinnegamento che nella vita psichica dell’infanzia non sembra essere raro né pericolo, ma che
nell’adulto indurrebbe una psicosi. La bambina rifiuta di accettare il dato di fatto della sua evirazione, si
ostina nella convinzione che anch’essa possiede un pene ed è costretta in seguito a comportarsi come se
fosse un maschio. *(Freud corregge una sua precedente affermazione: pensava che l’interesse dei bambini
per il sesso opposto venisse risvegliato non dalla differenza dei sessi come nella pubertà ma dal problema di
dove vengano i bambini; ciò risulta falso, almeno per le femmine).
Le conseguenze psichiche dell’invidia del pene, in quanto essa non si riassuma nella formazione reattiva
del complesso di virilità, sono molteplici:
1)Con il riconoscimento della ferita al suo narcisismo si produce nella donna un senso di inferiorità; dopo
che è andata oltre al primo tentativo di chiarirsi la mancanza del pene considerandola come una punizione
personale ed ha compreso la generalità di questo carattere sessuale, comincia a condividere il disprezzo
dell’uomo per questo sesso minorato in un punto decisivo (clitoride) e almeno in questo giudizio si trova
assimilata all’uomo.
2)Anche se l’invidia del pene ha rinunciato al suo oggetto, essa non cessa di esistere, con un facile
spostamento sopravvive in una proprietà del carattere: la gelosia. Certamente la gelosia non è propria
soltanto di uno dei due sessi e possiede un più ampio fondamento, ma essa nella vita psichica della donna si
giova di un enorme rafforzamento proveniente dall’invidia, deviata, del pene. Prima di aver capito che la
gelosia può avere questa derivazione, Freud aveva costruito una prima fase per quella fantasia onanistica
così frequente nelle bambine secondo cui “un bambino viene picchiato”: la fantasia in tale fase ha il
significato che un altro bambino di cui si è gelosi in quanto rivali deve essere picchiato. Questa fantasia
pare un relitto del periodo fallico della bambina.
La particolare fissità della formula ammette ancora una interpretazione specifica: il bambino che viene
picchiato-accarezzato non deve essere nient’altro che la clitoride, così che questa asserzione contiene come
suo significato profondo il riconoscimento della masturbazione, che è implicita nel contenuto della
formula dall’inizio nella fase fallica fino alle epoche successive.
3)Una terza conseguenza dell’invidia del pene risulta nell’allentamento dei rapporti di tenerezza con
l’oggetto materno. Non è ben chiara la connessione, però è da ritenere che alla fine quasi sempre la
bambina considera responsabile della mancanza del pene la madre, che l’ha mandata per il mondo con
un equipaggiamento così insufficiente. La successione dei fatti è storicamente che spesso, subito dopo la
scoperta della insufficienza dei genitali, sorge una gelosia contro un altro bambino che presumibilmente è
più amato dalla madre; da cui un motivo per lo scioglimento del vincolo materno. Con questo si concorda
poi che il bambino preferito dalla madre diventi il primo oggetto di quella fantasia del picchiare che sfocia
nella masturbazione.
4)Un altro effetto sorprendente dell’invidia del pene- o della scoperta dell’inferiorità della clitoride- è
certamente il più importante di tutti. (Freud è rimasto dell’opinione che la masturbazione sia estranea alla
natura della donna e che si possa prendere in considerazione l’ipotesi che la masturbazione, almeno della
clitoride, sia una attività maschile e che lo spiegamento della femminilità richieda come condizione
l’abolizione della sessualità clitoridea). Le analisi della epoca fallica hanno mostrato che nella bambina,
subito dopo i primi segni dell’invidia del pene, sorge una intensa corrente contro l’onanismo, che non
può venir ricondotta solo all’influsso degli educatori; questo impulso è chiaramente un segno (podromo) di
quel sopravvento della rimozione che al tempo della pubertà eliminerà gran parte della sessualità virile, per

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far posto allo sviluppo della femminilità. Freud si spiega questa rivolta della bimba contro l’onanismo fallico
con l’ipotesi che il piacere che trova in questa attività le venga guastato da un fattore concomitante: si tratta
dell’umiliazione narcisistica connessa con l’invidia del pene, l’avvertire che a questo punto non si può
più competere con il maschio ed è meglio tralasciare di porsi in concorrenza con lui. In tal modo, la
coscienza della differenza anatomica tra i sessi sospinge la bambina dalla virilità e dall’onanismo
maschile verso nuove strade che conducono allo spiegamento della femminilità.
-(COMPLESSO EDIPICO) A questo punto, ella rinuncia al desiderio del pene per mettere al suo posto il
desiderio di un bambino e avendo di mira questo scopo assume il padre come oggetto amoroso; la
madre diviene oggetto di gelosia. (Quando questo vincolo paterno deve essere più tardi abbandonato in
quanto fallimentare può cedere il passo ad una identificazione con il padre, per cui la bimba retrocede al
complesso di virilità ed eventualmente si fissa ad esso)(delusione fantasia e ritorno alla madre come oggetto
di identificazione ->appunti).
Risultati complessivi saggio:
Ci siamo fatti una idea complessiva sulla preistoria del complesso edipico nella bambina; il corrispettivo
nel maschietto è ancora in parte ignorato. Nella bambina il complesso edipico è una formazione
secondaria: gli effetti del complesso di evirazione lo precedono e lo preparano. Per quanto riguarda il
rapporto tra i complessi edipico e di evirazione, si pone un fondamentale contrasto tra i due sessi: mentre il
complesso edipico del bambino tramonta con il complesso di evirazione, quello della bambina è reso
possibile ed introdotto dal complesso di evirazione. Per spiegare questa contraddizione basta riflettere sul
fatto che il complesso di evirazione opera sempre conformemente al suo contenuto, inibendo e limitando la
virilità, promuovendo la femminilità; la differenza in questo segmento dello sviluppo sessuale dell’uomo e
della donna è una comprensibile conseguenza della differenza anatomica tra i genitali e della situazione
psichica che a ciò si collega, corrisponde cioè alla distinzione tra una evirazione compiuta ed una puramente
minacciata.
Nei maschi, il complesso edipico non viene rimosso facilmente e tramonta (si sfracella) sotto lo shock della
minaccia di evirazione; i suoi investimenti libidici sono abbandonati, desessualizzati e in parte
sublimati, i suoi oggetti vengono incorporati all’Io, dove formano il nucleo del Super-io e conferiscono
a questa nuova struttura le sue proprietà caratteristiche. Nei casi normali, o per meglio dire ideali, il
complesso edipico non esiste più neanche nell’inconscio, poiché il Super-io è divenuto il suo erede. Poiché il
pene deve il suo straordinario investimento narcisistico al suo significato organico per la continuazione della
specie, si può intendere la catastrofe del complesso edipico- rinuncia incesto, instaurazione coscienza morale
e dell’etica- come una vittoria della generazione sull’individuo; è interessante riflettere che la nevrosi si
fonda su una opposizione dell’Io alle pretese della funzione sessuale.
Nella bimba, viene meno il motivo che distrugge il complesso edipico: l’evirazione ha già avuto effetto
prima, spingendo la bambina nella situazione del complesso edipico. Questo (il complesso edipico) perciò
sfugge alla sorte che gli è destinata nei maschi, può lasciare il campo lentamente, venir dissolto per
rimozione, spostare in avanti i suoi effetti nella vita psichica normale della donna. Non si può sottrarsi
all’idea che il livello di ciò che è eticamente normale per una donna sia un altro; il suo Super-io non diviene
mai così inesorabile, impersonale, indipendente delle sue origini affettive come esigiamo che sia nell’uomo.
I tratti di carattere che sono stati rinfacciati alla donna troverebbero una base più che sufficiente nella
modifica che in lei subisce la formazione del Super-io. (La maggior parte degli uomini rimangono assai al di
sotto dell’ideale maschile e tutti gli individui maschili, data la disposizione bisessuale e l’incrociata
trasmissione ereditaria, uniscono in sé caratteri virili e femminili, cosicché la pura virilità e femminilità
rimangono costruzioni teoriche di incerto contenuto).

Nel maschio il complesso di castrazione fa tramontare quello edipico per una questione di salvaguardia
narcisistica, della libido narcisistica: il bambino non vuole rinunciare ad una parte di sé, il pene. C’è un

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bilancio tra libido oggettuale e narcisistica. La castrazione fa uscire il bambino dall’Edipo e immette la
bambina nell’Edipo.
Per la bambina c’è un cambiamento di zona erogena e di oggetto: da clitoride a vagina come zona erogena
legata alla sessualità e da madre a padre edipico. Per il maschio sempre il pene e la madre.

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