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L’AUTEROTISMO
1.1. Introduzione
Questo tema molta importanza pastorale perché è noto grandemente tra gli
adolescenti ed anche tra gli adulti che non hanno avuto una educazione sessuale
compieta e matura. L’autoerotismo è una realtà complessa: può abbracciare una vasta
gamma di fenomeni. In quanto fenomeno sessuale umano esso coinvolge la persona sia
sul piano fisico che psico-esistenziale.
Esiste una situazione di confusione e sconcerto perché veramente non si
conosce bene la problematica che affetta alle persone che vivono questo, anzi fra i
sacerdoti, molti lo raccomandano di farlo con “naturalità” ed altri lo rifiutano
totalmente. Si deve conoscere bene la realtà per poter fare un giudizio corretto, per fare
un analisi equilibrata ed impostare bene una buona pastorale.
1.2. Il concetto
.1. Terminologia
Ci sono dei termini classici o tradizionali: Mollizie, polluzione volontaria o
procurata, masturbazione, vizio solitario e onanismo (soprattutto in campo medico);
esistono però dei termini moderni: Ipsazione, autismo, autoerotismo, autoestimulazione
e massaggio. Sono tutti termini, peraltro non sinonimi, che vogliono indicare lo stesso
fenomeno. Molti di essi però presentano lo svantaggio o di essere del tutto inappropriati
o di mettere in luce soltanto un aspetto del problema , senza essere in grado di esprimere
adeguatamente il fenomeno nella sua completezza. I termini oggi più comunemente
usati dagli studiosi sono autoerotismo (erotismo centrato sul proprio io) e
masturbazione (da: manus = mano e stupratio = profanazione).
.2. Concetto e definizione
Nei concetti si deve evitare il riduzionismo biologico e il riduzionismo maschile.
Le definizioni tradizionali, infatti, peccano in vario modo proprio per questo, in quanto
l’autoerotismo è considerato nella sua dimensione biologica (genitale), senza tener nel
debito conto la sua dimensione psico-esistenziale; ed è pensato in ordine all’uomo e ai
fenomeni della fisionomia sessuale maschile(emissione o non emissione del seme). Per
masturbazione si deve intendere l’eccitazione volontaria degli organi genitali alfine di
trarne un piacere venereo (CEC 2352).
1.3. La realtà
E’ noto che l’autoerotismo, è molto diffuso, specialmente tra gli adolescenti e prima
della giovinezza. Secondo l’ormai famoso Rapporto Kinsey (E.U.A 1940), in
un’inchiesta condotta su circa 6000 individui il 92% degli uomini e il 62% delle donne
dichiarano di averne fatto esperienza. E questo fenomeno su da più nel maschio per la
sua maggiore eccedenza sessuale, perché il suo impulso sessuale è più “violento” c’è
una maggiore localizzazione dell’impulso sessuale. Questo fenomeno non ha delle
conseguenze mediche gravi, solo forse nei casi estremi.
1.4. Le cause
.4.3. I Padri
Nel periodo patristico troviamo lo stesso silenzio che nella Scrittura. A volte
distinguono tra polluzioni involontarie e volontarie, ma tra queste ultime non
specificano quelle solitarie. Parlano pure dei toccamenti di emozioni o turbamenti
sessuali, sempre comunque nel contesto di una lussuria per così dire interpersonale.
.4.4. Il monachesimo
Il problema centrale in questo periodo è quello delle polluzioni notturne. E il
peccato in questo caso è visto non nella fornicazione non già esterna (dato lo stato di
segregazione dei monaci) bensì interna, non reale bensì immaginaria. Solo
responsabilità “in causa” su fantasie.
.4.6. La scolastica
Ricorrendo ad argomentazioni di tipo razionali, condannano l’autoerotismo
come un atto che va contro la generazione della vita umana (s. Tommaso, Contra gentes
III, 122), e contro la finalità assegnata da Dio del seme umano (S. Th. II-II, q. 153, 2-3,
ad. 1). L’autoerotismo è dichiarato gravemente illecito , perché è un atto “contro la
generazione della prole” e costituisce un “pericolo per la specie”, per riprendere le
espressioni più ricorrenti. Tale impostazione appare oggi destituita di fondamento, in
quanto legata a concezioni prescientifiche. Risale a un tempo in cui non si conosceva
l’ovulazione femminile e si attribuiva solo all’uomo maschio il mirabile effetto della
procreazione sicché il seme diventava qualcosa di sacro, da non sprecare
assolutamente.
.4.8. Nell’attualità
Nelle scienze umane, le cause complesse del problema, si da un
condizionamento della libertà del soggetto (le persone alle volte non attuano con piena
libertà). Si capisce come una fase dello sviluppo sessuale della persona (“quasi”
necessario). Fra i moralisti c’è una distinzione fra l’aspetto soggettivo e oggettivo
dell’atto, alcuni dicono che mai può essere un peccato grave, piuttosto è una fase di
crescita normale, perché in realtà non c’è un rifiuto della Opzione Fondamentale (solo
c’è peccato grave quando cambia l’opzione fondamentale verso Dio).
.4.9. Magistero
Leone IX: dice che ci deve essere una esclusione delle ordine religiose per quelli che
peccano per lungo tempo.
Innocenzo XI: peccato grave, per diritto naturale.
Alessandro VI: questo peccato deve essere accusato nelle confessioni.
Pio XII: è peccato grave.
Congregazione per la Dottrina della fede: “Atti di per se disordinati, in quanto
contraddicono il vero significato della sessualità” (Persona umana n.9).
Catechismo: solo riafferma quello che dice il documento di persona umana.
Qui ci riferiremo soprattutto nel periodo della adolescenza. Non si può escludere
che questo problema capite nell’età adulta, ma qui ci riferiremmo alla adolescenza.
2. CONCETTO DI BIOETICA
2.1. Introduzione
Alle volte molta gente ha un concetto sbagliato di Bioetica ed è necessario chiarire
bene il concetto perché addirittura ci sono delle persone diciamo con certi studi e non
sano veramente a che cosa si riferisce esattamente la Bioetica. Mettono in relazione la
bioetica insieme alla genetica e deducono che la bioetica è la manipolazione de la vita.
Di solito viene applicato il termine alla riproduzione assistita, alla riproduzione in vitro
perché molte volte si parla della bioetica in relazione con questi temi e molti
identificano il termine e confondono bioetica con gli altri vicende.
Allora, posiamo dire che la bioetica (=b.) è una riflessione morale sulla vita, su tutto
quello che riguarda alla vita. Bios = vita; etos = lo studio del comportamento umano. E
allora sarebbe lo studio del comportamento umano riguardo alla vita.
I problemi più comuni da affrontare nel campo della b.: Aborto, eutanasia,
fecondazione in vitro, manipolazione genetica, clonazione, trapianti di organi, oppure
quello che riguarda alla ecologia, quello che riguarda all’etica della sperimentazione con
la gente senza dirgli niente che si sta sperimentando con loro, anche quello che riguarda
al rapporto tra paziente e medico, la destinazione delle risorse sanitarie, ecc. Noi
andremo solo ai punti essenziali per noi in quanto pastori vedendo l’aspetto scientifico e
tecnico e poi un analisi razionale vedendo anche il Magistero per avere una visione etica
d’insieme.
Riflette un po’ una professione che ha abbastanza coscienza del senso stesso
della professione e anche riflette una serie di contenuti che sono saldamente affermati:
No all’aborto, no all’eutanasia, fare sempre il bene del paziente, ecc.
Ha molto determinato tutta la questione etica della medicina da quel momento
fino ad oggi, fondendosi poi con la corrente della riflessione cristiana. Testo molto
conosciuto proveniente dal 560-370 p.C. circa, viene assegnato a Ipocrate anche se non
si sa se è esattamente lui o sotto all’interno della scuola ippocratica. E bisogna dire che
ha avuto un grande influsso in tutta la tradizione occidentale, soprattutto di guida nei
comportamenti dei medici. Un giuramento che si è ripetuto durante i secoli, cioè, i
medici alla fine della loro carriera hanno fato sempre il giuramento di Ipocrate come per
assumere la loro coscienza di quall’è la loro missione davanti alla società. Ci sono poi
delle versione aggiornate, per esempio il Collegio dei medici italiani ha fatto
recentemente una nuova versione aggiornata, ha cambiato un po’ il linguaggio che è
evidentemente arcaico, e aggiornando anche le tematiche, perché lì si parla dei problemi
che oggi non ci sono affatto. Anche c’è una polemica attuale in torno a questo
giuramento nel senso che per molti continua essere un riferimento, una guida, tradizione
valida ancora oggi; per altri bisogna lasciar perdere questo giuramento ippocratico
perché è contrario all’aborto, eutanasia di modo esplicito e molti lo considerano come
una tradizione solo del passato. C’è anche l’inversione di questo giuramento, fanno una
nuova versione del giuramento ippocratico p. es. “Prometto di non dare un veleno
mortale a meno che non mi venga richiesto dalla persona col suo consenso”; e così si
introduce l’eutanasia.
3.2. La tradizione cristiana
Ci sono queste correnti che confluiscono, e c’è un momento nel quale sorge in odo
prepotente questa nuova disciplina che all’inizio sorge in modo ambiguo che non se
sapeva si era veramente una nuova disciplina.
.17. Fattori per la nascita
L’allarme medico, siamo allo anni 60’ è passata la Seconda Guerra Mondiale
con tutte le sue atrocità, tra queste compiute anche da parte dai medici. E si era detto
che questo non succederà mai più. Sono stati condannati i colpevoli in funzione della
legge naturale. Passano venti anni, e in un paese come Gli Stati Uniti (“paese della
libertà”) emergono dei casi che fanno rabbrividire la gente, ed ha scosso l’opinione
pubblica proprio nel campo della medicina p. es. una clinica dove si fanno sperimenti
medici con questi anziani; anche con dei bambini handicappato mentali che vengono
utilizzati per sperimenti.
L’allarme bioecologico, la paura alla bomba atomica, all’energia nucleare che ha
dimostrato la sua potenza nella Seconda Guerra Mondiale; anche paura alle bombe
biologiche, la possibilità di giocare con dei virus; e poi l’ecologia, è nata una grande
preoccupazione per l’ambiente e per la responsabilità delle generazioni future.
Primi tentativi di regolazione, da parte dai governi nasce l’interesse di studiare
bene la medicina quale deve essere il comportamento da parte dei pazienti e allora sorge
in questo ambiente e con questo senso di protezione dagli adulti e di tutti l’indirizzo
della potenzialità della biomedicina nasce la Bioetica.
Questo modello è una visione del mondo nella quale tutto ha una base biologica e
sociale. La società è configurata secondo modelli biologici. E riguardo all’entità che ha
oggi nella bioetica è un modello abbastanza ristretto, nel senso che sono pochi autori
che presentano questo sia in genere sia anche nel campo della bioetica, però formano
una specie di scuola, e alcuni di questi elementi filtrano nella cultura popolare.
.21. Le correnti che confluiscono sono:
Evoluzionismo, (de tipo darwiniano), tutto evolve dalla prima molecola vitale
iniziale fino all’uomo, e sempre per cambiamento casuali e poi selezione naturale è
dunque un movimento cieco non orientato di crescita, di maggiore complessità maggior
perfezione nel modo dei viventi.
Sociologismo (M. Weber), la comprensione della società quasi come un ente
suo.
Sociobiologismo (E.O. Wilson), visione della società come si fosse un insieme
di elementi biologici, si comporta con le stessi leggi del mondo biologico, p. es.
selezione naturale, mutamenti, ecc.
.23. Applicazioni
Una è di dare uguale valore di tutte le opzioni culturali e morali si tratta
semplicemente di evoluzione, quello che in una epoca era buono oggi no lo è, quello
che oggi lo è un giorno non lo sarà più, insomma, ognuno ha le sue proprie norme.
Ma gli autori di questo modello credono che la bioetica deve favorire “l’adattamento” e
“la selezione” dell’uomo, che deve giustificare le norme esistenti in un momento dato p.
es., se adesso la società è favorevole all’aborto l’etica deve giustificare questo. Anche
c’è la giustificazione dell’eugenismo, cioè, il miglioramento della specie umana. Se
finora lo aveva fatto le forze della natura adesso si deve dare all’uomo con l’etica di
favorire questo con l’ingegneria genetica selettiva migliorativa o alterativa per il
miglioramento dell’evoluzione dell’uomo.
.24. Critica
Certo che l’uomo è storico, evolve dal punto di vista culturale, morale, ecc. però
forse possiamo dire che c’è anche una natura che è sempre quella: la natura umana. In
fondo la natura umana non è che abbia cambiato moltissimo, l’uomo è lo stesso,
cambia l’ambiente, ecc. però sempre l’uomo ha una stessa natura che lo fa distinguere di
tutto. Sempre ci sarà una oggettività morale, saranno dei mali di ieri e di sempre p.
abusare di un bambino. E poi possiamo fare una “redutio ad absurdum” in quanto
riguarda a questa posizione perché se siamo coerenti dobbiamo concludere che non c’è
mai nessun delitto che potrebbe essere condonato in modo chiaro, si può sempre dire chi
si tratta di una espressione di un momento evolutivo.
Modello più ampio che è molto traversale, cioè, è difficile trovare in gruppo, una
scuola, un autore che presenta proprio questo. Quasi è più una mentalità molto diffusa
che troviamo poi in molti autori, elementi che sono presenti nella cultura odierna.
.26. Descrizione
C’è qui la negazione di valori oggettivi e trascendenti, conta soprattutto la
soggettività, sono io con la mia ragione e la mia libertà che devo capire e decidere tutto,
uno stesso è che si da i propri valori e tutto vale perché lo decido io. Tutta questa
visione porta al relativismo e al soggettivismo. E si vede qui la tendenza alla
assolutizzazione della libertà soggettiva e questo è il criterio etico, questo porta a una
autonomia decisionale del soggetto, e noi altri dobbiamo rispettare le sue decisioni.
L’unico limite che si può mettere è quello della libertà dell’altro, e allora bisogna che la
società stabilisca delle norme di comportamento affinché ognuno sia costretto a
rispettare la libertà dell’altro, questo in tanto che l’altro è libero e possa esprimere la
propria libertà.
.27. Applicazioni
Libertà e autonomia in: Aborto, il feto non è libero ancora e non posso rispettare
la sua libertà che non c’è, ed è la donna ad avere il diritto indiscutibile, che ognuno deve
rispettare, di decidere di eliminarlo se vuole. Lo stesso per quanto riguarda alla
eutanasia, qui il criterio sarebbe la libera autonomia espressa da parte del paziente e
viene allora il problema con gli handicappati, quelli che hanno la tendenza al suicidio
che non si sa veramente se c’è una vera e propria libertà in questi persone perché non
hanno una completa capacità di autodominio. Oppure la scelta del sesso, se lui può
essere “lei” è problema suo, anche la scelta del sesso nel nascituro da parte dei genitori.
.28. Critica
Non è il fatto di agire liberamente che costituisce il bene dell’atto, altrimenti poi,
non si dovrebbe mai parlare di bene o di male, sempre l’agire umano sarebbe bene. C’è
una visione falsificata della libertà: un vuoto di contenuti, non essere condizionati da...,
come se la libertà non avesse sempre un contenuto; perché la libertà non esiste, esiste la
facoltà di volere liberamente, la libertà è solo una caratteristica della volontà.
Altro problema è che molte volte si contrappone la libertà al rispetto della vita p. es.
l’aborto: autonomia della donna che porta alla decisione corretta di eliminare il proprio
bambino. Ma è chiaro che c’è un valore precedente nella vita riguardo alla libertà è
condizione sine qua non, se non c’è vita non c’è neanche libertà.
C’è anche un mancanza di fondamentazione in tutto questo discorso: Perché rispettare la
libertà altrui?, E perché gli debbono rispettare la mia libertà?, In funzione di che cosa?,
perché la libertà in quanto tale è una qualità soltanto del volere, deve essere fondato sul
valore della persona, è la persona che conta prima di tutto.
In questo modello quasi automaticamente c’è la esclusione di chi non può optare di chi
non può esprimere la sua libertà (embrione, feto, handicappati, una persona in coma. E
per alcuni autori questi sono esempi di individui umani che non sono persona).
.30. Descrizione
C’è un scetticismo epistemologico e/o etico, anzi piuttosto etico. Visione della
verità come qualche cosa di relativa, non si può conoscere, non esiste, ognuno ne ha la
sua, oppure sempre cambia. Solo si possono formulare delle domande, mai si trovano
delle risposte. E questo ricade nella bioetica, perché mai si troveranno delle verità.
Rifiuto della oggettività e l’universalità dei valori, non ci sono valori e norme universali
e oggettivi.
Però è necessario fare ricorso a una regolamentazione pragmatica della società,
viviamo in una società pluralista, ognuno ha le proprie tendenze, e noi dobbiamo
convivere e per questo dobbiamo pragmaticamente fare ricorso a una regolamentazione
alla quale solo ci atteniamo.
Ecco perché in questo modello la ricerca di una etica pubblica, ci sono le etiche morali
private e poi cerchiamo di stabilire una etica pubblica valida per tutti, stabilita in
funzioni di alcuni parametri.
Criteri di una etica pubblica: Il primo è che bisogna rispettare una autonomia.
Anche un criterio di tipo utilitaristico, bisogna vedere le conseguenze e analizzare
comparativamente dei nostri atti, p. es. della ricerca, aborto, eutanasia. Ci sono delle
formule, perché molto pragmaticamente danno delle formule con le sigle (gli
americani):
ABC: Analisi di costi/benefici di un intervento, una decisione legale e concludere
quale avrà il maggior numero di benefici per il maggior numero di persone, non
tanto per l’individuo ma per la società.
ACE: Analisi dei costi/efficacia, quanto costa e quanto è l’efficacia della cosa, cioè,
funziona o non funziona per risolvere il problema medico.
QALY: Quality-adjusted life years, questa è più sofisticata, no si tratta solo di
vedere la qualità di vita che ci sarà dopo l’intervento, ma la qualità di vita in
rapporto alla durata, gli anni che avrà “x” persona dopo qualche intervento
chirurgico. Sono questi criteri i che contano, i criteri dell’utilitarismo è la qualità di
vita.
Prendendo la qualità di vita come criterio, presentato così è un po’ duro perché
quando si analizzano dei casi c’è una specie di reazione umana nostra e allora ci sono
delle Regole di mitigazione di questa visione così dura, pragmatica, proposte da alcuni:
La regola del minimo etico (“utilitarismo normativo”), cioè, nel utilitarismo puro conta
la promozione del maggior beneficio per il maggior numero di persone in funzione della
qualità della vita. Allora alcuni autori dicono che bisogna stabilire un minimo etico, in
altre parole, si deve stabilire un minimo, da qui in giù non si può andare, e questo per
ogni tipo di problema: p. es. La fecondazione in vitro, non si deve distruggere gli
embrioni se non è necessario o non vendere gli embrioni, ecc.; questo è un minimo che
si stabilisce per consenso.
Altra regola è assicurare il minimo assistenziale, vale a dire, noi possiamo dare
o non dare, operare o non operare, ma sempre diamo il minimo assistenziale, p. es. una
persona che gli viene tolta la alimentazione perché muoia anzi tempo per accelerare la
sua morte si deve tenerlo in ospedale e non buttarlo fuori affinché gli diamo il minimo
assistenziale fino alla sua morte.
Poi le regole della equità, imparzialità e neutralità nelle decisioni, in altre
parole, non decidere di togliergli a uno la alimentazione perché è povero e all’altro
mantenersela perché e ricco, deve essere un comportamento equo, giusto e uguale per
tutti, ma alle volte non capita così (il caso della nona dei Kennedy).
Tutto questo perché lui insiste moltissimo nella tolleranza che passa attraverso del
principio della autonomia, vale a dire, che noi siamo tolleranti quando ognuno
rispettiamo la autonomia dell’altro, e solo noi così possiamo convivere in una società
tollerante e pacifica.
Il principismo, etica basata su alcuni principi molto chiari, molto netti...
Gli autori principali sono qui Beauchamp e Childress due americani che hanno scritto
un libro “Il principialismo”. Si tratta di una impostazione che è fatta da una
constatazione, ci vogliono alcuni principi fissi, fondamentali, ma non assoluti, cioè no
sempre assolutamente bisogna seguirli solo che di fatto normalmente bisogna seguirli,
bisogna vedere caso per caso. E questi sono concretamente:
In questi principi sorgono dei problemi in quanto che si presenta in molti casi un
conflitto in alcuni dei quattro principi, p. es. tra il principio di benefficialità e quello di
autonomia: Il medico sa che ha “Tizio” gli conviene questo, ma lui non vuole accettare
il medicamento, allora, Quali dei due principi applico...?.
Ora, questi autori hanno rifiutato esplicitamente la convenienza della
fondamentazione oggettiva di questi principi, non si deve fondare nessuno dei principi
perché sarebbe controproducente, bisogna evitare tentare di fondarlo su qualche cosa p.
es. sulla visione dell’uomo, perché non c’è una visione universale dell’uomo. Bisogna
partire dai principi stessi. Neppure si deve cercare di fondare un gerarchia tra questi
principi, perché per loro sarebbe cercare di dare un fondamento. Nel loro libro
espongono questo e lo difendono tassativamente.
Etica formali dei beni, alcuni autori come D. Ross, con il suo libro The right and
the good; y D. Gracia con il suo libro Fundamentos de bioetica. L’idea qui è che ci
sono dei principi dei valori universali i quali però presentano solo una esigenza formale,
ed è quello che loro chiamano Deontologia prima facie, cioè, una deontologia in linea
di principio, in linea di massima, si cerca che sia niente di assoluto. Questa corrente si
riferisce molto ai principi già menzionati di Beauchamp, anche qui non sono degli
assoluti però. Deontologia prima facie, di per sé, (de deontos=dovere), si parla di codice
deontologici stipulato da una categoria professionale per regolare il comportamento
della categoria stessa dal punto di vista etico, ma sempre in linea di massima.
E in questo senso loro prospettano anche l’etica dei minimi etici, valori
universali che si impongono solo formalmente in prima facie e poi stabilire una etica dei
minimi che non dovrebbero essere mai in linea di massima.
.32. La critica
Rifiutano la fondazione e proprio per quello la giustificazione, non si giustifica
il perché di questi principi. Non è solo la assenza di fondazione, ma il rifiuto. E proprio
per questo siamo davanti a un relativismo etico molto chiaro. Perché in realtà c’è qui un
fenomeno di arbitrarietà intrinseca dei principi stessi in quanto che non si sa chi
giudica la qualità dalla vita p. es. in un mongoloide, un feto, un handicappato, chi è che
ne giudica la qualità di vita?. Alla fine uno decide evidentemente sull’altro per questo
vengono esclusi gli handicappati, bambini nati difettosi, ecc.
E poi in realtà quello che viene dopo è l’imposizione della maggioranza
(“dittatura democratica”), si decide questa famosa comunità etica che il feto può essere
eliminato prima dei tre mesi o l’embrione può essere utilizzato per la sperimentazione,
ecc., in altre parole, si decide completamente sulla vita degli altri.
Una cosa molto interessante è che ci sono molte autocontraddizioni in alcune di
queste posizione, p. es. Il caso di Engelhart, è chiarissimo leggendolo (secondo il P.
Miranda) che per lui ci sono alcuni principi assoluti, al meno uno que è quello della
tolleranza, perché lo imposta tutto in funzione della tolleranza, anzi lo dice
esplicitamente e considera che nella società pacifica dobbiamo tollerare il pensiero degli
altri. Ma poi, nega che ci deve essere una base comune valida per tutti e poi pretende
che tutti accettiamo una base comune, cioè la tolleranza.
Il realtà si da poi l’utilitarismo che è una disumanizzazione radicale, ossia, non
conta l’essere umano in quanto tale, nel suo valore intrinseco, quanto l’utilità di quello
che noi facciamo anche nei suoi confronti: “Il maggior piacere per il maggior numero di
persone”.
Riguardo a questo criterio si fa in funzione della bilancia dei costi e benefici.
Diciamo che questo criterio è del tutto corretto se però la valutazione costi/benefici si fa
su elementi omogenei, p. es. quale è il rischio di un intervento chirurgico e quale sono i
benefici. Si tratta dei rischio e beneficio riguardo nella stessa persona, ma non è lecito
moralmente quando questo bilancio si fa tra elementi disomogenei p. es. il costo
economico di una vita umana.
Questo sarà la base, più avanti, delle nostre riflessioni per questo sarà un capitolo
indipendente. Sarà diviso in due parti: Presupposti e principi fondamentali. Bisogna
vedere tre presupposti senza i quali è inutile fare etica personalistica, se non si accettano
i tre è inutile andare avanti. Si deve conoscere in qualche modo la verità altrimenti non
vale a niente nessun tipo di ricerca scientifica.
Parliamo di questo nel senso che è una questione decisiva per molte altre questioni
che in bioetica dobbiamo porci. Ci sono diversi problemi in bioetica che hanno a che
fare con l’embrione o con il feto, p. es. il FIVET (Fecondazione In Vitro ed Embrio
Transfer), diagnosi prenatale, aborto...; sono diversi problemi che dobbiamo affrontare
nei quali c’è una domanda decisiva anteriore al problema stesso: Che cosa è l’embrione
o il feto? Se la risposta a questa domanda è che è un insieme di cellule, non è un essere
umano, non è persona, al meno fino a un certo momento uccidere a questo mucchio di
cellule può essere perfettamente legittimo; se invece si dice che è un essere umano o
persona umana, allora le conseguenze o conclusione etiche poi per l’aborto,
l’esperimenti di questi embrioni, ecc. saranno diverse.
Allora, la discussione attuale: La prima domanda di tutto ciò, è non è un essere
umano?...Questo potrebbe sembrare una questione quasi banale, l’affermare che nel
grembo di una donna nascerà un essere umano, questo è il più logico, il più comune, ma
molti non lo accettano facilmente. Una domanda, perché non si discute p. es. l’identità
dell’embrione del gatto ed invece si se fa discussione con l’embrione umano.
Divideremmo questa discussione in due momenti: Molti affermano che non è un
individuo umano, e questo in funzioni di alcune obiezioni come la totipontezialità,
gemellazione, non comparsa della linea primitiva, ecc.; e questo, a causa in buona parte,
di questo famoso rapporto Warnock (1984) che si tratta della esistenza di alcuni
fenomeni, soprattutto al inizio della formazione del embrione che ad alcuni fanno
pensare che per lo meno all’inizio non è un essere umano neanche, ma solo un mucchio
di cellule, soltanto materiale preumano sono delle cellule totipotenzili; e si capita la
gemellazione non si può parlare di un solo individuo umano e per questo non si può
affermare niente di si è un essere umano. Il comitato Warnock è stato creato nel
Inghilterra per esperimentare sugli embrioni di tante cose che non si sapevano,
presieduto proprio della Signora Warnock il quale ha detto nel suo rapporto che solo
dopo i quattordicesimo giorno si può parlare veramente di individuo umano, prima solo
è un “preembrione” (termino proposto dalla embriologa A. McLaren), non è neanche
un embrione, e questo termine è stato utilizzato per non causare l’impatto nel usare il
termine dell’embrione umano nel Parlamento dell’Inghilterra quando si annunziava di
fare le sperimentazione con gli embrioni umani. E questa è la questione dal punto di
vista scientifico è o non è un individuo umano.
C’è un altro livello di discussione di tipo filosofico sul concetto di persona, c’è da
parte di alcuni la affermazione che l’embrione non è persona perché non ha coscienza,
autonomia, libertà, ecc.; e non vive la relazionalità che secondo molti la relazione
costituisce la persona stessa. Questa è la problematica attuale.
.35.1. Novità
Notiamo che all’inizio sono solo due cellule viventi e poi si sviluppano e
cambiano materialmente, tutti le sue cellule cambiano, si rinnovano, specialmente
nell’essere umano ogni sette anni si cambiano tutte le cellule, tranne le neuroni, si
continua ad essere lo stesso, ma materialmente non. Quello che succede è che c’è una
unità vivente, un sistema organizzato che ha una forma vivente strutturata che cambia
materialmente, si sviluppa, cambia presentazione (p. es. la farfalla), ma non lascia mai
di essere un individuo.
Allora, questo si può applicare a ogni cellula, ma non è un individuo umano; e
da qui viene poi tramite la fecondazione una realtà mediante la divisione per meiosi e
non per mitosi, questi due si riferiscono alla divisione della cellula e non nell’embrione
nel caso della gemellazione; dunque la divisione mitotica è la divisione di una cellula
normale (di 46 cromosomi) quando si moltiplica; mentre la divisione per meiosi è
propria dei gameti mascolini e femminini (di 46 cromosomi rimangono solo 23) che
quando si fondono questi due gruppi di cromosomi si costituisce un nuovo corredo
genetico umano o genoma. C’è tutto il necessario per la maturazione e la vita di questa
nuova forma vivente e possiamo dire che lo zigote è un nuovo sistema vivente che ha
tutto il necessario per svilupparsi da solo fino alla fine. E in conclusione possiamo di re
che abbiamo un genoma umano completo con tutto lo sviluppo in programma,
totalmente nuovo e un nuovo organismo umano vivente.
.35.3. La autonomia
Vediamo che tutto quello che avviene lì dentro è dovuto al genoma: L’impulso e
orientamento di tutto il processo di morfogenesi. Oggi dovuto alla intensa ricerca
scientifica si è scoperto che c’è una enorme quantità di geni “addetti al lavoro”, ossia
che hanno a che fare in queste primissime fasi per la costruzioni dei tessuti, degli
organi, ecc. p. es. nella mosca Drosophila che ha 50 strutture e si ha visto che all’inizio
intervengono 5000 geni per organizzare la sua formazione e si ha visto che ci sono dei
“geni regolatori” e tra questi quelli che vengono chiamati posizionali, che sono dei
pezzi di informazioni che creano dall’inizio delle coordinate in modo che poi altri geni
quelli selettori che distribuiscono le cellule al loro posto e poi geni strutturali che sono i
responsabili della differenziazione delle cellule quelle nervose, di tipo osseo, ecc. che
viene poi l’assemblaggio di queste cellule di questo tipo di modo che le cellule ossee si
mettono una accanto l’altra formando poi a dei tessuti. Tutto questo non viene soltanto
per i movimenti meccanici, ma perché c’è scritto tutta l’informazione dentro
l’embrione.
C’è una conferma di questa autonomia nel dire che tutta questa informazione
viene dal di dentro dell’embrione, non è la madre da questa informazione. E c’è questa
conferma ulteriore che sembra importante menzionare quelli che vengono chiamati i
fattori endocrini di adattamento materno fetali, cioè delle sostanze che l’embrione
stesso crea e manda all’organismo materno per dirigere anche il proprio sviluppo, p. es.
il EPF, (Early Pregnancy Factor) la presenza di questa sostanza individuata prodotta dal
feto indica che la donna è in cinta, l’organismo femminile di per sé non fabbrica questa
ormona; anche la famosa HCG (Human Corionic Gonadotropin) che è quello di dire al
corpo luteo di continuare a mandare progesterone; oppure SP1 (Pregnancy-specific B1
glycoprotein) chiede alla madre di abbassare le difese immunitarie perché l’embrione si
tratta di un organismo estraneo per la madre che tende a rifiutarlo. Tutte queste sostanze
sono guidate dall’embrione stesso per il suo sviluppo normale.
In conclusione vediamo che c’è una autonomia dinamica nel senso che tutta
questa dinamica proviene dall’embrione stesso questo però ci fa capire che c’è una
autonomia strutturale, cioè le strutture biologiche di questo individuo sono tutte sue,
non sono mica di altro organismo e questo ci porta a pensare a una autonomia in senso
ontologico, ossia questo organismo ha l’essere in se stesso. Questo organismo dai
genitori ha presso l’informazione genetica e più dalla madre perché prende l’ambiente e
l’alimento, ma tutto il resto lo fa proprio lui.
.35.4. La continuità
Ricordiamo lo sviluppo dell’embrione. All’inizio abbiamo un essere che a un
certo punto chiamammo zigote, è questo va avanti, e noi lo vediamo che poco a poco va
prendendo delle diverse forme nel suo sviluppo: Morula, blastocisto, embrione, feto,
bambino, adolescente, giovane, adulto, anziano e così via fino alla sua morte. E in realtà
è sempre lui che si sviluppa, è sempre una stessa realtà biologica che è iniziato in quel
momento del concepimento e che ha una chiara linea di perfetta continuità.
E in conclusione possiamo dire che ogni passo nella formazione dell’embrione è
preceduto da uno immediatamente anteriore, e dunque è una sequenza continua la
formazione dell’embrione (“continuum”), non ci sono dei salti qualitativi, cioè i
momenti nei quali da un tipo di essere si diventa un altro tipo di essere, anzi ci sono due
e unici salti qualitativi nella esistenza dell’individuo umano: Il concepimento e la
morte. Nel suo sviluppo noi solo facciamo delle distinzione che sono convenzionali,
ossia noi determiniamo quando chiamargli zigote, morula, ecc. perché sono distinzioni
utili, sono dei nomi che noi diamo a una stessa realtà ad un unico individuo umano.
.36. La Totipotenzialità
L’obiezione consiste che le cellule iniziali sono totipotenziali, cioè sono cellule
che non sono ancora specializzate, e proprio per questo sono suscettibili di diventare
cellule di diverso tipo p. es. una cellula della pelle c’è l’ha delle proprietà delle cellule
epiteliali si comporta come tale, allora nello sviluppo dell’embrione quando appena
queste cellule cominciano ad specializzarsi non si sa veramente che cosa realmente
saranno, perché non è per niente definita la sua struttura genetica quindi non può parlare
di individuo umano quando nemmeno le cellule sono definite. E questa totipotenzialità
ci mete ancora un altro problema perché alcune di queste cellule andranno a formare il
corpo del feto mentre altre andranno a formare la placenta, ricordiamo il fenomeno di
aggruppamento di cellule quando si deve formare la placenta prima che l’embrione si
impianti nell’utero, e riguardo a questo si dice se queste cellule iniziale, alcune
potevano dare luogo al corpo dell’embrione, altre alla placenta, che non sarebbe parte
dell’embrione stesso, e significa che in realtà queste cellule non configuravano una
realtà biologica, ma erano cellule “potenzialmente” organizzate come corpo di un
individuo umano. E si conclude dicendo che solo sono delle cellule amorfe, non parte di
un individuo determinato.
La risposta alla obiezione, certo che affermiamo che le cellule si sono
totipotenziali, ma anche dobbiamo renderci conto che di fatto nel momento della
divisione sono già unificate nel loro comportamento come parte di un tutto, lavorano
insieme, nessuna sta come cellula individuale, c’è tutta una vita organizzata e questo la
scienza c’è lo ha dimostrato più che chiaramente. E bisogna costatare che questa
totipotenzialità è una totipotenzialità organica, ogni cellula non è ancora specializzata,
ma non è indifferente rispetto alle altre cellule, ognuna di queste cellule sta nell’insieme
come parte di un organismo (ricordare l’esempio dei paletti che formano delle lettere).
La totipotenzialità invece di indebolire l’argomento lo rafforza, perché dimostra la
grande organizzazione di un sistema vivente che per dentro si organizza.
Poi c’è altra constatazione che è banale addirittura, cioè che la placenta è parte
temporanea di questo individuo, biologicamente è un organo necessario fata dalle
cellule dello stesso embrione che si sono andate ad specializzare a formare quel tessuto,
come p. es. le unghie, i capelli sono delle parti temporanee che poi non servono più.
.37. La gemellazione
La gemellazione avviene con divisione monozigotica, cioè non si tratta di due
ovvocite fecondate, ma si tratta di uno zigote, morula oppure blastocisto perché
soprattutto questo ne avviene nei primissimi stadi, normalmente prima che si compia la
prima settimana che per qualche ragione si divide ed essendo le cellule totipotenziali
può dare luogo a un secondo individuo. Questo è un fenomeno non molto comune. E
allora, dopo questo molti affermano nella divisione monozigotica che può dare luogo a
due individui significa che prima non era una individuo, perché individuo è
l’indivisibile (definizione presa da Leibniz), per cui si è divisibile, non per niente
individuo, solo sarebbe un cumulo di cellule totipotenziali che soltanto possono dare
luogo a uno o due individui.
La risposta a questa obiezione, vediamo intanto il concetto si individuo. Non è
vero che individuo filosoficamente sia indivisibile, ma semplicemente non diviso, anche
se divisibile, cioè il famoso “Indivisum inse, divisum ab alio”: L’individuo è una realtà
che è indivisa in se, e divisa diversa da qualunque altra cosa (p. es. un pezzo di gesso è
un individuo diverso dall’area). E la potenzialità di divisione non ha niente a che fare
con la realtà dell’individuo, il fato che si possa dividere non ha niente a che fare con il
fatto che sia un individuo; è un individuo se qui e ora è uno in se e diverso da tutto il
resto, p. es. nella natura osserviamo il roseto, la ameba che si possono staccare, dividersi
a dare luogo ad un altro individuo.
E come aggiunta allo stesso tema, Cosa possiamo dire quando si divide
dell’anima? Anche questa si divide? Un pezzo d’anima va di qua e l’altro di là? Come si
può rispondere a questa obiezione?. In primo luogo possiamo rispondere che l’anima
non si può dividere perché per definizione non è spaziale, non ha estensione; e in
secondo possiamo dire che (risposta del P. Miranda) Dio infonde un altra anima al
momento che c’è più materia disposta, quando avviene la divisione del embrione.
6. LA PROCREAZIONE ASSISTITA
6.1. Introduzione
Da tempo nella storia c’è stato questa specie di “sogno”, di “profezia”; nel 1978 è nato
il primo essere umano da fecondazione in vitro, cioè è cominciato la propria esistenza in
laboratorio. E questo ha suscitato grande notizia perché è stato una specie di
compimento, di un sogno, di una profezia; ad. es. c’è una cabala ebrea che parla del
Golem (s. VI), questa specie di uomo creato proprio dalla cabala, cioè di mettere
insieme dei numeri, delle lettere, ecc., e in questo sarebbe possibile creare degli uomini,
una questione piuttosto poetica, però già c’era questa specie di sogno di fabbricare degli
uomini. Abbiamo poi il Goethe, il