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Morale Speciale II

L’AUTEROTISMO

1.1. Introduzione

Questo tema molta importanza pastorale perché è noto grandemente tra gli
adolescenti ed anche tra gli adulti che non hanno avuto una educazione sessuale
compieta e matura. L’autoerotismo è una realtà complessa: può abbracciare una vasta
gamma di fenomeni. In quanto fenomeno sessuale umano esso coinvolge la persona sia
sul piano fisico che psico-esistenziale.
Esiste una situazione di confusione e sconcerto perché veramente non si
conosce bene la problematica che affetta alle persone che vivono questo, anzi fra i
sacerdoti, molti lo raccomandano di farlo con “naturalità” ed altri lo rifiutano
totalmente. Si deve conoscere bene la realtà per poter fare un giudizio corretto, per fare
un analisi equilibrata ed impostare bene una buona pastorale.

1.2. Il concetto

.1. Terminologia
Ci sono dei termini classici o tradizionali: Mollizie, polluzione volontaria o
procurata, masturbazione, vizio solitario e onanismo (soprattutto in campo medico);
esistono però dei termini moderni: Ipsazione, autismo, autoerotismo, autoestimulazione
e massaggio. Sono tutti termini, peraltro non sinonimi, che vogliono indicare lo stesso
fenomeno. Molti di essi però presentano lo svantaggio o di essere del tutto inappropriati
o di mettere in luce soltanto un aspetto del problema , senza essere in grado di esprimere
adeguatamente il fenomeno nella sua completezza. I termini oggi più comunemente
usati dagli studiosi sono autoerotismo (erotismo centrato sul proprio io) e
masturbazione (da: manus = mano e stupratio = profanazione).
.2. Concetto e definizione
Nei concetti si deve evitare il riduzionismo biologico e il riduzionismo maschile.
Le definizioni tradizionali, infatti, peccano in vario modo proprio per questo, in quanto
l’autoerotismo è considerato nella sua dimensione biologica (genitale), senza tener nel
debito conto la sua dimensione psico-esistenziale; ed è pensato in ordine all’uomo e ai
fenomeni della fisionomia sessuale maschile(emissione o non emissione del seme). Per
masturbazione si deve intendere l’eccitazione volontaria degli organi genitali alfine di
trarne un piacere venereo (CEC 2352).

1.3. La realtà

E’ noto che l’autoerotismo, è molto diffuso, specialmente tra gli adolescenti e prima
della giovinezza. Secondo l’ormai famoso Rapporto Kinsey (E.U.A 1940), in
un’inchiesta condotta su circa 6000 individui il 92% degli uomini e il 62% delle donne
dichiarano di averne fatto esperienza. E questo fenomeno su da più nel maschio per la
sua maggiore eccedenza sessuale, perché il suo impulso sessuale è più “violento” c’è
una maggiore localizzazione dell’impulso sessuale. Questo fenomeno non ha delle
conseguenze mediche gravi, solo forse nei casi estremi.
1.4. Le cause

Qui va più riferito all’età dell’adolescenza, in cui si osserva un vivacissimo


processo di crescenza, che porta alla maturazione dell’intero organismo.

.3. Le cause naturali (sviluppo psico-somatico),


Capita di più negli adolescenti che desta profondi turbamenti e speso tensioni
laceranti. Il bisogno di conoscere e di rendersi ragione del mondo circostante e
soprattutto di ciò che avviene dentro di lui provoca nell’adolescente un interesse
particolare della propria vita sessuale. L’insorgere poi di sensazioni nuove delle zone
erogene e l’esigenza di consolidare nell’esperienza la propria appartenenza sessuale
ingenerano sentimenti ambivalenti di curiosità e di vergogna di piacere e di chiusura in
sé (narcisismo), manca maturazione in alterità e capacità di dono.

1.4.2. Le cause indotte


A ciò si aggiungano le difficoltà derivanti da fattori ambientali e da carenze
educative, si fa notare oppure dalla carenza affettiva nella infanzia e adolescenza. Le
carenza educativa sessuale (non solo informazione ma formazione) viene
principalmente dall’assenza di un ambiente familiare capace di assicurare un clima di
appoggio e di sicurezza, le difficoltà di socializzazione, i conflitti di colpevolezza, ecc.;
le pressioni ambientali, p. es. un ambiente erotizzato e “le occasioni” che si presentano
facilmente grazie all’ambiente che c’è da per tutto.

1.5. Giudizio etico

.4. Scrittura, Tradizione e Magistero

.4.1. Le culture antiche


L’autoerotismo come pratica e realtà umana è conosciuto da sempre. Era già
noto agli egiziani che ne davano un giudizio negativo. Esso risulta conosciuto e
praticato anche nel mondo greco-romano , dove dal punto di vista morale è
generalmente considerato con molta indifferenza. Non mancano però testimonianze che
ne d’ano una valutazione morale negativa. Una in particolare (si tratta di un epigramma
di Marziale) contiene un giudizio severissimo: la masturbazione è definita un “grande
crimine” contro l’ordine della natura e la dispersione del seme è equiparata alla
uccisione del seme.

.4.2. La Sacra Scrittura


Nel A.T e N.T non affronta espressamente il tema dell’autoerotismo. I testi come
Gn 38, 8-10 (Episodio di Onan), 1Cor. 1,6-10 (dove si condannano i malakoi) e altri
ancora, che in passato sono stati riferiti alla condanna dell’autoerotismo, in realtà non
sembrano avere a che fare con tale comportamento. Anche i testi neotestamentari (ad.
es. Ef. 5,3; Gal. 5,19; Col. 3,5), dove nel contesto dei cosiddetti cataloghi dei vizi si
condanna “l’impudicizia” e “l’impurità”. La Scrittura presenta infatti, insieme al
comandamento dell’amore, una visione dell’uomo e della sessualità nonché
l’esplicitazione di tutto un insieme di valori che possono servire di base ad un processo
di discernimento etico dei vari comportamenti sessuali.

.4.3. I Padri
Nel periodo patristico troviamo lo stesso silenzio che nella Scrittura. A volte
distinguono tra polluzioni involontarie e volontarie, ma tra queste ultime non
specificano quelle solitarie. Parlano pure dei toccamenti di emozioni o turbamenti
sessuali, sempre comunque nel contesto di una lussuria per così dire interpersonale.

.4.4. Il monachesimo
Il problema centrale in questo periodo è quello delle polluzioni notturne. E il
peccato in questo caso è visto non nella fornicazione non già esterna (dato lo stato di
segregazione dei monaci) bensì interna, non reale bensì immaginaria. Solo
responsabilità “in causa” su fantasie.

.4.5. I libri penitenziali (s. VI)


Si comincia a menzionare esplicitamente per prima volta il discorso
dell’autoerotismo. Le penne assegnate sono in genere molto inferiori rispetto a quelli di
altri peccati sessuali, anzi tendono a diventare sempre più miti; inoltre appaiono
diversificate: più severi per gli adulti che per gli adolescenti. Penne molto più severe
sono invece previste per l’autoerotismo femminile.

.4.6. La scolastica
Ricorrendo ad argomentazioni di tipo razionali, condannano l’autoerotismo
come un atto che va contro la generazione della vita umana (s. Tommaso, Contra gentes
III, 122), e contro la finalità assegnata da Dio del seme umano (S. Th. II-II, q. 153, 2-3,
ad. 1). L’autoerotismo è dichiarato gravemente illecito , perché è un atto “contro la
generazione della prole” e costituisce un “pericolo per la specie”, per riprendere le
espressioni più ricorrenti. Tale impostazione appare oggi destituita di fondamento, in
quanto legata a concezioni prescientifiche. Risale a un tempo in cui non si conosceva
l’ovulazione femminile e si attribuiva solo all’uomo maschio il mirabile effetto della
procreazione sicché il seme diventava qualcosa di sacro, da non sprecare
assolutamente.

.4.7. Dal rinascimento


In questo periodo sembra che si stato Gersone, teologo e filosofo francese del s.
XV, il primo a trattare la questione con l’atteggiamento non solo severo, ma anche
eccessivamente rigido che dopo si è generalizzato tra moralisti e educatori. Questo
atteggiamento estremamente negativo raggiunge il culmine nel corso de XVIII sec.,
quando si scatenava una vera campagna contro l’autoerotismo ritenuto responsabile di
innumerevoli malattie e disturbi. Promotori di questa campagna sono stati i medici
Becker e Tissot. Nei trattati di morali, con consenso unanime, si conferma il principio
generale che nell’autoerotismo la materia è oggettivamente sempre grave (peccato grave
ex toto genere suo).

.4.8. Nell’attualità
Nelle scienze umane, le cause complesse del problema, si da un
condizionamento della libertà del soggetto (le persone alle volte non attuano con piena
libertà). Si capisce come una fase dello sviluppo sessuale della persona (“quasi”
necessario). Fra i moralisti c’è una distinzione fra l’aspetto soggettivo e oggettivo
dell’atto, alcuni dicono che mai può essere un peccato grave, piuttosto è una fase di
crescita normale, perché in realtà non c’è un rifiuto della Opzione Fondamentale (solo
c’è peccato grave quando cambia l’opzione fondamentale verso Dio).

.4.9. Magistero
 Leone IX: dice che ci deve essere una esclusione delle ordine religiose per quelli che
peccano per lungo tempo.
 Innocenzo XI: peccato grave, per diritto naturale.
 Alessandro VI: questo peccato deve essere accusato nelle confessioni.
 Pio XII: è peccato grave.
 Congregazione per la Dottrina della fede: “Atti di per se disordinati, in quanto
contraddicono il vero significato della sessualità” (Persona umana n.9).
 Catechismo: solo riafferma quello che dice il documento di persona umana.

.5. Analisi sistematica

.5.1. Moralità oggettiva


Non al biologismo (perdere il seme: peso morale, ecc.). Il documento di Persona
umana n. 9 dice che è al di fuori di tutto significato umano della sessualità perché non
c’è un rapporto unitivo, ne procreativo, non è un dono matrimoniale. Ed anche troviamo
che va in direzione opposta al vero significato perché è una negazione dei veri
significati della sessualità, è solo la ricerca del piacere egoista, è un uso di un dono di
Dio contro il suo disegno e volere. Esistono dei pericoli nella pratica frequente come ad.
es. si vede il sesso solo come un piacere egoista, all’altro solo lo si vede come un
oggetto di piacere, nel matrimonio alla donna soltanto si usa come una “macchina da
masturbazione” perché c’è una completa immaturità e mancanza di autodominio. E
posiamo concludere che oggettivamente è di per se un disordine morale grave.

.5.2. Moralità soggettiva


E vediamo adesso delle condizioni perché possa essere considerato peccato
mortale: materia grave, la coscienza del soggetto e l’atto volontario cioè il volere di
farlo. Anche si devono analizzare i condizionamenti frequenti in questo campo che
posano diminuire la responsabilità morale. Anche fare una distinzione tra atto e
atteggiamento del soggetto.

.6. Alcune teorie attuali

.6.1. L’Opzione fondamentale


Dice che esiste solo peccato grave nel momento che il soggetto si mete
direttamente in contro Dio e questo non si da nella masturbazione, per tanto non è
peccato grave. L’analisi della teoria(Cf. Persona umana n. 10): Si veda la Teoria morale
fondamentale: moralità dell’atto. Qualsiasi atto cosciente che va contro l’opzione
fondamentale è veramente una offesa grave e diretta verso Dio.

.6.2. Fase naturale


In tanto, la naturalità qui non si riferisce a qualche cosa che corrisponda o meno
alla natura dell’essere umano alla sua sessualità ma, semplicemente al fatto che sorge
l’atto spontaneo. Ma tutto quello che è spontaneo non è sempre conforme alla natura.
Posizione della teoria, questi sono fenomeni necessari per la maturazione
affettiva verso l’alterità. Non può essere peccato oggettivo, l’immoralità verrebbe solo
se ci sarebbe una fissazione che porterebbe alla chiusura nel ragazzo, si deve dire al
ragazzo di non essere ossessionato con questa cosa perché ti può portare ad una chiusura
in te stesso.
L’analisi: La naturalità si riferisce al fatto, non alla moralità. Ci sono degli
elementi dei fenomeni che possiamo dire sono anche quelli naturali, quasi “necessari”
ma, non per questo ordinati, disordinati però. Perché è un atto di ribellione , una offesa
ai propri parenti alla propria madre, rifiuto, sopraffazione; sono atti propri della
adolescenza ma, non propri della realizzazione della persona come apertura agli altri,
accoglienza ecc.. Sono gli stessi adolescenti a percepire che qualche cosa no va e si
rendono conto che non è così normale. Se bisogna a valorizzare la capacità morale del
adolescente, non ridurlo a un nulla morale come se non fosse capace di capire, di volere
liberamente. Bisogna a aiutarle a vedere gli elementi negativi che magari sono naturali
nel senso spontaneo (pensando che quasi tutti passano attraverso questa fase) ma che di
per se sono negativi e la persona matura tanto in quanto riesce a superargli altrimenti si
fissa e viene la chiusura del ragazzo in se stesso. E l’atto in se stesso è già chiusura in se
stesso.

1.6. Orientamenti pastorali

Qui ci riferiremo soprattutto nel periodo della adolescenza. Non si può escludere
che questo problema capite nell’età adulta, ma qui ci riferiremmo alla adolescenza.

.7. Comprensione e chiarezza


Sono le due cose insieme. Ha una importanza grande saper accogliere questi
ragazzi, che si sentano dal sacerdote ben accolti, soprattutto perché loro si sentono
sconcertati, è una cosa che riguarda la loro intimità, non capiscono cosa sta succedendo
e hanno bisogno di qualcuno che li possa ascoltargli con calma. Si deve mostrare
comprensione e interesse verso la persona dell’adolescente.
D’altra parte è importante anche la chiarezza del giudizio etico oggettivo, o sia,
che abbiano le idee chiare riguardo al problema, si deve dare come supposto che quello
oggettivamente è un peccato e da qui partire per impostare tutte le riflessioni con molta
prudenza, senza offendere al ragazzo.
Molte volte bisogna aiutare a fare al ragazzo un giudizio dal punto di vista
soggettivo su come stanno le cose. Se il ragazzo lo confessa, si deve supporre il peccato,
e alle volte può darsi che non c’è neanche peccato perché lo ha fatto forse senza piena
coscienza o condizionato a farlo. Allora si può fare un analisi perché forse non c’è stato
veramente, questo in fondo lo sa solo Dio, neanche lo steso interessato. Dobbiamo
essere attenti agli scrupoli, in questo caso bisogna prima liberare alla persona dello
scrupolo. Anche se il ragazzo ha dei dubbi sulla volontarietà, se ha voluto o non ha
voluto perché era mezzo addormentato, ecc. Si deve invitare al ragazzo ad analizzare
bene questo caso perché lui si sente “l’autore” di quel atto, che lui sappia bene quando
lo ha fatto in maniera cosciente, quando lo ha voluto proprio lui quel atto di farlo.
Si deve aiutare al ragazzo a non solo vedere si ha saputo della cosa ma, anche se
ha saputo se era conscio del male morale che c’era, nel senso che si deve avere
coscienza non solo del fatto in se stesso ma anche della qualità, dell’entità morale di
quel fatto. Se il ragazzo dubita e domanda è importante aiutare al ragazzo a distinguere
e valutare bene le due dimensioni: l’oggettività e la soggettività dell’atto morale
(coscienza e volontà).
La gente tende molto alla oggettività, cioè, e pensa che le cose di per se sono
cattive. E altre volte sottolinea molto la soggettività, soprattutto oggi, che solo è questo
che conta. Dobbiamo mettere fiducia e semplicità nel ragazzo perché alle volte Dio solo
lo sa. Nel caso del dubbio positivo è meglio di dire al ragazzo che lo confessi perché
altrimenti può ferire molto la sua coscienza e creare una situazione di scrupoli. Se c’è il
dubbio negativo, se non è facile la confessione in quel momento e lui credere di non
aver peccato può fare la comunione, si persiste questo dubbio però, si deve esporlo
quando può, fuori confessione.
.8. Consigli vari
Conviene analizzare gli atteggiamenti e non solo gli atti: Spirituali, religiosi,
sociali e concretamente gli atteggiamenti nel campo della castità: p. es. ha il vizio di
vedere tutto e tutte o è una persona che gioca con la immaginazione. Conviene questo
perché nel periodo della adolescenza lo stesso atto può essere dovuto a una specie
d’impulso quasi irrefrenabile in cui non si rende conto, ecc. ed è un ragazzo che è
sensibile religiosamente, qui si può supporre che vuole vivere la castità e lui non ha
voluto farlo si può dire in questo caso che fu solo un incidente. E invece il contrario, è
chiuso in se stesso, siamo in caso che ha bisogno di un aiuto magari più continuato.
Al considerazione è non fissarsi tanto, esclusivamente in questo tipo di peccato,
a non fissare al ragazzo solo in questo peccato perché ci sono addirittura dei casi nei
quali quasi conviene far finta meglio di non aver sentito la confessione in questo punto.
Alle volte il ragazzo confessa questo ma confessa altre cose: di carità, disobbedienza,
ecc. ed è importante che non tralasciamo tutto il resto e non fissarsi solo a questo
peccato. Con questo atteggiamento noi stiamo creando in lui la fissazione.
Su deve dare anche motivazioni umane di fondo, si deve aiutare ad approfondire
un po’ la dimensione umana di quello che sta confessando. Spiegare il senso della
sessualità umana, il tema della maturazione e del autodominio. La prospettiva di un
futuro matrimonio, il rispetto di se, della propria corporeità. Non tanto un analisi della
moralità dell’atto che se bisogna fare ma, tanto ai motivi umani per i quali conviene fare
uno sforzo di superamento di questo che può convertirsi in un vizio.
Anche dare delle motivazioni spirituali, non solo umane, che alle volte
funzionano di più ma, serve moltissimo anche l’aiuto spirituale: p. es. presentare Cristo
come amico e dire di non offendere questo amico; i talenti, Gesù ti ha dato dei talenti
dei doni e uno di questi doni è la sessualità; anche la capacità della rinuncia, la croce,
offrire sacrifici essendo capaci di fare l’atto di amore a Dio vincendo la tentazione. Si
deve tentare con diversi tipi di motivazioni.
Altro consiglio tentare di infondere ottimismo, alle volte il ragazzo è molto
pessimista e sente che ormai non c’è niente da fare pensa che sempre andrà così. Per
primo bisogna prendere coscienza del problema ma anche convincere al ragazzo che si
può, che non è l’unico al mondo che ha questo problema. Invitare alla pazienza e alla
umiltà con se stesso e presentare le tentazione come occasioni di crescita. Perché capita
alle volte che non riusciamo ad immaginarci in un altra situazione diversa e si siamo
usciti non capiamo come mai noi eravamo in quella situazione.
Suggerire dei mezzi concreti, non rimanere solo nella teoria, nel astratto, p. es.
evitare la pornografia; essere molta attento nel momento iniziale della tentazione:
alzarsi, distrarsi, ecc.; suggerire anche la vita di preghiera; la donazione agli altri
rompere il narcisismo; fare sport, muoversi, darsi da fare, ecc.; e venire a confessarsi
quando vuole, mostrarsi disponibile. Questi sono consigli vari, esistono ancora molti
però per aiutare ai ragazzi a superare questo problema. Non dobbiamo avere paura ad
essere chiari, con prudenza certamente.

1.7. Appendice: Solipsismo clinico

Questo succede quando si ha bisogno di un campione di sperma per fare degli


analisi. A volte c’è questa necessità medica di ottenimento del seme, p. es. nei casi di
sterilità, quando la coppia non riesce ad avere un figlio oppure nei casi di infezioni per
vedere qual è il vero problema.
Ci sono diversi metodi disponibili, si può fare la iniezione dell’epididimo,
prelevare medicamente ai testicoli, la masturbazione, ecc.; ma il fatto è che alle volte è
conveniente anche la eiaculazione, non solo ottenere lo sperma attraverso una iniezione
perché, la eiaculazione è un processo che configura un composto del seme che se non è
ben fatto può essere la causa della sterilità, proprio per questo ai medici interessa di
osservare tutto il processo della eiaculazione. Normalmente nella pratica si fa attraverso
la masturbazione.
E poi questo crea dei problemi morali e psicologici, ci sono delle persone che
realmente non si sentono bene nel fare questo, sanno che è peccato; oppure dei problemi
psicologici, persone che rifiutano questo perché gli fa schifo, ecc.

.9. L’analisi morale del solipsismo clinico


Magistero: c’è un pronunciamento del Santo Ufficio (1929) che dice che anche
in questo caso si tratta di una masturbazione, anche quando è per fini medici; e poi Pio
XII (1953) lo menziona anche come pratica di masturbazione; e poi Persona Umana n.
9, dice: “Intrinsice graviterque inordinatum” (intrinsecamente disordinato grave).
Riflessione: Ci sono alcuni autori che dicono che qui non si tratta di un atto di
“autoerotismo”, nel senso stretto del termine. C’è un altra cosa riguardo a questo: La
esperienza, si costata in chi fa questo che realizza veramente una esperienza soggettiva
psicologica e morale di questo tipo, anche se lui non lo fa per ottenere un piacere
venereo di fatto sperimenta la stessa realtà umana di chi lo fa proprio in questo senso,
avviene questo e non lo si può trascurare perché c’è questo autoestimolarsi per ottenere
il piacere venereo. Si può accettare dal punto di vista morale che non è la stessa cosa,
ma si deve riconoscere che si da una automasturbazione vera e propria, e non è del tutto
separato del atto di autoerotismo.

.10. Ricerca delle alternative


La puntura dell’epididimo, è una piccola iniezione che fa il medico
nell’epididimo per estrarre lo sperma questo è che solo alle volte può essere utilizzato,
non sempre perché dipende del tipo dello studio a realizzare. Se si tratta di sposi si può
avere dei rapporti e prelevare i seme dal quel rapporto e portarlo dal medico. C’è anche
il vibratore, un esperimento che si stava facendo ai Gemelli; perché c’erano delle
persone che non riuscivano a fare la masturbazione e si è deciso di creare questo
apparecchio che è collegato a una batteria che viene collocato sotto il glande (la punta
del pene), vibra pochissimo e produce la eiaculazione in quasi tutti i casi senza
l’orgasmo, è una stimolazione solo fisica, sufficiente per la eiaculazione e non per la
eccitazione. Questo è stata solo una sperimentazione perché il campione è stato molto
ridotto e non si può dire con certezza ancora della efficacia dell’apparecchio.

2. CONCETTO DI BIOETICA

2.1. Introduzione
Alle volte molta gente ha un concetto sbagliato di Bioetica ed è necessario chiarire
bene il concetto perché addirittura ci sono delle persone diciamo con certi studi e non
sano veramente a che cosa si riferisce esattamente la Bioetica. Mettono in relazione la
bioetica insieme alla genetica e deducono che la bioetica è la manipolazione de la vita.
Di solito viene applicato il termine alla riproduzione assistita, alla riproduzione in vitro
perché molte volte si parla della bioetica in relazione con questi temi e molti
identificano il termine e confondono bioetica con gli altri vicende.
Allora, posiamo dire che la bioetica (=b.) è una riflessione morale sulla vita, su tutto
quello che riguarda alla vita. Bios = vita; etos = lo studio del comportamento umano. E
allora sarebbe lo studio del comportamento umano riguardo alla vita.
I problemi più comuni da affrontare nel campo della b.: Aborto, eutanasia,
fecondazione in vitro, manipolazione genetica, clonazione, trapianti di organi, oppure
quello che riguarda alla ecologia, quello che riguarda all’etica della sperimentazione con
la gente senza dirgli niente che si sta sperimentando con loro, anche quello che riguarda
al rapporto tra paziente e medico, la destinazione delle risorse sanitarie, ecc. Noi
andremo solo ai punti essenziali per noi in quanto pastori vedendo l’aspetto scientifico e
tecnico e poi un analisi razionale vedendo anche il Magistero per avere una visione etica
d’insieme.

2.2. Divisione della Bioetica

 Bioetica Generale: Considera i fondamenti, la storia della stessa bioetica, modelli di


bioetica, correnti, ecc.
 Bioetica speciale: I temi specifici analizzati dalla bioetica.
 Bioetica clinica: L’analisi già dei casi clinici, riguardo a che possono fare riguardo a
un caso speciale. E questo in due sensi: Una è la b. fata nel luogo, nel centro di
sperimentazione, nelle cliniche e ospedale; l’altra è con dei casi artificiali che
possono essere dei casi veri, storici oppure immaginati per tentare attraverso
l’analisi del caso, più o meno reale, far emergere dei principi che possano illuminare
altri casi.

3. STORIA DELLA BIOETICA


3.1. La tradizione Ippocratica

.11. Cultura classica


Riflessione filosofica-etica nel campo della medicina: Soprattutto quella greco-
latina. Evidentemente non è la biomedicina attuale però, ci sono delle tradizione, delle
scuole, dei documenti, degli scritti, delle polemiche tra i medici, ecc.; e in questa
tradizione c’è la riflessione filosofica. Per esempio: “Il miglior medico è anche il
miglior filosofo”(frase di un libro di medicina al tempo di Galeno s. IV-V p.C.).
Il Giuramento di Ippocrate:
“Giuro per Apollo medico, per Scolapio, Hygia e per Panacea, giuro per tutti
gli dei, per tutte le dee di compiere fedelmente secondo il mio leale sapere ed intendere,
questo giuramento ed impegno venerare come mio padre chi mi ha insegnato questo
arte curare della sua vita, assisterlo nei suoi bisogni, considerare i suoi figli come se
fossero i miei fratelli, insegnargli questo arte gratuitamente se vogliono studiarlo,
comunicare i precetti volgari e l’insegnamenti segreti e tutto della dottrina ai miei figli e
ai figli del mio maestro e a tutti gli alunni matricolati secondo la tradizione, e a nessuno
in più.
In quanto io saprò, userò delle regole dietetiche per il profitto dei malati e
allontanerò da loro ogni male e maleficio. Mai darò a nessuno un medicamento
mortale anche se si mi viene richiesto ne amministrerò nessun abortivo a nessuna
donna.
Conserverò pura e sana la mia vita e la mia arte, non taglierò calcoli ma, lo
lascerò ai chirurgi. In quante case entrerò lo farò per il bene dei malati appartandomi
da ogni ingiustizia volontaria e di ogni corruzione e principalmente di ogni commercio
vergognoso con uomini e donne di liberi e schiavi.
Tutto ciò che vedessi e sentissi nel officio della mia professione, tutto ciò che
saprò della vita di qualcuno, se è cosa che non deve essere divulgata tacerò e lo terrò
come segreto inviolabile. Se trasgredisco questo giuramento me avvenga il contrario ”.

Riflette un po’ una professione che ha abbastanza coscienza del senso stesso
della professione e anche riflette una serie di contenuti che sono saldamente affermati:
No all’aborto, no all’eutanasia, fare sempre il bene del paziente, ecc.
Ha molto determinato tutta la questione etica della medicina da quel momento
fino ad oggi, fondendosi poi con la corrente della riflessione cristiana. Testo molto
conosciuto proveniente dal 560-370 p.C. circa, viene assegnato a Ipocrate anche se non
si sa se è esattamente lui o sotto all’interno della scuola ippocratica. E bisogna dire che
ha avuto un grande influsso in tutta la tradizione occidentale, soprattutto di guida nei
comportamenti dei medici. Un giuramento che si è ripetuto durante i secoli, cioè, i
medici alla fine della loro carriera hanno fato sempre il giuramento di Ipocrate come per
assumere la loro coscienza di quall’è la loro missione davanti alla società. Ci sono poi
delle versione aggiornate, per esempio il Collegio dei medici italiani ha fatto
recentemente una nuova versione aggiornata, ha cambiato un po’ il linguaggio che è
evidentemente arcaico, e aggiornando anche le tematiche, perché lì si parla dei problemi
che oggi non ci sono affatto. Anche c’è una polemica attuale in torno a questo
giuramento nel senso che per molti continua essere un riferimento, una guida, tradizione
valida ancora oggi; per altri bisogna lasciar perdere questo giuramento ippocratico
perché è contrario all’aborto, eutanasia di modo esplicito e molti lo considerano come
una tradizione solo del passato. C’è anche l’inversione di questo giuramento, fanno una
nuova versione del giuramento ippocratico p. es. “Prometto di non dare un veleno
mortale a meno che non mi venga richiesto dalla persona col suo consenso”; e così si
introduce l’eutanasia.
3.2. La tradizione cristiana

.12. Elementi fecondanti:


Sono dei semi che lo stesso Gesù getta lì, e che poco a poco daranno dei frutti in
tutta la pratica e la riflessione, a proposito del comportamento del medico con i pazienti,
ecc. La visione di unità e uguaglianza di tutti gli uomini, ogni essere umano è figlio di
Dio, creato da Dio, redento da Cristo (Gal 3,28). Siamo tutti uno in Cristo, questa
visione radicale della dignità che spetta ad ogni essere umano per il fatto di essere un
essere umano.
La carità disinteressata, come novità portata da Cristo; l’amore disinteressato
anche verso il nemico, quanto più a una persona che magari è anticapata, malata e
abbandonata.
Il concetto di persona, che nasce dalla riflessione teologica cristiana del secolo
IV a proposito delle riflessioni cristologiche.
La visione dell’unione dello spirito e corpo, che è una nozione biblica e poi apportata
nella nostra cultura dal cristianesimo. La totalità di tutta la persona a partire dalla
creazione, dove Dio crea all’uomo spirito e corpo allo stesso tempo; e dalla redenzione
che è la redenzione anche del corpo, Cristo che risuscita corporeamente e in questo
abbiamo noi la promessa. Sacralità della vita, in quanto creato, donato da Dio, per qui
va rispettato sempre. La medicina come “diaconia”, la figura di Cristo medico dal
punto di vista fisico e soprattutto dal punto di vista spirituale (Cristo modello del
medico).

.13. Pratica secolare:


Possiamo dire che durante diciassette secoli dalla nascita del cristianesimo fino
alla Rivoluzione Francese, essa è stata a carico dell’assistenza sanitaria. La nascita degli
ospedali sono questi case di accoglienza per i ammalati è nata all’interno della pratica
della Chiesa (monaci, sacerdoti, vescovi); ma dobbiamo dire che ancora oggi la Chiesa
è “la maggiore agenzia sanitaria del mondo” come molti gli chiamano.

.14. Riflessione teologica:


Allora, acanto a la pratica che la Chiesa fa, c’è anche una riflessione, non solo si
fa medicina ma anche si riflette su questo, e qui nasce la tradizione teoretica sulla
medicina che poi in qualche modo arriverà alla nascita della bioetica.
Teologia morale, riflessione teoretica sul comportamento umano, i trattati medioevali e
rinascimentali, p. es. il trattato “De iustitia” (comportamento del malato, del medico,
ecc.); oppure, veniva considerato all’interno nel trattato sul Quinto Comandamento
(Non uccidere: non fare l’aborto, ecc.). E dunque c’è stata una riflessione che oggi
possiamo dire che era bioetica, solo che non si chiamava così, non aveva la stessa
metodologia, non è che appena dal 1970 si è cominciato a riflettere sulla medicina, c’era
già quella tradizione. La morale medica, nasce dopo questa riflessione, e tratta su ciò
che la Rivelazione apporta, una riflessione a partire dalla legge naturale con la ragione e
la medicina; una interazione fra questi tre. E si sviluppano una serie di manuali di
morale medica, di solito all’interno della teologia morale. Oggi praticamente sta
sparendo questa morale.
Il contenuto del Magistero, soprattutto a partire da Pio XII che ha parlato in
occasione dei crimini nazisti, sperimentazioni che facevano, ecc.; e poi a proposito di
alcune ambiguità si cominciavano a sentire se come a giustificare il progresso della
scienza medica manipolando la persona dicendo per il progresso della scienza. Ci sono
dei documenti importanti, attuali su problemi vari della b. (aborto, eutanasia, ecc.).
3.3. Sviluppo dei diritti umani

.15. Dopo la seconda guerra mondale


Per quanto interessa al nostro tema, è un elemento nuovo che porterà alla nascita
della b. in modo imminente. Processo di Nüremberg: Formato dai giudici dei paesi
vincitori, influito dalla presa di coscienza che bisogna regolare anche nell’ambito della
medicina. Processano delle persone, medici per quello che hanno fatto, p. es. hanno
fatto sperimenti con delle persone gemelli per purificare la razza, anche il tentativo di
vedere il corpo umano quanto resiste in acqua fredda per provare quanto tempo
sopportava con vita, ecc. Sono stati condannati queste persone che lo facevano come
“professione” però commettendo delle aberrazioni, secondo loro obbedivano i comandi,
sono stati messe a giudizio dalla gente perché sono state azioni direttamente contro il
bene della umanità e dunque non basta che ci sia un comando perché questo sia
accettato. Condannati in base alla legge naturale.
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948): Nasce dalla presa di
coscienza del fatto che bisogna stabilire alcuni principi e diritti che tutti quanti ci
debbono impegnare a rispettare in funzione di quello che è l’essere umano nella
convivenza sociale: Diritto alla vita, matrimonio, salute, ecc.
Trattati di Roma, (1950): dove ci fu la convenzione sulla salvaguardia dei diritti
dell’uomo e le libertà fondamentali. Applicazione soprattutto all’Europa perché qui
comincia a prospettarsi l’unità europea che tenta di concretizzare i diritti umani facendo
questa convenzione. Da quel momento in poi sorgono dei Codici, Dichiarazioni,
Convenzioni, Carte..., tutto nel senso del rispetto dei diritti dell’uomo, è una novità
riguardo al tempo nel quale si viveva.
Codice di etica medica (Ginevra 1949; “Giuramento di Ginevra”): è abbastanza
simile a quello di Ipocrate nello spirito e anche in alcuni punti concreti: I diritti dei
malati, debbono essere rispettati e difesi dai medici a da ogni struttura, questo solo nel
campo della medicina.
Raccomandazioni del Consiglio d’Europa, é lo steso, per proteggere i diritti dei malati
di fronte alla medicina.

.16. Bisogno di fondamento


In tutto questo movimento vediamo sorgere delle convenzioni, dei diritti, ecc.
ma senza un fondamento, anzi esplicitamente questo è stato lasciato da parte nel
momento di redigere la proclamazione dei diritti universale dell’uomo perché
formavano parte di questa commissione dei musulmani, degli ebrei, dei cristiani, atei,
persone di diverse culture, ecc. e hanno discusso molto cercando dei fondamenti, non
sapevano se seguire il Corano o la Bibbia, oppure la ragione o tutte le fonte, ecc., non
sapevano quale fondamento scegliere per i diritti universali dell’uomo; e hanno detto di
lasciare da parte questo e si hanno messo d’accordo solo ai diritti con la base si una
intessa pratica. E così hanno fatto, ma col passare del tempo si sentiva il bisogno di
fondare questo su una riflessione teoretica p. es. antropologica, sociale, ecc.; e appunto
per tutte queste confusioni sorge la Bioetica.

3.4. Nascita della Bioetica

Ci sono queste correnti che confluiscono, e c’è un momento nel quale sorge in odo
prepotente questa nuova disciplina che all’inizio sorge in modo ambiguo che non se
sapeva si era veramente una nuova disciplina.
.17. Fattori per la nascita
L’allarme medico, siamo allo anni 60’ è passata la Seconda Guerra Mondiale
con tutte le sue atrocità, tra queste compiute anche da parte dai medici. E si era detto
che questo non succederà mai più. Sono stati condannati i colpevoli in funzione della
legge naturale. Passano venti anni, e in un paese come Gli Stati Uniti (“paese della
libertà”) emergono dei casi che fanno rabbrividire la gente, ed ha scosso l’opinione
pubblica proprio nel campo della medicina p. es. una clinica dove si fanno sperimenti
medici con questi anziani; anche con dei bambini handicappato mentali che vengono
utilizzati per sperimenti.
L’allarme bioecologico, la paura alla bomba atomica, all’energia nucleare che ha
dimostrato la sua potenza nella Seconda Guerra Mondiale; anche paura alle bombe
biologiche, la possibilità di giocare con dei virus; e poi l’ecologia, è nata una grande
preoccupazione per l’ambiente e per la responsabilità delle generazioni future.
Primi tentativi di regolazione, da parte dai governi nasce l’interesse di studiare
bene la medicina quale deve essere il comportamento da parte dei pazienti e allora sorge
in questo ambiente e con questo senso di protezione dagli adulti e di tutti l’indirizzo
della potenzialità della biomedicina nasce la Bioetica.

.18. Nascita (1970)


Concretamente viene datata con un libro di V. R. Potter: “Bioethics, bridge to
the future” il quale crea il termine di Bioetica. Prima scrive un articolo nel quale si parla
di Bioethics allora lui dice: Riflessione etica intorno alla vita. L’idea di questo libro è
che bisogna di creare un ponte tra la scienza e la riflessione umanistica diciamo nella
quale concreta l’etica. Lui si riferisce alle scienze biomediche (biomedicina: la medicina
in base agli studi biologici). Perché ognuna delle scienze va per conto suo, solo scienza,
risultati, applicazione tecniche ma con molte ambiguità (sfruttamento, abusi, ecc.) e da
una altra parte va la riflessione etica, non si incontrano, bisogna che noi stabiliamo un
ponte tra i due e questo è la Bioethics necessario per difendere i diritti dei malati. Nasce
come un arma difensiva, per mettere dei limiti ben fondati eticamente però. Poi si è
convertita in una scienza più positiva ma il senso originale è quello.
Il termine ha avuto una grande fortuna, è stato subito ripreso da molti ma in diversi
sensi. C’è stata veramente una vera e propria esplosione del movimento di bioetica,
movimento nel senso che ancora si sapeva cosa era questa bioetica. E poco a poco, e
con delle polemiche, si va costituendo o configurando la b. come una disciplina
accademica e vengono creati centri di b. per lo studio nelle università, ha guadagnato
terreno come disciplina nel insegnamento della medicina.

3.5. Sviluppo della Bioetica

.19. I primi Centri di Bioetica


Nel 1971: “Istitute of Society, Ethics and the life siences”, in Hastings, N.Y.
(“Hastings Center”). Nello stesso anno viene creato il “Kennedy Istitute of Ethics”
All’Università di Georgetown dei gesuiti a Washington, nasce come gruppo di teologi e
medici e qualche filosofo per riflettere su questi problemi. Questi due sono i centri
pionieri di Bioetica.
Nel 1986: Ci sono più di cinquanta centri di questo genere solo negli Stati Uniti
e nel Canada. Questo fa vedere l’entità di questa esplosione. In altri paesi sono nati
anche, e il primo in Europa è stato il Istituto Borja di Barcelona fondato dal P. Francisco
Abel gesuita ginecologo. E il secondo è stato qui in Italia, il centro di Bioetica
dell’Università Cattolica fondato da Monsignore Sgreccia.
.20. I comitati di Bioetica
Divisi in tre livelli : Locali, Nazionali e Internazionali.
Locali, quelli che operano all’interno di una struttura concreta, istituti di ricerca
e ospedali concretamente. Un gruppo di esperti preparati in etica che tentano di
riflettere dal punto di visto etico sui problemi che si presentano nella loro struttura.
Negli USA sono nati i primi nel 1970 insieme ai primi istituti di b. di cui abbiamo
parlato; nel 1984 c’erano più di 3000 comitati di etica. E questo si va diffondendo
ampiamente in tutto il mondo fino al punto che in alcuni paesi si è obbligato per legge a
che ogni struttura ospedaliera abbia un suo comitato di etica. Lo scopo di questi comitati
è l’analisi interdisciplinare dei protocolli di ricerca e la soluzione dei casi clinici, cioè,
quando si esperimenta con la somatostatina si crea un protocollo che rispetti la persona
umana e richiede il consenso assicurato, ecc. e si studia il protocollo per vedere se è
eticamente corretto per rispettare la persona alla quale si applica il medicamento; anche
nei casi clinici, quando si vuole sapere che fare se il paziente vuole morire che chiede
che gli tolgano il respiratore. L’idea è sapere che fare in questi casi che alle volte
nemmeno i medici sanno che fare. E si chiede al comitato di analizzare la cosa ma è il
medico che sempre deciderà su “x” caso ascoltando prima al comitato.
Nazionali, c’è il “President Comission” (USA) per la ricerca etica su questi
problemi, non ha una vita necessariamente definitiva, può essere creata in un momento
dato per una determinata durata, creata per “illuminare” il presidente. Anche c’è il
“Wornock Commitee” (Inghilterra, fine anni 80’), creato dal governo per illuminare il
Parlamento, è un comitato ristretto a un tema e con una durata determinata per studiare
concretamente la liceità della sperimentazioni sui embrioni umani. Altro esempio: “La
Commissione Bende” (Germania). Altro è il “Comite d’Ethique National Consultatif”
(Francia) è un comitato di esperti permanente ha delle riunione periodiche, crea dei
documenti, ecc. anche per illuminare il Parlamento e fa pubblici i documenti che
prepara però. Altro è “Il Comitato Nazionale per la Bioetica” (Italia) anche qui sono
degli esperti: medici, filosofi, ecc. è di carattere permanente e fa i documenti pubblici.
“La Comisión Palacios” (Spagna). “La Comisión Nacional de Bioética” (México). Il
Problema che sorge alle volte in questi comitati è la pluralità per le grande diverse idee
che esistono fra gli integranti, quando non si mettono d’accordo su certo tema, ecc.
Internazionali, p. es. c’è il “Comite ad hoc d’experts sur le progrés de sciences
biomedicale” (Consiglio d’Europa), comitato di esperti per studiare il progresso delle
scienze biomediche creato dal Consiglio d’Europa, organo di studio di analisi
dipendente da questo consiglio. E recentemente è nato il “Comitato internazionale per
la Bioetica” (UNESCO). Come negli altri comitati anche qui ci sono dei problemi ma
diversi, p. es. uno è chi nomina i membri, i presidenti di questi comitati è molto indiretta
la relazioni tra queste istanze e la realtà di una popolazione.

4. I MODELLI ATTUALI DI BIOETICA

4.1. Modello sociobiologico

Questo modello è una visione del mondo nella quale tutto ha una base biologica e
sociale. La società è configurata secondo modelli biologici. E riguardo all’entità che ha
oggi nella bioetica è un modello abbastanza ristretto, nel senso che sono pochi autori
che presentano questo sia in genere sia anche nel campo della bioetica, però formano
una specie di scuola, e alcuni di questi elementi filtrano nella cultura popolare.
.21. Le correnti che confluiscono sono:
Evoluzionismo, (de tipo darwiniano), tutto evolve dalla prima molecola vitale
iniziale fino all’uomo, e sempre per cambiamento casuali e poi selezione naturale è
dunque un movimento cieco non orientato di crescita, di maggiore complessità maggior
perfezione nel modo dei viventi.
Sociologismo (M. Weber), la comprensione della società quasi come un ente
suo.
Sociobiologismo (E.O. Wilson), visione della società come si fosse un insieme
di elementi biologici, si comporta con le stessi leggi del mondo biologico, p. es.
selezione naturale, mutamenti, ecc.

.22. La descrizione di questa corrente


Ha una visione naturalistica della vita dell’uomo, significa che l’unica
spiegazione della realtà uomo è di tipo casuale di tipo materiale sono eventi che
succedono che hanno portato nella evoluzione del tempo della comparsa dell’uomo,
tutto spiegabile in modo naturalistico senza nessun riferimento a una forza trascendente.
Evoluzione della società, tutta la società viene spiegata attraverso il meccanismo
della evoluzione. Non solo la specie umana è comparsa per evoluzione ma anche la
società.
La cultura come elaborazione della evoluzione, la cultura ha lo scopo principale
di favorire l’interiore evoluzione della società, in tanto seguirla, perché società evolve
allora la cultura non si può fermare deve andare avanti ma deve anche favorirla, favorire
il movimento evolutivo che è movimento di progresso.
Relativismo etico, è conseguenza di quella anteriore, non ci sono o non ci
possono essere dei valori o delle norme permanenti perché tutto evolve.
Descrizione di etica, è una delle norme etiche all’interno di una società. E non
solo descrive ma deve favorire l’evoluzione, cioè, un etica che si fermi al passato con
dei principi rigidi, universali, assoluti è un etica che ostacola l’evoluzione. L’etica
piuttosto deve favorire l’ulteriore evoluzione della società.

.23. Applicazioni
Una è di dare uguale valore di tutte le opzioni culturali e morali si tratta
semplicemente di evoluzione, quello che in una epoca era buono oggi no lo è, quello
che oggi lo è un giorno non lo sarà più, insomma, ognuno ha le sue proprie norme.
Ma gli autori di questo modello credono che la bioetica deve favorire “l’adattamento” e
“la selezione” dell’uomo, che deve giustificare le norme esistenti in un momento dato p.
es., se adesso la società è favorevole all’aborto l’etica deve giustificare questo. Anche
c’è la giustificazione dell’eugenismo, cioè, il miglioramento della specie umana. Se
finora lo aveva fatto le forze della natura adesso si deve dare all’uomo con l’etica di
favorire questo con l’ingegneria genetica selettiva migliorativa o alterativa per il
miglioramento dell’evoluzione dell’uomo.

.24. Critica
Certo che l’uomo è storico, evolve dal punto di vista culturale, morale, ecc. però
forse possiamo dire che c’è anche una natura che è sempre quella: la natura umana. In
fondo la natura umana non è che abbia cambiato moltissimo, l’uomo è lo stesso,
cambia l’ambiente, ecc. però sempre l’uomo ha una stessa natura che lo fa distinguere di
tutto. Sempre ci sarà una oggettività morale, saranno dei mali di ieri e di sempre p.
abusare di un bambino. E poi possiamo fare una “redutio ad absurdum” in quanto
riguarda a questa posizione perché se siamo coerenti dobbiamo concludere che non c’è
mai nessun delitto che potrebbe essere condonato in modo chiaro, si può sempre dire chi
si tratta di una espressione di un momento evolutivo.

4.2. Modello liberal-radicale

Modello più ampio che è molto traversale, cioè, è difficile trovare in gruppo, una
scuola, un autore che presenta proprio questo. Quasi è più una mentalità molto diffusa
che troviamo poi in molti autori, elementi che sono presenti nella cultura odierna.

.25. Correnti confluenti


Neoilluminismo, la ragione è capace di capire e di chiarire tutto. Solo la ragione risolve
tutto.
Esistenzialismo, da una importanza preponderante alla libertà, noi siamo prima
esistenza che non essenza, noi facciamo noi stessi attraverso le nostre azioni libere.
Neopositivismo, solo esiste ciò che può essere dimostrato, misurato attraverso le scienze
empiriche.

.26. Descrizione
C’è qui la negazione di valori oggettivi e trascendenti, conta soprattutto la
soggettività, sono io con la mia ragione e la mia libertà che devo capire e decidere tutto,
uno stesso è che si da i propri valori e tutto vale perché lo decido io. Tutta questa
visione porta al relativismo e al soggettivismo. E si vede qui la tendenza alla
assolutizzazione della libertà soggettiva e questo è il criterio etico, questo porta a una
autonomia decisionale del soggetto, e noi altri dobbiamo rispettare le sue decisioni.
L’unico limite che si può mettere è quello della libertà dell’altro, e allora bisogna che la
società stabilisca delle norme di comportamento affinché ognuno sia costretto a
rispettare la libertà dell’altro, questo in tanto che l’altro è libero e possa esprimere la
propria libertà.

.27. Applicazioni
Libertà e autonomia in: Aborto, il feto non è libero ancora e non posso rispettare
la sua libertà che non c’è, ed è la donna ad avere il diritto indiscutibile, che ognuno deve
rispettare, di decidere di eliminarlo se vuole. Lo stesso per quanto riguarda alla
eutanasia, qui il criterio sarebbe la libera autonomia espressa da parte del paziente e
viene allora il problema con gli handicappati, quelli che hanno la tendenza al suicidio
che non si sa veramente se c’è una vera e propria libertà in questi persone perché non
hanno una completa capacità di autodominio. Oppure la scelta del sesso, se lui può
essere “lei” è problema suo, anche la scelta del sesso nel nascituro da parte dei genitori.

.28. Critica
Non è il fatto di agire liberamente che costituisce il bene dell’atto, altrimenti poi,
non si dovrebbe mai parlare di bene o di male, sempre l’agire umano sarebbe bene. C’è
una visione falsificata della libertà: un vuoto di contenuti, non essere condizionati da...,
come se la libertà non avesse sempre un contenuto; perché la libertà non esiste, esiste la
facoltà di volere liberamente, la libertà è solo una caratteristica della volontà.
Altro problema è che molte volte si contrappone la libertà al rispetto della vita p. es.
l’aborto: autonomia della donna che porta alla decisione corretta di eliminare il proprio
bambino. Ma è chiaro che c’è un valore precedente nella vita riguardo alla libertà è
condizione sine qua non, se non c’è vita non c’è neanche libertà.
C’è anche un mancanza di fondamentazione in tutto questo discorso: Perché rispettare la
libertà altrui?, E perché gli debbono rispettare la mia libertà?, In funzione di che cosa?,
perché la libertà in quanto tale è una qualità soltanto del volere, deve essere fondato sul
valore della persona, è la persona che conta prima di tutto.
In questo modello quasi automaticamente c’è la esclusione di chi non può optare di chi
non può esprimere la sua libertà (embrione, feto, handicappati, una persona in coma. E
per alcuni autori questi sono esempi di individui umani che non sono persona).

4.3. Modello pragmatico-utilitarista

Il modello più importante lo troviamo più sistematicamente nella bioetica e


dobbiamo articolarlo in delle subspecie perché e un modello che riprende una grande
vetta della bioetica attuale, soprattutto nel mondo anglosassone, e già con molta forza
nei nostri paesi.

.29. Correnti affluenti


Pragmatismo anglosassone, contano solo i risultati.
Utilitarismo, (Hume) e poi il Neoutilitarismo (Banthan, Stuart, Mill), qui bisogna dire
in modo di favorire il massimo beneficio che c’è per la maggior parte della popolazione,
il maggior beneficio per il maggior numero.
Giuridicismo attuale, una mentalità secondo la quale tutto deve essere risolto da istanze
giuridiche leggi, sentenze, ecc.; e molte volte questo livello risolve sull’aspetto etico dei
problemi. Quello che dica la legge sempre sarà un bene, c’è questa mentalità oggi,
diffusa e sistematicamente pensata e proposta come tale. Oggi culturalmente si è rotta la
struttura di solidarietà, di dialogo, di apertura all’altro, c’è solo la affermazione
dell’individualismo esasperato in cui ci troviamo oggi e ognuno ha i sui diritti e si c’è
qualche problema si deve andare a risolvere il problema da una istanza superiore che
deve risolvere i nostri problemi (giudici, legge, ecc.); si crea una specie di triangolo:
uomo-giustizia-uomo.

.30. Descrizione
C’è un scetticismo epistemologico e/o etico, anzi piuttosto etico. Visione della
verità come qualche cosa di relativa, non si può conoscere, non esiste, ognuno ne ha la
sua, oppure sempre cambia. Solo si possono formulare delle domande, mai si trovano
delle risposte. E questo ricade nella bioetica, perché mai si troveranno delle verità.
Rifiuto della oggettività e l’universalità dei valori, non ci sono valori e norme universali
e oggettivi.
Però è necessario fare ricorso a una regolamentazione pragmatica della società,
viviamo in una società pluralista, ognuno ha le proprie tendenze, e noi dobbiamo
convivere e per questo dobbiamo pragmaticamente fare ricorso a una regolamentazione
alla quale solo ci atteniamo.
Ecco perché in questo modello la ricerca di una etica pubblica, ci sono le etiche morali
private e poi cerchiamo di stabilire una etica pubblica valida per tutti, stabilita in
funzioni di alcuni parametri.
Criteri di una etica pubblica: Il primo è che bisogna rispettare una autonomia.
Anche un criterio di tipo utilitaristico, bisogna vedere le conseguenze e analizzare
comparativamente dei nostri atti, p. es. della ricerca, aborto, eutanasia. Ci sono delle
formule, perché molto pragmaticamente danno delle formule con le sigle (gli
americani):
 ABC: Analisi di costi/benefici di un intervento, una decisione legale e concludere
quale avrà il maggior numero di benefici per il maggior numero di persone, non
tanto per l’individuo ma per la società.
 ACE: Analisi dei costi/efficacia, quanto costa e quanto è l’efficacia della cosa, cioè,
funziona o non funziona per risolvere il problema medico.
 QALY: Quality-adjusted life years, questa è più sofisticata, no si tratta solo di
vedere la qualità di vita che ci sarà dopo l’intervento, ma la qualità di vita in
rapporto alla durata, gli anni che avrà “x” persona dopo qualche intervento
chirurgico. Sono questi criteri i che contano, i criteri dell’utilitarismo è la qualità di
vita.

Prendendo la qualità di vita come criterio, presentato così è un po’ duro perché
quando si analizzano dei casi c’è una specie di reazione umana nostra e allora ci sono
delle Regole di mitigazione di questa visione così dura, pragmatica, proposte da alcuni:
La regola del minimo etico (“utilitarismo normativo”), cioè, nel utilitarismo puro conta
la promozione del maggior beneficio per il maggior numero di persone in funzione della
qualità della vita. Allora alcuni autori dicono che bisogna stabilire un minimo etico, in
altre parole, si deve stabilire un minimo, da qui in giù non si può andare, e questo per
ogni tipo di problema: p. es. La fecondazione in vitro, non si deve distruggere gli
embrioni se non è necessario o non vendere gli embrioni, ecc.; questo è un minimo che
si stabilisce per consenso.
Altra regola è assicurare il minimo assistenziale, vale a dire, noi possiamo dare
o non dare, operare o non operare, ma sempre diamo il minimo assistenziale, p. es. una
persona che gli viene tolta la alimentazione perché muoia anzi tempo per accelerare la
sua morte si deve tenerlo in ospedale e non buttarlo fuori affinché gli diamo il minimo
assistenziale fino alla sua morte.
Poi le regole della equità, imparzialità e neutralità nelle decisioni, in altre
parole, non decidere di togliergli a uno la alimentazione perché è povero e all’altro
mantenersela perché e ricco, deve essere un comportamento equo, giusto e uguale per
tutti, ma alle volte non capita così (il caso della nona dei Kennedy).

.31. Alcune “scuole”


Il Contrattualismo, Il rappresentante tipico è H. T. Engelhardt, il quale ha scritto il
libro Fondation of biothics (Manuale di bioetica). E’ una specie di saggio che ripete
molto le stesse cose, è un tentativo di fondare la visione che lui stesso chiama
contrattualismo. La sua impostazione è che noi viviamo in una società pluralista nella
quale non ci sono dei valori universali validi per tutti. Esiste un politeismo etico, ogni
gruppo (religione) in pratica ha una sua visione delle cose della persona, dell’etica. E
non possiamo pensare di arrivare a una unica visione valida per tutti. Dunque, lui dice,
che l’unico modo per vivere nella tolleranza nella convivenza pacifica (per lui “bioetica
pacifica”) è quello della contrattazione sociale, perché dice ci potrebbero essere diversi
modi per arrivare a una modificazione:
1. Che un gruppo imponga agli altri i propri principi morali o valori. Ma questo
sarebbe contro la tolleranza, non sarebbe una bioetica pacifica.
2. Altro è quello di arrivare per incanto tutti a vedere le cose nello stesso modo. Questo
è un sogno semplicemente.
3. Altro è che qualcuno deve convincere agli altri, non deve imporre, e per convincere
deve farlo in base a una lettura della realtà, e lui concretamente qui analizza il
concetto di legge morale naturale. Quelli, dice, che propongono la legge morale
naturale come criterio di base per ogni essere umano pretendono che si possa
dedurre dei valori etici da una lettura di quello che è la persona umana, della natura
dell’uomo. Questo è un passo indebito però, perché applica la legge di Hume che
non si può passare dal “essere” al “dover essere” (dal “is” al “ought”: non si può
passare da una constatazione di come sono le cose a una constatazione di come
devono essere) p. es. se tutte le donne compiono al meno una volta l’aborto no per
questo l’aborto è lecito e neanche il contrario.
4. Il contratto, se non ci mettiamo stabiliamo dei contratti sociali, fatti dalla comunità
etica formate da individui che conoscono il bene e il male e quelli che non lo sano
farne rimangono esclusi dalla comunità etica.

Tutto questo perché lui insiste moltissimo nella tolleranza che passa attraverso del
principio della autonomia, vale a dire, che noi siamo tolleranti quando ognuno
rispettiamo la autonomia dell’altro, e solo noi così possiamo convivere in una società
tollerante e pacifica.
Il principismo, etica basata su alcuni principi molto chiari, molto netti...
Gli autori principali sono qui Beauchamp e Childress due americani che hanno scritto
un libro “Il principialismo”. Si tratta di una impostazione che è fatta da una
constatazione, ci vogliono alcuni principi fissi, fondamentali, ma non assoluti, cioè no
sempre assolutamente bisogna seguirli solo che di fatto normalmente bisogna seguirli,
bisogna vedere caso per caso. E questi sono concretamente:

 Il principio di benefficialità o beneficenza, si deve cercare di fare il bene al paziente.


 Il principio di non maleficenza, anche quando non si può magari fare del bene per lo
meno evitare di fare il male, non fare il male al paziente.
 De autonomia, bisogna rispettare i desideri, le decisioni autonome del paziente.
 De giustizia, bisogna trattare tutti di modo uguale, senza distinzione.

In questi principi sorgono dei problemi in quanto che si presenta in molti casi un
conflitto in alcuni dei quattro principi, p. es. tra il principio di benefficialità e quello di
autonomia: Il medico sa che ha “Tizio” gli conviene questo, ma lui non vuole accettare
il medicamento, allora, Quali dei due principi applico...?.
Ora, questi autori hanno rifiutato esplicitamente la convenienza della
fondamentazione oggettiva di questi principi, non si deve fondare nessuno dei principi
perché sarebbe controproducente, bisogna evitare tentare di fondarlo su qualche cosa p.
es. sulla visione dell’uomo, perché non c’è una visione universale dell’uomo. Bisogna
partire dai principi stessi. Neppure si deve cercare di fondare un gerarchia tra questi
principi, perché per loro sarebbe cercare di dare un fondamento. Nel loro libro
espongono questo e lo difendono tassativamente.
Etica formali dei beni, alcuni autori come D. Ross, con il suo libro The right and
the good; y D. Gracia con il suo libro Fundamentos de bioetica. L’idea qui è che ci
sono dei principi dei valori universali i quali però presentano solo una esigenza formale,
ed è quello che loro chiamano Deontologia prima facie, cioè, una deontologia in linea
di principio, in linea di massima, si cerca che sia niente di assoluto. Questa corrente si
riferisce molto ai principi già menzionati di Beauchamp, anche qui non sono degli
assoluti però. Deontologia prima facie, di per sé, (de deontos=dovere), si parla di codice
deontologici stipulato da una categoria professionale per regolare il comportamento
della categoria stessa dal punto di vista etico, ma sempre in linea di massima.
E in questo senso loro prospettano anche l’etica dei minimi etici, valori
universali che si impongono solo formalmente in prima facie e poi stabilire una etica dei
minimi che non dovrebbero essere mai in linea di massima.
.32. La critica
Rifiutano la fondazione e proprio per quello la giustificazione, non si giustifica
il perché di questi principi. Non è solo la assenza di fondazione, ma il rifiuto. E proprio
per questo siamo davanti a un relativismo etico molto chiaro. Perché in realtà c’è qui un
fenomeno di arbitrarietà intrinseca dei principi stessi in quanto che non si sa chi
giudica la qualità dalla vita p. es. in un mongoloide, un feto, un handicappato, chi è che
ne giudica la qualità di vita?. Alla fine uno decide evidentemente sull’altro per questo
vengono esclusi gli handicappati, bambini nati difettosi, ecc.
E poi in realtà quello che viene dopo è l’imposizione della maggioranza
(“dittatura democratica”), si decide questa famosa comunità etica che il feto può essere
eliminato prima dei tre mesi o l’embrione può essere utilizzato per la sperimentazione,
ecc., in altre parole, si decide completamente sulla vita degli altri.
Una cosa molto interessante è che ci sono molte autocontraddizioni in alcune di
queste posizione, p. es. Il caso di Engelhart, è chiarissimo leggendolo (secondo il P.
Miranda) che per lui ci sono alcuni principi assoluti, al meno uno que è quello della
tolleranza, perché lo imposta tutto in funzione della tolleranza, anzi lo dice
esplicitamente e considera che nella società pacifica dobbiamo tollerare il pensiero degli
altri. Ma poi, nega che ci deve essere una base comune valida per tutti e poi pretende
che tutti accettiamo una base comune, cioè la tolleranza.
Il realtà si da poi l’utilitarismo che è una disumanizzazione radicale, ossia, non
conta l’essere umano in quanto tale, nel suo valore intrinseco, quanto l’utilità di quello
che noi facciamo anche nei suoi confronti: “Il maggior piacere per il maggior numero di
persone”.
Riguardo a questo criterio si fa in funzione della bilancia dei costi e benefici.
Diciamo che questo criterio è del tutto corretto se però la valutazione costi/benefici si fa
su elementi omogenei, p. es. quale è il rischio di un intervento chirurgico e quale sono i
benefici. Si tratta dei rischio e beneficio riguardo nella stessa persona, ma non è lecito
moralmente quando questo bilancio si fa tra elementi disomogenei p. es. il costo
economico di una vita umana.

4.4. Modello personalista

Questo sarà la base, più avanti, delle nostre riflessioni per questo sarà un capitolo
indipendente. Sarà diviso in due parti: Presupposti e principi fondamentali. Bisogna
vedere tre presupposti senza i quali è inutile fare etica personalistica, se non si accettano
i tre è inutile andare avanti. Si deve conoscere in qualche modo la verità altrimenti non
vale a niente nessun tipo di ricerca scientifica.

.33. I presupposti per una etica fondata.


.33.1. Realismo epistemologico
Concetto: Occorre partire dal riconoscimento che si posa conoscere la verità,
vale a dire, la verità intesa come corrispondenza tra la mente e parola e l’essere reale
delle cose. Questo non vuol dire che si deva pretendere di “possedere” la verità e di
averla in modo assoluto, questo mai, sappiamo che siamo limitati, tutti abbiamo un
punto diverso di ogni cosa, non possiamo dire: “Questo è cosi” e trovare una definizione
assoluta della realtà, ma la scopriamo, sappiamo e non posiamo negare che esiste
qualcosa dalla quale si parte per fare ogni punto di vista, p. es. una città, ognuno può
dare il suo parere diverso di come è quella città, ma non per questo si può negare la
esistenza della città per le diversi presentazioni che se ne fanno.
Allora, ci sono alcuni che negano questo: Dal punto di vista del formalismo
(Cartesio, Kant, Hegel, Nietzsche, ecc.). Cartesio che viene a dire “cogito ergo sum”,
conta la soggettività della persona; poi Kant dice che in realtà non conosco il noumeno
solo il fenomeno; Hegel dice realtà è esplicitazione, espressione dell’idea stessa, quasi
la realtà dipende dall’idea; Nietzsche dice che non si può conoscere la verità. Questo
processo filosofico ha portato a una situazione di crescente acetissimo che si trova
molta gente attualmente, oppure il nihilismo attuale, il cosiddetto “pensiero debole”, in
altre parole, si può in qualche modo di fare delle affermazioni, ma mai pretendere di
avere ragione, di avere la verità.
Riguardo a questo possiamo fare almeno qualche tentativo di affermazione del
realismo epistemologico. Per primo utilizzando “la reductio ad absurdum” che già
utilizzavano i filosofi greci contro i sofisti. C’è una autocontraddizione nello stesso
parlare, e per parlare se bisogna farlo sui principi di non contraddizioni, perché nel
momento in cui neghiamo la possibilità di capire la verità stiamo negando la nostra
stessa affermazione. Con questo si arriva a un vicolo cieco che porterebbe al silenzio
perché come non si può affermare niente delle cose meglio rimanere zitto e non dire
niente. Dunque, si da la possibilità di conoscenza con tutti i li mite delle ragione, con la
poliedrità della verità che non ha mai un angolo si può vedere da diverse angolature
come un poliedro, e questo non significa che non si possa mai “attingere” al vero.

.33.2. Realismo etico


Concetto: Qui si riferisce a la convinzione della possibilità di dedurre l’etica
dalla conoscenza della realtà, cioè, possibilità di capire, di essere convinti che bisogna
fare non fare, che questo è bene o male, in funzione di una nostra comprensione della
realtà, della realtà della persona umana, della realtà dell’embrione, ecc.; e poi da questa
concezione dedurre eticamente il bene o il male da evitare secondo la realtà che io
abbia. E dunque la possibilità di scorrettezza di passare dal “essere” al “dover essere”
(Dal “is” al “ought”). Hume aveva ragione nel dire che non si può automaticamente
dedurre dai fatti i doveri, ossia, se tutti fanno così noi non possiamo dedurre che
dobbiamo comportarci così. Non è vero però, che non possiamo da una nostra
comprensione della persona umana dedurre come dobbiamo comportarci nei confronti
di questa realtà, di noi in quanto realtà umana che veramente si può. Soprattutto
partendo dall’essere dell’uomo, da una visione antropologica.
In quanto alla negazione abbiamo in primo luogo che nega il realismo etico a
partire dalla negazione del realismo epistemologico, cioè, chi nega che si può
conoscere la verità evidentemente deve negare che io possa sapere che cosa è bene e
male. Ci sono alcuni però, che negano quello che chiamano “il salto logico” (Hume),
ossia che non si può passare dal “is” al “ought”, da conoscere qualche verità e fare le
mie conclusioni. Molti autori attuali come Scarpelli negano che si posano conoscere
delle verità ed arrivare a delle conclusioni su qualche cosa.
Nelle affermazione, una cosa molto interessante è evidenziare la inetavilità di
fatto di fare quello che viene negato, anche chi lo nega in realtà deduce il suo giudizio
etico dalla propria comprensione della realtà, le riflessioni che fanno gli prendono
proprio dalla realtà anche sé poi lo negano. P. es. il caso di Engelhart nel suo libro dice
che in una società pluralistica come la nostra, non si da un solo sistema di valori,
dunque non posso imporre niente all’altro e rimane solo il consenso da parte della
comunità. Ma, in realtà nel suo libro afferma il contrario, un principio fondamentale
assoluto che lui stesso sostiene come tale: La tolleranza, valore assoluto e supremo che
tutti quanti devono rispettare, sul quale si deve basare tutto. In altre parole, lui nega che
ci sia un sistema di valore unico, valido per tutti e poi afferma un valore etico valido per
tutti. Nega che si possa passare dal “is” al “ought”, ma poi dice il contrario, perché lui
dice: Primo, che si bisogna rispettare sempre l’autonomia delle persone; secondo, dice
che non si può mai fare del male a un essere umano innocente; terzo, l’aborto è un
diritto indiscutibile in funzione della autonomia della donna (per lui il feto non è
persona, solo la donna). E sorge qui il problema di quale autonomia rispettare?.
Sorge anche il caso Scarpelli, il quale afferma che in etica non esistono delle
verità e che rimane solo il consenso, la possibilità di metterci d’accordo di decidere
quando vale la pena proteggere una vita umana. Questo perché lui basa tutto in funzione
della tolleranza, prende esplicitamente Kant che dice: “Non trattare nessuno come
mezzo, ma solo come fine”. E risulta controproducente questa affermazione perché sta
facendo quello che ha negato prima.
In funzione di tutto questo possiamo dire che quando noi parliamo di legge
morale naturale dobbiamo osservare che non si tratta della natura in senso biologico,
ma in senso metafisico: Il modo di essere, in quanto principio del agire della cosa.
L’uomo è una natura libera proprio perché ha una natura umana può capire che è libero.
Allora se va capito bene il senso di natura si deve intendere che la natura umana è
fisico-spirituale, include questi due componenti; e la dignità della persona passa
attraverso della dignità della natura, cioè, la natura umana si presenta a noi come
normativa in quanto è la natura della persona, devo rispettare la mia natura perché la
mia dignità mi chiede un rispetto proprio perché la mia natura lo esige. E dunque la vera
realizzazione personale si effettua nel rispetto del proprio modo di essere come anche
nel modo di essere del altro.

.33.3. Dimensione etica della scienza


La scienza è vero che è tutto un lavoro intellettuale, ma è vero che anche ha una
dimensione etica perché ne è fatta da uomini. Perché si possono fare dei ragionamenti
del bene o il male a proposito del comportamento dello scienziato. La affermazione è
che la scienza anche se scienza pura, solo in ricerca investigativa, ha una valenza etica.
E questo da la possibilità e anche magari il dovere di fare una analisi etica di quello che
fa il ricercatore o il medico, tanto più nelle scienze biomediche dove in fondo si va poi a
incidere sulla persona umana concreta.
La negazione di questo viene da dire che si deve rispettare la autonomia della
scienza con il suo proprio metodo di ricerca, si deve lasciare la scienza fare scienza in
modo del tutto autonomo, no si deve infiltrare niente nei movimenti che fa la scienza. Si
dice che non c’è una dimensione etica, viene detta una famosa frase: “I microscopi e i
telescopi non rivelano delle particole etiche” (Nozik), cioè nel macrocosmo la scienza
non può rivelare niente di etica. Certo che possiamo dire che la scienza non può fare
etica perché questa proprio non esiste, quello che esiste è appunto lo scienziato che in
quanto persona si deve porse l’interrogativo etico. In realtà c’è un problema qui di tipo
metodologico che è il cosi detto riduzionismo scientifico, nel senso che la scienza deve
ridurre il campo del suo lavoro solo al campo della ricerca scientifica, vale a dire, solo
ciò che è misurabile (fisica, biologia, ecc.). Perché il problema viene quando si dice che
esiste solo ciò che la scienza può vedere e questo non è vero, dato che questa negazione
lo scienziato non la fa come scienziato ma come filosofo e possiamo concludere che qui
non c’entra più la scienza.
La affermazione, un dato bisogna affermare ed è il rispetto della autonomia
(distinzione dei campi: in spagnolo “Zapatero a tus zapatos”), cioè ognuno deve fare
soltanto quello che gli corrisponde fare, non si deve immischiare nei lavori che gli altri
fanno, uno scienziato fa scienza e niente più, solo ne tratta quello che è misurabile, e si
vuole toccare altri punti deve farlo non come scienziato, ma come quello che vuole
studiare p. es. etica si deve comportare come filosofo. Ed un fatto che bisogna
sottolineare è che la scienza non esiste come tale, esiste soltanto lo scienziato, una
persona umana che fa scienza e dunque si è persona può fare del bene o male col suo
lavoro, fa degli atti umani: c’è responsabilità e libertà. E da questo momento in che si
tratta di un essere umano che fa la scienza bisogna vedere che c’è un etica delle
applicazioni, questo molti lo accettano, perché si tratta della responsabilità sulla salute
e vita di essere umani. Anche a questo ci può aiutare l’etica della ricerca (riflessine
fatta dal P. Miranda): dove si deve considerare i fini operantis, l’intenzione dello
scienziato; e operationis/operis, che è la finalità della ricerca e del prodotto.
In conclusione a quello che abbiamo detto è che c’è un dovere di attenzione
etica nella scienza, nella attualità ci vuole una vera coscienza etica nel campo della
medicina e l’esplosione della bioetica sta proprio a radicare questo, perché cresce
l’interesse si fare etica nella scienza. E Giovanni Paolo II ha insistito molto nel suo
discorso fatto in Germania quando ha parlato che non si deve fare scienza senza
coscienza, ma questo in due sensi, lo scienziato ha pure un coscienza e deve seguire la
propria coscienza. Non basta un autoregolamento ci vuole la luce della etica e della
bioetica, perché non da garanzie, non si sa chi si autoregola, con quale criteri fanno le
regole, non si sa si veramente hanno fatto una riflessione etica o cercano soltanto di
proteggere le loro azione, ecc.

.34. I principi della etica personalista


.34.1. Centralità della persona umana
La persona umana è il centro della bioetica e questo in due sensi: Il centro
soggettivo, in quanto si tratta di un soggetto umano che agisce, p. es. lo scienziato, il
medico che sono delle persone che possono fare del bene o del male; e poi la persona
come centro oggettivo, e cioè, in quanto le azioni del soggetto incidono su delle
persone, p. es. il medico che ha cura del paziente. Ma, qui persona capito dal senso
ontologico, in altre parole, persona capita nel senso che è un “chi”: naturae rationalis
individua substantia (Boezio); persona non è un “che”, è qualcuno, e non viene capita
persona soltanto per le sue manifestazioni e caratteristiche, ma per quello che è in se
stesso. Prima dell’agire personale c’è l’essere della persona (“agere sequitur esse”),
ovverosia, non si può dire che non è persona perché non agisce in quanto persona, prima
“è” e poi “agisce” e non si “è” perché “agisce”. Allora, la dignità della persona è una
dignità ch’è intrinseca, non è dovuta a un riconoscimento esterno, la persona non è
degna perché altri lo dicono; è anche assoluta, nel senso che non è relativa a conditionis
o status, cioè non è degna perché sia nero, bianco, ricco, povero, ecc.

.34.2. Unitotalità della persona


Questa unitotalità consiste in una realtà duale, non dualistica (non dualismo
spirito-corpo), una realtà composita di due elementi nella configurazione di una
unitotalità, una realtà unica in questa totalità di due elementi, si tratta di un unico essere
con un solo atto di essere. Le conseguenze di questo: “Io non ho un corpo, ma sono il
mio corpo”, la dignità della persona passa anche, permea la dignità del corpo. E ciò non
deve essere capito solo in senso materiale, ma che anche nel senso che c’è una
dimensione spirituale della persona, il medico deve rispettare questa dimensione della
persona, la sua sensibilità non è solo un corpo quello che sta per curare, è una persona
(p. es. I Testimoni di Jehova).

.34.3. La vita come valore fondamentale


Solo valore fondamentale, non valore assoluto (Evangelium Vitae) p. es. si può
rischiare la propria vita per fare del bene a qualcuno. Non è il valore assoluto nel senso
che deve prevalere su ogni altro valore anche spirituale, anche trascendente. Non. Però,
si è il valore fondamentale nel senso che è il fondamento “sine quo non” di tutti i valori
umani (salute, libertà, socialità, ecc.) perché se si toglie uno di questi, si pensa che non
si ha nessuna qualità di vita e per la mancanza di uno si toglie totalmente la vita. Allora
possiamo dire che la vita non è il valore supremo o il valore assoluto, ci sono degli
ideali, la fede e per ciò la liceità della offerta di sé.

.34.4. Libertà e responsabilità


Bisogna riconoscere l’importanza anche in bioetica di questo, ma alle volte
viene intesa questa libertà come vuota, cioè il non essere condizionato da niente, da
nessun valore, nessuna norma etica, ecc.; la libertà solo è una caratteristica della
volontà e la volontà è sempre la capacità di volere qualche cosa dunque di aderire a un
valore o controvalore, al bene o al male. La libertà è sempre espressione della propria
volontà, ha sempre dei contenuti. E proprio per questo c’è una responsabilità di questa
adesione da parte della volontà che può vedere il valore o controvalore al quale aderisce
come contrario alla propria coscienza. Perché in realtà si tratta di due facce della stessa
medaglia non ci può essere libertà senza responsabilità e viceversa.

.34.5. Solidarietà e sussidiarietà


La solidarietà, che implica che l’individuo si realizza nella apertura, nel dono
all’altro (io/tu), la persona si realizza nel andare all’incontro con l’altro; e proprio per
questo c’è la constatazione di una socialità naturale e radicale, noi siamo essere sociale
in modo naturale non solo per cultura, non e qual cosa di aggiunta al nostro modo di
essere. Noi dipendiamo degli altri e lo stesso viceversa, noi interdipendiamo dagli altri
vogliamo o non vogliamo e viceversa, e precisamente per questo noi siamo
corresponsabili, quello che facciamo ha delle ripercussione sulle altre persone.
E il principio di sussidiarietà (subsidum= dare aiuto; parte dell’esercito romano che era
disponibile per quando serviva il suo intervento) deve essere invece ripensato
nell’ambito della bioetica e deve intervenire solo quando ce ne bisogno. L’istanza
superiore deve dare un sussidio no sostituirsi alle stanze inferiori, dunque deve dare
appoggio, fare da coordinatore, e alle volte dovrà sostituire, ma solo se questa istanza
non può da sola fare quello che deve fare, p. es pensiamo al ruolo della famiglia nel
campo della salute, non è lo stato che deve sottrarre al bambino per dare educazione, è
l’istanza inferiore quella che ha la prima responsabilità a dover fare quello lo stato solo
deve appoggiare, sostituire la famiglia soltanto in quanto questa non sia capace di
educare al bambino; lo stesso è nella medicina la famiglia è la prima che si deve fare
responsabile della salute dei propri membri.

.34.6. I principi della bioetica principalista


Il principialismo, i principi della beneficenza, non maleficenza, autonomia e
giustizia che sono veramente validi, gli possiamo accogliere come principi guida questi
principi sono validi perché rappresentano un aiuto semplice, ma sono insufficienti
perché non si può fare tutta la bioetica in funzione di tutti questi principi, ci deve essere
qualche cosa di più sostanziale che sempre sia in gioco e che se sempre si a il punto di
riferimento per la mia riflessione nella bioetica: La persona. E c’è in questa
insufficienza un rischio di una passività e un automatismo che sono molto pericolosi,
non si riflette su che cosa è il bene o il male, ma semplicemente applicare le cose, solo
si limita alla funzionalità delle cose, non c’è il soggetto etico, non esiste, è totalmente
spersonalizzata. Ci vuole stabilire una gerarchia per fondare la difesa in funzione della
persona, p. es. cercare sempre di fare il bene nella vita, nella salute, questa è la prima
cosa; secondo, c’è l’autonomia, e sempre va rispettata in funzione della persona come
tale; terzo, giustizia, solo in funzione dei valori oggettivi, nel senso che tutti devono
avere da parte del medico l’aiuto per vivere e per riavere la sua salute.
5. IDENTITÀ E STATUTO DEL EMBRIONE UMANO

Parliamo di questo nel senso che è una questione decisiva per molte altre questioni
che in bioetica dobbiamo porci. Ci sono diversi problemi in bioetica che hanno a che
fare con l’embrione o con il feto, p. es. il FIVET (Fecondazione In Vitro ed Embrio
Transfer), diagnosi prenatale, aborto...; sono diversi problemi che dobbiamo affrontare
nei quali c’è una domanda decisiva anteriore al problema stesso: Che cosa è l’embrione
o il feto? Se la risposta a questa domanda è che è un insieme di cellule, non è un essere
umano, non è persona, al meno fino a un certo momento uccidere a questo mucchio di
cellule può essere perfettamente legittimo; se invece si dice che è un essere umano o
persona umana, allora le conseguenze o conclusione etiche poi per l’aborto,
l’esperimenti di questi embrioni, ecc. saranno diverse.
Allora, la discussione attuale: La prima domanda di tutto ciò, è non è un essere
umano?...Questo potrebbe sembrare una questione quasi banale, l’affermare che nel
grembo di una donna nascerà un essere umano, questo è il più logico, il più comune, ma
molti non lo accettano facilmente. Una domanda, perché non si discute p. es. l’identità
dell’embrione del gatto ed invece si se fa discussione con l’embrione umano.
Divideremmo questa discussione in due momenti: Molti affermano che non è un
individuo umano, e questo in funzioni di alcune obiezioni come la totipontezialità,
gemellazione, non comparsa della linea primitiva, ecc.; e questo, a causa in buona parte,
di questo famoso rapporto Warnock (1984) che si tratta della esistenza di alcuni
fenomeni, soprattutto al inizio della formazione del embrione che ad alcuni fanno
pensare che per lo meno all’inizio non è un essere umano neanche, ma solo un mucchio
di cellule, soltanto materiale preumano sono delle cellule totipotenzili; e si capita la
gemellazione non si può parlare di un solo individuo umano e per questo non si può
affermare niente di si è un essere umano. Il comitato Warnock è stato creato nel
Inghilterra per esperimentare sugli embrioni di tante cose che non si sapevano,
presieduto proprio della Signora Warnock il quale ha detto nel suo rapporto che solo
dopo i quattordicesimo giorno si può parlare veramente di individuo umano, prima solo
è un “preembrione” (termino proposto dalla embriologa A. McLaren), non è neanche
un embrione, e questo termine è stato utilizzato per non causare l’impatto nel usare il
termine dell’embrione umano nel Parlamento dell’Inghilterra quando si annunziava di
fare le sperimentazione con gli embrioni umani. E questa è la questione dal punto di
vista scientifico è o non è un individuo umano.
C’è un altro livello di discussione di tipo filosofico sul concetto di persona, c’è da
parte di alcuni la affermazione che l’embrione non è persona perché non ha coscienza,
autonomia, libertà, ecc.; e non vive la relazionalità che secondo molti la relazione
costituisce la persona stessa. Questa è la problematica attuale.

5.1. Dati embriologici

Si tratta di vedere che cosa ci dice la scienza su questo embrione, se è o no è un


individuo umano, una realtà individuale, organizzata che esiste in se stessa. Per questo
si deve sapere lo sviluppo dello embrione dentro dell’utero della donna dal suo
concepimento e il trascorso verso la annidazione nel utero che vedremo sinteticamente.
Abbiamo i due protagonisti: Lo spermatozoo e l’ovaia , due cellule umane, due strutture
biologiche, le quale hanno una propria struttura un proprio ciclo vitale a meno che non
succeda quello che noi chiamammo fecondazione e adesso non c’è più l’ovaia, invece
c’è una nuova realtà biologica, del tutto diverso che vivrà, forse, settanta anni. Non ha
più ventitré cromosomi, ma ha quarantatré, c’è totalmente una nuova informazione
genetica mai esistita prima. Si forma una nuova cellula con l’informazione nuova
chiamata zigote da parte della scienza, e poi va avanti con divisione mitotica, si
duplicano le cellule consecutivamente e contemporaneamente, arriva a un certo punto
nel quale si gli chiama morula, il volume non aumenta, altrimenti non passerebbe
attraverso le tube, le cellule aumentano, ma lo fanno condividendo lo stesso spazio, a un
certo punto questo viene chiamato blastocisto che dopo immediatamente si inserisce nel
endometrio e compie in un settimana l’annidamento.

.35. Le quattro caratteristiche nello sviluppo della formazione dell’embrione


Con queste caratteristiche potremo perfettamente concludere che si tratta
nell’embrione di un individuo della specie umana che si sviluppa autonomo dall’inizio
della sua fecondazione.

.35.1. Novità
Notiamo che all’inizio sono solo due cellule viventi e poi si sviluppano e
cambiano materialmente, tutti le sue cellule cambiano, si rinnovano, specialmente
nell’essere umano ogni sette anni si cambiano tutte le cellule, tranne le neuroni, si
continua ad essere lo stesso, ma materialmente non. Quello che succede è che c’è una
unità vivente, un sistema organizzato che ha una forma vivente strutturata che cambia
materialmente, si sviluppa, cambia presentazione (p. es. la farfalla), ma non lascia mai
di essere un individuo.
Allora, questo si può applicare a ogni cellula, ma non è un individuo umano; e
da qui viene poi tramite la fecondazione una realtà mediante la divisione per meiosi e
non per mitosi, questi due si riferiscono alla divisione della cellula e non nell’embrione
nel caso della gemellazione; dunque la divisione mitotica è la divisione di una cellula
normale (di 46 cromosomi) quando si moltiplica; mentre la divisione per meiosi è
propria dei gameti mascolini e femminini (di 46 cromosomi rimangono solo 23) che
quando si fondono questi due gruppi di cromosomi si costituisce un nuovo corredo
genetico umano o genoma. C’è tutto il necessario per la maturazione e la vita di questa
nuova forma vivente e possiamo dire che lo zigote è un nuovo sistema vivente che ha
tutto il necessario per svilupparsi da solo fino alla fine. E in conclusione possiamo di re
che abbiamo un genoma umano completo con tutto lo sviluppo in programma,
totalmente nuovo e un nuovo organismo umano vivente.

.35.2. Unità e individualità


Vediamo prima dei fenomeni iniziali nello sviluppo dell’embrione, p. es. la
moltiplicazione cellulare per mitosi, che dal inizio queste cellule sono già a contatto tra
di loro in un dinamismo di interazione tra i diversi blastomeri, non è vero che si tratta di
cellule amorfe che sono una accanto all’altra chiuse nella stessa sua zona pellucida, c’è
uno scambio di operazioni tra queste diversi cellule, ci sono dei ponti citoplasmatici e
microvillosità, in altre parole, tra le diverse cellule ci sono dei peli microscopici
attraverso i quali si creano questi ponti dei citoplasmi dall’una all’altra e attraverso
questi ponti si scambiano delle informazioni. Anche c’è una organizzazione e
differenziazione cellulare precocissima, le diverse cellule sono diverse tra di loro e
cominciano a differenziarsi, c’è tra di loro una coesione, fanno pressione tra di loro per
stabilire questi contatti ed anche c’è la polarizzazione, possiamo parlare di cellule polari
e apolari, cioè delle cellule che vanno dall’inizio a posizionarsi ad un polo e comportarsi
in modo diversa secondo che siano in un o nel altro dei poli, e per questo si è già parlato
della linea embrioblastica e trofoblastica (ricordiamo quando si configurano i blastocisti
per formare la placenta).
E adesso vediamo una riflessione importantissima che bisogna non trascurarla, è
che nell’embrione quando comincia la mitosi si da lo stadio di tre cellule che è molto
interessante, perché si vede che una cellula si divide in due e poi non si sa perché, ma
queste due aspettano che si divida quella altra e quando si dividono queste alte tutti
vanno avanti. Molti non sanno perché, nel senso di che cosa causa questo né quale
finalità posa avere perché si ha la concezione nei manuali che sempre si passa di due a
quattro, ecc.; e allora qui succede che le cellule si comportano come parte di un tutto si
aspettano l’una all’altra nel dividersi, non è che una vada per conto suo, c’è qui un senso
di unità, una interazione armonica tra le cellule attraverso i peli microscopici nel quale
si da uno scambio di informazione.
E in conclusione possiamo dire che è un tutto unico e totalizzante e in questo
tutto c’è un centro coordinatore, tutto quello che avviene gli dentro avviene in forza del
genoma per la sua informazione che ha scritta nel suo codice genetico, si tratta di un
nuovo individuo biologico, cioè un sistema unitario vivente che ha iniziato già il suo
proprio ciclo vitale e questo è un individuo della specie umana.

.35.3. La autonomia
Vediamo che tutto quello che avviene lì dentro è dovuto al genoma: L’impulso e
orientamento di tutto il processo di morfogenesi. Oggi dovuto alla intensa ricerca
scientifica si è scoperto che c’è una enorme quantità di geni “addetti al lavoro”, ossia
che hanno a che fare in queste primissime fasi per la costruzioni dei tessuti, degli
organi, ecc. p. es. nella mosca Drosophila che ha 50 strutture e si ha visto che all’inizio
intervengono 5000 geni per organizzare la sua formazione e si ha visto che ci sono dei
“geni regolatori” e tra questi quelli che vengono chiamati posizionali, che sono dei
pezzi di informazioni che creano dall’inizio delle coordinate in modo che poi altri geni
quelli selettori che distribuiscono le cellule al loro posto e poi geni strutturali che sono i
responsabili della differenziazione delle cellule quelle nervose, di tipo osseo, ecc. che
viene poi l’assemblaggio di queste cellule di questo tipo di modo che le cellule ossee si
mettono una accanto l’altra formando poi a dei tessuti. Tutto questo non viene soltanto
per i movimenti meccanici, ma perché c’è scritto tutta l’informazione dentro
l’embrione.
C’è una conferma di questa autonomia nel dire che tutta questa informazione
viene dal di dentro dell’embrione, non è la madre da questa informazione. E c’è questa
conferma ulteriore che sembra importante menzionare quelli che vengono chiamati i
fattori endocrini di adattamento materno fetali, cioè delle sostanze che l’embrione
stesso crea e manda all’organismo materno per dirigere anche il proprio sviluppo, p. es.
il EPF, (Early Pregnancy Factor) la presenza di questa sostanza individuata prodotta dal
feto indica che la donna è in cinta, l’organismo femminile di per sé non fabbrica questa
ormona; anche la famosa HCG (Human Corionic Gonadotropin) che è quello di dire al
corpo luteo di continuare a mandare progesterone; oppure SP1 (Pregnancy-specific B1
glycoprotein) chiede alla madre di abbassare le difese immunitarie perché l’embrione si
tratta di un organismo estraneo per la madre che tende a rifiutarlo. Tutte queste sostanze
sono guidate dall’embrione stesso per il suo sviluppo normale.
In conclusione vediamo che c’è una autonomia dinamica nel senso che tutta
questa dinamica proviene dall’embrione stesso questo però ci fa capire che c’è una
autonomia strutturale, cioè le strutture biologiche di questo individuo sono tutte sue,
non sono mica di altro organismo e questo ci porta a pensare a una autonomia in senso
ontologico, ossia questo organismo ha l’essere in se stesso. Questo organismo dai
genitori ha presso l’informazione genetica e più dalla madre perché prende l’ambiente e
l’alimento, ma tutto il resto lo fa proprio lui.

.35.4. La continuità
Ricordiamo lo sviluppo dell’embrione. All’inizio abbiamo un essere che a un
certo punto chiamammo zigote, è questo va avanti, e noi lo vediamo che poco a poco va
prendendo delle diverse forme nel suo sviluppo: Morula, blastocisto, embrione, feto,
bambino, adolescente, giovane, adulto, anziano e così via fino alla sua morte. E in realtà
è sempre lui che si sviluppa, è sempre una stessa realtà biologica che è iniziato in quel
momento del concepimento e che ha una chiara linea di perfetta continuità.
E in conclusione possiamo dire che ogni passo nella formazione dell’embrione è
preceduto da uno immediatamente anteriore, e dunque è una sequenza continua la
formazione dell’embrione (“continuum”), non ci sono dei salti qualitativi, cioè i
momenti nei quali da un tipo di essere si diventa un altro tipo di essere, anzi ci sono due
e unici salti qualitativi nella esistenza dell’individuo umano: Il concepimento e la
morte. Nel suo sviluppo noi solo facciamo delle distinzione che sono convenzionali,
ossia noi determiniamo quando chiamargli zigote, morula, ecc. perché sono distinzioni
utili, sono dei nomi che noi diamo a una stessa realtà ad un unico individuo umano.

5.2. Le obiezioni contrarie ad affermare che l’embrione è un individuo umano

.36. La Totipotenzialità
L’obiezione consiste che le cellule iniziali sono totipotenziali, cioè sono cellule
che non sono ancora specializzate, e proprio per questo sono suscettibili di diventare
cellule di diverso tipo p. es. una cellula della pelle c’è l’ha delle proprietà delle cellule
epiteliali si comporta come tale, allora nello sviluppo dell’embrione quando appena
queste cellule cominciano ad specializzarsi non si sa veramente che cosa realmente
saranno, perché non è per niente definita la sua struttura genetica quindi non può parlare
di individuo umano quando nemmeno le cellule sono definite. E questa totipotenzialità
ci mete ancora un altro problema perché alcune di queste cellule andranno a formare il
corpo del feto mentre altre andranno a formare la placenta, ricordiamo il fenomeno di
aggruppamento di cellule quando si deve formare la placenta prima che l’embrione si
impianti nell’utero, e riguardo a questo si dice se queste cellule iniziale, alcune
potevano dare luogo al corpo dell’embrione, altre alla placenta, che non sarebbe parte
dell’embrione stesso, e significa che in realtà queste cellule non configuravano una
realtà biologica, ma erano cellule “potenzialmente” organizzate come corpo di un
individuo umano. E si conclude dicendo che solo sono delle cellule amorfe, non parte di
un individuo determinato.
La risposta alla obiezione, certo che affermiamo che le cellule si sono
totipotenziali, ma anche dobbiamo renderci conto che di fatto nel momento della
divisione sono già unificate nel loro comportamento come parte di un tutto, lavorano
insieme, nessuna sta come cellula individuale, c’è tutta una vita organizzata e questo la
scienza c’è lo ha dimostrato più che chiaramente. E bisogna costatare che questa
totipotenzialità è una totipotenzialità organica, ogni cellula non è ancora specializzata,
ma non è indifferente rispetto alle altre cellule, ognuna di queste cellule sta nell’insieme
come parte di un organismo (ricordare l’esempio dei paletti che formano delle lettere).
La totipotenzialità invece di indebolire l’argomento lo rafforza, perché dimostra la
grande organizzazione di un sistema vivente che per dentro si organizza.
Poi c’è altra constatazione che è banale addirittura, cioè che la placenta è parte
temporanea di questo individuo, biologicamente è un organo necessario fata dalle
cellule dello stesso embrione che si sono andate ad specializzare a formare quel tessuto,
come p. es. le unghie, i capelli sono delle parti temporanee che poi non servono più.

.37. La gemellazione
La gemellazione avviene con divisione monozigotica, cioè non si tratta di due
ovvocite fecondate, ma si tratta di uno zigote, morula oppure blastocisto perché
soprattutto questo ne avviene nei primissimi stadi, normalmente prima che si compia la
prima settimana che per qualche ragione si divide ed essendo le cellule totipotenziali
può dare luogo a un secondo individuo. Questo è un fenomeno non molto comune. E
allora, dopo questo molti affermano nella divisione monozigotica che può dare luogo a
due individui significa che prima non era una individuo, perché individuo è
l’indivisibile (definizione presa da Leibniz), per cui si è divisibile, non per niente
individuo, solo sarebbe un cumulo di cellule totipotenziali che soltanto possono dare
luogo a uno o due individui.
La risposta a questa obiezione, vediamo intanto il concetto si individuo. Non è
vero che individuo filosoficamente sia indivisibile, ma semplicemente non diviso, anche
se divisibile, cioè il famoso “Indivisum inse, divisum ab alio”: L’individuo è una realtà
che è indivisa in se, e divisa diversa da qualunque altra cosa (p. es. un pezzo di gesso è
un individuo diverso dall’area). E la potenzialità di divisione non ha niente a che fare
con la realtà dell’individuo, il fato che si possa dividere non ha niente a che fare con il
fatto che sia un individuo; è un individuo se qui e ora è uno in se e diverso da tutto il
resto, p. es. nella natura osserviamo il roseto, la ameba che si possono staccare, dividersi
a dare luogo ad un altro individuo.
E come aggiunta allo stesso tema, Cosa possiamo dire quando si divide
dell’anima? Anche questa si divide? Un pezzo d’anima va di qua e l’altro di là? Come si
può rispondere a questa obiezione?. In primo luogo possiamo rispondere che l’anima
non si può dividere perché per definizione non è spaziale, non ha estensione; e in
secondo possiamo dire che (risposta del P. Miranda) Dio infonde un altra anima al
momento che c’è più materia disposta, quando avviene la divisione del embrione.

.38. Apparizione della linea primitiva


L’obiezione dice che in realtà finché non compare la linea primitiva non si può
parlare della presenza di un individuo. Perché ci vuole un centro coordinatore affinché
si possa parlare di un organismo, come nell’adulto il cervello. La linea primitiva è in
qualche modo l’inizio della comparsa del sistema nervoso centrale che include il
cervello. E prima della comparsa di questa linea questa realtà è senza un centro
coordinatore, dunque non è ancora un individuo organico.
Come risposta possiamo dire che questa affermazione che abbiamo visto qui può
essere adottata per stabilire l’accertamento della morte con la cosiddetta morte
cerebrale, cioè quando è morto tutto il tronco encefalico di un adulto forse possiamo
concludere che non si tratta più di un organismo vivente, di per se non è più un
organismo perché quello che organizzava non funziona più. Ora, questo non significa
che anche sia valido per l’inizio della vita, nel senso che una volta formato l’individuo
biologico la coordinazione di tutto proviene dal sistema nervoso, ma questo non
significa che prima della comparsa del sistema nervoso non ci sia un altro tipo di
organizzazione, e come abbiamo visto si c’è un centro coordinatore che è il genoma che
una catena lunghissima di DNA e i cromosomi, ecc. che si organizzano per dare in
continuità delle realtà differenti che dall’inizio è un tutto un funzionamento organizzato
e si sa ormai che cosa organizza questa realtà, di questo sistema vivente vitale.
.39. Aborti spontanei
Obiezione più di tipo emotivo che non di logica che alle volte viene fata però.
Questa consiste che sono molti aborti spontanei: 50 % e 70%. Soprattutto nei
primissimi giorni dopo la fecondazione, delle embrione che non riescono ad svilupparsi.
E allora, viene la domanda: Come mai può essere individuo umano qualcuno che sia
destinato a morire così precocemente? Come si possono sprecare così tanti individui
umani? Non è più ragionevole, accettabile pensare che in realtà non sono ancora questi
individui umani? E dire meglio che sono solo accenni potenziali di probabili individui
umani?.
Possiamo rispondere che intanto forse c’è da ridimensionare un poco queste
cifre, si dice 50-70% ed invece è 10-70% perché nessuno sa delle cifre esatte in questo
campo, dire che del 50% dei concepimenti muoiono allora tutti moriamo, e non
possiamo affermare che un atto della natura abbia così tanti torti, si e così, allora la
natura sbaglia e non ha senso la riproduzione ne la esistenza umana.
Riflessioni conclusive: Parliamo del famoso 14° giorno che soltanto è dovuto
nella scienza a una convenzione artificiale, nel senso che si tratta soltanto di decidere
“legalmente” sulla liceità della sperimentazione con degli embrioni, il problema era
proprio questo e non perché veramente si hanno fati degli sperimentazioni scientifiche.
E dopo di questo è stato utilizzato il termine preembrione specie di invenzione
linguistica per evitare l’impatto emotivo e dunque la reazione etica da parte della
popolazione dicendo che la scienza ha stabilito che fino al 14° non è una vita umana,
non è neanche, tanto che non è neanche embrione, è preembrione. E il termine embrione
nel dizionario significa semplicemente il primo stato di vita, e dunque preembrione è
una situazione al primo stato di vita, cioè non è neanche vita secondo il dizionario e
allora fino a dove andiamo?. Perché in realtà non è la vita che ci interessa, ma è il
fenomeno individuo umano. Questo in verità si tratta di una estensione indebita della
distinzione logica a quella reale perché si usano dei concetti per affermare cose che non
sono d’accordo con la realtà.

5.3. Riflessione filosofica di persona umana

.40. Negazione della identità personale


C’è chi nega l’identità di persona a certe categorie di individui umani, tra questi
quella dell’embrione. Due sono le posizioni sostanzialmente a partire dalle quale si nega
lo statuto di persona al embrione o anche in alcuni casi ad altri individui.
Il primo è quando si parte dalla visione della persona come coscienza, cioè, secondo
loro, la persona è quella realtà che di fatto qui e ora è capace di realizzare atti di
autonomia, libertà, ecc., ricordiamo qui il testo di Engelhart che afferma che ci sono
individui umani non persone come ci sono persone non umane: Embrione, feto, infante,
handicappato, mentale grave, una persona in stato di coma irreversibile (questo non va
quando una persona normale anestetizzata non torna più dal sonno, prima era persona e
poi non lo è più?). L’embrione certo che adesso non cosciente di realizzare atti, ma un
giorno lo sarà se lo lasciamo vivere evidentemente.
Altro tipo di ragionamento legato a l’anteriore, ma un po’ diverso che quello della
persona come relazionalità, concetto sviluppato nella filosofia recente, il personalismo.
La persona come capace di apertura al dialogo, viene costituita nel dialogo (Io/Tu),
fino al punto lo esalta da farlo diventare il costitutivo della personaleità, cioè è personale
quel ente che è in relazione, e in questo senso secondo alcuni vale il riconoscimento da
parte di altri, ossia l’embrione viene costituito come persona nel momento in cui la
madre lo accetta o anche la legge lo riconosce come persona. Allora, c’è qualche autore
(Pietro Prini) che pone il momento della personeizazzione dell’individuo nel momento
dell’impianto, perché si da una relazione fisica-chimica con la madre ed è questo
rapporto che costituisce l’embrione come persona.

.41. Risposta: concetto di persona


Si tratta di un concetto filosofico, così dice la Domun Vitae n.1, per tanto è di
indole filosofica e non teologica, questo non vuol dire che il Magistero abbia qualche
dubbio che l’embrione è persona, ma che questo lo deve dire la filosofia. La scienza ci
indica che è un individuo umano e viene la domanda: Come un individuo umano non
sarebbe persona? allora, cosa capiamo per persona umana? Persona e individuo benché
vengono identificati come sinonimi in senso stretto non lo sono, il concetto di persona
però aggiunge qualcosa in più al concetto di individuo. Persona, usando la terminologia
classica possiamo dire che tutti hanno lo stesso oggetto materiale e un diverso oggetto
formale. Tutti due si riferiscono alla stesa realtà, ma in diversa prospettiva; uno in
quanto forma parte della specie e l’altro in quanto ha una autocoscienza, autonomia,
ecc.
L’origine etimologico del concetto persona viene dal latino per-sona, e dal greco
prosopòn che significa maschera, quella che i greci usavano nelle rappresentazioni
teatrali, cioè il personaggio che c’era dietro la maschera che li serviva per amplificare la
sua voce.
Dopo nella riflessione Trinitaria e cristologica che hanno chiarito il concetto di
persona. Così il Padre, il Figlio e lo spirito Santo sono persone ed ognuno in una sola
realtà quella di un solo Dio. La riflessione cristologica invece, parla della persona de
Verbo che ha assunto altra natura (umana) diversa di quella che aveva (divina) e che ne
continua ad averla. E così si arriva al termino hypostasis quello che è alla base e che
sarebbe la persona del Verbo unita alla natura umana, per questo parliamo di unione
hypostatica.
Presenza dell’essere insieme alle sue diverse manifestazioni, noi possiamo
vedere le manifestazioni dell’essere mai però l’essere perché e una realtà metafisica, e
di queste manifestazioni è che deduciamo l’essere. Sappiamo però che l’essere non
dipende dalle manifestazioni, ma tutto il contrario, queste manifestazioni esistono
perché c’è un essere, ad. es. il cane non è cane perché abbaia , ma per la manifestazione
di abbaiare sappiamo che è un cane, ha proprio delle manifestazioni perché ha essere.
Ebbene diciamo che l’operare segue all’essere (agere sequitur esse), questo è un
principio antico e valido oggi però. L’uomo è persona è per questo si manifesta ed attua
come persona. Possiamo dire che le sue manifestazioni sono come la maschera
attraverso la quale vediamo il personaggio, ma sappiamo che dietro questa maschera c’è
il personaggio e dunque è l’essere persona in atto e non potenzialmente.
La definizione presa da Boezio: Rationalis naturae individua substantia, in altre
parole, una sostanza e no un accidente; individuale, uno in se stesso e non in altro; di
natura razionale, che esiste con questa natura o essenza. Così la persona indica un
esistente individuale che in quanto sostanza ha l’essere in se stesso e che è di natura
razionale, cioè spirituale perché lo razionale no si limita a la capacità soltanto di
pensare.

.42. Riflessione sulla razionalità. Relazione ed essere personale


Qui è importante la filosofia del dialogo, perché si da la relazione di un io e un
tu, abbiamo visto la relazione fisico-chimica dal inizio che non inizia dopo il
quattordicesimo giorno come alcuni la pensano, ma dal inizio, infatti, esiste già una
relazione nei fattori endocrini di adattamento materno fetale.
5.4. Considerazioni etiche

.43. Dignità “intrinseca” e “assoluta” nella persona umana


La dignità della persona non dipende dal riconoscimento degli altri, ne dalla
mamma ne dal padre ne dalla società ne da qualsiasi altro aspetto esterno. Dunque si
deve accettare il principio del rispetto assoluto di ogni persona sia handicappata o non lo
sia.

.44. Dignità in quanto “essere umano”


Non c’è bisogno di appellare al concetto persona per capire che l’individuo
umano, l’uomo venga rispettato, cioè noi capiamo che innanzitutto che debbiamo
rispetto all’uomo in quanto tale per questo non c’è bisogno di appellare al concetto
persona. Anche se non lo dovessimo chiamare persona meriterà sempre rispetto in
quanto tale. P. es. la consapevolezza del dovuto rispetto all’individuo umano prima che
fosse nato il concetto di persona, prima di questo si capiva che l’essere umano veniva
rispettato. Anche nel 1948 la famosa dichiarazione dei diritti dell’uomo, non è stato
bisogno di discutere sul concetto di persona per stabilire i diritti della persona, ma è
l’uomo che merita sempre rispetto, questo come principio base della convivenza umana.
In fondo dopo di dire tutto questo affermiamo che l’embrione è uno di noi, è uno come noi, tutti
prima esistevamo come embrione; un giorno qualsiasi di noi può diventare handicappato, inutile per
alcuni e proprio per questo non significherà che si perda la dignità che mai dipenderà di quello che
affermeranno gli altri.

.45. Rispetto anche nel dubbio


Supponiamo che ci sia il dubbio che non si è completamente sicuro che sia ne
persona, neanche individuo umano, però sappiamo che in morale basta il dubbio se
l’oggetto della nostra azione possa essere o meno un individuo umano, una persona,
perché noi dobbiamo rispettarlo. L’esempio classico del cacciatore che spara dubitando
se sia un cervo o il guardiano del bosco che sta dietro l’albero, in questo caso il
cacciatore è obbligato moralmente a non sparare; basta il dubbio perché moralmente e
anche legalmente non si possa agire ai danni di una verità della quale si dubita se è o
non un essere umano. Nel dubbio se sia persona o un essere umano: non posso agire
contro la sua causa.

6. LA PROCREAZIONE ASSISTITA

6.1. Introduzione

Col il termine di procreazione assistita ci riferiamo a tutte quel insieme di tecniche


che in qualche modo assistono alla riproduzione, aiutando o sostituendo il rapporto
sponsale come causa di una nuova vita umana, alle volte lo sostituirà e altre volte lo
aiuterà.

6.2. Il sogno di fabbricare “uomini”

Da tempo nella storia c’è stato questa specie di “sogno”, di “profezia”; nel 1978 è nato
il primo essere umano da fecondazione in vitro, cioè è cominciato la propria esistenza in
laboratorio. E questo ha suscitato grande notizia perché è stato una specie di
compimento, di un sogno, di una profezia; ad. es. c’è una cabala ebrea che parla del
Golem (s. VI), questa specie di uomo creato proprio dalla cabala, cioè di mettere
insieme dei numeri, delle lettere, ecc., e in questo sarebbe possibile creare degli uomini,
una questione piuttosto poetica, però già c’era questa specie di sogno di fabbricare degli
uomini. Abbiamo poi il Goethe, il

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