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La civiltà romana è la civiltà fondata nell'antichità dai Romani, una

popolazione indoeuropea di ceppo italico e appartenente nello speci co al


gruppo dei popoli latino-falisci, stanziatisi in epoca protostorica nell'attuale
Lazio,[1] la quale riuscì, a partire dal V secolo a.C., ad estendere il proprio
predominio sull'Italia e, successivamente, sull'intero bacino del Mediterraneo
e in gran parte dell'Europa centro-occidentale. La civiltà, passata da una
monarchia attraverso una repubblica oligarchica no a un impero,
sopravvisse no al V secolo e lasciò importanti tracce archeologiche e
numerose testimonianze letterarie, plasmando ancor oggi l'immagine della
civiltà occidentale.
La civiltà romana è spesso annoverata nell'antichità classica insieme
all'antica Grecia, essendo quest'ultima una civiltà che ha ispirato parte della
cultura romana. Oltre al suo modello di potere, che è stato emulato o ispirato
da innumerevoli principi, la civiltà romana ha contribuito enormemente allo
sviluppo del diritto, delle istituzioni e della legislazione, nonché della guerra,
dell'arte, della letteratura, dell'architettura, della tecnologia e delle lingue del
mondo occidentale.
L'origine del nome della città, e quindi del popolo che la abitava, era incerta
anche in età regia. Servio, grammatico a cavallo tra il IV e il V secolo d.C.,
riteneva che il nome potesse derivare da un'antica denominazione del ume
Tevere, Rumon, dalla radice ruo (a sua volta proveniente dal greco ῥέω),
scorro, così da assumere il signi cato di Città del Fiume. Ma si tratta di
un'ipotesi che non ha riscosso molto successo.
Gli autori di origine greca, primo fra tutti Plutarco, tendevano naturalmente ad
autocelebrarsi come i civilizzatori e i colonizzatori del bacino del
Mediterraneo, e quindi insistevano sulla lontana origine ellenica della città.
Una prima versione fornita da Plutarco vede la fondazione di Roma dovuta al
popolo dei Pelasgi, i quali una volta giunti sulle coste del Lazio, avrebbero
fondato una città il cui nome ricordasse la loro prestanza nelle armi (rhome)
[11]. Secondo una seconda ricostruzione dello stesso autore, i profughi troiani
guidati da Enea arrivarono sulle coste del Lazio, dove fondarono una città
presso il colle Pallantion a cui diedero il nome di una delle loro donne,
Rhome[12]. Una terza versione sempre di Plutarco offre altre ipotesi
alternative, secondo le quali Rome poteva essere un mitico personaggio
eponimo, glia di Italo, re degli Enotri o di Telefo, glio di Eracle, sposò Enea
o il di lui glio, Ascanio[13].
Una quarta versione vede Roma fondata da Romano, glio di Odisseo e di
Circe; una quinta da Romo, glio di Emazione, giunto da Troia per volontà
dell'eroe greco Diomede; una sesta da Romide, tiranno dei Latini, che era
riuscito a respingere gli Etruschi, giunti in Italia dalla Lidia e in Lidia dalla
Tessaglia[13]. Un'altra versione fa della stessa Rome la glia di Ascanio, e
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quindi nipote di Enea. Ancora una Rome profuga troiana giunge nel Lazio e
sposa il re Latino, sovrano del popolo lì stanziato e glio di Telemaco, da cui
ebbe un glio di nome Romolo che fondò una città chiamata col nome della
madre[14]. In tutte le versioni si ritrova la stessa eponima chiamata Rome, la
cui etimologia proviene dalla parola greca rhome con il signi cato di "forza".
Le fonti citano anche altri possibili eroi eponimi come Romo, glio del troiano
Emasione, o ancora Rhomis, signore dei Latini e vincitore degli Etruschi.
Secondo altre interpretazioni di un certo interesse, il nome ruma sarebbe di
origine etrusca, in quanto non ne è stato trovato l'etimo indoeuropeo (e l'unica
lingua non-indoeuropea della zona era appunto l'etrusco). Il termine sarebbe
entrato come prestito nel latino arcaico e avrebbe dato origine al toponimo
Ruma (più tardi Roma) e a un prenome Rume (in latino divenuto Romus), dal
quale sarebbe derivato il gentilizio etrusco Rumel(e)na[15], divenuto in latino
Romilius. Il nome Romolo sarebbe quindi derivato da quello della città, e non
viceversa.

Il co ruminale sul retro di un denario del 137 a.C. circa


In ogni caso, la tradizione linguistica assegna al termine "ruma", in etrusco e
in latino arcaico, il signi cato di "mammella", come è confermato da Plutarco,
il quale, nella Vita di Romolo racconta che:
«Sulle rive dell'insenatura sorgeva un co selvatico che i Romani chiamavano
Ruminalis o, come pensa la maggioranza degli studiosi, dal nome di Romolo,
oppure perché gli armenti erano soliti ritirarsi a ruminare sotto la sua ombra di
mezzogiorno, o meglio ancora perché i bambini vi furono allattati; e gli antichi
latini chiamavano ruma la mammella: ancora oggi chiamano Rumilia una dea che
viene invocata durante l'allattamento dei bambini»
(Plutarco, Vita di Romolo, 4, 1.)
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Questa interpretazione del termine ruma è quindi strettamente collegata con i
motivi che hanno portato alla scelta, come simbolo della città di Roma, di una
lupa con le mammelle gon e che allatta i due mitici gemelli fondatori.
I primi Re di Roma appaiono soprattutto come gure mitiche. A ogni sovrano
viene generalmente attribuito un particolare contributo nella nascita e nello
sviluppo delle istituzioni romane e nella crescita sociopolitica dell'urbe di
Roma[16]. Contemporaneamente, venivano fondati i primi edi ci di culto e si
insediavano sui colli periferici gli abitanti delle vicine città che venivano man
mano conquistate e distrutte. Una fase importante avvenne nel VII secolo
a.C., al tempo attribuito ad Anco Marzio, quando venne creato il primo ponte
sul Tevere, il Sublicius e venne protetta la testa di ponte ovest con un
insediamento sul Gianicolo. Nello stesso periodo egli, secondo la tradizione,
avrebbe fatto costruire il porto di Ostia alla foce del ume, e lo avrebbe
collegato con una strada che eliminò tutti i centri abitati sulla riva sinistra: lo
scavo di Decima ha dato fondamento a questa tradizione, poiché è stato
notato come lo sviluppo della sua necropoli si arresti bruscamente alla ne
del VII secolo.
Lo sfruttamento delle potenzialità della posizione privilegiata
dell'insediamento e la sua urbanizzazione può spiegare l'intervento puntuale
degli Etruschi, divenuti consapevoli della posizione chiave della città: nel VI
secolo a.C. i re appartennero a una dinastia etrusca, che segnò la de nitiva
urbanizzazione della città. Le mura serviane (nel tracciato che coincide quasi
perfettamente con il rifacimento del IV secolo a.C.) cinsero una super cie di
426 ettari, per una città, divisa in quattro tribù territoriali (Palatina, Collina,
Esquilina e Suburbana o Succusana)[17], che era la più ampia della penisola
italica di allora[18]. Il periodo di grande prosperità per la città sotto l'in uenza
etrusca degli ultimi tre re è testimoniato anche dalle prime importanti opere
pubbliche: il tempio di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio (il più grande
tempio etrusco a noi noto), il santuario arcaico dell'area di Sant'Omobono, e
la costruzione della Cloaca Maxima, che permise la boni ca dell'area del
Foro Romano e la sua prima pavimentazione, rendendolo il centro politico,
religioso e amministrativo della città. Un altro canale drenò Vallis Murcia e
permise, sempre per opera dei Tarquini, di costruire il primo edi cio per
spettacoli al Circo Massimo.
L'in uenza etrusca lasciò a Roma testimonianze durevoli, riconoscibili sia
nelle forme architettoniche dei templi, sia nell'introduzione del culto della
Triade Capitolina (Giove, Giunone e Minerva) ripresa dagli dèi etruschi Uni,
Menrva e Tinia. Roma non perse mai però la sua forte componente etnica e
culturale latina: per questo, anche alla ne dell'età regia, non si può mai
parlare di città etrusca a tutti gli effetti.
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