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CAPITOLO I

Il diritto medievale moderno va dal crollo dell’impero romano d’occidente no ai giorni nostri, il
periodo anteriore, quello che va dal III al VI secolo è un periodo innovativo che porta a notevoli
cambiamenti: Gli imperatori vengono da oriente portando con se ideologie diverse che si ri ettono
sia sul panorama normativo che sulla gura del sovrano stesso. Il sovrano era de nito Majestas,
ovvero l’incorporazione della legge: il dualismo tra iura e leges venne squilibrato, facendo
prevalere le leges, espressione dell’imperatore, facendo, ciononostante sì che lo ius novum e
vetus continuassero a viaggiare insieme. Diocleziano, primo grande imperatore di questo secolo,
fu esponente di quanto detto. In questo periodo ci furono varie codi cazioni che non erano state
volute dal sovrano, che contenevano le leges, tra cui è necessario citare il codice Theodosiano
che costituiva un insieme di costituzioni imperiali vigenti con qualche iura. I movimenti religiosi
iniziarono a svilupparsi, tra cui, il più giovane, il cristianesimo. Diocleziano fu l’ultimo a perseguire
questi movimenti religiosi in quanto voleva difendere il paganesimo e proteggere la propria gura
‘divina imperiale’. Costantino, invece, vide il cristianesimo come un mezzo per consolidare
l’impero, come fattore uni cante, sotto il compromesso che lui ebbe una gura di cesaropapismo.
Lui, come presidente dei concili, decretò due editti importanti, quello di Milano e quello di Nicea.
La gura dell’imperatore fu sempre più pressante e ostacolante nella chiesa, così che, il papa
Gelasio, infuriato, sviluppo una teoria fondamentale, che venne chiamata successivamente la
teoria dei due soli, secondo la quale la sede cristiana deve essere Roma e che ci deve essere una
divisione dei poteri tra stato e chiesa, dove a capo di una c’è l’imperatore e a capo dell’altra il
ponte ce.

CAPITOLO II

L’età dal III-VI secolo viene de nita l’età del diritto volgare, il quale non viene inteso come un
diritto rozzo e di basso livello, ma come un diritto romano più semplice, accessibile, accorciato e
molto aperto permettendo di essere in uenzato dai diritti germanici. Le invasioni barbariche
portarono in un certo senso il crollo dell’impero romano, essi erano dei mercenari, dei milites
foederati, che venivano ingaggiati dagli imperatori romani per scopi militari. Spesso accadeva che
essi attaccavano Roma, non per odio verso la romanità, ma per promesse non tenute dagli
imperatori (es. Alarico ed Onorio). I barbari ammiravano la cultura romana a un tal punto che si
fecero chiamare Flavii. Il miscuglio tra romani e barbari, dovuti dagli stanziamenti barbarici in
territori romani, produsse la mescolanza della cultura giuridica. I visigoti, sotto il comando di
Alarico II) furono i primi a creare una codi cazione ‘volgare’ che consisteva in fonti narrative
romane tratte dai testi originali e da un diritto penale barbarico. Di queste codi cazioni ce ne sono
due: La lex romana Wisigothorum e la Lex Wisigothorum. Si pensava che fossero marcate da una
personalità del diritto, ma in realtà essi presentavano lo stesso materiale che però, nella lex
Wisigothorum era più semplice ed accessibile. Ciò era dovuta al fatto, non di voler dividere i
romani dai barbari, ma quello di concedere una versione sempli cata del diritto u ciale per
renderlo accessibili ai barbari, che per la prima volta fecero esperienza di un diritto completo e
scritto. Anche i Burgundi adottarono lo stesso meccanismo, sol che essi non trassero dai testi
romani originali, ma da un diritto molto volgarizzato in chiave germanica. Anche qui il diritto
penale era molto importante, dove ciascuna pena era legata al pagamento di una tari a, questo
meccanismo aveva lo scopo di sedare le liti famigliari con dei risarcimenti. I franchi, invece, non
ebbero una doppia legislazione, ma un’unica che prese il nome di Pactus Legis Salicae, che
consisteva in un accordo tra il popolo franco e i suoi maggiorenti dove c’erano una serie di
capitoli quasi tutti diretti a stabilire pene pecuniarie per reati. Gli ostrogoti, in ne, si regolarono
con l’editto di Teodorico, che aveva lo scopo di convertire una formazione di milite foederati in
una società civile, in questo editto si attinse in gran parte a dei precetti già emanati di diritto
romano.

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CAPITOLO III

Giustiniano nacque nel 482 in Macedonia in un area dove si parlava latino, ciò spiega perché fu
cosi legato, per tutta la sua vita, alla cultura latino-romana. Appena salito al trono, lui si cimentò
subito nei suoi 3 grandi progetti politici. Il primo era di creare una codi cazione, formò una
commissione incaricandola del compito rielaborare i vecchi codici, tendendo conto del nuovo
materiale facendo si che sia compatibile con il nuovo, per crearne un codice nuovo, snello e
moderno. Il primo codice, il Codex Giustinianeium, ebbe vita breve, venne subito ritirato per il
semplice motivo che, per Giustiniano, esso era troppo limitato, conteneva solo una parte del
diritto, lui voleva un insieme completo di tutto il diritto, così che, nel 534 nacque il Corpus Iris
Civilis. Quest’opera era divisa in vari libri, dove il Codex e il Digesto contenevano, il primo le leges
e il secondo gli iura, dove quest’ultimi furono scelti tra tutti gli insiemi di iura esistenti cercando di
trarne solo il meglio, che poi, successivamente, furono promulgati da Giustiniano stesso. Le
istitutiones, invece, erano dirette a istruire i giuristi e l’ultima parte, le novelle, contenevano tutto il
nuovo diritto promulgato dopo la promulgazione del Corpus Iuris Civili. Il secondo obiettivo era
quello di riuni care l’oriente all occidente, questa guerra durò ben 20 anni che mise a ginocchio
l’Italia, il risultato nale fu ottenuto, anche se fu e mero e durò poco, l’esito più durevole di
questa impresa era la Pragmatica Sanctio, attraverso la quale il C.I.C venne esteso in tutta Italia.
L’ultimo suo obiettivo era quello di uni care l’impero sotto un unico credo, ma questo progetto fu
n dall’inizio utopico.

CAPITOLO IV

Quarant’anni dopo la morte di Giustiniano i Longobardi, sotto il comando del re Albonio, iniziano a
stanziarsi in Italia, dove si disponevano in fare, che era un’unità interna all’esercito al cui capo
c’era sempre un dux. Da questa disposizione nacquero 36 ducati autonomi in Italia, che dopo la
morte del successore di albonio si diedero all’anarchia totale, ciascun ducato si autogovernava,
ri utando di eleggere un nuovo re. Nel 508 con l’avvento del re Autari venne instaurato un potere
regio centralizzato, che ruppe con il ceto dei romani potenti, introdusse di nuovo l’arianesimo e
una struttura unitaria. Lui riuscì a creare l’unità facendo sì che la metà dei beni di ciascun ducato
appartenesse alla corona e, inoltre, introducendo una corte regia che a ancasse quella ducale
per controllarla. Il successore di Autori, Rotari, dopo sei anni di regno e la pace tra i longobardi lui
emanò l’Editto di Rotari, che venne stabilito tramite Gairethinx, ovvero tramite un consenso che
nel quale venne coinvolto tutto il popolo. Esso era diviso in tre grandi sezioni. La prima, la parte
penalistica, era disciplinata da un tari ario, chiamato Giudrigiglio, nel quale veniva stabilita una
somma di denaro in base ad ogni pena commessa per risarcire il danneggiato. La seconda, la
sezione privatistica, era di base romana con in uenza germanica, qui vengono inquadrati bene i
diritti femminili. Essa era assoggettata al mundio, che era una sorta di tutela esercitata da un
uomo che aveva ni protettivi, potestativi e partimoniali. La donna aveva la capacità giuridica, ma
non la capacità di agire che era svolta da colui che aveva il mundio. In questa sezione si parla
anche di matrimonio, dove entrambe le parti portavano con se una dote, tra cui l’uomo portava la
Morgengabe, ovvero la dote del giorno dopo del matrimonio. In ne, l’ultima parte, era quella
processuale. Il processo germanico era molto diverso da quello romano, era caratterizzato da
oralità, formalismo e le parti avevano la prevalenza sul giudice. Il tema dei con itti in queste
società era molto delicato e poteva facilmente provocare grandi con itti, così che si cercò di
risolverli in modo più parziale possibile, anche tramite atti rimessi al caso.

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CAPITOLO V

Il secolo VIII era un periodo di cile in Europa, cambiano i rapporti tra Oriente ed Occidente e
nasce un nuovo assetto politico, i longobardi e Bisanzio perdono il potere lasciando spazio a due
nuove potenze: la Chiesa e i Carolingi. I longobardi volevano prendere l’esarcato di Ravenna per
poi procedere alla conquista di Roma. La chiesa si sentiva minacciata, voleva chiedere l’aiuto a
Bisanzio ma evitò perché stava conducendo una lotta contro l’iconoclastia, che colpì anche
Ravenna, complicando gravemente i rapporti tra Bisanzio e Roma, a tal punto che la prima voleva
ridurre all’obbedienza la seconda. La chiesa voleva staccarsi da Bisanzio per mettersi sotto la
tutela di Carlo Martello, sovrano dei Franchi che erano cattolici. La chiesa contò sulla loro
presenza per attaccare Astolfo, sovrano dei Longobardi, che aveva attaccato e conquistato
Ravenna, la chiesa chiese di restituirli il territorio, lui negò e la chiesa chiamò i franchi. Pipino il
breve che con la battaglia di Poitiers portò l’espansione islamica ad occidente, chiese alla chiesa
il titolo di re, che sotto queste spoglie si impegnò a riconquistare l’esarcato e di restituirlo alla
chiesa. In cambio i Franchi avrebbero ottenuto dei territori sottratti ai longobardi, anche per la
comodità di avere alleati attorno a se stessa. La chiesa impartì un unzione regia alla stirpe di Carlo
Martello, per sostituire de nitivamente l’autorità bizantina. A natale dell’anno 800 il papa Leone III
incoronò Carlo Magno imperatore dei Romani. Lui non si vedeva molto romano perché voleva
mantenere le sue origini barbariche, accettò questo titolo solo in modo apparente e come mezzo
per espandere il suo impero. Cercò di calmare i rapporti, anche tramite un possibile matrimonio,
con Bisanzio, ma ciò non funzionò. Carlo Magno cercò un compromesso con Niceforo, unico
imperatore romano che fu deposto dalla chiesa, e si giunse alla conclusione che Carlo avrebbe
mantenuto il titolo imperiale e l’altro il titolo di imperatore romano (pace di Aquisgrana). L’impero
di Carlo Magno ebbe lunga vita e ci fu una buona cooperazione tra stato e chiesa, entrambi
avevano bisogno dell’uno e dell’altro.

CAPITOLO VI

La produzione normativa dei sovrani carolingi era pur troppo complessa per le esigenze di una
vira semplice. Le loro norme prendono il nome di Capitulari, che sono un’insieme di precetti, frutto
della volontà del sovrano, più o meno lunghi incatenati tra di loro in capitoli, anche se a volte non
omogenei. Dopo la morte di Carlo Magno, i capitolari andarono a speci carsi in diverse categorie.
I capitularia ecclesiastica sono il frutto di un intensa cooperazione tra lo stato e la chiesa, che,
quest’ultima, si trovava in una situazione penosa e aveva bisogno dell’aiuto della chiesa per
essere completamente riformulata e rinvigorita. Spesso erano i concili stessi a preparare il testo
delle disposizioni che poi venivano successivamente approvati dal re. La cooperazione funzionò
bene tra di loro no al momento in cui l’aristocrazia iniziò a prendere sempre più potere, la quale
si ribellò perché vide i propri interessi lesi dalla corona a causa delle sua grande devozione per la
chiesa. La chiesa si sentì sempre più minacciata dall’avvento dell’aristocrazia, veniva spesso
vincolata da loro nella sua attività, così, per far fronte a loro iniziò un gran lavoro di falsi cazione di
documenti per legittimarsi il suo potere (come i decretali pseudo-isidoriane e donazione di
costantino). Nelle tipologie di Capitolari le Legibus addenda svolgono un gran gran ruolo in
quanto erano un mezzo per trarre le antiche leggi popolari nella sfera legislativa del sovrano. Nel
regno carolingio c’era un grandissimo pluralismo giuridico, ciononostante Calo Magno consentiva
l’amministrazione dei singoli popoli tramite le loro leggi, a meno che fossero approvate da lui e
messe per iscritto. Per evitare confusioni spesso i notai indicavano in ogni carta che diritto veniva
utilizzato e nei contratti veniva inserita la professiones iuris, nella quale le parti dichiaravano
ciascuna di vivere secondo una determinata legge per via della loro nascita in un determinato
popolo. Nei due secoli di dominazione longobarda i testi giustinianei risultarono troppo di cili e
subirono grandi modi che e molte parti, che si de nivano inutilizzabili scomparvero. Nel periodo
di costantino con la rinnovatio imperi si cercò di recuperare le fonti originali giustinianee, dove
nacque la Lex Romana Canonice Compta, che era un riassunto del diritto rimano fatto dalla
chiesa, inoltre nacquero altre raccolte che furono tutte messe insieme nella Lex Romana.

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CAPITOLO VII

Il feudo è un istituto assolutamente fondamentale nel medioevo, spesso si è cercato di capire se


fosse un istituto antico, sviluppato dai romani, oppure una novità che nasce nel medioevo. Si
ritiene che esso sia un invenzione dei Franchi che l’avrebbero sviluppato con i primi insediamenti
in Gallia dei Merovingi, all’inizio del V secolo, il quale fu poi successivamente di uso dai
longobardi nell’Italia padana e meridionale. Con Carlo magno avvenne la costituzione de nitiva
del feudo. Questo istituto può essere visto come l’insieme di tre elementi che sono l’espressione
delle tre forze storiche del medioevo: il germanismo, la chiesa e la romanità. Il primo di questi
elementi è costituito dal Vassallaggio che era fondato sulla delitas che il vassallo doveva prestare
al suo signore. La gura della delitas è molto importante, prima corrispondeva ad una forma
etica astratta, secondo il quale il cittadino doveva ubbidire alle leggi in quanto fedele alla corona,
successivamente la delitas si concretizza, come per esempio tramite l’obbligo del sovrano di
proteggere il vassallo e si specializza in varie forme, tra cui il vassallaggio. Il secondo elemento è
costituito dal Bene cium che consiste in un tipo di salario che era connesso ad un servizio che
era svolto per il signore. Un esempio di bene cium era quello militare, il sovrano compensava con
delle terre i soldati dopo la battaglia. I beni potevano essere assegnati in due modi, in precaria o
precarium. Il terzo e ultimo elemento che costituisce il feudo era l’Immunitas che era l’esenzione
di un pagamento di alcune tasse personali e patrimoniali concesso per certi tipi di beni o persone.
Tramite l’immunità venivano delegate a determinate persone alcune funzioni amministrative ed
esattive, come per esempio il proprietario del feudo nel medioevo aveva delle funzioni politiche.
Lo stesso Carlo Magno favoriva questo decentramento politico, tramite l’assegnazione su feudi,
per migliorare il controllo della corona. Questo decentramento, però, si tramutò ben presto in
autonomia facendo sì che l’autorità del re svaniva pian piano a favore di quella dei signori locali.

Con lo sviluppo delle grandi città la gura del signore feudatario diventava sempre più importante
perché era vista come un’unità di difesa della città stessa. Con l’Edictum de Bene ciis si accordò
la stabilità dei bene ci: nessun milites maggiore o minore poteva essere privato dei propri terreni
dalla chiesa se non per colpa propria.

CAPITOLO VIII

La presenza di Bisanzio era sempre molto ridotta nel piano politico, però, pian piano, all’inizio del
VIII secolo, la sua in uenza politica si fece sentire. In questi anni l’imperatore Leone III promulgò
un insieme normativo molto importante: L’Ecloga di leone l’isaurico (Ecloghe ton nomon), che era,
già il titolo lo dice, una selezione delle leggi vigenti, costituendo un compendio di norme tratte da
giustiniano intessute però da consuetudini bizantine, a ciò si aggiunge inoltre una sezione penale
di Leone III. La sezione penalistica era costituita da numerose pene a ittive e atroci, marcate da
un gusto orientali per le mutilazioni. La parte privatistica svolgeva anche un ruolo molto
importante, dove viene trattato ampiamente del matrimonio, che si poteva concludere in due
modi, engrafos gamos, ovvero tramite struttura notarile fatta alla presenza di tre testimoni, era
destinato soprattutto per la de nizione degli assetti patrimoniali e l’atro, afrafos gamos, che
consisteva in una semplice celebrazione basata sulla comunione, essa veniva fatta anche tramite
delle procedure religiose in ecclesia. Oltre all’ecloga giravano altri piccoli insiemi normativi, tra cui
una raccolta per la navigazione, una per l’esercito e una per amministrazione agricola. Dal 846 in
poi ci furono diversi avvenimenti che prepararono l’italia per ricevere una nuova dinastia. Basilio I,
re bizantino, una volta preso possesso del mezzogiorno, per ricostruire il proprio impero voleva
creare una grandiosa raccolta del vero materiale giustinianeo, che avrebbe dovuto chiamarsi
Anacatharsi, costituendo una vera e propria puri cazione delle leggi antiche. Questa impresa non
fu mai avviata, ma in cambio nacquero due sillogi, la legge manuale e la ripetizione delle leggi,
quest’ultima era in poche parole un estensione della prima, entrambe attingevano da materiale
giustinianeo di seconda mano, non toccavano i testi originali, e avevano l’intento di accantonare
l’ecloga, ma ciò non fu cosi perché queste due sillogi si basavano anche sul materiale suo. Il glio
di Basilio I, Leone VI, venne chiamato il saggio, a lui si deve la maggiore opera legislativa
medievale, I Basilici, che attingeva dal materiale giustinianeo originale ed era scritto in greco,
questo contribuì molto alla sua propagazione. Tutte le raccolte giuridiche citate non si
accantonavano a vicenda, bensi insieme formarono e concedevano le leggi dell’impero, avendo
ciascuna un proprio ruolo, l’ecloga era vista come un diritto basso e consuetudinario, i basilici
erano invece una legge alta.

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CAPITOLO IX

Oltre al mondo dei legislatori e dei complessi normativi esiste anche il mondo della prassi, i cui
protagonisti sono i giudici e i notai, che avevano lo scopo di accertare i principi non scritti dai
posti dalle consuetudini e caricarli di aucroritas e, inoltre, di conservare i documenti. Il notaio è
una gura già nota in età romana e ai tempi dei longobardi, noti come scrivani pubblici o come
notarius publucus. Nei capitolari carolingi si stabiliva che i notai erano sottoposti a una nomina e
controllo dall’alto, cosi che gli fosse attribuito uno status semi u ciale. L’u cialità e l’attribuzione
dell’e cacia dell’atto avveniva tramite la rmitas o stabilitas. Essi hanno due signi cati, quello
della irrevocabilità e dell’inattaccabilità dell’atto e del suo contenuto. Il documento stesso veniva
chiamato rmitas, dove c’era la sottoscrizione delle parti per assicurare l’inattaccabilità sia del
contenuto che del documento stesso. Il documento erogava la rmitas nel momento in cui veniva
cristalizzata la volontà tra le parti. Si può concludere dunque che il documento aveva una natura
probatoria e costituiva. L’istituto germanico della Gewere svolse una grande importanza, che era
un modo di trasferimento della proprietà e che in sostanza designava il mero legame materiale
dell’uomo con la terra fuori da quali cazioni giuridiche. L’origine del termine Gewere deriva da
vestire, che fa riferimento alla investitura. Il sistema curtense svolse anche un ruolo importante,
esso era il fulcro della grande proprietà fondaria, esso si fonda sulla struttura del latifondo romano
tardo antico e prevedeva un comprensorio centrale sfruttato dal padrone con opera servile e una
costellazione di fondi detti mansi, che erano dati in concessone con la contropartita di censi di
moneta. Questo istituto è l’opposto della proprietà unica e indivisa, perché provoca una
strati cazione della proprietà.

CAPITOLO X

Dopo l’anno 1000 c’è una vasta trasformazione degli assetti economici-sociali che incentivano
anche il rinnovamento del rapporto tra stato e chiesa. L’impero ottenne, dopo i carolingi, una
nuova dinastia germanica, quella degli ottoni, che si legò con matrimonio ai bizantini, creando
cosi un in uenza germinino-bizantina. Il glio di questa alleanza, Ottone III, volle restaurare la
tradizione imperiale marcata da una forte cultura romano-germanica-bizantina: secunda
rinnovatio imperi. Con l’incoronazione dell’imperator romanorum si passò al restauro delle regalie,
ovvero il restauro di tutti quei diritti sovrani che erano andati persi negli ultimi decenni (es. potere
pubblico). La politica del recupero delle regalie infastidì due forze storiche in ascesa: le città, che
erano diventate delle vere e proprie unità a se stanti, e la chiesa, che non ne poteva più della
assidua interferenza dell’imperatore e di essere vista come un istituto dello stato. Si apre cosi, tra
Enrico IV, imperatore e Gregorio VII, il ponte ce, una lotta che venne de nita delle investiture.
Entrambi condussero una grande opera propagandistica per a ermare la superiorità del proprio
potere. Il ponte ce Gregorio VII, rivoluzionario a amato, si era formato in Francia e aveva
teorizzato la riforma interiore ed esteriore della chiesa. Commissionò un’opera che prese il nome
di Dictatus papae, che era la prima collezione normativa canonica che aveva un unico tema: i
poteri del ponte ce. Esso era un lapidario composto da 27 brevi proposizioni tutte rivolte ad
esaltare la dignità e i poteri del ponte ce romano. Dall’altro lato, da quello imperiale, c’era la
Defensio Henrici IV Regis, essa è un’opera con molteplici riferimenti al diritto romano che venne
scritta dai partigiani del monarca per marcare la superiorità e l’obbedienza imperiale. Il cittadino in
questo periodo era in crisi ed in con itto con esso stesso, doveva dare retta alla fede oppure al
potere dello stato ?

CAPITOLO XI

Al sorgere del nuovo millennio anche la cultura appariva in grande crescita. Marziano Cappella in
una sua opera mitologica sperava cosa fosse l’arte e la divise in 7 discipline che a sua volta erano
divise in due macro gruppi. Il Trivium, che consisteva nell’arte del bel parlare e della retorica, a cui
era strettamente associato lo studio della giurisprudenza, la quale non veniva più studiata
autonomamente, ma collegata con varie materie; Il Quadrivium si basava sui fenomeni obiettivi
fondati sul numero e sulla quantità, dunque materie prevalentemente scienti che. Le arti liberali
rappresentavano lo schema d’istruzione superiore anche nell’alto medioevo. Nel 825 l’imperatore
Lotario si rese conto delle cattive condizioni della dottrina italiana, cosi che decise di intervenire
con il suo celebre capitolare ecclesiastico olandese, che costituisce il provvedimento carolingio
più signi cativo in tema di istruzione superiore. All’inizio del nuovo millennio abbiamo diverse
scole in Italia, tra cui quella già signi cativa era quella di Pavia che godeva di un’ottima fama.
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Questa era una scuola professionale di diritto longobardo-franco rivolta alla formazione di giudici,
come frutto di un programma di riquali cazione degli apparati giudiziari che fu perseguita dopo la
restaurazione da parte di ottone. Questa scuola usò studiare gli editti longobardi e il capitulare
italicum che furono raccolti in un’opera chiamata Liber Papiensis. Ad essa è anche attribuito un
altro scritto, il Capitularium, esso scrive un quadro complesso di leggi germaniche. La scuola
pavese studiava prevalentemente il diritto longobardo-franco, e, in forma sussidiaria anche il
diritto romano. Le istituzioni avevano incominciato a essere ristudiate e coronate da glosse e
anche il digestio suscitò un gran interesse. Odofredo narra che i libri giustinianei sarebbero stati
trasferiti a Bologna durante le guerre, dove Inerio li avrebbe studiati e costituito su di essi il
proprio insegnamento. Si narra inoltre che Pepo sia stato il primo ad insegnare il diritto romano, di
cui non si sa molto, spesso si identi cava con l’ononimo dr. legis, alcuni sostengono che fosse
stato vescovo di Bologna. Lo scritto dove si sente di più il pensiero di Pepo è il Exceptiones
legum romanorum petri, dove si esplicita il principio canonisti della prevalenza del diritto naturale
su quello civile e dell’equita sulla legge scritta.

CAPITOLO XII

La gura di Irnerio viene collocata in un ampio panorama di rinascita culturale de nito


rinascimento, inteso come la rinascita del mondo classico con la riscoperta dei testi classici,
come quelli di cicerone e di aristotele (la logica). In questo periodo la lingua greca era scomparsa
dalle competenze delle persone, i testi gradi vennero studiati grazie alla loro traduzione in arabo e
successivamente in latino, specialmente nel sud della Spagna dove c’erano molti circoli
intellettuali. Attorno ad Inerio, uomo di grande cultura ed molto eclettico, era tedesco, un giurista,
professore di grammatica e un funzionario imperiale, si formò un gruppo di studenti che avevano
lo scopo di studiare i testi classici in modo scienti co, critico, cercando di capirli e di ridonare a
loro la loro portata originale, essi intraprendevano un ruolo di Filologia. Questo gruppo di studenti
erano chiamati glossatori, essi avevano il compito di ricostruire il CIC (commissionato da Matilde
di Canossa), tramite delle glosse, che erano dei piccoli commenti marginali al testo. Il corpus iuris
civilis era arrivato nell’alto medioevo in circostanze pietose, ma Inerio in poco tempo riuscì a
restituirli una forma linguistica e concettuale accettabile. Lui ebbe però alcune perplessità
riguardo alle novelle per la loro forma e lingua diversa del CIC, ma a causa della non trascurabile
di usione egli decise di salvarle, smembrandole: le colloca, divise per argomento, a seguire dei
capitoli del codice che trattano quegli stessi argomenti. La sua posizione lo imperiale fu espressa
anche nel lavoro di restauro della lex de imperio, che era una legge tramandata tramite il CIC,
sulla cui autenticità gravano molt dubbi, essa è risalente al regno di vespasiano nella quale si
sancisce che il popolo romano conferisce tutti i poteri politici alla gura imperiale.

CONCETTO FIRMITAS

La stabilitas- rmitas esprimono il signi cato di irrevocabilità e di intoccabilità dell’atto e del suo
contenuto, dalla quale nasce l’e cacia dell’atto. Il documento otteneva la rmitas nel momento
in cui veniva cristallizzata e de nita la volontà delle parti, ottenendo l’e cacia sia in senso
costitutivo e anche in senso probatorio: il documento diventa uno strumento idoneo a
dimostrare un determinato diritto in sede giudiziaria. La rmitas la possiamo trovare nei documenti
il quale veniva chiamato rmitas stesso e anche nelle obbligazioni, in quanto la rmitas costituisce
in un certo senso la nascita dell’obbligazione stessa, quando essa diveniva e cacia veniva
de nita rma. Con la rmitas si ha una forma idonea a generare obbligazioni e a traferire i
beni. Si cercava sempre di ottenere l’autoritas di un documento interpellandosi ad un autorità
oppure attingendo al potere giudiziario con l’ostento chartae. I documenti aventi auctoritas
pubblica venivano ra orzati e resistenti alle cotestazioni giudiziali. I documenti erano di varia
natura, esibivano compravendite di terre, donazioni ecc, erano soprattutto trasferimenti di diritti
reali. Il trasferimento del possesso era un tema molto importante che veniva individuato
nell’istituto della gewere, che designava il mero legame materiale dell’uomo con la terra fuori
da quali che giuridiche. Il termine gewere deriva da vestire, che viene ricollegato all’idea
dell’investitura romana. Il termine gewere non appare in Italia, ma il termine investitura. La
gewere-investitura faceva dei diritti reali un abito della persona, ossia uno status, ch’è sintomo
suggestivo di una visione dell’economia, che si ri ette negli assetti economici dell’organizzazione
rurale come nel sistema curtense, che era fulcro dell’organizzazione della grande proprietà
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fondiaria. Questa organizzazione prevedeva un comprensorio centrale sfruttato direttamente
dal padrone con mano d’opera servile, e una costellazione di fondi detti mansi che erano dati in
concessione con la contropartita di censi in moneta o in natura e di una serie di prestazioni
di lavoro. In questo sistema c’era un’organizzazione autarchica, un circuito chiuso tra
produzione e consumo

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