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Questione Balcani

La cosi detta crisi d’Oriente iniziò nei territori dell’impero ottomano della penisola balcanica nel
1875, con lo scoppio di diverse rivolte e guerre, e si concluse nel 1878 con il Trattato di Berlino.
L’autorità ottomana nei Balcani nel corso dell’Ottocento perdeva occasionalmente il controllo su
intere provincie. I sentimenti indipendentisti e irredentisti nella regione erano sempre più forti. Al
contempo, tutte le potenze europee temevano che la disgregazione dell’impero ottomano,
potesse avvantaggiare nazioni ritenute nemiche, di conseguenza tutte convergevano sull’idea di
tenere l’impero in vita come il “malato d’Europa”.
Tuttavia, tutto ciò che succedeva nei Balcani, era di forte interessa sia dell’impero Russo sia
dell’Austria-Ungheria. La Russia aveva sempre aspirato a svolgere il ruolo di protettrice nei
confronti delle popolazione slave, di conseguenza incoraggiava le spinte indipendentiste (La
Serbia aveva come progetto quello di costruire uno stato degli Slavi del Sud. La Russia dal canto
suo appoggiava questo progetto). L’Austria-Ungheria invece voleva ra orzare la propria in uenza
nell’area.

Nel 1875 la crisi si apre con una rivolta in Bosnia contro l’impero ottomano. Il ministro degli Esteri
Ungherese, a questo punto, elaborò un pacchetto di riforme da inviare all’impero ottomano.
Questa misura legislativa passò alla storia come “Memorandum di Berlino”, ossia una serie di
proposte presentate dalla potenze centrali all’impero ottomano, al ne di attenuare la situazione
nell’area balcanica. Tuttavia, queste proposte vennero ri utate. La situazione peggiore quando
anche in Serbia e nel Montenegro muovono guerra all’impero, con l’obbiettivo di ottenere
l’indipendenza. Nel frattempo l’imperatore russo e il ministro degli esteri ungherese sottoscrissero
un accordo, dove si stabiliva che l’impero ottomano sarebbe dovuto rimanere in vita, in quanto gli
esiti del suo scioglimento sarebbe stati di cili da gestire. (Lega dei tre imperatori: Germania,
Austria-Ungheria, Russia).
Tuttavia, per la Russia si presentava un problema: di fronte alla repressione della popolazione
slava, in quanto sua protettrice, non avrebbe potuto non intervenire.
Durante la Conferenza di Costantinopoli tenutasi nel 1876, nella quale si riunirono le Francia Gran
Bretagna Italia Russia Germania Austria Ungheria e impero ottomano, vennero ribadite al sultano
le misure già in precedenza presentate, che ancora una volta però vennero ri utate. (Tra le
proposte, c’era l’indipendenza della Bulgaria). Questa situazione culminò nell’ 77 quando la
Russia decise di intervenire-> guerra Russo-Turca (77-78), che segnò la disfatta dell’impero
ottomano. Venne rmato il Trattato di Stato Stefano con il quale la Russia ottenne molta in uenza
nella regione. Nel 79 allora, sotto richiesta dell’Austria , il Trattato venne rivisto durante il
congresso di Berlino, al quale decisero di partecipare anche le altre potenze europee.
L’Austria-Ungheria ottiene l’amministrazione della Bosnia Erzegovina.
Lo stato della Bulgaria venne ridimensionato.
La Germania da questa crisi non ottiene nulla in termini territoriali ma ra orza la sua pozione
come potenza mediatrice, ra orzando sempre più i suoi rapporti diplomatici, con l’obbiettivo di
creare un sistema di alleanze che a ermi l’equilibrio in Europa, tutto sempre nell’ottica anti
francese.
La Francia invece ottiene l’appoggio per quella che sarà l’impresa di Tunisi, mentre l’Italia non
ottiene alcun bene cio.

Dopo aver ottenuto l’amministrazione della Bosnia, l’Austria si muoverà per ra orzare la propria
presenza nei Balcani. Tra Italia e Austria aumenteranno le tensioni per il tema delle terre irredenti,
se l’austria avesse ottenuto la Bosnia in maniera de nitiva, l’Italia avrebbe chiesto il Trentino e la
Iugoslavia. Tuttavia, l’Italia non trovò appoggio.

Dopo il congresso di Vienna


Il congresso di Vienna rappresentò il tentativo da parte delle potenze europee di restaurare gli
ancienne regime antecedenti all’espansione napoleonica. L’idea delle monarchie europee, che
furono appunto restaurate, era quella di liquidare tutto ciò che aveva fatto parte dell’avventura
napoleonica, ria ermando il ceto dirigente dell’ancienne regime. Tuttavia, il sovrano e la cerchia
nobiliare attorno a lui iniziarono a sentire la necessità di essere a ancati da esperti, che potessero
aiutarli nella gestione del potere. A questo proposito in diverse stati verrano fondate delle camere
consultive, che a ancavano il re nella gestione di una complessità che prima non esisteva. A
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partire dalla restaurazione quindi i vari stati europei si iniziano ad organizzare in apparati di
carattere burocratico-amministrativi costituiti da esperti.
Il personale di cui parliamo proveniva in parte dall’aristocrazia in parte dalla borghesia, che una
volta coinvolto nella vita politica inizia a chiedere una maggiore partecipazione ed in particolare
delle costituzioni. Il tema delle costituzioni sarà un tema fondamentale per tutto l’800.
La battaglia per le costituzioni venne portata avanti dalla borghesia con l’obbiettivo di delimitare il
potere della corona.
L’ Europa fu mossa da una serie di proteste che in alcuni paesi avevano l’obbiettivo di arrivare ad
una rivisitazione della monarchia, come in Francia, in altri avevano l’obbiettivo di arrivare
all’indipendenza, come in Italia.

Italia liberale
Il sistema politico dell’Italia liberale può essere considerato un sistema ibrido, in quanto un
sistema a cavallo tra monarchia costituzionale e monarchia parlamentare. Lo statuto Albertino
infatti prevedeva un regime di monarchia costituzionale, tuttavia con il tempo si è a ermata anche
una prassi di regime parlamentare. Ciò accade quando sale alla presidenze del consiglio Cavour.
Cavour, Presidente del Consiglio del Regno di Sardegna, già nel 1852 aveva realizzato il cosi
detto connubio, ossia un governo nato dall’unione delle due componenti moderate della destra e
della sinistra storica.
A partire dal 1848 la contrapposizione tra stato ponti cio e regno di Sardegna si era fatta sempre
sempre più radicale. Il mondo cattolica veniva percepito come il mondo contro l’imperialismo e
contro il processo di uni cazione.
Cavour nel corso del suo governo cercò di ra orzare la gura del parlamento e la sua autorità. Nel
1855 ci fu la cosi detta Crisi Calabiana nata in seguito alla proposta di Cavour di far approvare un
pacchetto di leggi anti clericali sui conventi, alla quale si opposero Senato e Re. Il re infatti
sostenne la proposta del vescovo Calabiana di non sopprimere i conventi, ma far pagare alla
sente sede l’obolo. Il sistema politico quindi si blocca (crisi di governo) e il re interviene
dimettendo Cavour, come previsto dallo statuto. La crisi, che durò quasi un anno, si risolse con
l’intervento di Vittorio Emanuele II che richiamò Cavour alla guida del governo. È in questo
momento che si a erma un principio fondamentale che determinerà la nascita della prassi
parlamentare in Italia, parliamo del principio della doppia ducia: il presidente deve godere della
ducia del re e del parlamento allo stesso tempo. È proprio grazie a questo elemento che
parliamo di sistema ibrido.

Il ruolo del parlamento e dei partiti nell’Italia liberale


Durante tutto il corso dell’Italia liberale non esisteranno partiti veri e propri, la vita politica del
paese si svolgeva solo all’interno del parlamento, che era il luogo di compensazione dei vari
interessi, che in questa fase storica erano per lo più localistici. (Tuttavia, con la sinistra il carattere
localistico tenderà ad a evolirsi, in quanto espressione dei ceti emergenti di tutta la penisola). La
lotta politica quindi in questa fase avveniva all’interno delle aule parlamentari e non tra partiti. Non
a caso una delle prassi sistemiche dell’Italia liberale era che i cambiamenti di governo avvenivano
prima in parlamento e solo successivamente venivano indette le elezioni. In questa contesto
aveva molta importanza la stampa: i giornali erano lo strumento con il quale i deputati facevano
sentire la propria voce e quella del loro schieramento politico. La stampa era lo strumento
attraverso il quale gli schiarimenti all’interno del parlamento comunicavano con il paese. I partiti di
massa, caratterizzati da segretario, direzione, rami cazioni sul territorio, non esistevano in quanto
non necessari perché l’elettorato era molto ristretto. La struttura partitica, che sarà utilizzata poi
per ottenere consenso e voti, non esisteva, esistevano solo dei circoli in varie zone del paese.
Un’altra caratteristica tipica della pratica politica nell’Italia liberale riguarda l’intervento del
governo durante le elezioni. A partire da De Pretis, Crispi e poi Giolitti, il governo si servi della
polizia e dei prefetti per brogli e pressioni, al ne di modi care l’esito delle elezioni e mantenere
salda la loro maggioranza centrista.

Il riformismo di Depretis
De Pretis a di erenza di Crispi, credeva che l’utilizzo della forza, ed in generale l’autoritarismo,
non avrebbero funzionato a regolare le tensioni sociali di usesi nel paese. Egli stesso si de nì un
liberale progressista, era, infatti, favorevole alla modernizzazione e democratizzazione del
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sistema, e la sua politica si muoveva nell’ottica di paci care le tensioni. Possiamo descrivere la
sua strategia con tre espressioni: riformismo, allargamento delle basi sociali e costruzione di un
identità nazionale attraverso il colonialismo. Tuttavia, il suo riformismo si arrestò quando,
attraverso la riforma elettorale, permise l’ingresso in parlamento a nuove forze politiche. Temendo
che ciò potesse destabilizzare il sistema De Pretis iniziò ad attuare il cosi detto trasformismo, una
strategia che consisteva nel creare grandi maggioranze centriste, con l’obbiettivo di emarginare le
correnti estreme e quelle da poco emerse, come i socialisti. Si abbe quindi un certo immobilismo
riformistico . Di conseguenza la politica si a ermò come buona amministrazione dello stato.
Prevale una visone politico amministrativa e le grandi divisioni del periodo risorgimentale tendono
ad attenuarsi per difendere le istituzioni liberali. Dunque con De Pretis nisce il sistema bipartitico
(sistema che torna alle elezioni del 1944). In politica estera De Pretis porta avanti un certo
attivismo, per diverse ragioni: creare un’identità nazionale sulla quale potessero convergere le
masse, accreditare la posizione dell’Italia a livello internazionale ed uscire dall’isolamento
diplomatico, in ne l’ultimo ragione fu lo schia o ricevuto in seguito alla penetrazione della Francia
a Tunisi, un’area con forte presenza siciliana. (L’Italia non aveva ottenuto l’appoggio della Gran
Bretagna rispetto alla sua volontà di insediarsi in Africa perché era interessata all’Egitto e non
volevano che l’accesso al mediterraneo orientale fosse controllato da una potenza. L’arrivo dei
Francesi a Tunisi fu quindi uno schia o per l’Italia )

Questione dei cattolici


La spaccatura che si consuma a partire dal 48 tra stato e chiesa è uno dei grandi tema della storia
dell’Italia liberale, tema che ha in uenzato anche la storia dei partiti italiani. Infatti, la classe
dirigente liberale quando nacque il regno d’Italia doveva occuparsi del cosi detto processo di
“nation building”, costruzione della nazionale, dell’identità nazionale. In questo contesto
innanzitutto, il sentimento religioso non poteva essere sfruttato dalla classe dirigente liberale al
ne di creare un identità nazionale perché il mondo cattolico era contro il processo di uni cazione.
La questione dei rapporti tra liberali e cattolici spiega anche perché in Italia non si a ermò mai un
sistema realmente bipartitico: la destra nel momento in cui perde la guida del potere (1876) non
riesce a creare uno schieramento alternativo alla sinistra, in quanto gli manca la componente
cattolica.
Esisteva una parte del mondo cattolico favorevole al dialogo con le istituzioni, ma la maggior
parte dei cattolici erano intransigenti e anti liberali. Fino al 1866 quest’ultimi avevano pubblicato
dei testi nei quali condannavo il liberalismo. Successivamente cercarono di boicottare il processo
unitario sia attraverso la stampa sia tramite il brigantaggio.
Nel 1874 nasce l’opera dei congressi : un organizzazione cattolica italiana fondata con l’obbiettivo
di tutelare i diritti della chiesa ridotti ai minimi termini dopo l’uni cazione e per promuovere le
opere caritative cristiane. Nell’ottica del vaticano l’opera dei congressi doveva essere un
organizzazione (non un partito) in grado di operare all’interno della società attraverso le cadde
parrocchiali e le diocesi, ma soprattutto in grado di rappresentare un alternativa alla classe
liberale.

Opera dei congressi

Le sue origini possono essere fatte risalire ad un'assemblea di cattolici riuniti a Venezia il 2 ottobre
1871. Venne proclamata uf cialmente la sua nascita nel 1874. Si trattava di un associazione
politico-sociale (non un partito!) cattolica, che aveva l’obbiettivo di tutelare i diritti della Chiesa,
ridotti ai minimi termini dopo l'uni cazione italiana, e di promuovere le opere caritative cristiane. 4].
In ambito nazionale l'organizzazione si uniformava al divieto ponti cio contenuto nel non expedit .
In ambito provinciale e comunale si adoperava invece af nché i cattolici si organizzassero e
venissero eletti negli consigli locali. Era organizzata in comitati parrocchiali, diocesani e regionali, e
oltre a svolgere un rilevante ruolo sul piano sociale, servì anche a canalizzare l’opposizione politica
dei cattolici al liberalismo.
Alle elezioni del 1904, Papa Pio X, facendo eccezione al non EXPEDIT, consentì che in alcuni
collegi i cattolici votassero per i liberali, così da impedire la vittoria dei candidati socialisti. La
decisione del Papa faceva seguito all’intensa attività svolta dalle organizzazioni cattoliche, che
facevano capo all’opera, in campo politico sociale. Tuttavia, queste attività lasciavano
insoddisfatti gli ambienti più avanzati del mondo cattolico, appartenenti alla corrente della
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democrazia cristiana. Le altre correnti all’interno del mondo cattolico erano: i “clerico-moderati”,
favorevoli al dialogo con le istituzioni librali e gli “intransigenti”, quei cattolici ostili al liberalismo. I
democratici cristiani ritenevano che per contrastare il socialismo, la Chiesa avrebbe dovuto
iniziare ad interessarsi delle istanze dei lavoratori. Tra la ne del secolo e il 1904, quest’ultimi,
guidati dal sacerdote Murri, promossero il cosi detto sindacalismo cattolico. Un’altra gura
importante in questi anni sarà quella del sacerdote Sturzo, che organizzò delle leghe contadine.
Tuttavia, il radicalismo dei democratici cristiani iniziò a preoccupare i moderati. Così Pio X
accogliendo le loro istanze nel 1904 sciolse l’opera dei congressi.

Note da ricordare

• “La sarmonica parlamentare”= in presenza di gure parlamentari forti, l’intervento della


monarchia sarà limitato, al contrario, nei momenti di crisi interviene il carattere di monarchia
costituzionale.

• Età gioliottiana= fase più ampia di parlamentarizzazione

• Fenomeno del brigantaggio= divampata a partire dal 1861/1862. Nel sud Italia nasce un primo
movimento di contestazione che riuniva sotto di se mal contenti di diversi natura: i legittimisti
borbonici, i papalini, i contadini che rivendicavano il possesso delle terre che coltivavano,
inoltre, la popolazione del meridione aveva percepito i piemontesi, che parlavano francese,
come degli invasori. Insomma c’erano diversi strati sociali che non si riconoscevano nel nuovo
stato. Il governo, guidato dalla destra storica, reagì a queste prime contestazioni con la violenza,
inviando l’esercito a reprimere le rivolte ed emanando la legge Pica. L’idea era quella di
difendere il neonato stato che era ancora fragile e quindi poteva essere facilmente disgregato.
Di fatto la forza e la violenza portarono nel 65 a considerare il fenomeno del brigantaggio
esauritosi.

• Leggi guarantige = si ispiravano alla linea Cavouriana della separazione tra stato e chiesa.

• Rivoluzione parlamentare 1876=fu un alternanza anomala, non fu il tratto di una consultazione


popolare e la maggioranza che prima a poco prima appoggiava un governo di destra, inizia ad
appoggiare un governo di sinistra. La destra storica cade sull’ordine del giorno Morana
(statalizzazione delle ferrovie).

• Clausola Mancini= una clausola presente nel trattato della Triplice alleanze, che prevedeva il
non intervento contro la Gran Bretagna. Il trattato non poteva essere valido nei confronto della
Gran Bretagna (era impensabile che l’Italia potesse difendere le proprie coste dalla marina
britannica, inoltre c’era un forte legame dinastico con quest’ultima)
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