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CAPITOLO 4: FORME DI STATO

Il termine FORMA DI STATO sta a indicare l’insieme dei principi / regole fondamentali che caratterizzano un
ordinamento statale, e quindi, che disciplinano i rapporti fra lo Stato-Apparato (titolare di usare legittimamente la
coercizione) e la comunità degli associati (cittadini).

—> correlato al concetto di REGIME POLITICO (individuazione delle nalità generali che lo stato vuole perseguire)

—> correlato al concetto di COSTITUZIONE MATERIALE (insieme dei valori dominanti che contrassegnano un
ordinamento costituzionale)

La distinzione fra MONARCHIA e REPUBBLICA è stata proposta a lungo come criterio fondamentale di classi cazione
delle forme di Stato, d’altronde ne parlava già Aristotele, Machiavelli, ma anche Montesqueu.

Da un lato il Re (personi cava lo Stato, aveva una legittimazione dinastica e non rappresentativa) e da un lato il Capo
dello Stato (come uno degli organi statali, aveva una legittimazione dalla volontà popolare e quindi rappresentativo).

Oggi, la distinzione fondamentale delle forme di stato, è quella tra STATO DEMOCRATICO e STATO AUTOCRATICO.

Lo stato democratico è caratterizzato da una struttura pluralistica, pluripartitica, e a potere ripartito. —> è fondato sulla
titolarità collettiva, e su un esercizio ripartito del potere, le decisioni si basano sul consenso popolare.

Lo stato autocratico è monolitico, monopartitico, e a potere concentrato. —> è fondato su una titolarità ristretta,
dall’esercizio accentrato del potere, decisioni basate sull’imposizione.

**In realtà questa classi cazione non comprende alcune esperienza del passato, es. lo stato liberale classico o lo stato
assoluto, che entrambe non rientrano in quelle due categorie**

**Gli stati contemporanei possono anche essere divisi in Stato di derivazione liberale // Stato Socialista // Stato
autoritario // Stato modernizzatore **

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Oggi, la concezione di stato democratico è essenzialmente PROCEDURALE, nel senso che la democrazia è de nita
come un processo nalizzato a adottare le decisioni politiche.

—> sistema pluripartitico nel quale una maggioranza governa nel rispetto dei diritti delle minoranze.

Una de nizione FORMALE della democrazia sarebbe quella di “regole procedurali per assumere decisioni
indipendentemente dal contenuto di queste, fondata su una loso a relativistica dei valori, che sarebbero sempre
reversibili data la intercambiabilità al potere di diversi soggetti”.

**Kelsen: le regole democratiche consistono nell’esistenza di un organo rappresentativo elettivo, nel sistema elettorale
proporzionale, nel principio di maggioranza, e nel ruolo determinante di mediazione svolto dai partiti politici*

In realtà la democrazia non è solo un insieme di regole formali e procedurali, ma anche un sistema basato su un minimo
essenziale di PRINCIPI E VALORI, in esse incorporati o presupposti, che è di solito sancito a livello costituzionale, ed è
condiviso dalla società, e quindi non è liberamente reversibile da una maggioranza elettorale o parlamentare.

—> è quindi un processo in continua evoluzione

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Oggi, la concezione di stato autocratico, è invece residuale e negativa, perchè comprende tutte le esperienza che non
possono essere quali cate come democratiche.

Autocrazia signi ca governo di uno, e ricopre concetti come quelli di dittatura // regime autoritario // regime totalitario,
che in realtà sono distinti tra loro.

- DITTATURA: forma di concentrazione del potere nelle mani di un organo monocratico.



La dittatura SOVRANA determina la vigenza di una nuova costituzione attraverso l’esercizio di un potere costituente
che agisce in totale rottura con l’ordinamento costituzionale preesistente, e quindi si con gura come un potere
illegittimo e di fatto. Essa deriva non da uno stato di necessità eccezionale, ma da una crisi di regime, e pur
presentando i caratteri della temporaneità e della straordinarietà, sfocia non nel ripristino della costituzione, ma nella
instaurazione di una nuova forma di stato. —> fase transitoria —> de nitivo superamento dell’ordinamento
preesistente e formazione di un nuovo ordinamento

(*a Roma nel V-III sec a.C. c’era la dittatura commissariale, con il dictator come magistrato straordinario in casi
eccezionali, che ha tutti i poteri, ma è un potere legittimo e disciplinato dalla costituzioni, è temporaneo, e si
conclude con il ritorno al funzionamento normale dell’ordinamento preesistente).

- REGIME AUTORITARIO: forma di dominio politico che si fonda su una concentrazione forte del potere, un basso
livello di consenso e mobilitazione popolare, l’uso della forza, e la repressione dell’opposizione (esempi: Germania
nazionalsocialista // Italia fascista // Regime salazariano in Portogallo // Regime franchista in Spagna) // Regimi
autocratici dell’Asia, Africa, Am. Latina).

- REGIME TOTALITARIO: (es. regime fascista / nazionalsocialista tedesco / comunista URSS)



Il termine indica l’aspirazione dello Stato a occuparsi di ogni aspetto della vita sociale.

Caratteristiche essenziali sono la proclamazione di un’ideologia u ciale dello stato che viene inculcata manipolando
i media nelle coscienze dei singoli.

La fonte suprema di potere è il partito unico, i cui organi si sovrappongono a quelli dello stato, e in particolare,
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fondamentale è il capo carismatico alla guida del partito come personi cazione del potere, incarnando l’ideologia
u ciale.

Inoltre si fonda su una mobilitazione permanente delle masse (consenso di tipo plebiscitario e che non consentono
reali alternative) e si fonda su una struttura di tipo poliziesco.

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Ci sono dei criteri (rapporto stato-società civile // titolare del potere e modo di esercizio // derivazione del potere e sua
natura // riconoscimento dei diritti di libertà e garanzie // esistenza di una costituzione) che applicati all’evoluzione
storica delle forme di stato, creano la distinzione tra STATO ASSOLUTO / STATO LIBERALE (prima) e STATO
AUTORITARIO / STATO SOCIALISTA / STATO DEMOCRATICO (oggi).

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*Di forma di stato si può parlare solo con la nascita degli stati-nazione (Europa - XIV sec).

Non è tale l’ordinamento feudale del IX-XII sec.

Esso si fonda su un tessuto sociale costituito da comunità di ridotte dimensioni e isolate l’una dall’altra, e su
un’economia agricola autosu ciente basata sullo scambio in natura.

Vi è totale identi cazione fra la persona sica del Signore/Re e la proprietà della terra + il potere esercitato sulle masse
contadine

—> ordinamento patrimoniale-privatistico: NO FINE PUBBLICISTICO, ma solo salvaguardia e incremento della


proprietà terriera del signore, fondandosi su rapporti privatistici-contrattuali tra Re e Feudatari, e tra Feudatari e uomini
liberi.

La sovranità del re è puramente teorica, in quanto ogni feudo costituisce un ordinamento autonomo posto sotto la
iurisdictio del singolo feudatario.

Non vi è un unico ordinamento sovrano, ma una pluralità di ordinamenti autonomi: Chiesa, comunità urbane, ceti
artigianali, mercantili, ecc… e si danno proprie regole.

La grande massa della popolazione è contadina : non si può parlare di pretese soggettive.

Solo gli uomini liberi (appartenenti alla nobiltà e clero) possono rivendicare alcuni privilegi —> 1215 magna charta:
essere giudicati dai propri pari, e convocare rappresentanti della nobiltà fondiaria ogni volta che il re dovrà fare ricorso a
imposizione di tributi.

Non esiste costituzione: esistono solo tradizioni secolari, e rapporti di dominio tramandatisi nel tempo.

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LO STATO ASSOLUTO

Si sviluppa in Europa nella 2^ metà del XIV sec, e costituisce la prima forma di Stato (nascita dello stato-nazione).

—> nasce grazie alla progressiva uni cazione sotto il dominio del re di ampi territori (UK / FR / SP). —> Espansione
demogra ca, surplus di produzione agricola che incoraggia gli scambi con i popoli vicini, e desiderio del re di a ermare
in concreto il dominio politico sui suoi territori.

Economia: agricola + sviluppo del capitalismo mercantile —> scambio merci-denaro.

Grazie alla sicurezza dei tra ci, nuovi territori e nuovi mercati, la borghesia si ra orza.

Si distinguono 2 fasi:

- assolutismo EMPIRICO: (1500-1700) Si parla di Stato patrimoniale, resta forte l’intreccio tra ne pubblicistico e
privatistico

- assolutismo ILLUMINATO (dalla ne del 1700) (Austria / Prussia) Si parla di Stato di Polizia: cioè lo stato persegue la
nalità pubblicistica di realizzare il benessere dei sudditi.

Con l’assolutismo nasce uno stato-apparato, separato dalla società, che persegue in nome e per conto del re ni
pubblicistici.

E’ formato da un corpo amministrativo-burocratico di funzionari stipendiati, un esercito permanente, un sistema di


esazione dei tributi.

Viene stabilita la distinzione tra patrimonio privato del re e patrimonio pubblico.

Secondo Jean Bodin: la sovranità è un potere assoluto, perpetuo e indivisibile, la cui titolarità spetta alla Corona, cioè
un organo dello stato con le caratteristiche della impersonalità e continuità.

Solo le leggi di successione / naturali / divine si impongono al Re: per il resto può far valere il principio di autorità ed è
legibus solutus.

Il potere è accentrato nelle mani del Monarca, ma c’è spazio per le autorità locali, ci sono ordinamenti autonomi.

Il re concnetra nelle sue mani il potere esecutivo e anche legislativo (assemblee medievali ora hanno solo un ruolo
consultivo)… e anche il potere giudiziario è amministrato da tribunali composti da giudici di nomina regia.

Il potere del re è di origine divina e si trasmette per via ereditaria… e non ha natura rappresentativa.

—> dunque il potere politico rimane espressione di un’unica classe, ed è nelle mani di un organo monocratico.

Anche qui non si può parlare di diritti, ma solo di pretese di natura privatistico-patrimoniale, di cui sono titolari coloro
che possono vantare un titolo di proprietà, e che se subiscono danni ingiusti possono rivalersi nei confronti del FISCO.

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E’ in Europa ( e in particolare in Francia) che l’assolutismo trionfa, esprimendosi da un lato nell’attribuzione alla
burocrazia di un potere sempre più dispotico, dall’altro nel mantenimento alla nobiltà e clero alto dei privilegi feudali e
della rendita parassitaria derivante dalla proprietà della terra.

—> si determina una netta frattura sociale / politica con la borghesia —> scaturirà da qui il passaggio allo stato liberale.

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LO STATO LIBERALE

La crisi dello stato assoluto è determinata da ragioni FINANZIARIE (costo apparato e militare), ECONOMICO-SOCIALI
(rivoluzione industriale, e crescente egemonia borghese), POLITICHE (necessità per la borghesia di conquistare il potere
politico e piegarlo alla tutela dei propri interessi).

La base economica dello stato liberale è costituita dal modo di produzione CAPITALISTICO, basato sulla proprietà
privata dei mezzi di produzione // sulla libera concorrenza // sulla ricerca del pro tto come ultimo ne dell’attività
economica // sulla centralità del mercato come misura del valore delle merci.

Il passaggio alla nuova forma di stato avviene con tempi e modi diversi nei vari paesi.


- INGHILTERRA: nasce assai presto qui, in seguito alle rivoluzioni del Parlamento vs gli Stuart. Tramite le leggi del
Parlamento la borghesia inglese trasforma gli antichi privilegi in diritti, e pone una serie di limiti al potere del
Monarca. Quindi è un passaggio graduale e senza traumi.


- USA: dopo la guerra di indipendenza dalla Gran Bretagna, e con la Costituzione di Filadel a (1787), si costituisce
naturalmente lo stato liberale. E’ il prodotto di una società formata da uomini liberi e proprietari, che non deve fare i
conti con una nobiltà inesistente.

La ricerca della massima espansione possibile dei diritti individuali, a cominciare da quello di proprietà, e della loro
garanzia sancita da una legge superiore, ne costituisce l’e etto logico.


- FRANCIA: il passaggio avviene in forme violente, in quanto la borghesia è costretta a a ermare i suoi interessi e
principi vs i privilegi della nobiltà e del clero, e vs il potere dispotico dell’ancien regime. Serve quindi una rivoluzione.


- GERMANIA / ITALIA: la debolezza della borghesia (= sviluppo industriale ritardato) e l’esistenza di una forte
aristocrazia terriera e militare, fanno si che lo stato liberale nasca come frutto di un compromesso e di una
rivoluzione dall’alto, realizzata grazie all’espansione progressiva rispettivamente dello Stato Prussiano e del Regno di
Sardegna.

Per questi motivi esso assume una connotazione statalista e centralista.

Caratteri dello stato liberale:

Esso distingue tra sfera pubblica (= mantenimento ordine / uso legale della forza) e sfera privata (= dove si esplicano
liberamente i rapp economici e gli interessi privati fondati su proprietà e contratto) (si a erma il valore della persona
come soggetto in sè avulso dai rapporti sociali e che agisce in una sfera privata teoricamente intangibile).

Sul terreno politico-sociale si assiste alla soppressione degli ordinamenti corporativi e degli organismi intermedi ancora
presenti nello stato assoluto. I nuovi organismi associativi, come i partiti, sono ancora deboli.

Sul terreno economico si parla di STATO NON INTERVENTISTA, anche se in realtà un intervento dello stato c’è
dovunque (ma in realtà di tipo sussidiario, es. nanziamenti ai privati, o comunque volto a garantire dall’esterno le
condizioni per il libero svolgimento dell’attività economica privata).

In generale si può dire che, sottraendo l’economia al terreno della decisione politica, lo stato liberale tende a
subordinare il fattore politico a quello economico, ma non comporta la debolezza dello stato, che si caratterizza per la
sua autonomia nei confronti della società.

Esso ha il monopolio della forza legale, e non esita a sottoporre a limitazioni i diritti civili quando è indispensabile per la
salvaguardia dell’interesse generale della classe borghese.

Titolare della sovranità non è la Corona, ma la NAZIONE, intesa come entità unitaria e indivisibile che trascende la
volontà dei singoli.

In realtà il concetto di Nazione di fatto comprende solo coloro che esprimono una comune visione ideale e sociale,
quindi non l’intero popolo, e tende a individuare la borghesia come classe dominante portatrice dell’interesse generale.

—> in concreto la Nazione può agire solo attraverso organi dello stato, per cui la sovranità nazionale diventa o
SOVRANITA’ DELLO STATO (Italia e Germania, dove lo stato viene considerato persona giuridica) o SOVRANITA’ DEL
PARLAMENTO (Francia e UK), quale organo titolare della funzione di fare le leggi, fonte primaria del diritto ed
espressione della volontà generale.

La separazione dei poteri (legisl / esecut / giurisd ) è uno dei principi-cardine dello stato liberale, e risale a Montesquieu.

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La classe borghese vuole spezzare l’assolutismo monarchico, garantendo una distribuzione del potere sovrano fra
diversi soggetti… inoltre potere legislativo e potere esecutivo rappresentano due classi sociali diverse, ed è all’interno
del primo che la borghesia a erma dapprima la propria egemonia.

—> Nello stato liberale, tale principio viene assolutizzato, nel senso di pre gurare una perfetta corrispondenza tra
organo, funzione attribuita, forma ed e cacia degli atti prodotti nel suo esercizio. (ma ciò non corrisponde pienamente a
ciò che diceva Montesquieu, il quale sottolineava come fra i tre poteri dovessero esistere forme di reciproco controllo e
condizionamento per evitarne la degenerazione).

Nell’applicazione pratica del principio si hanno n dall’inizio interferenze funzionali tra i vari poteri, per cui si veri ca una
combinazione tra separazione e collaborazione tra di essi.

In particolare l’INDIPENDENZA DEL POTERE GIUDIZIARIO si impone naturalmente nei paesi anglosassoni di common
law, trovando solide fondamenta nell’attività di produzione normativa svolta dai giudici e quindi nell’autorevolezza delle
loro decisioni.

Invece nei paesi di Civil law europei il processo è lento e faticoso perchè i giudici sono un corpo di funzionari pubblici
soggetto alla legge e garantito da uno status particolare, condizionato quanto alla sua organizzazione dal potere
politico, e nello svolgimento della funzione giurisdizionale dalla volontà del legislatore.

Con lo stato liberale si a erma anche il principio della RAPPRESENTANZA POLITICA.

Infatti la nazione, che è titolare della sovranità, può operare solo tramite rappresentanti provenienti dal suo seno, che
sono chiamati a curare nalità generali e di natura politica.

Le ELEZIONI diventano lo strumento fondamentale per la scelta dei “migliori”, ovvero rappresentanti che rivestono una
particolare posizione sociale e sono legittimati a manifestare una volontà libera e non vincolata a precise direttive dei
propri elettori.

—> Dal 1791 viene sancito il divieto di mandato imperativo, in base al quale gli eletti rappresentano non coloro che li
hanno votati, ma l’intera nazione, e quindi non interessi particolari, ma l’interesse generale.

—> Comunque lo stato liberale è rappresentativo, ma “monoclasse”, in quanto attraverso il su ragio ristretto, basato
sul censo o sul reddito degli elettori, esclude dal voto la grande maggioranza del popolo, e i rappresentanti sono
notabili provenienti dalle classi agiate.

—> quindi lo stato liberale non è democratico, ma OLIGARCHICO (per il momento).

Altra caratteristica è il RICONOSCIMENTO COSTITUZIONALE DEI DIRITTI DI LIBERTA’, che si identi cano con i diritti
civili (diritti della persona individuale) e come libertà negative (riconoscimento a ciascuno di una sfera privata libera da
ogni ingerenza esterna, anche pubblica) (es. diritto di proprietà).

Ma lo stato liberale non è completamente libero, perchè esso ostacola l’estensione del riconoscimento di questi diritti
(civili e politici) alle classi subalterne, i cui componenti non sono soggetti di diritto, ma assoggettati a questi.

Il radicamento dei diritti è più forte nei paesi dove si a ermano per via consuetudinaria (UK) o Rivoluzionaria (USA /
FR) , dove vengono teorizzati come diritti naturali preesistenti allo stato e fondati su una legge superiore rappresentata
dalla costituzione.

E’ invece più debole in Germania e Italia, dove vengono con gurati come diritti pubblici soggettivi, che costituiscono il
frutto del riconoscimento da parte dello stato del potere degli individui di far valere proprie situazioni giuridiche
soggettive o status.

In ne grande conquista è la COSTITUZIONE come atto fondamentale che assicura la garanzia dei diritti, e stabilisce la
separazione dei poteri (art. 16 dichiarazione francese 1789).

—> La costituzione è legge superiore nei confronti della legge ordinaria quando è il frutto di un processo
rivoluzionario // ottenimento dell’indipendenza nazionale (es. cost nordamericana 1789 // costituzioni rivoluzionarie
francesi).

—> E’ invece di fatto derogabile dalla legge ordinaria se deriva da una concessione del Monarca o ha origine
compromissoria (es. costituzioni della Restaurazione // statuto albertino 1848).

—> Quindi lo stato liberale è uno STATO LEGISLATIVO: la legge è l’atto fondamentale chiamato a garantire equilibrio fra
autorità dello stato e libertà dei singoli.

Nello stato liberale si a erma la concezione dello stato di diritto inteso come sottoposizione degli stessi poteri pubblici
a un insieme di regole astratti e generali predeterminate

—> stato fondato sul riconoscimento di un corpo di principi (supremazia della legge / separazione poteri / legalità
formale) e sulla garanzia giurisdizionale dei diritti di libertà.

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LO STATO AUTORITARIO

Questo termine è applicato ai regimi che si sono imposti in Europa fra le 2 guerre mondiali, ispirati a un’ideologia
fascista o ultranazionalista di destra

(Spagna Franchista / Portogallo Salazariano / Italia fascista / Germania nazionalsocialista).

—> deriva dalla debolezza degli istituti liberal-democratici, e dal carattere compromissorio e fortemente statalistico
assunto dallo stato liberale in questi paesi.

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Lo stato autoritario nasce come risposta alla crisi dello stato liberale, e ha come presupposto economico lo sviluppo del
grande capitale e l’intervento dello stato in economia, ma assume opposte caratteristiche sociali (la sua base di massa
è soprattutto la piccola borghesia), ideali (= ideologia illiberale e antipluralistica) e istituzionali (dà vita a un sistema di
potere autocratico).

—> anzichè allargare la base di massa dello stato liberale e garantire l’integrazione delle organizzazioni del movimento
operaio, si propone di distruggere quest’ultimo e sopprimere ogni forma di con itto e dissenso.

Rapporti fra il regime fascista italiano e nazionalsocialista tedesco:

Dal punto di vista ideologico, entrambi esaltano il concetto di Nazione, ma in Germania è più accentuato, perchè il
nazionalsocialismo ne individua il fondamento nella comunità popolare basata sull’unità di sangue e razza del popolo
tedesco, quindi con connotati apertamente razzisti soprattutto nei confronti degli ebrei o diversi che pregiudicherebbero
la purezza della razza ariana (in realtà, oltre alle leggi di norimberga tedesche, anche le leggi razziali italiane).

Per quanto riguarda i rapporti Stato-partito, in Italia si a erma il principio dell’integrazione del partito nello Stato
(statalizzazione di alcuni organismi di partito).

In Germania si a erma una concezione tripartita:

- elemento dinamico: partito e leader carismatico

- elemento statico: stato

- elemento non politico: popolo

= partito > stato > popolo

—> Ne deriva una distinzione tra organi del partito e organi dello stato, che spesso crea confusione e sovrapposizione
di competenze: un doppio stato, e vi è frequente identi cazione tra le gerarchie del partito e i titolari delle massime
cariche statali —> si fonda su intreccio tra vertici del partito e vecchia classe dirigente burocratico-militare.

In realtà solo il regime nazionalsocialista assume i caratteri del totalitarismo (Hitler è anche capo dello stato, e c’è il
ricorso allo strumento plebiscitario)… quello italiano è solo autoritario (qui vengono fatte salve la libertà religiosa
*cattolica* e economica, mantenuta la magistratura ordinaria *ma anche magistrature speciali*, permane al vertice dello
stato la corona *ma solo ruolo formale*, e non si realizza la piena integrazione delle masse nel regime).

—> Insomma il fascismo italiano è un totalitarismo “ancora in costruzione” (c’è il paritto unico, il capo carismatico,
l’ideologia u ciale, ma la mobilitazione delle masse resta passiva e il ricorso al plebiscito abbandonato).

Ci sono comunque caratteristiche comuni.

Nello stato autoritario si attenua la separazione stato-società, in quanto viene attuata una statalizzazione coattiva della
società, che distrugge o controlla gli organismi intermedi e penetra nella sfera privata dei cittadini. La cultura è veicolo
di propaganda dell’ideologia u ciale.

Lo stato autoritario è interventista in economia, e sviluppa anche un signi cativo intervento di tipo sociale, ma non
corrisponde il riconoscimento di diritti sociali a favore dei cittadini.

La concentrazione del potere è fortissima.

Le autonomie territoriali vengono soppresse o presiedute da organi monocratici non elettivi.

Il potere legislativo è subordinato a quello esecutivo, che legifera in prima persona con decreti con forza di legge o
regolamenti.

Una posizione di predominio è riconosciuta al capo del governo nella scelta dei ministri (subordinati a lui e non legati al
rapporto duciario con il parlamento), nella direzione politica del paese e nel comando delle forze armate.

*In Germania il Fuhrer ha il compito di unire partito, stato e popolo: assume la guida di tutte le funzioni fondamentali
dello Stato*

*In Italia le proposte che sottopone alla corona hanno carattere vincolante, di fatto*.

*In Italia è importante il ruolo del GRAN CONSIGLIO DEL FASCISMO composto da membri di diritto provenienti dal
partito fascista e presieduto dal capo del governo, con funzioni di pareri obbligatori sulle leggi fondamentali // lista dei
candidati alla carica di capo del governo // lista bloccata di 400 deputati da sottoporre all’approvazione del corpo
elettorale —> coordina con il capo del governo a determinare l’indirizzo politico.

Lo stato autoritario sostituisce alla rappresentanza politica elettiva una rappresentanza monopartitica e corporativa.

Il Parlamento viene dapprima controllato grazie a leggi elettorali che favoriscono il partito al potere, per poi essere
assimilato completamente al regime perdendo la sua origine elettiva.

In Italia la legge Acerbo attribuisce i 2/3 dei deputati alla lista di maggioranza che superi il 25% dei voti (come si veri ca
a vantaggio del partito fascista nelle elezioni del 1924 in condizioni di semilegalità) e poi nel una legge nel 1928 prevede
che il corpo elettorale si pronunci su una lista bloccata di 400 deputati designati dal gran consiglio del fascismo. —> le
elezioni del 1929 e 1934 assumono carattere plebiscitario. Inoltre una legge del 1939 sostituisce la camera dei deputati
con la camera dei fasci e delle corporazioni, non elettiva, ma composta dai consiglieri nazionali del partito e dai membri
del gran consiglio.

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La natura antidemocratica e antipluralistica del regime autoritario si manifesta nel ruolo del partito unico —> in GER /
ITA tutti i partiti vengono messi fuori legge e arrestati gli esponenti.

Il partito al potere, rigidamente gerarchizzato e posto al servizio del capo, viene trasformato in ente di diritto pubblico.

Lo stato autoritario si caratterizza inoltre come corporativo, in nome di un’ideologia che per salvaguardare la nazione e
la concordia fra le categorie sociali, nega il pluralismo e la legittimità del con itto. In Italia i rapporti di lavoro vengono
disciplinati da contratti collettivi di diritto pubblico, stipulati dal sindacato u ciale e validi per tutti gli appartenenti alla
categoria interessata. Lo sciopero viene punito come reato. Gli eventuali con itti sono risolti dalla “Magistratura del
lavoro”.

Lo stato autoritario è illiberale e repressivo, in quanto non solo nega i diritti politici, ma limita pesantemente gli stessi
diritti civili.

Le autorità di polizia hanno ampi poteri. Le attività dei privati hanno parecchi vincoli.

Ci sono reati politici e di opinione, vs gli oppositori del regime.

La costituzione preesistente rimane formalmente in vigore, ma progressivamente viene erosa e superata da un insieme
di leggi e di prassi che danno origine a una costituzione vivente, frutto della progressiva integrazione o cooperazione tra
stato e partito.

—> dietro l’apparente continuità giuridica con il precedente assetto costituzionale, vi è quindi una rottura che ne
modi ca i principi e meccanismi di funzionamento.

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LO STATO SOCIALISTA

Lo stato socialista si a erma in Russia in seguito alla rivoluzione del 1917 e a partire dal 1922 nell’Unione delle
Repubbliche socialiste sovietiche (URSS), poi si è esteso dopo la seconda guerra mondiale a vari paesi dell’Europa
centro orientale, dell’Asia (Rep Pop Cinese) e a Cuba (con la rivoluzione castrista del 1959).

—> nonostante la crisi dello stato socialista che nell’ultimo decennio del secolo scorso ha travolto URSS e regimi
comunisti europee, ancora sono numerosi gli stati alla quale si richiamano (Cina / Corea del Nord / Vietnam / Cuba).

Anche lo stato socialista nasce in contrapposizione allo stato liberale, assumendo alcune caratteristiche simili a quelle
dello stato autoritario (partito unico / concentrazione e personalizzazione del potere / negazione dei diritti civili e dei
diritti politici), eppure sono varie le di erenze economiche e ideologiche.

Mentre lo stato autoritario convive con il mercato capitalistico, nello Stato socialista si impone un MODO DI
PRODUZIONE COLLETTIVISTICO, basato sulla statalizzazione dei mezzi di produzione, e che sostituisce al mercato un
piano economico quinquennale centralizzato.

(***Non ha avuto fortuna il tentativo della repubblica socialista di Jugoslavia di seguire una via fondata sulla
socializzazione dei mezzi di produzione, l’autogestione***

***Una parziale accettazione del mercato si ebbe in URSS nel 1990 con Gorbaciov***

***Processi di apertura al mercato // e al riconoscimento di attività economiche private si sono veri cate in Cina,
Vietnam e Cuba***)

Se l’ideologia dello stato autoritario è individualista, corporativa e nazionalista, l’ideologia dello Stato Socialista è
COLLETTIVISTICA, CLASSISTA E INTERNAZIONALISTA.

Essa si fonda sul marxismo-leninismo nella sua versione più dogmatica, che concepisce lo stato come strumento della
dittatura di classe, e quindi la “DITTATURA DEL PROLETARIATO” come fase necessaria di passaggio a una società
comunista senza classi.

—> in realtà le teorie sulla socializzazione dei mezzi di produzione e il deperimento dello stato no alla sua estinzione,
sono sfociate negli stati socialisti nel loro esatto contrario:

- statalizzazione dell’economia e un suo funzionamento rigidamente dirigista

- stato ipertro co e onnivoro

La statalizzazione determina una preponderanza della politica sull’economia, e della sfera pubblica su quella privata.

Lo stato-apparato viene a essere gestito da un ceto burocratico che adotta tutte le decisioni, e gode di condizioni
privilegiate rispetto alla grande maggioranza della popolazione.

La società è organizzata in strutture associative (collettivi di lavoro / sindacati / ecc…) collaterali al partito comunista, e
veicolo della sua ideologia e politica.

Soprattutto nella fase STALINIANA, l’URSS si con gura come un esempio di regime totalitario (ideologia u ciale, ruolo
del partito unico e capo carismatico, organizzazione capillare e mobilitazione permanente dei cittadini a sostegno del
regime).

Le costituzioni socialiste sanciscono il principio della sovranità popolare, precisando però che questa si esercita
attraverso gli organi del potere statale, e per popolo si intende l’alleanza degli operai e dei contadini sotto la guida della
classe operaia.

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Il principio della separazione dei poteri viene ri utato in nome del principio dell’UNITA’ DEL POTERE STATALE, che a
livello teorico si esprime nella quali cazione dell’organo parlamentare di origine elettiva come organo supremo del
potere statale (Soviet Supremo in URSS // Assemblea popolare nazionale in Cina). Questo esercita tutti i poteri e in
particolare quello legislativo e di nomina e revoca delle massime cariche dello Stato.

—> Dagli organi parlamentari del potere statale derivano gli organi dell’amministrazione statale (comitati) che hanno al
vertice l’organo collegiale di governo (Consiglio dei ministri).

La con gurazione assembleare della forma di governo è puramente teorica, a causa del carattere pletorico del
parlamento, e della rarità e brevità delle sessioni parlamentari.

L’organo che nisce per essere preminente è la Presidenza Collegiale del Parlamento (Presidium in URSS // Consiglio di
stato in vari pesi socialisti // Comitato permanente in Cina), il quale è titolare dei poteri di controllo sull’attività degli
organi amministrativi, esercita il potere legislativo tramite decreti, e quello di nomina e revoca spettanti all’Assemblea
quando questa non è in sessione.

—> di tale organo fanno parte i massimi esponenti del partito

—> è presieduto dal segretario del partito

—> svolge spesso anche le funzioni di capo dello stato collegiale (rappresentanza all’estero / rati ca trattati /
proclamazione stato di guerra) (la carica di presidente della repubblica monocratico è prevista raramente).

In pratica il poter reale è concentrato negli organi più ristretti, posti al vertice del Parlamento e dell’amministrazione, e
assume connotazioni di forte personalizzazione a favore del segretario del partito al potere.

In URSS, l’impostazione della fase rivoluzionaria (cost 1918 / 1924) che si proponeva il superamento della democrazia
rappresentativa attraverso un sistema di consigli (soviet) il quale partendo dai livelli territoriali inferiori giungeva no al
Congresso nazionale dei soviet (anche se nei fatti la preminenza spettava al Presidium e al Comitato esecutivo), viene
abbandonata con la costituzione del 1936, che introduce l’elezione del Soviet Supremo a su ragio universale, diretto e
segreto.

—> Successivamente anche gli altri stati socialisti adottano il principio della rappresentanza parlamentare.

Di erenze rispetto al modello democratico:

- proclamazione del principio del MANDATO IMPERATIVO, e revocabilità degli eletti da parte dei propri elettori

- carattere monolitico e omogeneo della rappresentanza, chiamata a esprimere gli interessi unitari del popolo.
L’elezione del Parlamento non è realmente libera, basandosi su un sistema di candidature rigidamente selezionate
dagli organi di partito e poi confermate dal corpo elettorale con una partecipazione e un consenso plebiscitari.

Il ruolo guida del partito comunista nei confronti dello Stato e della società viene espressamente riconosciuto dalla
costituzione.

In teoria le organizzazioni del partito sono nettamente separate dagli organi dello stato, ma di fatti il dualismo è
attenuato dal cumulo delle cariche.

Inoltre tutte le decisioni fondamentali sono prima prese dall’organo di vertice del partito (= comitato centrale) per poi
essere approvate dai competenti organi statali.

Il principio che regola il funzionamento interno del partito, successivamente esteso all’intero apparato statale, è quello
del centralismo democratico:

- ogni organo è eletto ed è responsabile verso i propri elettori

- le decisioni degli organi di livello superiore sono vincolanti per quelli inferiori

- la linea approvata dalla maggioranza deve essere disciplinarmente attuata.

—> Di fatto il centralismo, sia nel partito che nello stato, nisce per soppiantare qualsiasi spazio democratico, in quanto
reprime il dissenso subito, con l’accusa di “frazionismo”, e sostituisce di fatto al principio di maggioranza quello di
unanimità nell’adozione delle decisioni.

—> Inoltre anche nel partito di fatto il potere si concentra nelle mani degli organi più ristretti (u cio politico / segreteria /
segretario generale) rispetto all’organo teoricamente supremo o permanente (congresso / comitato centrale).

Le costituzioni socialiste contengono una parte relativa a diritti e doveri dei cittadini.

Ampio spazio è riconosciuto ai diritti economico-sociali, che di solito precedono gli altri.

Vengono riconosciuti anche i diritti civili e politici, dei quali si sottolinea l’e ettività (che li distinguerebbe dalle libertà
formali riconosciute nelle costituzioni occidentali), ma di fatti non viene riconosciuto il principio personalistico e il valore
universale dei diritti dell’uomo —> i diritti politici e civili sono funzionalizzati alla tutela degli interessi dello stato, della
società e della collettività e non possono essere esercitati contro l’esistenza e le nalità dello stato socialista (cit. Cost
Cinese).

—> ciò fa sì che nella prassi l’esercizio dei diritti costituzionali venga negato alle opposizioni e ai dissidenti, sottoposti a
pene detentive o a misure odiose e disumane.

L’e ettività dei diritti è pregiudicata dall’inesistenza di uno Stato di diritto.

Il principio della legalità socialista (che impone il rispetto della costituzione e delle leggi da parte dei cittadini /
organizzazioni / organi) non è assistito da un e ettivo sistema di giustizia costituzionale —> è di cile ammettere
l’istituzione di un organo che eserciti il controllo sulle leggi del parlamento (organo supremo titolare di tutti i poteri)

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—> di conseguenza il sindacato di costituzionalità è a dato alla stessa Assemblea.

In ne non è garantita l’indipendenza della magistratura (giudici eletti dai cittadini o dagli organi parlamentari e sono
revocabili in ogni momento).

La Procura ha il compito di vigilare sul rispetto della legalità socialista.

Gli stati socialisti adottano costituzioni le cui caratteristiche progressivamente si modi cano.

All’inizio si con gurano come costituzioni-bilancio brevi e essibili (= si limitano a formalizzare le realizzazioni compiute
soprattutto sul terreno economico-sociale).

In seguito al consolidamento del potere vengono adottate costituzioni programmatiche, lunghe e rigide, che
contengono principi e nalità da perseguire per il futuro, e sono revisionabili con il voto di una maggioranza quali cata
del Parlamento.

—> ma la rigidità costituzionale è solo teorica nei sistemi in cui domina il voto all’unanimità.

—> nei paesi socialisti quindi l’assetto costituzionale è poco stabile, e si succedono nel tempo vari testi e revisioni
costituzionali.

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LA CRISI DELL’URSS E DEGLI STATI SOCIALISTI EUROPEI

La crisi dello Stato socialista in URSS ha origine dal tentativo di riforma del sistema operato a partire dal 1985 con la
nomina di Gorbaciov a segretario generale del partito comunista URSS.

La riforma (revisioni costituzionali 1988-1990) consiste in una attenuazione del carattere collettivistico e piani cato
dell’economia // nel riconoscimento del principio della separazione dei poteri // nel ra orzamento del Parlamento grazie
a un’ampia durata delle sessioni parlamentari // nella modi cazione del sistema elettorale per incoraggiare una pluralità
di candidature // nella previsione di un presidente come organo monocratico // nel ridimensionamento dei poteri del
Presidium // nel riconoscimento del pluralismo politico e dei diritti fondamentali della persona // nel riconoscimento
dell’indipendenza della magistratura // nella creazione di un organo di giustizia costituzionale.

—> ovviamente queste riforme erodono le basi dello stato socialista, e non riescono a impedire l’esplosione delle sue
contraddizioni interne, dovute sia all’arretratezza del sistema economico-sociale, sia alla di coltà di una e ettiva
a ermazione del pluralismo.

L’URSS si disgrega in seguito al fallito tentativo di colpo di stato del 1991 da parte degli elementi più conservatori di
partito e stato:

—> gli organi parlamentari mettono fuori legge il partito comunista, sospendono la costituzione e danno vita a un
regime transitori

—> in rapida successione tutte le repubbliche dell’URSS dichiarano la propria indipendenza

—> La conferenza di Minsk del 1990 constata che l’URSS non esiste più, e nasce una comunità di stati indipendenti,
della quale fanno parte attualmente 10 stati dell’ex URSS

—> All’URSS, subentra così la FEDERAZIONE RUSSA, come nuovo soggetto di diritto internazionale (e membro
permanente del consiglio di sicurezza dell’ONU).

Parallelamente, e sotto la spinta delle trasformazioni in URSS, fra il 1989 e il 1991 si veri ca un analogo processo di
caduta dei regimi socialisti in tutti i paesi dell’Europa centro-orientale.

Nella maggioranza di questi paesi, ad una rottura dal punto di vista sostanziale rispetto ai principi e valori dominanti, si
accompagna una parziale continuità formale, che vede spesso come protagonista il Parlamento, eletto con nuove
regole elettorali tali da garantire il pluralismo, il quale di fatto assume una funzione costituente mediante l’approvazione
di una nuova costituzione o di una revisione sostanziale di quella vigente (Bulgaria / Cecoslovacchia / Polonia /
Ungheria, in seguito a accordi fra il partito nato da quello al potere e le opposizioni, spesso imposti da manifestazioni di
massa).

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La CECOSLOVACCHIA è un esempio di superamento paci co e concordato di uno stato federale: dal 1993 si divide,
dopo il voto favorevole del parlamento federale, in Repubblica Ceca e Repubblica Slovacchia.

In altri stati il superamento del regime è traumatico, veri candosi in seguito ad un colpo di stato (ROMANIA) o al rischio
di una guerra civile (ALBANIA).

Travagliato è processo che porta allo smembramento della Jugoslavia in 7 diversi stati:

prima dichiarano la propria indipendenza la CROAZIA / SLOVENIA / MACEDONIA / BOSNIA, poi SERBIA E
MONTENEGRO e poi il KOSOVO (tutto questo dal 1991 al 2008, accompagnato spesso da guerre fra nazionalità, per il
principio della pulizia etnica che mira a creare stati a nazionalità unica o dominante).

Fra 1989 e 1998 tutti gli stati ex socialisti danno vita a nuove costituzioni (o, come l’UNGHERIA, modi cano in
profondità quella vigente) disegnando una forma di stato in rottura col passato e avviare la transizione verso un modello
democratico-pluralistico, il cui compimento richiede complesse trasformazioni costituzionali, economiche, sociali e
politiche.

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—> I principi proclamati nei testi sono quelli tipici di uno stato democratico:

separazione dei poteri // pluralismo // rappresentanza politica // riconoscimento e garanzia dei diritti civili, sociali e
politici // indipendenza della magistratura // stato di diritto costituzionale.

In realtà, le situazioni concrete sono molto di erenziate, e il processo di democratizzazione appare tutt’altro che lineare.
In vari paesi ci sono problemi, come il mancato riconoscimento dei diritti delle minoranze nazionali, l’arretratezza
politica e economica, la limitazione dei diritti dell’opposizione, l’a ermazione di leadership ultranazionaliste… insomma
DEMOCRAZIE DI FACCIATA.

—>

Rientra in questa categoria l’UNGHERIA dopo la nuova costituzione del 2012 approvata dalla maggioranza
parlamentare di centro-destra, che ha un’impostazione nazionalistica, integralistica e tradizionalista, che comprime i
diritti delle minoranze nazionali e etniche, la libertà di professare un credo religioso diverso da quello cristiano, il diritto
alla diversità sessuale, ecc… impostazione che trova riscontro nell’indebolimento delle garanzie costituzionali… di fatto
molti diritti civili, politici e sociali non funzionano… spesso sono concepiti solo in via residuale e subordinata rispetto
alle esigenze di natura economico- nanziaria.

—>

La FEDERAZIONE RUSSA è il tipico esempio di democrazia di facciata: la gestione accentrata del potere da parte del
presidente, la debolezza del parlamento, il ruolo importante di gruppi criminali, la sanguinosa guerra in Cecenia, la
repressione nei confronti dell’opposizione, l’assassinio di giornalisti indipendenti, le leggi limitative dei diritti civibili e
politici, sono aspetti che sottolineano PROBLEMI E DIFFICOLTA’ DEL PROCESSO DI TRANSIZIONE.

—>

In ne GLI STATI NATI DALLO SMEMBRAMENTO DELL’URSS e facenti parte della CSI si trovano in una situazione
arretrata, derivante dal fatto che non sono cambiati nè la classe politica al potere nè i metodi di gestione dello stesso,
ed è molto forte l’in uenza del modello russo.

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L’EVOLUZIONE DELLO STATO SOCIALISTA IN ASIA E A CUBA

La crisi del modello sovietico non è priva di conseguenze per gli Stati che continuano a de nirsi socialisti, i quali
ricorrono a innovazioni signi cative a livello economico e a aperture verso l’esterno.

L’unica eccezione è la COREA DEL NORD (Rep. Democ. pop. di Corea) che si caratterizza come un regime totalitario,
repressivo dei diritti umani, e fondato sul monopartitismo e su un grottesco culto della personalità a vantaggio del
Presidente dell’organo esecutivo.

Le trasformazioni più signi cative avvengono in CINA, dove grazie alla crescita della produzione economica e del
costante incremento degli scambi con l’Occidente, si veri ca il parziale superamento dell’economia statalizzata e
piani cata, attraverso la creazione di una “Economia di mercato socialista”, la quale, pur a ermando il principio della
proprietà statale / collettiva dei grandi mezzi di produzione, consente lo sviluppo di un settore economico privato
sempre più consistente.

—> Nel 1988 vengono riconosciute le imprese private (sebbene col controllo e indirizzo statale).

—> Nel 1999 le imprese individuali e private sono componente importante dell’economia socialista di mercato.

—> Nel 2004 la protezione statale dei diritti e interessi dell’economia individuale e privata viene estesa ai settori non
pubblici dell’economia.

Il nuovo art 13 riconosce per la prima volta il diritto di proprietà / dei mezzi di produzione, a ermandone l’inviolabilità, e
se espropriati per interesse pubblico, viene pagato indennizzo.

—> Si dà quindi ampio spazio a uno sviluppo economico capitalistico, basato su un mercato scarsamente regolato e
sul mancato riconoscimento dei diritti dei lavoratori, il che accentua le profonde diseguaglianze esistenti nella società.

Problemi si pongono anche per il riconoscimento e tutela dei diritti fondamentali, ma anche qui non mancano segnali di
novità, come il nuovo art 33 che stabilisce che lo stato rispetta e tutela i diritti umani, anche se viene ribadita la
prevalenza dei DIRITTI ECONOMICI su quelli civili e politici, nonchè il divieto di esercitarli in contrasto con le nalità
dello stato socialista.

—> nei fatti non è assicurata l’e ettività dei diritti e vi è una rigida repressione del dissenso.

Inoltre il sistema politico continua a essere incentrato sul monopolio del potere da parte del partito comunista.

—> FORMA DI STATO: COMBINA UN SISTEMA ECONOMICO MISTO, STATALE-CAPITALISTICO, CARATTERIZZATO


DA UN ASSETTO AUTOCRATICO DEL POTERE POLITICO-ISTITUZIONALE CHE CONTINUA A ISPIRARSI AL
MODELLO VETERO-SOCIALISTA.

Anche in VIETNAM e nel LAOS si veri cano innovazioni derivanti dallo sviluppo di ampi scambi commerciali, creando
una economia socialista di mercato, riconoscendo il ruolo delle imprese private, e liberalizzando parzialmente il
commercio con l’estero, anche se la costituzione continua a sancire il ruolo guida del partito unico al potere e i principi
di funzionamento tipici del tradizionale modello socialista, e pur riconoscendo i diritti fondamentali, non prevedono
garanzie per renderli e ettivi.

A CUBA si veri cano cambiamenti quando subentra a Fidel il fratello Raul Castro come capo del governo. Vengono
introdotte varie novità, tra cui la privatizzazione di attività commerciali, concessione in usufrutto di terre ai contadini,
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libertà dei cubani di acquistare case e poter espatriare liberamente. Viene autorizzato l’investimento di capitali stranieri,
per i quali sono previste esenzioni scali.

Tuttavia il potere rimane monolitico sotto il controllo del partito comunista, e il dissenso viene represso.

IN DEFINITIVA LA SITUAZIONE DEGLI STATI SOCIALISTI NON E’ STATICA, MA LA SUA EVOLUZIONE DIPENDERA’
DAL VERIFICARSI O MENO DI UN PROCESSO DI DEMOCRATIZZAZIONE E DAL RICONOSCIMENTO EFFETTIVO DEL
PLURALISMO E DEI DIRITTI CIVILI E POLITICI.

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LO STATO DEMOCRATICO

Lo stato democratico nasce dalla crisi dello Stato liberale come risposta alla crescente insicurezza sociale causata dallo
sviluppo del capitalismo e alle ricorrenti crisi distruttive (es. 1929) che rendono necessario regolamentare il mercato e
attenuare le contraddizioni sociali.

—> Si pone in un rapporto di continuità con lo stato liberale (fa propri molti suoi istituti) ma anche di discontinuità
(estende quei principi e istituti a ceti sociali che prima ne erano esclusi, e introduce nuovi valori e istituzioni).

(****In Italia e Germania fra Stat Lib e Stat Dem in mezzo vi è il regime autoritario*****)

A livello economico lo sviluppo del capitalismo in senso monopolitistico e l’emergere delle contraddizioni sociali
determinano l’esigenza di un INTERVENTO REGOLATORE dello stato.

A livello politico-sociale l’integrazione di nuove classi sociali passa attraverso lo sviluppo del movimento operaio quale
forza organizzata, e il conseguente a ermarsi dei PARTITI DI MASSA (che divengono la struttura tipica anche dei partiti
che rappresentano la borghesia), caratterizzati da una forte centralizzazione e da un’ampia base di militanti, con una
struttura organizzativa capillare e un apparato professionale permanente.

Nello stato democratico si attenua la separazione tra Stato e Società, e fra Politica e Economia.

La società non è la somma degli individui ciascuno titolare di una sfera di libertà, ma nalmente viene concepita come
un insieme di gruppi organizzati che esprimono bisogni, interessi e volontà diversi cati.

L’ideologia democratica non rinnega il valore della persona, ma intanto a erma la pari dignità di tutte le persone
indipendentemente dalla loro condizione sociale, poi considera l’individuo non più solo chiuso in sè, ma nel rapporto
con gli altri e con la società.

—> il principio personalistico viene a convivere con quello solidaristico e egualitario, volto a garantire la più ampia
partecipazione alla vita politica anche dei cittadini più svantaggiati.

(***Per Kelsen, cambia il concetto di libertà: prima era libertà dell’individuo dal dominio dello stato…. ora è
partecipazione dell’individuo al potere dello stato****)

L’economia diventa oggetto di decisioni politiche, ed è MISTA, basata sull’intervento congiunto del privato e pubblico,
ed è un’ECONOMIA DI MERCATO SOCIALE, nel quale al riconoscimento della proprietà privata dei mezzi di produzione
si accompagna un intervento regolatore dello stato per garantire libera concorrenza // soddisfacimento di interessi
sociali // rispetto della dignità della persona umana

—> Lo Stato democratico viene perciò quali cato come STATO SOCIALE (o del BENESSERE / WELFARE), per
sottolineare la nuova sua nalità di operare una redistribuzione del reddito per ridurre le disuguaglianze e favorire
l’integrazione delle classi più deboli, intervenendo sul terreno economico-sociale.

—> compie investimenti pubblici, eroga servizi per soddisfare bisogni primari (istruzione / salute) e assiste persone
prive di adeguati mezzi di sostentamento, fa nanziamenti, ecc….

Sul terreno politico-sociale, si sviluppa una tta rete di organismi intermedi fra cittadini e stato, e quindi fondamentali
sono i PARTITI POLITICI, che sono il principale canale di collegamento fra comunità sociale e soggetti pubblici, e
svolgono funzioni per assicurare la partecipazione politica dei cittadini, l’aggregazione degli interessi intorno a
programmi politici generali, e l’attuazione del programma da parte delle istituzioni pubbiche.

—> Lo Stato democratico viene perciò quali cato come uno STATO DEI PARTITI.

Il principio costitutivo dello stato democratico è che la SOVRANITA’ APPARTIENE AL POPOLO, inteso come l’insieme
dei cittadini titolari dei diritti politici, ma la concezione dominante nelle democrazie pluralistiche non è quella di tipo
diretto, ma quella RAPPRESENTATIVA.

Lo stato democratico è un sistema complesso, ci sono molti poteri, alcuni titolari di funzioni di garanzia e non eletti (es.
potere giudiziario), e fondato su un rapporto tra maggioranza e opposizione.

IL PRINCIPIO DELLA SEPARAZIONE DEI POTERI subisce una serie di modi cazioni:

- si moltiplicano le funzioni statali non riconducibili alle 3 tradizionali (es. funzione di indirizzo politico, funzione di
revisione costituzionale)

- si a ermano nuovi poteri costituzionali di garanzia e controllo degli altri organi (es. corti costituzionali)

- sono riconosciuti a livello legislativo soggetti che non fanno parte di nessuno dei poteri tradizionali, sono
indipendenti dall’indirizzo politico, ma svolgono funzioni di controllo in importanti settori, esercitando funzioni
amministrative, normative e giurisdizionali

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- si veri cano numerose interferenze funzionali tra i poteri (parlamento —> anche funzioni amministrative /// Governo
—> anche funzioni legislative)

- assumono un ruolo fondamentale anche soggetti esterni allo stato-apparato, quali i partiti politici, il che contribuisce
a giustapporre alla classica divisione dei poteri quella fra potere di maggioranza e potere di opposizione

Lo stato democratico è uno STATO RAPPRESENTATIVO, ma a di erenza di quello liberale, è PLURALISTICO O


PLURICLASSE.

—> Ciò deriva soprattutto dal riconoscimento del su ragio universale e del principio dell’uguaglianza del voto. —> Ne
consegue che anche il principio della RAPPRESENTANZA POLITICA cambia natura, estendendosi a una pluralità di
classi prima escluse.

I rappresentanti devono esprimere la volontà popolare, e c’è un legame più stretto tra eletti e elettori.

Accanto alle elezioni, i partiti politici, gli istituti di democrazia diretta e un’opinione pubblica vigile (alimentata da
un’informazione libera e pluralistica) sono gli altri meccanismi volti a garantire il mantenimento del rapporto elettori-
organi.

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La responsabilità politica degli eletti si manifesta nella non rielezione alla carica al termine del mandato —> DIVIETO
DEL MANDATO IMPERATIVO (necessità di contemperare i diversi punti di vista del corpo sociale).

Il PLURALISMO signi ca che l’ordinamento riconosce e garantisce l’esistenza e l’attività di una pluralità di gruppi
economico-sociali, religiosi, etnici, culturali, il pluripartitismo

—> riconosce la liceità del con itto, se si svolge con le procedure democratiche.

Secondo il PRINCIPIO DI MAGGIORANZA, le decisioni dell’organo parlamentare sono adottate a maggioranza


(principio che nello stato liberale poteva essere applicato senza limiti perchè la rappresentanza era omogenea)

—> ma in una democrazia pluralistica la salvaguardia delle minoranze politiche richiede che il principio sia limitato da
vari istituti, onde evitare il rischio della “tirannia della maggioranza”:

la previsione di maggioranze assolute o quali cate per alcune decisioni importanti // l’attribuzione alle minoranze di
cariche o poteri speci ci // l’esistenza di un sindacato di legittimità costituzionale delle leggi.

Il processo decisionale diventa più complesso, dovendo prendere in considerazione una pluralità di interessi coinvolti.

Nello stato democratico si a ermano, oltre ai tradizionali diritti civili, nuove categorie di diritti: LE LIBERTA’ POSITIVE,
che per essere realizzate richiedono un intervento attivo dello stato —> si tratta dei DIRITTI POLITICI, con cui i cittadini
partecipano attivamente alla vita pubblica in una dimensione collettiva sconosciuta all’epoca liberale (diritto di voto /
libertà di associazione politica, ecc…), e i DIRITTI SOCIALI, volti a ottenere prestazioni dallo stato (lavoro / istruzione /
salute, ecc….).

(**** Per Kelsen, la caratteristica della democrazia è la sintesi dei principi di uguaglianza e libertà. Quest’ultima va intesa
in senso formale come pari accesso al godimento dei diritti e come divieto di discriminazioni arbitraie, ma anche in
senso sostanziale come parità delle posizioni di partenza e obbligo del legislatore di rimuovere gli ostacoli al pieno
dispiegamento delle potenzialità di ciascuno. ****)

In ne, lo Stato democratico-pluralistico è uno STATO COSTITUZIONALE. —> bisogna garantire la convivenza fra gruppi
e valori diversi —> La costituzione è sovrana.

Le costituzioni democratiche:

- sono “costituzioni APERTE”, in quanto a ermano una serie di principi basati su valori condividi dal corpo sociale, e
ne garantiscono la costante integrazione.

- sono “costituzioni LUNGHE”, poichè per lo più incorporano le dichiarazioni dei diritti, e disciplinano ampiamente i
rapporti tra i poteri pubblici.

- sono “costituzioni RIGIDE”, essendo la superiorità sulle altri fonti del diritto assicurata dalla previsione di un
procedimento aggravato per la propria revisione, posto a garanzia del patto concluso tra forze sociali e politiche
eterogenee, e pertanto non modi cabile da una maggioranza parlamentare semplice.

Evolve anche la concezione dello STATO DI DIRITTO.

Alla concezione liberale della legalità in senso formale (= potere amministrativo si esercita sulla base di una previa
autorizzazione legislativa) subentra la LEGALITA’ IN SENSO SOSTANZIALE, in quanto la legge è chiamata a stabilire
nalità, procedure, oggetto e forma del provvedimento amministrativo.

Inoltre c’è una doppia legalità: accanto a quella “ordinaria”, vi è quella “costituzionale”, fondata su valori superiori che si
pongono come criteri di orientamento e come limiti per l’attività di tutti i poteri, compreso quello legislativo.

La legge diventa sempre più atto compromissorio; l’unità dell’ordinamento va invece ancorata a principi e valori
superiori contenuti nella costituzione.

Le GARANZIE GIURISDIZIONALI DEI DIRITTI CONOSCONO UNA DUPLICE ESPANSIONE:

- nei confronti degli atti della pubblica amministrazione

- nei riguardi delle leggi ordinarie grazie all’attività del giudice costituzionale chiamato a garantire il rispetto dei diritti e
principi costituzionali

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LA DIFFUSIONE DEL MODELLO DEMOCRATICO

E I PROBLEMI DELLA DEMOCRAZIA

Nel mondo contemporaneo lo Stato democratico sta vivendo una situazione paradossale:

da un lato si è di uso in aree geogra che dove a lungo c’erano regimi autocratici;

dall’altro lato nei paesi di democrazia consolidata ci sono segnali di crisi.

La di usione del modello democratico, che si è veri cata dopo la seconda guerra mondiale, si è manifestata in 4 fasi:

- nell’immediato dopoguerra con i sistemi democratici in Germania, Giappone e Italia

- negli anni ’70 con la caduta di regimi autocratici e l’adozione di costituzioni democratiche in Grecia, Portogallo e
Spagna

- negli anni ’80 con il processo di democratizzazione che ha interessato molti paesi in via di sviluppo

- negli anni ’90 con il coinvolgimento di tutti i paesi ex socialisti europei e quelli facenti parte dell’ex Unione Sovietica.

I principi e le istituzioni della democrazia sono sicuramente vitali, ma pongono anche seri problemi.

Democrazie elettorali (regolari elezioni competitive): 122 paesi / 194.

Stati liberi (e ettività dei diritti): 88 / 194

—> inoltre c’è una tendenza al calo degli stati democratici, piuttosto che aumenti.

Si è manifestata una crisi interna allo stato democratico-sociale, su 3 terreni distinti ma connessi:

economico-sociale // politico // giuridico-costituzionale.

—————

Innanzitutto le ragioni della crisi possono essere rinvenute nella GLOBALIZZAZIONE DELL’ECONOMIA, nel parziale
declino dello Stato-Nazione, nella di coltà dello stato sociale a continuare a far fronte ai suoi compiti tradizionali.

Per Globalizzazione si intende il fenomeno per cui il mercato economico- nanziario è diventato mondiale, sfuggendo
sempre più alle capacità di previsione e controllo dei singoli stati.

Sicuramente gli aspetti positivi sono quello di fornire nuove occasioni di sviluppo in aree arretrate, e determina
un’integrazione crescente a livello mondiale.

Tuttavia:

- non garantisce uno sviluppo democratico / culturale delle aree che coinvolge

- accentua le di erenze tra i paesi ricchi e quelli più poveri di materie prime

- capovolge il rapporto politica-economia, nel senso che la seconda tende a prevalere, sottraendosi alle scelte
politiche del singolo stato, e condizionandone le decisioni in materia nanziaria e sociale

- il mercato tende a divenire il valore dominante e non si sente la necessità di sottoporlo a regole

—> Vengono quindi intaccati due elementi base del sistema democratico: la prevalenza della politica (che si esprime
tramite libere elezioni adottate da organi eletti) e il riconoscimento del mercato soggetto a regole e limiti (invece un
mercato non soggetto a regole e controlli può determinare crisi economiche gravissime e di proporzioni planetarie).

—> dalla globalizzazione, a cui si aggiunge lo sviluppo di organizzazioni sovranazionali (es. UE) è derivato un
ridimensionamento del ruolo degli stati-nazione, i quali erano il quadro geo-politico entro cui si erano a ermati gli istituti
democratici.

—> tutti questi fenomeni determinano inoltre una crisi dello stato sociale, il quale ha di coltà a far fronte alle domande
che il suo sviluppo ha contribuito a suscitare.

—> In de nitiva la questione è come garantire, senza pregiudicare le libertà politiche dei cittadini, la coesistenza fra
scelte economico-sociali, che oggi sfuggono in larga misura al controllo democratico e tendono a ridurre la garanzia dei
diritti sociali, e un adeguato livello di coesione sociale, che può essere messo in crisi da di erenziazioni e con ittualità
troppo elevate.

————————-

La crisi politica dello Stato democratico-pluralistico deriva in gran parte della CRISI DEI PARTITI.

- crisi ideale: i partiti tendono ormai a svolgere l’attività politica senza alcuna visione ideale o programmatica,
riducendosi a strumenti di gestione del potere, il cui ne essenziale è quello di garantire la perpetuazione della
propria esistenza al governo, anzichè utilizzare l’accesso al potere per praticare politiche e programmi.

- crisi funzionale: trovano di coltà a svolgere la tradizionale funzione di collegamento comunità-stato, per il carattere
complesso di una società che si organizza intorno a molteplici interessi e utilizza nuovi canali di espressione e
comunicazione con il potere pubblico

- crisi strutturale: c’è il declinare del carattere di massa dei partiti, dovuta alla contrazione del numero degli iscritti e di
coloro che partecipano e ettivamente alla vita politica.

—> Gli e etti della crisi dei partiti sono:

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- lievitazione dei costi della politica per mantenere apparati sempre più distaccati dalla società: quindi si fa ricorso a
forme illecite di nanziamento

- in alcuni casi viene permessa l’ascesa al potere di personalità direttamente provenienti dal sistema economico, ed
espressione di potenti interessi privati

- l’indebolimento dei partiti, la crescente personalizzazione del potere, lo sviluppo dei media, favoriscono l’emergere di
movimenti populistico-plebiscitari che si impongono di delegittimare i tradizionali canali di mediazione politici e
istituzionali della democrazia.

Alla democrazia dei partiti si sostituisce la democrazia del pubblico, fondata sulla centralità dei media e sullo
scambio diretto tra leader e opinione pubblica.

—> Serve che i partiti si rinnovino, diventando capaci di esprimere valori presenti nella società.

———————————

C’è in ne una crisi giuridico-costituzionale.

In primo luogo il VOTO POPOLARE è sempre più condizionato dall’uso di mass media e dalla promessa di vantaggi e
contropartite (voto di scambio > voto di opinione e voto di appartenenza).

L’uso dei moderni mezzi di comunicazione di massa tende a trasformare la politica in video-politica, e l’elettore in un
video-bambino, che vota sulla base si suggestioni mediatiche super ciali, con una drastica riduzione della qualità del
sistema democratico.

In secondo luogo vi è una CRISI DEL PARLAMENTO, e quindi dello stesso principio di rappresentanza politica.

Si passa dallo stato legislativo, allo stato amministrativo: la maggioranza delle decisioni vengono prese dal potere
esecutivo con atti regolamentari o amministrativi.

In terzo luogo la crisi della politica e della rappresentanza favoriscono l’ascesa al governo di detentori del potere
economico (democrazia può risultare compromessa).

In quarto luogo la risposta all’o ensiva del terrorismo internazionale ha portato all’adozione di provvedimenti limitativi
delle libertà civili e delle garanzie giurisdizionali, es. negli USA per l’11/09/2001 // es. in Francia dopo gli attentati del
2015.

In ne in alcuni paesi si veri ca una crisi dell’idea di costituzione, derivante dall’a ermarsi di concezioni svalutative che
invece prediligono la COSTITUZIONE VIVENTE.

Nonostante questi problemi, la democrazia pluralistica e costituzionale ha dimostrato la sua superiorità storica su ogni
altro tipo di regime contemporaneo: non è pensabile un ritorno alle esperienze del passato… la democrazia è l’unico
modo di conciliare valori e diritti sociali, sovranità popolare, e principio rappresentativo.

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LA FORMA DI STATO NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO

Stati in via di sviluppo: 2/3 degli stati oggi aderenti all’ONU, che cercano di superare una condizione di arretratezza
economia, sociale, politica e istituzionale, dando vita a assetti peculiari (= paesi del terzo mondo … erano i paesi non
allineati, cioè nè capitalistici, nè socialistici” /// = stati della modernizzazione)

—> fanno parte di tale categoria la maggioranza dei paesi dell’Africa / Asia / Oceania.

**I paesi dell’America Latina hanno ottenuto l’indipendenza nel XIX sec e hanno conosciuto assetti liberali e
democratici, ma essi presentano alcune problematiche comuni agli stati in via di sviluppo, e hanno visto l’a ermazione
di regimi dittatoriali militari odiosi.

Gli elementi di fondo comuni a questi stati sono:

la colonizzazione // il sottosviluppo // la debolezza dell’identità nazionale.

Quasi tutti i paesi in via di sviluppo hanno conosciuto il dominio coloniale o comunque subito l’in uenza economico-
nanziaria e spesso politica degli stati più avanzati.

Paesi africani / asiatici: indipendenza nel XX sec o dopo la seconda guerra mondiale.

Paesi america latina: indipendenza dalla Spagna e Portogallo dopo il 1810, ma una volta ottenuta l’indipendenza,
stentano a costruire una sicura identità nazionale, come dimostrano le guerre interne, e niscono per subire una forma
di colonizzazione indiretta a opera degli USA, a livello economico e politico.

Altro dato comune è il grave sottosviluppo economico-sociale.

Paesi come Brasile, India e Sudafrica, Cina e Russia, nell’ultimo decennio hanno avuto un tasso di crescita enorme…
invece altri paesi africani e asiatici permangono in una situazione di arretratezza, con condizioni di vita molto inferiore a
quelle dei paesi sviluppati, la maggior parte della popolazione vive in condizioni di povertà.

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In ne molti stati in via di sviluppo nascono prima che si sviluppi un’e ettiva identità nazionale, spesso entro con ni
arbitrariamente disegnati dalle potenze coloniali, o che non garantiscono una continuità geogra ca o determinano
grande dispersione territoriale.

Quasi tutti conoscono un grande pluralismo etnico o la divisione in caste.

Nell’evoluzione costituzionale dei paesi in via di sviluppo sono stati individuati 4 cicli:

1) Il primo ciclo è caratterizzato dall’adozione di costituzioni che si ispirano al modello liberal-democratico: quello
dell’ex potenza coloniale o del paese del quale subiscono l’in uenza determinante.

Il più delle volte l’indipendenza viene concessa dalla potenza coloniale, i gruppi dirigenti dei nuovi stati sono
formati secondo le concezioni proprie del paese colonizzatore, o le costituzioni vengon elaborate con il contributo
di esperti occidentali.

—> questo primo ciclo si conclude con un fallimento, in quanto sono troppo diverse le condizioni economiche,
sociali, e culturali, rispetto al paese preso a modello per garantirne un funzionamento soddisfacente.

—> di fatto sono regimi oligarchici nei quali il potere appartiene a un gruppo ristretto e privilegiato.

Le 2 esperienze più signi cative di paesi che nel XX sec conoscono una fase democratica prolungata sono quelle
del Messico (dopo la ne della dittatura di Por rio Diaz nel 1910) e dell’India (conquista indipendenza nel 1947).

A livello costituzionale il primo si ispira al modello USA, il secondo al modello UK.

Essi hanno in comune l’esperienza di una rivoluzione nazionale guidata da un movimento che poi si trasforma in
partito dominante, che gestisce a lungo il potere statale (in Messico no alle elezioni del 2000 e poi rivince nel
2012) (In India no al 1977).

Entrambi i paesi adottano una costituzione democratica (1917) (1950) che riconosce pluralismo e istituisce un
sistema federale.

—> Tuttavia nella prassi le istituzioni democratiche non riescono a avviare il superamento dello stato di povertà in
cui vive la maggioranza della popolazione, e si veri cano frequenti violazioni delle garanzie democratiche.


2) Il secondo ciclo costituzionale si produce in seguito all’instaurazione, spesso con colpi di stato militari, di regimi
autoritari, i quali in nome dell’esigenza dell’unità nazionale, o per contrapporsi a una presunta minaccia comunista,
realizzano una forte concentrazione dei poteri, la persecuzione dell’opposizione e l’annullamento delle garanzie
costituzionali.

Nei paesi in via di sviluppo l’esercito svolge un ruolo fondamentale, essendo spesso il più forte e coeso gruppo di
pressione in situazioni di fragilità del pluralismo sociale-politico.

In alcuni casi i militari si limitano a sostenere il governo civile, in altri esercitano in uenza sulle decisioni, e talvolta
gestiscono il potere in prima persona.


3) Un terzo ciclo costituzionale riguarda i paesi “socialisti” che sviluppano rapporti con l’URSS.

Alcuni stati asiatici e Cuba adottano l’ideologia marxista-leninista e il modello sovietico.

Altri stati negli anni ’60 e ’70 proclamano sistemi di socialismo nazionali peculiari, ri utando il marxismo-leninismo,
adottando un’ideologia nazionalista, utilizzando l’intervento statale e una piani cazione economica elastica al ne
di accelerare lo sviluppo dell’economia, anche privata, usufruendo degli aiuti degli stati socialisti.


4) Il quarto ciclo costituzionale, apertosi alla ne degli anni ’80, vede l’adozione di nuove costituzioni su modello di
quelle democratiche, nella quasi totalità degli stati dell’America Latina ma anche in vari paesi asiatici e africani, a
causa della caduta degli ultimi regimi autoritari in Europa occidentale, la crisi del campo socialista, la nuova politica
seguita dagli USA in America Latina, la crisi del regime a partito unico in Africa.

L’esempio più signi cativo di un paese passato da un regime autoritario e razzista a uno democratico è quello della
REPUBBLICA SUDAFRICANA.

Il paese, indipendente nel 19561, rimane sotto il dominio della minoranza bianca, che porta avanti la politica
dell’apartheid (negazione dei diritti ai neri e segregati in aree periferiche dei centri industriali o in aree territoriali
autonome).

In seguito alla protesta popolare di cui si fa portavoce l’ANC, nel 1984 viene adottata una nuova costituzione, che
istituisce un Parlamento tricamerale (una eletta dai bianchi / una dagli asiatici / una dai meticci), continuando a
emarginare i neri (70% della popolazione).

Nel 1989, con la liberazione dal carcere di Mandela, leader dell’African National Congress, viene avviato un processo
costituente che porta nel 1993 all’adozione di una costituzione provvisoria, contestualmente alle elezioni dell’assemblea
nazionale e del senato, nelle quali l’ANC ottiene la maggioranza assoluta dei seggi, e Mandela è eletto presidente della
repubblica.

Le due camere, in seduta comune, formano l’Assemblea costituzionale, che nel 1996 adotta la nuova costituzione, che
contiene una carta dettagliata dei diritti, la proclamazione dei fondamentali principi democratici, una forma di governo
peculiare (con un Presidente-capo dell’esecutivo, designato dal partito di maggioranza e poi votato dal parlamento).

Ad ogni modo, è frequente il fenomeno dell’emergere di Democrazie di facciata, nelle quali vi è uno scarto fra le
proclamazioni costituzionali adottate e la realtà, in cui i diritti non sono e ettivi e le opposizioni vengono represse, e dal
ruolo paradittatoriale di un presidente plebiscitato dal popolo, e dall’in uenza importante del fattore militare o religioso.

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In alcuni paesi dell’America Latina (Bolivia / Ecuador / Venezuela) —> potere preponderante al presidente eletto dal
popolo,

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Nel mondo arabo ci sono elementi di involuzione.

In Algeria il processo democratico avviato con la costituzione del 1989 subisce un arresto nel 1992 con i militari che
annullano le elezioni vinte dal partito fondamentalista islamico, e il paese precipita in una guerra sanguinosa fra terroristi
islamici e esercito, a danno della popolazione civile.

Nel 2011 suscita speranza la “primavera araba” caratterizzata da ampie manifestazioni di massa, composte da giovani,
divulgate con internet, che portano alla caduta delle dittature in Tunisia e Egitto.

La rivolta si estende ad Algeria, Marocco, Yemen, Siria, Arabia Saudita.

In Libia si sviluppa una guerra civile che grazie all’intervento militare della NATO porta alla caduta del regime di
Ghedda .

In alcuni paesi le manifestazioni sono duramente represse. In altri si tengono elezioni che danno un consenso
maggioritario a partiti islamici (Egitto, Marocco, Tunisia).

In Egitto nel 2013 viene attuato un colpo di stato militare che depone il presidente e impone un regime repressivo.

In Iraq , Libia e Siria, in seguito alla rivolta armata contro il regime di Assad, si a erma nel 2014 una formazione
terroristica integralista, l’ISIS (Stato islamico di Iraq e Sitia) che dà vita a un Cali ato in guerra con alcuni governi dei
paesi arabi, con i musulmani sciti e con l’Occidente, ricorrendo a azioni criminali e disumane.

In alcuni paesi si manifestano controtendenze di tipo autoritario, con regimi militari, ecc…

Un importante assetto di tipo autocratico è costituito da una forma di stato tradizionalista, che si basa su modalità
arcaiche di organizzazione del potere, al vertice del quale c’è un sovrano assoluto senza limiti, per l’inesistenza di un
testo costituzionale o una costituzione che non ha valore.

Tale assetto spesso si sposa con il fenomeno religioso.

In particolare la proclamazione della religione come fondamento del potere caratterizza gli STATI ISLAMICI, nei quali c’è
il principio per cui la costituzione è subordinata alla SHARIA, la legge divina, che è il diritto della comunità musulmana,
rivelata e immutabile.

—> sono stati confessionali (Islam Religione di stato // capo dello stato appartiene a religione musulmana).

In alcuni casi si parla di Stato Teocratico:



- monarchico: monarca assoluto è anche capo dei credenti (Arabia Saudita)

- repubblicano: fondamento della costituzione: Corano // Vertice dello stato: esponenti Islam (Iran / Afghanistan).
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