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La costituzione fascista

massimiliano gregorio

1. La via fascista alla costituzione visto che nel 1929 era stata addirittura la
massima carica dello Stato, ossia Re Vit-
Nel 1930 l’amministrativista Francesco torio Emanuele III, ad ammettere, inau-
D’Alessio1 pubblicava sulla rivista «Lo gurando la XXVIII Legislatura, che grazie
Stato» un articolo dal titolo decisamente alla saldezza del proprio governo era stato
rivelatore: Forma e Spirito della nuova Costi- possibile «senza gravi turbamenti» (sic!),
tuzione italiana2. Per il giurista lucano, l’e- «realizzare il nuovo ordine costituzionale
sistenza di un ordinamento costituzionale dello Stato fascista»4.
del tutto nuovo prodotto dalla Rivoluzio- Agli inizi del terzo decennio del secolo,
ne fascista risultava quindi, agli inizi degli dunque, l’esistenza di una nuova costitu-
zione italiana era un dato pacifico sia per i
anni Trenta, un dato di fatto incontrover-
protagonisti istituzionali sia per i commen-
tibile. L’affermazione non si lascia facil-
tatori. A novant’anni di distanza, tuttavia,
mente liquidare come uno dei tanti sterili
per la storiografia giuridica contempora-
esercizi di retorica della giuspubblicistica nea l’accostamento di questi due termini,
engagé. In primo luogo perché D’Alessio, fascismo e costituzione, risulta ancora,
che pur aveva aderito al fascismo prove- nella migliore delle ipotesi, inusuale. Nel
nendo da posizioni liberal-conservatrici, tracciare il grande cammino del costitu-
non si lascia facilmente ascrivere alla cate- zionalismo moderno infatti, si è soliti pro-
goria del «giurista militante»3. E in secon- cedere per tappe lineari. Si muove dalle
do luogo perché, sfogliando la letteratura a radici giusnaturalistiche seicentesche, poi
cavallo tra gli anni Venti e Trenta, ci accor- riversate nella solenne limpidezza dell’art.
giamo che l’opinione era più che condivisa, 16 della Dichiarazione del 1789; quindi si
potremmo dire sostanzialmente dominan- passa alla forma politica del secolo giuridi-
te. Non poteva essere altrimenti del resto, co per eccellenza, ossia il Rechtsstaat otto-

giornale di storia costituzionale / journal of constitutional history 43 / I 2022, pp. 39-54


issn 1593-0793 / isbn 978-88-6056-808-3 / © eum 2022
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centesco, per concludere infine col costi- buì inoltre il lavoro dei giuristi; sia di quei
tuzionalismo democratico del Novecento, giuristi-legislatori (per parafrasare un’e-
che ebbe il proprio battesimo a Weimar nel spressione cara a V.E. Orlando) che – come
1919 e la sua più completa realizzazione con Alfredo Rocco – ricoprirono fondamentali
le costituzioni del secondo dopoguerra. Le ruoli di governo sotto il regime; sia di altri
esperienze totalitarie tra le due guerre ri- giuristi, più o meno engagé, che si spesero
mangono dunque abitualmente fuori dalla – con prospettive e finalità a volte molto
narrazione. E allora: di quale costituzione differenti – nell’opera di interpretazione e
parlavano il Re e la dottrina italiana? La di sistematizzazione del nuovo ordine co-
questione interroga i fondamentali della stituzionale. Ma sopra ogni cosa, la costitu-
scienza del diritto pubblico; è possibile in- zione fascista fu figlia del proprio tempo e,
fatti parlare di costituzione al di fuori degli in particolare, fu il risultato (o per lo meno
stringenti caposaldi (garanzia dei diritti e uno dei possibili risultati) di quel radicale
separazione dei poteri) cristallizzati nel già ripensamento delle categorie giuspubbli-
citato art. 16 della Dichiarazione del 1789? cistiche che la prima parte del secolo sem-
O in altre parole: c’è costituzione al di fuori brava reclamare, muovendosi però tra po-
del costituzionalismo? Perché è indubbio che certezze e molti dubbi. Tra le prime, va
che l’ipertrofia legislativa del regime mus- certamente annoverato il netto rifiuto verso
soliniano abbia toccato tantissimi tra i più il secolo XIX e le sue costruzioni teoriche;
importanti snodi costituzionali: la forma dei secondi contiamo di dare una descri-
di governo, tutte e tre le funzioni della ce- zione più ragionata nelle pagine seguenti.
lebre tripartizione di Montesquieu nonché
il senso della tripartizione stessa, il numero
e le competenze degli organi costituziona-
li, la posizione dei cittadini di fronte allo 2. La XXVII legislatura, ovvero «la Costituente»
Stato. Ma basta questo per poter parlare di fascista
costituzione? E ammesso che basti, come
collocare quell’esperienza nella storia delle Come si è avuto modo di affermare altrove5,
dottrine costituzionali del secolo scorso? il fascismo non solo si pose effettivamente
La tesi che si sosterrà nelle pagine se- il problema della costruzione di un nuovo
guenti, vale la pena anticiparla, è che sia ordine costituzionale, ma lo risolse anche
esistita una costituzione fascista. Certa- in un tempo insolitamente breve, sostan-
mente, essa non nacque da una ponderata zialmente coincidente con i cinque anni
e razionale progettazione, ma fu il frutto di della «XXVII Legislatura, ben definita per-
una molteplicità di contributi diversi. Vi ciò “la Costituente”»6.
contribuì certamente il bisogno di Mus- Mussolini cominciò ad avvertire l’esi-
solini di strutturare in forme rassicuranti genza di progettare una costituzione piena-
la propria posizione di potere, ma vi con- mente fascista assai presto, dopo neppure
tribuirono anche le trasformazioni sociali due anni dalla presa del potere, quando
esplose dopo il primo conflitto mondiale divenne sempre più palese, a lui per pri-
che nuove forme di organizzazione del po- mo, che non avrebbe potuto mantenere con
tere richiedevano a gran voce. Vi contri- successo la guida del paese affidandosi alle

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forme usate del governo di coalizione. La missione apparve, nella migliore delle ipo-
prima commissione di esperti incaricati di tesi, come un compromesso largamente in-
studiare delle proposte di riforma costitu- sufficiente, quando non addirittura un più
zionale venne infatti nominata dal PNF nel o meno esplicito tentativo di normalizzare
1924, nel bel mezzo dello scandalo scoppia- la portata rivoluzionaria del fascismo10. Lo
to per il rapimento e l’uccisione di Giacomo stesso Mussolini ne fu chiaramente insod-
Matteotti. Come noto, in quei sei tumultuo- disfatto. Quando il Presidente della Com-
si mesi il rischio per Mussolini di perdere missione Giovanni Gentile, solo sei mesi
il potere fu grave ed effettivo e, dunque, la dopo, gli presentò infatti le conclusioni
contingenza politica non poteva certamente del gruppo di lavoro, il Capo del Governo
essere favorevole ad intavolare una discus- annotò a margine della propria copia datti-
sione distesa sulle prospettive di riforma loscritta della relazione Barone (quella più
dell’ordinamento costituzionale. Ma non significativa, perché dedicata ai rapporti tra
appena la posizione del Capo del Governo esecutivo e legislativo) numerosi commenti
si fu rinsaldata, con la svolta dittatoria- critici, che ne rivelavano il chiaro disap-
le inaugurata dal suo discorso alla Camera punto11.
del 3 gennaio 1925, la progettazione di un Le ragioni della delusione del duce del
piano di riforme riprese immediatamente. fascismo però, a ben vedere, erano proba-
Il 31 di quello stesso mese, con Decreto del bilmente già contenute nelle premesse dal-
Presidente del Consiglio dei Ministri – e le quali i 18 Soloni presero le mosse. Perché
quindi con una investitura istituzionale di se l’intento dichiarato era quello di arginare
ben altro peso – venne nominata una nuo- la deriva caotica che aveva assunto il parla-
va Commissione7, nota come Commissione mentarismo italiano, rinsaldando il potere
dei Soloni o come Commissione dei 18, con esecutivo a danno di quello legislativo, sen-
il compito di «sviluppare e perfezionare za però stravolgere la forma costituzionale
con prudenti norme complementari le isti- statutaria, allora la strada da imboccare po-
tuzioni giuridiche concernenti i rapporti teva essere solo una: quella che portava ad
fondamentali tra lo Stato e tutte le forze che un rafforzamento della posizione e delle
esso deve contenere e garantire»8. prerogative della Corona. Perché lo Statuto,
Il linguaggio mite, il richiamo alla pru- come ammetteva la stessa relazione Barone,
denza e l’ossequio mostrato verso l’ordi- «non nomina in nessun articolo il ministe-
namento statutario testimoniano la volontà ro o il Gabinetto od il Consiglio dei ministri
del regime di muoversi con istituzionale e nemmeno il Presidente del Consiglio dei
accortezza, per non allarmare gli ambienti ministri»12. Ciò nonostante, volendo guar-
più moderati. E la stessa composizione del- dare alle proposte della Commissione dei
la Commissione, eterogenea per cultura e 18 col necessario distacco, queste appaiono
provenienza, andava in questo senso9. Ma come tutt’altro che insignificanti13: la reci-
queste premure si ritorsero paradossal- sione del rapporto fiduciario tra Governo
mente contro il Capo del Governo, perché e Parlamento, l’assegnazione all’esecutivo
agli occhi di un movimento ancora forte- del potere di iniziativa legislativa, l’ampia
mente intriso di intransigenza quale era possibilità per lo stesso di emanare prov-
quello fascista, l’esito dei lavori della Com- vedimenti aventi forza di legge, erano tutte

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misure destinate ad essere in seguito river- ne del TULPS (R.D. 1848 del 6 novembre
sate nella legislazione fascista. Ma Mussoli- 1926) che istituì il regime a partito unico e
ni, dopo la svolta dittatoriale del 3 gennaio la legge del 25 dello stesso mese che istituì
1925, aveva bisogno di soluzioni più radicali il famigerato Tribunale Speciale per la di-
e, soprattutto, aveva bisogno di inserirle fesa dello Stato (L. 25 novembre del 1926,
in un quadro di marcata discontinuità col n. 2008); per proseguire con l’approvazio-
passato. Perché, come nota puntualmente ne nel 1927 da parte del Gran Consiglio del
Emilio Gentile, per ben interpretare «tutte Fascismo della Carta del Lavoro (pubblica-
le vicende fra la marcia su Roma e il 1926», ta però in GU) e, infine, con la L. n. 2693
occorre ricordare che esse «furono domi- del 9 dicembre 1928 (poi successivamente
nate dal braccio di ferro fra Mussolini e il modificata e integrata dalla L. n. 2099 del
fascismo intransigente»14. 9 dicembre 1929) che trasformò lo stesso
Preso dunque atto che dal lavoro dei 18 Gran Consiglio in supremo organo costitu-
Soloni non erano scaturiti suggerimenti zionale dello Stato.
utili (o quanto meno politicamente prati- In seguito a questo complesso di di-
cabili), Mussolini abbandonò il proposito sposizioni, il fascismo aveva trasformato
di procedere ad un’organica e integrale re- completamente la forma di governo, intro-
visione costituzionale, ma non certo l’idea dotto organi costituzionali nuovi (Capo del
di edificare la propria costituzione. Seguì Governo e Gran Consiglio del Fascismo),
semplicemente un’altra strada: quella del- snaturato il criterio di fondazione delle li-
le puntuali e reiterate modifiche per via le- bertà individuali e dunque il rapporto tra
gislativa, consentite dalla natura flessibile cittadini e Stato, gettato le basi per l’ulte-
della carta ottriata da Carlo Alberto, «che riore trasformazione dell’ordinamento in
diede alla legge», notava ancora D’Alessio, senso corporativo e, infine, introdotto la
«anche la potestà costituente»15. Sareb- distinzione tra legge ordinaria e legge co-
be ridondante ripercorrere nel dettaglio stituzionale. La nuova costituzione fascista
tutte le leggi e i provvedimenti approvati insomma, agli albori del terzo decennio del
nella XXVII legislatura che contribuirono secolo, non solo era già sufficientemente
allo stravolgimento del precedente ordi- definita, ma era soprattutto pienamente
namento statutario. Possiamo più agevol- operativa.
mente ricordarli in via di sintesi: parten-
do dalle due leggi che nell’arco di un solo
mese modificarono radicalmente l’equi-
librio tra esecutivo e legislativo (L. 2263 3. La costituzione fascista come costituzione
del 24 dicembre 1925 e L. 100 del 31 gen- del primo Novecento
naio 1926, ma senza neppure dimenticare
la significativa portata della modifica dei Ma di quale genere di costituzione stiamo
regolamenti parlamentari, approvata il 2 parlando? Riconoscere autonoma sogget-
giugno 1925 e poi confluita nel Testo Unico tività all’esperienza costituzionale fascista
del 31 ottobre 1925, che coordinò le inno- infatti è relativamente semplice; più com-
vazioni con le disposizioni regolamentari plicata invece ne risulta la collocazione en-
previgenti), passando per l’approvazio- tro le usate categorie interpretative adope-

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rate dalla storiografia giuridica. Conviene fondativo del costituzionalismo moder-


dunque procedere con ordine. no, ossia la garanzia dei diritti individuali.
In primo luogo, occorre qualificare Occorre esserne consapevoli. Ma in fin dei
l’esperienza costituzionale fascista come conti proprio di questo si tratta: di capi-
esperienza squisitamente novecentesca e re cioè, se il primo Novecento ha prodot-
non solo perché fiorì nei primi decenni to dottrine della costituzione estranee al
del secolo XX; ma soprattutto perché dei grande percorso del costituzionalismo. E
fermenti e della spinta al rinnovamento ti- la risposta pare essere positiva. Perché se
pici di quel secolo era intrisa. Il fascismo, la cifra del Novecento giuridico è davve-
specialmente quello diciannovista delle ro la riscoperta della dimensione sociale,
origini, aveva trovato un terreno fecon- col conseguente abbandono del paradigma
do di aggregazione politica non tanto nel- individualistico16, allora il secolo XX inau-
la forza delle proprie proposte (che come gurò un campo di tensione, quello cioè tra
noto, mutarono anche significativamente individuo e società politica, se non del tutto
negli anni, grazie all’abile doppiezza mus- nuovo, quanto meno inedito per ampiezza
soliniana), quanto nella radicale volontà di e per portata. La dialettica non può esse-
rigettare con decisione l’imbelle, modera- re considerata del tutto nuova, si è detto.
to e inefficiente Stato di diritto liberale. Il Come Pietro Costa ha sottolineato, già la
fascismo rivendicava quindi con orgoglio rivoluzione francese aveva prodotto un’i-
la propria appartenenza al secolo nuovo e dea di cittadinanza definita sempre da un
pretendeva di rappresentare quell’Italia binomio, quello rappresentato da «diritti e
nata dal grembo della Grande Guerra, vera appartenenza»17. La tensione tra individuo
levatrice della società di massa novecen- e nazione nasce quindi con la modernità
tesca. Ma per inquadrare la costituzione stessa e, sin da subito, mostrò – si pensi al
fascista all’interno della vicenda del seco- Terrore – quanto complicata potesse esse-
lo XX, questa considerazione non è ancora re la convivenza. Ma il secolo XIX, che del-
sufficiente. Quanto occorre fare è misurare la rivoluzione fu erede, disinnescò quella
la riflessione costituzionale fascista sulle frizione rapidamente, derubricandola a
coeve esperienze del primo Novecento, per spiacevole conseguenza del fanatismo gia-
capire se l’elaborazione prodotta in Italia cobino. E fu in grado di farlo perché l’o-
tra le due guerre rappresentò una netta ne- biettivo primario della rivoluzione, la rot-
gazione del corrispondente dibattito dot- tura cioè con il passato di antico regime e la
trinale che ebbe la propria culla tra Weimar costruzione di ordine tutto nuovo, poteva
e Vienna o, piuttosto, non ne fu una pos- ben reggersi sulla solida base rappresen-
sibile, per quanto perversa, declinazione. tata dalla portata egualitaria del criterio di
In altre parole: se pure ci siamo abituati a attribuzione dei diritti su base individuale.
considerare le costituzioni novecentesche I protagonisti del Novecento avevano però
come caratterizzate dall’aggettivo ‘demo- alle spalle un passato ben diverso dal quale
cratiche’, è possibile immaginare una loro prendere le distanze. Dovevano infatti con-
versione anti-democratica e autoritaria? frontarsi proprio con quell’Ottocento libe-
Per poterlo farlo occorre naturalmente rale che aveva tanto esaltato il privatismo da
mettere tra parentesi il principale pilastro costruire un’antropologia giuridica basata

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su un unico protagonista: l’individuo tito- fascista, ma tutta la riflessione costituziona-


lare di diritti, borghese e proprietario, con- listica del primo Novecento europeo. Anche
sacrato sugli altari della codificazione civile. il celebre art. 153 della WRV affermava che
Contro gli eccessi dell’individualismo del l’esercizio del diritto di proprietà «oltre che
secolo XIX, dunque, il Novecento rimette in al privato, deve essere rivolto al bene comu-
tensione il binomio individuo-collettività ne». In quali occasioni era il primo a dover
e, così facendo, apre la strada ad interpre- prevalere? E quando il secondo? La rifles-
tazioni orientate anche in modo diametral- sione sviluppata nel trentennio compreso
mente opposto rispetto a quelle liberali, tra le due guerre fornì molteplici risposte,
interpretazioni dell’ordinamento non più non una pacifica e condivisa. E tra queste
fondate sulla primazia dei diritti dell’uomo, trovarono ovviamente spazio anche le tesi,
ma imperniate invece sul valore superiore aventi certamente il pregio della semplici-
dell’ente collettivo al quale subordinare gli tà, che predicavano la negazione dei diritti
interessi dei singoli consociati18. In questa individuali quando questi risultassero in
direzione si mosse anche il fascismo, anzi il contrasto con l’interesse collettivo. Non può
«nazionalfascismo» secondo la felice de- stupire. L’Europa ridisegnata dalla Grande
finizione di Luigi Salvatorelli19, che risol- Guerra aveva abituato per tre lunghissimi
se la spinosa questione del rapporto tra le anni i propri cittadini ad accettare l’idea che
esigenze della collettività nazionale e quelle per garantire il radioso avvenire degli Stati
dei singoli individui in modo molto lineare. nazionali, fosse naturale pretendere da loro
Come riassumeva D’Alessio20: il sacrificio supremo21. E neppure le stesse
nascenti costituzioni democratiche del pri-
La società, a base fascista, assume come im-
mo Novecento ignoravano l’ipotesi – che
mediata finalità sua la soddisfazione di bisogni
collettivi, che possono anche coincidere con avevano anzi espressamente codificata –
bisogni individuali e possono essere soddisfatti della sospensione delle garanzie individuali
in occasione della soddisfazione dei medesimi e allo scopo di difendere l’ordine e la sicurez-
questi bisogni collettivi soddisfa e realizza anche za pubblica. Il pensiero corre ovviamente
in contrasto con divergenti bisogni individuali,
al celeberrimo art. 48 della Costituzione di
che restano pertanto ai primi necessariamente
subordinati. Weimar, ma previsione analoga si ritrova
ad esempio anche nell’art. 42 dell’ultima
La scelta di rendere le libertà individuali carta costituzionale del primo Novecento,
sacrificabili rispetto alle ragioni del supe- quella spagnola del 1931, il cui ordinamen-
riore interesse nazionale, la determinazio- to repubblicano venne difeso facendo largo
ne del quale era naturalmente di esclusiva e frequente ricorso alle illiberali normative
competenza del fascismo e del suo duce, sull’ordine pubblico del secolo preceden-
precipitò l’Italia nell’abisso della dittatura. te22. Se dunque la necessità di relativizzare
Ma occorre essere coscienti che, per quanto i diritti individuali, di spogliarli della loro
aberrante e semplicistica, quella scelta pre- primazia per bilanciarli con quelli della col-
tendeva di essere la risposta ad un problema, lettività, si rivela tipica di tutta la riflessio-
ossia l’individuazione di un nuovo equilibrio ne primo-novecentesca, allora vale la pena
tra le ragioni dell’individuo e quelle della tentare un confronto a tutto tondo tra questa
collettività, che non interrogava solo l’Italia e l’esperienza costituzionale fascista.

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3.1. Indirizzo politico e Governo reso lo Stato un «campo aperto alle lotte di
tutte le correnti e di tutte le forze che esi-
Uno dei terreni sui quali il confronto ri- stono nel Paese» in cui «tutte hanno di-
sulta più agevole è quello dell’indirizzo ritto, volta a volta, di penetrare lo Stato»28,
politico. Si è già fatto cenno al rifiuto net- rendendolo quindi ostaggio dei più diffe-
to che il fascismo delle origini oppose allo renti e divergenti interessi di parte, allora
Stato di diritto liberale, al quale venivano la soluzione al problema poteva trovarsi
rimproverate, tra le altre, soprattutto due solo «restituendo al potere esecutivo la sua
degenerazioni: se ne contestava anzitut- naturale posizione di organo preminente
to l’agnosticismo e, in seconda battuta, della sovranità»29. Ma il fascismo non si
l’inefficienza della sua forma di governo limitò a rafforzare l’esecutivo; ad esso affi-
parlamentare. Ripercorrendo la difficile dò piuttosto una «funzione direttiva»30 che
attività di riforma che aveva consentito di incardinò soprattutto nella figura del Capo
«trasformare lo Stato liberale democratico, del Governo. Si trattava di quella funzione
senza un suo contenuto e senza una effet- che Panunzio definiva «funzione corpo-
tiva sovranità, nello Stato fascista, avente rativa o politica dello Stato»31 e che Mor-
suoi fini concreti, la volontà di realizzarli e tati, nel celebre saggio del 1931, aveva più
la forza necessaria per realizzarli», Alfredo correttamente definito come «funzione di
Rocco sottolineava che per compiere quel- governo»32, intuendo che essa travalicas-
la eccezionale trasformazione si era reso se la funzione esecutiva in senso stretto,
necessario «da un canto dare allo Stato un ponendosi piuttosto come quarta (rispetto
contenuto positivo di volontà e di azione, naturalmente alla celebre tripartizione di
dall’altro fornirgli lo strumento indispen- Montesquieu) e preminente funzione dello
sabile, per adempiere alla sua missione»23. Stato. Perché, spiegava Mortati, la funzione
Ma come innestare nello Stato quel de- di governo scaturiva direttamente dall’i-
terminato contenuto, quell’indirizzo po- dea di Stato inteso «come unità politica di
litico? Qui la riflessione fascista si allinea un popolo». Da ciò derivava che «la prima
al diffuso anti-parlamentarismo che, nel fondamentale funzione dello Stato [fosse]
primo dopoguerra, aveva preso campo in quindi quella di porre in modo concre-
tutta Europa24. Se Schmitt, già nel 1923, to le direttive generali della sua azione, di
aveva definito il regime parlamentare come predeterminare il suo programma»33. Che
un «vuoto apparato»25, in modo non dis- poi questa fondamentale competenza fosse
simile Rocco attribuiva «la decadenza dello da ascrivere alla categoria della ‘funzione’,
Stato» al «crescere smisurato dei poteri come Mortati e Panunzio sostenevano, o
del Parlamento»26, soprattutto all’indo- fosse da derubricare al rango di ‘attività’,
mani dell’avvento dei partiti di massa che come invece argomentarono Crisafulli34
avevano trasformato la Camera elettiva «da e Lavagna35, ai nostri fini poco importa.
teatro di una discussione libera e costrutti- Quanto rileva è invece la chiara individua-
va dei liberi rappresentanti del popolo […] zione di essa come un carattere tipizzante lo
in teatro di una divisione pluralistica del- Stato moderno, «che finalmente trova[va]
le forze sociali organizzate»27. Insomma, il suo principio di unità nell’indirizzo poli-
se la degenerazione del Parlamento aveva tico»36. Ed è proprio l’analisi che Maurizio

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Fioravanti dedica al saggio mortatiano del volontà di dare un’illustrazione chiara e ra-
1931 ad illuminare un’ulteriore passaggio, gionata di quel complesso di principi di cui
decisivo per il proseguimento di questo no- tutti sostenevano l’esistenza, pur senza mai
stro ragionamento: quello in cui il giurista esplicitarli con chiarezza41.
calabrese sottolinea la diretta derivazione
degli atti di governo dalla «legge costitu-
zionale»37. Perché se questa precisazione
rivela da un lato il «recupero della vocazione 3.2. Una costituzione rigida? Statuto,
prescrittiva della costituzione»38, dall’altro costituzione e leggi costituzionali
essa evidenzia anche una necessaria distin-
zione logica, quella tra indirizzo politico L’emersione della dialettica tra un indiriz-
costituzionale e indirizzo politico di gover- zo politico di governo e un indirizzo politico
no, che ritroveremo ribadita qualche anno costituzionale chiamava in causa, come ben
più tardi anche da Vezio Crisafulli, quando avevano messo in evidenza sia Mortati sia
questi affermava che l’attività di indirizzo Crisafulli, la questione dei limiti all’attivi-
politico trovava un limite giuridico invali- tà di governo e, più in generale, dei poteri
cabile nella «formola politica»39 dello Sta- costituiti. Era naturale: nel momento in cui
to, evidente richiamo ad un livello di legali- si ammette infatti l’esistenza di una costi-
tà sovraordinata, fatta di principi direttivi, tuzione dotata di un proprio patrimonio di
di natura dunque schiettamente costituzio- supremi principi programmatici, occorre
nale. Una volta acclarata quindi l’esistenza porsi il problema della loro tutela e predi-
di una costituzione fascista, per la dottrina sporre quindi un qualche meccanismo di
fu naturale riconoscerla come portatrice di garanzia. Il regime risolse la questione con
un determinato indirizzo politico. Neppure la legge che coronò lo sforzo costituente
il più statualista di tutti i giuristi di regime, fascista compiuto nella XXVII Legislatura:
ossia Carlo Costamagna, poté esimersi dal ossia la L. n. 2693 del 9 dicembre 1928 (poi
farlo. E così nel momento in cui andava a modificata e integrata dalla L. n. 2099 del
definire la costituzione, egli la descrive- 9 dicembre 1929), che trasformò il Gran
va come «il complesso delle norme che si Consiglio del Fascismo da supremo organo
trovano in un rapporto di necessaria im- del PNF a organo costituzionale di prima-
mediatezza col principio costituzionale», a ria importanza. L’intento di fare del Gran
sua volta individuato come «il complesso Consiglio il garante dell’ortodossia costi-
delle norme di principio che individuano tuzionale del regime si evince agevolmen-
la personalità storica dello Stato, proiettan- te, come noto, dall’art. 12 della legge, che
dosi nell’ordine giuridico come presuppo- prevedeva il parere obbligatorio dell’orga-
sto della legalità del suo ordinamento»40. no «su tutte le questioni aventi carattere
Diverse formulazioni, differenti sistema- costituzionale», alcune delle quali – enu-
zioni, ma tutte usate per esprimere la me- merate per materia – erano esplicitate nel
desima sostanza. E non stupisce quindi che capoverso successivo.
durante il ventennio si sia sviluppato a più La portata innovativa della riforma era
riprese un dibattito sui principi genera- enorme e sollecitava dunque la dottrina a
li dell’ordinamento, frutto della evidente provvedere alle adeguate sistematizzazio-

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ni. Se alcune questioni possedevano una l’autore, per inquadrare la natura dell’or-
rilevanza relativa – come la tassatività ri- dinamento italiano, inaugurava la categoria
gorosa o attenuata dell’elenco delle ma- della «rigidità relativa», che era propria di
terie, oppure l’acquisizione o meno della quell’ordinamento che «non presenta veri
qualifica di organo legislativo da parte del e propri organi costituenti e neppure rigo-
Gran Consiglio – altre incidevano diretta- rosissime procedure deliberative, e, quin-
mente sui pilastri portanti del previgente di, non può dar vita al tipo classico della
ordinamento italiano. Del tutto nuova era costituzione rigida, ma, d’altra parte, non
ad esempio l’introduzione della distinzione mantiene i caratteri propri del tipo flessi-
tra leggi costituzionali e leggi ordinarie, con bile»46.
le prime che si caratterizzavano per un pro- Alla luce delle diverse opinioni circo-
cedimento leggermente aggravato (proprio lanti in dottrina sulla rigidità o meno della
dal parere obbligatorio del Gran Consiglio) nuova costituzione fascista, suscita un certo
rispetto alle seconde. Ma se la distinzione stupore la sostanziale e diffusa accettazione
era pacifica, meno concorde fu la dottrina di quella che è la conseguenza più ovvia del-
sull’interpretazione delle sue conseguenze. la rigidità, ossia il controllo giurisdizionale
Si poteva con certezza ritenere che la ri- di costituzionalità. Ma l’incongruenza è solo
forma del 1928-1929 avesse segnato, come apparente. Perché se è vero che, secondo
affermava senza alcun dubbio Costamagna, Costamagna, l’introduzione di uno specifi-
«il passaggio della costituzione italiana co procedimento di revisione costituzionale
dal tipo flessibile al tipo rigido»?42 Non era di per sé «sufficiente a stabilire il con-
tutti erano dello stesso parere. Alcuni in- trollo giurisdizionale di costituzionalità in-
terpreti, come Ranelletti43 o Ferracciu44, dispensabile alla supremazia della costitu-
si schierarono decisamente per l’ipotesi zione»47, in realtà quello che tutti gli autori
negativa, facendo leva sulla scarsa rilevan- non faticarono ad ammettere fu un control-
za dell’aggravamento richiesto e sul fatto lo giurisdizionale non sul contenuto della
che il parere del Gran Consiglio, peraltro legge (affinché questa non risultasse con-
obbligatorio ma non vincolante, a rigor di traria ai supremi principi costituzionali),
logica non facesse neppure parte del proce- ma sulla correttezza della procedura seguita
dimento di formazione della legge in senso dal legislatore costituzionale. In omaggio
stretto, intervenendo soltanto nel momen- al principio in base al quale le corti devono
to di preparazione del disegno di legge. Ma sempre applicare la legge esistente, per la
se questi autori sembravano subordinare dottrina maggioritaria andava riconosciuta
il riconoscimento della rigidità a requisiti la legittimazione del giudice a verificare l’e-
ben difficilmente integrabili, l’argomento sistenza stessa della legge (congruenza del
dell’eccessiva tenuità dell’aggravamento testo approvato dalle due Camere, presen-
ritornava anche in chi, come Biggini45, si za del parere del Gran Consiglio in caso di
mostrava disposto ad accogliere la novi- legge costituzionale), attività che evidente-
tà della rigidità ma non senza distinguo. E mente non poteva limitarsi alla mera presa
così, non ritenendo di poter equiparare la d’atto dell’avvenuta promulgazione48. In
costituzione fascista alle storiche costi- nessun caso, comunque, era ipotizzabile
tuzioni rigide quale quella statunitense, la sindacabilità del contenuto della legge,

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nemmeno sotto il profilo della sua rispon- di ruoli costituzionali tipica del regime, che
denza ai principi costituzionali, perché vedeva il Capo del Governo essere anche, di
– notava ancora Biggini – una «legge co- diritto, Presidente del Gran Consiglio del
stituzionale, anche in contraddizione con Fascismo (oltre che Primo Ministro Segre-
lo Statuto o con altre leggi costituzionali, tario di Stato, e poi Maresciallo dell’Impero
deve sempre considerarsi fonte perfetta di ecc. ecc.). Tuttavia, per quanto neutralizza-
diritto»49. E neppure chi, come Panunzio, ta, l’incongruenza non solo rimaneva, ma
azzardava l’ipotesi della creazione di un’alta chiamava anzi in causa una seconda con-
magistratura costituzionale (che egli peral- traddizione, ancor più profonda della prima
tro individuava in un futuro Consiglio di perché ad essa logicamente antecedente.
Stato, del tutto rinnovato però sia nel ruo-
lo sia nella composizione)50, lo faceva allo
scopo di preservare i principi della costi-
tuzione. Quello che preoccupava il giurista 3.3. Una costituzione nata dal basso o una
pugliese era piuttosto il moltiplicarsi delle costituzione statuale?
fonti di produzione del diritto – anche alla
luce della messa a regime dell’ordinamen- Il problema da chiarire, a questo punto, è
to corporativo – e il conseguente rischio di da dove traesse la propria legittimazione
sovrapposizioni e dunque di incertezza sui la costituzione fascista e, soprattutto, che
rispettivi ambiti di competenza. tipo di rapporti essa intrattenesse con lo
Ancora una volta quindi la magistratura Stato. Perché è ovvio che fu proprio la per-
veniva sì riconosciuta competente a pro- durante statolatria del regime ad impedire
nunciarsi sulla legittimità costituzionale di la possibilità di considerare la costituzione
una legge, ma il tipo di sindacato ad essa af- come norma giuridica di rango superiore.
fidato era sempre e comunque limitato agli E questo rimanda a una delle più profonde
elementi formali e procedurali; mai poteva contraddizioni che visse il fascismo: quella
estendersi al suo contenuto. Il che veniva a di autorappresentarsi cioè come un movi-
creare una situazione piuttosto curiosa. La mento rivoluzionario popolare, che aveva
costituzione fascista possedeva chiari ele- trasfuso il proprio vivo e palpitante sangue
menti di rigidità, introdotti dalle legge 2269 nell’anemico e avvizzito corpo dello Stato di
del 1928 allo scopo evidente di sottolineare diritto, salvo poi però tornare ad annullarsi
la portata contenutistica dell’opera di ri- completamente nello Stato; nello Stato rin-
forma costituzionale realizzata dal regime. novato e rivitalizzato, certo, nello Stato fa-
Pur tuttavia, questi contenuti non potevano scista insomma, ma pur sempre nello Stato.
in alcun modo assurgere a fonte primaria Ai fini del nostro discorso, questo aspetto
nella gerarchia delle fonti del diritto e dun- risulta dirimente. Che genere di costitu-
que non potevano essere opposti alla legge zione pretendeva di essere infatti quella
ordinaria, perché questa era la voce prin- fascista? Posto che essa risultava il frutto di
cipale con la quale si esprimeva il dominus un atto di volontà orgogliosamente rivendi-
incontrastato dell’ordinamento fascista, cato, chi era il titolare di quella volontà? E
il duce. Naturalmente, l’incongruenza era chi custodiva dunque le chiavi della costi-
neutralizzata de facto dalla sovrapposizione tuzione?

48
Gregorio

Nessuno mise mai in dubbio che il regi- sava Rocco: «una rivoluzione […] non me-
me fosse scaturito da un autentico momento rita tal nome se non mette capo ad un nuovo
rivoluzionario. Inaugurando nel decennale sistema di diritto pubblico»55.
della Marcia su Roma il I Congresso giuri- La rivoluzione fascista, dunque, doveva
dico italiano, il Guardasigilli De Francisci farsi costituente o avrebbe finito per nega-
non mancò di notare come esso nascesse re sé stessa. Ma la chiarezza con la quale la
sotto «gli auspici della risorta grandez- dottrina acclarava il solido legame tra sor-
za della patria rinnovata dalla rivoluzione gente rivoluzionaria popolare e costituzio-
delle Camicie Nere»51. La narrazione della ne positiva poneva in verità più problemi di
palingenesi rivoluzionaria, così ricorrente quanti non ne risolvesse, perché chiamava
anche nell’oratoria mussoliniana, acquisì in causa quei dilemmi profondi che, negli
dunque per il fascismo un’importanza che stessi anni, andavano attanagliando l’in-
andava ben al di là dell’espediente retorico. tera dottrina costituzionalistica europea. Il
Essa divenne un vero e proprio mito fon- riscoperto protagonismo della società no-
dativo, la cui originaria spinta creativa era vecentesca metteva infatti potenzialmente
ritenuta talmente potente da giustificare in gravi ambasce lo Stato, minacciando di
persino la riscrittura del calendario che, dal contendergli la primazia. Accogliere pie-
1927, dovette obbligatoriamente affiancare namente il ruolo proattivo della società po-
agli anni trascorsi dalla nascita di Cristo, litica – come fece senza esitazioni e senza
quelli trascorsi dalla marcia su Roma, epi- alcun filtro Hans Kelsen – conduceva in-
fania dell’Era Fascista52. È quindi evidente fatti inevitabilmente a contrarre il campo
che anche la dottrina giuridica fu costretta a di azione dello Stato, a farlo arretrare56. Il
porsi il problema di un suo inquadramento più attento interprete – tra i giuristi enga-
teorico. Sergio Panunzio, ad esempio, cer- gé – delle ragioni della società, ossia Sergio
cò di elaborare, addirittura come «nozione Panunzio, se ne accorse immediatamente.
pubblicistica a sé», quella di «partito rivo- Prendere sul serio la genesi rivoluzionaria
luzionario», definendola come «l’istitu- del fascismo comportava infatti la necessità
zione originaria»53 perché, nella sua ottica, di riconoscere al partito il ruolo di «origine
«la “sovranità” della Rivoluzione e delle immediata e formale dello Stato fascista»57.
leggi della Rivoluzione [era] del Partito»54. Ma se era «il Partito fascista, in quanto par-
Ma occorreva maturare un’idea chiara di tito rivoluzionario, [a] crea[re] lo Stato»58,
cosa fosse e soprattutto di cosa non fos- allora quest’ultimo pareva inevitabilmen-
se una rivoluzione. E qui l’elaborazione si te destinato a scivolare in secondo piano,
salda strettamente al tema costituzionale. a retrocedere al rango di mero strumento
Perché non bastavano i «moti di piazza» del partito. Solo che tale ipotesi non si atta-
per fare una rivoluzione. Altrimenti si sa- gliava per nulla al regime fascista che Mus-
rebbe dovuto qualificare come tale anche solini aveva eretto sul motto «tutto nello
«l’anarchia bolscevica, che imperversò in Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla
Italia nel 1919 e nel 1920. La rivoluzione, lo contro lo Stato»59. E dunque? Il giurista
stesso nome lo dice, è soprattutto […] un pugliese tentò (senza grandi fortune peral-
processo storico, che mette capo a un nuovo tro) di uscire dall’impasse arrampicandosi
ordinamento dello Stato». Insomma, chio- sugli specchi di improbabili distinguo di

49
Fondamenti

piano60, mostrando plasticamente quanto Stato. La sua idea, in altre parole, era che
impervi fossero i sentieri che conduceva- la Verfassung, per essere pienamente tale,
no ad indagare il momento fondativo dello dovesse ancora essere Staatsverfasung65. E
Stato fascista e del suo ordinamento costi- dunque, per tornare in Italia, non può stu-
tuzionale. Non stupisce dunque che quello pire se il più statualista dei giuristi di re-
di Panunzio sia rimasto, almeno sino alla gime, Carlo Costamagna, nei suoi già citati
fine del decennio61, un tentativo tutto som- Elementi di diritto pubblico fascista, scelse di
mato isolato. Il resto della dottrina trovò trattare della costituzione all’interno del ti-
infatti più funzionale aderire a prospetti- tolo dedicato a «La funzione normativa»66
ve rigidamente statualistiche; e non solo dello Stato.
perché queste erano obiettivamente più
rispondenti alla realtà costituzionale del
regime, ma anche perché possedevano una
solidità concettuale decisamente maggiore. 4. Considerazioni conclusive
E ancora una volta, la considerazione non
vale solo per l’Italia fascista. La transizione La dialettica tra Stato e costituzione quindi,
dalle dottrine dello Stato a quelle della co- negli anni Trenta, era ancora decisamente
stituzione, che secondo la ormai acclarata travagliata e il rinvenimento di un punto
ricostruzione di Maurizio Fioravanti62 va di equilibrio appariva un orizzonte piut-
collocata cronologicamente negli anni che tosto lontano. La tradizione statualistica
intercorsero tra le due guerre, non fu infatti era troppo forte e radicata per poter essere
né immediata né indolore. Lo dimostra il messa agevolmente da parte, soprattutto in
fatto che anche uno dei protagonisti asso- un’epoca che richiedeva a gran voce il raf-
luti di quella transizione, ossia lo Schmitt forzamento dei poteri di governo e, dun-
teorico della Verfassungslehre63 (o quanto- que, del Governo67. D’altro canto l’esigenza
meno di una delle sue possibili declinazio- di una costituzione – intesa come concreta
ni), mostrò grande ritrosia ad abbandonare possibilità per le masse popolari di inserire
i rassicuranti lidi della statualità per avven- nello Stato un determinato indirizzo politi-
turarsi nel mare aperto di una prospettiva co in grado di caratterizzarlo e connotarlo
integralmente fondata sulla costituzione. nella sua precisa realtà storica – era un’e-
E ben se ne accorse Otto Koellreutter che, sigenza non meno sentita. E qui nascevano
nel 1934, gli rimproverò la sua estraneità al i problemi. In primo luogo perché la società
nuovo corso nazionalsocialista (che riven- novecentesca – una volta svelatasi in tutta la
dicava invece la primazia del movimento e sua concretissima e plurale conflittualità –
quindi della NSDAP), rivolgendogli la pe- aveva incontrato molte difficoltà nel riusci-
sante accusa «di essere un “neohegeliano” re a produrre quel necessario principio di
che difendeva il concetto di Stato»64. L’ac- unità politica che avrebbe dovuto poi river-
cusa era grave, ma a ben vedere non infon- sare nello Stato. L’esempio weimariano e il
data. Perché effettivamente Schmitt ela- coevo triennio italiano 1919-1922 stavano lì
borò un’idea di costituzione che faticava a a dimostrarlo, fornendo buoni argomenti e
sviluppare una soggettività autonoma e che dunque soffiando sul fuoco dell’anti-parla-
egli continuava quindi ad incardinare nello mentarismo dilagante. Ma questo non face-

50
Gregorio

va affatto venir meno la necessità di recupe- ordinamentale, non rivendicare una pri-
rare quel principio di unità, la cui esistenza mazia sulle norme che quell’ordinamento
anzi veniva sempre di più identificata come andavano a comporre?
tratto identitario di una storicamente de- La costituzione novecentesca, insom-
terminata esperienza costituzionale. ma, reclamava a gran voce una sistemazione
Come recuperarlo allora? Le risposte si teorica che, rispettando la sua genesi socia-
sprecarono: Schmitt in fondo lo presup- le, fosse però anche in grado di riconoscer-
poneva, affidandone la cura e la custodia le una forza normativa tale da consentirle di
al Presidente del Reich, facendo leva sulla opporsi allo Stato o, quantomeno, di dialo-
sua investitura plebiscitaria; per Smend si gare alla pari con esso. Tutto ciò il regime
poteva costruire attraverso una fitta e ar- fascista non seppe e non volle fare. Non
ticolata rete di funzioni integrative; il fa- avrebbe potuto del resto, perché teorizzare
scismo tagliò più corto: si auto-identificò la possibilità di porre limiti all’azione dello
con la nazione italiana, arrogandosi quindi Stato avrebbe ovviamente abbattuto i pila-
il ruolo di unico interprete dell’interesse stri portanti dell’architettura dittatoriale
generale. Ma comunque si pretendesse di mussoliniana. Tuttavia fornì alla dottrina
risolvere il problema, dal principio di unità un interessante laboratorio, ricco di tutti
politica non si poteva prescindere. E qui si quegli spunti (e delle relative contraddizio-
innestava una seconda criticità, che chia- ni) che andavano caratterizzando il primo
mava direttamente in causa lo Stato. Perché Novecento europeo. E in quel laboratorio
l’insieme dei principi che determinavano il maturarono anche dei buoni frutti, il più
contenuto sostanziale del principio di uni- significativo dei quali fu certamente rap-
tà, infatti, disegnava chiaramente un nuovo presentato dalla cesura dottrinale di fine
spazio, che era lo spazio della costituzione. anni Trenta69. I più giovani costituziona-
E questa idea di costituzione, tipicamente listi italiani, cresciuti scientificamente
novecentesca, era troppo ingombrante per negli anni del regime, non si limitarono
non minacciare di oscurare l’istituzione infatti a gettare le basi teoriche per il suo
statuale. Ciò non avveniva solo nell’inter- superamento; ma tentarono – spesso con
pretazione formalistica e procedurale kel- successo – di ricondurre a sintesi molte
seniana, di cui si è già detto, ma anche in delle antinomie che avevano caratterizzato
quella – decisamente più sostanziale – che la riflessione del precedente ventennio. E
potremmo ascrivere a Schmitt e Smend, se Mortati riuscì finalmente ad assicurare
ma anche a Panunzio e Costamagna. Ri- alla costituzione un pieno riconoscimento
prendiamo la definizione che quest’ulti- di normatività, i vari Crisafulli, Lavagna,
mo dava del «principio costituzionale», che Esposito, nell’indagare il percorso ascen-
identificava ne «il complesso delle norme dente che portava la società a riempire di
di principio che individuano la personalità contenuto le istituzioni statuali, riscopriro-
storica dello Stato, proiettandosi nell’ordi- no la valenza di garanzia iscritta nel dirit-
ne giuridico come presupposto della lega- to quando questo è chiamato ad operare in
lità del suo ordinamento»68. Come poteva funzione di limite. Quanto questa riflessio-
quell’insieme di principi, che si assumeva ne fu capace di innervare l’interpretazio-
essere il presupposto stesso della legalità ne della futura costituzione repubblicana

51
Fondamenti

è cosa nota. Ma per apprezzarne l’effettiva


portata, quelle elaborazioni vanno misurate
non solo sulle soluzioni teoriche della futu-
ra età repubblicana, ma anche e soprattutto
sul problematico dibattito costituzionale
del primo Novecento. Per scoprire maga-
ri che, rispetto ad esso, la dottrina italiana
seppe immaginare e proporre sintesi, dal
respiro pienamente europeo.

1 L’impegno politico di D’Alessio una nuova tipologia di intellettua- mano, Rocco, Rossoni, Suvich e
ebbe inizio nel primo dopoguer- le creata dal fascismo. Gioacchino Volpe.
4 10
ra. Entrò in Parlamento nel 1919 Atti Parlamentari della Camera dei Sulla categoria dei «fiancheg-
come candidato dell’Opposizio- Deputati, Resoconto stenogra- giatori», esterni ed interni al
ne Costituzionale, formazione fico del Discorso della Corona fascismo, insiste come è noto
conservatrice e anti-nittiana del pronunciato davanti alle Camere Renzo De Felice (cfr. R. De Felice,
liberalismo. E se nella XXVI Legi- riunite nell’Aula del Palazzo di Mussolini il fascista. L’organizza-
slatura lo ritroviamo tra le fila del Montecitorio, il 20 aprile 1929 in zione dello Stato fascista 1925-1929
gruppo parlamentare Democrazia occasione dell’inaugurazione del- (1968), Torino, Einaudi, 1995,
Sociale, nel 1924 promosse (e si la XXVIII Legislatura, p. IV. pp. 35 ss.).
5 11
candidò con) una lista fiancheg- Sia consentito rimandare per Un’ampia descrizione degli ap-
giatrice del c.d. Listone fascista, un’esposizione più ragionata, a punti presi da Mussolini a mar-
per ottenere quello stesso anno M. Gregorio, L’idea di costituzio- gine della relazione Barone è
la tessera del PNF e, nel biennio ne nella giuspubblicistica italiana riportata in A. Aquarone, L’orga-
successivo, significativi incarichi degli anni Trenta, in La costru- nizzazione dello Stato totalitario,
ministeriali. Tuttavia, i rapporti zione della ‘legalità’ fascista negli Torino, Einaudi, 1965, pp. 57-58
col regime si guastarono rapida- anni Trenta, a cura di I. Birocchi, (in particolare in nota).
12
mente, tanto che nel 1931 gli ven- G. Chiodi, M. Grondona, Roma, Relazioni e proposte, cit., p. 81.
13
ne persino ritirata la tessera del Roma TrE-Press, 2020, pp. 177 ss. Così anche Italo Scotti (cfr. Id., Il
6
partito. Su D’Alessio, cfr. G. Me- D’Alessio, Forma e spirito, cit., p. fascismo e la Camera dei Deputati.
lis, Francesco D’Alessio, in Diziona- 261. La Costituente fascista 1922-1928,
7
rio Biografico degli Italiani, vol. 31, Che nuova era peraltro fino ad in «Bollettino di informazioni
1985, ora reperibile online all’in- un certo punto, visto che in essa costituzionali e parlamentari»,
dirizzo <https://www.treccani.it/ vennero incorporati ben 14 dei 15 n. 1, 1984, in particolare p. 124),
enciclopedia/francesco-d-ales- membri che componevano quella mentre decisamente orientato
sio_(Dizionario-Biografico)>. nominata l’anno prima dal PNF. a svalutarne la portata sembra
2 F. D’Alessio, Forma e Spirito della L’unico escluso risultò Longhi. Aquarone (Id., L’organizzazione
8
nuova Costituzione italiana, in «Lo Relazioni e proposte della Commis- dello Stato totalitario, cit., in par-
Stato», 1930, pp. 259 ss. sione per lo studio delle riforme co- ticolare p. 56).
3 14
Il riferimento è ovviamente a Pie- stituzionali, Firenze, Le Monnier, E. Gentile, La vita italiana al to-
tro Costa (cfr. Id., La giuspubbli- 1930, p. VII. talitarismo. Il partito e lo Stato nel
9
cistica dell’Italia unita: il paradig- Questa la composizione del- regime fascista, Roma, Carocci,
ma disciplinare, in Stato e cultura la Commissione dei 18: oltre al 1995, p. 144.
15
giuridica in Italia dall’unità alla Presidente Gentile e al vice-Pre- D’Alessio, Forma e spirito, cit., p.
Repubblica, a cura di A. Schiavone, sidente Corradini, essa era com- 260.
16
Roma-Bari, Laterza, 1990, in par- posta da Arias, Barone, Coppola, La scoperta di una differente e
ticolare p. 126) che probabilmen- Ercole, Gini, Greppi, Lanzillo, più realistica rappresentazione
te per primo ha individuato nella Leicht, Mazziotti, Melodia, An- della società (non più pacificato
categoria del «giurista militante» gelo Oliviero Olivetti, Santi Ro- e irreale palcoscenico dell’indi-

52
Gregorio

40
viduo borghese, ma dimensione verfassung und die politischen Par- Costamagna, Elementi di diritto
complessa, plurale e soprattutto teien, Berlin, Liebmann, 1928; pubblico fascista, cit., p. 444.
conflittuale) è come noto il cuore C. Schmitt, La condizione storico- 41 Sul dibattito sui principi generali
della riflessione di Paolo Grossi spirituale dell’odierno parlamenta- dell’ordinamento e sull’impatto
sul lunghissimo Novecento giu- rismo (1923), Torino, Giappichel- che questo ebbe sulle prospettive
ridico (cfr. Id., Introduzione al li, 2004, nonché Id., La dottrina della costituzione fascista negli
Novecento giuridico, Roma-Bari, della costituzione (1928), Milano, ultimi anni del regime, si veda il
Laterza, 2012). Giuffrè, 1984; ma anche G. Leib- bel contributo di Claudia Storti:
17 holz, Das Wesen der Representätion
P. Costa, Civitas, storia della cit- Id., Una costituzione per il regime?
tadinanza in Europa. 2. L’età delle und der Gestwandel der Demokratie 1940: lo scoppio della guerra e del
rivoluzioni, Roma-Bari, Laterza, im 20. Jahrhundert, Berlin, Walter conflitto tra partito fascista e scienza
1999, p. 43. de Gruyter & Co., 1929. giuridica, in «Giornale di Storia
18 25 Costituzionale», n. 39, 2020, pp.
In un suggestivo articolo del 1931, Schmitt, La condizione storico-
Costamagna accomunava «Sta- spirituale, cit., p. 29. 143 ss.
to sovietico» e «Stato fascista» 26 42
Rocco, La trasformazione dello Sta- Costamagna, Elementi di diritto
come i due modelli di Stato, pur to, cit., p. 783. pubblico fascista, cit., p. 431.
sorti da due rivoluzioni diversis- 27 43
C. Schmitt, La svolta verso lo Stato O. Ranelletti, Il Gran Consiglio del
sime, che erano nati per soppian- totale (1931), ora in Id., Posizioni Fascismo e la forma di governo dello
tare l’inadeguato Stato di diritto e concetti in lotta con Weimar-Gi- Stato italiano, in «Rivista di dirit-
liberale. Cfr. Id., Premesse allo nevra-Versailles 1923-1939, a cura to pubblico», n. I, 1929, pp. 325
studio del nuovo diritto italiano, in di A. Caracciolo, Milano, Giuffrè, ss.
«Lo Stato», 1931, pp. 569-570. 2007, p. 253. 44 A. Ferracciu, Le leggi di carattere
19 28
L. Salvatorelli, Nazionalfascismo Rocco, La trasformazione dello Sta- costituzionale, in «Lo Stato», n. I,
(1923), Torino, Einaudi, 1977. to, cit., p. 776. 1930, pp. 69 ss.
20 29 45
D’Alessio, Forma e spirito, cit., p. Ivi, p. 784. C.A. Biggini, La legislazione costi-
263. 30 C. Costamagna, Elementi di dirit- tuzionale nel nuovo diritto pubblico
21 L’impatto che la Grande guerra to pubblico fascista, Torino, Utet, italiano, Ravenna, Arti Grafiche,
ebbe sulla psicologia collettiva fu 1934, p. 241. 1931.
devastante e, per comprenderlo, 31 46
S. Panunzio, Teoria generale del- Ivi, p. 66.
basta scorrere le stime dei caduti lo Stato fascista, Padova, Cedam, 47 Costamagna, Elementi di diritto
e dei feriti gravi (tra i quali spic- 1939, p. 110. pubblico fascista, cit., p. 455.
cava la neonata categoria, anche 32 48
C. Mortati, L’ordinamento del Cfr. Biggini, La legislazione costi-
giuridica, dei mutilati). Tra le fila governo nel nuovo diritto pubblico tuzionale, cit., pp. 130 ss.
italiane, ad esempio, furono circa italiano (1931), Milano, Giuffrè, 49 Ivi, p. 145.
un milione e mezzo (ossia 1/4 dei 2000, p. 7. 50 Si rimanda, sul punto ad un paio
chiamati alle armi) i militari che 33 Ivi, p. 9. di interessanti prese di posizione
morirono, vennero feriti gra- 34 V. Crisafulli, Per una teoria giuridi- di Panunzio sul «Popolo d’Ita-
vemente o restarono segnati in ca dell’indirizzo politico, in «Studi lia»: Logica costituzionale (1929)
modo permanente dalla guerra. Urbinati», 1939, pp. 53 ss. e Sviluppi costituzionali (1930),
22 35
Sulla propensione della democra- C. Lavagna, Contributo alla deter- entrambi poi raccolti in Id., Ri-
zia spagnola a difendere il neona- minazione dei rapporti giuridici tra voluzione e costituzione. Problemi
to ordinamento repubblicano con Capo del Governo e Ministri, Roma, costituzionali della rivoluzione, Mi-
uno strumentario tutto sommato Edizioni Universitarie, 1942. lano, Treves, 1933, pp. 195 ss.
poco compatibile con la democra- 36 51
M. Fioravanti, Dottrina dello Sta- P. De Francisci, Ai giuristi italiani,
zia medesima, si veda M. Balibé, to-persona e dottrina della costitu- in «Lo Stato», 1932, p. 674.
zione, in Id., La scienza del diritto 52
Orden público y militarismo en la L’obbligo di affiancare il calen-
España constitucional (1812-1983), pubblico. Dottrine dello Stato e della dario gregoriano con il nuovo
Madrid, Alianza, 1984. costituzione tra Otto e Novecento, calendario fascista entrò in vigore
23 A. Rocco, La trasformazione dello Milano, Giuffrè, 2001, vol. II, p. nell’ottobre 1927, ma venne pre-
Stato, in Id., La formazione dello 730. Il corsivo è dell’autore. visto da una circolare ministeriale
Stato fascista (1925-1934), vol. III, 37 Mortati, L’ordinamento del gover- dell’anno precedente, indicativa-
Milano, Giuffrè, 1938, pp. 780- no, cit., p. 16. mente adottata il 25 dicembre.
781. 38 53
Fioravanti, Dottrina dello Stato- Panunzio, Teoria generale, cit., p.
24 Quella polemica animò, come persona, cit., p. 750. In corsivo nel 447.
noto, tanta parte della dottrina testo. 54 S. Panunzio, Per la riforma della
weimariana. Tra gli altri si ri- 39 Crisafulli, Per una teoria giuridica, Costituzione (1924), ora in Id., Ri-
manda a: H. Triepel, Die Staats- cit., p. 129. voluzione e costituzione, cit., p. 18.

53
Fondamenti

55 66
Rocco, La trasformazione dello Sta- Costamagna, Elementi di diritto
to, cit., p. 771. pubblico fascista, cit., p. 434 ss.
56 67
Così M. Fioravanti, Kelsen, Schmitt Quando Mortati nel 1944 decise
e la tradizione giuridica dell’Otto- di iscriversi alla Democrazia Cri-
cento, in Crisi istituzionale e teoria stiana, vide la propria domanda
dello Stato in Germania dopo la di iscrizione congelata perché la
prima guerra mondiale, a cura di dirigenza del partito – nella per-
G. Gozzi e P. Schiera, Bologna, il sona di Mario Scelba – gli chiese
Mulino, 1987. Secondo Fioravan- conto di quei suoi scritti giuridici
ti, sin dalla sua prima significativa degli anni Trenta e Quaranta rite-
opera, gli Hauptprobleme, Kelsen nuti troppo vicini al regime. Nella
procedette ad «una vera e pro- replica di Mortati – che i mag-
pria demolizione del concetto di giorenti democristiani dovettero
“Stato” dominante nella dottrina evidentemente ritenere soddi-
giuridica dell’Ottocento» (p. 57). sfacente dato che accolsero la sua
57 Panunzio, Teoria generale, cit., p. richiesta di tesseramento – egli si
423. difese asserendo di aver sempre
58 S. Panunzio Lo Stato-Partito sostenuto (e di essere ancora in-
(1933), ora in Id, Il fondamento tenzionato a farlo) la necessità di
giuridico del fascismo, Roma, Bo- un rafforzamento dell’esecutivo.
nacci Editore, 1987, p. 268. In questo aspetto egli vedeva, evi-
59 La frase, celeberrima, venne pro- dentemente sin dal 1931, un tratto
nunciata a Milano il 28 ottobre tipizzante quel tipo di Stato nuovo
1925, in un discorso tenuto per che per lui era lo Stato del secolo
commemorare il terzo anniversa- XX. Sul punto, cfr. F. Lanchester,
rio della Marcia su Roma. La dottrina costituzionalistica ita-
60 Egli separò il piano della dinami- liana dal fascismo alla Repubblica,
ca, sul quale si poteva affermare in «Rivista AIC», n. 2, 2018, in
che il Partito «è prima, è più dello particolare pp. 10 ss.
68
Stato, lo Stato in marcia, lo Stato Costamagna, Elementi di diritto
nel suo farsi, lo Stato conden- pubblico fascista, cit., p. 444.
69
dus», dal piano «statico, logico – Cfr. M. Gregorio, La cesura dot-
giuridico, formale, dommatico», trinale di fine anni Trenta. Itinerari
sul quale invece bisognava rico- della giuspubblicistica italiana tra
noscere che «lo Stato è tutto, ed fascismo e Repubblica, in I mille vol-
il Partito vien dopo, è una parte, è ti del regime, a cura di P. Barucci,
un organo dello Stato» (Cfr. Id, Lo P. Bini e L. Conigliello, Firenze,
Stato-Partito, cit., p. 268). Fup, 2020 o, più estesamente, Id.,
61 Ci si riferisce ovviamente alla sin- Parte totale. Le dottrine costituzio-
tesi mortatiana del 1940, ma non nali del partito politico in Italia tra
solo. Sul punto si rimanda, infra, Otto e Novecento, Milano, Giuffrè,
alla nota 69. 2013.
62 Fioravanti, La scienza del diritto
pubblico, cit.
63 C. Schmitt, Verfassungslehre, Mü-
nich-Leipzig, Duncker und Hum-
blot, 1928.
64 S. Pietropaoli, Schmitt, Roma, Ca-
rocci, 2012.
65 Una più ampia riflessione sul
punto si trova in M. Gregorio, La
breve vita (o forse no) del concetto
schmittiano di Stato totale, in Il
corvo bianco. Carl Schmitt di fronte
al nazismo, a cura di T. Gazzolo e S.
Pietropaoli, Macerata, Quodlibet,
2022, in corso di pubblicazione.

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