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(2006)
TOMO I
E
v palese che nel titolo della nostra Relazione viene fortemente
sottolineata la novità quale carattere saliente del ‘Code Civil’: una
fonte novissima ben incastonata in una nuova civiltà giuridica e di
essa fedelmente espressiva. Anche se motivazioni e giustificazioni di
questa scelta saranno fornite — spero adeguatamente — nel corso
della Relazione, è opportuno sin da ora chiarirne un primo signifi-
cato; il che varrà anche a introdurci ottimamente all’interno del no-
stro tema.
V’è al di sotto della intitolazione una venatura — se non pro-
(1) Viene alla mente R. DEKKERS, Le droit privé des peuples - Caractères, destinées,
dominantes, Bruxelles, Librairie Encyclopedique, 1953 e l’impostazione tradizionale
della belga ‘Société Jean Bodin pour l’histoire comparative des institutions’ ben
espressa nei suoi annuali ‘Recueils’.
(2) J. VANDERLINDEN, Le concept de code en Europe occidentale du XIIIe au XIXe
siècle. Essai de définition, Bruxelles, Univ. Libre, 1967, p. 9.
che vanno dal 1790 al 1810 si concreta in una novità assoluta sul
piano delle fonti, offrendo una soluzione nuova al problema della
produzione giuridica. Insomma, la storia delle fonti ha un prima e
un poi, e il discrimine corre proprio in quel 1804 che vide realiz-
zato il primo momento di un enorme disegno legislativo (3).
Noi, per nostro conto, ne traiamo una conseguenza netta: che
è, se non indebito, almeno altamente equivoco continuare, per le
produzioni pre-napoleoniche sopramenzionate, a qualificarle come
codificazioni (4). A nostro avviso, la fortunata distinzione — propo-
sta tanti anni fa dal Viora (5) — fra consolidazioni e codificazioni,
malgrado alcune perplessità recentemente segnalate (6), appare an-
cora utile come semplice strumento ordinativo di un materiale sto-
rico profondamente disomogèneo.
Tanto più sul terreno del quale oggi discorriamo, il diritto ci-
vile, il diritto regolativo della vita quotidiana del normale cittadino,
dove, se possiamo sorprendere l’avvı̀o di disegni progettuali negli
esperimenti imperfetti di Principi dell’area austro-germanica emer-
genti alla metà del secolo XVIII (7), il disegno perfetto e compiuto,
interamente realizzato in coerenza con uno specifico progetto e di-
venuto norma esclusiva per ogni cittadino, si ha soltanto con il
‘Code civil’, autentico atto di coraggio di un legislatore vigoroso e
consapevole, momento di rottura con una tradizione secolare che si
trascinava pesantemente sino a fine Settecento.
(3) Nel ristretto e appartato campo del diritto penale (strettamente legato al-
l’esercizio del potere sovrano), e soltanto da un punto di vista formale, può essere con-
siderato un ‘Codice’ quello Giuseppino del 1787.
(4) Una guida eccellente può oggi rinvenirsi in P. CARONI, Saggi sulla storia della
codificazione, Milano, Giuffrè, 1998, che offre al lettore una valutazione serenamente
critica, sempre ispirata ad un grande equilibrio e fondata su una conoscenza piena delle
fonti storiche. Uno sguardo disteso, sempre sorretto da un atteggiamento serenamente
critico, si può reperire anche nei molti saggi raccolti in: Codici — Una riflessione di fine
millennio — Atti dell’Incontro di studio, Firenze, 26-28 ottobre 2000, a cura di P. Cap-
pellini e B. Sordi, Milano, Giuffrè, 2002.
(5) M. VIORA, Consolidazioni e codificazioni. Contributo alla storia della codifica-
zione, Torino, Giappichelli, 19673.
(6) U. PETRONIO, Una categoria storiografica da rivedere, in « Quaderni fioren-
tini », 13, 1984.
(7) Il riferimento è soprattutto a Maria Teresa nella coinè austriaca, a Federico II
in Prussia, a Massimiliano Giuseppe III in Baviera.
(12) M. ROBESPIERRE, Discours sur les principes de la morale politique, ora in Di-
scours et rapports à la Convention, a cura di M. Bouloiseau, Union Gén. d’Editions,
1965, p. 212.
(13) La frase è presa quasi di peso da un saggio di Pietro Verri, fratello di Ales-
sandro, e, come questi, protagonista del vivace illuminismo lombardo:« La felicità pub-
blica e la benefica verità fanno desiderare che cessi finalmente il governo degli uomini
e cominci il governo delle leggi e che la sacra facoltà di far leggi sia gelosamente custo-
dita presso del trono e non altrove » (P. VERRI, Memorie storiche sulla economia pubblica
dello Stato di Milano, ora in Scrittori classici di economia politica — Parte moderna, tomo
XVII, Roma, Bizzarri, 1966 (rist. anast. Ed. Milano, Destefanis, 1804), p. 170 (ma si ve-
dano anche le considerazioni svolte nelle pp. 151-152).
(14) Sia consentito di rinviare a un nostro recente sguardo sintetico: P. GROSSI,
Dalla società di società alla insularità dello Stato — Fra Medioevo ed Età Moderna, Na-
poli, Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa, 2003 (Lezioni Magistrali — Collana
diretta da F. De Sanctis).
(15) J.-L. HALPERIN, L’impossible code civil, Paris, P.U.F., 1992, p. 41.
(20) P.A. FENET, Recueil complet des travaux préparatoires du Code Civil (1827),
Osnabrück, Zeller, 1968, T. I, p. CVII.
(21) Ivi, p. CI.
(25) Sono quelle sulle donazioni del 1731, sui testamenti del 1735, sulle sostitu-
zioni del 1747 (da ultimo, si veda A. LEFEBVRE-TEILLARD, Les différents facteurs d’unifi-
cation dans l’ancien droit, in 1804-2004 — Le Code Civil — Un passé, un présent, un
avenir, Paris, Dalloz, 2004, p. 81).
(26) Il riferimento è al saggio notissimo, che Vassalli pubblica nel 1951: Estrasta-
tualità del diritto civile, ora in ID., Studi giuridici, vol. III, tomo II, Milano, Giuffrè,
1960.
usi, restando cómpito del ceto dei giuristi, giudici e maestri, la sua
definizione, categorizzazione, sistemazione.
Con la doverosa precisazione che giurisprudenza pratica e dot-
trina non lo irrigidivano in testi autorevoli destinati a una vigenza
proiettata in un tempo indefinito, ma lo riducevano in schemi dut-
tili, disponibili ad essere superati per il variare delle esigenze sociali,
delle mentalità, delle stesse concezioni teoriche, del raffinarsi delle
tecniche. Estrastatualità aveva significato soprattutto pluralismo
giuridico, pluralismo di fonti di produzione non necessariamente
inchiodate in una gerarchia immodificabile.
Nell’anno di grazia 1804 si porta a compimento una rivoluzione
né piazzaiola né cruenta, anzi tacita e secreta, ma rivoluzione piena
a livello di fonti giuridiche. Viene infatti attuata la statalizzazione
compiuta del diritto civile, cancellando d’un colpo la tradizione
plurisecolare. L’ordine giuridico privato si trovava ridotto e com-
presso nella testualità di tre libri scanditi in ben 2281 articoli. Ed
era chiaro l’oggetto che il Principe e i suoi consulenti avevan di
fronte come ambiziosissimo progetto: occuparsi di tutto il diritto
civile e disciplinarlo, dalle persone alla famiglia, dalla proprietà e
diritti reali a contratti e obbligazioni, a successioni per causa di
morte.
Si èvitano con prudenza eccessive minuziosità, si èvitano inutili
e ingombranti filosofeggiamenti, ma si vuole fissare con rigore le
regole-càrdine dell’ordine giuridico, quelle che fanno del ‘Code’
uno strumento efficientissimo di pace pubblica con il suo controllo
della attività quotidiana dei cittadini nello scottante terreno dei
rapporti economici e sociali.
Nessun esempio è più illuminante di quello offerto dalla ampia
disciplina codicistica in tema di contratti. Negli articoli che vanno
dal 1101 al 1167 si disegna una vera e propria teoria generale legi-
slativa del contratto, dove si dà largo spazio alla autonomia privata
ma si ségnano con precisione i suoi confini.
E l’articolo 1134, modello fortunato che troverà in Italia rece-
zione nel primo Codice unitario del Regno e successivamente nel
Codice attualmente vigente, con la sua azzeccata formulazione sem-
bra corrispondere in pieno a una duplice esigenza: agevolare quei
negozii tra privati che costituiscono il nerbo della economia bor-
ghese assicurando una zona di autonomia dove gli interessi in gioco
(27) Abbozziamo qui un elenco, che non ha lo scopo di contarle con aritmetica
precisione, ma solo di testimoniarne la notevole quantità: artt. 544 (proprietà), 578
(usufrutto), 637 (servitù), 716 (tesoro), 739 (rappresentazione), 811 (eredità giacente),
894 (donazione), 895 (testamento), 1003 (legato universale), 1101 (contratto), 1102
(contratto sinallagmatico), 1103 (contratto unilaterale), 1104 (contratto commutativo),
1105 (contratto di beneficenza),1106 (contratto a titolo oneroso), 1168 (obbligazione
condizionale), 1169 (condizione causale), 1170 (condizione potestativa), 1171 (condi-
zione mista), 1181 (obbligazione sotto condizione sospensiva), 1183 (condizione risolu-
tiva), 1197 (obbligazione solidale tra più creditori), 1200 (obbligazione solidale tra più
debitori), 1217 (obbligazione divisibile e indivisibile), 1226 (clausola penale), 1250 (su-
bingresso convenzionale), 1265 (cessione dei beni), 1317 (atto autentico), 1349 (presun-
zioni), 1350 (presunzione legale), 1371 (quasi-contratti), 1540 (dote), 1574 (beni para-
fernali), 1582 (vendita), 1604 (tradizione della cosa), 1659 (retratto convenzionale),
1702 (permuta), 1709 (locazione di cose), 1711 (locazione d’opere), 1800 (soccida),
1804 (soccida semplice), 1818 (soccida a metà), 1821 (soccida di ferro), 1832 (società),
1837 (società di tutti i beni presenti), 1841 (società particolare), 1875 (comodato), 1892
(mutuo), 1915 (deposito), 1956 (sequestro convenzionale), 1964 (contratti aleatorii),
1984 (mandato), 2044 (transazione), 2071 (pegno), 2095 (privilegio), 2114 (ipoteca),
2219 (prescrizione), 2228 (possesso).
(28) C. E. DELVINCOURT, Cours de Code Napolèon, Paris, Gueffier, 1813, T. I, p. V.
(33) J. RAY, Essai sur la structure logique du Code Civil français, Paris, Alcan,
1926.
(34) HALPERIN, Codes et traditions culturelles, in Codici — Una riflessione di fine
millennio, cit., p. 224.
(35) Cfr., a mero titolo d’esempio, E.M. THEEWEN, Napoléons Anteil am Code Ci-
vil, Berlin, Duncker u. Humblot, 1991, che fissa a 59 su 102 le sedute presiedute da
Bonaparte (p. 62).
(36) Su questo punto — sia detto per inciso — lo stacco con l’austriaco e pres-
soché coetaneo ABGB è nettissimo, giacché in quest’ultimo continuano a imperversare
un dominio diretto e un dominio utile secondo la ricostruzione risalente all’epoca dei
Glossatori.
(37) Citiamo dalla traduzione ufficiale italiana redatta nel 1806 per fungere da
norma fondamentale del Regno fantoccio d’Italia.
(38) Cfr. P. GROSSI, Tradizioni e modelli nella sistemazione post-unitaria della pro-
prietà (1977), ora in ID., Il dominio e le cose — Percezioni medievali e moderne dei di-
ritti reali, Milano, Giuffrè, 1992, p. 453.
(43) Cfr. B. BEIGNIER, Portalis et le droit naturel dans le Code Civil, in Revue
d’histoire des Facultés de droit et de la science juridique, 1988, n. 6, che riporta la dura
requisitoria di un giovane e virulento tribuno, il Mailla-Garat.