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9 giugno

- La responsabilità per gli atti illeciti nell’attività di impresa nel Codice civile e nella legislazione
antitrust.
- Funzione e limiti della responsabilità oggettiva.
- Fatto illecito e arricchimento del danneggiante.

22 giugno

- False informazioni, interessi economici e responsabilità.


- Caratteri della prova del fatto illecito.
- Colpa del danneggiato e risarcimento del danno.

19 luglio

- Diffamazione e lesione della riservatezza.


- Attività della PA, e responsabilità per danni
- Principio della regolarità causale.

I appello settembre:

- Risarcimento danno non patrimoniale.


- Funzione responsabilità aggravata.
- Danno ambientale.

II appello settembre:

- Concorso di colpa del danneggiato.


- Le immissioni, responsabilità e rapporti con il vicinato.
- Risarcimento per equivalente e reintegrazione in forma specifica.

La responsabilità per gli atti illeciti nell’attività di impresa nel Codice civile e nella legislazione antitrust.

ILLECITI NELLE ATTIVITA’ D’IMPRESA


Gli atti illeciti commessi nello svolgimento dell’attività d’impresa sono colpiti sia da norma presenti nel
Codice civile, sia dalla legislazione antitrust.
Il boicottaggio, inteso come ogni pratica rivolta alla negazione sistematica di intraprendere rapporti
commerciali con un determinato soggetto, è suscettibile di rilevare come concorrenza sleale, qualora ciò
avvenga nei rapporti tra imprese, ovvero ai sensi dell’art 2043 CC negli altri casi.
La norma di riferimento nel Codice civile è l’art 2598 CC che disciplina 3 ipotesi di illecito
anticoncorrenziale. La RATIO di tale norma non è solo quella di assicurare la correttezza nei rapporti tra
imprenditori, ma anche e soprattutto di tutelare gli interessi degli acquirenti.
Si parla di CONCORRENZA SLEALE PER CONFUSIONE in relazione a quegli atti idonei a creare confusione tra
i propri prodotti e l’attività svolta da un concorrente, o diretti ad imitare servilmente i prodotti di un
concorrente.
- Le norma dunque vuole evitare che un imprenditore induca i clienti in errore à spacciando i propri
prodotti come provenienti da un’impresa concorrente; quindi, la tutela riguarderà tutti quei segni
distintivi che in un modo o nell’altro possano indurre in errore la clientela (non solo la ditta,
marchio, ma anche ad esempio degli slogan pubblicitari o delle etichette se ciò è idoneo ad indurre
in errore).
- In merito alla imitazione servile invece possiamo dire che riguarda le forme caratteristiche dei
prodotti à qualora queste non siano necessarie a svolgere una determinata funzione, o non siano
coperte da brevetto.
La seconda ipotesi consiste nella DENIGRAZIONE DELL’ATTIVITA’ DI UN CONCORRENTE, tramite la:
- Diffusione di notizie (anche parziali) o affermazioni à volte a screditare l’impresa.

- Appropriazione dei pregi dell’impresa concorrente, à come ad esempio l’affermare di aver


conseguito un premio che invece è stato vinto dall’impresa concorrente.
In particolare, la diffusione di notizie parziali, può potenzialmente cagionare anche un danno maggiore del
diffonde delle notizie false, come ad esempio nel caso in cui si comunichi che il concorrente è stato
processato per frode, omettendo però che è stato assolto.
La terza ipotesi di concorrenza sleale consiste in una clausola generale, volta a colpire riguarda tutti quegli
ATTI CONTRARI ALLA CORRETTEZZA PROFESSIONALE. Il contenuto di questa clausola è stato riempito
dall’elaborazione giurisprudenziale, che riconduce a questa clausola due ipotesi.
La prima ipotesi riguarda quegli atti volti in qualche modo alla disgregazione dell’impresa oppure in
generale alla sua menomazione à attraverso, ad esempio, la corruzione dei dipendenti altrui.
La seconda ipotesi riguarda la pubblicità menzognera, à cioè una pratica con la quale si vuole
illecitamente portare il giudizio del pubblico dalla propria parte, attribuendo pregi ai propri prodotti che
però non hanno.
La responsabilità civile spesso non è lo strumento più adatto per assicurare la tutela degli interessi diffusi;
infatti, risultano essere molto più efficaci le SANZIONI PUBBLICHE, tuttavia, in alcuni casi, cioè in presenza
di danni cagionati a singoli operatori economici, non sorgono problemi dall’applicabilità della
responsabilità negli schemi classici, come ad esempio il caso del boicottaggio.
Nell’ambito della legislazione Antistrust, Trimarchi analizza due fattispecie:
Gli ABUSI DI SFRUTTAMENTO sono quegli abusi rivolti alla manipolazione dei prezzi, mediante intese, o
abusi di posizione dominante volti a determinare un aumento del prezzo di vendita o una riduzione del
prezzo di acquisto.
L’operazione di QUANTIFICAZIONE DEL DANNO subito dall’acquirente:
- Sarà semplice stimare il danno subito dall’acquirente in caso di aumento del prezzo d’acquisto à
infatti, bisognerà tenere conto solo delle quantità acquistare e dell’aumento di prezzo.

- invece, nel caso opposto, cioè di riduzione del prezzo d’acquisto la quantificazione del danno risulta
ardua.
L’operazione di QAUNTIFICAZIONE DEL DANNO, qualora l’acquirente leso sia un’impresa va considerato che
l’aumento del prezzo di acquisto verrà scaricato sulla clientela, e tale trasferimento potrà portare ad una
diminuzione del risarcimento dovuto in applicazione del principio “compensatio lucri cum damno”.
La seconda ipotesi riguarda GLI ABUSI ESCLUDENTI, cioè quelle pratiche rivolte ad escludere i concorrenti
dal mercato. Tali pratiche possono assumere DIVERSE FORME, però, in generale possiamo distinguere:
Le pratiche che si rivolgono ad operatori già sul mercato à caso si cagiona all’impresa un danno
certa, la cui valutazione e prova non creano problemi

- Le pratiche rivolte a soggetti economici che vorrebbero entrare à tali pratiche consisteranno
all’imposizione di barriere all’accesso del mercato, però, in questo caso, la valutazione del danno e
la sua prova in giudizio risulta ardua.
Funzione e limiti della responsabilità oggettiva.

Se da un lato la responsabilità civile tende a scoraggiare il compimento di atti illeciti tramite la minaccia di
sanzioni, dall’altro lato risulta non essere sufficiente a prevenire quei rischi ingiustificati che presentano
modeste possibilità di rischio.

In questi casi, in cui il rischio comunque non è azzerabile, vuoi perché non esistono misure precauzionali
così efficienti, vuoi perché implicano costi sproporzionati o un grave rallentamento del processo produttivo.
il diritto prevede che:

- Tenuto conto dell’utilità scoiale dell’attività rischiosa à questa è lecita.


- Una responsabilità oggettiva à per i danni che siano concretizzazione del rischio creato.

Ne consegue, che anche la responsabilità oggettiva, alla pari della responsabilità per colpa è rivolta ad
esercitare una certa pressione economica sul soggetto che esercita un attività rischiosa, al fine di indurlo a
razionalizzare tale rischio, adottando misure di prevenzione adeguate a ridurre il rischio di incidenti
economicamente ingiustificati.

AMBITO APPLICATIVO

L’ambito applicativo tipico della responsabilità oggettiva per rischio è l’esercizio di attività economiche,
invece, la sua applicazione alle attività biologiche sembra giustificarsi solo in casi molto particolari. La
condizione affinché possa trovare applicazione tale responsabilità, infatti, è che sia presenta un attività
economica che presenti un minimo di continuità ed organizzazione.

I LIMITI DELLA RESPONSABILITA’ OGGETTIVA

Ovviamente la responsabilità oggettiva non può essere intesa in termini assoluti, bensì sono previsti dei
limiti alla stessa, che derivano dalla calcolabilità dell’evento, così che l’imprenditore possa prevedere
l’evento ed assicurarsi.

Qualora il rischio sia così atipico da non poter essere previsto l’evento dannoso, e dunque non sia
nemmeno assicurabile, allora si esclude la responsabilità oggettiva.

La responsabilità oggettiva opera solo in relazione ai rischi che possono essere GIUSTIFICATI
ECONOMICAMENTE, e quindi dobbiamo escludere che operi in riferimento ai danni che siano realizzazione
di rischi minori o di carattere naturale, cioè in riferimento a quei rischi che appartengono all’ambiente
naturale, come ad esempio l’inciampare su una pietra, ovvero al danno che sia conseguenza dell’utilizzo di
una cosa non difettosa, in quanto, in questi casi, il rischio si presenta come facilmente evitabile con un
minimo di attenzione, e dunque, la colpa del danneggiato – che è stata causa dell’incidente – esclude la
responsabilità oggettiva.

Fatto illecito e arricchimento del danneggiante.

Nel caso in cui l’atto illecito procuri a suo autore un arricchimento maggiore del danno subito dalla vittima,
ci si chiede se possa giustificarsi una responsabilità commisurata anche all’arricchimento del responsabile.

Nel diritto italiano la regola generale commisura il risarcimento al solo danno della vittima. Riversare al
danneggiato il profitto conseguito mediante un atto illecito nei suoi confronti si giustifica solamente
quando si possa ritenere che esso gli spetti quale frutto dei suoi beni o attività.

Si noti al riguardo l’art 125 CO 3 del codice della proprietà industriale che prevede, in caso di violazione di
un diritto di proprietà industriale, la possibilità per il titolare del diritto leso di chiedere la restituzione degli
utili realizzati dall’autore della violazione, in alternativa al risarcimento del lucro cessante.
La restituzione dei profitti conseguiti dall’usurpatore si può distinguere dal risarcimento del danno inteso
come differenza patrimoniale, se ha per oggetto profitti che il titolare del diritto NON avrebbe conseguito.

ES: Questa situazione si verifica quando l'usurpatore abbia operato su un mercato diverso, dal punto di
vista territoriale o merceologico, in cui il titolare non avrebbe voluto o potuto operare.

Un danno come differenza patrimoniale può invece consistere:

- Nel deterioramento della forza attrattiva del bene immateriale, eventualmente cagionato dal
cattivo uso fattone dall’usurpatore à (danno emergente).
- Dal venir meno delle vendite che l’usurpatore abbia stornato a proprio favore à (lucro cessante)

Il risarcimento di tale danno può cumularsi con la restituzione dei maggior profitti conseguiti
dall’usurpatore, tenendo presenta la regola desumibile dall’art 1148cc secondo cui l’utilizzatore abusivo,
ma di buona fede, di beni altrui fa propri i frutti, salvo il caso che la buona fede dipenda da colpa grave (art
1147, 2°comma cc).

Nell'applicazione della disposizione sulla restituzione dei profitti, va considerato che gli utili maggiori
conseguiti dall’autore della violazione in misura superiore a quella che avrebbe conseguito il titolare del
diritto possono essere attribuiti:

- Al valore oggettivo dell’opera, dell’invenzione o del modello à compenso per il capitale.

- In parte agli sforzi di valorizzazione compiuti dall’autore della violazione à compenso per
l’iniziativa.

Attribuire al proprietario inerte anche l'eventuale surplus che rappresenta il profitto dell'iniziativa risponde
a una logica non già restitutoria, ma sanzionatoria che non appartiene all’ipotesi di restituzione prevista
dall’art 125 CO 3 codice della proprietà industriale, né alla restituzione dei frutti indebitamente percepiti
dal possessore di mala fede, che invece sottendono una logica restitutiva, cioè quella di attribuire al
titolare del diritto i benefici che avrebbero conseguito in assenza di violazioni, quindi la restituzione degli
utili dovrà riguardare sono gli utili che siano dovuti alla forza attrattiva del segno distintivo usurpato

Il principio alla base dell'art.125, 3°comma codice della proprietà industriale e così pure dell'obbligo del
possessore di malafede di restituire i frutti, è applicabile analogicamente ogni volta che l'arricchimento da
atto illecito abbia per oggetto utilità che, in assenza della violazione commessa, sarebbero state conseguite
dal danneggiato, permettendo al titolare del diritto di ratificare l’operazione illecitamente compiuta
appropriandosi del risultato utile netto.

False informazioni, interessi economici e responsabilità.

La responsabilità civile può derivare da azioni o, talvolta, omissioni, che inducano altri in errore, così
procurandogli danno. Quanto alle azioni si tratta per lo più di dichiarazioni, ma si può trattare di una
qualsiasi asserzione non veritiera. Si tratta adesso di analizzare quei casi in cui il comportamento in
questione induca terzi a prendere scelte pregiudizievoli per i loro interessi economici.

AMBITO APPLICATIVO RESPONBSAILITA’ CONTRATTUALE e EXTRACONTRATTUALE

L’ipotesi più importante e frequente di danno da falsa informazione è però quella in cui, l’errore induca alla
stipulazione di un contratto dannoso o in cui la falsa informazione induca a non stipulare un dato
contratto vantaggioso.

La responsabilità civile non costituisce l’unico rimedio per il danno da falsa informazione, infatti, può anche
operare la responsabilità contrattuale per inadempimento di quanto compreso nella garanzia
contrattuale, ovvero nel caso di invalidità del contratto per dolo o errore, quindi, è bene sin da subito
distinguere i rispettivi ambiti di applicazione.

- Nel caso poi il contratto sia annullato poiché stipulato in base ad una falsa informazione à
avremo una responsabilità extracontrattuale per i danni non rimediati dall’annullamento e dalle
restituzioni.

- Laddove il contratto non sia annullabile o, pur essendo annullabile, la parte destinataria
della falsa informazione opti per il mantenimento à non opera invece la responsabilità
extracontrattuale per danni.

Il regime della responsabilità è diverso in base al fatto che l’informazione è stata data fraudolentemente,
ovvero per negligenza, fermo restando che, in ogni caso, affinché si possa parlare di responsabilità è
necessario che la falsa informazione abbia generato un affidamento giustificabile, cioè che la falsa
informazione sia idonea a indurre in errore una persona di normale avvedutezza e dunque tutelabile in
sede risarcitoria.

INFORMAZIONE FRAUDOLENTA

Un informazione si dice fraudolenta se il dichiarante NE conosce la falsità, o NON ha ragioni per ritenere
l’informazione vera, ovvero ancora l’aver occultato dolosamente la verità (intonacare una parete per
occultare una crepa).

- Se l’informazione è fraudolenta, ed è emessa allo scopo, e con la pratica certezza che


determinare altri a tenere un comportamento dannoso, allora il dichiarante risponde del danno
derivante dal comportamento così indotto a titolo di dolo. (consapevolezza e volontà).

- Qualora il danneggiante però, pur consapevole della non conformità al vero di quanto
dichiarato, non abbia internazionalmente indotto altri a tenere un comportamento rilevatosi
dannoso, si esclude una responsabilità per dolo, residuando, se dal caso, una responsabilità per
colpa. (no volontà).

La responsabilità opererà a favore non solo del destinatario della dichiarazione, ma anche in favore di
qualsiasi terzo che facendovi affidamento ne abbia riportato danno.

FALSITA’ COLPOSA

Si parla di falsità colposa quando, la falsa informazione è stata causata da un negligente controllo da parte
dell’agente su quanto dichiarato, o anche a causa del colpevole errore nell'espressione.

In questi casi, comunque, si esclude una responsabilità per dolo, e si discute solo di un eventuale
responsabilità per colpa.

Comunque, in queste ipotesi assistiamo a un restringimento soggettivo della responsabilità, nel senso che,
si ritiene che la tutela si applichi solo a protezione di categorie particolari di soggetti, e in relazione a
particolari tipi di comportamenti indotti. Infatti, ad esempio:

- non vi sarà responsabilità per le affermazioni colpevolmente inesatte espresse in una libera
conversazione, la cui serenità non deve essere gravata da pesanti ed eccessive preoccupazioni:
ciascun partecipante alla conversazione sa che dando credito all’informazione, agisce a proprio
rischio.
- Al di là di ciò, l'ipotesi principale di responsabilità per colpa, è quella dell'informazione
colpevolmente inesatta resa nell'esercizio di un'attività professionale per la guida di altri in affari e
del danno a questi cagionato.
Vi sarà responsabilità, invece, se l’informazione colposamente inesatta possa considerarsi violazione
di un obbligo di correttezza nell’ambito di un rapporto di affari, o avvenga nell’ambito di un rapporto
commerciale da parte di un soggetto che, per la sua qualità professionale o per pregressi rapporti
con l’informato, à sia in grado di suscitare un ragionevole affidamento o e abbia potere di controllo
sulle info rese.

IL SILENZIO

L'errore può essere indotto anche dal silenzio, il quale può essere fonte di responsabilità, ma solo quando
costituisca violazione di un obbligo di chiarire all'altra parte la realtà della situazione.

o Si può trattare talvolta di un obbligo specifico imposto dalla legge.

o Derivare da un comportamento precedente à in ossequi ad un principio generale di onestà,


si genera un obbligo di rettifica nel caso in cui intervengano fatti nuovi che rendono non più
vera.

ES: si pensi all'ipotesi che, durante la preparazione dell'acquisizione di una società, intervengano novità
che ne pregiudichino gravemente le prospettive di reddito precedentemente comunicate.

Analogamente, sussiste un obbligo di rettifica, nel caso di dichiarazioni consapevolmente non corrispondenti
al vero, ma emessa senza l’intenzione, né la previsione, di indurre altri ad un comportamento dannoso, à se
successivamente il dichiarante si rende conto che l’altro sta per compiere atti per lui dannosi sulla base
dell’affidamento.

Va ricordato che in situazioni precontrattuali anche l'omissione colposa di informazioni dovute può essere
fonte di responsabilità ex art 1338 c.c., il quale dispone la responsabilità nella parte che, conoscendo o
dovendo conoscere l'esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all'altra parte.

Caratteri della prova del fatto illecito

Su chi pretende il risarcimento del danno extracontrattuale incombe in ogni caso l’onore di provare l’atto
illecito o il fatto che è fonte di responsabilità oggettiva, il danno e il rapporto di causalità.

- Se si tratta di responsabilità da atto illecito à il danneggiato incombe anche nell’onore di provare


la colpa, anche se, in taluni casi, la legge inverte tale onere.
- Se si tratta di responsabilità oggettiva à incombe sul danneggiante l’onere di provare il caso
fortuito o la forza maggiore per liberarsi dalla responsabilità.

L’ACCERTAMENTO più PROBABILE CHE NON?

Mentre nel diritto penale si prevede che la pena possa essere irrogata solo qualora la prova si fondi su un
accertamento che vada “al di là di ogni ragionevole dubbio”, invece, si sostiene spesso che nel diritto civile
debba valere un criterio meno rigoroso, considerando il fatto accertato quando il fatto sia “più probabile
che non”.

Si tratta dunque di valutare e confrontare gli inconvenienti delle due regole alternative:

- L’applicazione del criterio del più probabile che non comporta in circa il 50% dei casi viene
affermata correttamente la responsabilità, e che negli 50% viene affermata ingiustamente.

Tale criterio non appare giustificato in quanto potrebbe finire per essere distruttivo per la vita di un
uomo, ben potendo la condanna implicare la lesione de prestigio personale, professionale o essere
addirittura infamante, ad esempio si pensi al caso del risarcimento di un danno da truffa.
Inoltre, l’applicazione di tale criterio costituirebbe un incentivo alla litigiosità in situazioni incerte,
nonché determinerebbe un generale senso di insicurezza sulla possibilità di essere accusati
ingiustamente, e quindi vi sarebbe a possibilità di dover sopportare il rischio di errore proprio dei
procedimenti giudiziari.

- L’applicazione del criterio della certezza assoluta invece, si finirebbe simmetricamente nella metà
dei casi a negare la responsabilità giustamente, ma nell’altra metà a negarla ingiustamente.

Gli inconvenienti connaturati con l’applicazione di questo principio appaiono meno problematici; infatti,
invece che all’insicurezza relativa alla possibilità di essere ingiustamente accusati, vi sarebbe un
insicurezza relativa alla stabilità della propria situazione patrimoniale, ma contro quest’insicurezza è
possibile coprirsi attraverso un assicurazione.

In conclusione, è ragionevole ritenere che l’accertamento non richieda una certezza assoluta, ma solo una
certezza pratica, potendo però essere più esigenti quando si tratta di fatti di maggiore gravità, e meno per
gli altri.

La valutazione può essere però diversa, quando preesista uno SPECIFICO RAPPORTO tra LE PARTI, ad
esempio nel caso in cui il convenuto fosse gravato dalla legge dell’onere di un obbligo di prevenzione del
danno, allora si ritiene ammissibile gravare il convenuto del rischio di incertezza giudiziaria. Questo
risultato viene realizzato attraverso parziali inversioni della prova, infatti sarà onere del danneggiato
provare il danno attraverso una dimostrazione più probabile che non, dopo di che sarà il convenuto che
dovrà fornire la prova contraria, il quale potrà anche egli giovarsi della possibilità di fornire una prova
prevalente.

Uno spostamento dell’onere della prova sul convenuto si giustifica anche in presenza di quelle circostanze
in cui abbia facilità e l’attore abbia difficoltà o impossibilità di accesso alla prova, secondo il principio della
vicinanza della prova. In particolare, ciò avviene anche quando il materiale probatorio sia andato perduto
o comunque reso non disponibile per fatto imputabile al convenuto.

Re ipsa loquitur:

Nelle ipotesi in cui una situazione sia SOTTO IL RESPONSABILE CONTROLLO del CONVENUTO, o dei suoi
dipendenti, e si verifichi un incidente dannoso, di un tipo che normalmente non si verifica in assenza di
colpe, in assenza di altre cause che implichino responsabilità, come ad esempio la condotta del
danneggiato o di terzi, allora la responsabilità del convenuto può essere affermata.

in relazione a tali ipotesi il common law ha elaborato il principio res ipsa loquitur (“i fatti parlano da soli",
assume il significato di cosa evidente, manifesta.

Nel diritto italiano tali ipotesi invece ricadono solitamente nell’applicazione di norme che dispongono
inversioni dell’onere della prova, oppure una responsabilità oggettiva.

RESPONBSAILITA’ PENALE E RESPONBSAILITA’ CIVILE – ART 652 CPP

La responsabilità civile deve essere coordinata con l’art 652 CPP, secondo cui la sentenza penale di
assoluzione ha efficacia di giudicato quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o che l’imputato non
lo ha commesso, anche nel giudizio civile.

La Corte di Cassazione ha svincolato l’accertamento civile da quello penale, interpretando la norma nel
senso che essa sia applicabile solo nel caso che l’assoluzione sia pronunciata in seguito al positivo
accertamento che il fatto non sussiste o che l’imputato non lo ha commesso, e non anche nel caos in cui la
decisione di assolvere sia determinata dalla mancanza o insufficienza della prova.
Colpa del danneggiato e risarcimento del danno.

In talune situazioni, quando le conseguenze dannose derivano dal proprio errore, o dalla propria negligenza
o imprudenza, si prevede che i danni restino a carico del danneggiato, in ossequio ad un principio generale
di autoresponsabilità. Vanno analizzati tutta una serie di casi in cui la giurisprudenza è conforme nel
ritenere che non sussista la responsabilità nei confronti del danneggiato, in quanto il suo comportamento
colposo è idoneo ad interrompere il nesso di causalità giuridica.

In alcuni casi la colpa del danneggiato non concorre proprio con una colpa altrui:

Questo avviene in primo luogo quando il danno deriva da rischi normali appartenenti all’ambiente, tali da
non configurare insidie o trabocchetti, quindi, in tutti quei casi in cui il rischio è evitabile con un minimo di
diligenza. Si pensi ad esempio all’entrata nel fondo fatturale altrui, o alla buca visibile sulla strada. In questi
casi con la colpa del danneggiato non concorre una cola altrui, e quindi l’incidente non dà luogo ad una
responsabilità per colpa.

Si esclude la responsabilità anche nei casi in cui sussista una colpa altrui, ma il danneggiato NON sia
comprese nell’ambito di protezione della norma violata. Si pensi all’ingresso abusivo in un fondo altrui
chiuso agli estranei. In questo caso il danneggiante non potrà addurre alcuna colpa del possessore del fondo.
In generale, si può dire che, chiunque decida volontariamente e scientemente di esporsi ad una situazione
di pericolo, ne sopporta le conseguenze, senza poter far valere alcuna responsabilità, anche a fronte di una
colpa altrui.

Va però considerato che in alcuni casi sussistono obblighi di protezione atti a progetterei proprio contro le
imprudenze altrui, il che ovviamente sarà limitato alle imprudenze prevedibili; quindi, l’obbligo di protezione
non è osi ampio da ricomprendere anche quei comportamenti incauti del tutto eccezionali e nemmeno da
quegli incidenti evitabili con la più elementare diligenza.

GESTIONE DEI PROPRI AFFARI

Infine, generalmente, chi nella gestione dei propri affari decide sulla base di informazioni o consigli altrui
ERRATI agisce spesso a proprio rischio. Infatti, chi abbia assunto decisioni dannose per i propri interessi
economici sulla base di una falsa informazione ricevuta è tutelato nei limiti in cui il suo affidamento sia stato
giustificabile, invece, la negligenza del danneggiato esclude ogni responsabilità nei suoi confronti.

La situazione cambia se la comunicazione dell’informazione è dolosa, e quindi vi sarà piena responsabilità


del dichiarante, anche nel caso in cui vi sia stata qualche negligenza da parte del danneggiato. Negli altri casi
di falsa rappresentazione, si ritiene infatti che il danneggiato possa proteggersi

- Se l'illecito consiste in una comunicazione non corrispondente al vero à semplicemente


astenendosi dal darle credito.

- se si tratta di un omissione (diversa dalla mancata segnalazione della falsa apparenza illecitamente
creato) à eseguendo opportuni controlli che, in assenza dell'altrui dovere di comunicazione,
sarebbero ugualmente necessari.

In queste ipotesi, dunque, bisogna vagliare la diligenza tenuta dal danneggiato, tenendo presente che:

- La negligenza del danneggiato ànon ha il semplice effetto di ridurre il risarcimento del danno, ma
può escludere radicalmente la responsabilità.
- D’altro canto, il dolo del danneggiante à fa si che il danno sia pienamente risarcibile, stante la
negligenza ascrivibile al danneggiato.

GIUDIZIO RISPETTO ALLA DILIGENZA DEL DANNEGGIATO

In definitiva quindi, dal bilanciamento tra queste due posizioni emerge che, per non gravare
eccessivamente sulla posizione del danneggiante imponendoli l’onere di verificare l’esattezza e correttezza
delle parole dette in ogni circostanza comprimendo il diritto alla libertà di comunicazione che, il danno è
risarcibile solo se dovuto ad un affidamento giustificato, cioè quando non sia possibile muovere alcun
rimprovero di negligenza al danneggiato, fermo restando in ogni caso la responsabilità in caso di solo del
danneggiante.

ASSUNZIONE DEL RISCHIO

Il comportamento del danneggiato, esponendosi a situazioni di rischio creato da altri, può dar luogo
all’assunzione del rischio, e quindi all’esclusione della responsabilità nei suoi confronti. Si dica si da subito
che l’assunzione del rischio può verificarsi sia in riferimento a condotte impudenti e irragionevoli, che a
condotte ragionevoli.

Il fatto che il danneggiato si sia esposto al rischio (l’esposizione) non da sempre luogo ad assunzione del
rischio e quindi ad esclusione della responsabilità, infatti, in altri casi costituisce semplice concorso di colpa,
in cui non viene esclusa la responsabilità, ma viene solo diminuito il risarcimento. Infine, potrebbe anche
aversi responsabilità piena, qualora l’esposizione non abbia alcuna rilevanza.

Ai fini dell’assunzione del rischio non è necessario il consenso del danneggiato, inteso come la volontà e la
consapevolezza di esporsi al pericolo, ben potendo invece configurarsi un’assunzione del rischio
inconsapevole, ad esempio nel caso di ingresso abusivo nel fondo altrui ignorando il pericolo. L’esclusione
della responsabilità deriva quindi non da una volontà dispositiva del danneggiato, ma piuttosto da una
valutazione secondo elementi oggettivi degli ingressi in gioco, come ad esempio dall’utilità sociale del
rischio e del valore degli interessi messi in pericolo, oppure, dalle ragioni dell’esposizione o ancora dalla
possibilità del danneggiante e danneggiato di rimuovere il rischio.

Si noti, in conclusione, come, mentre:

- Il concorso di colpa del danneggiatoà presuppone la violazione di una regola di condotta da parte
del danneggiante.
- L’assunzione del rischio à al contrario non vi è alcuna violazione di regole di comportamento, ma,
l’esclusione della responsabilità sembra invece essere conseguenza della diminuzione del livello di
diligenza richiesto nei confronti del danneggiato.

Risarcimento danno non patrimoniale

Dalla violazione dei diritti della persona possono derivare non solo danno patrimoniali, ma anche danni non
patrimoniali, che risultano essere risarcibili non solo quando il fatto costituisca reato, ma anche ogni volta
che siano lesi interessi costituzionalmente garantiti come i diritti personali inviolabili: in caso quindi di
lesione dell’integrità fisica, della salute, della reputazione, dell’immagine, del nome o della riservatezza.

IL DANNO BIOLOGICO

La lesione dell’integrità fisica o della salute della persona implica in ogni caso il danno biologico —> definito
come la lesione temporanea o permanente dell’integrità psicofisica della persona suscettibile di
accertamento medico legale che esplica un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti
dinamico-relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua
capacità di produrre reddito.

Ai fini della liquidazione del danno biologico, è stata elaborata una SPECIFICA TABELLA, che costituisce la
base di partenza per le valutazioni che andranno poi adattate al caso concreto.

Rientrano nel danno biologico la perdita o la compromissione della sessualità, il danno estetico e il danno
alla vita di relazione (qualora consegua a una lesione dell’integrità psicofisica).

IL DANNO MORALE

Il danno alla persona comprende inoltre la sofferenza morale (es. turbamento d’animo e dolore sofferto in
conseguenza della diffamazione). Qui le difficoltà di valutazione del danno appaiono massime.

Peraltro, in taluni casi la misura quantitativa del risarcimento può essere meno importante del semplice
accertamento del fatto, il che in un certo senso può consistere in una “forma specifica di risarcimento” del
danno non patrimoniale. In particolare, si pensi alla pubblicazione della sentenza come mezzo per
eliminare gli effetti derivanti dalla diffamazione.

In caso di lesione della persona o della personalità, l’esistenza della sofferenza morale SI PRESUME, ma la
misura del danno dipende dalle circostanze. ES: In caso di diffamazione rilevarono non solo la gravità delle
affermazioni, la diffusione delle medesime, ma anche le circostanze che la vittima godesse di poca stima
sociale, o che dimostrasse scarsa sensibilità all’offesa ricevuta.

Quanto al danno morale di coniuge, partner dell’unione civile, convivente di fatto, figli o ascendenti, per
l’uccisione della persona cara, esso sarà presumibile, ma potrebbe essere escluso per esempio nel caso di
coniugi che vivono separati da tanto tempo con un altro soggetto.

IL DANNO ESISTENZIALE

Vi è infine il danno esistenziale che può consistere nella limitazione di proprie attività NON produttive di
reddito, che determina un peggioramento della qualità della vita, o comunque un danno alla c.d. vita di
relazione, come la perdita di possibilità ludiche, di relazioni sociali o affettive.

Nel caso di lesione dell’integrità psichica o fisica o della salute, il danno esistenziale è COMPRESO nel
danno biologico quando dall’atto illecito seguano conseguenze normali, mentre invece sarà considerato
come danno ulteriore quando le conseguenze della lesione abbia carattere speciale dovuto alle
particolarità del caso singolo e assumano carattere prevalente.

In ossequio ad un principio generale di tolleranza, il danno esistenziale affinché sia risarcibile è necessario
non solo che sia conseguenza della lesione di un diritto costituzionalmente garantito (lesione della salute,
della reputazione, della riservatezza) o conseguenza di un reato e negli altri casi espressamente previsti
dalla legge, ma anche che il danno esistenziale superi una certa soglia minima, rappresentando in questi
casi, un pregiudizio serio, degno di tutela.

Inoltre, l’assenza di questo limite porterebbe alla sistematica instaurazione di liti pretestuose.

ES: Mal di testa durato una mattina per i fumi emessi da una fabbrica, oppure un danno estetico
momentaneo derivante da n leggero graffio all’epidermide.

Anche in questo caso il tema della quantificazione del danno appare complesso.

Ferma restando l’impossibilità di determinare oggettivamente un equivalente monetario del danno alla
vita di relazione, può essere di qualche utilità considerare che alcune attività precluse o limitate possono
richiedere spese o impiego di tempo, il che ci fornisce un indicazione di cui tenere conto in sede di
liquidazione del danno, il quale non potrà essere inferiore a quanto si era disposti a spendere per
procurarsi quelle utilità.

Tal volta, è anche possibile quanto meno la parziale risarcibilità del danno non patrimoniale, realizzando un
operazione patrimoniale volta a ripristinare una situazione equivalente a quella che esisteva prima della
lesione. Es: sostituzione di una vacanza rovinata con altra in qualche modo equivalente.

Funzione responsabilità aggravata.

Il common law anglo-americano conosce i punitive damages, quindi, la possibilità di attribuire al


danneggiato una somma, che va aldilà del risarcimento del danno, allo scopo di punire il danneggiante,
quando il comportamento del danneggiante stesso sia particolarmente riprovevole: doloso, fraudolento,
oltraggioso, sopraffattorio, o rechi al danneggiante un profitto superiore al risarcimento del danno.

Trimarchi ritiene che l’introduzione di una misura del genere nel nostro ordinamento non sia necessaria,
nonché che l’attribuzione alla vittima di somme non corrispondenti ad un suo danno, è estranea
all’ordinamento giuridico italiano, in quanto NON è coerente con la funzione della responsabilità civile.

Infatti, mentre i punitive damages, hanno tradizionalmente lo scopo di punire comportamenti


particolarmente gravi, come i comportamenti fraudolenti oltraggiosi, o sopraffattori, à il diritto italiano
decide di reagire a quei comportamenti restando all’interno della responsabilità compensativa,
prevedendo la possibilità di invocare anche il risarcimento per il danno non patrimoniale.

Altra funzione tradizionale dei punitive damages è quella di colpire gli atti illeciti che procurino a chi li
compie un arricchimento maggiore del danno risarcibile causato. à Nel diritto italiano invece questo
risultato è in gran parte assicurato dalla regola che obbliga l'autore dell'illecito a versare al titolare del
diritto leso gli utili adesso riferibili (le utilità che ne costituiscono l'oggetto).

Una responsabilità civile punitiva è poi proposta allo scopo di dissuasione degli illeciti che cagionano danni
diffusi nel pubblico che, per la loro ridotta dimensione nei singoli casi per lo più non vengono portati in
giudizio in considerazione delle difficoltà di prova e dei rischi e costi giudiziari ma:

- Quanto alle difficoltà di prova à il rimedio più appropriato è quello di operare sulle regole
probatorie, ammettendo presunzioni e consentendo liquidazioni semplificate e forfettarie secondo
parametri di legge.
- Quanto al freno costituito dai costi dell’agire in giudizio per questioni singolarmente di scarso
valore economico, à occorre ben guardarsi dall’incoraggiare una microlitigiosità diffusa e piuttosto
cercare altrove i rimedi adeguati.

In conclusione, ammettere una responsabilità “punitiva” analoga ai punitive damages, non sembra
necessaria – almeno secondo Trimarchi - , mentre può essere opportuno, nell'ipotesi in cui, in
considerazione di interessi generali, si ritenga insufficiente L’EFFICACIA DISSUASIVA della minaccia della
responsabilità civile per danni, ma allo stesso tempo eccessive, costose o insufficienti le sanzioni penali o
amministrative, può essere opportuna una sanzione pecuniaria civile, irrogata d'ufficio in occasione del
giudizio di responsabilità civile, ma a favore dello Stato, ma questo tipo di sanzione è già presente
nell'ordinamento giuridico.

Danno ambientale
Il codice dell’ambiente definisce il danno ambientale come un qualsiasi DETERIORAMENTO significativo e
misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità da questa assicurata, come il
deterioramento

o Della flora, della fauna, o degli Habitat naturali.


o Delle acque
o Del terreno mediante qualsiasi contaminazione

Le regole tradizionali sulla responsabilità per i danni a cose e persone non possono assicurare una tutela
adeguata contro gli attentati all’ambiente. Questi possono cagionare sia:

- DANNI DIRETTI à alla salute di determinate persone o a singoli beni di proprietà privata o
pubblica, e in tal caso i danneggiati possono esercitare un’azione di responsabilità civile a tutela dei loro
diritti, fornendo la prova del danno subito.

- DANNI INDIRETTI à cioè danni che non colpiscano direttamente la persona o la proprietà, ma beni
come l’atmosfera e le acque del mare e all’ambiente nel suo complesso, e solo di riflesso, tali eventi si
risolvono in danni alla salute e alla qualità della vita dei singoli. Inoltre, essendo spesso ritardati nel
tempo, sono di difficile prova.

Trattandosi di INTERESSI DIFFUSI, i mezzi principali di tutela sono offerti dal diritto pubblico; mentre lo
strumento privatistico della responsabilità civile può divenire operante quando il diritto sia attribuito ad un
ente pubblico che abbia la funzione di rappresentare e realizzare gli interessi generali. Perciò la legge
attribuisce allo Stato il diritto al risarcimento del danno illecitamente cagionato all’ambiente.

Resta comunque fermo il diritto del singolo al risarcimento dei DANNI PERSONALI subiti personalmente per
la lesione della sua salute o del suo patrimonio ex art 2043 cc.

Il tema giuridico è quello della responsabilità prevista in relazione al soggetto che ha causato il danno,
nonché quello di individuare quale siano gli eventuali obblighi in cui incorre il responsabile

RESPONBSAILITA’ IN BASE AL DANNEGGIANTE

La legge detta due disciplina, più o meno rigorose, a seconda che il danno sia cagionato:

- Dallo svolgimento di attività economiche professionali aventi una particolare rilevanza ambientale,
segnatamente elencate, come ad esempio la gestione dei rifiuti o il trasporto di certe sostanze
pericolose o inquinanti.
àSi prevede in questo caso una responsabilità particolarmente rigorosa, cioè si tratta di una
responsabilità oggettiva che può essere esclusa solo per ipotesi eccezionali riconducibili alla forza
maggiore.

- Gli altri soggetti à rispondono del danno ambientale solo se cagionato con dolo.

In ogni caso, la responsabilità non opera quando non sia stato possibile accertare in alcun modo un nesso
causale tra il danno e l'attività di singoli operatori.

OBBLIGHI DEL RESPONSABILE

Si prevede che, l’autore del danno ambientale sia tenuto, qualora sia possibile:
- Risarcimento in forma specifica à ripristinare la situazione precedente al danno.
- Risarcimento per equivalente à pagare una somma di denaro necessaria per il ripristino
dell'ambiente danneggiato.

Infatti, quando non sia possibile ripristinare le condizioni originarie (riparazione primaria), è previsto che si
cerchi di ottenere un livello di risorse o servizi naturali equivalente a quello venuto meno (riparazione
complementare), oltre, in ogni caso, ad ulteriori misure rivolte a compensare la perdita temporanea di
risorse naturali in attesa del ripristino (riparazione compensativa).

PLURALITA’ DI RESPONSABILI

Se l’incidente ambientale è imputabile a più soggetti, questi non sono tenuti In solido e la responsabilità per
il danno grava su ciascuno nella misura determinata dalla gravita della sua colpa e dell’entità delle
conseguenze che ne sono derivate.

Concorso di colpa del danneggiato.

Il risarcimento può venire ridotto o escluso quando la colpa del danneggiato abbia concorso a cagionare il
danno. Ciò significa che il diritto non solo impone a ciascuno il dovere di astenersi dal danneggiare
ingiustamente altri, ma impone anche l’onere di usare una ragionevole diligenza per tutelare sé stessi e il
proprio patrimonio eliminando, riducendo o non aggravando il pericolo creato colposamente da altri,
infatti, qualora la condotta del danneggiante sia dolosa, la riduzione non è dovuta.

CONCORSO DI COLPA NELLA CAUSALITA’ DEL SINISTRO

La legge dispone che, se il fatto colposo del danneggiante ha concorso a cagionare il sinistro, IL
RISARCIMENTO è DIMINUITO secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono
derivate.

A questo proposito occorre distinguere le ipotesi in cui:

o Le cautele del potenziale danneggiante e del potenziale danneggiato possono e


debbono cumularsi.

o La cautela unilaterale à appare sufficiente, così che il cumulo rappresenterebbe uno


spreco di risorse.

CAUTELA UNILATERALE

Nei casi in cui appaia sufficiente una cautela unilaterale occorre confrontare il COSTO DELLE CAUTELE
dell’una e dell’altra parte.

- Se il costo della cautela del potenziale danneggiante è inferiore à l’obbligo di diligenza incombe
inizialmente solo su di lui.

Peraltro, se egli omette le necessarie cautele, e il potenziale danneggiato se ne rende conto per tempo,
avrà l’onere di adottare le misure che siano ragionevoli a tutela dei propri interessi.

Il costo di queste misure:

o Se adottate à farà parte del danno risarcibile.

o La loro mancata adozione à costituirà colpa concorrente del danneggiato.


- Se invece è inferiore il costo delle cautele del potenziale danneggiato, à converrebbe distinguere
le situazioni in cui fra potenziale danneggiante e potenziale danneggiato vi è un rapporto stabile
(rapporti di vicinato) da quelle in cui l’incidente ha carattere occasionale (attraverso ferroviario
delle campagne).

Trimarchi si concentra sul caso in cui l’incidente abbia carattere eccezionale, e spiega la situazione con un
esempio.

Imporre all’impresa ferroviaria una recinzione lungo tutta la linea, che impedisca fisicamente
l’attraversamento, è eccessivamente costoso e irragionevole, essendo invece ragionevole imporre a pedoni
di attraversare solo dopo essersi accertati che non vi siano treni in arrivo.

Ma se, nel caso concreto, qualcuno si trattiene imprudentemente sulla linea ferroviaria, e le circostanze
sono tali che il sinistro possa essere evitato con l’arresto del treno, questo è dovuto e, in mancanza, si ha
colpa del danneggiante e concorso di colpa del danneggiato.

CUMULO DI CAUTELE del DANNEGGIANTE e del DANNEGIATO

Nel caso in cui invece si cumulano le cautele delle parti, bisogna considerare due ipotesi:

Considerazioni particolari debbono però svolgersi per l’ipotesi in cui i comportamenti delle parti NON siano
contestuali, ma SI susseguano nel tempo, à così che la parte che agisce per seconda possa sapere se
l’altra ha adottato le necessarie cautele e possa così decidere il proprio comportamento tenendone conto.

Qui, conviene distinguere:

o le situazioni in cui fra potenziale danneggiante e potenziale danneggiato à vi è un


rapporto stabile (rapporti di vicinato).

o Le situazioni in cui l’incidente deriva da unà incrocio occasionale. Si deve distinguere i


casi in cui il danneggiante muova per primo, e ometta la precauzioni, e il caso inverso.

Trimarchi si concentra su questa seconda ipotesi.

Bisogna anzitutto considerare il caso in cui, il danneggiante muova per primo à e ometta le precauzioni
dovute.

Se il potenziale danneggiato se n’è accorto, deve correlativamente accrescere le proprie precauzioni. Di


conseguenza

- Se il danneggiato non provvede à il risarcimento deve essere ridotto.

- Se invece il potenziale danneggiato accresce le proprie cautele à si pone un problema del loro
maggior costo nelle ipotesi di rapporto stabile fra le parti, invece, nelle ipotesi di incontro
occasionale, normalmente le accresciute cautele del potenziale danneggiato adottate
occasionalmente per evitare un sinistro imminente, non hanno un costo economicamente
apprezzabile.

Altre ipotesi è invece quella in cui, il potenziale danneggiato muova per primo à nel caso in cui il
potenziale danneggiante se ne renda conto, o debba rendersene conto.

Sarà allora il danneggiante a dover accrescere le proprie cautele, qualora queste non abbiano un costo
apprezzabile. ES: Il treno deve cercare di arrestarsi per evitare la collisione con il veicolo che si trovi
imprudentemente sul binario.
Il discorso però cambia se l’accrescimento delle cautele del potenziale danneggiante ha un costo
apprezzabile. Il problema si pone principalmente nei rapporti di vicinato.

AGGRAVAMENTO o MANCATA RIDUZIONE DEL DANNO

Qualora però, il danneggiato ometta, o ritardi, le misure ragionevoli rivolte ad evitare gli aggravamenti del
danno, o ridurne la probabilità, allora le conseguenze dannose che erano EVITABILI attivandosi
diligentemente, allora restano a carico del danneggiato. ES: La cura della ferita, la riparazione della cosa
danneggiata.

Se da un lato, l’art 1227 CC prevede che:

- Il CO 1 si riferisce all’evento dannoso iniziale à prevedendo una riduzione del risarcimento


dovuto in caso di concorso di colpa del danneggiato.

- Il CO 2 alle conseguenze dannose successive al momento in cui il danneggiato si è reso conto del
processo dannoso che si è messo in moto. à escludendo il risarcimento del danno di quelle
conseguenze dannose ulteriori che il danneggiato poteva evitare con l’ordinaria diligenza.

I danni evitabili con l’ordinaria diligenza, e che il danneggiato si sia reso conto del danno ingiusto: solo a
questa condizione si può considerare iniziata la seconda fase, che è sotto il suo controllo, giustificando
anche la sopportazione degli ulteriori sviluppi dannosi, evitabili con l’ordinaria diligenza.

ES: Così, per esempio, se l’incidente ha cagionato all’impianto dei guasti da lui non rilevati, ma conoscibili
con l’ordinaria diligenza, ed egli lo mette comunque in funzione e subisce danni alla produzione:

o Il risarcimento deve essere ridotto per il concorso della sua colpa.

o Ma se egli si rende conto dell’esistenza del guasto e tarda a ripararlo, la sopportazione


del danno conseguente è tutta a suo carico.

Nel caso si attivi il danneggiato, nell’attuare quelle misure volte a limitare gli effetti dannosi, allora queste
rientrano nel danno risarcibile, e sono dovute, anche se il risultato di quelle attività non sia stato utile.

Nel caso in cui il danneggiato non si sia adoperato con l'ordinaria diligenza per fermare gli sviluppi dannosi,
la riduzione del risarcimento deve essere pari ai danni evitabili meno le spese che egli avrebbe dovuto
sostenere per evitarli.

Le immissioni, responsabilità e rapporti con il vicinato.

I rapporti di vicinato possono implicare che le attività svolte su un fondo abbiano qualche ripercussione sui
fondi vicini, sotto forma di immissioni di fumo o di calore, rumori, scuotimenti e altre propagazioni simili.

L’art 844 CC dispone che non possono essere impedite le immissioni, se NON superano la soglia della
tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. In particolare, il CO 2 precisa che,
nell’applicare la norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni
della proprietà e può tener conto della priorità temporale di un determinato uso.

PAGAMENTO DI UN INDENNITA’

Il primo luogo la questione può trovare soluzione attraverso il riconoscimento di un RISTORO ECONOMICO,
cioè l’immissione eccedente la normale tollerabilità può essere consentita contro il pagamento di un
indennizzo, ove l’immissione limiti o renda malagevole l’uso del fondo che vi è assoggettato, ma mai ove lo
renda praticamente impossibile, diminuendo in modo considerevole l’utilità del fondo stesso.
Qualora invece, l’immissione sia intollerabile per la vita delle persone, o qualora l’immissione cagioni danno
alla salute, allora la giurisprudenza è conforme nel ritenere che l’immissione non possa essere consentita
dietro il pagamento di un indennizzo, anzi, in questi casi, il danneggiato ha diritto alla cessazione del fatto
lesivo ex art 2043 CC e non ex art 844 cc.

Nell’applicare la norma bisognerà tenere conto della SITUAZIONE DI FATTO:

- Destinazione dei fondi esposti alle emissioni e danno ad essi cagionato.


- Natura dell'attività che causa le immissioni.
- Costo della riduzione di queste.
- Danno che deriverebbe dalla proibizione dell'attività.
- Carattere della zona.

Infine, va rilevato che, nell’applicare la norma, il giudice non deve limitarsi a tener conto delle misure che
potrebbe adottare l’emittente per ridurre le emissioni, ma deve considerare anche le misure che possono
essere adottate dal soggetto passivo delle immissioni allo scopo di ridurle e di ridurre il danno.

La spesa che il soggetto passivo delle immissioni debba affrontare costituià parte del danno risarcibile,
oggetto dell’indennità.

LA PRIORITA’ TEMPORALE.

L’art 844 CC attribuisce una rilevanza eventuale, e dunque non è un criterio decisivo, alla priorità d’uso,
prevedendo la possibilità per il giudice di tenere conto della priorità temporale.

- La priorità non sarà infatti rilevante quando l’immissione sia stata ingiustificabile fin dall’inizio, ma
sia stata provvisoriamente tollerata solo perché il fondo esposto alle immissioni non era ancora sfruttato in
modo conforme al carattere della zona.

Es: Si pensi ad una discoteca che si trova in una zona edificabile, ma attualmente inabitata. All’inizio le
immissioni provocate dalla discoteca non cagionando alcun danno al fondo vicino. Nel giorno in cui si
provvedesse a edificare una casa di abitazione sul fondo del vicino e le immissioni cominciassero perciò a
manifestare la loro dannosità allora à il proprietario della discoteca non potrà addurre a propria discolpa
l’affidamento che il fondo vicino rimanesse non sfruttato

àLa particolare situazione che rendeva tollerabile l’immissione, non appariva stabile, e non può perciò
fondare una tutela della priorità d’uso.

- La priorità d'uso può rilevare nel caso in cui l’emissione fosse inizialmente tollerabile in relazione al
carattere generale o incerto della zona, e fosse successivamente divenuta intollerabile (ma economicamente
giustificabile) a causa di un mutamento del carattere della zona, in relazione al carattere incerto della zona.

In generale a proposito del mutamento del carattere della zona, occorre distinguere secondo che esso fosse
prevedibile o meno. Solo nel caso in cui non fosse prevedibile, l’avviamento connesso con la priorità può
essere tutelato.

LA REGOLA SIMMETRICA: DIVIETO contro IL PAGAMENTO DI UN’INDENNITA’.

Oltre alle regole più comune, che consente l’immissione contro il pagamento di un’indennità, può venire in
considerazione una regola simmetrica, che consente però al soggetto passivo di vietare l’immissione
pagando un’indennità.

Tali soluzioni sono equivalenti dal punto di vista DELL’EFFICIENTE ALLOCAZIONE delle RISORSE, come
evidenziato da un’analisi economica delle conseguenze, cambia tuttavia L’EFFETTO DISTRIBUITIVO perché:
- La prima ipotesi grava sull’emittente l’indennità.

- L’ultima ipotesi prevede che l’indennità grava su chi subisce l’immissione e vuole farla
cessare.

Una volta chiarita la simmetria formale delle die forse regole, bisogna interrogarsi su chi debba subire grave
l’onere di pagare l’indennità. La questione deve essere risolta anche tenendo conto della priorità d’uso.
Quando invece tale criterio non operi, si ritiene universalmente che l’indennizzo debba gravare
sull’emittente, se l’immissione viene consentita, e non sul soggetto passivo dell’immissione.

Risarcimento per equivalente e reintegrazione in forma specifica.

L’art 2058 CC prevede la possibilità per il danneggiato di pretendere la reintegrazione in forma specifica,
quindi che venga ripristinata la situazione antecedente alla commissione dell’illecito, ovvero il risarcimento
per equivalente, cioè una somma di denaro pari alla diminuzione patrimoniale subita a causa dell’illecito.

VANTAGGI REINTEGRAZIONE IN FORMA SPCECIFICA

Per quanto la reintegrazione in forma specifica abbia il vantaggio di sottrarre il danneggiato al rischio che i
costi relativi al rispristino della situazione antecedente risultino maggiori di quelli liquidati in sede di
giudizio (costi per la riparazione, o distruzione della cosa ad esempio), solitamente, si preferisce richiedere
il risarcimento per equivalente, quindi ottenere quella somma di denaro per compensare la diminuzione
patrimoniale subita a causa dell’illecito.

COSTO DELLE DUE FORME DI RISARCIMENTO

Dunque, sembrerebbe che si possa dire che il costo delle due forme di risarcimento sia IL MEDESIMO, cioè
che il valore della cosa venuta meno corrisponda al costo che avrebbe dovuto sostenere il danneggiante
per la sua riparazione o sostituzione, anche se potrebbe non sempre essere così, ad esempio qualora non
sussista un mercato di riferimento per ottenere un bene sostitutivo.

AUMENTO DI VALORE DELLA COSA

Le operazioni di rispristino della situazione antecedente alla violazione potrebbe determinare un aumento
di valore della cosa, magari nel caso in cui la cosa distrutta venga sostituita con una cosa nuova di maggior
valore. In questi casi però, si ritiene che ciò NON debba determinare una riduzione del risarcimento
dovuto, salvo in alcune ipotesi residuali, come ad esempio nell’ipotesi in cui si debba ritenere che il
danneggiato avrebbe provveduto comunque nel breve termine a sostituire la cosa.

ECCESSIVA ONEROSITA’ – art 2058 CO 2

Detto ciò, l’art 2058 dispone che il danneggiato possa richiedere la reintegrazione in forma specifica
qualora sia in tutto o in parte possibile, però, qualora questa risulti irragionevole, cioè eccessivamente
onerosa per il debitore, il giudice potrebbe disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, dove
la valutazione dell’eccessiva onerosità va condotta avendo riguardo a quelli che sono i costi di esecuzione
dei lavori di rispristino.

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