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DIRITTO INDUSTRIALE

Normattiva - sito + codice proprietà industriale

Esame: 21 domande a crocette 0,5 penalità + sentenza

Group assignment: video sentenza 15 maggio

Manuale di diritto industriale, Giuffrè, Milano, ultima edizione (2021), pp. 13-132; 147-301; 304-306; 311-
328; 375-479 (ad eccezione del par. 44); 497-535 (ad eccezione dei parr. 78-81, 84, 86-87, 89-91); 559-565;
577-666 (ad eccezione dei parr. 14 e 42).

La concorrenza sleale – lezione 1,2,3,4,5,6


Introduzione

Proprietà industriale (definizione) Art 1 cpi

1. Ai fini del presente codice, l'espressione proprietà industriale comprende marchi ed altri segni distintivi,
indicazioni geografiche, denominazioni di origine, disegni e modelli, invenzioni, modelli di utilità, topografie
dei prodotti a semiconduttori, segreti commerciali e nuove varietà vegetali (1). Rientra anche la
concorrenza sleale.

Costituzione ed acquisto dei diritti Art 2 cpi

1. I diritti di proprietà industriale si acquistano mediante brevettazione, mediante registrazione o negli altri
modi previsti dal presente codice. La brevettazione e la registrazione danno luogo ai titoli di proprietà
industriale.
2. Sono oggetto di brevettazione le invenzioni, i modelli di utilità, le nuove varietà vegetali.
3. Sono oggetto di registrazione i marchi, i disegni e modelli, le topografie dei prodotti a semiconduttori. (1)
4. Sono protetti, ricorrendone i presupposti di legge, i segni distintivi diversi dal marchio registrato, i segreti
commerciali, le indicazioni geografiche e le denominazioni di origine. (2)
5. L'attività amministrativa di brevettazione e di registrazione ha natura di accertamento costitutivo e dà
luogo a titoli soggetti ad un regime speciale di nullità e decadenza sulla base delle norme contenute nel
presente codice.

La brevettazione e la registrazione marchio: danno luogo ai titoli di proprietà industriale.


I beni sono immateriali sono diritti esclusivi che rimandano e riproducono il diritto di proprietà.
Es. Invenzione macchinetta sono proprietaria dell’invenzione stessa e del risultato della proprietà.
La proprietà intellettuale: marchi, brevetti, disegni, modelli + diritto di autore es. fotocopiatura libri.

Ordine economico basato sul principio della libera concorrenza


Esigenza di assicurare una protezione effettiva contro la concorrenza sleale, in modo che la concorrenza tra
imprese non si traduca in una lotta senza regole.

Reazioni contro la slealtà dei comportamenti imprenditoriali (anche nell’interesse dei consumatori e, più in
generale, del buon funzionamento del mercato).
Presidiano il corretto svolgimento della disciplina
Concorrenza sleale

Prima del 1942 com’era tutelata la concorrenza sleale?  Era tutelata attraverso la norma in una
convenzione internazionale ovvero v. art. 10-bis Convenzione di Parigi per la protezione della proprietà
industriale 1883 ed è la prima convenzione per gli albi. Modificata poi nel 1925 dall’AIA in questo modo:
Article 10 bis [Unfair Competition] (1) The countries of the Union are bound to assure to nationals of such
countries effective protection against unfair competition. (2) Any act of competition contrary to honest
practices in industrial or commercial matters constitutes an act of unfair competition. (3) The following in
particular shall be prohibited: 1. all acts of such a nature as to create confusion by any means whatever
with the establishment, the goods, or the industrial or commercial activities, of a competitor; 2. false
allegations in the course of trade of such a nature as to discredit the establishment, the goods, or the
industrial or commercial activities, of a competitor; 3. indications or allegations the use of which in the
course of trade is liable to mislead the public as to the nature, the manufacturing process, the chara
cteristics, the suitability for their purpose, or the quantity, of the goods

Il Codice civile è una norma relativamente recente nel 1942: primo intervento normativo nazionale
specifico  atti di concorrenza sleale vengono regolati e ripresi qui da queste norme:
Art. 2598/2599/2600/2601: Cos’è e quali sono le sanzioni della concorrenza sleale. Chi è il legittimato, chi
può chiedere giustizia. Ci interessano le condotte e le sanzioni.
Nell’articolo 2598 fornisce un elenco di condotte di concorrenza sleale e chiude questo elenco con una
clausola generale finale che ha acconsentito alla giurisprudenza negli anni di far rientrare delle fattispecie
nuove che sono il frutto dell’evoluzione della tecnologia, applicano la norma ad n ipotesi. Es: Uso marchio
come meta-tag.
Negli anni ci sono stati una serie di casi che si verificano sempre ma che il codice non menziona e venivano
fatte entrare nella clausola generale e attualmente sono diventate esse stesse tipiche.
Es. Storno dei dipendenti: convinco dei dipendenti del competitor a lavorare per me e licenziarsi, per
evitare che il mio concorrente continui a produrre e farlo uscire dal mercato. Non ci sono norme che
vietano di convincere i dipendenti del concorrente ma sono diventate tipiche.

Art. 2598: Ci sono tre blocchi di fattispecie e una clausola generale. Ferme le disposizioni che concernono la
tutela dei segni distintivi e dei diritti di brevetto, compie atti di concorrenza sleale chiunque:

1. Usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi
legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con
qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente
(concorrenza per confondibilità o confusoria);  c’è un filo conduttore nel primo blocco e va sotto
il nome di concorrenza per confondibilità o confusoria, sono tutti i casi che utilizzano segni distintivi
di un imprenditore concorrente per sviare la clientela del concorrente a se stessi. Ci interessa la
confusione circa l’origine di un certo prodotto da un certo imprenditore. IDONEITA’ A CREARE
CONFUSIONE, adotto un elemento che mi possa confondere un consumatore medio è già possibile
che io sia passibile di sanzioni.
2. Diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attività di un concorrente, idonei a
determinarne il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente
(denigrazione e appropriazione di pregi); L’elemento in comune per realizzare entrambe è
attraverso delle comunicazioni al pubblico o a terzi.
3. Si avvale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della
correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda (clausola generale). Qui abbiamo
una descrizione di condotte di storno di dipendenti e la violazione dei segreti professionali.
Art. 2043 c.c. Risarcimento fatto illecito: Art. 2598 c.c. «… compie atti di concorrenza
Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad sleale chiunque: … 3) si vale direttamente o
altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha indirettamente di ogni … mezzo non conforme ai
commesso il fatto a risarcire il danno. principi della correttezza professionale e idoneo a
danneggiare l‘altrui azienda».

L’art. 2598 delinea ipotesi di illeciti civili extracontrattuali ma si differenzia dall’art. 2043 c.c. perché:

a. Funzione preventiva anziché repressiva della disciplina (il risarcimento del danno è una sanzione
solo “eventuale” – cfr. «inibitoria»)
 La norma che si avvicina di più alla 2598 è il 2043, anche se c’è questa legge del danno è più
facile ottenere tutela e ristoro tramite la disciplina di concorrenza sleale per una facilita di prova di
giudizio. In questo settore si utilizza spesso un meccanismo processuale cioè processo cautelare
ovvero il procedimento è snello e veloce e il giudice decide velocemente in modo da evitare il
propagarsi di effetti negativi. Sono procedimenti cautelari/d’urgenza che si riescono ad ottenere in
breve tempo. Non è tanto ottenere il risarcimento ma la prima cosa che si vuole è che l’azione di
chi mi crea danno smetta di farlo.
La sezione più importante è l’inibitoria se possibile in 30 giorni o anche meno. Il giudice sulla base
degli elementi portati ordina di cessare la condotta in tempi brevi fermo restando che queste azioni
verranno confermate nel giudizio di merito. Gli effetti potenziali alla condotta però vengono
bloccati preventivamente. Se si fa un’ipotesi di danno invece es. incidente d’auto è già avvenuto il
danno.
b. Specifica qualificazione dei soggetti attivo e passivo dell’atto di concorrenza (lex specialis, ossia
rapporto di specie a genere rispetto all’illecito aquiliano)
La qualificazione soggettiva è una legge che si applica soltanto ad imprenditori, entrambi devono
essere imprenditori. Es. Si portano via segreti, c’è un comportamento illecito da un dipendente ma
non è concorrenza sleale perché il dipendente l’ha fatto al di fuori da ogni rapporto concorrenziale
con l’imprenditore. Se l’avvocato ricorre al tribunale con atto di citazione in cui si richiede che il
concorrente sleale venga condannato per condotta xxx.
La domanda di accertamento della condotta di concorrenza sleale può essere proposta solo contro
chi riveste la qualità necessaria per la fattispecie illecita invocata.

Condizioni di applicabilità della disciplina

- Qualità di imprenditore del soggetto agente e del soggetto che subisce la concorrenza sleale (la
disciplina della concorrenza sleale si distingue da quella a tutela del consumatore contro le pratiche
commerciali scorrette)
- Sussistenza di un rapporto di concorrenza

Esiste anche un profilo di pratiche sleali scorrette che non riguarda gli imprenditori ma riguardano i
consumatori finali: è la disciplina relativa al codice del consumo e pratiche commerciali scorrette. Spesso un
atto di concorrenza sleale di solito è anche un atto di pratiche commerciali scorrette Es. pubblicità
ingannevole. Il lato dei consumatori non ci interessa, sono altri profili.
Per concorrenza sleale devono esserci due presupposti: In questi casi però prendiamo atti sleali tra
imprenditori e devono essere imprenditori che operano sul mercato o che si stanno accingendo a operare
sul mercato rispetto ai quali le azioni di uno verso dell’altro è idoneo a cagionare un danno. È necessario
che gli imprenditori operino in ambiti merceologici affini. Es. mezzi per agricoltura e l’altro abbigliamento
non si pone una questione di concorrenza. Servono entrambi i presupposti.
1. Qualità di imprenditore

Soggetto che di fatto esercita sul mercato un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello
scambio di beni o servizi (ancorché non professionalmente).
N.B.: nonostante la questione sia dubbia e la dottrina e giurisprudenza siano divise …
Inapplicabilità della disciplina della concorrenza sleale ai rapporti tra liberi professionisti (Cass. civ., 13
gennaio 2005, n. 560; App. Bologna, 10 febbraio 2017; Trib. Milano, 23 dicembre 2014; Trib. Torino, sez.
spec. propr. industr. ed intell., 24 febbraio 2010; Trib. Roma, 27 novembre 2012)

Non occorre che ci siano tutti gli elementi del 2082 per invocare la concorrenza sleale, è
un’interpretazione più restrittiva rispetto ad altri settori dell’ordinamento. Nel caso dell’antitrust/principi
europei “è imprenditore chiunque svolge attività di scambio di beni e servizi” (vengono considerati anche
professionista intellettuale, avvocati, revisore dei conti... perché svolgono attività di prestazione di servizi).
La definizione è molto breve rispetto a quella del codice. Secondo il codice i professionisti non sono
imprenditori e quindi la disciplina del 2598 di concorrenza sleale non si applica ai professionisti. Si deve
seguire quindi le norme di fatto illecito art 2043.

2. Sussistenza di un rapporto di concorrenza

Rapporto di concorrenza ricorre quando tra i soggetti dell’atto vi sia comunanza di clientela, effettiva o
potenziale. A questo fine, per quanto riguarda il profilo merceologico, si deve aver riguardo essenzialmente
alla comunanza di clientela. Per quanto riguarda il profilo territoriale, assume rilievo l’estensione
territoriale del mercato di riferimento (non solo nella sua dimensione statica, ma anche dinamica)
(coincidenza territoriale).
- PROFILO MERCEOLOGICO: Se i clienti di fronte a due prodotti possono ritenere ragionevolmente, anche se
merceologicamente diversi, derivino dallo stesso imprenditore allora siamo in presenza di prodotti affini.
Es. Borse e Abbigliamento, soddisfano bisogni diversi ma è molto probabile che chi opera
nell’abbigliamento poi si estenda anche agli accessori e viceversa. Siamo in presenza di prodotti affini.
L’elemento caratterizzante quando c’è comunanza di clientela tra i due imprenditori e i comportamenti
di uno sono volti a sviare la clientela dell’altro sono considerati comportamenti illeciti. C’è comunanza di
clientela quando ci si sono prodotti affini (o bisogni affini).
- PROFILO TEMPORALE: devono esserci imprenditori, tra cui sussiste contenzioso e devono essere
contemporaneamente all’interno del mercato, se uno ha cessato la propria attività non è un problema di
concorrenza.
- PROFILO TERRITORIALE: qualsiasi impresa ha potenzialmente un bacino di utenza territoriale ma non è
così per tutte le attività soprattutto per attività di servizi es. panificio di Venezia e Milano, hanno clientela in
quel territorio.

La disciplina si applica anche quando la concorrenza è soltanto potenziale? Sì, purché,


secondo taluni, in presenza di una probabilità concreta di espansione, desumibile da
specifiche circostanze del caso concreto o da regole di esperienza

 Ci sono concrete possibilità in cui io estenda l’attività fuori dalla mia città. Es. Calzaturificio noto e non ho
ancora espanso in borse o abbigliamento ma è probabile che lo faccio, allora un concorrente che produce
vestiti se produce un atto sleale è passibile si applica la disciplina della concorrenza. Ci devono essere degli
elementi concreti per cui io possa capire l’estensione dell’attività.
La disciplina si applica anche ai rapporti tra imprese che operano a livelli diversi (“rapporto
di concorrenza verticale”)? Sì, incidenza del risultato ultimo dell’attività degli imprenditori
sulla medesima cerchia di consumatori finali (comunanza di clientela), con conseguente
idoneità dell’atto compiuto da uno di essi ad operare uno sviamento di clientela a danno
dell’altro

Imprese che si trovano a stadi diversi del processo economico. Es. Il produttore di elettrodomestici e il
distributore di elettrodomestici. I produttori di solito si rivolge al grossista e di seguito al consumatore
finale. Non sembrerebbe di concorrenza per il produttore e distributore ma in realtà lo sono perché si va a
vedere dove vada ad incidere ovvero il produttore e il distributore arrivano sempre alla clientela. Si va a
vedere il risultato ultimo. Es. Il distributore ha come dominio l’identico marchio del produttore ipotizzando
lo stesso marchio. È di concorrenza sleale, se utilizzo nel sito il marchio del produttore faccio finta di essere
il suo rivenditore ufficiale ma non è così.

Esempi:
Il rapporto di concorrenza sussiste anche tra imprenditori che non esercitano la stessa attività economica,
purché entrambe le attività abbiano come termine di riferimento finale la stessa categoria di consumatori
che operino in un ambito territoriale anche solo potenzialmente comune (nel caso di specie si trattava di
società produttrici e distributrici di elettrodomestici contrassegnati da marchi notori che lamentavano
attività di concorrenza sleale posta in essere da soggetto che pubblicizzava attività di assistenza e
manutenzione dei medesimi elettrodomestici). (Trib. Milano, 24 gennaio 2014)

Cass., 23 marzo 2012, n. 4739 “[…] potenzialmente, si trovano in situazione di concorrenza tutte le imprese
i cui prodotti e servizi concernano la stessa categoria di consumatori e che operino quindi in una qualsiasi
delle fasi della produzione o del commercio destinate a sfociare nella collocazione sul mercato di tali beni.
Infatti, quale che sia l’anello della catena che porta il prodotto alla stessa categoria di consumatori in cui si
collochi un imprenditore, questi viene a trovarsi in conflitto potenziale con gli imprenditori posti su
segmenti diversi della medesima filiera produttiva/commerciale, proprio perché è la clientela finale quella
che determina il successo o meno della sua attività, per cui ognuno di essi è interessato a che gli altri
rispettino le regole di cui alla citata disposizione”. [Cfr. anche Trib. Roma, 12 luglio 2017]

Concorrenza sleale per interposta persona

La disciplina si applica anche agli atti posti in essere da dipendenti dell’imprenditore, o da ausiliari e
collaboratori autonomi, nonché da amministratori. È sufficiente che l’atto sia stato attuato nell’interesse
dell’impresa da parte di chiunque si trovi con la medesima in relazione tale da qualificare quel
comportamento come rivolto a procurarle un vantaggio, a danno di un altro imprenditore (presunzione di
consapevolezza dell’imprenditore avvantaggiato).
Es. Un terzo che non ha rapporto con me concorrente sleale perché dipendente di chi voglio danneggiare
ma mi avvalgo di lui come talpa, tra me imprenditore ha avuto una relazione volta a tenere un
comportamento nel mio interesse sottraendo report o liste clienti.

CI DEVE PER FORZA ESSERE UNA RELAZIONE TALE TRA CHI LA COMMETTE E IL CONCORRENTE
(DANNEGGIATO) TALE PER CUI GLI ATTI SLEALI SONO COMPIUTI NELL’INTERESSE DEL CONCORRENTE.
v. art. 2598, n. 3: «direttamente o indirettamente (non lo faccio io imprenditore ma lo fa un altro per me)»
(concorrenza sleale indiretta). Es. influencer, persona che ha un rapporto di collaborazione con un
imprenditore e utilizza le sponsorizzazioni per fare concorrenza sleale contro un concorrente.
N.B. Per concorrere nell’illecito concorrenziale altrui, il terzo interposto deve avere una relazione qualificata
in forza della quale egli agisce per conto e nell’interesse di quest’ultimo (escluso, in un’ipotesi in cui il terzo
era un cliente: Trib. Milano, 20 marzo 2017).
Per concorrere nell’illecito concorrenziale altrui, il terzo interposto deve avere una relazione qualificata in
forza della quale egli agisce per conto e nell’interesse di quest’ultimo. La qualità di cliente, l’assenza di un
rapporto di esclusiva con la parte asseritamente oggetto di una pratica commerciale scorretta, ben lungi dal
fare presumere una relazione d’interesse, depongono piuttosto per l’assenza di una relazione, tale da
determinare un concorso del cliente nella perpetrazione di condotte illecite per avvantaggiare il
concorrente sleale» (Trib. Milano, 20 marzo 2017).

Gli atti di concorrenza sleale di cui all’art. 2598 c.c. presuppongono un rapporto di concorrenza tra
imprenditori, sicché la legittimazione attiva e passiva all'azione richiede il possesso della qualità di
imprenditore; ciò, tuttavia, non esclude la possibilità del compimento di un atto di concorrenza sleale da
parte di chi si trovi in una relazione particolare con l'imprenditore, soggetto avvantaggiato, tale da far
ritenere che l’attività posta in essere sia stata oggettivamente svolta nell’interesse di quest'ultimo […]
essendo sufficiente il dato oggettivo consistente nell’esistenza di una relazione di interessi tra l’autore
dell’atto e l’imprenditore avvantaggiato […] (Cass. n. 18772 del 12 luglio 2019)

Fattispecie di concorrenza sleale

Fattispecie tipiche (o nominate) (Fattispecie atipiche) Clausola generale


① Art. 2598, n. 1 ③ Art. 2598, n. 3
- Atti di confusione Clausola generale che qualifica come concorrenza
② Art. 2598, n. 2 sleale una pluralità di comportamenti,
2a- Atti di denigrazione (comunicazione) caratterizzati dall’essere
2b- Atti di appropriazione di pregi a) non conformi ai principi della correttezza
(comunicazione) professionale e
b) idonei a danneggiare l’altrui azienda

IMPORTANT(ISSIMO) Incipit della disposizione: Ferme le disposizioni che concernono la tutela dei segni
distintivi e dei diritti di brevetto … quando un imprenditore danneggiato agisce in giudizio es. utilizzato un
marchio molto simile, il danneggiato fa causa e invoca prima di tutto la contraffazione del marchio e quasi
sempre la concorrenza sleale. Cerca di cumulare le tutele per le sentenze con qualche eccezione.
FATTISPECIE TIPICHE O NOMINATE

① CONCORRENZA PER CONFONDIBILITÀ

a) … usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o con i segni distintivi
legittimamente usati da altri, o
b) imita servilmente i prodotti di un concorrente, o
c) compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un
concorrente (clausola generale che è raramente applicabile alla giurisprudenza perché quasi
impossibile non far rientrare nelle prime due, ipotesi molto residuale).

l’art. 2598, n. 1, c.c. vieta ogni comportamento suscettibile di incidere sulle scelte dei consumatori e che sia
tale da indurli ad imputare determinati prodotti o una data attività ad un imprenditore diverso da quello cui
effettivamente appartengono (confusione sull’origine)

Presupposti comuni:
1) Riproduzione, più o meno puntuale, di uno o più elementi idonei ad individuare quei prodotti o quella
attività (in particolare, uno o più segni distintivi di essi)
2) ricorso di una concreta potenzialità confusoria
3) contemporanea presenza sul mercato delle imprese in conflitto

Un imprenditore ha un diritto sui propri segni distintivi, es. forma del prodotto, slogan…
Ciò che accomuna le 3 ipotesi è l’idoneità a produrre confusione con i prodotti o l’attività di un concorrente.
La confusione è sull’origine del prodotto perché parliamo di segni distintivi e la prima informazione che
danno sul marchio è “chi è il prestatore di servizio, origine commerciale del prodotto”. I segni distintivi
nascono con l’intenzione di dire da chi ha origine quel prodotto. Nel caso della concorrenza sleale bisogna
dimostrare che c’è una concreta potenzialità confusoria: es. registrato il marchio un anno fa cravatta per la
linea shampoo e non ancora messo in commercio i prodotti, non posso invocare la disciplina della
concorrenza sleale quando un altro imprenditore inserisce i suoi prodotti simili/uguali nel mercato. Non
basta registrare il marchio. I consumatori non sanno che c’è stata una serie di attività per il mio marchio,
qui si invoca la disciplina del marchio registrato ma non la concorrenza sleale, perché c’è l’elemento in più
che è il segno, che il mio concorrente mi imiti, sia noto. Se i consumatori non vedono che questo
concorrente mi sta copiando non è noto. Se nel caso in cui il prodotto Cravatta avviene nell’esposizione in
fiera è un atto che da concretezza che si realizza l’elemento per il fatto che se un concorrente utilizza il mio
marchio posso invocare la concorrenza sleale e potenziale atto confusorio. C’è il mio ingresso al pubblico
per il mio marchio Cravatta quindi sotto concorrenza sleale per il concorrente.

Caratteristiche:
Illecito confusorio è illecito di pericolo (è sufficiente la possibilità – o il ragionevole rischio – di confusione
sulla base di un giudizio di probabilità ancorato alle circostanze del caso).
L’accertamento della confondibilità va condotto avendo riguardo all’impressione che, presumibilmente, la
somiglianza dei segni o dell’aspetto esteriore dei prodotti può suscitare nel consumatore medio, dotato di
ordinaria diligenza e attenzione, sulla base di un esame rapido e sintetico
 (riferimento al consumatore cui sono normalmente destinati i prodotti). È un modello e il giudice
considera un consumatore non particolarmente attento che ovviamente cambia alla luce del singolo
prodotto. Es. voglio contraffare Audi e propongo cinque cerchi per il mio marchio risulta più evidente
rispetto ad una contraffazione di un pacco di pasta dove si scrive Barila con una “l”. Più i prodotti sono
costosi/di nicchia più la soglia di attenzione aumenta. L’attenzione che si attende dal consumatore medio
dipende dal tipo di consumatore.
a) USO DI NOMI O SEGNI DISTINTIVI

Segni distintivi: Qualsiasi entità capace di individuare/caratterizzare un prodotto e di distinguerlo dagli


altri prodotti analoghi di diversa provenienza presenti sul mercato (es.: parole, figure, numeri, lettere
dell’alfabeto, colori, suoni …).

Tipologie di segni distintivi: L’ampia dizione dell’art. 2598, n. 1, c.c. rende riferibile la disposizione sia ai
segni atipici (marchio di fatto, ditta irregolare, sigla, slogan pubblicitario, domain name, nome del
gruppo Facebook), sia ai segni tipici, quali la ditta, l’insegna (locali), il marchio registrato: in
quest’ultimo caso possibilità di cumulo delle azioni contro atti di concorrenza sleale con l’azione di
contraffazione.

Perché si determini una possibilità di confusione è necessario che:


a. Il segno imitato sia dotato di CAPACITÀ DISTINTIVA: Deve cioè essere, in concreto, idoneo a
distinguere i prodotti o l’attività di un determinato imprenditore da quelli di un altro (non c’è capacità
distintiva se, ad es., il segno consiste esclusivamente nella denominazione generica o in un’indicazione
descrittiva del prodotto). Es. Scarpetta per linea di scarpe non è una parola con capacità di segno
distintivo, se si vuole registrare questo marchio non avrà capacità distintiva.

b. Il segno SIA NOTO al pubblico, ossia sia concretamente presente sul mercato (e quindi usato): più
precisamente, deve trattarsi di “notorietà qualificata*” – binomio uso/notorietà qualificata
*In altre parole … deve ricorrere una situazione di notorietà qualificata del segno, nel senso di
notorietà del segno (derivante dalla concreta presenza sul mercato dello stesso) accompagnata dalla
percezione da parte del pubblico della sua natura distintiva. Se vogliamo essere tutelati, il prodotto
deve essere utilizzato per un tempo sufficiente in modo da essere riconosciuto dai clienti, deve essere
riconosciuto come segno distintivo del marchio.

c. Il segno SIA NUOVO (deve differenziarsi dai segni distintivi che altri abbiano anteriormente adottato
per prodotti o attività dello stesso genere).

b) IMITAZIONE SERVILE

Poiché anche l’imitazione servile è un mezzo confusorio, deve trattarsi di imitazione fedele, pedissequa
delle parti esterne (segni distintivi tendenzialmente tridimensionali, forma del prodotto), vale a dire
della forma esteriore del prodotto o della sua confezione (non invece delle parti interne o strutturali)
Si esclude la configurabilità dell’illecito quando l’imitazione degli elementi formali del prodotto altrui
non si risolva in somiglianza dell’aspetto complessivo dei prodotti, oppure l’imitazione di alcuni
elementi formali si accompagni ad elementi di diversificazione non marginali e dotati di valenza
distintiva.

Es. sfumature e colori diversi sono dettagli irrilevanti. Un caso del tribunale di Milano imitazione di
orologi della Rolex, l’impresa imitatrice faceva orologi da parete ma veniva replicati perfettamente i
colori, le fantasie e i modelli, il tribunale ha riconosciuto imitazione servile. Più elementi di
differenziazione ci sono più è probabile che la fattispecie non sia rilevata secondo una valutazione
d’insieme.
- Vi rientra anche il fenomeno della post-sale confusion? Sì, quasi sempre.
Imitazioni di borse LV siamo in presenza di imitazione servile? La contraffazione di prodotti è un reato
ma dal punto civilistico è imitazione servile? Il consumatore non si inganna in questi casi, si sa che non è
originale. Questa ipotesi è la post sale confusion e rientra perfettamente nella concorrenza sleale, dal
senso civilistico può riguardare un negozio che ha queste borse contraffatte e che le vende.
- E quello della pre-sale confusion (o look-alike)? Imitazione servile non confusoria
Prodotti Barilla e Mulino Bianco hanno colori immediatamente riconoscibili. Alcuni potrebbero
contraffare queste scatole e i rispettivi colori, è imitazione servile? Se viene uguagliato anche il marchio
lo è. Se ci sono degli elementi che si differenziano non viene considerata tale. La potenzialità confusoria
è molto bassa in alcuni casi e dipende dagli elementi che differiscono i prodotti. Sfrutto il ricordo di un
prodotto noto per rendergli più facile il ricordo del mio richiamando la confezione o un aspetto esterno
del prodotto altrui (di solito viene considerata come condizione di pregi, non confusoriaIn ogni caso
c’è concorrenza sleale).

Requisiti di tutela della forma:

- La tutela ex art. 2598, n. 1, c.c. concerne le forme aventi efficacia individualizzante e diversificatrice
del prodotto rispetto ad altri consimili (l’imitazione deve riguardare forme esteriori che
costituiscono l’individualità di un prodotto e ne denotano la provenienza di fronte alla specifica
clientela cui esso è destinato)*: no forme capricciose, arbitrarie, inessenziali alla funzione tecnica
La forma non deve essere capricciosa, se la forma che vado a copiare è una forma che deve
essere per forza quella per poter usufruire del prodotto es. coltello. Quello che potrebbe essere
una forma particolare è un’impugnatura particolare che differenzia un prodotto da un altro.
- Requisito della novità della forma. Posso chiedere tutela se per la forma ho diritto ad utilizzarla.
- Requisito della notorietà della forma (da intendersi nel senso di notorietà qualificata). Solo se è
nota e se i consumatori ricollegano una certa forma ad un prodotto di un imprenditore allora
ingannano. Es. bottiglia della Coca cola (registrata a marchio). Se registrata come marchio posso
agire sia per contraffazione di marchio sia per imitazione servile = Cumolo si devono mettere
entrambi!

È esclusa tutela alle forme determinate dalla natura del prodotto, usuali, banali o standardizzate,
generalizzate.

Esempio: pedissequa imitazione del packaging di un tubetto di colla (Trib. Milano, 17 luglio 2015)

- Identità del packaging


- Medesimo colore e carattere della scritta
- Presenza nel prodotto illecito di un errore che caratterizzava la confezione della colla originale
(riferimento normativo errato) entrambi avevano questo errore e quindi è un elemento
fondamentale per dare imitazione servile, anche se il marchio era diverso tutto il resto era uguale.
- Offerta contestuale con il prodotto originale
- Ingenerano nel consumatore la convinzione che provengano dallo stesso produttore

Si presta attenzione molto limitata però se nel caso in cui il consumatore vede i riferimenti sbagliati in
entrambi e capisce che c’è un collegamento tra i due produttori e quindi imitazione servile
N.B.: L’orientamento dominante ritiene liberamente imitabili le forme suscettibili di costituire:
a) oggetto di brevettazione come modelli di utilità (le quali esprimano un concetto innovativo nuovo) e,
entro certi limiti (ossia nella misura in cui esse diano un valore sostanziale al prodotto),
b) oggetto di registrazione come disegno o modello, ove non brevettate/registrate o dopo la scadenza
del brevetto/registrazione

Ci si pone un problema di principio di alternatività (o non cumulabilità) delle tutele (preoccupazione di


impedire la creazione di monopoli, tramite tutele perpetue di certe forme)Potrebbero interferire
l’ambito delle invenzioni (creazioni estetiche in particolare) potrebbero esserci un problema di
sovrapposizione di due titoli di proprietà industriale:

1. Disegni e modelli: sono forme meramente estetiche che non hanno nessuna utilità derivata alla
funzione di prodotto e vengono scelte per estetica. La forma di un prodotto in questo caso è
tutelata per 5 anni e rinnovabile per 5 volte per un massimo di 25 anni. È più lunga e perpetua
rispetto ai modelli. Salvo quanto detto nella precedente slide in merito alle forme con valore
sostanziale, è ammesso il cumulo tra la tutela del modello registrato e la tutela contro l’imitazione
servile. Es. se la forma nel mercato è così caratteristica ed è diventata scelta determinante da
influenzare il consumatore allora anche in questo caso la forma è tutelata invocando i disegni e
modelli ma non di imitazione servile questo perché il legislatore vuole evitare che ci sia una
appropriazione perpetua/monopolizzazione di forme che hanno valore economicamente. (anche
della forma per marchio è la stessa cosa).

 Il valore artistico conferisce all’opera del design valore sostanziale ed esclude la possibilità di ottenere
tutela contro gli atti di concorrenza confusoria. Infatti, questa tutela non è cumulabile con quella autoriale
ove quest’ultima investa le forme dell’intero prodotto: invero le declinazioni tutelabili per imitazione
servile devono riferirsi a soluzioni capricciose ed arbitrarie, non solo inessenziali rispetto alla funzione
ma, per quel che qui rileva, estranee rispetto a quelle che conferiscono c.d. valore sostanziale al
prodotto. Quest’ultime come noto sono quelle che attribuiscono un valore estetico alla res idoneo, da
solo, ad orientare la scelta dell’acquirente, divenendo il preminente “motivo dell’acquisto”, profilo
incompatibile con quello non solo del marchio di forma ma anche della concorrenza sleale confusoria.
Insomma: quelle stesse linee che sono tutelate sotto il profilo autoriale – perché caratterizzanti l’intero
design industriale – non possono trovare tutela sotto il profilo confusorio (Trib. Milano, 27.11.2017)

2. Modelli di utilità: sono delle mini-invenzioni e vengono richiesti a fronte di forme che devono
ottenere dei brevetti e imitano forme del prodotto che danno ad esso particolare efficacia nel suo
uso o comodità di applicazione. Es. Rasoio Phillips, forme strane con 3 teste ruotanti. Sono modelli
utili/forme che mi danno utilità per il prodotto, danno esclusività dell’uso esclusivo per un certo
periodo di tempo di 10 anni.
Nel caso dell’imitazione servile non c’è un periodo di tempo, la tutela è tendenzialmente
perpetua rispetto ai modelli di utilità. Il problema che si pone è che se consento di utilizzare questo
strumento vado a contraddire la finalità della tutela brevettuale. I principi sottostanti ai brevetti
riconoscono certamente il diritto di utilizzare la forma a diritto esclusivo ma controbilanciato dalla
limitazione di questa esclusiva. Parliamo di forme utili che danno un beneficio al prodotto stesso,
ad un certo punto queste forme diventano di dominio pubblico, patrimonio della collettività, es
vaccini. Se la forma imitata è utile e che potrebbe essere stata brevettata come modello di utilità
l’unica forma di protezione di cui gode è quella della disciplina del modello di utilità per 10 anni e
non può invocare la concorrenza sleale (imitazione servile). Non si possono cumulare le due forme
di tutela, c’è alternatività della tutela.
c) ALTRI MEZZI IDONEI A CREARE CONFUSIONE

Norma di chiusura, avente valore residuale, per escludere la liceità di qualsiasi atto confusorio (tale,
cioè, da favorire equivoci sul mercato in merito alla provenienza dei prodotti)  rara applicazione
giurisprudenziale.

Esempi: La giurisprudenza ne ha fatto applicazione in caso di imitazione di materiale pubblicitario altrui;


di imitazione dei furgoni utilizzati dal concorrente per la distribuzione dei prodotti; di uso di moduli la
cui impostazione tipografica ricalchi quella di stampati analoghi di un concorrente; di sistematico
parcheggio di un moto furgoncino con scritte reclamistiche della propria impresa davanti ai locali di un
concorrente; di copiatura di altrui cataloghi o dépliant; di imitazione del lay-out del negozio o
dell’aspetto esteriore dell’altrui posto vendita.

② DENIGRAZIONE E APPROPRIAZIONE DI PREGI (SECONDA PARTE ARTICOLO 2058)

a) Chi diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attività di un concorrente, idonei a


determinare il discredito (false) o
b) si appropria di pregi dei prodotti o dell’impresa di un concorrente.

 Diritto ad una leale comunicazione aziendale. IPOTESI DISTINTE E AUTONOME (in comune hanno solo il
fatto di concretarsi in una comunicazione)

1. DENIGRAZIONE

Parlare (o scrivere) male della impresa o dei prodotti del concorrente, di solito tramite pubblicità, in
modo sufficientemente grave e attendibile da dar luogo a un reale effetto screditante sul mercato la
formula va interpretata estensivamente, con riguardo, in particolare, all’oggetto della notizia
(comprensiva, ad es., della situazione in cui si trova l’impresa come quando l’impresa si trova in
difficoltà finanziarie risulta una notizia screditante- per fornitori, debitori) e alla “diffusione” della
notizia (preferibile, comunque, la soluzione per cui la diffusione è qualcosa in più della comunicazione
ad una singola persona). Serve che ci sia un numero anche limitato, un’effettiva divulgazione a più
soggetti.

Caso Tribunale Milano, risulta riscontrato un illecito anticoncorrenziale per denigrazione e


appropriazione di pregi ove la convenuta veicoli un’informazione in termini di certezza e non in forma
dubitativa- non vera ad un soggetto terzo cliente dell’attrice con conseguente pregiudizio all’immagine
imprenditoriale di quest’ultima.

Dovrà comunque trattarsi di notizie e apprezzamenti che possano assumere rilievo concorrenziale

N.B.: necessaria identificabilità del soggetto leso (imprenditore denigrato), che può identificarsi anche
in un’intera categoria di imprenditori solo così, infatti, si produce l’effetto screditante
N.B.: È pacifica la idoneità del social network Facebook a conferire ai post ivi pubblicati quella
“diffusività” richiesta per l’integrazione dell’illecito di concorrenza denigratoria. Le modalità di
funzionamento di detto social network permettono, infatti, la visibilità dei messaggi ivi pubblicati a
prescindere dal fatto di essere “amici” della titolare della pagina dove essi compaiono, giacché
quest’ultim[a] ben avrebbe potuto optare per un profilo c.d. “aperto”, ossia visionabile dall’intera
comunità del social network. [Trib. Milano, 1° marzo 2017]. Vale poco la limitazione dell’accesso, lo
strumento di Facebook fa vedere in ogni caso la notizia e quindi c’è denigrazione.
Nonostante il silenzio del legislatore, liceità concorrenziale della diffusione di notizie vere
(rigorosamente vere) ed esposte in modo obiettivo (in maniera non tendenziosa, subdola o comunque
scorretta) Ammissibilità dell’exceptio veritatis, ovvero quando la notizia è vera non si utilizza la
denigrazione. La notizia si può dare ma bisogna prestare attenzione al modo in cui si danno senza
omissioni, anche le modalità di erogazione di comunicazione devono essere neutre- principio della
continenza espressiva.

Per il Tribunale di Milano (decisioni del 4.01.2021 e 3.12.2020) una comunicazione pubblicitaria
comparativa diventa denigratoria quando non si limita a raffrontare i prodotti ma omette in modo
deliberato e consapevole informazioni utili e veritiere. Il linguaggio con cui il messaggio viene espresso
non deve travalicare le regole della «continenza» che la comunione commerciale richiederebbe
(principio della continenza espressiva) Importanza delle modalità linguistiche di espressione del
messaggio. Esigenza di impedire che la concorrenza assuma caratteristiche di aggressività e di rissosità

Possibili ipotesi di fattispecie denigratorie:

a. Comparazione fra prodotti o attività (cfr. pubblicità comparativa), tranne per analisi obiettive, si
parla di pubblicità commissionate dagli impresari.
b. Magnificazione del proprio prodotto (priva di riferimento esplicito ai prodotti di un concorrente)?
La magnificazione generica o palesemente iperbolica è considerata dalla giurisprudenza lecita. Es.
espressioni esagerate, sono forme pubblicitarie iperboliche. Anche la disciplina del codice di
consumo non considera queste pratiche scorrette.
c. Diffida (cui si assimilano le comunicazioni in genere che abbiano come contenuto la denuncia di un
illecito nel quale un concorrente sia incorso, inviata alla clientela, invitandola a non acquistare i
prodotti di un concorrente “veridicità” constatabile solo a posteriori). Sono delle comunicazioni ad
n soggetti di illeciti di un concorrente invitando i clienti a tenere un certo comportamento es.
acquisto di prodotti contraffatti. Il punto essenziale è la verità della notizia.

Pubblicità comparativa

D.lgs. 2 agosto 2007, n. 145 riguarda il rapporto tra professionisti, senza concorrenza sleale e non sia
scorretta tra rapporti tra concorrenti. È anche disciplinata sia dal codice del consumo (che pone dei requisiti
in cui la pubblicità si possa porre di essere in modo lecito e tutela il consumatore)

Le sue disposizioni hanno lo scopo di:


1) tutelare i professionisti dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali, nonché di
2) stabilire le condizioni di liceità della pubblicità comparativa

Se ci sono condotte denigratorie si fanno tramite la pubblicità. Può esserlo se il modo in cui ci si riferisce
al concorrente sia denigratorio. È disciplinata sia dal punto di vista del rapporto tra concorrenti (codice per
accordi tra concorrenti) sia dal punto di vista dei consumatori (pratiche commerciali scorrette, condotte
ingannevoli per il consumatore e sono disciplinate dal codice del consumo), le stesse fattispecie che sono
vietate perché ingannano il consumatore e si approfittano di essi, le stesse sono per i professionisti. Il
legislatore vuole evitare di ottenere un vantaggio concorrenziale ingiusto sfruttando le condotte scorrette e
illeciti di pubblicità dei propri prodotti.
Pubblicità: Qualsiasi forma di messaggio che è diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio di un’attività
commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere il trasferimento di beni
mobili o immobili, la prestazione di opere o di servizi oppure la costituzione o il trasferimento di diritti ed
obblighi su di essi finalità promozionale

Nella definizione non è considerato la pubblicità ai fini sociali che non risulta in questa definizione di
pubblicità che riguarda la pubblicità promozionale. Riguarda la tv, radio, internet, confezione dei prodotti
ha un’estensione ampia.

Pubblicità comparativa: Qualsiasi pubblicità che identifica in modo esplicito o implicito un concorrente o
beni o servizi offerti da un concorrente Perché non è vietata come la pubblicità ingannevole? Può avere
effetti positivi per i consumatori, sotto il profilo dell’informazione e della trasparenza del mercato N.B.: non
deve però tradursi in una aggressione ingiustificata ai concorrenti o in uno sfruttamento parassitario della
loro notorietà
 La pubblicità ingannevole è sempre vietata e la pubblicità comparativa è lecita se rispetta determinate
condizioni. È concessa e permessa a certe condizioni perché potrebbe avere effetti positivi, es. se do
informazioni chiare, veritiere e complete, corrette e precise anche riferendomi ai concorrenti, danno la
possibilità di ponderare al consumatore se il prodotto è cosi o meno e prendere decisioni. Più info si hanno
meglio è.

La pubblicità comparativa è lecita se sono soddisfatte le seguenti condizioni (art. 4 d.lgs. 145/2007):

a. non è ingannevole
b. confronta beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi
c. confronta oggettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e
rappresentative
d. non ingenera confusione sul mercato e) non è denigratoria
e. per i prodotti recanti denominazione di origine, si riferisce in ogni caso a prodotti aventi la stessa
denominazione
f. non trae indebitamente vantaggio dalla notorietà connessa al marchio, alla denominazione
commerciale ovvero ad altro segno distintivo di un concorrente o alle denominazioni di origine di
prodotti concorrenti
g. non presenta un bene o un servizio come imitazione o contraffazione di beni o servizi protetti da un
marchio o da una denominazione commerciale depositati

Queste sono alcune condizioni che frequentemente non vengono osservate sono la a, b, c, e, g. Si
tacciono informazioni che se fornite rendono più chiara l’informazione. Es. trasmissione tv sulla cucina si
comparavano dei prodotti alimentari in cui uno ha la protezione DOP, sono prodotti non omogenei. Es. la
crema ha determinati benefici, si devono dare al consumatore delle prove che testino questi benefici e dare
quindi delle informazioni con sufficiente grado di dettaglio e che non sia inventato ma veritiero e verificato.
Es. Evitare di trarre vantaggio della notorietà dei prodotti, è sbagliato agganciare i prodotti a quelli noti.
Il concorrente denigrato può fare causa grazie all’articolo 2598.
Esempi: Causa Carrefour Hypermarchés SAS/ITM Alimentaire International SASU (C-562/15, decisa l’8
febbraio 2017). Campagna pubblicitaria televisiva che poneva a confronto i prezzi di 500 prodotti di grande
marche applicati nei negozi di insegna Carrefour e in negozi di insegne concorrenti, fra cui Intermarché (ove
i prodotti erano mostrati come sistematicamente più cari rispetto a quelli di Carrefour) I negozi Intermarché
selezionati per il confronto erano tutti supermercati, mentre i negozi Carrefour erano tutti ipermercati (non
vi erano inclusi Carrefour Market, Carrefour Contact, Carrefour City) e questa informazione compariva solo
in caratteri più piccoli Secondo la Corte di Giustizia UE “può essere illecita […] una pubblicità […], in cui sono
posti a confronto i prezzi di prodotti venduti in negozi diversi quanto a tipologia o dimensioni, laddove tali
negozi appartengano ad insegne ognuna delle quali dispone di una gamma di negozi diversi quanto a
tipologia e dimensioni e l’operatore pubblicitario confronti i prezzi applicati nei negozi di dimensioni o
tipologia superiori della propria insegna con quelli rilevati in negozi di dimensioni o tipologia inferiori delle
insegne concorrenti, a meno che i consumatori non siano informati, in modo chiaro e dal messaggio
pubblicitario stesso, che il raffronto è stato effettuato fra i prezzi applicati in negozi di dimensioni o
tipologia superiori dell’insegna dell’operatore pubblicitario e quelli rilevati in negozi di dimensioni o
tipologia inferiori delle insegne concorrenti.
Porre a confronto marca Carrefour e Intermarchè per dimostrare che i prezzi erano più convenienti. Il
problema è stato che Carrefour aveva indicato i prodotti nei propri ipermercati e invece gli altri erano
prodotti nei supermercati. Ipermarchè che risultano di dimensioni superiori rispetto ai supermercati,
comparando situazioni non omogenee. Il consumatore non era informato, oppure in modo molto poco
visibile, non era chiara la differenza dei punti vendita raffrontati.

Esempio di pubblicità comparativa illecita e denigrazione: J&J vs. L’ Oreal Italia (quanto ad un prodotto
antirughe – crema per il viso – contraddistinto da uno dei marchi J&J): prodotti NON omogenei e non
dimostrata la veridicità della rivendicazione di efficacia

Esempio: “È illecita, e va inibita con provvedimento d’urgenza, la pubblicità comparativa incentrata sul
raffronto tra i prodotti di un imprenditore (biscotti e pasta) destinati esclusivamente all’alimentazione della
prima infanzia e quelli (biscotti e pasta) di un concorrente, condotto con modalità ingannevoli (nella
pubblicità si afferma che i prodotti del concorrente presentano pesticidi e micotossine in misura maggiore
ai limiti massimi previsti per l'infanzia …)” (Trib. Milano, 17 gennaio 2012 – BARILLA vs. PLASMON): prodotti
NON omogenei.

Pubblicità comparativa illecita e quindi anche di denigrazione, nella


pubblicità venivano raffrontate le creme viso con quella antirughe. I prodotti
non sono omogenei. Plasmon ha diffuso pubblicità in maniera massiccia la
comparazione per la pasta dei bambini con la Barilla. Si diceva che Barilla non
rispettasse il livello minimo di sicurezza di pesticidi e micotossine per la pasta.
Barilla non contesta il dato ma che questa pubblicità non considera i bambini al
di sopra dei tre anni (considerati adulti). C’è informazione ingannevole ma
veritiera perché Barilla invece specifica queste cose. Non c’è quella della non
omogeneità dei prodotti che non sono destinata all’infanzia. Ritenuta pubblicità
comparativa ingannevole ed illecita e condannando Plasmon ad un
risarcimento per prodotti non omogenei.

Esempio: Comparazione Mc e burger, il numero di concentrazione dei punti vendita è maggiore secondo
quella pubblicità Mc, si è trovato un altro strumento per comparazione, con il caffè.
2. APPROPRIAZIONE DI PREGI

Allegazione, in una comunicazione destinata a terzi (al mercato, al pubblico), che la propria impresa o i
propri prodotti presentano i “pregi” propri dell’impresa o dei prodotti di un concorrente.
Comunico ai consumatori che i prodotti o l’attività hanno determinate caratteristiche ma che in
realtà non hanno, lo faccio per attrarre clientela e ottenere una certa reputazione che non è
giustificata. Mi approprio di pregi altrui.

Per pregi si intende qualsiasi caratteristica (positiva) dell’impresa o dei prodotti, tale da diventare
motivo di preferenza del mercato nei confronti dell’impresa o dei prodotti stessi.
Qualsiasi elemento che attrae consumatori che diventi preferenza per i consumatori, es.
certificazioni, premi, qualità, indicazioni di provenienza. È molto ampia la definizione di pregi. Anche
cerchia ristretta di soggetti?

Si ritiene che costituisca appropriazione di pregi illecita l’auto attribuzione di caratteristiche in realtà
inesistenti e presenti invece nei prodotti o nell’impresa di un concorrente e considerate positive dal
destinatario(i) del messaggio
Ad. es., la qualità di concessionario o distributore ufficiale di una celebre marca senza esserlo e invece
altri lo sono; l’indicazione della provenienza del proprio prodotto da una determinata località
geografica, mentre lo stesso proviene da una località diversa; affermare realizzata con i prodotti propri
un’opera importante invece realizzata con i prodotti di un concorrente, apposizione sul prodotto di un
marchio di qualità di cui il prodotto è privo

Questa fattispecie interferisce, o potrebbe interferire, con il mendacio concorrenziale. Non è facile
indicare un limite tra una o l’altra. Es. Impresa che lega l’attività ad un ospedale richiamando l’insegna e
il nome creando un collegamento illecito, c’era l’estremo del mendacio ma non dell’appropriazione di
pregi, perché non era vera e basta senza avere altri concorrenti.
- Se ci sono n prodotti che rispettano il disciplinare DOP o si dice che rispettano le normative di legge
della sicurezza con certificazioni ISO o altre certificazioni di qualità, ma non è vero, fa parte
dell’appropriazione di pregi.
- Esporre in fiera o nei dépliant prodotti non dell’impresa stessa è appropriazione di pregi, facendo
apparire qualcosa che non è offerto da me ma da altri concorrenti.
- Altro fenomeno riguarda l’Italian sounding, altri prodotti che vengono venduti richiamando il nome di
prodotti italiani di prodotti di qualità con IGP e DOP, faccio in modo che il consumatore associ il
prodotto a quello originale.

In altre parole … rileva ogni caratteristica, ancorché non rara e ricercata, che sia positivamente valutata
dal mercato ed idonea ad influire sulle scelte del pubblico in quanto riferibile ad una cerchia di
produttori ovvero ad una particolare categoria di prodotti
Finalità: falsare il giudizio del consumatore attraverso l’artificioso incremento del proprio prestigio

Un’ipotesi di appropriazione di pregi

Agganciamento alla notorietà altrui/parassitario Ampliamento della portata della norma in esame

Proporsi al pubblico equiparandosi esplicitamente ad un concorrente o ai suoi prodotti (ad es., tipo
Rolex, modello Burberry).
Natura parassitaria della fattispecie, di approfittamento del frutto dell’altrui lavoro e dell’altrui
investimento, costituito dalla conoscenza di un prodotto da parte del mercato e dal credito di cui un
prodotto e un’impresa sono giunti a godere sul mercato stesso
I giudici hanno iniziato ad applicare questa norma 2598 comma due per la rinomanza di cui si godeva
sul mercato del prodotto del concorrente. L’ipotesi di appropriazione di pregi altrui consiste nel
richiamo nella pubblicità prodotti di concorrenti, non per creare confusione, ma per agganciarmi alla
notorietà di prodotti noti con investimenti in comunicazioni cospicui. Richiamo e sfrutto indebitamente
la notorietà del marchio ben più noto con valore e status symbol.
Es. Coca Cola marchio in nuovi computer farà causa su questo lato anche se il prodotto non è lo stesso,
ma utilizzando questo marchio rimane molto più impresso nella mente dei consumatori.

Appropriazione dello specifico pregio costituito dall’altrui maggiore notorietà. Non ha nessun rilievo
che il prodotto messo a traino sia qualitativamente inferiore, equivalente o superiore al prodotto
trainante; ciò che rileva è il fatto che ricorre un approfittamento della rinomanza del prodotto altrui.

Può anche essere che il prodotto ricordi un marchio noto ma il problema sta nel comunicarlo
sfruttando la notorietà. Non si discrimina il fatto che sia vero che ci sia informazione veritiera, quindi gli
estremi di mendacio concorrenziale, ma si discrimina l’accreditamento sul mercato di appropriazione di
pregi, il pregio di cui mi approprio è l’accreditamento sul mercato del prodotto del concorrente.

FATTISPECIE ATIPICHE/CLAUSOLA GENERALE

③ I PRINCIPI DELLA CORRETTEZZA PROFESSIONALE


3) … si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza
professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda  questa è la clausola generale
L’art. 2598, n. 3, delinea i parametri per definire la slealtà concorrenziale di comportamenti non
riconducibili alle fattispecie tipiche. Adeguamento della disciplina della concorrenza all’evoluzione della vita
economica
La clausola generale serve a far rientrare le fattispecie che non vengono considerata nelle fattispecie
precedenti tipiche e che sono il risultato dell’evoluzione delle tecnologie (AdWords, meta-tag).
Ci consente di raggiungere tutte quelle condotte in cui ci sia un giudizio di disvalore. In questi tempi
abbiamo assistito al fatto che la giurisprudenza ha effettuato una tipizzazione di una serie di condotte che
sono le più frequenti e quasi sempre quelle che si verificano, ce ne sono poche e rare che non risultato così.

Presupposti:
a. Non conformità ai principi della correttezza professionale. Nozione di difficile interpretazione, la
convenzione di Parigi parla di usi onesti da parte dell’attività commerciale. Qui si parla di principi della
correttezza. è difficile che i giudici rispondano a condotte che non riconducano a fattispecie già
considerate. Ci sono espressioni che si riferiscono alla morale, poco rilievo.
b. Idoneità a produrre un danno concorrenziale all’altrui “azienda” (indipendentemente dal fatto che un
danno si sia concretamente verificato)Qualsiasi danno economico che colpisca l’impresa del concorrente.

Fattispecie “tipizzate” di concorrenza sleale ex art. 2598, n. 3 Sono delle classificazioni per rendere più
semplice la comprensione delle condotte
① Atti di concorrenza sleale che alterano la situazione del mercato, senza specifico riferimento ad un
determinato imprenditore (mendacio concorrenziale, vendita sottocosto, violazione di norme di diritto
pubblico)
② Atti di concorrenza sleale tipicamente rivolti contro un concorrente determinato (atti che colpiscono
l’impresa concorrente nel suo patrimonio organizzativo e tecnico, storno dipendenti) oppure la sua
situazione di mercato (boicottaggio)).
①Atti di concorrenza sleale che alterano la situazione del mercato

1. Mendacio concorrenziale: Qualsiasi comunicazione o messaggio rivolto ai potenziali consumatori o


fruitori di prodotti o servizi, che non corrisponda a verità e sia idonea/o ad ingannare i suoi
destinatari modifiche nel comportamento del potenziale consumatore, in particolare
inducendolo ad acquisti che altrimenti non avrebbe fatto: ad es. pubblicità ingannevole
N.B.: non sono illecite, in quanto inidonee all’inganno, le affermazioni iperboliche, le palesi
esagerazioni, le vanterie e le affermazioni generiche, ossia le menzogne innocue, inadatte ad
indurre in errore il destinatario (consumatore di media avvedutezza, accortezza, capacità critica per
la giurisprudenza). Il consumatore le prende per quello che sono, trovate pubblicitarie.

Le info non devono essere false o mezze verità e incidono sui consumatori, intendono far fare ai
consumatori delle scelte diverse da quelle che avrebbero fatto dando informazioni false.
La comunicazione riguarda tantissimi elementi art 145/2007 della pubblicità ingannevole mi dice
quali sono le informazioni su cui non vertere l’inganno es. indicazione geografica, natura, qualità, il
prezzo, il modo in cui si calcola e la comunicazione di tutte le componenti del prezzo comprese
tasse ecc, lo stesso imprenditore anche legate alla reputazione.
Non sono mendacio concorrenziale quelle ipotesi iperboliche, esagerazioni tali da non avere
dannosità e prende in considerazione il consumatore medio.
Va valutato caso per caso, bisogna considerare molti fattori come il tipo di prodotto e chi mi
rivolgo se fosse verso un pubblico esperto risulta più grave. I prodotti della grande distribuzione si
acquistano senza pensare quindi rispetto al quale c’è meno attenzione nella valutazione.
Es. biglietti low cost i prezzi hanno iniziato a specificare tutte le componenti del prezzo e si
omettevano determinate tariffe come le compagnie telefoniche. Le mezze verità o omissioni sono
pubblicità ingannevoli

Idoneità ingannevole delle comunicazioni (anche comunicazioni ambigue, mezze verità, messaggi in
cui siano omesse notizie essenziali … e rilievo delle modalità con cui il messaggio decettivo è diffuso
presso il pubblico: ad es. diffusione attraverso compagne pubblicitarie).
Inoltre, rileva anche l’inganno sulla natura pubblicitaria dell’informazione (c.d. pubblicità occulta)
DEF pubblicità ingannevole d.lgs. 145/2007.
Se l’informazione non è data da un’indagine del giornale ma da una campagna pubblicitaria
commissionata al giornale allora siamo in presenza di idoneità ingannevole.

Esempi:
“Le comunicazioni promozionali diffuse da un concorrente sono ingannevoli e decettive quando vi è
discrasia tra il messaggio veicolato dalla pubblicità e la realtà dell’offerta commerciale cui la stessa
comunicazione si riferisce. Le comunicazioni promozionali decettive sono idonee non solo ad
ingannare l’acquirente sulle condizioni del servizio offerto, ma altresì a condizionare il consumatore
medio all’atto in cui questi si deve liberamente e consapevolmente orientare sul mercato tra diversi
offerenti” [Trib. Milano, 8 agosto 2018]
A fronte di un’espansione rapida del fenomeno patologico del green-washing, può ravvisarsi
pubblicità ingannevole in messaggi pubblicitari (generici) che inducono nel consumatore
un’immagine green dell’azienda senza dar conto di quali siano le politiche aziendali che consentono
un maggior rispetto dell'ambiente e riducano fattivamente l'impatto ambientale dei prodotti (Trib.
Gorizia, 26 novembre 2021)
2. Ribassi e vendite sottocosto
- Ribassi: secondo l’opinione dominante, l’offerta a prezzi ribassati non dà luogo a concorrenza
sleale, perché connaturata al concetto di libera concorrenza e di libertà di iniziativa economica,
oltreché conforme all’interesse dei consumatori e dell’economia di mercato
SONO ritenute lecite
- Vendita sottocosto: vendita ad un prezzo inferiore, da un lato, al costo del prodotto per l’impresa
venditrice, dall’altro, a quello medio per gli altri imprenditori
Sono più frequenti ma in molti di questi casi chi le fa sono sanzionate, non sono convenienti in
alcun modo per l’imprenditore che le pone in essere. Es. Euronics posso per un mese praticare le
vendite sottocosto e il piccolo produttore questo non lo può fare che ha tre negozi in città. Il
comportamento mi fa eliminare la concorrenza sul mercato.

È ritenuta atto di concorrenza sleale se:


*ha l’effetto di turbare il mercato e alterare il fisiologico meccanismo concorrenziale; e
*si presenta sul mercato con caratteri di sistematicità (cfr. liceità delle vendite “sottocosto” al
pubblico, seppur entro certi limiti, ad es. per quanto riguarda la durata – v. d.P.R. 218/01, oppure
per prodotti deperibili, oppure prodotti tipici festivi, non sono sleali per piccolo periodo di tempo)
v. d.P.R. 218/01 decreto presidente della repubblica vengono disciplinate le vendite sottocosto,
si parla di vendite al dettaglio. In questo testo la vendita sottocosto è ammessa con precise
condizioni: il fenomeno è stato disciplinato concedendo alle imprese di farlo ma disciplinandolo a
livello amministrativo.
Le iniziative per smaltire la merce deperibile o prodotti obsoleti che sono leciti, per tutto il resto dei
prodotti l’impresa non può:
- farlo per più di 3 giorni massimo e per massimo 10 giorni all’anno massimo
- non può farlo chi supera il 50% della superficie di vendita per quel settore

3. Violazione di norme di diritto pubblico


La violazione di norme di diritto pubblico deve consistere, ai fini dell’applicabilità dell’art. 2598, n.
3, in un atto di concorrenza sleale. Ci sono diverse norme, ci chiediamo quando ciò si verifica?
- Norme che impongono limiti all’esercizio dell’attività imprenditoriale (SI) Es. bar che tiene aperto
dopo l’orario, consento di erogare il servizio per un servizio più lungo e faccio un danno
concorrenziale ai concorrenti che possono citarmi in giudizio.
- Norme che impongono costi all’esercizio dell’attività imprenditoriale (in linea di principio, (NO),
ma indirettamente la violazione della norma può divenire fonte di danno concorrenziale) Es.
obbligo di rilasciare le ricevute, pagare l’IVA. Se non emetto ricevute fiscali come il taxi ho un
risparmio di costi per la diminuzione di imposte da pagare. Questo si traduce in vantaggio
concorrenziale? È un vantaggio in quanto ho un risparmio ma non necessariamente è un vantaggio
concorrenziale. Se invece grazie a questo riesco a praticare costi minori grazie a questo vantaggio
allora c’è ipotesi di danno concorrenziale.
- Norme che impongono oneri all’esercizio dell’attività imprenditoriale (di norma, NO)

Esempio: “La vendita di prodotti recanti certificazioni di omologazione illegittime comporta


concorrenza sleale per violazione di norme pubblicistiche; è sufficiente ad integrare la predetta
fattispecie illecita quando essa, di per sé stessa, anche senza un comportamento di mercato, abbia
prodotto il vantaggio concorrenziale che non si sarebbe avuto se la norma fosse stata osservata”
[Trib. Torino, 15 novembre 2017]
Il fatto di vendere prodotti non omologati, mi fornisce un vantaggio rispetto ai concorrenti
APPROPRIAZIONE DI PREGI il fatto di dire che i prodotti hanno una certificazione e non è vero, si ha
condizione di pregi. Si citano entrambe le fattispecie.

Esempio: Vendita libri di testo con sconto attorno al 20% rispetto al prezzo di copertina fissato dal
produttore. La norma prevedeva uno sconto minore. I prezzi, quindi, erano più bassi rispetto a
quelli dei concorrenti e quindi c’è stata una violazione di norme.

② Atti di concorrenza sleale tipicamente rivolti contro un concorrente determinato, è quella che si verifica
di più assieme al mendacio.

1. Storno di dipendenti
Comportamento consistente nel “portar via” i dipendenti ad un concorrente (normalmente
mediante istigazione a dimettersi per poi essere assunti dall’autore dello storno).
Necessità di contemperamento con le esigenze di funzionamento del mercato del lavoro (libera
circolazione dei lavoratori e libertà di iniziativa economica).
 è dannosa quando riguardano certe figure chiave per l’impresa del concorrente oppure anche
per persone di livello inferiore ma che hanno delle specializzazioni in alcuni campi. Deve essere una
scelta del lavoratore e non deve essere un piano del concorrente per danneggiare l’impresa.

2. Illecito in presenza di taluni elementi oggettivi, che, secondo un orientamento, rivelino l’animus
nocendi nell’autore dello storno (intenzione di danneggiare l’altrui azienda), secondo altro
orientamento, costituiscano modalità contrarie ai principi della correttezza professionale e si
caratterizzino per l’alto grado di pericolosità.
Ad es.: elevata qualificazione tecnico-professionale dei dipendenti stornati, il loro numero e la
portata dell’organizzazione complessiva dell’impresa concorrente, il fatto di avvalersi di una “talpa”
per realizzare lo storno, concentrazione temporale degli episodi di storno, la scarsa fungibilità dei
dipendenti.
In altre parole, la concorrenza illecita non deriva dalla mera costatazione di un passaggio di
collaboratori da un’impresa all’altra, né dalla contrattazione che un imprenditore intrattenga con il
collaboratore del concorrente. Si deve aver riguardo alla finalità dello storno, come programmato
dall’autore dell’illecito. L’idea è che io voglio privare il concorrente del frutto del suo
investimento in persone che sono state formate con molta probabilità.

Esempi: La concorrenza illecita … non può mai derivare dalla mera constatazione di un passaggio di
collaboratori da un’impresa ad un’altra concorrente, né dalla contrattazione che un imprenditore
intrattenga con il collaboratore del concorrente in quanto il c.d. “storno di dipendenti”, volto ad
assicurare le prestazioni lavorative di uno o più collaboratori di un’impresa concorrente,
rappresenta una normale espressione della libertà di iniziativa economica ex art. 41 Cost. e della
libera circolazione del lavoro ex art. 4 Cost. L’attività di acquisizione di collaboratori e dipendenti
integra concorrenza sleale quando sia stata attuata con la finalità di danneggiare l’altrui azienda …
[Trib. Milano, 23 novembre 2016]
«In relazione allo storno di dipendenti denunciato dal ricorrente, non appare sufficiente ad
integrarlo il passaggio di un solo dipendente all’impresa della resistente, seppur col ruolo
qualificato di responsabile commerciale, in mancanza di elementi oggettivi che evidenzino l’intento
di danneggiare l’organizzazione e la struttura produttiva del concorrente, di regola desumibile
dall’elevato numero di collaboratori qualificati che vengono stornati, su cui è prevalentemente
fondata l’organizzazione aziendale, e l’idoneità di tale atto a determinare una grave disfunzione
nello svolgimento della normale attività della concorrente, per essere tali collaboratori non
facilmente né tempestivamente sostituibili: proprio l’animus nocendi, cioè lo scopo di diminuire
l’efficienza dell’impresa del concorrente, è l’elemento che porta a ravvisare la contrarietà ai principi
della correttezza professionale […]" (Trib. Bologna, 20 dicembre 2016)
La concorrenza illecita per mancanza di conformità ai principi della correttezza non può mai
derivare dalla mera constatazione di un passaggio di collaboratori […] da un’impresa ad un’altra
concorrente, né dalla contrattazione che un imprenditore intrattenga con il collaboratore del
concorrente, attività in quanto tali legittime essendo espressione dei principi della libera
circolazione del lavoro e della libertà di iniziativa economica. Lo storno dei dipendenti deve
ritenersi vietato come atto di concorrenza sleale, ai sensi dell’art. 2598 c.c., n. 3, allorché sia attuato
non solo con la consapevolezza nell’agente dell’idoneità dell’atto a danneggiare l’altrui impresa, ma
altresì con la precisa intenzione di conseguire tale risultato (animus nocendi) [App. Genova, 7
dicembre 2017]

3. Sottrazione di segreti aziendali


Condotta illecita sia che venga realizzata con un vero e proprio spionaggio industriale (rara) o
attraverso un dipendente infedele (“talpa”)
Segreto aziendale? N.B.: Secondo l’opinione dominante, nella nozione rientrano sia i veri e propri
segreti commerciali (ex artt. 98-99 c.p.i.), sia le notizie che l’imprenditore ritenga di non mettere a
conoscenza del pubblico (deve, comunque, trattarsi di notizie di oggettivo rilievo): cfr. Trib.
Bologna, 17 maggio 2017, in relazione all’elenco dei nominativi di clienti e dei relativi indirizzi fisici
e virtuali, privo di ulteriori informazioni qualificanti del singolo cliente

Segreto aziendale o commerciale è uguale. I segreti commerciali sono un diritto commerciale


vengono utilizzati di solito in alternativa ai brevetti. Es. sottrazione formula farmaci, se qualcuno
riesce ad accedere a questa e se ne appropria in modo illecito, per poter invocare questa tutela
basta che dimostri al giudice che avevo delle informazioni (liste dei clienti, formule…) e queste
erano informazioni riservate e protette. Se non si è fatto nulla per evitare la sottrazione non si è in
presenza di segreto aziendale ma se il concorrente ottiene queste informazioni allora si è in
presenza di concorrenza sleale. In molti casi c’è una sovrapposizione tra segreti e brevetti.

Es. vetrerie di murano, si accorgono di un risultato ottimale per una specifica caratteristica del
forno. È sottrazione di segreti commerciali.
Non rientrano nel segreto aziendale le conoscenze che il lavoratore ha maturato presso l’azienda
da cui proviene. Ci sono due piani distinti un conto è il know how dell’impresa e un conto sono
quelle del singolo lavoratore che non sono sottraibili. Non è semplice il punto di confine.

Ad es.: sottrazione di file appartenenti ad un imprenditore (variegati per tipologia, trattandosi di


codici sorgenti, schemi progettuali, documenti commerciali ed e-mail, la maggior parte dei quali
espressamente indicati come confidenziali) ritrovati, a seguito di un’ispezione della polizia postale,
nei computer e server del concorrente sleale [Trib. Milano, 10 maggio 2016].
 Ispezione della guardia di finanza, ispezionando i computer ritrova una serie di file che
appartenevano al concorrente grazie ad un ex dipendente. Si è riconosciuta ipotesi di concorrenza
sleale.
4. Concorso nell’altrui inadempimento di obbligazioni
Comportamento dell’imprenditore che induca il terzo, legato al concorrente da un impegno
contrattuale (ad es., contratto di fornitura esclusiva o contratto di lavoro), a violarlo o cooperi con il
terzo in questa violazione.
 Un fornitore che ha un rapporto di esclusiva con un concorrente a cui fornisce il marmo ad un
produttore. Io produttore concorrente convinco la cava a violare l’esclusiva e vendere il marmo
anche a me. Questo è ritenuta attività di concorrenza sleale.

5. Concorrenza parassitaria
Imitazione sistematica delle iniziative imprenditoriali altrui, sfruttandone creatività e idee, ove
manchi la confondibilità (imitazioni non confusorie); i confini della fattispecie sono stati ristretti nel
tempo (per un’ipotesi v. Trib. Milano, 1° marzo 2017)
Non sono frequenti, viene invocata da chi agisce in giudizio ed è raro che un giudice la riconosca.
L’imitazione sistematica sfrutta la creatività del mio concorrente. NON CONFUSORIE

6. Boicottaggio
Comportamento di chi, attraverso il rifiuto proprio (boicottaggio primario) * o di altri soggetti
(boicottaggio secondario) di stipulare contratti e intrattenere rapporti con un determinato terzo,
impedisce a quest’ultimo l’accesso o la permanenza sul mercato
*impresa che si trovi in posizione dominanteParliamo di abuso di posizione dominante, non è
replicabile senza ingenti costi che blocca il mercato, un mio concorrente es. treni non può svolgere
l’attività, dovrei consentire l’uso delle rotaie. Se rifiuto di dare l’accesso a condizioni corrette sto
facendo concorrenza sleale.

7. Altre condotte illecite

a. Uso abusivo di meta-tag, per veicolare la clientela del concorrente vero il proprio sito il
marchio o ciò che riguarda l’impresa vengono unite ai meta-tag, se mi limito a richiamare
marchi anche non confondibili con il mio e faccio arrivare il cliente al mio sito rispetto a quello
del concorrente. Non è confusorio perché non visibili all’utente e la situazione migliore è
qualificarlo ex numero 3.
b. La concorrenza dell’ex dipendente? L’eventuale illiceità della concorrenza viene ancorata al
compimento di atti qualificabili come oggettivamente sleali, a prescindere dalla qualità di ex
dipendente del soggetto agente, ma maggior rigore nella valutazione: NO fattispecie autonoma
di illecito concorrenziale - Possibile rientro, nella clausola generale, di nuove fattispecie …
Es. Scopo di far credere che gli occhiali fossero italiani con una certificazione con cui si giocava
con l’associazione MAD e non MADE.
Approfondimento: Segreti commerciali

Inquadramento preliminare

Legge antitrust, codice proprietà industriale e Codice civile e seguenti artper concorrenza sleale.

I segni distintivi sono i segni che fanno distinguere gli imprenditori


1. Prodotti della creatività (piano estetico, disegni, modelli industriali, opere d’arte)
2. Prodotti della tecnica (brevetto, diritto d’autore, segreto commerciale)

Perché è utile essere consapevoli dei propri segreti commerciali?


• Possibilità di reagire in caso di loro violazione
• Possibilità di valorizzarli nel proprio bilancio tra le attività
• Possibilità di regime fiscale agevolato per i redditi da essi prodotti
• Possibilità di essere esonerati dal divieto di intese anticoncorrenziali

Fonti normative

• Disciplina della concorrenza sleale: art. 2598, n. 3) c.c.


• Codice della proprietà industriale: artt. 98-99.

Art 2598
Atti confusori, appropriazione del pregio e clausola generale che integra qualunque condotta contraria ai
principi della concorrenza. Ci sono delle fattispecie ricorrenti: storno dipendenti, sottocosto, sottrazione dei
segreti aziendali. Quest’ultimo tipicamente è considerato un atto di concorrenza sleale, si integra in una
fattispecie perché contrario ai principi di correttezza professionale. Il Codice civile non parla esplicitamente
dei segreti commerciali, in via interpretativa si intende un atto contrario il segreto commerciale, non è una
soluzione del tutto appagante perché quando si litiga su un caso concreto è difficile stabilire quando siamo
di fronte ad un segreto commerciale. La lista clienti, dati statistici del mercato è un segreto commerciale?
Non si sa. Sulla fattispecie astratta siamo d’accordo ma non abbiamo una perimetrazione. Chi è che ha
iniziato a dire quando lo siamo? Gli interpreti, la giurisprudenza.

Artt. 98-99
Quando nel 2005 è stata varata la norma per il codice industriale che disciplina tutti i marchi, dop, brevetti,
sono state inserite due norme 98 e 99 dedicate ai segreti commerciali; quindi, in queste due norme viene
inserita la disciplina dei segreti commerciali: Il 98 che definisce un segreto commerciale e il 99 contiene la
disciplina del segreto commerciale.

Oggetto della tutela

Art. 98 C.p.i.: «Costituiscono oggetto di tutela i segreti commerciali. Per segreti commerciali si intendono le
informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali …»
Oggetto sono:
• Informazioni
• Esperienze
 Sono la stessa cosa e si identificano: di carattere tecnico industriale e di carattere commerciale (es. lista
clienti, prezzi praticati)

Es. Vetro di murano, il tizio ha esperienza, è sempre veicolo di info l’esperienza = informazioni. Con questo
il legislatore ha voluto evidenziare che le info volatili, ovvero insite in esperienza che significa che viene
tutelato anche il know how, il saper fare. Il know how è la sottolineatura/sfumatura di qualcuno che sa
come si fa, ha l’esperienza per fare questa cosa. Si tutelano anche le informazioni non documentate e che
appartengono al patrimonio conoscitivo di una o più persone. La tutela avviene a livello oggettivato e
soggettivato.

Si tutela informazioni di carattere tecnico industriale e di carattere commerciale (lista clienti, prezzi
praticati). Con queste categorie voglio tutelare le fasi aziendali. Il legislatore specifica che possono integrare
un segreto aziendale anche informazioni commerciali. Per l’impresa sono importanti entrambi, es. Se ho
inventato l’iPhone è importante anche la dimensione commerciale, come piazzare il prodotto, a quali prezzi
e non sono meno importanti di quelle tecniche/industriale ovvero di come lo faccio.

Presupposti della tutela

Art 98: Le informazioni devono avere tutti questi tre requisiti per essere segreti commerciali:

a. Essere segrete
b. Avere valore economico in quando segrete
c. Essere sottoposte a misure adeguate a mantenerle segrete

A differenza della concorrenza sleale vengono tutelati meglio e definiti meglio nel codice della proprietà
industriale. Ci dicono le informazioni tutte qui altrimenti sarebbe confusionario per la tutela. Quando un
segreto commerciale può essere tutelato secondo la disciplina della concorrenza sleale? Tu imprenditore
puoi essere tutelato con la concorrenza sleale quando ti vengono sottratti i segreti commerciali ovvero le
informazioni con alcuni requisiti che corrispondono più o meno alle lettere a e b.

A) Le informazioni devono essere segrete

A chi? Assume un preciso parametro di riferimento: esperti e operatori del settore, non è la persona
comune, né la persona mediamente dotta. È l’esperto del settore non di un impiegato.

Quando l’informazione è segreta:

1. Quando non è generalmente nota


2. Quando non è facilmente accessibile, elaborazione veloce del dato

Potrebbe essere che l’info non sia generalmente nota ma facilmente accessibile, questo esclude la
segretezza. Es. sono un ingegnere per il settore auto ci potrebbe essere un meccanismo tecnico che non
è noto ma è facilmente accessibile.
Es. Sono esperto diritto commerciale e c’è una questione del diritto d’autore e c’è un problema che se
viene posto a lui trova subito la soluzione. Se lo sanno tutti non è un segreto.
L’informazione è segreta se ha entrambi i requisiti e che significa che non debba esserci un livello di
difficoltà fuori dal comune. Si vuol dire che in una dimensione imprenditoriale vengono considerate
informazioni segrete quando un imprenditore le ha acquisite tramite investimenti di denaro, persone...
Tutti noi possiamo fare un’indagine di mercato che rivela quanto saranno disposti a pagare i
consumatori per un prodotto, qualunque impresa del settore può arrivare a questo dato però se io per
arrivare a quel dato investo il tempo e soldi per la ricerca per raggiungerlo e se il concorrente ruba il
dato allora si pratica la tutela per questi investimenti che le imprese attuano per innovare e avere un
vantaggio competitivo sugli altri. Non è facilmente accessibile quando per raggiungere quella
informazione sia necessario un investimento (tempo, persone, denaro). Stiamo parlando di impresa no
di genio o artisti. Non è necessaria una genialità particolare. Si tutelano gli investimenti in ricerca.
B) Le info devono avere valore economico in quanto segrete

La perdita del segreto deve provocare un pregiudizio economico al suo detentore:

1. Il segreto è fonte di un vantaggio competitivo per il suo detentore: informazione conferisce una
speciale qualità positiva all’impresa cui i concorrenti, poiché info è segreta non possono accedere.
2. Il segreto potrebbe essere fonte di vantaggio competitivo per i concorrenti: info non conferisce
alcuna speciale qualità all’impresa ma se fosse conosciuta da terzi attribuirebbe a questi un
vantaggio competitivo sul detentore del segreto

Questo segreto commerciale è tutelato quando ha valore economico, quando? Se la info segreta mi
attribuisce vantaggio competitivo, ovvero se info mi attribuisce una qualità positiva, e ce l’ho solo io e
gli altri imprenditori no, allora ha un vantaggio competitivo sulle altre imprese.
Oltre a questa c’è una seconda ipotesi al vantaggio competitivo ovvero quella in cui l’info non
conferisce vantaggio competitivo al detentore, ma se quella info venisse sottratta darebbe un vantaggio
competitivo ai suoi concorrenti. Tipicamente con info commerciali, il tema è che se un concorrente
ruba la lista clienti, non viene attribuita al detentore una potenziale qualità positiva, ma al concorrente
accedere a queste forniscono a lui un vantaggio positivo.
Es. Imprenditore che lavora nel settore dell’estrazione del petrolio, e vendo servizi alle compagnie
petrolifere che costruiscono impianti, sa esattamente bene le informazioni con qualità come, ad
esempio, a quali compagnie rivolgersi, a quali prezzi. Sapere quanto puoi piazzare il tuo servizio per
ottenere la commessa è fondamentale per piazzarsi sul mercato (troppo alto o basso rispettivamente si
perde la commessa e si va in perdita). L’imprenditore vecchio dopo anni ha esperienza, se un nuovo
imprenditore vorrà iniziale sbaglierà i preventivi troppo alti o bassi; quindi, ruba i segreti commerciali
all’altro così da evitare gli errori. Acquisire queste informazioni non danno un vantaggio competitivo
sugli altri al primo imprenditore ma se venissero rubati lo darebbero all’altro imprenditore nuovo.

C) Le informazioni devono essere mantenute segrete: è necessario che si tuteli questa informazione

Tipologia delle misure di protezione:

1. Selezione dei soggetti autorizzati (condividere solo se indispensabile).


2. Misure nei confronti dei soggetti non autorizzati (misure di carattere fisico (una stanza),
informatico o di vigilanza (password)).
3. Misure nei confronti dei soggetti autorizzati (accordi di riservatezza limiti alla condivisione e alla
consegna dei segreti

Per proteggere il segreto (informazione conosciuta da uno o pochissimi e ignota agli altri), bisogna
avere delle accortezze, si selezionano rigorosamente questi soggetti che la conoscono, ci sono dei
soggetti che devono per forza sapere questi segreti per poter fare il lavoro. Si adottano delle misure di
protezione per chi non è e per chi è autorizzato. Nella prassi molto spesso sono chi è autorizzato a
divulgare i segreti commerciali che magari si licenzia e va dal concorrente a venderli. Si risolve con gli
accordi di riservatezza.

Concreta attuazione delle misure:

1. Le misure devono essere adeguate: i mezzi scelti devono essere idonei a resistere a tentativi di
furto
2. Le misure devono essere applicate: necessaria intransigenza verso ogni violazione delle misure di
protezione
Sono state considerate misure di protezione adeguate:

1. Informazioni protette da pass e credenziali personali, es. documento word con password
2. Informazioni salvate sul server accessibili solo con autorizzazione
3. Uso di pass e diversi livelli di accessibilità, es. discriminazione a livello di impresa tra imprenditore

Non sono considerate misure adeguate

1. Info contenuto in pc personale del dipendente con sua pass di accesso anziché nel sistema
informativo aziendale, si risolve con gli accordi di riservatezza
2. Credenziali e pass per accedere al pc aziendale senza misure contro estrazioni e copie non
autorizzate.

Disciplina della tutela

Art 99: Diritto esclusivo di sfruttamento del segreto commerciale:

1. Durata indeterminata: non vuol dire illimitata, il diritto sul segreto commerciale permane fintanto
che ci sono quei requisiti e tanto che io continuo ad avere l’info segreta, valore economico e
continuo a proteggerla. Non è più un segreto, quando questa info esce, oppure quando perde
valore economico, oppure non la proteggo più. Il mio diritto può durare 1 anno come 100 anni es.
formula della coca cola e continuano a mantenerla segreto commerciale.
2. Facoltà: vietare acquisizione, rivelazione e utilizzazione abusive. Se ho un segreto commerciale
tutelato posso vietare queste cose. Quando sono abusive?

Acquisizione è abusiva:

- Quando non è conseguita in modo indipendente ovvero è eseguita in modo dipendente è


importante a differenza dei brevetti. Nessuno può replicare questa invenzione senza la mia
autorizzazione. Es. Se scopro che uno sconosciuto scopre la mia stessa invenzione io posso
contrastarlo visto che ho fatto prima perché il brevetto costituisce un monopolio che è diritto
esclusivo del titolare del brevetto.
I segreti non funzionano così. Es. se tutelo come segreto commerciale e un altro ragazzo realizza la
stessa scoperta e inizia a commercializzarla non c’è una violazione del mio segreto. Il titolare del
segreto non ha un diritto sull’informazione in sé, non ha un monopolio sullo sfruttamento delle info
segrete ma ha semplicemente diritto che non venga violata la sfera di riservatezza ovvero la misura
di protezione per quel segreto e in questo caso si ha diritto ad essere tutelati. Se si arriva in maniera
indipendente allora non posso avere tutela e non c’è violazione di segreti.
- Quando non è conseguita a seguito di ingegneria inversa: se faccio ingegneria inversa e compilo
come funziona il telefono della Samsung non sto violando segreti, facendo tutta attività di ricerca e
investimento.
- Quando non vi è consenso del titolare: se prendo il segreto da lui senza avere il consenso sto
rubando segreti commerciali.

La rivelazione e l’utilizzazione sono abusive:

- Quando il segreto è stato acquisito in modo abusivo: a monte è abusivo e a valle qualunque
utilizzazione è a sua volta abusiva, si ruba ad un altro il segreto commerciale oppure
- Quando si violano gli obblighi imposti su un segreto acquisito legittimamente (accordo riservat). Es.
l’indipendente infedele ha acquisito l’info in maniera legittima per farmi lavorare ma succede che si
firma un accordo di riservatezza e non si deve darla in giro e nemmeno utilizzarla per sé stesso.
L’estensione della tutela nei confronti dei terzi
• Art. 99, 1-bis. L'acquisizione, l'utilizzazione o la rivelazione dei segreticommerciali di cui all'articolo 98 si
considerano illecite anche quando il soggetto, al momento dell'acquisizione, dell'utilizzazione o della
rivelazione, era a conoscenza o, secondo le circostanze, avrebbe dovuto essere a conoscenza del fatto che i
segreti commerciali erano stati ottenuti direttamente o indirettamente da un terzo che li utilizzava o
rivelava illecitamente ai sensi del comma 1.
• Art. 99, 1-ter. La produzione, l'offerta, la commercializzazione di merci costituenti violazione, oppure
l'importazione, l'esportazione o lo stoccaggio delle medesime merci costituiscono un utilizzo illecito dei
segreti commerciali di cui all'articolo 98, quando il soggetto che svolgeva tali condotte era a conoscenza o,
secondo le circostanze, avrebbe dovuto essere a conoscenza del fatto che i segreticommerciali erano stati
utilizzati illecitamente ai sensi del comma 1. Per merci costituenti violazione si intendono le merci delle
quali la progettazione, le caratteristiche, la funzione, la produzione o la commercializzazione beneficiano in
maniera significativa dei suddetti segreti commerciali acquisiti, utilizzati o rivelati illecitamente.

Viola un segreto commerciale non solo una persona che ruba i segreti commerciali degli altri ma anche il
terzo che commette l’illecito a cui il segreto commerciale viene rivelato, laddove sapesse o dovesse sapere
che gli stava venendo rivelato un segreto commerciale altrui. Es. dipendente coca cola e conosco la formula
e sfrutto questo per replicare a casa mia la bevanda e la vendo in strada. Il primo cliente identifica la
somiglianza a coca cola e so che lavori alla coca cola. Se questo terzo la utilizza, la rivende o utilizza si sta
ritenendo corresponsabile per la sottomissione dei segreti aziendali.

Sanzioni in concorrenza sleale (pag 559-565 sanzioni nel caso di contraffazione di titoli di proprietà
industriale).

Giurisdizione

Le azioni di concorrenza sleale sono giudicate dalle Sezioni Specializzate in materia di impresa*, con
esclusione delle fattispecie che non interferiscono, neppure indirettamente, con l’esercizio dei diritti di
proprietà industriale, le quali sono di competenza del Giudice ordinario. * Istituite dall’art. 2 d.l. n. 1/2012

A chi spetta/qual è l’organo dedito a condannare il soggetto che crea concorrenza sleale, nelle
controversie concorrenza sleale ma anche contraffazione di marchi, sono delle sezioni specializzate del
tribunale che devono avere delle determinate caratteristiche perché sono fattispecie che interferiscono con
diritti di proprietà industriale. Le sezioni speciali sono minori dei tribunali che coincidono con il capoluogo di
regione e trattano le controversie delle società e anche quelle di proprietà industriale.
Per tutto il resto che non riguardano violazione proprietà industriale ci si affida al tribunale civile ma non
sezione speciale. Es. la denigrazione (tranne se si tratta di diritti di proprietà industriale) sono di
competenza del tribunale. Es. pubblicità che denigra la crema di un concorrente non interferisce nei diritti
di proprietà industriale altrui e quindi sono di competenza del tribunale. C’è un tribunale per ogni
capoluogo di provincia e la scelta dipende da alcuni criteri come quello generale del domicilio del
convenuto ad esempio.

«In tema di competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, ai sensi dell’art. 3 del d.lgs. 27
giugno 2003, n, 168, nel testo vigente alla luce delle modifiche apportate dall’art. 2 del Decreto-legge 24
gennaio 2012, n. 1, conv. nella legge 24 marzo 2012, n. 27, va affermata la competenza della sezione
ordinaria del Tribunale, e va esclusa quella delle sezioni specializzate in materia di impresa nel caso di
proposizione di una domanda di accertamento di una ipotesi di concorrenza sleale (nella specie, sotto
forma di «storno di dirigenti») nella quale l’ipotizzata lesione degli interessi della danneggiata riguardi le
informazioni aziendali e i processi e le esperienze tecnico-industriali e commerciali (cd. Know-how
aziendale in senso ampio), ossia la fattispecie lesiva sia commessa senza la ipotizzata sussistenza, in tutto o
in parte, di privative o di altri diritti di proprietà intellettuale, direttamente o indirettamente risultanti quali
elementi costitutivi o relativi all’accertamento dell’illecito concorrenziale» (Cass. 9 maggio 2017, n. 11309)
Sentenza dove è competente il giudice ordinario nell’ipotesi di storno, visto che non siamo di fronte a
segreti commerciali (sezione specializzata per diritti di proprietà industriale) qui si parla del know how che
risulta inserito all’interno dei segreti commerciale. Ma questa sentenza è precedente all’introduzione di
questa disciplina dei segreti commerciali.

Norma concorrenza sleale (Codice civile) + norma 124,125,126 cpi corrispondente che prevede sanzioni
analoghe quando viene violato un diritto di proprietà industriale.

Sanzioni (artt. 2599-2600 c.c.)

Ai sensi della disciplina della concorrenza sleale, il giudice che accerti atti di concorrenza sleale, ci sono 4
sanzioni:
- inibisce la continuazione dell’illecito (inibitoria)
- dà gli opportuni provvedimenti affinché ne vengano eliminati gli effetti
- condanna al risarcimento del danno
- ordina la pubblicazione della sentenza

Frequente ricorso alle misure cautelari (provvedimenti d’urgenza ex art. 700 c.p.c.)

a) L’inibitoria (divieto imposto dal giudice di continuare l’attività o ripetere l’atto dichiarato illecito) è
subordinata al fatto che l’illecito sia tuttora in corso o che sia suscettibile di essere ripreso o
ripetuto in futuro. È quella più importante e richiesta d’urgenza, una misura immediata.
Es. diffida e dissuado una campagna pubblicitaria ad un concorrente che viene pubblicizzata per ¾
giorni, il giudice non concede l’inibitoria, ma solo di risarcimento del danno.
b) L’eliminazione degli effetti è diretta a ricostituire la situazione di fatto anteriore all’illecito
nell’interesse del soggetto leso e varia, quanto al suo contenuto, a seconda del genere di illecito
perpetrato dal concorrente (ad es., ordine di distruzione o di ritiro dal commercio dei prodotti
costituenti imitazione servile o di cataloghi che li riproducevano, oppure la pubblicazione di
messaggi correttivi (da concorrente denigrato), eliminazione di etichette o di cartelloni pubblicitari
(modifiche delle parti), ordine di apportare modifiche ai prodotti o agli strumenti pubblicitari già
diffusi). cfr. art. 124 c.p.i. per la violazione di un diritto di proprietà industriale. Dipende dalla
condotta della concorrenza sleale in concreto perpetrata.

L’inibitoria e l’emanazione degli opportuni provvedimenti per eliminare gli effetti degli atti di concorrenza
sleale presuppongono solo l’accertamento della sussistenza degli atti stessi (io giudice accerto anche in via
sommaria che c’è un atto di concorrenza sleale e che questo comportamento non è esaurito o può essere
ripreso), senza che rilevino né lo stato soggettivo (dolo o colpa) dell’autore, né l’esistenza di un danno
effettivo. Misura facile da chiedere perché devono solo provare comportamento sleale.

c) La condanna al risarcimento del danno può essere pronunciata solo in presenza dei presupposti di
cui all’art. 2043 c.c.
- Elemento soggettivo (dolo o colpa dell’autore dell’atto) la colpa si presume (v. art. 2600, 3, c.c.).
- Danno effettivo (danno emergente, lucro cessante)
- Nesso causale
È evidente che se agite in giudizio chiedendo il risarcimento del danno alla persona che vi ha investito e
ha distrutto la bici, bisogna dimostrare che la persona ha investito che la bici è distrutta e quindi avete
avuto un danno e che c’è un nesso tra incidente e bici distrutta. In più bisogna provare lo stato soggettivo, il
dolo o la colpa, il soggetto che non ha rispettato i limiti o che non si è fermata di fronte ad un
attraversamento pedonale. Il risarcimento del danno si chiede rispetto alla quale il giudice decide e
quantifica il danno. Si prova ovviamente l’atto di concorrenza sleale e il danno effettivo ovvero: il danno
emergente es. imprenditore che è stato denigrato attraverso una pubblicità denigratoria e che deve
sostenere una serie di investimenti pubblicitari per rientrare nel mercato, posizionamento nel mercato o
ripristinare l’immagine lesa. Si chiede anche il lucro cessante ovvero la mancanza di utile derivato a causa
della condotta di concorrenza sleale es. il concorrente adotta un marchio simile con l’effetto di rubare la
cliente ottenendo una riduzione di utile. Non è facile dare la prova ma si può far vedere al giudice i ricavi
precedenti alla concorrenza sleale e successivi e fare un confronto con i suoi ricavi.
La colpa si presume ovvero significa che non va provata da chi agisce in giudizio ovvero l’onere della prova è
ribaltato. Non spetta a chi agisce in giudizio di provare la colpa, spetta a lui di non essere colpevole e risulta
molto difficile. Aiuta chi agisce in giudizio contro i contraffattori. L’elemento soggettivo viene presunto.

Difficoltà di liquidazione del danno, in particolare quanto al lucro cessante: possibile criterio maggior
guadagno conseguito dal concorrente. Non è così facile per il giudice quantificare/liquidare il danno. Un
metodo potrebbe essere mostrare il maggior guadagno del concorrente facendo esibire le scritture
contabili. Art 125 cpi per violazione di un diritto di proprietà industriale.

Risarcimento del danno e restituzione dei profitti dell'autore della violazione (art. 125 c.p.i.):
1. Il risarcimento dovuto al danneggiato è liquidato secondo le disposizioni degli articoli 1223, 1226 e 1227
del Codice civile, tenuto conto di tutti gli aspetti pertinenti, quali le conseguenze economiche negative,
compreso il mancato guadagno, del titolare del diritto leso, i benefici realizzati dall'autore della violazione
e, nei casi appropriati, elementi diversi da quelli economici, come il danno morale arrecato al titolare del
diritto dalla violazione.
2. La sentenza che provvede sul risarcimento dei danni può farne la liquidazione in una somma globale
stabilita in base agli atti della causa e alle presunzioni che ne derivano. In questo caso il lucro cessante è
comunque determinato in un importo non inferiore a quello dei canoni che l'autore della violazione
avrebbe dovuto pagare, qualora avesse ottenuto una licenza dal titolare del diritto leso.
3. In ogni caso il titolare del diritto leso può chiedere la restituzione degli utili realizzati dall'autore della
violazione, in alternativa al risarcimento del lucro cessante o nella misura in cui essi eccedono tale
risarcimento.

Valutazione equitativa Guida il giudice nella determinazione del danno, questa norma è utile per questo
dando una valutazione equitativa, anche se l’ammontare non è stato valutato. Si ritiene che nonostante
questi parametri utilizzanti per il risarcimento, si dice che valga e possa anche valere anche nelle cause di
risarcimento del danno per concorrenza sleale, visto che troviamo nell’art 125 al comma 3 che è di natura
sanzionatoria. La sanzione non è tecnicamente una misura risarcitoria del danno è più che altro una
sanzione che ha carattere sanzionatorio perché lo scopo è evitare che il concorrente sleale tragga profitto
dalla sua condotta. Es. Ho perso x di utili rispetto lo scorso anno, quello che ha guadagnato il mio
concorrente è maggiore, è stato bravo a sfruttare un comportamento illecito e non è giusto. Questa
sanzione aiuta ad evitare di trarne beneficio.
d) L’ordine di pubblicazione della sentenza non presuppone né la condanna al risarcimento del danno,
né il pericolo di ripetizione dell’illecito; presuppone, invece, il dolo o la colpa dell’autore dell’atto di
concorrenza sleale (v. art. 2600, comma 2, c.c.) pubblicità commerciale a spese del concorrente (di
cui il Giudice detta le modalità). Sanzione diretta a portare a conoscenza del pubblico la
reintegrazione del diritto offeso Art 126 cpi corrispondente.

1. L'autorità giudiziaria può ordinare che l'ordinanza cautelare o la sentenza che accerta la violazione dei
diritti di proprietà industriale sia pubblicata integralmente o in sunto o nella sola parte dispositiva, tenuto
conto della gravità dei fatti, in uno o più giornali da essa indicati, a spese del soccombente. In ogni caso,
sono adottate le misure idonee a garantire la tutela della riservatezza dei segreti commerciali di cui
all'articolo 98.
1-bis. Nei procedimenti relativi all'acquisizione, all'utilizzazione o alla rivelazione illecite dei segreti
commerciali di cui all'articolo 98, il giudice, nel decidere se adottare una delle misure di cui al comma 1 e
nel valutarne la proporzionalità, considera le circostanze del caso concreto e, in particolare:
a) il valore dei segreti commerciali;
b) la condotta dell'autore della violazione nell'acquisire, utilizzare o rivelare i segreti commerciali;
c) l'impatto dell'utilizzazione o della rivelazione illecite dei segreti commerciali;
d) il pericolo di ulteriore utilizzazione o rivelazione illecite dei segreti commerciali da parte dell'autore della
violazione.
1-ter. Ai fini di cui al comma 1-bis, il giudice considera altresì se le informazioni sull'autore della violazione
siano tali da consentire l'identificazione di una persona fisica e, in tal caso, se la pubblicazione di tali
informazioni sia giustificata anche in considerazione degli eventuali danni che la misura può provocare alla
vita privata e alla reputazione del medesimo autore.

 Si chiede spesso la pubblicazione della sentenza. PQR dove viene esposta la sentenza. Sanzione diretta a
portare a conoscenza del pubblico la reintegrazione del diritto offeso. Forma di pubblicità commerciale a
spese del concorrente sleale, in un quotidiano.

N.B.: Possibilità di cumulo tra le forme di protezione previste dalla disciplina in materia di concorrenza
sleale, da un lato, e dalla disciplina del c.p.i., dall’altro.
N.B.: Quando gli atti di concorrenza sleale pregiudicano gli interessi di una categoria professionale, l’azione
per la repressione della concorrenza sleale può essere promossa anche dalle associazioni professionali e
dagli enti che rappresentano la categoria (ad es., camere di commercio, consorzi di tutela che
sovraintendono all’utilizzazione di marchi di qualità, associazioni di categoria) art. 2601 c.c. … oggi anche
alle associazioni dei consumatori è riconosciuto il diritto di agire a tutela degli interessi collettivi dei
consumatori e degli utenti.

L’elemento soggettivo serve per la pubblicazione della sentenza. Quello che non serve provare e non
serve che ci sia per la pubblicazione della sentenza è il danno. Possibilità di cumulo, ovvero quando la
fattispecie del 2598 e disciplina proprietà industriale. Art 2601: Il comportamento sleale riguarda un’intera
categoria e non solo un imprenditore. Associazioni degli industriali come: camere di commercio, i consorzi
di tutela che sono soggetti costituiti obbligatoriamente quando tutelano prodotti di qualità IGP/DOP
(parmigiano reggiano, mozzarella di bufala). Negli ultimi anni c’è stata un’apertura e riconoscimento alla
legittimazione ad agire anche all’associazione dei consumatori es. pubblicità comparativa ovvero
legittimazione significa individuare la persona che può agire in giudizio per far valere il diritto violato. Es.
bioplastiche dei materiali biodegradabili, ha fatto causa ad una società che certificava e rilasciava test di
biodegradabilità non corrispondenti ai criteri previsti dalla legge e in questo caso la causa per concorrenza
sleale per appropriazione di pregi e per denigrazione l’ha fatta l’associazione dei consumatori (di categoria).
I segni distintivi, il marchio – lezione 7,8, 9,10

I segni distintivi dell’imprenditore

Strumenti fondamentale di una economia liberista, di mercato:

- Ditta
- Insegna
- Marchio

Presupposto della possibilità che la concorrenza tra imprenditori si svolga fruttuosamente è il fatto che il
consumatore possa attribuire i meriti e i demeriti dei prodotti o servizi che gli sono offerti all’imprenditore
dal quale questi realmente provengono.
Il marchio risulta il migliore tra gli strumenti. È necessario che ci siano segni o elementi che mi fanno
capire, che se io acquisto un certo prodotto noto mi consente di capire la provenienza dall’imprenditore (no
persona fisica) / impresa, organizzazione imprenditoriale. Servono tutti i segni distintivi ed in particolare
serve il marchio.

Il marchio: Segno distintivo del prodotto o del servizio


Il marchio consente al pubblico dei consumatori di identificare e distinguere i prodotti o servizi di un
imprenditore da quelli (identici o simili) di un altro imprenditore, collegandoli a caratteristiche che sono
loro proprie.
Es. merendine mulino bianco che mi consentono di capire che provengono da quella organizzazione.

Dopo vari interventi legislativi, oggi il marchio (nazionale) è essenzialmente disciplinato dal CODICE DELLA
PROPRIETÀ INDUSTRIALE (d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30), così come modificato, tra l’altro, dal d.lgs.
20.2.2019, n. 15.

La fonte primaria per quello che interessa agli imprenditori è il codice di proprietà industriale. L’atto è un
decreto legislativo modificato recentemente nel 2019. Prima c’era la legge Marchi, viene superata dal
codice (cpi).

Qual è la funzione?

FUNZIONE DISTINTIVA: è la funzione essenziale, originale, giuridicamente tutelata tutela di massima contro
la confondibilità in capo al consumatore (salvo quanto si dirà tra breve per l’ipotesi dei marchi che godono
di rinomanza)  Ci sono una serie di principi che presuppongono questo aspetto. Quello che si vuole
tutelare è l’esigenza di non far confondere i consumatori.
Es. Il diritto sul proprio marchio è un diritto di esclusiva, se registro un segno come marchio ho per un certo
periodo di tempo il diritto di utilizzarlo a titolo esclusivo impedendo agli altri di farne uso senza il mio
consenso almeno per certi tipi di prodotti. Perché se anche altre persone utilizzerebbero il marchio i
consumatori si confonderebbero, ma su che cosa? Qual è il messaggio distintivo che il marchio comunica?

La funzione distintiva del marchio si specifica in:


1) Funzione di (indicazione di) provenienza o di origine
2) Funzione (anche) di garanzia di identità nel tempo, di costanza e omogeneità qualitativa, tecnica, o
merceologica
cui si aggiunge 3) il/la valore/funzione di attrazione che alcuni marchi possiedono in sé (cfr. marchi che
godono di rinomanza, notorietà): c.d. Advertising function
 Il primo messaggio è l’indicazione di provenienza da un certo produttore, da quale organizzazione
imprenditoriale. Es. tutti i prodotti marchio Ferrero sono prodotti e contraddistinguono diversi prodotti
dell’organizzazione imprenditoriale. Inoltre, offre indicazione sulla qualità non in termini assoluti ma di
identità nel tempo, di costanza… Es. il marchio mulino bianco non mi identifica la qualità ma mi dà info sul
fatto che questi prodotti di quel marchio hanno alcune caratteristiche che apprezzo. Es. Audi o BMW oltre
indicazioni di provenienza mi danno indicazione con determinate caratteristiche per la macchina.
Negli anni il marchio ha assunto un'altra funzione e cioè quella di Advertising function. Il riconoscimento
che il marchio ha funzione pubblicitaria di sales promotion, l’idea è che i marchi hanno acquisito un valore
intrinseco di sé per sé a prescindere dalla classe merceologica di cui fanno riferimento. È importante perché
soprattutto con i marchi alla moda se io cedo un’azienda a società straniere es. Versace, l’asset rilevante e
che determina il prezzo non sono gli stabilimenti produttivi ma il marchio. Grazie alla pubblicità,
investimenti e sponsorizzazioni alcuni marchi hanno acquisito valore di per sé e sempre di più deve essere
tutelato a prescindere dal fatto che i consumatori si confondano se qualcuno utilizza quel marchio in modo
indebito. Es. approfittamento.

IMPORTANTE:

- Principio di territorialità e principio di specialità/relatività della tutela


- Diritto sul marchio come diritto di esclusiva
- La funzione di indicazione d’origine non trova più, oggi, integrale e granitico riscontro … tuttavia, è
ancora possibile parlare di funzione distintiva del marchio?

Sempre di più c’è una tutela contro la confondibilità, il marchio è tutelato contro la confusione ma a questa
se ne associata un’altra contro ogni comportamento parassitario sull’uso indebito di un marchio altrui.
 Questa è un’eccezione/estensione al principio di specialità. Resta l’ipotesi contro la confondibilità ma a
questa forma di tutela se n’è associata un'altra ed è la tutela contro ogni comportamento parassitario per
utilizzo indebito di marchio noto. Anche in questo caso il titolare del marchio può agire contro l’uso
indebito del marchio anche se non c’entrano con i prodotti simili. Es. piccolo produttore italiano che
produce coca cola per strumenti di cartoleria anche se non c’è rischio di confusione coca cola potrebbe fare
causa perché sta utilizzando indebitamente il marchio traendone vantaggio ingiustamente dalla notorietà,
quindi, diminuisco il carattere distintivo della coca cola che ha segno unico con carattere distintivo. Anche
questa funzione distintiva non è più immediata es. è possibile cedere il marchio ed è possibile farlo non
sono con l’azienda (complesso di beni acquistati, materiale, stabilimenti, conoscenze, personale) ma è
possibile farlo anche senza l’azienda e in questo caso cambia completamente e ci si trova il marchio LV ad
esempio non più proprietario di quella impresa francese. Questo incrina l’idea di provenienza del marchio
che cambia. Il legislatore ha previsto norme contro l’inganno del pubblico, si è ridotto questa funzione
distintiva e si è ampliata.

1. Principio di specialità … ma estensione della tutela contro ogni forma di parassitismo realizzata
attraverso l’uso del marchio altrui (v. reputed trademarks)
In alcuni casi i marchi sono protetti in sé e per sé per il loro valore intrinseco a prescindere dal
problema di confondibilità.

Il principio di specialità è superato quando ho a che fare con marchi noti e celebri, di rinomanza. Quando
mi trovo in questa situazione supero questo. Ho diritto di esclusiva ma non assoluto, posso escludere gli
altri nell’utilizzo dello stesso segno o segno simile per questi prodotti per cui ho registrato il segno o per
prodotti simili. C’è una coesistenza di marchi simili ma contraddistinguono prodotti diversi. Es. la domanda
che si compila per registrare il marchio, si deve rappresentare il segno come marchio e si indica per quali
classi di prodotto. Questi sono classificati secondo la classificazione di Nizza suddividendo tutti questi
prodotti. L’idea dell’estensione della tutela contro forme parassitarie è un’eccezione e si va oltre il principio
di specialità, la tutela classica si basa sulla specialità ovvero contro la confondibilità.

2. Principio di territorialità.
Un marchio offre un diritto di esclusiva che è limitato ad un certo Stato o regione/zona (ad es.
l’Unione europea.
- Marchio nazionale;
- Marchio dell’Unione europea: ha carattere unitario e produce gli stessi effetti in tutto il territorio
dell’Unione Europea diritto di esclusiva sostanzialmente equivalente a quello offerto dalla
registrazione di un marchio nazionale (ad es. italiano), ancorché in un territorio più esteso
Regolamento (UE) 2017/1001;
Domanda depositata esclusivamente presso l’EUIPO (European Union Intellectual Property
Office) (https://euipo.europa.eu/).
- Marchio “internazionale” (presso l’OMPI/WIPO) “Fascio” di marchi nazionali, ottenuto mediante un
unico procedimento di registrazione in sede internazionale. Presuppone un precedente deposito di
domanda di marchio nazionale o della UE.

Attenzione sul marchio registrato/brevetti/ disegni modelli/modelli utilità possono essere registrati a
livello nazionale UIBM, ufficio competente italiano dei diritti proprietà industriale di ufficio italiano brevetti
e marchi. Il territorio può essere quello di uno stato o una regione.
In riferimento è all’UE, è più semplice ottenere un marchio con la stessa tutela, i costi sono più bassi ed è
più veloce. Se si vuole registrare un marchio con uguale validità, e se ci sono delle controversie sono
assegnate alla competenza delle corti e la decisione in Italia vale anche negli altri paesi. Uniformità delle
decisioni anche per classi di prodotti. Il marchio EU è un’alternativa al marchio nazionale.
Registrare marchio USA la procedura è federale e consente di ottenere tutela. La domanda si suddivide in
diverse procedure al WIPO- world intellectual property organization e trasmessa ai vari paesi. Il marchio
internazionale si ottiene n marchi ognuno disciplinato dal diritto nazionale a seconda dei paesi da cui volete
essere tutelati (fasci marchi internazionali). Non sono comunitari come EU es. la parola acqua per una linea
di acqua naturale non si può utilizzare, il marchio deve essere valido per tutti i paesi. Ci si concentra sul
marchio nazionale che è molto simile e vale anche per quella europea.

EUIPO- ufficio unione europea per proprietà intellettuale (UAMI)sito info per registrazione marchi
dell’unione europea
Il marchio registrato (artt. 7 ss. d.lgs. n. 30/2005)

Diritti titolati vs diritti non titolati (artt. 1 e 2 c.p.i.): Il marchio registrato è un diritto titolato

È utile registrare per i costi e per la tutela esclusiva sul segno per un periodo di tempo che è più ampia
rispetto alla tutela del segno, che risulta invece limitata e garantita dalla disciplina della concorrenza sleale.
Concreta potenzialità confusioria, tutti devono essere imprenditori e ci sono delle caratteristiche necessarie
per poter avere tutela. L’ambito di applicazione della disciplina è più ampio nella registrazione di marchi.

Cosa può essere registrato come marchio? (art. 7 c.p.i.) “Possono costituire oggetto di registrazione come
marchio d'impresa tutti i segni, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le
cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche,
purché siano atti:
a) a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese; e
b) ad essere rappresentati nel registro in modo tale da consentire alle autorità competenti ed al pubblico di
determinare con chiarezza e precisione l’oggetto della protezione conferita al titolare”

Il discorso è una sorta di prius cioè nonostante la valutazione per ogni tipo di segno, ci sono alcuni che
sono più difficilmente percepiti come segni che hanno un messaggio qualitativo sul prodotto. Normalmente
il consumatore è abituato a pensare che se trova un segno, una combinazione di lettere, immagini lo vede
come marchio. Ma non è sempre così. Anche sulla forma c’è una difficoltà a registrarlo come marchio, non
deve essere capricciosa. La forma deve essere una particolare e non base. Es. registrare la borsa come
marchio può ritenersi una operazione non valida se non è una forma particolare. Importante è che il
marchio deve essere ritenuto estraneo rispetto al prodotto/percepibile al consumatore come a sé stante.
EUIPO ha pubblicato dei rapporti che si pongono il problema se il segno o slogan non avesse abbastanza
capacità distintiva. In più i marchi devono essere rappresentati nel registro, non ci deve essere dubbio sul
segno e distinguere i prodotti da quelli dei concorrenti. Negli anni c’è stata una costante ricerca di nuovi
segni e soluzioni e si è chiesto se odori, profumi e sapori fossero marchi registrati. Questo ha posto dei
problemi che sono legati alla lettera b, perché una delle precondizioni è che i segni siano rappresentanti nei
registri non ci deve essere dubbio sul segno e si deve distinguere i prodotti da quelli dei concorrenti. Il
grado di precisione deve essere alto e non deve essere soggetta ad interpretazioni. Es. il gusto è
estremamente qualcosa di soggettivo. Ora tutto questo è formalizzato. Le norme del codice di proprietà
industriale anche se con formulazioni diverse valgono gli stessi principi

Definizione di marchi si trovano le categorie a seconda del


segno registrato non cambia nulla sulla tutela ma cambia a
seconda della domanda effettuata.

Marchi denominativi: Adidas, Levi’s. Parole di fantasia e anche che non centrano niente con il prodotto. Il
font deve essere classico.
Marchi figurativi: McDonald, Audi.
Marchi misti: Polo, lego
Devono essere rappresentati graficamente e rappresentano dei problemi, es. colore si doveva
descriverlo. Graficamente non era semplice, questo qualche complicazione la creava, oggi invece la
tecnologia aiuta a definire queste cose.

- Slogan (Just do it)


- Marchi sonori* o rumori (v. il ruggito del leone della Metro Goldwyn Mayer, 20th Century Fox)
- Marchi di colore (Kraft Foods, Milka)
si parla di tonalità, si tutela il colore di sé per sé. Nel caso della combinazione di colori si indicano
due colori e la percentuale in rapporto tra uno e l’altro. Es. blu scuro: nero + blu
- Marchi con segni traccianti

(Altri) marchi “non convenzionali” ma cominciano ad essere sempre più utilizzati.

- Marchi di posizione*registro un segno in un certo punto di un


prodotto, non è solo una parte colorata di giallo o rosso o le righe. Ma il
segno in una certa posizione del prodotto. Es. Louboutin
- Marchi a motivi ripetuti/forma (marchi di pattern). Es. Burberry
- Marchi di movimento, sequenze di immagini in movimento es. Nokia
- Marchi multimediali (Universitat Oberta Catalunya) composizione
immagini e suoni.
- Marchi olografici.

Secondo quanto affermato dalla CGCE “può costituire un marchio d’impresa un segno che di per sé non è
suscettibile di essere percepito visivamente, a condizione che esso possa essere oggetto di una
rappresentazione grafica - in particolare mediante figure, linee o caratteri - che sia chiara, precisa, di per sé
completa, facilmente accessibile, intellegibile, durevole ed oggettiva” (caso Sieckmann, 12-12-2002, n.
273/00).

Sieckmann voleva registrare un marchio per una serie di prodotti: per servizi compresi nelle classi 40,
41,42: pubblicità, affari commerciali, divertimento, attività sportive culturali, ristorazione… la domanda è
stata rigettata e chiedendo un rinvio pregiudiziale richiedendo la reinterpretazione della norma sulla parte
grafica. La giurisprudenza, quindi, interpreta come un marchio deve essere rappresentabile
graficamentechiara…

- Marchi olfattivi, gustativi (?) [I requisiti di rappresentazione del marchio sono o meno soddisfatti
attraverso una formula chimica? Mediante una descrizione formulata per iscritto? Mediante il
deposito di un campione di un odore?]  Si richiede la composizione chimica e un campione
effettivo. Tutte le forme potenzialmente utilizzabili sono un problema, non sono leggibili
soprattutto in EU, chi ci ha provato normalmente vengono rifiutati anche se c’è la possibilità.
- Marchi tattili

Es.: Goods: wines Description of Mark: The mark consists of a leather texture wrapping around the
middle surface of a bottle of wine. The mark is a sensory, touch mark Registrant: The David Family Group
LLC. ACIDO CINNAMICO

Oggi il segno può essere rappresentato in qualsiasi forma idonea utilizzando la tecnologia generalmente
disponibile, e quindi non necessariamente mediante strumenti grafici, purché la rappresentazione sia
chiara, precisa, autonoma, facilmente accessibile, intellegibile, durevole e obiettiva (es. MP3, MP4, JPEG)
Tra i segni suscettibili di formare oggetto di valido marchio il
legislatore inserisce: “la forma del prodotto o della confezione di
esso” Marchi di forma o tridimensionali

Marchi di forma

Necessaria compatibilità con:


- il principio dell’estraneità del marchio al prodotto (marchio come entità percettibile, separabile dal
prodotto senza che la natura di questo ne venga alterata)
- la disciplina delle innovazioni tecniche …
N.B.: Problema della capacità distintiva della forma

È una richiesta frequente registrare il marchio di forma. Non è sempre facile e la giurisprudenza dell’EU e
WIPO adottano un comportamento restrittivo. La forma per poter essere registrata come marchio deve
differenziarsi dalla norma ovvero dalla forma tipica e normale del prodotto. Solo in caso di forme
particolare si riconosce capacità distintiva alla forma proprio per la difficoltà di percepire la forma come
elemento particolare. Es. Bottiglia coca cola subito riconoscibile, anche se non si distingue così tanto ma
ormai era già vista come riconoscibile. La decisione è una valutazione che fa una persona e se non sono
soddisfatta posso impugnare e chiedere di rivedere la decisione da una commissione.

Marchi di forma e altri segni non registrabili (art. 9 c.p.i.)


Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio i segni costituiti esclusivamente:
Ricordarsi in merito alla forma di imitazione servile per b,c.

a. Dalla forma, o altra caratteristica, imposta dalla natura stessa del prodotto (riferimento al tipo di
prodotto: forma base es. ombrello, pallone, scarpa);
Si vuole evitare la monopolizzazione perpetua di una certa forma standard del prodotto e che
tutti dovrebbero poter utilizzare. Il marchio ha una durata di 10 anni dalla domanda ma rinnovabile
b. Dalla forma, o altra caratteristica, del prodotto necessaria per ottenere un risultato tecnico (c.d.
forme funzionali, suscettibili di costituire oggetto di brevettazione);
Solo forme che incorporano unicamente una funzione tecnica, non forme che possiedano anche
caratteristiche funzionali. Es. forma del coltello no, ma impugnatura particolare sì. Sono forme non
funzionali ma hanno un grado di originalità tale che vengono brevettate come modello di utilità. Di
fronte una forma funzionale con utilità, chi vuole tutelarsi deve depositare la domanda per il
brevetto. Di fronte ad una forma estetica registro marchio.
c. Dalla forma, o altra caratteristica, che dà un valore sostanziale al prodotto (ossia forme che
costituiscano elemento determinante sulla scelta d’acquisto)
 Forme che attribuiscano al prodotto un particolare appeal, valore di mercato. Forme che
costituiscono motivo influente sulla scelta di acquisto del consumatore. Es. shampoo per bambini
acquisto solo per la forma non la costituzione dello shampoo anche se per se la composizione dello
shampoo è uguale su tutti. Quando la forma determina la scelta si evita quindi la monopolizzazione,
la forma ha valore di mercato e deve poter essere utilizzata da chiunque.

Altra ipotesi di nullità di registrazione. Ad es.:


1) rifiutata la registrazione come marchio comunitario della disposizione a triangolo di tre testine rotanti di
un rasoio elettrico Philips
2) rifiutata la registrazione come marchio comunitario al mattoncino rosso della Lego, perché il complesso
degli elementi che costituiscono la forma di mattoncino Lego, ad eccezione del suo colore, sono funzionali.
3) forma della pastiglia della lavastoviglie, quella rettangolare è stata vietata perché ha forma banale
Il segno deve essere idoneo a distinguere i prodotti a distinguere i prodotti e i servizi di una specie che
proviene dall’imprenditore rispetto agli altri appartenenti ad altri imprenditori. Inoltre, deve essere un
segno rappresentabile con qualunque strumento tecnologico oggi consentito in modo chiaro interleggibile,
durevole…

Requisiti di validità

Requisiti di validità del marchio:


1. Novità
2. Capacità distintiva
3. Liceità

N.B.: La mancanza di (uno di) detti requisiti determina la NULLITÀ del marchio*

 Ci sono dei requisiti che il marchio deve possedere per essere registrato.
Se per errore il legislatore registra un marchio senza uno di questi elementi non sana il vizio, sarà possibile
che provvedere alla nullità del marchio.
Es. Vedo che un imprenditore utilizza un marchio simile al mio e il suo non contiene determinati requisiti
posso fare causa per contraffazione di marchio. Se poi viene riscontrato che non c’è una similitudine ma
comunque il marchio non contiene i requisiti posso chiedere al tribunale di dichiarare il marchio nullo. Il
codice elenca i requisiti ed elenca una serie di ipotesi che si fanno rientrare nella capacità distintiva/liceità
che corrispondono esattamente agli impedimenti assoluti che prevede UE. Quello che impedisce la
registrazione in Italia lo impedisce anche l’UE.

*Esercizio dell’azione/eccezione da parte di chiunque vi abbia interesse, salvo che sia fatta valere la nullità
del marchio per (pre)esistenza di un diritto altrui (ad es., per carenza di novità): in questo ultimo caso,
l’azione può essere esercitata soltanto dal titolare del diritto anteriore

Può essere fatta da qualsiasi concorrente con un’eccezione in cui il marchio manchi di novità la
legittimazione è titolata soltanto dal titolare di un marchio interiore che può impedire ad un imprenditore
successivo di utilizzarlo.

A) Novità (art. 12 c.p.i.) Diversità del marchio rispetto ad altri marchi e/o segni distintivi
«preesistenti»
Per evitare la confusione di consumatori che si trovano due prodotti con marchio simile ma da
imprenditori completamente diversi. Nulla vieta di utilizzare il marchio nel caso in cui ad es. marca
Vladì di scarpe veneziana e non registro nulla, se realizzo il commercio online e ingrandisco posso
registrare il marchio perché sono l’imprenditore che ha sempre utilizzato questo marchio. Il
problema si pone quando questo è già utilizzato o era già stato utilizzato da un altro imprenditore.

L’art. 12 c.p.i. contiene un catalogo di ipotesi in cui il segno NON è nuovo:


1) in talune ipotesi (a, b) ci si riferisce al dato sostanziale: preesistenza di fatto di segni già noti al
consumatore come marchi o come altri segni distintivi adoperati da altri imprenditori per prodotti o servizi
dello stesso genere
2) in altre ipotesi (c, d, e) ci si riferisce ad un elemento formale: preesistenza di una o più domande di
registrazione depositate da altri per prodotti o servizi dello stesso genere (identici o affini), cui abbia fatto
seguito una valida registrazione (si prescinde dall’uso effettivo del segno)
Art 20 contraffazione è simile a questa norma. Se sono davanti ad un marchio preesistente non posso né
registrarlo né utilizzarlo. Le ipotesi in cui ci sia contraffazione o no novità sono costruite uguali. Fare ricerca
sui database nazionali più nelle banche dati di EUIPO per capire se il mio marchio possa essere simile a
quelli già utilizzati e registrati.

1. Es. se registro Vladi senza accento per il marchio di scarpe non posso. Siccome il nome Vladì ha una
capacità distintiva forte, una modifica così limitata, senza accento non è idoneo a differenziare il
marchio dal principale. Non posso scegliere questo come marchio.
2. Far riferimento ad un elenco formale ovvero preesistenza di un marchio o domanda di registrazione
ad un segno simile a quello che vorrei registrare. Prevale chi inoltra la domanda per primo tra due
persone che hanno individuato lo stesso segno, anche in caso di brevetti e diritti che richiedono
registrazione.

- PREUSO E NOVITÀ

L’uso precedente del segno (come marchio, ma anche come ditta, denominazione o ragione sociale,
insegna, nome di dominio) da parte di altri ne esclude la novità in presenza di NOTORIETÀ QUALIFICATA del
segno, ossia notorietà cui si aggiunga la percezione da parte del pubblico della natura distintiva del segno in
questione
N.B.: al marchio noto è equiparato il marchio straniero (tutelato in un diverso Stato) che sia noto nel nostro
Paese, ma non vi è usato (marchio notoriamente riconosciuto di cui alla Convenzione di Parigi del 1883).
Ipotesi particolare: il marchio straniero non è usato in Italia ma è noto per l’uso fatto all’estero. Può
capitare che questo marchio è noto all’estero ma non può essere registrato in Italia. Es. filmografia.

Principio di unitarietà del sistema dei segni distintivi (art. 22 c.p.i.), non posso utilizzare come ditta un nome
utilizzato come marchio e viceversa, perché sono tutti segni distintivi. Si può registrare un nome di persona
che non è nostro, anche senza il consenso.
Preusato da altri sia come marchio e anche come ditta, come dominio, in generale come altro segno
distintivo. La regola è quello di unitarietà dei segni distintivi art 22 cioè non posso utilizzare come ditta un
nome di un marchio già utilizzato e viceversa. Es. Spesso si utilizzano in ambiente vinicolo ovvero come
nome del marchio di famiglia. Devo evitare di utilizzarlo per evitare di creare confusione con un nome già
registrato come marchio.

L’uso precedente del segno, quando non importi notorietà di esso, o importi notorietà puramente locale,
non toglie la novità, ma il terzo preutente ha diritto di continuare nell’uso del marchio, anche ai fini della
pubblicità, nei limiti della diffusione locale, nonostante la successiva registrazione del marchio stesso
In questo caso il diritto sul marchio registrato è affievolito, dovendo “coabitare” con la prosecuzione del
preuso.
Impedisce al secondo imprenditore di registrare un segno simile (Vladi/Vladì), non solo perché il marchio
ha notorietà qualificata ma anche che questa notorietà non sia meramente locale. Non è sufficiente per
impedire la registrazione se il marchio rimane in un territorio circoscritto. Il fatto che qualcuno utilizzi un
marchio che non ha notorietà qualificata o che sia locale non mi impedisce di registrare il marchio però
devo tollerare che l’altro lo utilizzi. Devono coabitare marchi che si riferiscono ad imprenditori diversi.

N.B.: NON vi è novità se a causa dell’identità o somiglianza tra i segni e dell’identità o affinità tra i prodotti o
i servizi possa determinarsi un rischio di confusione tra il pubblico, che può consistere anche in un rischio di
associazione fra i due segni
Vale sempre il principio di non confusione nel caso di registrazione dei marchi. Anche la contraffazione
utilizza questo ovvero quando utilizzo lo stesso marchio per prodotti affini, viste tutte queste somiglianze e
affinità tra i segni e prodotti creo confusione in capo ai consumatori. Se il marchio di scarpe Veneziane fosse
già utilizzato a Venezia ma da un negozio che vende cosmetici naturali lo posso fare perché non c’è rischio
di confusione tra i consumatori anche sulla forma del rischio di associazione tra i due segni. Il preuso
impedisce di registrare il marchio se c’è principio di confusione.

- MARCHIO GIÀ DA ALTRI REGISTRATO NELLO STATO IN SEGUITO A DOMANDA DEPOSITATA IN DATA
ANTERIORE
a. Il marchio anteriore (registrato) è identico e depositato per prodotti identici mancanza di novità es.
scarpe uguali. Questo impedisce la registrazione, si assume che sia così.
b. Il marchio anteriore (registrato) è identico o simile ed è depositato per prodotti o servizi identici o
affini mancanza di novità, a condizione che possa determinarsi un rischio di confusione per il
pubblico (o un rischio di associazione tra i due segni).
Somiglianza di segni per gli stessi prodotti Es. Problema di somiglianza cc di Chanel, LV, Guess,
nella maggior parte delle controversie riguardano i marchi simili e non identici. Oppure marchi
identici per classi di prodotto affini Es. Marchi utilizzati con la stessa parola TODs che fa borse
invece su una linea di profumi.

- MARCHIO CHE GODE DI RINOMANZA

Non è nuovo il segno identico o simile ad un marchio già da altri registrato per prodotti o servizi anche non
affini, quando il marchio goda di rinomanza nello Stato o, se marchio UE, nella Unione e quando l’uso di
quello successivo senza giusto motivo trarrebbe indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla
rinomanza del segno anteriore o recherebbe pregiudizio agli stessi

Sia marchi celebri in senso proprio, sia marchi noti, la cui notorietà genera un indebito vantaggio da parte
dei successivi utilizzatori, o un pregiudizio per il titolare del segno

Non è un problema di confusione ma un problema o di approfittamento della notorietà di un marchio. Es.


coca cola per articoli di cancelleria. Oppure c’è la possibilità di pregiudizio di un marchio registrato.
Comportamento parassitario nel fatto di sfruttare il posizionamento nel mercato di un marchio noto. Il
segno deve essere noto nel territorio di riferimento che potrebbe anche essere il territorio di alcuni stati
nell’UE. Oppure territorio italiano nel caso di marchio nazionale.

N.B.: Non toglie il requisito della novità il marchio anteriore (inizialmente dotato di efficacia) che sia
scaduto da oltre due anni o possa considerarsi decaduto per non uso ai sensi dell’art. 24 c.p.i. al momento
della proposizione della domanda o dell’eccezione di nullità

Ipotesi di convalida (art. 28 c.p.i.) ma…


Il titolare di un marchio anteriore ai sensi dell’art. 12 c.p.i. e il titolare di un diritto di preuso (registrazione
segno e che l’abbia usato) che importi notorietà non puramente locale, i quali abbiano, durante cinque anni
consecutivi, tollerato, essendone a conoscenza, l’uso di un marchio posteriore registrato uguale o simile,
non possono domandare la dichiarazione di nullità del marchio posteriore, né opporsi all’uso dello stesso
per i prodotti o servizi in relazione ai quali detto marchio è stato usato (salva l’ipotesi che la registrazione
del marchio posteriore sia stata domandata in mala fede) preclusione all’esercizio dell’azione di nullità
ovvero significa che se io utilizzo un marchio di fatto in un certo territorio, arriva un altro che lo utilizza
massicciamente, questo si tollera per 5 anni e io registro il marchio e poi faccio causa, non si può fare. Si
applica anche al caso di marchio registrato in violazione degli artt. 8 e 14, comma 1, lettera c)
B) Capacità distintiva (art. 13 c.p.i.)

Il segno deve avere caratteristiche tali da essere idoneo a identificare agli occhi del pubblico una species di
prodotto o servizio nell’ambito di un genus.

Non possono essere registrati i segni privi di carattere distintivo e, in particolare:

- I segni che consistono esclusivamente in segni divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o
negli usi costanti del commercio (ad es., parole come super, standard, extra, universal, inter o segni
come la «P» bianca in sfondo blue per indicare un parcheggio, la corona d’alloro, “BSS” per
“balanced salt solution”)
 L’attitudine a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa di cui all’art. 7 c.p.i. costituisce un
prius rispetto alla capacità distintiva in oggetto
- I segni costituiti esclusivamente dalle denominazioni generiche di prodotti (scarpa, sedia…) o servizi
o da indicazioni descrittive (provenienza, a che cosa serve il prodotto…) che ad essi si riferiscono
(ma validità di marchi in cui la denominazione generica o l’indicazione descrittiva è stata oggetto di
una modificazione anche modesta, è stata dotata di prefissi o suffissi, etc.). Es. marchio vedo bene
non posso registrarlo perché è un marchio con indicazioni descrittive. Es. scarpa, ma esiste in realtà
un marchio registrato perché riguarda il marchio figurativo e non denominativo che da capacità
distintiva al segno. Quindi non servono molte modifiche per ottenere la registrazione.
 Inclusi i toponimi

È implicito nel sistema un “imperativo di disponibilità” che impone che taluni segni possano essere
liberamente utilizzati da tutti gli operatori del commercio, per l’esigenza generale di evitare una
concorrenza sfalsata. La finalità della norma è quella di impedire che si crei un diritto di esclusiva su parole,
figure o segni che nel linguaggio comune sono collegate o collegabili al tipo merceologico, che debbono
rimanere patrimonio comune onde evitare ogni ingiustificato ostacolo ai concorrenti, mediante la
trasformazione dell’esclusiva sul segno in monopolio di fabbricazione (v. Trib. Milano, 29 marzo 2016).
Spaghetto quadrato non ha sufficiente capacità distintiva ma si è provato a dimostrare l’uso massiccio.

E quanto alle parole straniere? E alle parole dialettali?

“Nel caso di parole straniere utilizzate come marchio denominativo …, al fine di valutare la validità del
marchio sotto il profilo della capacità distintiva, occorre accertare il grado di diffusione e comprensione del
significato della parola nel territorio in cui è chiesta la registrazione del marchio, anche con riferimento alla
destinazione e ad ogni altra caratteristica del prodotto. Deve, dunque, valutarsi come descrittivo il segno
che presenti con il prodotto un nesso sufficientemente concreto e diretto, in quanto divenuto parte del
patrimonio linguistico comune in quel territorio e, quindi, capace di richiamarlo in maniera diretta ed
immediata nella percezione di un consumatore medio normalmente avveduto ed informato” [Cass., 9
febbraio 2015, n. 2405]
“Il termine dialettale, percepito nell’ambiente del consumatore medio di un certo prodotto come il termine
esclusivo per identificare quel prodotto, non può essere tutelato come marchio, anche se sconosciuto a
livello nazionale, perché non è considerato, in quell’ambiente, come distintivo di una specifica impresa
produttrice, ma come il termine comune per identificare un prodotto” [Trib. Torino, 7 febbraio 2019]
Se il marchio è registrato in UE, qualsiasi lingua si scelga la parola es. acqua, water, agua è valido per tutti
i paesi. Se acqua non è valida in Italia per genericità anche negli altri paesi non può esserci la registrazione.
L’esistenza della capacità distintiva va accertata al momento di deposito della domanda di registrazione del
marchio. Tuttavia, è possibile una riabilitazione del marchio originariamente nullo, qualora il segno, a
seguito dell’uso che ne è stato fatto, abbia acquisito carattere distintivo (v. art. 13, comma 3, c.p.i.)
secondary meaning. Più probabile che il marchio debole diventi forte. Applicabile anche ai marchi di forma

Questo è opposto alla volgarizzazione del marchio ovvero quando i marchi che quando sono stati
registrati riguardavano prodotti nuovi che non esistevano sul mercato e che automaticamente i
consumatori hanno associato questo prodotto nuovo al nome del marchio come se fosse denominazione
generica es. Thermos, Nutella=crema spalmabile alle noci. Questi marchi si sono volgarizzati per l’uso
massiccio del pubblico, non è automatica. Un marchio genericamente debole che diventa forte grazie alla
pubblicità es. Banca di Roma, Rimini in Fiera, American Airlines, ora è riabilitati – accostamento di parole
generiche.

C) Liceità e diritti terzi (art. 14 c.p.i.)

Non possono costituire oggetto di registrazione come marchio:

- Segni contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume (è illecito, ad es., il marchio
contenente una svastica nazista o un segno osceno, una parolaccia …); Es. organizzazioni criminali.
Es. La mafia si siede a tavola, catena di ristoranti in spagna, dichiarato nullo.
Es. Cannabis store Amsterdam, sia EUIPO poi la commissione di ricorsi perché richiama i
consumatori alla droga ed è un atto illecito ad oggi in quasi tutti i paesi europei.
Es. Boy London richiama partito nazista è dichiarato nullo.

- Segni idonei ad ingannare il pubblico* in particolare sulla provenienza geografica, sulla natura o
sulla qualità dei prodotti o servizi, ovvero sulla tipologia di marchio (segni decettivi) (v., ad es.,
“Iperlanissima” per filati sintetici; o il caso “Cotonelle” richiamava la morbidezza carta igienica,
sembrava che contenesse cotone invece non era vero, dichiarato nullo per messaggio ingannevole;
o, ancora, il marchio contenente la parola “Lactofree” per prodotti contenenti lattosio) * Statuto di
non decettività del marchio.
- Segni il cui uso costituirebbe violazione di un altrui diritto di autore, di proprietà industriale o altro
diritto esclusivo di terzi (Diritti di terzi). Es. jingle di una canzone famosa senza autorizzazione;
oppure disegno di un amico senza autorizzazione.
- v c-bis) i segni esclusi dalla registrazione, conformemente alla legislazione dell’Unione europea o
dello Stato o ad accordi internazionali in materia di cui l’Unione europea o lo Stato è parte, relativi
alla protezione delle denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche. Non si possono
registrare denominazioni di qualità, DOP, IGP… verso i quali ci sono dei regolamenti dell’unione
europea circa la registrazione e circa i soggetti che possono utilizzarli.
- c-ter) i segni esclusi dalla registrazione conformemente alla normativa dell’Unione europea o ad
accordi internazionali in materia di cui l’Unione è parte, relativi alla protezione delle menzioni
tradizionali per i vini.
- c-quater) i segni esclusi dalla registrazione conformemente alla normativa dell’Unione europea
relativa alla protezione delle specialità tradizionali garantite […];
- c-quinquies) i segni che contengono o riproducono nei loro elementi essenziali una denominazione
di varietà vegetale precedentemente registrata […]
- Inoltre, non possono costituire oggetto di registrazione come marchio gli stemmi e gli altri segni
considerati nelle convenzioni internazionali (ad es., stemmi, bandiere e altri emblemi di Stato o di
organizzazioni internazionali intergovernative, oppure sigle o denominazioni di queste ultime),
nonché i segni contenenti simboli, emblemi, stemmi che rivestano un interesse pubblico, a meno
che l’autorità competente non ne abbia autorizzato la registrazione (art. 10 c.p.i.).

Rischia di sembrare che ci sia una sorta di certificazione C.E da parte dell’associazione di questi prodotti.
Es. Impresa che svolgeva attività di servizio il nome sotto la bandiera dell’unione europea (stelle in cerchio
blu e rosse) richiamavano chiarissimamente lo stemma dell’UE. Il caso si è verificato e il problema faceva
sembrare che i prodotti fossero certificati a livello comunitario ma
non era così.
Nel primo caso la bandiera/segno è esattamente come la forma
precisa della bandiera. L’altro caso invece c’è in sottofondo la
bandiera e si confonde con il resto, ma non è nella forma della
bandiera. Si ritiene che il segno che si sceglie presenta degli elementi
della bandiera ma non nella forma classica, si può in questo caso
registrare il marchio.

Il marchio: procedimento di registrazione e contraffazione del marchio

Procedimento di registrazione

Può ottenere una registrazione per marchio d’impresa chi lo utilizzi o si proponga di utilizzarlo, nella
fabbricazione o commercio di prodotti o nella prestazione di servizi della propria impresa o di imprese di cui
abbia il controllo o che ne facciano uso con il suo consenso (art. 19 c.p.i.), tutti, qualunque soggetto
giuridico. Legittimazione anche di chi non sia imprenditore o non si proponga di diventarlo, ma abbia la
volontà di destinare il segno ad essere usato, anche da terzi, come marchio (requisito di scarso rilievo …)
Tuttavia, non può ottenere una registrazione per marchio di impresa chi abbia fatto la domanda in mala
fede. Es. Si ha un’impresa avviata e vogliamo lanciare nuova linea di prodotti e stiamo pensando di lanciare
un segno, ne parliamo con un dipendente che deve esserne al corrente, prima di noi registra il marchio.

Limiti alla registrazione per taluni segni: Ritratti, nomi e segni notori (art. 8 c.p.i.)

1. I ritratti di persone non possono essere registrati come marchi senza il consenso delle medesime e,
dopo la loro morte, senza il consenso del coniuge e dei figli; in loro mancanza o dopo la loro morte,
dei genitori e degli altri ascendenti, e, in mancanza o dopo la morte anche di questi ultimi, dei
parenti fino al quarto grado incluso.
È lasciato libero soltanto l’uso dei ritratti di persone vissute in tempi ormai tanto remoti da far
ritenere che qualsiasi interesse familiare al riguardo sia venuto meno.
2. I nomi di persona diversi da quelli di chi chiede la registrazione possono essere registrati come
marchi, purché il loro uso non sia tale da ledere la fama, il credito o il decoro di chi ha diritto di
portare tali nomi.
L’Ufficio italiano brevetti e marchi ha tuttavia la facoltà di subordinare la registrazione al
consenso della persona stessa (e, dopo la sua morte, dei soggetti indicati in relazione ai ritratti).
Esigenza di salvaguardare chi in buona fede abbia ritenuto di usare nomi di fantasia.
Es. scelta di registrare nomi altrui come marchi per prodotti alla pulizia del bagno, se c’è il rischio di
screditare una persona, questa può ottenere il fatto che il suo nome non sia utilizzato se prova che
lede un diritto.
In ogni caso, la registrazione non impedirà a chi abbia diritto al nome di farne uso nella ditta da
lui prescelta, sussistendo presupposti di cui all’articolo 21, comma 1 (art. 8, comma 2, ult. per.)
disposizione problematica (v. marchi costituiti da patronimici). Es. Se qualcuno ha registrato il
marchio con il mio nome il mio potere su usare lo stesso nome per una attività economica si
affievolisce perché si deve tener conto della preesistenza e utilizzare insieme uguali segni distintivi
può creare confusione. Comunque, non mi impedisce di far uso dello stesso nome ma comunque lo
posso fare solo se questo non crea confusione. Es. Francesca Salvi è il marchio preesistente per
differenziare metto Antica trattoria di Francesca Salvi, devo inserire degli elementi che
differenziano il marchio. In questo caso nella ditta posso usarlo visto che sono inseriti altri elementi.
Art 21si possono utilizzare dei segni senza avere il permesso in alcuni casi in funzione descrittiva
è un richiamo a questo, facendolo secondo i principi di correttezza professionale.
3. Ma se notori (nomi di persona noti) possono essere registrati come marchio solo dall’avente diritto,
o con il consenso di questi, i nomi di persona, i segni usati in campo artistico, letterario, scientifico,
politico o sportivo, le denominazioni e sigle di manifestazioni e quelli di enti ed associazioni NON
aventi finalità economiche, nonché gli emblemi caratteristici di questi. Es. investimenti che la
persona ha fatto su sé stesso sul mercato, non bisogna sfruttare questa attività di accreditamento.
Il legislatore ha voluto impedire operazioni sostanzialmente parassitarie, a fronte del
riconoscimento del valore suggestivo di determinati segni, della loro “capacità di vendita.
 La notorietà consegue ad un’utilizzazione “primaria”, diversa dall’impiego del segno in funzione
distintiva.

N.B.: Nel caso di inosservanza dell’art. 8 c.p.i., il marchio è NULLO

Procedura di registrazione

La domanda di registrazione di un marchio italiano si presenta all’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi – UIBM
(sono ammesse più modalità di deposito*), indicando l’identità del richiedente, riproducendo il marchio
prescelto e facendo un elenco dei prodotti o servizi che il marchio è destinato a contraddistinguere,
raggruppati secondo le classi della classificazione di cui all’Accordo di Nizza sulla classificazione
internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi (art. 156 c.p.i.).
I costi dipendono dal numero di classi di prodotti o servizi individuate dal richiedente.
*Deposito presso una qualsiasi CCIAA, tramite il servizio postale, oppure invio attraverso il nuovo sistema
online dell’U.I.B.M. I costi dipendono dal numero di classi di prodotti o servizi individuate dal richiedente

Modulo per registrare marchio, deposito domanda marchio che può essere cartacea o online e costa 101
euro (classe di prodotti) +34 euro (per ogni classe aggiuntiva). Meglio online per velocità e costosità.
Es. Louboutin non è marchio di forma ma di colore- secondo il codice Pantone- e posizione.
Cosa deve esserci nella domanda? Si fa riferimento alla classificazione internazionale che si trova
nell’accordo di Nizza (1957). Ci sono 45 classi di cui 11 di servizi e 34 di prodotti. La classe 25 è
abbigliamento, scarpe e all’interno c’è una lista con un proprio codice in cui vengono inseriti tutti i prodotti
che tendenzialmente sono merceologicamente omogenei. Il concetto di affinità avviene per fini
amministrativi. Es. casa di moda che produce profumi, si ritengono affini anche se non fanno parte della
stessa classe. La classe 32 è delle bevande e c’è una lunga serie di prodotti. La classe 41 riguarda servizi di
educazione, cultura. C’è la stessa logica per quanto riguarda i disegni e modelli e si indica anche il prodotto
in questo modo.
Si può depositare il modulo in ciascuna camera di commercio tramite servizio postale e si segue lo schema
online su UIBM. Nella WIPO invece è meno fruibile rispetto alla unione europea. Nella domanda si
richiedono le generalità del dichiarante e rappresentare in modo chiaro e preciso il segno del marchio
rappresentato e inoltre dichiarare per quali prodotti all’interno della classe.

L’Ufficio Brevetti e Marchi provvede:


a) all’esame della regolarità formale della domanda
b) all’esame circa l’esistenza di impedimenti assoluti alla registrazione ad es., non suscettibilità del segno di
essere rappresentato nel registro, illiceità, mancanza della capacità distintiva, etc.: l’esame non verte sul
requisito della novità), nonché circa il fatto che il marchio consista nel ritratto di una persona diversa dal
richiedente o, eventualmente, in un nome diverso da quello del richiedente, oppure di un segno notorio (v.
art. 170 c.p.i.) Impedimento relativo. Chiara identificazione dei prodotti e servizi per cui è chiesta la
protezione

La persona deputata dell’UIBM che esamina la domanda fa un esame di regolarità formale,
successivamente si ricerca l’esistenza o meno di impedimenti assoluti (si richiudono tutti i requisiti di
validità ad eccezione della novità, ci sono una serie di controlli sulla persona, sul segno che non rappresenti
stemma, bandiera...). L’esame non verte sul requisito della nullità e non è prevista un rapporto delle
anteriorità che invece sussiste nelle EUIPO -search report che controlla i marchi preregistrati-, non presso
l’UIBM. Si può reagire in qualche modo nella mancanza di novità già in questa fase? Sì, perché è previsto un
sistema pubblicitario che rende noto ai terzi non solo i marchi ma anche le domande ritenute registrate.
L’ufficio prevede la pubblicazione del marchio e della domanda sul bollettino ufficiale. Questa pubblicità
della domanda consente ad eventuali terzi che siano titolari di un diritto anteriore ovvero proprietari di
marchi già registrati simili o identici di fare opposizione alla domanda. L’esistenza di impedimento relativo
viene valutata solo se l’interessato (proprietario di marchio anteriore) fa opposizione al segno. Se nessuno
fa opposizione il procedimento si conclude con la registrazione del marchio. Es. Posso agire anche il
portatore del nome che si è scelto di registrare adducendo che quella associazione del nome che realmente
esiste ad un segno e quella può fare opposizione, richiama l’art 8nome e segni notori da parte di chi ha
diritto ad opporsi a quel nome. L’ipotesi più frequente è quella di qualche altro imprenditore che ha
registrato il marchio e adduce che questo determini confusione per la somiglianza di prodotti e marchi.

In caso di esito positivo dell’esame, l’Ufficio Italiano brevetti e marchi provvede alla pubblicazione della
domanda ritenuta registrabile nel Bollettino Ufficiale dei marchi d’impresa.

- Possibilità di opposizione scritta, motivata e documentata, nel termine perentorio di 3 mesi, alla
registrazione di un marchio per la presenza di impedimenti relativi (v. art. 8 c.p.i. o art. 12, comma
1, lett. c), d), e); oltre ai soggetti legittimati a tutelare i diritti conferiti da una DOP o IGP – v. d.lgs.
15/2019);
- in caso di rigetto della domanda di registrazione, possibilità per il richiedente – o per l’opponente,
nel caso in cui sia l’opposizione ad essere respinta – di ricorrere davanti alla Commissione dei
Ricorsi (collegio giudicante) entro 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento (segue)
- Se al termine dell’esame della domanda di registrazione questa è accolta, l’Ufficio procede alla
registrazione del marchio e alla pubblicazione della registrazione nel Bollettino ufficiale dei marchi
d’impresa
- la registrazione non pregiudica l’esercizio delle azioni circa la validità e l’appartenenza dei diritti di
proprietà industriale (v. art. 117 c.p.i.) ad es., l’esame dell’Ufficio non verte sull’esistenza di un
preuso del segno [12, lett. a) e b)] N.B.: Giudizio di validità sempre suscettibile di revisione, dopo
la registrazione, davanti al giudice e, adesso, anche all’UIBM
 Sia che la domanda venga rigettata perché UIBM ha ritenuto il contrasto del marchio anteriore e sia
perché l’ufficio respinge l’opposizione del terzo, la decisione è ricorribile davanti alla commissione di
ricorso, è un organo collegiale si compone di 10 membri e diviso in 2 sezione e chi lo compone sono alti
magistrati e professori universitari in materie giuridiche ed economiche. Questa commissione conferma
oppure modifica la decisione. Se al termine della registrazione questa è accolta l’ufficio procede alla
pubblicazione nel bollettino dei marchi di impresa (sia la domanda e sia la registrazione del marchio).
La registrazione non è una sanatoria, o se nessuno ha fatto opposizione e l’ufficio ha mal valutato i requisiti
e quindi il marchio non ha i requisiti richiesti in ogni momento può essere dichiarato nullo. Serve
un’iniziativa da chi ha interesse a farlo a parte delle eccezioni. Si ricorre all’autorità giudiziaria e da qualche
anno all’UIBM e questo è importante perché anche lì dove il proprietario del marchio anteriore si fosse
opposto, la visione non sarebbe stata completa perché non tutti si possono opporre alla registrazione del
marchio, lo può fare chi ha registrato il marchio simile o chi ha depositato la domanda prima e nel caso in
cui venga accolta. Non lo può fare chi ha utilizzato il medesimo segno come marchio di fatto senza
registrarlo, anche se non è frequente. Non tutte le ipotesi di mancanza di novità sono contrastabili nell’iter
di registrazione del marchio.

- Ogni domanda può avere ad oggetto un solo marchio


N.B.: Gli effetti della registrazione decorrono dal giorno successivo alla data di deposito della
domanda
- La registrazione esplica, di norma, effetto limitatamente ai prodotti o servizi indicati nella
registrazione stessa e ai prodotti o servizi affini (principio di relatività della tutela del marchio)
- La registrazione dura dieci anni a partire dalla data di deposito della domanda, ma può essere
rinnovata alla scadenza, anche più volte (tutela potenzialmente perpetua del marchio) * salvo
rinuncia
- Dal momento in cui il prodotto recante il marchio viene messo in commercio dal titolare, il diritto di
esclusiva in ordine a quel prodotto viene meno (ossia si esaurisce)

Se indichiamo nella domanda più di un segno non può essere accolta perché si devono predisporre più
domande per ogni segno e decorrono dal giorno successivo al deposito. La registrazione dura 10 anni e
decorrono dalla data di deposito ma può essere rinnovata alla scadenza e non ci sono limiti perpetuamente
a meno che non si decade come uso di segno di quel marchio perché per un certo periodo non viene
utilizzato, nulla vieta di rinunciare al marchio registrato prima del 10 anni.

Diritti conferiti dalla registrazione

La registrazione conferisce il diritto di esclusiva sul marchio. Facoltà del titolare del marchio registrato di
fare uso esclusivo del marchio, vietando ai terzi determinati comportamenti in relazione al marchio stesso.

Norma art 20 è costruito sull’art 12 – requisito novità. Quelle situazioni che impediscono di registrare un
segno come marchio sono le stesse situazioni nelle quali si utilizzasse lo stesso segno nel commercio si
realizza una condotta di contraffazione. Il diritto di esclusiva è il comun denominatore dei diritti di proprietà
industriale. L’accento non riguarda il diritto di utilizzare ma di impedire a terzi di far uso del marchio.
- Se si è avuta una idea creativa, non c’è stato bisogno di prevedere la titolarità sul segno e si impedisce agli
altri di farne uso se registrato, salvo proprio consenso perché nulla vieta di trasferire il proprio marchio
anche prima di utilizzarlo e si conferisce la titolarità del marchio ad una società in cui entrare a far parte. Il
conferimento è il marchio considerato come bene immateriale.
- Oppure si registra un bene come marchio e si concede in licenza a terzi in esclusiva o non esclusiva es.
contratto merchandising.
Se non si concede il diritto ad una persona di utilizzo nell’attività economica il segno come marchio, questa
non può utilizzarlo. È un divieto assoluto? No, perché torna il principio di specialità, ci si oppone ad usi
illegittimi nell’attività economica entro certi limiti ovvero quando si crea confusione al consumatore.

Art. 20 c.p.i. Il titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nell’attività economica:

a) un segno identico al marchio per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato
b) un segno identico o simile al marchio registrato, per prodotti o servizi identici o affini, se a causa
dell’identità o somiglianza fra i segni e dell'identità o affinità fra i prodotti o servizi possa determinarsi un
rischio di confusione per il pubblico, rischio che può essere anche di associazione.
c) un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti anche non affini, se il marchio registrato
goda nello Stato di rinomanza e se l’uso del segno, anche a fini diversi da quello di contraddistinguere i
prodotti e servizi, senza giusto motivo consente di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o
dalla rinomanza del marchio o reca pregiudizio agli stessa: riguarda l’eccezione principio di specialità.
Es. Marchio coca cola, in tutti i casi in cui un imprenditore utilizza un marchio registrato celebre, lo fa per
trarne vantaggio dalla notorietà senza fare investimenti promozionali, oppure se si determina uno
svantaggio per Coca cola lei può reagire ad esempio se diminuisce la capacità distintiva perché utilizza
prodotti non di qualità.

N.B.: Perché ci sia violazione dell’altrui diritto di marchio dall’altro (contraffazione dell’altrui diritto) serve:
1) la confondibilità tra i segni e
2) l’identità o affinità tra i prodotti o servizi contrassegnati

Il regolamento dell’UE che regola il marchio dell’UE parla di somiglianza rispetto ad affinità ma il concetto
è lo stesso.

1. Quando tra due segni esiste confondibilità?

Se si ritiene che il segno sia stato utilizzato illegittimamente da un altro, si fa causa e perché il giudice
riconosca l’esistenza della contraffazione e che ci sia l’inibitoria e se possiamo provare di aver avuto dei
danni viene richiesto il risarcimento. Il giudice è chiamato a capire se c’è più o meno confondibilità.

- Si tiene conto dell’impressione di insieme che il raffronto tra due segni può suscitare:
apprezzamento complessivo che tenga conto degli elementi salienti
 Secondo il costante orientamento della Corte di Giustizia UE, il rischio di confusione deve essere
oggetto di VALUTAZIONE GLOBALE tenendo conto di tutti i fattori pertinenti del caso di specie*
(valutati sulla base della percezione, da parte del pubblico, dei prodotti coperti dal marchio del
titolare, da un lato, e dei prodotti coperti dal segno utilizzato dal terzo, dall’altro) *carattere
distintivo e notorietà del segno, somiglianza tra i marchi, somiglianza tra i prodotti o servizi,
pubblico di riferimento e l’interdipendenza di questi fattori  Non viene fatta una valutazione
analitica che affronta ciascun segno ed elemento con quello dell’altro ma viene fatta una
valutazione globale e di insieme quindi sintetica.
- Valutazione condotta avendo riguardo all’attenzione e alla cultura del pubblico al quale i prodotti
contraddistinti dal marchio sono destinati (giudizio più o meno severo a seconda del tipo di
prodotto)
Si guarda la valutazione iniziale del consumatore, chi trae questa somiglianza? Il punto di vista è
del consumatore medio avendo riguardo all’attenzione del pubblico, inoltre il modello del
consumatore non è uguale per tutti i prodotti ma dipende dalla tipologia di prodotto
Es. compro auto o compro pasta. Es. marchio di moda LV: Si può pensare che lo stesso marchio crei
una linea low cost destinata ad un target più basso di clienti e quindi ci sia confondibilità per
marchio contraffatto.
N.B.: per i marchi denominativi: si deve aver riguardo sia all’elemento grafico, sia a quello fonetico,
sia a quello concettuale
 Es. Nike, Naik: qui c’è contraffazione fonetica. Es. Nivea e Neve cosmetics contraffazione dal
punto di vista concettuale perché Nivea=Neve.

Risposta ad una sentenza di contraffazione di marchi: Alla luce di una valutazione globale e visto tutti gli
elementi salienti e in particolare …. si ritiene che ci sia somiglianza. Serve per risolvere i casi. Gli elementi
salienti: il carattere distintivo e notorietà del marchio. È più facile che i consumatori si confondono se il
marchio è noto. Stessa cosa se il marchio è forte è più facile che ci sia contraffazione, si va a vedere il
pubblico di riferimento nei riguardi al tipo di prodotto, attenzione e cultura media.
L’interdipendenza di questi fattori:
- Se abbiamo marchi particolarmente simili, anche se i prodotti non sono così vicini (c’è affinità ma non
sono vicini) si ritiene che ci sia contraffazione di marchio
- Se abbiamo marchi che hanno elementi di differenziazione, e se ci sono prodotti simili, si ritiene che non ci
sia contraffazione di marchio e non di modello.
Bilanciamento: Tanto maggiore è la somiglianza dei marchi tanto minore è l’affinità dei prodotti e viceversa.
Il tenue grado di somiglianza dei segni può essere compensato da un alto grado somiglianza dei prodotti e
viceversa e sono valutazioni dell’autorità giudiziaria. Ci sono dei casi in cui i giudici arrivano a conclusioni
contrastanti.

«In tema di tutela del marchio, l'apprezzamento del giudice del merito sulla confondibilità dei segni nel
caso di affinità dei prodotti – apprezzamento che costituisce un giudizio di fatto, incensurabile in
cassazione, se sorretto da motivazione immune da vizi logici e giuridici – non deve essere compiuto in via
analitica, attraverso il solo esame particolareggiato e la separata considerazione di ogni singolo elemento,
ma in via globale e sintetica, con riguardo all'insieme degli elementi salienti grafici e visivi, mediante una
valutazione d'impressione, che prescinde dalla possibilità di un attento esame comparativo e che va
condotta in riferimento alla normale diligenza e avvedutezza del pubblico dei consumatori quel genere di
prodotti, dovendo il raffronto essere eseguito tra il marchio che il consumatore guarda ed il mero ricordo
mnemonico dell'altro; il predetto giudizio deve essere motivato e corredato dall'indicazione, concisa e
sintetica, delle ragioni che lo hanno orientato e degli elementi che attirano primariamente l'attenzione del
fruitore» (Cass., 13 dicembre 2021, n. 39764)

Rischio di confusione (in senso stretto) e rischio di associazione

- Il pubblico è indotto a credere che i due prodotti provengono da una stessa impresa
- Il pubblico è indotto a credere che i prodotti del contraffattore provengano da un’impresa in qualche
modo legata a quella del titolare del marchio da rapporti di gruppo o contrattuali

Mi trovo due prodotti, il marchio è identico e ritengo che provengano dallo stesso imprenditore e c’è
rischio di confusione anche quando ci sono due prodotti portano lo stesso marchio non sono portato a
pensare che sia uguali gli imprenditori ma almeno che i due imprenditori abbiano dei legami: confusione +
associazione.
Es. Zara Home o Armani Casa Immagino che la società sia dello stesso gruppo di Zara e Armani e che
produce prodotti per la casa rispetto ai vestiti.
Marchi forti vs. marchi deboli

L’intensità della tutela di un marchio varia in funzione del maggiore o minore grado di originalità di cui è
dotato. Differenziazione della tutela a seconda che il marchio sia forte (ossia carente di qualsiasi nesso
significativo con i prodotti o servizi contraddistinti) o debole (cioè descrittivo del prodotto o servizio
contraddistinto, delle sue qualità o funzioni) una lieve variante in merito a un marchio debole basta per
escluderne la contraffazione (deve infatti restare a disposizione di chiunque l’elemento espressivo che ne
costituisce il nucleo), mentre costituisce contraffazione l’adozione di varianti e modificazioni, anche
significative, del marchio forte, quando esse lasciano sussistere l’identità sostanziale del tipo … possibile
acquisto successivo della “forza” (secondary meaning)

Questa classificazione è una costante della giurisprudenza italiana non tanto europea. Serve perché
l’intensità della tutela varia a seconda dell’intensità di forza del marchio.
1. Se marchio forte: carente di qualsiasi nesso significativo funzionale con prodotti contraddistinti.
Es. Amazon, Google, Apple non sono espressivi o descrittivi, sono marchi che hanno forza ma richiedono
attività di accreditamento sul mercato maggiore. La tutela è più forte per marchi forti perché per
differenziarmi da lui, io che arrivo dopo devo modificare molto per evitare che ci sia contraffazione.
2. Se marchi deboli (Poltrone e Sofà) non devono avere attività di accreditamento sul mercato forte perché i
marchi evocano il prodotto contraddistinto ed è più facile resti in mente al consumatore (EstathèThè
d’estate). La tutela è minore perché anche lievi modifiche sono sufficienti per evitare la contraffazione. Es.
produco pane e voglio utilizzare la parola pane è chiaro che altri possano fare la stessa cosa modificandola
lievemente.
Riabilitazione del marchio è raro che la capacità distintiva si acquisisca successivamente ma invece è più
frequente che un marchio debole acquisisca forza con l’utilizzo (Divani e Divani) – secondary meaning
ovvero il marchio si colora di un significato aggiuntivo.

Secondo la giurisprudenza, anche le lettere dell’alfabeto possono essere considerate un marchio forte, a
prescindere da un’eventuale caratterizzazione grafica loro conferita [Trib. Roma, 10.12.2020, in relazione al
marchio «W» per una catena di alberghi di lusso].

- Segni ritenuti non confondibili • BRILL • DERMAX • THE ENGLISH COLLEGE - • BERGAMON •
CAMOMILLA BABY • CARCIOFOTTO • ORANGE • BRILLO • DERMADEX • THE BRITISH COLLEGE •
BERGASOL • CALMA BABY • CARCIOGHIOTTO • ORANGENE= Sono tutti marchi deboli anche se ci
sono somiglianze non è ritenuto che potessero dare luce a contraffazione perché la tutela è forte.
- Segni ritenuti confondibili: ASPIRINA IKEA CORTEN TRIOPAC CASSERA PIUMA CLARKS CORA
CICCIOBELLO DEVOX ASPICHININA ARKEA CORTENIL THYOPAC CARRERA PIUMA SPORT CLARS
CORAL CHICCOBELLO REVOX = Sono marchi forti

2. Principio della relatività o specialità della tutela del marchio

Il marchio registrato per un determinato prodotto è tutelato quando un segno uguale o simile viene
adottato da altri per quel prodotto, o per prodotti che ad esso possono ritenersi sostanzialmente affini:
coerenza con la funzione essenzialmente distintiva del marchio e con la tutela limitata (di massima) alla
possibilità di confusione
N.B.:
- Affinità sussiste tra prodotti che possono far ritenere al consumatore di provenire dalla medesima
impresa, perché secondo quello che sono le normali prassi del mercato e secondo il modo in cui si sono
evoluti certi settori es. abbigliamento e profumi oppure abbigliamento e borse, anche gioielli. In certi settori
è probabile che ci sia un’espansione.
- Non è necessariamente legata all’appartenenza del prodotto o servizio alla medesima classe merceologica
della classificazione internazionale di cui all’Accordo di Nizza, relativo agli uffici e relativo ai prodotti.

Ma v. “marchio che gode di rinomanza” Estensione dell’ambito della tutela. Marchio che gode di rinomanza

Vietato l’uso di un segno identico o simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini, se il
marchio registrato goda nello Stato di rinomanza e se l’uso del segno, anche a fini diversi da quello di
contraddistinguere i prodotti e servizi, senza giusto motivo consente:
a) di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o
b) reca pregiudizio agli stessi

 Noto ma per prodotti non affini: Conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai
prodotti/servizi: quantitative requirement. Se fossero affini si invoca la confusione. I marchi che godono di
rinomanza sono marchi celebri ma anche quelli non celebri ma conosciuti da una parte significativa dei
consumatori a cui il prodotto è destinato. Es: Samsonite valigie. E va valutato caso per caso.

Interesse del titolare del marchio a non vedersi sottratte o pregiudicate le utilità economiche che possono
derivare da tale rinomanza

Contraffazione del marchio

Violazione dell’altrui marchio registrato, consistente nell’adozione, per contrassegnare prodotti dello stesso
genere o di genere affine (o, nel caso di marchio che gode di rinomanza, anche di genere non affine), di un
marchio uguale o simile (ossia confondibile)

Nozione ampia di “uso” del marchio e, quindi, di contraffazione (ulteriormente ampliata dal d.lgs. 15/2019):
- È uso del marchio anche l’utilizzazione del segno nella pubblicità (ivi inclusa la pubblicità comparativa
posta in essere in contrasto con la disciplina della stessa),
- La sua apposizione sui prodotti e sulle loro confezioni o imballaggi, a prescindere dalla loro messa in
commercio,
- L’importazione o l’esportazione dei prodotti contraddistinti dal segno,
- L’uso come ditta, insegna, nome di dominio (v. art. 22 c.p.i.);
- La sua apposizione su confezioni, imballaggi, etichette, cartellini, dispositivi di sicurezza o autenticazione o
altri mezzi e la detenzione, offerta o immissione nel commercio di tali mezzi recanti il marchio (v. art. 20,
comma 2, c.p.i.)
- E l’uso del marchio come “AdWord” (Google Ads)/keyword? SI, anche questo è contraffazione di marchio
Es. Inserisco Armani e viene fuori il mio sito anche se i miei prodotti non c’entrano nulla.

N.B.:
- L’ambito della tutela di un marchio contro la confondibilità può essere ampliato con il deposito di uno o
più marchi difensivi, ossia di marchi simili, che si discostano dal marchio principale per qualche elemento.
Questi marchi vengono depositati per non essere usati (quindi non decadono per non uso – v. art. 24, ult.
comma, c.p.i.)
- Inoltre, per ampliare la sfera di protezione di un marchio, il titolare lo può depositare per una pluralità di
prodotti e/o servizi, anche compresi in classi diverse liste di difesa o di protezione (protezione limitata nel
tempo: v. art. 27 c.p.i.)

Es. Sentenza Euro clima denominazione marchio Tribunale di Milano da un buon esempio di quella
fattispecie.
Es. Marchio Audi e la maggiore attenzione per determinati articoli nell’acquisto, è più facile ed è più
probabile che si accorga di modifiche di distinzione di determinati marchi, cerchi Audi ad esempio. Un
consumatore che l’acquista per quel prezzo si accorge più facilmente di fronte a delle modifiche anche
parziali. Il marchio Audi è forte e anche modifiche forti e l’eliminazione di un cerchio non sono sufficienti ad
eliminare la contraffazione. Se mi trovo di fronte ad un’auto, stessi prodotti con marchio a tre cerchi sono
più attento rispetto ad un prodotto come la pasta.
Es. Motocicli sono prodotti affini, marchio non identico e particolare attenzione del consumatore e qui non
c’è particolare rischio di confusione. In concreto la soluzione cambia rispetto agli elementi salienti. Es. Se il
marchio fosse ovale sarebbe diverso, va considerato tutto e non c’è una decisione oggettiva e si può
ricorrere. Non sempre è facile stabilire contraffazione.

Marchi difensivi (art. 24, quarto comma, c.p.i.) non si trova questa denominazione.

Non avrà luogo la decadenza per non uso se il titolare del marchio non utilizzato sia titolare, in pari tempo,
di altro o altri marchi simili tuttora in vigore di almeno uno dei quali faccia effettiva utilizzazione per
contraddistinguere gli stessi prodotti o servizi. Compatibilità con l’ordinamento della UE?

È la norma che ci consente di dire in Italia perché non c’è analoga previsione nelle direttive dell’UE e si
solleva incompatibilità. Si possono registrare marchi difensivi non per utilizzarli ma creare una sfera di
protezione ed impedire che i concorrenti si avvicinino troppo registrando legittimamente marchi simili ai
nostri: Si parla di marchio deboli perché se si registra un marchio debole non si può pretendere che gli altri
non lo utilizzano modificandolo leggermente. Es. Registro carciofotto e non posso impedire di registrare
carcioghiotto e la modifica è ritenuta sufficiente per evitare la contraffazione perché è marchio debole.
In questo caso per evitare che qualcuno registri carciofotto si utilizza carcioghiotto ma registro come
marchio difensivo carciofotto, questo non impedisce di utilizzarlo senza decadenza perché si è registrato
per creare una sfera di protezione. In ogni caso comunque decadono dopo 5 anni. Inoltre, si possono creare
piste di difesa di protezione per i prodotti e quindi per aumentare i prodotti affini o stessi prodotti si può
scegliere di registrare il marchio per più classi di categorie e classi di prodotti, anche tutte ma i costi sono
elevati + 5 anni di tranquillità ma se non viene utilizzato si decade.
Limitazioni del diritto di marchio (21 c.p.i.)

L’uso del segno altrui è, a certe condizioni, consentito, ossia quando esso risponda ad una esigenza
descrittiva di dati reali – funzione descrittiva (ad es., uso, da parte della terza persona fisica, del proprio
nome o indirizzo, di segni o indicazioni che non sono distintivi o che riguardano specie, quantità, qualità,
destinazione, provenienza geografica, etc. del prodotto, oppure del marchio altrui se esso è necessario per
indicare la destinazione di un proprio prodotto o servizio) In particolare, come pezzo di ricambio o
accessorio = Usi atipici, diversi dall’uso del marchio altrui in funzione distintiva L’uso deve tuttavia essere
conforme ai principi della correttezza professionale
N.B.: L’uso deve tuttavia essere conforme ai principi della correttezza professionale (ossia non si deve
tradurre in un ingiusto approfittamento del marchio altrui e)

Norma di difesa per chi è accusato di contraffazione ed è chiamato a rispondere a questa accusa e
cercherà di dire che il marchio di cui è accusato è nullo e che non possa essere registrato oppure che ci
sono elementi differenziali. Qualche volta utilizza questa norma che è un’eccezione di divieto di utilizzare il
marchio altrui. A certe condizioni è consentito quando il marchio altrui non è utilizzato come funzione
distintiva ma funzione descrittiva (provenienza geografica).
Es. marchio che consiste in una data 1889 e che può essere registrato perché non ha alcun riferimento al
prodotto, supponiamo che un altro nell’etichetta, insegna, pubblicità ponga il marchio registrato per attività
di ristorazione chiamato Alfonso fondato nel 1889 in questo caso si può fare perché sto utilizzando come
funzione descrittiva, dando un’informazione ai consumatori.

«Ove uno stilista intenda firmare le sue creazioni con il proprio nome già ricompreso nel marchio di
titolarità di terzi vi potrà essere lecito utilizzo solo se ciò avvenga con modalità tali da rendere evidente che
si sta solo comunicando al pubblico in modo veritiero il contenuto creativo fornito alla realizzazione del
prodotto (facendo ad esempio-precedere il patronimico da parole od espressioni quali “by” , “designed
by” , “disegnato da” e simili, adottando un diverso rilievo grafico od inserendo il nome in posizione defilata
rispetto ad un più ampio contesto figurativo» (Gabriele Fiorucci/UIBM, 2016)
Es. Sono uno stilista entrato dopo sul mercato e mi chiamo Eugenio Rossi, il quale nome è già stato
utilizzato in un altro marchio. Io lo posso usare il nome? Nella ditta o etichette dei miei vestiti o pubblicità o
marchio? Il giudice dice che lo si può dare ma deve essere chiaro che stai dando un’informazione di colui
cui fa capo l’attività, si può registrare questo marchio così: design by Eugenio Rossi. Al consumatore si fa
info del creatore e questo può dare l’uso legittimo ad un altro. Se chiamo la mia collezione Eugenio Rossi
come marchio dei miei prodotti non potrei utilizzarlo. Inserendolo in un marchio complesso si può fare.

Es. Etichetta sostituisce imballaggio. Ipotesi più frequente in cui si utilizza il marchio altrui è l’ipotesi finale.
Produco capsule di caffè e descrivo nell’etichette oppure nelle pubblicità la compatibilità in altre
macchinette di altri marchi, questo è un esempio per verificare che il mio prodotto/accessorio può essere
utilizzato all’interno del marchio di un altro imprenditore.

Es. copri cerchioni pezzi di ricambio di autoveicoli, nell’imballaggio di questo erano riportati i marchi delle
case automobilistiche in cui questi prodotti erano compatibili. Sto dando un info su quali altri prodotti
possono venire utilizzati. È importante rispettare i principi correttezza professionale perché non devo far
capire, utilizzando i marchi di altri, che ci sia un collegamento tra la casa madre dell’auto e i miei prodotti
facendo capire che sono pezzi originali della casa madre e non solo compatibili.

Es. Caso di rivenditore di auto di importazione parallele di alta gamma e svolgeva assistenza e riparazione,
spiccava all’interno dell’insegna il marchio Jaguar rispetto agli altri. È contraffazione perché le modalità in
cui vengono fornite queste informazioni, facevano pensare ad un collegamento tra le imprese.

Il marchio: vicende, nullità ed estinzione del diritto; marchi collettivi e


di certificazione - Lezione 12,13

Vicende del diritto (art. 23 c.p.i.)

Il marchio registrato (e altri diritti di proprietà industriale come il brevetto) può essere oggetto di
trasferimento o concesso in licenza a terzi  Si verifica un distacco tra il marchio e l’impresa cui esso era
originariamente pertinente, nel caso in cui le norme cercano di tutelare la funzione distintiva e di garanzia
del marchio.
Tuttavia, a causa dei rischi di inganno per il pubblico che si possono determinare in conseguenza di dette
vicende, le stesse sono circondate di particolari tutele a salvaguardia dell’interesse del consumatore
 Evitare che il trasferimento o licenza indeboliscano la funzione distintiva del marchio confondendo il
consumatore e quindi avviene l’inganno. Il consumatore trova modifica di titolarità del quale dovrebbe
essere informato e ci sono dei comportamenti da seguire per fare questo.

Trasferimento

Cessione (per atto tra vivi o mortis causa) della


titolarità del marchio registrato a terzi mi privo
della titolarità del marchio stesso.

La cessione può essere:


- Totale
- Parziale (per parte dei prodotti o servizi per cui il
marchio è stato registrato ad esempio per diverse Licenza
classi di prodotti o servizi) Il marchio può essere concesso in godimento a
Dal trasferimento del marchio non deve derivare terzi, rimanendo la titolarità del marchio in capo
inganno in quei caratteri dei prodotti o servizi che al licenziante  Concede in uso mantenendo il
sono essenziali nell'apprezzamento del pubblico diritto stesso. La licenza determina la coesistenza
(art. 23 c.p.i.) dello stesso marchio apposto su prodotti di
imprenditori diversi. Coesistenza di prodotti che
Per il marchio speciale: vincoli a carico del portano lo stesso marchio ma che sono realizzati
cessionario (o licenziatario) inerenti alla qualità di imprenditori diversi e altera l’idea e affievolisce
del prodotto o servizio la funzione distintiva.
La licenza può essere:
Per il marchio generale: la cessione (o licenza) è
- Totale o parziale
legittima quando il marchio venga ceduto con
- Esclusiva (la concedo ad un solo imprenditore
l’azienda, o qualora il pubblico venga
per un certo periodo di tempo, nemmeno io
adeguatamente avvertito dell’avvenuta cessione
posso) o non esclusiva (= licenza concessa ad una
pluralità di soggetti in relazione agli stessi
prodotti)
- Può riguardare anche solo una parte del
territorio dello Stato quelli corrispondenti messi in commercio o
Dalla licenza del marchio non deve derivare prestati nel territorio dello Stato con lo stesso
inganno in quei caratteri dei prodotti o servizi che marchio dal titolare o da altri licenziatari (lo
sono essenziali nell'apprezzamento del pubblico scopo è di non decettività del marchio)
(v. colonna a fianco) Obbligo di uniformare la propria produzione a
(inoltre…) In caso di licenza non esclusiva, il quella del titolare del marchio o degli altri
licenziatario deve obbligarsi ad usare il marchio licenziatari
per contraddistinguere prodotti o servizi eguali a

Il problema era meno rilevante fino alla cessione del 92 si poteva cedere del marchio solo con azienda. Al
legislatore sempre meno interessa chi è il fondatore ma interessa l’identità nel tempo dell’organizzazione
imprenditoriale del complesso di beni che negli anni sono stati organizzati per produrre certi prodotti e tra
cui fa parte anche il KNOW HOW. A prescindere che l’azionista sia noto e famoso es. Donatella Versace. Dal
92 si cede il marchio anche senza l’azienda quindi anche senza know how. Come fare a garantire la libera
trasferibilità dei beni e garantire il loro messaggio del marchio che sia veritiero e non decettivo?
- Nei marchi speciali (contraddistinguono certi prodotti all’interno della più ampia produzione
dell’imprenditore es. Mulino Bianco, Nutella) la cosa che il legislatore prevede è che ci siano dei vincoli
inerenti al livello qualitativo dei prodotti, il cessionario del marchio deve garantire la stessa costanza
qualitativa almeno pari e non inferiore, anche se si cambia il titolare del marchio o che sfrutta quel marchio.
Bisogna garantire la costanza qualitativa per evitare deterioramento della qualità. Io che ho acquistato il
marchio altrui e miglioro la qualità va bene. Lo stesso sono considerati irrilevanti deterioramenti di piccolo
rilievo.
- Nel marchio generale (riguarda tutte le linee produttive di questo imprenditore che se ne spoglia perché
cessa l’attività) si ritiene che questa esigenza di non decettività del marchio sia garantita o quando il
marchio generale viene ceduta con l’azienda oppure quando il pubblico venga informato adeguatamente
della cessione e si verifica spesso, quando ci sono acquisto di marchi es. moda o auto, sono operazioni
largamente pubblicizzato con un comunicato stampa dell’imprenditore originario. È sufficiente per
informarlo.

Statuto di non decettività del marchioe quanto al titolare del marchio? Qual è la sanzione? Decadenza del
marchio. La previsione che riguarda la licenza non esclusiva risponde all’esigenza che il consumatore non
sia ingannato da un messaggio che non corrisponde più al vero a causa di vicende del marchio. Questa
previsione risponde ai licenziatari non esclusivi di uniformare la propria produzione a quella di altri
licenziatari non esclusivi o titolari del marchio. Es. se ci sono 3 linee di abbigliamento sul mercato che hanno
lo stesso marchio perché l’originario titolare l’ha ceduto ad altri 3, lo standard deve essere mantenuto.
Questo avviene con i marchi speciali che danno costanza qualitativa.
Es. Se intervengo sul prodotto e modifico le caratteristiche utilizzando materiale pregiato per scarpe, se ora
non voglio farlo più e voglio delocalizzare impianti in Asia, se voglio evitare di decadere con il marchio per
illiceità sopravvenuta devo informare il consumatore di questo deterioramento qualitativo. Il problema di
garantire il messaggio veritiero e che ci sia l’impegno dell’impresa a dare informazione corretta riguarda
tutti gli imprenditori e anche il titolare del marchio stesso.

Nullità del marchio (art. 25 c.p.i.)

Il marchio è nullo:
a) se manca di uno dei requisiti previsti nell’art. 7 (oggetto di registrazione) o se sussiste uno degli
impedimenti previsti dall’art. 12 (novità);
b) se è in contrasto con il disposto degli artt. 9 (marchi di forma), 10 (stemmi), 11, 11-bis, 13 (capacità
distintiva), 14, comma 1 (liceità), e 19, comma 2 (registrazione in mala fede);
c) se è in contrasto con il disposto dell’art. 8 (ritratti di persone, nomi e segni notori);
d) nel caso dell’art. 118, comma 3, lettera b) (registrazione a nome di persona diversa dall’avente diritto).
N.B.: la nullità può riguardare solo una parte dei prodotti o servizi contraddistinti (e così pure la decadenza)

Le ipotesi coincidono con impedimenti assoluti e relativi, quando non ci sono determinati requisiti il
segno non si può registrare come marchio. Il marchio è privo di effetti fin dall’inizio e non si potevano
conseguire nessuna esclusiva su quel segno perché non rispetta i requisiti della legge. La nullità e la
decadenza riguarda solo alcuna parte dei prodotti ad esempio la classe nulla. Es. Marchio registrato per più
classi di prodotti ma per una in particolare non sia così distintivo perché consiste in una indicazione
descrittiva del prodotto stesso. Per tutte le altre va bene ma per una è nullo.
La nullità è disciplinata dall’art 25 + 122 e 184 bis e successivi.

Caso: Marchio Adidas


descritto come segue: “Il marchio è costituito da tre strisce parallele equidistanti di uguale larghezza,
applicate sul prodotto in qualsiasi direzione” Marchio Adidas registrato per la classe 25 nel 2014 viene
dichiarato nullo perché privo di carattere distintivo intrinseco. Una società belga ha richiesto e ricorso
contro questa decisione all’EUIPO – non davanti all’autorità giudiziaria - chiedendo che il marchio fosse
annullato perché il marchio era nullo per assenza di capacità distintivo. La decisione fu positiva e Adidas ha
cercato di dire che il segno è divenuto distintivo attraverso l’uso, producendo una serie di prove cercando
di provare la capacità distintiva – riabilitazione della capacità distintiva. La prova più consistente è stata
data da sondaggi condotti su cinque paesi diversi e traeva la conclusione che avesse acquisito capacità
distintiva nel territorio dell’Unione. Il tribunale ha detto no e non si può trarre una conclusione uniforme
per tutti i 27 paesi e non 5. I marchi dell’unione europea devono avere distinzione in tutti i paesi.

Azione di nullità del marchio

Esercizio dell’azione di nullità (o di decadenza) davanti all’Autorità giudiziaria oppure all’UIBM mediante
apposita istanza, scritta e motivata (v. art. 122 e nuovo art. 184-bis ss. c.p.i.)
[il procedimento davanti all’UIBM, più snello e rapido, non è fruibile per tutte le ipotesi: è escluso, ad
esempio, in caso di mancanza di novità per l’esistenza di un marchio di fatto o altro segno non titolato
altrui]
Introdotta una procedura più snella e rapida con la quale si richiede la nullità o decadenza di un segno
registrato iniziando il procedimento all’UIBM – che risulta l’ufficio dove si presenta la domanda. Non si può
richiedere la nullità di un marchio registrato per contrasto con un marchio di fatto anteriore o con un altro
segno non titolato, la ditta. In questo caso si può fare tramite autorità giudiziaria, ovvero il giudice
competente sono le sezioni specializzate ovvero quelle citate nella concorrenza sleale, anche per i marchi
dell’UE. I paesi e gli stati membri hanno individuato i propri giudici il cui giudizio riguarda tutto il territorio
dell’Unione. Non è qualsiasi giudice civile.

Legittimazione all’esercizio dell’azione di nullità e di decadenza: l’azione può essere esercitata da chiunque
vi abbia interesse e promossa d’ufficio dal pubblico ministero (art. 122 e 184-ter c.p.i.); tuttavia ...L’azione
diretta ad ottenere la dichiarazione di nullità di un marchio per la sussistenza di diritti anteriori, oppure
perché l'uso del marchio costituirebbe violazione di un altrui diritto di autore, di proprietà industriale o
altro diritto esclusivo di terzi, oppure perché il marchio costituisce violazione del diritto al nome oppure al
ritratto […], può essere esercitata soltanto dal titolare dei diritti anteriori o dall’avente diritto
 Di norma la legittimazione dell’azione spetta a chiunque ne abbia interesse: c’è un’eccezione ovvero che
riguarda gli impedimenti relativi o comunque tutti quei casi in cui il marchio registrato a cui si invoca la
nullità contrasta con diritti altrui. In tutti questi casi è solo il titolare di un marchio anteriore può agire
(titolare del marchio anteriore registrato simile o identico a quello per il quale si sta invocando la nullità).

Ancora, è vietato a chiunque di fare uso di un marchio registrato dopo che la relativa registrazione è stata
dichiarata nulla, quando la causa di nullità comporta la illiceità dell'uso del marchio (art. 21, comma 3,
c.p.i.)
Il fatto di non poter registrare come segno un marchio, perché privo di capacità distintiva ad esempio.
Non impedisce di utilizzarlo nell’attività e registrarlo. In linea di principio anche se il marchio consiste in un
segno che non si può registrare in caso di motivi di illiceità es. mafia se sieta alla mesa. Tutta via c’è ipotesi
di marchio registrato e poi dichiarato nullo che impedisce non solo a registrarlo di nuovo ma di farne uso
nel commercio nell’ipotesi di illiceità (decettivo, contro buon costume) es. Boy London. Però, si trova
comunque il sito del ristorante e delle magliette anche se considerate illecite e il marchio viene ancora
utilizzato. La verità è diversa da quello che il legislatore decide.

Decadenza del marchio (art. 26 c.p.i.)

Il marchio decade:
1) per volgarizzazione
2) per illiceità sopravvenuta * Statuto di non decettività del marchio
3) per non uso

+ specifica ipotesi per marchi collettivi e di certificazione

La nullità è quando il marchio non potrebbe nemmeno essere stato registrato, è privo di effetti fin
dall’origine. La decadenza invece riguarda marchi validamente registrati perché avevano tutti i requisiti ma
decadono per una serie di fattori che non giustifica la monopolizzazione di quel segno derivante della
registrazione e giustifica una richiesta da parte di chi ha interesse di decadenza del marchio stesso. A quel
punto il segno è appropriabile da altri.

1) Volgarizzazione

Il marchio decade se, per il fatto dell’attività o dell’inattività del suo titolare, è divenuto nel commercio
denominazione generica del prodotto o servizio o abbia comunque perduto la sua capacità distintiva:
v. art. 13 c.p.i. (es: biro, cellophane, nylon, post-it, thermos, walkman, rimmel), (NO aspirina perché ha
ottenuto nel vocabolario la registrazione della parola come proprio marchio registrato).
- Perdita della funzione di collegamento concettuale fra il prodotto o servizio e un determinato
imprenditore
- E la riproduzione del marchio in un dizionario o in un’enciclopedia?

e i marchi di forma? Es. Moka Bialetti

Art. 20, comma 3-bis, c.p.i. (introdotto dal d.lgs. n. 15/2019) “Se la riproduzione di un marchio in un
dizionario, in un’enciclopedia o in un’analoga opera di consultazione in formato cartaceo o elettronico dà
l’impressione che esso costituisca il nome generico dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio è
registrato, su richiesta del titolare del marchio d’impresa l’editore dell’opera provvede affinché la
riproduzione del marchio sia, tempestivamente e al più tardi nell'edizione successiva in caso di opere in
formato cartaceo, corredata dell'indicazione che si tratta di un marchio registrato”

Ipotesi contraria alla riabilitazione del marchio. Es. Adidas ha perso capacità distintiva. Es. Scottex,
registrato validamente e negli anni è diventata la parola acquisita alla realtà linguistica come uso comune,
denominazione generica. Es. Googlare: è sempre stata attenta di non utilizzarlo questo verbo to Google ma
anche se utilizzato dal pubblico serve un comportamento dal titolare del marchio (attivo o inattivo
consentendo che terzi utilizzassero questo per una denominazione generica del prodotto, ho avvallato con
il mio comportamento questa trasformazione in denominazione generica. Es. Nutella: crema spalmabile alle
noci e si è ottenuto il simbolo R in un cerchio per marchio registrato di fianco al nome. Sono un modo per
evitare che il marchio si volgarizzi.
Es.: marchio “Oscar” decadenza solo parziale art 27 cpi, con esclusione del settore commerciale in cui non si
è volgarizzato (ossia il settore dell'industria cinematografica): per i restanti prodotti e servizi afferenti della
classe 41 (istruzione e spettacolo) il marchio è decaduto avendo ormai assunto il significato generico di
“primo premio” [Cass., 21 luglio 2016, n. 15027] La cassazione ha ritenuto corretto le conclusioni sulla
volgarizzazione. Non per il settore dell’industria cinematografica ma si è volgarizzato per altri prodotti e
servizi della classe di istruzione e spettacolo per la quale il marchio era stato registrato, perché Oscar era
diventata equivalente per il primo premio. Non per tutti i prodotti ma solo per alcuni.

2) Decettività e altre cause di decadenza per illiceità sopravvenuta

Il marchio decade:
a) se sia divenuto idoneo ad indurre in inganno il pubblico, in particolare circa la natura, qualità o
provenienza dei prodotti o servizi, a causa del modo e del contesto in cui viene utilizzato dal titolare o con il
suo consenso, per i prodotti o servizi per i quali è registrato;
b) se sia divenuto contrario alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume;
c) per omissione da parte del titolare dei controlli previsti dalle disposizioni regolamentari sull’uso del
marchio collettivo.

- Ingannevolezza sopravvenuta
- Deterioramento qualitativo rilevante del prodotto non evidenziato

lett. a): il marchio viene preso in considerazione in quanto messaggio rivolto dall’imprenditore al pubblico
(cfr. statuto di non decettività del marchio)

- Marchi speciali: Il marchio non deve comunicare al pubblico un messaggio che gli faccia pensare
che il prodotto o servizio contrassegnati abbiano qualità migliori di quelle che essi hanno in realtà
deterioramento qualitativo (rilevante) del prodotto che non sia stato in qualche modo dichiarato
dal titolare del marchio
- Marchi generali: Uso del marchio da parte di un soggetto diverso dal titolare (originario), quando il
pubblico non sia stato congruamente avvertito del mutamento

3) Decadenza per non uso

Il marchio decade se non è stato oggetto di uso effettivo da parte del titolare/licenziatario o con il suo
consenso, per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato, entro cinque anni dalla registrazione, o se
tale uso è stato sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, salvo che il mancato uso non sia
giustificato da un motivo legittimo (art. 24 c.p.i.)
Es. Se si fa causa ad una persona che utilizza un segno simile al nostro, lui può utilizzare come difesa che
il segno che si asserisce che io copi è un segno decaduto perché non utilizzato dal titolare per 5 anni, sarà il
titolare del marchio preesistente che dimostrerà l’uso del marchio se non fosse vero. C’è un’eccezione che
il mancato uso sia legittimo. Es. Farmaci per cui la produzione in commercio servono, trial clinici, attività
sperimentali e l’autorizzazione dell’AIFA, se per n ragioni tarda ad arrivare l’autorizzazione, non posso
mettere in commercio quel farmaco, ma viene considerato motivo legittimo, anche se alcuni non lo
considerano, se c’è carenza di finanziamenti non sono considerati sufficienti. Devono trattarsi di ipotesi da
autorità esterne. L’uso non deve essere meramente simbolico, non bastano poche fiere l’anno deve essere
un uso nell’attività economica.

N.B.:
1) Decadenza può essere parziale, in caso di non uso del marchio per alcuni soltanto dei prodotti o servizi
per cui è stato registrato;
2) è equiparato all’uso del marchio l’uso dello stesso in forma modificata, ancorché non registrata, che non
ne alteri il carattere distintivo, nonché l'apposizione nello Stato del marchio sui prodotti o sulle loro
confezioni o imballaggi ai fini dell'esportazione di essi; Es. H&M in forma modificata ma che non altera il
carattere distintivo, registrato rosso ma che io utilizzo in nero.
3) I marchi difensivi sono sottratti alla decadenza per non uso (v. art. 24, ult. comma, c.p.i.)

La ragione di questa causa di decadenza? Esigenza di impedire fenomeni di accaparramento dei marchi, di
evitare una mera “occupazione” di segni, solo teoricamente infiniti: un marchio decaduto per non uso può
essere validamente ridepositato.

Marchi collettivi (art. 11 c.p.i.)

Trattasi di marchi che svolgono essenzialmente una funzione di indicazione di provenienza del prodotto o
servizio da un gruppo di imprenditori (normalmente i membri di un’associazione/consorzi).
Sono destinati ad essere utilizzati da una pluralità di imprenditori.

a) Le persone giuridiche di diritto pubblico e le associazioni di categoria di fabbricanti, produttori,


prestatori di servizio o commercianti (esclusi taluni tipi di società) possono ottenere la registrazione
di marchi collettivi che hanno la facoltà di concedere in uso a produttori o commercianti.
Tipicamente consorzi tra imprenditori
b) I marchi collettivi devono poggiare ciascuno su un proprio regolamento (da allegare alla domanda
di registrazione). Il titolare del marchio deve adottare le misure ragionevolmente idonee a
prevenire un uso del marchio non conforme alle condizioni del regolamento d’uso del marchio
collettivo e, in particolare, i controlli previsti dalle disposizioni regolamentari sull’uso del marchio
stesso, a pena di sua decadenza del marchio (art. 14 c.p.i.)

I marchi collettivi fino al 2019 garantivano certe caratteristiche: qualità natura, proveniente ora sono
rimandati ai marchi di certificazione. I marchi collettivi danno informazioni che utilizzano il marchio stesso:
la prima è il fatto che il prodotto proviene da un gruppo di imprenditore e che normalmente sono membri
di un consorzio, enti associativi che registrano marchi collettivi. L’art parla di associazione (di categoria) in
senso ampio qualunque ente associativo che abbia soggettività giuridica e che raggruppi la fattispecie di
imprenditori (esclusione società di capitali). La caratteristica è che chi registra il marchio collettivo non è chi
lo utilizza, cosa che non avviene nel marchio individuale. Es. consorzio delle terre di Siena, questo lo registra
e lo si dà in uso ai propri aderenti. La seconda è il fatto che ci si appoggia ad un regolamento d’uso, è
importante perché bisogna allegare alla domanda il regolamento d’uso e vanno indicate una serie di
informazioni: condizioni d’uso del marchio, prodotto con caratteristiche, chi è abilitato ad usarlo, che
requisiti deve avere, chi entra nell’ente associativo, le sanzioni applicate nel caso in cui chi lo usa non
rispetti le condizioni d’uso, c’è ipotesi di decadenza affinché chi usa il marchio rispetti il regolamento e
produca i beni con questo marchio.

Marchi di certificazione (art. 11-bis c.p.i.)

Le persone fisiche o giuridiche, tra cui istituzioni, autorità ed organismi accreditati, ai sensi della vigente
normativa in materia di certificazione, a garantire l’origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o
servizi, possono ottenere la registrazione per appositi marchi come marchi di certificazione, a condizione
che non svolgano un’attività che comporta la fornitura di prodotti o servizi del tipo certificato
Alla domanda di registrazione di un marchio di certificazione è allegato un regolamento concernente il suo
uso (v. slide precedente, lett. b)

In Italia dal momento che i marchi collettivi sono legati a produzione agricole, produzioni artistiche e
tradizionali es. Vetro Murano, sono molto elevati rispetto a quelli dell’UE. La norma è stata introdotta nel
2019 che ha adeguato la disciplina nazionale sia alla disciplina dei marchi sia alla normativa europea, questo
ha aggiunto i marchi di certificazione. Questi marchi certificano e rispettano determinanti standard fissati
dall’organismo di certificazione es. materiale utilizzato, provenienza del prodotto, qualità e sono iscritte nel
regolamento d’uso. Es marchi di certificazione. Marchio C.E., Marchio Vera Pelle, Marchio Woolmart,
Marchio VivaiFiori. Sono 165 iscritti all’UIBM. Una volta erano marchi collettivi. Possono registrare un
marchio certificazione anche persone fisica (normalmente sono organismi di certificazione), mentre per i
marchi collettivi serve un ente associativo. L’unico limite è che chi registra, non svolga esso stesso
un’attività che comporta la fornitura di prodotti o servizi del tipo certificato, obbligo di neutralità in capo a
chi ha registrato il marchio di certificazione, e da a terzi ovvero tutti quelli che rispettano il regolamento
d’uso il marchio stesso. Chi ha registrato un marchio di certificazione non può registrare i propri prodotti.

- Differenza tra marchi collettivi e marchi di certificazione I primi possono essere usati, di norma, solo
dai membri dell’associazione titolare del marchio (aderenti al consorzio); i secondi da chiunque si
conformi agli standard e ai requisiti definiti dal titolare del marchio nel relativo regolamento d’uso,
allegato alla domanda di registrazione di un segno di marchio collettivo (137 €).

- Entrambi: funzione oggettiva di «garanzia» o di certificazione/attestazione.


N.B.: i marchi collettivi e di certificazione possono consistere anche in segni o indicazioni della
provenienza geografica dei prodotti o servizi.

Deroga al divieto di marchi costituiti esclusivamente da una denominazione geografica (v. art. 13,
comma 1, c.p.i. e artt. 11 e 11-bis, comma 4, c.p.i.); tuttavia, l’Ufficio italiano brevetti e marchi può
rifiutare la registrazione quando i marchi richiesti possano creare situazioni di ingiustificato
privilegio o comunque recare pregiudizio allo sviluppo di analoghe iniziative nella regione

Inoltre, qualsiasi soggetto i cui prodotti o servizi provengano dalla zona geografica in questione ha
diritto sia a fare uso del marchio collettivo, sia a diventare membro della associazione di categoria
titolare del marchio, purché siano soddisfatti tutti i requisiti di cui al regolamento c.d. principio della
porta aperta
Ha lo scopo di evitare situazioni di pregiudizio nei confronti di altri produttori i cui prodotti
derivino dalla stessa zona. Lo scopo per la quale l’UIBM potrebbe rifiutare questa domanda. Sono
previsioni che si giustificano per evitare pregiudizio per alcuni e estremo privilegio per altri.

Marchi storici di interesse nazionale (art. 11-ter 50 anni e hanno un valore come marchi storici.
c.p.i.) I titolari o licenziatari esclusivi di marchi Chi ha ottenuto la registrazione può utilizzare il
d’impresa registrati da almeno cinquanta anni o marchio specificatamente previsto e può apporlo
per i quali sia possibile dimostrare l'uso ai propri prodotti e anche il logo che è stato
continuativo da almeno cinquanta anni, utilizzati istituto con un decreto del MISE- marchio storico
per la commercializzazione di prodotti o servizi di interessa nazionale.
realizzati in un’impresa produttiva nazionale di
eccellenza storicamente collegata al territorio
nazionale, possono ottenere l'iscrizione del
marchio nel registro dei marchi storici di
interesse nazionale
 Facoltà di utilizzo, per finalità commerciali e Marchi collettivi e di certificazione (segni di tipo
promozionali, del logo «Marchio storico di privatistico) ≠ Indicazioni geografiche di
interesse nazionale, è stato creato un registro per provenienza (IGP) o denominazioni d’origine
questi marchi ovvero quelli registrati da almeno (DOP) Indicazione di provenienza del prodotto da
uno o più produttori in una determinata area di una determinata zona e che rispettano certi
geografica procedimenti di realizzazione. Nel caso della DOP
Ci sono regolamenti comunitari che dettagliano che hanno più valore, tutte le fasi della
la procedura per ottenere un segno come nome lavorazione del prodotto devono avvenire nella
di qualità, necessario un disciplinare e ci sono stessa area. Sono un elemento tipicamente
normative amministrative che indicano la Europeo (soprattutto Italia) rispetto all’USA. Può
procedura prima davanti allo stato italiano e poi capitare di avere lo stesso segno sia registrato
all’UE. Riguardano alcuni prodotti agricoli, come marchio collettivo e come IGP e DOP ora
materie prime e vini, la caratteristica è che però la disciplina è cambiata (No dop e igp e
indicano che il prodotto che porta il nome di marchio individuale).
qualità IGP o DOP deriva da uno o più produttori

Modelli di utilità, disegni e modelli – Lezione 13,14

Concessione di altro tipo di «brevetto» (o registrazione), rispetto a quello concesso a fronte di invenzioni
industriali.
① Modelli di utilità (82 ss. c.p.i.)
② Disegni e modelli (31 ss. c.p.i.)

- Qual è la differenza tra modelli d’utilità e disegni e modelli?


I modelli di utilità proteggono un’innovazione tecnologica, sono molto vicini ai brevetti
(invenzioni) e in molti paesi del mondo non hanno una specifica tutela e per gli stessi c’è il rilascio
di un brevetto minore, l’originalità è inferiore alle invenzioni. Mentre i disegni e modelli proteggono
un’innovazione puramente formale (estetica), questi non hanno nulla a che fare con innovazioni
tecnologiche, tecniche. L’UIBM rilascia un brevetto per i primi e per i secondi si parla di
registrazione.
- Entrambi attribuiscono un diritto di esclusiva sulla forma di un prodotto esteriore di un prodotto
industriale. Hanno ad oggetto una forma e, precisamente, la forma nuova di un prodotto
industriale.
Tutelano il diritto esclusivo sulla forma esteriore rispetto alla quale chi chiede la registrazione o il
brevetto vuole garantirsi un’esclusiva o perché la forma realizza una certa funzione/concetto
innovativo oppure perché quella forma ha un valore estetico e possa attrarre i consumatori verso il
proprio prodotto.
- Possibilità di registrazione contemporanea sia come modelli di utilità sia come disegno e modello.
Se quella stessa forma propone sia forme originali dal punto di vista estetico ha anche una forma
che migliora l’utilizzo del prodotto si può registrare per entrambi. (se un disegno o modello
possiede i requisiti di registrabilità e al tempo stesso accresce l'utilità dell’oggetto al quale si
riferisce: art. 40 c.p.i.).

Modelli di utilità

Modelli di utilità proteggono, tramite brevetto, le forme nuove del prodotto che diano al prodotto una
particolare efficacia o comodità funzionale Art. 82 c.p.i.

Questa è l’utilità dell’invenzione è la ragione per la quale si parla di forme utili e funzionali. Nei limiti in
cui, per definire l’ambito della tutela, le forme devono esprimere un concetto innovativo che è il limite di
originalità che si trova anche nei brevetti.

«Possono costituire oggetto di brevetto per modello di utilità i nuovi modelli atti a conferire particolare
efficacia o comodità di applicazione o di impiego a macchine, o parti di esse, strumenti, utensili od oggetti
di uso in genere, quali i nuovi modelli consistenti in particolari conformazioni, disposizioni, configurazioni o
combinazioni di parti» (es.: rete elastica in legno per letti, con sistema molleggiante pure di legno;
nebulizzatore con una speciale forma di ugello adatta per le applicazioni nasali, che consente un’erogazione
più efficace).

È una previsione generica. Es. Rasoio Phillips come modello di utilità, manici di coltelli che hanno
particolari impugnature che risulta ciò che io tutelo, bastoncini da trekking con speciali impugnature (si
tutela la forma del bastoncino). Sono delle piccole invenzioni e ciò che le differenzia dall’invenzione vera e
propria è un elemento quantitativo ovvero un minor livello di originalità, ma spesso il limite su ciò che è
brevettabile come invenzione e ciò che è brevettabile come modello di utilità non è chiaro.

Requisiti di brevettabilità

① Novità
② Originalità (particolare efficacia …)C’è attività inventiva alla base, perché ho trovato una soluzione
che rende più comodo l’utilizzo di determinati beni. Si parla di attività inventiva per i brevetti.

NON riguarda i brevetti, la procedura per ottenere un disegno e modello è relativamente veloce perché
tuttavia, nella procedura di brevettazione l’Ufficio (UIBM) limita l’esame ai soli requisiti formali
Più precisamente, non è prevista la ricerca di anteriorità e l’esame si svolge sulla base degli allegati
presentati dal richiedente. Non valuta né la novità né l’attività inventiva ma resta il fatto che se una volta
registrato, se i requisiti di validità del modello di utilità non ci sono, può essere sempre dichiarato nullo.

Si potrebbe affermare che, diversamente dall’invenzione industriale, nei modelli di utilità manca la
soluzione nuova di un problema tecnico e l’innovazione agisce solo su aspetti marginali ed esecutivi di ciò
che è già noto
tuttavia… difficoltà di tracciare una netta linea di demarcazione tra i due (invenzioni industriali e modelli di
utilità), soprattutto lì dove entrano in gioco le invenzioni della meccanica  livello di originalità meno
elevato come (possibile) criterio distintivo. Questi sono tentativi di capire il criterio distintivo delle due
fattispecie.

Disciplina

- Le disposizioni sulle invenzioni industriali spiegano effetti anche nella materia dei modelli di utilità,
in quanto applicabili
- Il brevetto per modello di utilità dura dieci anni dalla data di presentazione della domanda
- Gli effetti del brevetto per modello di utilità si estendono ai modelli che conseguono pari utilità,
purché utilizzino lo stesso concetto innovativo

Proprio per questa vicinanza delle invenzioni brevettabili le disposizioni di queste vengono applicate ai
modelli di utilità, questo vale quando il legislatore non ha regolato queste specificità. Si applicano quindi le
norme dettate in materia di invenzioni industriali. La durata è 10 anni che è dimezzato rispetto al brevetto e
non rinnovabile rispetto ai modelli.

Es.: In relazione ad un sistema di strizzatura incorporato in un secchio rotante per l’eliminazione rapida
dell’acqua dal panno di uno spazzolone per pavimenti, si è ritenuto integrare contraffazione per equivalenti
la variazione del solo meccanismo di azionamento, che nel primo sistema consisteva in un elemento
dentato rettilineo collegato ad un pedale da un elemento elastico e nel secondo in un unico elemento
costituito dal pedale che provocava la trasmissione del moto mediante la conformazione dentata curva
della sua parte opposta. Quello che cambia era solo il meccanismo di funzionamento del sistema di
strizzatura, anche se la forma è diversa nei due prodotti, il concetto innovativo alla base è la stessa si è
ritenuta la presenza di contraffazione.

- Chi chiede il brevetto per invenzione industriale può presentare contemporaneamente domanda di
brevetto per modello di utilità, da valere nel caso che la prima non sia accolta o sia accolta solo in
parte (deposito di domande alternative)
- «interferenza» con la disciplina del marchio (v. art. 9 c.p.i.): forme utili che esprimono un concetto
innovativo sono brevettabili come modello, mentre non possono accedere alla tutela offerta dalla
registrazione come marchi

Il legislatore consente di depositare contemporaneamente domanda sia per una invenzione industriale
(brevetto) sia una domanda di brevetto per modello di utilità da valere solamente se il brevetto per
invenzione industriale non viene accolta. Nel caso in cui l’ufficio non mi conceda l’invenzione chiedo
almeno che mi conceda un modello di utilità se ovviamente vale la forma esteriore.

Disegni e modelli

I disegni e modelli proteggono l’aspetto esterno del prodotto o di una sua parte (che sia privo di valore
funzionale**), non occorrendo però che esso presenti una particolare gradevolezza estetica
**Non possono costituire oggetto di registrazione come disegni o modelli caratteristiche dell’aspetto del
prodotto che sono determinate unicamente dalla funzione tecnica del prodotto stesso.

Si può tutelare l’intero prodotto, una sedia, una borsa, si può tutelare un prodotto complesso
(autoveicolo) e si possono tutelare parti del prodotto complesso (porte, fanali…).
Qui si tutela la soluzione formale ed estetica, non soltanto le forme che hanno un particolare gradiente
estetico sono tutelabili. Non è un requisito di registrabilità il valore artistico, può essere anche una forma
orribile, ma se ha un successo nel mercato si può registrarla. Non c’è nessun giudizio né alla gradevolezza
estetica né artistica. In quel caso altrimenti sarà tutelata dal diritto di autore, tramite cumulo di tutele. Tutti
hanno interesse a registrare forme che abbiano un appeal che sarà un elemento significativo per il
consumatore es. Apple.

Es. Kelly di Hermes è tutelata come marchio e come


modello

Art. 31 c.p.i. «Possono costituire oggetto di registrazione


come disegni e modelli l’aspetto dell'intero prodotto o di
una sua parte quale risulta, in particolare, dalle
caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della
forma, della struttura superficiale ovvero dei materiali del
prodotto stesso ovvero del suo ornamento, a condizione
che siano nuovi ed abbiano carattere individuale»

Definizione ampia delle forme registrabili come modelli. Deve trattarsi di una forma intendo anche
prodotti industriali e artigianali. Es. albero, piante, non sono tutelabili perché prodotti non industriali e non
artigianali.
I due elementi per la registrazione che devono sussistere per fare domanda è aver individuato una forma
esteriore del prodotto (no forme interne es. autoveicolo che non si vedono non sono tutelabili come
modello). Non è nemmeno tutelabile quella forma che ha una precisa funzione tecnica, li dove la forma di
un prodotto è imposta esclusivamente per una funzione tecnica non si può, si monopolizzerebbe la forma
che il prodotto dovrebbe avere per realizzare una specifica funzione. Es. Coltello semplice, dove non c’è
alcun ornamento estetico.
Requisiti di registrazione

- Novità (art. 32 c.p.i.)


- Carattere individuale (art. 33 c.p.i.)

A questi requisiti si aggiunge la liceità – art. 33-bis c.p.i. (non contrarietà ad ordine pubblico e buon
costume). N.B.: a livello europeo sono tutelati anche i disegni e modelli non registrati, per tutto il territorio
dell’UE, anche in materia di disegni e modelli abbiamo un titolo di proprietà industriale che ha gli stessi
effetti ovunque. Vale anche per un tipo di disegno e modello comunitario dell’UE, non abbiamo un brevetto
dell’UE.

Quella forma che ha una particolare valore di mercato aumenta il valore economico del prodotto stesso e
le potenzialità di vendita. Per la valida registrazione dei disegni e modelli, la forma deve essere nuova (non
utilizzata da altri) e deve avere carattere individuale. Oltre a questo, si aggiunge la liceità, la forma che si
deve registrare non deve essere contraria all’ordine pubblico. A livello nazionale per avere una tutela per
disegno e modello si deve registrare seguendo procedure all’UIBM; tuttavia, ci si può avvalere di un
regolamento comunitario. A livello europeo e quindi anche in Italia è possibile essere tutelati per disegni e
modelli non registrati, devono comunque avere le stesse caratteristiche di quelli registrati cioè riguardare la
forma di un prodotto e devono essere nuovi e carattere individuale. Per il mero fatto di essere state
divulgate ed usate per un periodo di tempo di minimo 3 anni, possono essere ugualmente tutelate. È
comunque una tutela più limitata perché consente di reagire nei confronti di comportamenti di
contraffazione che consistano nella mera copia del modello. Mentre se c’è la registrazione si può impedire
a terzi anche se hanno avuto la stessa idea e che indipendentemente hanno creato la stessa, si può
impedire l’utilizzazione grazie alla registrazione. Ciò non è possibile se non si registra. Se si vuole tutela per
altri concorrenti si deve dimostrare la mera copia della forma.

Es. Soprattutto per le case di moda, ogni anno inventano nuovi modelli e non è che di tutti i modelli che
creiamo, li registriamo. Si fa una scelta sulla quale si pensa di poter avere una esclusiva perché non
dureranno solo una stagione. Per capire come risponde il mercato si deve fare una prova però e quindi già
commercializzare il modello, non registrandolo. Se risponde bene, lo vado a registrare. Se ha poco successo
lo sfrutto in via esclusiva nel limite di 3 anni. Non per tutti i modelli c’è un interesse di creare esclusiva nel
tempo e che richieda di seguire una procedura.

Novità

Mancanza di divulgazione* di disegni o modelli identici anteriormente alla data di presentazione della
domanda
*Divulgazione: disegni o modelli resi accessibili al pubblico per effetto di registrazione o in altro modo
(esposti in fiere, messi in commercio o altrimenti resi pubblici), brucia la novità del modello. A meno che tali
eventi non potessero ragionevolmente essere conosciuti dagli ambienti specializzati del settore interessato,
operanti nella Comunità, nel corso della normale attività commerciale, Alcune ipotesi di predivulgazione
sono però irrilevanti …
Identità: caratteristiche che differiscono solo per dettagli irrilevanti

Il termine di riferimento è sempre la data di deposito della domanda. Non parliamo di novità assoluta,
perché ci sono casi in cui si dice che il modello non è stato divulgato. Nel caso di disegno e modello il
legislatore circoscrive il concetto di divulgazione. A differenza dei brevetti in cui si parla di novità assoluta,
se si divulga in qualche modo non si può più brevettare. Se si rende accessibile una forma del prodotto da
registrare a collaboratori/dipendenti - interni all’impresa sono tenuti alla fedeltà o clienti/partner
commerciali – si firma un accordo di segretezza, non è considerata divulgazione.
Es. Se faccio vedere il mio modello borsa, capotto durante la settimana della moda sussiste divulgazione. Se
ho una cliente famosa e la prende in anteprima utilizzandola in un contesto di ambiente frequentato, il
prodotto potrebbe non considerarsi divulgato.

Non si considera reso accessibile al pubblico il disegno o modello divulgato dall’autore nei 12 mesi
precedenti la data di presentazione della domanda di registrazione periodo di grazia (“grace period”)
(tolleranza)

Altra deroga per la divulgazione che non brucia la novità quando il disegno e modello è divulgato
dall’autore 12 mesi prima della domanda di registrazione. Esiste un periodo di tolleranza per capire il
mercato e dopo questo periodo si può registrare come modello 5*5 anni invece che solo di 3 anni.

Non c’è novità quando il modello divulgato è uguale al nostro, non basta la mera somiglianza in questo
c’è novità.

Carattere individuale (art. 33 c.p.i.)

L’impressione generale che il disegno o modello suscita nell'utilizzatore informato differisce


dall’impressione generale suscitata in tale utilizzatore da qualsiasi disegno o modello che sia stato divulgato
prima della data di presentazione della domanda.
Utilizzatore informato ≠ da consumatore medio, perché in grado di cogliere sfumature che sfuggono al
consumatore medio, ha una conoscenza dettagliata di quel settore.
Procedura relativamente veloce perché l’UIBM esamina solo forma esteriore e liceità. La novità e il
carattere individuale non li esamina al momento della registrazione ma successivamente pena nullità. Il
carattere individuale significa che se ci troviamo di fronte a un modello di borsa nuovo, non si deve avere
l’impressione di un modello già visto. Es. Julie ha una conoscenza di borse più approfondita.

Nell’accertare il carattere individuale di cui al comma 1, si prende in considerazione il margine di libertà di


cui l'autore (designer) ha beneficiato nel realizzare il disegno o modello (affollamento del settore di
riferimento).
È difficile che il modello si distanzi completamente da quelli già presenti sul mercato. Se si replicano tutti i
dettagli che danno carattere individuale alla forma e al modello stesso allora sussiste contraffazione.

Es.: Swarovski a.g. e Swarovski Internazionale d’Italia s.p.a./Chang e Star Vip (Trib. Milano, 20 febbraio
2018) I bracciali offerti in vendita da Chang e da Star Vip, con e senza etichette recanti la denominazione
Mac Mode, presentano forme identiche, realizzate con le stesse proporzioni e le medesime linee, dei
modelli Swarovski (Crystaldust e Crystaldust double), riproducendo così tutti i dettagli conferenti carattere
individuale

Disciplina

- La registrazione del disegno o modello dura cinque anni a decorrere dalla data di presentazione
della domanda, prorogabile per uno o più periodi di cinque anni fino ad un massimo di venticinque
anni. Tutela più estesa rispetto ai modelli di utilità.
- I diritti esclusivi conferiti dalla registrazione di un disegno o modello si estendono a qualunque
disegno o modello - anche identico - che non produca nell'utilizzatore informato una impressione
generale diversa (possono esserci anche delle varianti che producono nell’utilizzatore la stessa
impressione generale, che però complessivamente non sono tali da generare all’utilizzatore
un’impressione diversa).
- Gli effetti della registrazione (attribuzione di diritti esclusivi) decorrono dalla data in cui la domanda
con la relativa documentazione è resa accessibile al pubblico (cosa che avviene, di norma, dopo il
deposito, salvo che… il richiedente può escludere, nella domanda, l’accessibilità per un periodo che
non può essere superiore a trenta mesi dalla data di deposito.
Posso chiedere il differimento della pubblicazione della domanda della forma stessa, impedire
che il pubblico venga a conoscenza della forma per un periodo inferiore ai 30 mesi. È utile perché
mi organizzo nella commercializzazione del prodotto e quindi non voglio che sia pubblica.
- Con una sola domanda può essere chiesta la registrazione per più disegni e modelli (deposito
plurimo), purché destinati ad essere attuati o incorporati in oggetti inseriti nella medesima classe
della classificazione internazionale (Accordo di Locarno, no Nizza)consente un risparmio.
- Interferenza con la disciplina del marchio (v. art. 9 c.p.i.): le forme «ornamentali» sono tutelabili
attraverso l’ottenimento di una registrazione come disegni o modelli e non attraverso la
registrazione come marchi quando abbiano un valore estetico significativo (forma che dà valore
sostanziale al prodotto)
- Salvo patto contrario, la registrazione per disegni e modelli, che siano opera di dipendenti, in
quanto tale opera rientri tra le loro mansioni, spetta al datore di lavoro, fermo restando il diritto del
dipendente di essere riconosciuto come autore del disegno o modello e di fare inserire il suo nome
nell'attestato di registrazione

Diritti conferiti dal disegno o modello registrato

Diritto esclusivo di utilizzare* il disegno o il modello e di vietarne l'utilizzo a terzi senza il proprio consenso.
Sono in particolare atti di utilizzazione la fabbricazione, l'offerta, la commercializzazione, l’importazione,
l'esportazione o l'impiego di un prodotto in cui il disegno o modello è incorporato o cui è applicato, ovvero
la detenzione di tale prodotto per tali fini * taluni atti sono consentiti (ad es.: atti compiuti in ambito privato
e per fini non commerciali; atti di riproduzione a fini didattici o di citazione)

Ambito di tutela

N.B.: Il titolare è protetto sia dall’imitazione dolosa del proprio disegno o modello sia dall’autonomo
sviluppo altrui di un disegno o modello simile. Il giudizio di contraffazione non va effettuato in via analitica,
ma sulla base dell’impressione generale che i prodotti suscitano nell’utilizzatore informato (è necessario
che il prodotto che si alleghi interferente riproduca gli elementi caratterizzanti del prodotto tutelato: v., ad
es., Trib. Milano, 22.11.2017; Trib. Milano, 19.11.2019) analisi di insieme e complessiva.

Quando si valuta che il modello susciti una impressione diversa rispetto a quello registrato si fa una
valutazione globale e hanno rilievo gli elementi caratterizzanti del modello tutelato per stabilire se c’è
contraffazione. Non si rilevano le modifiche insignificanti e non rilevano che il modello del contraffattore
presenti degli elementi differenziali di dettaglio che hanno poca importanza es. sfumatura colore, le
modifiche dovrebbero riguardare i caratteri salienti. Es. il taglio dato al vestito era uguale, modifiche di
pizzo nella manica non bastavano.

Inoltre … N.B.: possibilità di cumulo tra la tutela della registrazione come disegno o modello e la tutela del
diritto d’autore (presupposti: carattere creativo e valore artistico).
Il valore artistico richiesto per la proteggibilità dell’opera ex l.a. deve essere ricavato da criteri oggettivi,
quali il riconoscimento, da parte degli ambienti culturali ed istituzionali (es. critici d’arte), della sussistenza
di qualità artistiche, l’esposizione in mostre e musei, la
pubblicazione su riviste specializzate a carattere scientifico e
non meramente commerciale, l’attribuzione di premi, la
vendita sul mercato dell’arte

C’è la possibilità di coniugare la tutela dei modelli e diritto


autoriale. È possibile che i modelli ottengano valore artistico,
ma se ho già una forma di tutela per 25 anni, perché voglio
ottenere anche l’altra tutela? Il motivo è che la tutela generale è molto più lunga fino al 70° anno dopo la
morte dell’autore. Godere della tutela significa crescere in modo significativo l’esclusiva e il termine entro il
quale godere di quella tutela. Possono esserci forme, opere, canzoni, design industriale con carattere
creativo e valore artistico e quindi in questo caso la forma deve avere una tutela come opera d’arte. Per
capire se il prodotto ha queste caratteristiche ci si basa su degli indici es. opera è stata esposta in una
mostra di arte moderna, oppure si esprimono critici d’arte, pubblicizzata su riviste d’arte e vendita sul
mercato dell’arte. Nella figura tutti e tre sono tutelati dal diritto d’autore. Quando abbiamo parlato di
marchi collettivi e certificazione e marchi storici di interesse nazionale si aggiungono al marchio individuale.
Io imprenditore che produce mele appongo il mio marchio collettivo Melina + marchio individuale
dell’imprenditore; quindi, nel marchio collettivo di certificazione sostituiscono il marchio individuale.

Le invenzioni industriali – Lezione 14

Brevetto per invenzione

Il brevetto per invenzione è l’istituto giuridico attraverso il quale l’ordinamento assicura all’inventore il
diritto di “utilizzazione” esclusiva dell’invenzione per un certo periodo di tempo. Esso, inoltre, assicura alla
collettività l’acquisizione stabile dell’invenzione al patrimonio collettivo. “Patent as a social contract”.

Diversamente dai marchi, se si deposita un brevetto è difficile farlo da soli. Perché quello che si rivendica
nella domanda tutto questo definisce la tutela. Bisogna essere chiari e utilizzare parole che consentano di
essere tutelati il più possibile e che abbiano un certo significato. IL BREVETTO NON è SUFFICIENTE AD
ATTURARE L’INVENZIONE, VIENE EMESSO PER IMPEDIRE A CHIUNQUE ALTRO DI REALIZZARE L’INVENZIONE.
Es. non è sufficiente brevettare un vaccino per metterlo in commercio, quando viene brevettato di solito
non è pronto perché deve passare per una serie di trial e attività e serve l’autorizzazione dell’AIFA. Si può
ottenere un brevetto rispetto ad un’invenzione che risulta in un miglioramento di un prodotto/ una
invenzione già esistente, ma prima di commercializzarla bisogna avere l’autorizzazione di sfruttamento
dell’invenzione base da parte del titolare di quel brevetto.
Es. Bollitore elettrico che ha un meccanismo che consente di scaldare l’acqua. Arrivando dopo un
imprenditore inventa una miglioria il funzionamento del bollitore. Quello per cui rivenditore l’esclusiva è
fare questo prodotto con la mia miglioria, ma devo avere l’autorizzazione di chi ha inventato il bollitore.

- Incentivo ad innovare: concessione all’inventore della protezione


- Incentivo a condividere le conoscenze: pubblicazione dei dettagli dell’invenzione

Es. Vaccini contro il covid, prodotti che si giustificano per essere curativi per certe patologie. Ha senso
che sia brevettabile oppure appropriabili da chiunque? Tuttavia, tutti i sistemi hanno i brevetti e gli
svantaggi derivanti dal poter non creare forme di monopolio sono compensate dai vantaggi nel
promuovere l’innovazione. Ci sono una serie di esperimenti, team di esperti e risorse finanziarie notevoli
per poter sviluppare un prodotto. Si innova non solo per spirito di progresso ma forza sul mercato.
Il brevetto viene definito come PATENT AS A SOCIAL CONTRACT: Inventore rivela i dettagli della sua
invenzione tramite il deposito della domanda che risulta molto dettagliato, è utile così ogni persona dopo
20 anni può produrre questo prodotto. Il vantaggio della collettività è che ottiene la rivelazione
dell’invenzione e il vantaggio dell’inventore sta nel poter usufruire di protezione ed esclusiva per il suo
brevetto per un certo periodo di tempo.

1. Alla base del brevetto c’è una logica di rivelazione, di trasparenza sulla struttura dell’invenzione
(disclosure): sua preferenza rispetto al segreto commercialeSi può scegliere di non brevettare
una invenzione perché risulta costosa e procedimento lungo, soprattutto se voglio proteggere
anche internazionalmente. L’alternativa è il segreto commerciale ma è possibile che non sia
sufficiente, durano poco soprattutto per quanto riguarda la costruzione di un prodotto. I segreti
industriali non sono una valida forma di tutela per tutti i tipi di invenzione. L’interesse alla
brevettazione non sta venendo meno.
2. Il brevetto per invenzione copre soltanto le innovazioni tecnologiche (invenzioni industriali)
3. La tutela fornita dal brevetto, diversamente da quella fornita dal marchio registrato, è temporanea
(20 anni non rinnovabili), per evitare alla collettività il rischio che il monopolio sull’invenzione si
protragga per un tempo troppo lungo Ci sono termini diversi per delle tipologie di invenzioni. Es.
Farmaci si possono ottenere altri cinque anni.
4. Principio di territorialità della protezioneSe si ottiene un brevetto dall’UIBM quello che si ottiene
è un brevetto nazionale, se vogliamo la tutela per altri paesi ci sono altre procedure PCT, consente
attraverso una fase semplificata dove si inoltra una domanda in una lingua mi dà la possibilità di
ottenere un brevetto per n paesi europei.

Il brevetto (italiano) è oggi disciplinato, in termini generali, dal CODICE DELLA PROPRIETÀ INDUSTRIALE
(d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30)
Esistenza, nel codice, di alcune discipline brevettuali speciali che tutelano invenzioni che si realizzano in
determinati settori (ad es. invenzioni biotecnologiche, nuove varietà vegetali, topografie di prodotti a
semiconduttori)

“Possono costituire oggetto di brevetto per invenzione le invenzioni, di ogni settore della tecnica, che sono
nuove e che implicano un’attività inventiva e sono atte ad avere un’applicazione industriale” (art. 45 c.p.i.)
In questa previsione ci sono 3 requisiti perché l’invenzione possa essere brevettata. Tutto quello che
resta teorico (teorie scientifiche, metodi matematici) non sono brevettabili come invenzioni.

Nel c.p.i. e nella convenzione di monaco- disciplina brevetto europeo- manca una definizione esplicita di
invenzione.
Invenzione come “dato” aperto, suscettibile di accogliere al proprio interno realtà diverse. Invenzione come
soluzione originale (in modo costante e ripetitivo) di un problema tecnico. Si dice che l’invenzione soluzione
originale di un problema tecnico.

L’art. 45 contiene un elenco di ciò che non è invenzione. Non sono considerate come invenzioni:
a) le scoperte, le teorie scientifiche e i metodi matematici privi di uno scopo pratico;
b) i piani, i principi ed i metodi per attività intellettuali, per gioco o per attività commerciale, ed i programmi
di elaboratore; es. metodi di insegnamento, studio, business method, strategie di mercato.
c) le presentazioni di informazioni, es formulari, tabelle, diete alimentari, codici di catalogazione.
Puramente teoriche. (e-)business Methods? Si caratterizzano per una intrinseca astrattezza e restano nel
livello di mere idee di strategia commerciali e non sono brevettabili. Negli USA alcuni sono brevettabili
perché risultano più permissivi.

… nella misura in cui la domanda di brevetto o il brevetto concerna scoperte, teorie, piani, principi, metodi,
programmi e presentazioni di informazioni considerati in quanto tali (sono, cioè, brevettabili le applicazioni
tecniche di scoperte e principi scientifici o i materiali e i procedimenti realizzati per ottenere la scoperta o la
teoria)

Tendenzialmente, il programma per elaboratori (o software) è tutelato dalla legge d’autore tuttavia … la
giurisprudenza europea tende ad interpretare sempre più restrittivamente il divieto di brevettazione e
ammette la brevettabilità del software (in particolare, quando il programma gestisce, tramite il computer,
un apparato o un procedimento industriale esterno al computer stesso).
Effetto tecnico ulteriore rispetto alla normale interazione tra il software e l’hardware del computer su cui è
eseguito Il software è certamente tutelato dal diritto d’autore e come un’opera letteraria. È tutelato così
perché associato ad un manuale di istruzioni e presentano degli elementi di creatività sono tutelati dal
diritto d’autore. Non tutela però le idee e i principi che sono alla base del programma stesso e gli algoritmi.
La tutela è limitata e si vorrebbe elaborare una direttiva che tuteli tramite brevetto. Si è arrivato ad un
compromesso ovvero che possono essere tutelati programmi che producono un effetto tecnico, soprattutto
quando risulta esterno.

Non sono considerati come invenzioni brevettabili attività curative in senso stretto: i metodi per il
trattamento chirurgico o terapeutico del corpo umano o animale e i metodi di diagnosi applicati al corpo
umano o animale.
Ma brevettabilità dei prodotti, in particolare delle sostanze o delle miscele di sostanze (medicinali, vaccini,
composizioni), per l’attuazione di uno dei metodi sopra nominati (ad es., strumenti chirurgici, protesi di arti,
nuovi composti).

Inoltre (sempre ai sensi dell’art. 45 c.p.i.), non possono costituire oggetto di brevetto le varietà vegetali* e
le razze animali, nonché i procedimenti essenzialmente biologici di produzione di animali o vegetali.
(Ma: microrganismi di nuova invenzione sono brevettabili, così come le loro tecniche di coltivazione, il
procedimento che si vale del loro intervento – ad es., un procedimento di fermentazione – il prodotto per
loro tramite realizzato – ad es. un vaccino) I procedimenti microbiologici e prodotti ottenuti mediante
questi procedimenti sono brevettabili. Per quanto riguarda il materiale microbiologico ci sono delle precise
disposizioni dal c.p.i. dall’art 81- bis ss.

Invenzioni biotecnologiche (art. 81-bis ss.)- Sono altresì esclusi dalla brevettabilità (art. 81-quinquies c.p.i.):
a) il corpo umano, sin dal momento del concepimento e nei vari stadi del suo sviluppo, nonché la mera
scoperta di uno degli elementi del corpo stesso, ivi compresa la sequenza o la sequenza parziale di un gene,
al fine di garantire che il diritto brevettuale sia esercitato nel rispetto dei diritti fondamentali sulla dignità e
l'integrità dell'uomo e dell'ambiente
b) le invenzioni il cui sfruttamento commerciale è contrario alla dignità umana, all’ordine pubblico e al buon
costume, alla tutela della salute, dell’ambiente e della vita delle persone e degli animali, alla preservazione
dei vegetali e della biodiversità ed alla prevenzione di gravi danni ambientali (ad es.: utilizzazione di
embrioni umani o procedimenti tecnologici di clonazione umana, procedimenti di modificazione
dell’identità genetica germinale dell’essere umano, invenzioni riguardanti protocolli di screening genetico)
c) una semplice sequenza di DNA, una sequenza parziale di un gene, utilizzata per produrre una proteina o
una proteina parziale, salvo che venga fornita l’indicazione e la descrizione di una funzione utile alla
valutazione del requisito dell'applicazione industriale (e che la funzione corrispondente sia
specificatamente rivendicata): descrizione e rivendicazione di una specifica applicazione industriale
 Posso decodificare il genoma di un agente patogeno (virus) se la decodificazione mi serve per produrre
un vaccino e curare una certa malattia. Se mi serve per produrre un kit immuno diagnostico ho chiarito la
funzione pratica.

È, comunque, escluso dalla brevettabilità ogni procedimento tecnico che utilizzi cellule embrionali umane

1. Brevetto di prodotto

Ha ad oggetto un prodotto materiale, quale uno strumento, una macchina, un dispositivo, un composto
chimico o una sostanza, un materiale biologico È necessaria, perché vi sia un’invenzione brevettabile,
l’indicazione dell’uso cui il prodotto è destinato

2. Brevetto di procedimento

Ha ad oggetto una tecnica di produzione di beni o di realizzazione di un servizio (sequenza ordinata di


operazioni per giungere ad un certo risultato)
a) procedimento per la realizzazione di un prodotto;
b) metodo di utilizzazione di uno o più prodotti
È necessaria l’indicazione dell’uso cui il procedimento è destinato

 L’invenzione è sempre nell’individuazione dell’uso cui il prodotto o il procedimento sono destinati. È


necessario perché la domanda sia accolta.

Invenzioni dipendenti

invenzioni la cui attuazione richiede l’uso di un prodotto o di un


procedimento coperto da un brevetto anteriore necessario il consenso
del titolare di brevetto anteriore

Possibile concessione di una licenza obbligatoria (v. art. 71 c.p.i.)

Requisiti di brevettabilità

1. Industrialità
2. Novità
3. Attività inventiva
4. Liceità

Industrialità (art. 49 c.p.i.)

Un’invenzione è considerata atta ad avere un’applicazione industriale se il suo oggetto può essere
fabbricato o utilizzato in qualsiasi genere di industria, compresa quella agricola.
Fabbricabilità (invenzione di prodotto) o utilizzabilità industriale (invenzione di procedimento)
Fabbricabilità = ripetibilità del processo di fabbricazione per un numero non finito di volte con risultati
costanti

Novità (art. 46 c.p.i.)

Un’invenzione è considerata nuova se non è compresa nello stato della tecnica (STD) Lo stato della tecnica
è costituito da tutto ciò che è stato reso accessibile al pubblico (ossia conoscibile) nel territorio dello Stato o
all’estero prima della data del deposito della domanda di brevetto, mediante una descrizione scritta od
orale, una utilizzazione o un qualsiasi altro mezzo
Brevettabilità di una sostanza o di una composizione di sostanze già compresa nello stato della tecnica,
purché in funzione di una nuova utilizzazione (art. 46, comma 4, c.p.i.)

- Anteriorità: Conoscenze brevettate e non brevettate diffuse anteriormente alla data della domanda
di brevetto (comprese le domande di brevetto italiano o di brevetto europeo designanti l’Italia
depositate prima della data di deposito della seconda domanda di brevetto, che siano già state
pubblicate… Ma: sono distruttive della novità anche le domande di brevetto ancora segrete)
- Predivulgazione: Divulgazione da parte dell’inventore, volontariamente o involontariamente,
dell’invenzione a terzi in data anteriore al deposito della domanda di brevetto assoluta segretezza
dell’invenzione per il periodo anteriore al deposito della domanda di brevetto - Rivelazione sotto
vincolo di segreto? Si ritiene che non ci sia predivulgazione - [Previsione di un’eccezione, che
tuttavia ha avuto scarsa applicazione pratica: art. 47 c.p.i.]

N.B.: Si ha assenza di novità se si ha coincidenza totale tra l’invenzione e una delle anteriorità

Attività inventiva (art. 48 c.p.i.)

Un’invenzione è considerata come implicante un’attività inventiva se, per una persona esperta del ramo,
essa non risulta in modo evidente dallo stato della tecnica (= non evidenza per il tecnico medio del settore)
L’attività inventiva segna una linea di confine tra ciò che appartiene al normale divenire di ciascun settore
(progresso tecnico di routine) e ciò che è frutto di un’idea che supera le normali prospettive di evoluzione
del settore: miglioramento. He knows EVERYTHING, but has ZERO imagination! significativo dello stato della
tecnica

Giudizio di originalità/non evidenza 1) individuazione del settore cui l’invenzione attiene; 2) costruzione del
modello di persona esperta del ramo; 3) valutazione se quel modello di persona considererebbe
l’invenzione evidente o non evidente (il giudice si avvale di indizi di evidenza o di non evidenza; tuttavia, ci
sono significativi margini di discrezionalità) … tuttavia, l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi (e l’UEB/EPO)
tende(ono) oggi a ritenere sufficiente un livello di originalità relativamente basso ai fini della
brevettabilità…

Le anteriorità, ai fini del giudizio di non evidenza, vanno combinate tra loro, non considerate isolatamente
c.d. “Problem-solution approach” (metodo di indagine utilizzato dall’EPO) 3 main stages: 1) determining the
closest prior art; 2) establishing the objective technical problem to be solved; and 3) considering whether or
not the claimed invention, starting from the closest prior art and the objective technical problem, would
have been obvious to the skilled person

Liceità (art. 50 c.p.i.)

Non possono costituire oggetto di brevetto le invenzioni la cui attuazione è contraria all’ordine pubblico o al
buon costume. Se è ipotizzabile almeno un uso lecito, l’invenzione è brevettabile Alcune tecniche
biotecnologiche unicamente dirette a realizzare, in sintesi, manipolazioni del corpo umano sono,
nell’attuale contesto storico, considerate eticamente inaccettabili (ad es.: procedimenti di clonazione o
utilizzazione di embrioni umani per scopi commerciali)

Brevetti intervento – Lezione 15

Brevetti punto di vista giuridico

Il brevetto è un contratto che affida un monopolio temporaneo su una specifica invenzione a chi fa la
domanda di brevetto. Lo stato dà la possibilità di avere un monopolio all’inventore o a chi detiene il
brevetto e quest’ultimo deve dare notizia di cos’è. Impedisce agli altri di utilizzare un diritto. È un diritto al
negativo, non ha autorizza. Brevetto AS A SOCIAL CONTRACT: Rivela l’invenzione e da esclusività
all’inventore per un periodo di tempo

NB Il brevetto non conferisce il diritto di utilizzare l'invenzione! (Un brevetto è un diritto negativo)

Diritti conferiti dal brevetto:

- Impedire ad altri di produrre, utilizzare,


offrire in vendita, vendere o importare
prodotti contraffatti nel paese in cui è stato
concesso il brevetto
- Eccezione: finalità non commerciali (uso
privato, ricerca accademica)
- Vendi questi diritti o concludi contratti di
licenza
- Per un massimo di 20 anni dalla data di
deposito della domanda di brevetto

Il brevetto ha requisiti essenziali:


L’invenzione è una soluzione innovativa ad un problema tecnico per definizione

- Novità: non deve essere stato distribuito


- Passo inventivo
- Applicazione industriale: deve essere riproducibile nella realtà

Ha anche requisiti formali:

Il brevetto deve essere scritto con sufficiente descrizione, devono rappresentare esempi di realizzazione
in modo che siano riproducibile anche da altri
Il brevetto deve essere una soluzione innovativa ad un problema tecnico, che non viene definito di per se
ma viene data una lista di cose brevettabili e non brevettabili

Non può essere brevettabile:

- scoperte, teorie scientifiche e metodi matematici;


- creazioni estetiche;
- metodi commerciali o regole di gioco in quanto tali;
- programmi per computer in quanto tali;
- presentazioni di informazioni;
- invenzioni contrarie alla morale;
- varietà vegetali o animali;
- metodi per il trattamento del corpo umano o animale mediante chirurgia o terapia.
- Qualsiasi invenzione il cui sfruttamento commerciale sia contrario all'ordine pubblico o al buon
costume

Può essere brevettabile

- Prodotti, dispositivi, sistemi


- Processi, metodi
- Uso, secondo uso medico
- Sostanze chimiche e farmaceutiche
- Software???

1. Novità in senso assoluto

Quando non rientra nello stato dell'arte. Stato dell'arte = tutto quanto messo a disposizione del pubblico
prima della data di deposito

- Non pubblicare articoli, comunicati stampa, presentazioni di conferenze/poster/tesi, atti,


conferenze o post di blog, ecc. prima di archiviare
- Non vendere prodotti che incorporano l'invenzione prima del deposito
- Non tenere lezioni o presentazioni prima del deposito
- La novità è assoluta, non ci sono vincoli di lingua, territoriale, mezzo di divulgazione (orale o scritta),
temporale, numero di persone, educazione del pubblico, neanche se bisogna iscriversi per
accedervi (almeno che la registrazione non vincoli alla riservatezza).
- Non c’è novità sé stessa invenzione è presente in un singolo documento.
- La divulgazione deve essere tale da permettere al tecnico del ramo di comprenderla e di riprodurre
l’invenzione e di ottenere lo stesso effetto tecnico.
- Per poter decidere se un'invenzione è nuova, l'esaminatore brevettuale incaricato dell'esame della
domanda deve innanzitutto definire l'art. Per fare ciò, deve eseguire una ricerca nell'arte anteriore,
che di solito comporterà la consultazione di banche dati contenenti documenti di brevetti e riviste
scientifiche, nonché ricerche su Internet e altri media.
- La cosa peggiore da fare è pubblicare e dopo depositare

È tutto ciò che non fa parte dello stato dell’arte, ovvero tutto ciò che è conosciuto fino alla data prima
della registrazione del brevetto. Dal punto di vista accademico passano 18 mesi dal momento del deposito
alla pubblicazione, quindi, non deve essere divulgato prima del deposito della domanda di brevetto. Inoltre,
ci possono essere brevetti che possono inserirsi in questo periodo. Si tutela da quel momento. Bisogna
stare attenti diversamente ai disegni e modelli, che possono avere tutela entro 12 mesi del deposito.
Altrimenti ci sono degli strumenti per la tutela prima di quel momento con NDA o MTA. Un accordo di non
divulgazione (NDA) è un contratto legale tra due o più parti che si riferisce a informazioni che devono
essere condivise tra le parti ma non dovrebbero essere messe a disposizione del pubblico.
Un contratto di trasferimento di materiale (MTA) è un contratto che disciplina il trasferimento di materiale
di ricerca materiale tra due o più parti, quando il destinatario intende utilizzarlo per i propri scopi di ricerca

2. Passo inventivo
- Quando non risulta evidente all'esperto del ramo in vista dello stato della tecnica
- La persona esperta nell'arte: è un professionista qualificato nel settore tecnico pertinente, ha
accesso all'intero stato dell'arte, è a conoscenza delle conoscenze tecniche generali, è in grado di
svolgere lavori di routine

È quella caratteristica di non essere banale ovvero una persona esperta nel ramo, avendo a disposizione
gli stessi elementi non riesce ad arrivare al brevetto e alla stessa soluzione nostra. Il brevetto deve avere
originalità.

Parti del brevetto

1. BIBLIOGRAFIA: si divide in 3Proprietario, inventore, date oppure anche informazioni di carattere


relativo ad un mercato
- Informazioni riservate all’ufficio brevetti
internazionale o europeo. Poi il codice che
riconosce il brevetto (WO che riconosce la
natura internazionale e quindi la
copertura in tutti gli stati del brevetto, poi
c’è la data e una lettera che riguarda lo
status di quella domanda A= Application e
B= Brented). In alto a sinistra viene
pubblicata la data di pubblicazione.
- Parte centrale: vengono indicati gli assegnatari - chi deposita la domanda -, gli inventori che
potrebbero essere uguali ai proprietari. Deposito della domanda internazionale e data di priorità.
Generalmente si usa un lessico che permette di restringere o allargare la tutela dell’oggetto
(oggetto di scrittura) per evitare questa interpretazione tramite l’ufficio brevetti europeo da una
classificazione che ci permette di categorizzare i vari brevetti a seconda della specifica natura o
oggetto dell’invenzione. Si classifica tutto a seconda di un sistema suddiviso in 8 categorie +1 (y).
Hanno una struttura gerarchica, sono specificazioni più precisa e più ristretta.
- Date: Filing date e Priority date sono la stessa cosa se riguarda il primo deposito. Il primo deposito è
la data di priorità e si hanno 12 mesi per valutare di estenderlo. Se lo estendiamo allora diventa
Filing date. L’altra data è la data di pubblicazione che avviene introno ai 18 mesi dalla prima
pubblicazione. Tutto ciò che è stato depositato si vede dopo la pubblicazione. Importanza della
Priority Date, è il limite che segna la definizione dello stato dell’arte su cui tutti i successivi brevetti
della stessa famiglia vengono confrontati. Nota però i 18 mesi di segretezza delle domande di
brevetto. La data di pubblicazione avviene entro i 30 mesi.
2. DESCRIZIONE
- Prima parte: Identifica il campo tecnico dell’invenzione
- Background che riassume lo stato dell’arte riassume il problema tecnico e come l’invenzione risolva
in maniera innovativa quel problema
- Descrizione invenzione: benefici, vantaggi, carattere innovativo e gli esempi

Per evitare l’arbitraria interpretazione, quando viene presentata la domanda all’ufficio brevetti europeo
da una classificazione che ci permette di categorizzare i brevetti secondo la natura o l’oggetto. Es.
apribottiglie ha la stessa classificazione per ogni brevetto

3. DISEGNI
- Grafici e flow chart, info ulteriori

4. RIVENDICAZIONI: Proprio sulla base di come sono scritte le rivendicazioni si ha protezione minore o
maggiore. La parte più importante di un documento di brevetto sono le rivendicazioni, in quanto
definiscono l'ambito di protezione/tutela. I reclami possono riguardare un prodotto, un apparato o
entità, o un processo, uso o attività. Se il prodotto o il processo di un'azienda rientra nell'ambito
delle rivendicazioni di un brevetto, allora questo prodotto o processo viola quel brevetto e il titolare
del brevetto ha il diritto di interrompere l'attività dell'azienda.
- Dipendente: Modulo in due parti: la prima parte o "preambolo" deve contenere una dichiarazione
indicante "lo stato dell'arte dello specifico elemento protetto" seguita da una dichiarazione di
"quelle caratteristiche tecniche che sono necessarie per la definizione del soggetto rivendicato -
materia ma che, insieme, fanno parte della tecnica anteriore".
- Indipendente: dirette alle caratteristiche essenziali di un’invenzione.

5. RAPPORTO DI RICERCA  Dopo circa 6-8 mesi dal deposito della domanda di brevetto (anche per il
deposito italiano grazie ad un apposito accordo tra EPO e Governo italiano) la Divisione Ricerca EPO
prepara un primo commento sulla brevettabilità dell'invenzione. Questo è davvero un passaggio
importante perché permette di capire se la domanda di brevetto ha qualche possibilità di
sopravvivere. Un esaminatore search fornisce diversi documenti rappresentativi dello stato
dell'arte, classificati per rilevanza (vedi tabella). Per lo più i documenti avranno una classificazione
A, Y o X (in ordine di brevettabilità). Specifica toglie novità a generale non viceversa in ambito
novità non necessariamente in passo inventivo.

Nel rapporto di ricerca (search report) vengono indicate le classificazioni data solo dall’ufficio brevetti
europeo. Vengono indicati documenti che rappresentano lo stato dell’arte. A = stato dell’arte,
X=documento dello stato dell’arte che inficia la novità e Y= inficia il passo innovativo, si deve discutere con
l’ufficiale dell’EPO sul brevetto. Avere una fotografia del campo brevettuale in uno specifico settore: patent
landscape. Non bisogna utilizzare parole che siano semplici per un brevetto. Di solito si utilizzano parole che
hanno a che fare con la loro funzionalità. Blockchain non è un termine che originariamente era stato
utilizzato.

Riassunto

1. Data di priorità: favorisce i depositi plurimi. È uno strumento che consente e incentiva il fatto di
depositare più domande in diversi paesi.
2. Data di deposito: teniamo questo riferimento, prima di quello si stabilisce se invenzione è nuova

Es. Dopo il deposito della domanda, ho un anno di tempo per depositare in altri paesi europei tramite EPO
o inoltrare l’application internazionale (PCT) ad un ufficio ricevente internazionale davanti alla WIPO. Se lo
si fa entro 12 mesi, mi avvalgo del sistema PCT per ricevere tutela internazionale rivendicando la data di
deposito attuale. Quindi la tutela mi copre anticipando gli effetti fino alla data di deposito. Non esiste un
brevetto internazionale valido nei 555 paesi, questo è un insieme di fasci di brevetti nazionali. La fase
dell’application è internazionale verso la WIPO che passano attraverso gli uffici riceventi, la quale esamina
la domanda e redige un rapporto di ricerca. Questo è importante perché fa capire se ci sono delle
anteriorità e si trovano invenzioni identiche che impediscono di depositare la domanda. Si fa un'unica
domanda in una lingua e si paga solo un set di fee. Dopo di che la domanda internazionale si divide in tutti i
paesi in cui si vuole coltivare la domanda di brevetto, suddividendole in domande nazionali. Si hanno 30
mesi di tempo per capire dove nazionalizzare il brevetto alla WIPO, ed entrano in gioco gli uffici nazionali. Si
ottengono questi brevetti nazionali attraverso un'unica domanda che agevola la tutela. PER OGNI
APPLICATION DOMANDA PUO’ ESSERCI UNA SOLA INVENZIONE DIVERSAMENTE DAI DISEGNI E MODELLI, gli
effetti decorrono dalla data in cui la domanda è resa accessibile al pubblico di norma dopo 18 mesi dal
deposito della domanda. La tutela anticipata parte dalla data di deposito della domanda. Poi ci sono 3 anni
per rilascio del brevetto.

Le invenzioni industriali 2
Brevettazione

- I diritti esclusivi sono conferiti con la concessione del brevetto da parte dell’Ufficio Italiano Brevetti
e Marchi, cui deve essere presentata la relativa domanda: ogni domanda può avere ad oggetto una
sola invenzione (unità dell’invenzione).
- Gli effetti del brevetto decorrono dalla data in cui la domanda con la descrizione, le rivendicazioni e
gli eventuali disegni è resa accessibile al pubblico, ossia pubblicata (NON dal deposito della
domanda)
N.B.: la domanda è resa accessibile decorsi 18 mesi dal suo deposito (ma si può chiedere la
pubblicazione anticipata: 90 giorni)  Differimento tra deposito della domanda e avvio dell’esame,
aiuta a ragionare se mantenere la domanda o meno.
- Ricerca delle anteriorità da parte dell’Ufficio europeo dei brevetti (UEB/EPO) e redazione del
relativo rapporto di ricerca. La domanda in Italia viene inoltrata all’UIBM (camera di commercio o
online), questo rapporto di ricerca da un’opinione scritta sulla brevettabilità L’Italia ha una
richiesta che si prende in esame e si avvale del servizio dell’ufficio che redige prima del 9 mese
dell’inoltro della domanda che indica le anteriorità trovate e serve per capire se mantenere o
ritirare la domanda. Questo rapporto da un’opinione scritta sulla brevettabilità nel quale
successivamente è possibile correggerla. Dopo 18 mesi, verrà comunque registrata la domanda e si
ottiene il brevetto.

N.B.: La domanda, oltre a identificare il richiedente, deve contenere la descrizione, le rivendicazioni e i


disegni necessari alla sua intelligenza

Rivendicazioni (claims): indicazioni specifiche che spiegano da cosa è costituita l’invenzione e quale
protezione viene, segnatamente, richiesta. Le rivendicazioni definiscono l’oggetto della protezione richiesta
(e conseguentemente l’area della contraffazione) e devono essere chiare e concise: solo ciò che è
rivendicato è protetto.
 La descrizione deve essere tale da consentire ad una persona esperta del ramo l’attuazione
dell’invenzione
 In caso di insufficiente descrizione, così come di difetto dei requisiti di validità, il brevetto è nullo
Es. Bicicletta elettrica che si alimenta con il sole attraverso il pannello fotovoltaico (installato sul bauletto
posteriore). Quello che voglio brevettare è il meccanismo del pannello fotovoltaico non la bici elettrica.

Il brevetto dura venti anni a decorrere dalla data di deposito della domanda (non data della concessione) e
non può essere rinnovato, né può esserne prorogata la durata (parziale deroga per i farmaci).
I diritti esclusivi derivanti dal brevetto italiano sono limitati al territorio nazionale (principio di territorialità
della tutela).

Diritti nascenti dall’invenzione industriale

a) Diritti che nascono in capo all’inventore per il solo fatto dell’invenzione;

1. Diritto ad essere riconosciuto autore (diritto morale) diritto inalienabile, irrinunciabile e intrasmissibile,
che in caso di morte dell’inventore può essere fatto valere dal coniuge e dai discendenti fino al 2°grado (o,
in loro mancanza o dopo la loro morte, dai genitori e dagli altri ascendenti e, in loro mancanza o dopo la
loro morte, dai parenti fino al 4°grado), il quale consente all’inventore di esigere che il suo nome sia
menzionato sul brevetto e nella Raccolta dei brevetti e di agire in giudizio per fare accertare la paternità
dell’invenzione. No contenuto patrimoniale  Quello che non può essere ceduto e resta in capo all’autore
e alla sua morte viene ceduto a parenti stretti, è il diritto morale ovvero di essere indicato come inventore
dell’invenzione, di essere menzionati nel brevetto che viene rilasciato. Si ha sempre diritto di rivendicare la
paternità della brevettazione anche se viene ceduta a terzi.

2. Diritto al rilascio del brevetto (diritto a brevettare) ha contenuto patrimoniale ed è alienabile e


trasmissibile. Se inventiamo qualcosa il primo diritto rilasciato è patrimoniale. Possiamo cedere ad altri il
diritto di fare domanda di brevetto.

b) Diritto esclusivo di utilizzazione dell’invenzione

Nasce solo con il rilascio del brevetto: non è come diritto positivo ma come diritto negativo di impedire ad
altri di utilizzarlo senza il nostro consenso. Facoltà di impedire a terzi di attuare l’invenzione e di trarne
profitto nel territorio dello Stato in cui il brevetto è stato concesso (senza il consenso
dell’inventore)Principio di territorialità e da ciò l’interesse a depositi plurimi. Se l’invenzione ha successo
e si brevetta solo in Italia sarà difficile. N.B.: A patent is a negative right, not an enabling right. La facoltà di
impedire a terzi dipende dal tipo di brevetto (artt. 66 e 67 c.p.i.). Bisogna sempre indicare l’uso del prodotto
o del procedimento per la brevettazione, si possono brevettare anche nuovi usi di prodotti già noti es. kit
immuno diagnostico per certe malattie.

- Brevetto di prodotto: diritto di vietare ai terzi, salvo consenso del titolare, di produrre, usare,
mettere in commercio, vendere o importare a tali fini il prodotto in questione
- Brevetto di procedimento: diritto di vietare ai terzi, salvo consenso del titolare, di applicare il
procedimento, nonché di usare, mettere in commercio, vendere o importare a tali fini il prodotto
direttamente ottenuto con il procedimento in questione. Es. Brevetto un procedimento per un
prodotto OGM che ha caratteristiche innovative, nessuno può utilizzarlo questo procedimento né i
prodotti acquisiti grazie a quel procedimento.

Facoltà indipendenti: costituisce contraffazione il fatto di realizzare anche una sola di dette attività
Presunzione in favore del titolare del brevetto che agevola l’onere della prova

Contraffazione

A parte talune ipotesi di uso lecito dell’invenzione altrui (ad es.: atti compiuti in ambito privato e a fini non
commerciali, atti compiuti a titolo sperimentale relativi all’oggetto dell’invenzione brevettata*, ipotesi di
preuso – v. art. 68 c.p.i.), ogni uso (altrui) non autorizzato dell’invenzione brevettata costituisce
contraffazione.
Rileva anche la contraffazione indiretta (consistente nel fornire a soggetti terzi i mezzi relativi a un
elemento indispensabile di un’invenzione e necessari per la sua attuazione): v. art. 66, comma 2-bis, c.p.i.

Es. Contraffazione indiretta: se producete componenti di un macchinario singolarmente e il quale è tutto


brevettato da un'altra impresa risulta contraffazione, quando in particolare quelle componenti fanno parte
solo di quel prodotto (funzionali al prodotto). Anche il fatto di commercializzare e vendere queste parti
incorporate di un elemento brevettato altrui costituisce contraffazione.

Usi leciti: ad es., atti compiuti in ambito privato e a fini non commerciali; atti compiuti a titolo sperimentale
relativi all’oggetto dell’invenzione brevettata, ovvero all’utilizzazione di materiale biologico a fini di
coltivazione, o alla scoperta e allo sviluppo di altre varietà vegetali; agli studi e sperimentazioni diretti
all’ottenimento, anche in paesi esteri, di un’autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco ed ai
conseguenti adempimenti pratici; preuso (v. art. 68 c.p.i.).

L’ultima ipotesi è il caso in cui prima che scada un brevetto altrui compio una serie di sperimentazioni per
avere pronto un prodotto equivalente quando il brevetto scadrà. Ovviamente devo fare una serie di
esperimenti che sono funzionali a concedere la produzione di quel prodotto. Ci sono degli usi leciti
dell’invenzione altrui che sono indicati dal legislatore.

Si ha contraffazione:

- Quando l’invenzione altrui viene integralmente imitata (contraffazione integrale),


- Quando l’invenzione anteriore e l’invenzione successiva hanno in comune gli elementi essenziali
(contraffazione non integrale), sono replicati gli elementi essenziali del prodotto e da essi dipende
dal fatto che per quella invenzione si ha quello specifico fine allora vengono considerati essenziali.
- In caso di adozione di soluzioni equivalenti a quella brevettata (contraffazione per equivalenti): art.
52, comma 3-bis, c.p.i. («per determinare l’ambito della protezione conferita dal brevetto, si tiene
nel dovuto conto ogni elemento equivalente ad un elemento indicato nelle rivendicazioni»),
Non c’è imitazione dei singoli elementi ma c’è alla basa di invenzioni anche diverse la stessa idea
inventiva, alla base hanno lo stesso insegnamento. È il tipo di contraffazione più difficile da trovare,
anche se le invenzioni sono diverse adottano soluzioni equivalenti ad un certo problema tecnico.
Es. Barilla ha brevettato un procedimento per l’essicazione della pasta con delle piastre particolari
nei forni. Le piastre forate consentivano di adagiare la pasta in verticale. Il pastificio Fazion ha
adottato delle piastre diverse ma con lo stesso fine adagiando la pasta in verticale (elemento
inventivo però riguardava l’essiccatura della pasta non il cambiamento delle piastre), in questo caso
c’è stata contraffazione.

Le invenzioni nell’ambito del rapporto di lavoro (art. 64 c.p.i.)

Ci si pone il problema non di chi sia l’inventore ma di chi può sfruttarla economicamente e possa
registrare il brevetto. Non è detto che l'applicant e l’inventore siano la stessa persona. Di norma la
registrazione viene fatta dal datore di lavoro. In entrambi i primi due casi, il diritto del rilascio di brevetto
spetta al datore di lavoro. C’è una differenza su ciò che percepisce il dipendente, in ogni caso è OBBLIGO
dichiarare il dipendente come inventore.

1. Invenzione di servizio (invenzione fatta nell’esecuzione/adempimento di un contratto o rapporto di


lavoro in cui l’attività inventiva è prevista come oggetto del contratto o del rapporto e a tale scopo
retribuita).
2. Invenzione d’azienda (se non è prevista e stabilita una retribuzione in compenso dell’attività
inventiva: equo premio all’inventore). Abbiamo sempre invenzioni fatte dal dipendente ma se
faccio parte di una divisione di progettazione e sviluppo e non è contemplata questa invenzione,
allora il brevetto spetta all’inventore ma ci spetta un equo premio. La giurisprudenza preferisce
questo caso, la difficoltà c’è per la qualificazione del premio. Si cerca di estendere questo premio
anche per altre situazioni.
3. Invenzione occasionale: Disciplina speciale per le invenzioni dei ricercatori delle università e degli
enti pubblici di ricerca (art. 65 c.p.i.).

I DIRITTI DERIVANTI DALL’INVENZIONE APPARTENGONO AL DATORE DI LAVORO, SALVO IL DIRITTO


SPETTANTE ALL’INVENTORE DI ESSERNE RICONOSCIUTO AUTORE.

Il brevetto può essere dato in licenza (esclusiva e non esclusiva) o ceduto a terzi (trasferimento) come con i
marchi Il titolare del brevetto viene privato del diritto se viene ceduto, molto più spesso non lo si cede
ma lo si dà in licenza. Il compenso consiste in somme di denaro e da una percentuale delle royalties che il
licenziatario ottiene dall’uso del brevetto.
Licenza obbligatoria per mancata attuazione e in caso di brevetti dipendenti (artt. 70 e 71 c.p.i.) (casi del
tutto isolati) e mancata attuazione dell’invenzione È possibile, se l’invenzione non viene attuata dopo 3
anni, altri concorrenti possono ottenere una licenza obbligatoria. Es. Se un imprenditore non lo utilizza, e
rifiuta la richiesta mia di utilizzo dopo 3 anni volontariamente fissando un canone, posso riceverla
obbligatoriamente perché il legislatore ha l’obiettivo di non monopolizzare l’invenzione. Viene anche
utilizzata questa licenza obbligatoria se questa invenzione viene usata in maniera spropositata per le
necessità/bisogni del paese.

Estinzione del brevetto (oltre alla nullità)

- scadenza del termine di efficacia del brevetto (20 anni)


- rinuncia da parte del titolare del brevetto
- decadenza del brevetto (cessazione anticipata)
qualora l’invenzione non sia stata attuata entro due anni dalla data di concessione della prima
licenza obbligatoria (onere di attuazione dell’invenzione)
per mancato pagamento entro sei mesi dalla data di scadenza del diritto annuale dovuto

Altre «strade» per tutelare la propria invenzione: Brevetto europeo, domanda internazionale di brevetto
(PCT), (in futuro) brevetto europeo con effetto unitario

Brevetto europeo Convenzione di Monaco

Procedura unificata di rilascio (con esame preventivo) al cui esito viene concesso un brevetto efficace in
tutti gli Stati designati (nella domanda) aderenti alla Convenzione (38 Stati + ulteriori 6 Stati in cui l’accordo
è esteso o che hanno stipulato con gli Stati contraenti un accordo di validazione).

Si ha un'unica procedura che esamina la procedura che risulta più strutturata perché si basa sulla
convenzione europea di Monaco. Si hanno tante norme che ricordano quelle citate sui requisiti, gli effetti di
quelle nazionali. L’EPO dopo il deposito della domanda, valuta questa richiesta molto attentamente, se ci
sono gli estremi e il brevetto viene concesso pubblica la domanda + concessione di brevetto. Una volta che
il brevetto viene concesso c’è un termine di 9 mesi per opporsi da parte di titolari di brevetti anteriori,
inoltre affinché ci sia effetto anche nei paesi indicati nella domanda si hanno 3 mesi per convalidare il
brevetto in tutti questi paesi, i quali spesso richiedono una traduzione (anche alle sole rivendicazioni). È
importante perché se non si convalida il brevetto, non si ha efficacia in questi stati. Non è un brevetto
unitario è un fascio di brevetti nazionali, ognuno nei quali il territorio di riferimento ha effetti come
brevetto nazionale.

Tuttavia … Il brevetto rilasciato non è un titolo di proprietà industriale unitario, bensì un fascio di brevetti
nazionali (bundle) Il brevetto europeo equivale, in ciascun stato aderente, ad un brevetto nazionale:
necessità di validazione negli Stati designati La domanda di brevetto si inoltra all’EPO/UEB (European
Patent Office)
N.B.: Regolamento (UE) n. 1257/2012 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2012,
relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore dell’istituzione di una TUTELA
BREVETTUALE UNITARIA

BREVETTO EUROPEO CON EFFETTO UNITARIO (“Unitary patent”) nei 25 paesi dell’UE
a. Un brevetto europeo concesso con la stessa serie di rivendicazioni con riguardo a tutti gli Stati membri
partecipanti beneficia di un effetto unitario in detti Stati membri ....
b. Un brevetto europeo con effetto unitario possiede un carattere unitario. Esso fornisce una protezione
uniforme e ha pari efficacia in tutti gli Stati membri partecipanti.

Inoltre, le controversie in materia di brevetto saranno decise da un Tribunale unificato (Tribunale unificato
dei brevetti – TUB, composto da un Tribunale di prima istanza e da una Corte di Appello)

Tramite un compromesso dopo gli anni 70, si è arrivato a due regolamenti dell’UE che prevedono questo
pacchetto di brevetto europeo con effetto unitario. C’è la possibilità di ottenere brevetto europeo
richiedendo che a questo siano attribuiti effetti unitari nei 25 paesi dell’UE (sono esclusi per scelta la
Croazia). Nei 25 paesi aderenti quel brevetto ha gli stessi effetti e che il contenzioso che potrebbe
riguardare il brevetto viene risolto da un tribunale unificato dei brevetti composto da persone da tutti i
paesi. Lo scopo di tutto questo è la riduzione dei costi soprattutto le traduzioni.

La tutela della concorrenza diritto antitrust - Lezione 16

Il diritto antitrust

Il diritto antitrust si propone di creare un complesso di norme che impedisca al sistema economico di
passare da un assetto concorrenziale ad un assetto oligopolistico o monopolistico (in modo, cioè, da evitare
che esso evolva in senso anticoncorrenziale), e di regolare i comportamenti degli operatori economici in
mercati monopolistici e oligopolistici, facendo sì che il loro comportamento sia il più vicino possibile al
comportamento di soggetti che si muovono in una situazione di concorrenza. Finalità: effettuare interventi
di riequilibrio del mercato

La prima legge antitrust Sherman act 1990 contrastava i cartelli ovvero le intese tra imprese. I sistemi
funzionano se rimangono in concorrenza, per favorire l’innovazione. La disciplina antitrust parte da qui e si
ritiene che ad oggi il sistema concorrenziale sia il migliore e vada preservato. C’è l’esigenza di regolare in
funzione della tendenziale concorrenzialità del mercato quei fenomeni che necessariamente sono
oligopolistici/monopolistici, Es. estrazione minerale risorsa rara, solo una persona può estrarlo oppure
Trenitalia e autostrade. Questi mercati non possono diventare mercati concorrenziali. Vengono previste
delle regole soprattutto a tutela dei consumatori. Serve per riequilibrare il mercato visto che non c’è un
sistema perfetto di condizione di mercato ideale; il sistema migliore = concorrenziale.

Disciplina normativa

Ordinamento europeo: Legge 10 ottobre 1990, n. 287 (e succ. modificazioni). Derivazione netta dalla
normativa comunitaria (v., in particolare, artt. 101-102 TFUE) e interpretazione delle norme effettuata in
base ai principi dell’ordinamento della UE (art. 1 l. 287/90).

Ci sono due fonti: TFUE (trattato sul funzionamento dell’UE) e legge 287/90. La disciplina dell’antitrust è
recente in Italia soprattutto. Prima l’unica disciplina vigente era legata alla stipula del trattato istitutivo
dell’UE che poi è diventato TFUE che prevede all’interno di queste norme a tutela della concorrenza. Sono
due articoli che riguardano le intese restrittive e divieto di abuso dominante. Art 1: L’interpretazione della
norma 287 va fatta secondo i principi comunitari. Queste due discipline sono uguali e anche il modo in cui
sono interpretate le regole.
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) applica anche parallelamente in relazione a uno
stesso caso gli articoli 101 e 102 del TFUE e gli articoli 2 e 3 della l. n. 287/90 in materia di intese restrittive
della libertà di concorrenza e di abuso di posizione dominante (art. 1 l. n. 287/90)

Superamento almeno in teoria del sistema della barriera unica. Ora c’è il sistema della doppia barriera, la
disciplina comunitaria si applica a quei comportanti anticoncorrenziali che interessano il mercato unico
(UE). Se invece questi comportamenti non interessano il territorio dell’UE ma riguardano parti del territorio
italiano allora la disciplina applicabile è solo quella nazionale, quindi sono comportamenti
anticoncorrenziali che riguardano solo uno stato membro. L’autorità competente in materia di antitrust per
l’UE è la commissione europea (si occupa dei casi più rilevanti) che è l’equivalente dell’AGCM nazionale
italiana. La doppia barriera: la autorità nazionale può applicare anche parallelamente per uno stesso caso
sia le norme UE sia quelle nazionali se quel caso riguarda entrambi i mercati. Es. Se il comportamento
riguarda un piccolo territorio che interessa sono l’Italia, l’autorità garante applica solo l’art 2. Se invece
riguarda l’intero territorio nazionale e quindi interessa anche l’UE (questa alterazione, quindi, condiziona le
imprese anche europee), l’autorità garante può sanzionare sia ai sensi dell’art 2 sia ai sensi del TFUE art 101
che reprime le intere restrittive. Non c’è necessità di scegliere una delle due norme, oggi procede
applicando entrambe le norme. Ma quello che di fatto succede è che l’AGCM applica le norme europee per
evitare sovrapposizioni di norme l’art 101 per l’UE, ma in teoria potrebbe applicare entrambe le normative.

Legge 10 ottobre 1990, n. 287 La disciplina nazionale si applica ad accordi e comportamenti che svolgono
effetti anticoncorrenziali nel mercato nazionale (di solito si tratta di parti del mercato nazionale, anche
molto circoscritte, nelle quali le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee e che possono
essere tenute distinte dalle zone geografiche contigue perché in queste ultime le condizioni di concorrenza
sono sensibilmente diverse) Mercato geografico rilevante

Per l’assoggettamento alla disciplina della UE o nazionale, non rilevano né la nazionalità delle imprese
partecipanti alle intese, né il luogo in cui le imprese hanno la sede o localizzazione: ciò che conta è il luogo
in cui il comportamento anticoncorrenziale viene posto in atto

Chi sono i destinatari dei procedimenti dell’autorità che vigila la concorrenza? Non rilevano la nazionalità
dell’impresa né il luogo della sede dell’impresa, rileva solo il luogo dove il comportamento concorrenziale
viene posto in atto. Es. se siamo un’impresa statunitense multinazionale che opera nel mercato UE, siamo
ugualmente sanzionabili. Sanzione contro Microsoft per abuso di posizione dominante con sanzione
altissima.

Ambito soggettivo di applicazione

IMPRESE: nozione più ampia rispetto a quella dettata dall’art. 2082 c.c. Il termine IMPRESA comprende ogni
entità impegnata in attività economiche, quale che sia la sua forma organizzativa e a prescindere dallo
scopo lucrativo (la disciplina è stata applicata, ad es., alla SIAE, NUOVOIMAIE, all’amministrazione
autonoma dei Monopoli di Stato, ad amministratori di condomini, ordini professionali, a Federazioni
sportive, Consiglio Nazionale Forense)
In altre parole, per impresa si intende qualsiasi entità (operatore) che eserciti un’attività economica, a
prescindere dal suo status giuridico (che sia una società/impresa pubblica o privata/imprenditore), o dalle
relative modalità di organizzazione e di finanziamento

N.B.: La disciplina antitrust si applica sia alle imprese private che a quelle pubbliche o a prevalente
partecipazione pubblica (eccezione: imprese che, per disposizioni di legge, esercitano la gestione di servizi
di interesse economico generale ovvero operano in regime di monopolio sul mercato – art. 8 l. n. 287/90)
Il campo delle esenzioni è limitato si cerca di applicarla il meno possibile, in modo da evitare che siano
spazi in cui la concorrenza non è garantita.
A livello nazionale l’organo di controllo del diritto antitrust è l’AGCM (Autorità garante della concorrenza e
del mercato), a livello europeo (UE) la Commissione europea
La commissione si occupa di casi eclatanti. Gli altri danno esecuzione delle norme della commissione
europea. Questa ha in mano il potere esecutivo e potere propositivo perché le proposte di diritti e
regolamenti vengono mandate avanti da questa.

Comminazione, tra l’altro, di sanzioni amministrative pecuniarie (art. 15 l. 287/90)


(nei casi di infrazioni gravi, tenuto conto della loro gravità e durata, fino al 10% del fatturato realizzato in
ciascuna impresa o ente – limite edittale). Quando esiste il rischio di un danno grave e irreparabile per la
concorrenza, l’Autorità può adottare misure cautelari per porre un rimedio immediato al comportamento
restrittivo N.B.: Programmi di clemenza (o leniency programmes)
 I procedimenti partono da proposte di imprese o da ufficio per andamenti anomali e questo ha ampi
poteri istruttori per accertare che ci sia una violazione e poi poteri di erogare sanzioni se poi si accerta che
questa infrazione ci sia stata. POTERI: se c’è sanzione + € sanzione.
Applica sanzione amministrative che hanno un massimo (10%) - public enforcement. È anche possibile per
un concorrente che sia stato leso il risarcimento del danno- private enforcement.
PRIVATE ENFORCEMENT: Chiunque è danneggiato da un comportamento anticoncorrenziale ha diritto ad
un risarcimento del danno pieno (v. d.lgs. n. 15/2017), procedimenti che si aprono davanti al giudice civile.

Fattispecie rilevanti

1. Intese restrittive della concorrenza: comportamenti bilaterali o plurilaterali, di natura


sostanzialmente contrattuale, aventi per oggetto o per effetto una riduzione della concorrenza
2. Abuso di posizione dominante: comportamenti restrittivi della concorrenza assunti unilateralmente
da soggetti in posizione monopolistica od oligopolistica
3. Concentrazioni: restrittive della concorrenza operazioni che provocano la costituzione o il
rafforzamento di una posizione dominante, per lo più riducendo il numero degli operatori
indipendenti di un certo settore

Le prime due sono vietate, la prima in qualche caso gode di un regime di esenzione. L’autorità consente
le intese perché presuppone che gli effetti concorrenziali abbiano problematiche minori rispetto a quelle
non concorrenziali. Le concentrazioni, nell’ordinamento comunitario sono regolate da un regolamento
comunitario, invece in Italia sono disciplinate dalla legge art 287/90 art 6 non sono vietate e vanno
notificate all’autorità prima del loro compimento, affinché l’autorità valuti se consentire la concentrazione
o vietare perché si creerebbero posizioni dominanti che si vogliono evitare.

Intese restrittive della concorrenza

Art. 2 l. n. 287/90 (cfr. 101 TFUE) “Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto
di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all'interno (unico) del
mercato nazionale o in una sua parte rilevante”
Intese che interessano il mercato interno (mercato unico) o una parte sostanziale di esso sono assoggettate
alla disciplina dell’Unione europea

N.B.: per intese si intendono gli accordi e/o le pratiche concordate tra imprese, nonché le deliberazioni di
consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari

Elementi costitutivi della fattispecie:

- L’alterazione “consistente” del gioco della concorrenza nel mercato nazionale*


- Alterazione come oggetto o effetto dell’intesa In tale caso gli accordi, le pratiche concordate, le
deliberazioni sono nulli *Irrilevanza delle intese minori, rispetto alle quali vige un principio di liceità
(si considerano utilizzabili, a tal fine, i criteri percentuali elaborati a livello UE – v. comunicazione de
minimis) e di quelle effimere, ossia di durata molto breve

Per oggetto e per effetto: si amplia il campo di applicazione della norma.


Per maniera consistente: Le intese effimere che non incidono sulla struttura dei mercati non ricadono nel
campo della norma perché non alterano la concorrenza e così anche per le intese minori perché coinvolte
imprese con quote di mercato molto basse. Es. Anche se ci si accorda tra imprese in un mercato molto
concentrato con quote basse, questo accordo non è in grado di alterare in maniera consistente la
concorrenza. Per intese minori si intendono quelle intese tra concorrenti dove la quota di mercato
aggregata non supera il 10% nel caso di accordi orizzontali e nel caso di accordi verticali 15% tra tutte le
imprese allora si ritiene che questa intesa non meriti una sanzione.

Tre forme di cooperazione

- Accordi tra imprese (manifestazione della comune volontà delle imprese di comportarsi sul
mercato in un determinato modo, ancorché priva di vincolatività giuridica).
- Deliberazioni di consorzi, associazioni di imprese ed altri organismi similari (decisioni di ogni tipo di
organizzazione tra imprese capaci di determinare un comportamento coordinato delle imprese
aderenti, anche in forma di «raccomandazioni») non è frequente che vengano sanzionati
consorzi, associazioni di categoria perché talvolta questi enti rappresentativi raccomandano ai
propri iscritti delle tariffe da applicare nella prestazione di un servizio o acquisto di un bene.
Es. Unione panificatori di Roma, aveva fatto circolare dei prezzi raccomandati e quindi tutti gli
operatori hanno iniziato a uniformarsi, risulta comportamento competitivo della concorrenza
- Pratiche concordate (consapevole collaborazione tra imprese a danno della concorrenza che non
presenti i requisiti di un vero e proprio accordo: tutte le ipotesi in cui due o più imprese allineano i
propri comportamenti negli stessi termini in cui ciò avverrebbe a seguito della stipula di un preciso
impegno o dell’emanazione di una deliberazione di associazioni di imprese – ad es., andamenti
paralleli dei prezzi durevoli nel tempo, stessi sconti nello stesso tempo, che presuppongano una
“concertazione”): regola di chiusura si viene a sapere che alcuni imprenditori si riuniscono
scambiandosi informazioni, questo comportamento mi fa presumere che ci sia un accordo tra le
imprese di settore per comportarsi tutte nello stesso modo. Questo consente alle autorità di
impedire questi comportamenti che si manifestano come risultati di accordi ma non si riesce a
provarlo, però riesco ad inserirlo tramite condotte vietate.

Accordi

- Accordi o intese orizzontali: le parti si impegnano a tenere un medesimo comportamento (ad es.,
applicare un determinato prezzo, operare ciascuna in un certo segmento del mercato): vengono
conclusi tra imprese che operano nella stessa fase del processo economico  tra operatori che
operano nello stesso stadio del processo economico e si impegnano l’una nei confronti dell’altra.
- Accordi o intese verticali: una parte si impegna nei confronti dell’altra a tenere un dato
comportamento (es., accordi di fornitura esclusiva, accordi di distribuzione selettiva o clausole di
approvvigionamento esclusivo): vengono conclusi tra imprese che operano in stadi successivi del
processo economico (intesa tra produttore e distributore, intesa tra grossista e uno al dettaglio,
accordo tra fabbricante di un prodotto complesso e uno che fabbrica il componente del prodotto,
accordi di rete distributiva solo per distributori che consentono servizi post vendita alla clientela. In
questo caso è una parte che si impegna nei confronti dell’altra accordi di selezione selettiva, si
ammettono sono distributori che offrono determinate condizioni come, per esempio, servizi pre e
post-vendita per il prodotto. Tutti questi alternano un po' il mercato.

Le intese (o accordi) orizzontali sono considerate più rischiose e, pertanto, vengono trattate con maggior
severità, mentre le intese verticali possono comportare anche dei vantaggi per i consumatori (ad es.
mediante miglioramento della rete distributiva e/o stimolo della competizione interbrand non c’è più
intrabrand) Ci sono dei casi in cui questo tipo di accordi hanno anche effetti positivi.

L’art. 2 prende in considerazione i seguenti comportamenti tipici di intese illecite:


a) fissare, direttamente o indirettamente, i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni
contrattuali;  Es. predisporre sistemi di pagamento e commercializzazione comuni e uniformi. Tutti i
tassisti di Trieste non accettano la carta di credito. Sia accordi prezzo minimo, sia aumenti uniformi nel
tempo e sconti applicati allo stesso modo, intervenire in una parte sola del prezzo.
b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o l’accesso al mercato, gli investimenti, lo sviluppo tecnico
o il progresso tecnologico (accordi che garantiscono o possono garantire quote di mercato “sicure”:
contingentamento delle quantità di prodotti da immettere sul mercato – vi rientrano anche gli accordi volti
a realizzare scambi di informazioni sulle vendite, sui mercati, si elimina quindi l’elemento concorrenziale
etc. e gli accordi di collaborazione tra imprese);Rientrano tutte quelle condotte il cui scopo è garantire
quote di mercato sicure agli operatori che aderiscono all’intesa.

c) ripartire i mercati o le fonti di approvvigionamento (ad es., accordi di ripartizione geografica o per fasce
di clientela); Rientrano anche gli accordi per gare di appalto tramite le proprie regole in cui la scelta di
basa sul prezzo migliore di un’offerta, se però ci si accorda tramite coordinazione nella partecipazione in
modo tale da ottenere il contratto pubblico. Es. Mediaset e Ski, invece di far aggiudicare i diritti televisivi
all’operatore, ci si è accordati di distribuirsi i diritti televisivi.
d) applicare, nei rapporti commerciali con altri contraenti, condizioni oggettivamente diverse per
prestazioni equivalenti, così da determinare per questi ultimi ingiustificati svantaggi nella concorrenza (c.d.
patti di boicottaggio)  Es. fabbricanti di carta colorata hanno raggiunto un’intesa in cui hanno applicato ad
un grossista indipendente che si rifiutava di applicare i prezzi imposti che questi imponevano ai distributori,
si sono accordati di vendere la carta ad un prezzo più elevato.
e) subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni
supplementari che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun rapporto con l’oggetto
dei contratti stessi (c.d. contratti a prestazioni abbinate o contratti leganti) Es. sono una finanziaria che
faccio finanziamenti e prestiti personali alle persone nell’ambito di operazioni al consumo, impongo ai
clienti di stipulare una polizza assicurativa che non garantisce il prestito che quindi non c’entra. Polizza che
fornisce un’altra società. Se si vuole un prestito si è obbligati a sottoscrivere questa polizza.

ESENZIONI: art. 4 l. 287/90 L’Autorità può autorizzare, con proprio provvedimento, per un periodo limitato,
intese o categorie di intese vietate che diano luogo a miglioramenti nelle condizioni di offerta sul mercato,
purché siano rispettate talune condizioni espressamente elencate dalla legge (sostanziale beneficio per i
consumatori, miglioramenti nelle condizioni di offerta connessi con l’aumento della produzione, o con il
miglioramento qualitativo della produzione stessa o della distribuzione, ovvero con il progresso tecnico o
tecnologico, necessità di assicurare alle imprese la necessaria concorrenzialità sul piano internazionale … )
ma … L’autorizzazione non può comunque consentire restrizioni non strettamente necessarie al
raggiungimento delle finalità di cui sopra, né può consentire che risulti eliminata la concorrenza da una
parte sostanziale del mercato. Quanto alla UE, la Commissione europea ha dettato numerosi regolamenti di
esenzione per categoria (in particolare: esenzioni in tema di intese verticali se superano la quota del 30%).
È più facile trovare esenzioni di categoria e in accordi verticali che abbiano vantaggi sul consumatore che
in accordi orizzontali. Es. L’unico intervento dell’AGCM riguarda il 2020 di accordi di cooperazione tra
imprese ai tempi del covid in modo da distribuire beni e servizi essenziali ai consumatori, questi sono stati
ritenuti leciti perché la situazione era d’urgenza.

Mercato merceologicamente rilevante: Effettiva sostituibilità o intercambiabilità* dei prodotti o servizi


*soprattutto prendendo in considerazione la sostituibilità dal lato della domanda
L’autorità garante individua all’inizio il mercato geografico rilevante all’interno del quale un consumatore
può spostarsi se ha bisogno di un certo prodotto e le condizioni di concorrenza sono omogenee. Per capire
il mercato merceologicamente rilevante si prende in considerazione la sostituibilità dei prodotti dal punto
di vista della domanda e non dell’offerta. Stesso mercato = prodotti sostituibili o intercambiabili. Es. Banane
è diverso da frutta fresca. Es. accordo panificatori e il mercato di riferimento è solo del pane o anche di altri
ambiti. Es. gelato artigianale o industriale non fanno parte dello stesso mercato merceologico.

Abuso di posizione dominante

Possiede una posizione dominante quando un operatore può comportarsi in maniera indipendente dagli
altri perché ha una quota di mercato molto alta che può quindi disinteressarsi dei suoi competitor.

Si potrebbe dire che un’impresa detiene una posizione dominante quando può comportarsi in modo
significativamente indipendente dai concorrenti e dai consumatori

Il legislatore guarda con preoccupazione alle posizioni dominanti, ma regola diversamente le posizioni
dominanti nuove (v. disciplina delle concentrazioni) da quelle esistenti In altre parole, il diritto antitrust non
prevede operazioni di deconcentrazione: a chi già si trova in una posizione dominante vengono imposti
degli obblighi di comportamento, al fine di evitare che l’impresa in posizione dominante traduca il proprio
potere di mercato in comportamenti lesivi dei concorrenti e dei consumatori DIVIETO DI ABUSO DI
POSIZIONE DOMINANTE

Art. 3 l. n. 287/90 (cfr. 102 TFUE): È vietato l’abuso da parte di una o più imprese di una posizione
dominante all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante N.B.: Il TFUE e la l. n. 287/90 non
vietano l’assunzione di una posizione dominante, ma solo lo sfruttamento abusivo della stessa (ad es.,
imponendo prezzi d’acquisto sproporzionati o predatori)

Non è possibile fare operazioni di deconcentrazione, se un settore è concentrato e ci sono imprese che
hanno posizione dominante è difficile tornare indietro. Spesso queste concentrazioni derivano da monopoli
(es. uno ha un brevetto su una tecnologia essenziale per degli standard tecnici per 20 anni). Si dovrebbe
consentire ai competitor di entrare sul mercato ma sono in una posizione di forza. Il legislatore dice che il
potere di mercato bisogna condurlo legittimamente e correttamente garantendo trasparenza nelle
politiche, si devono osservare regole di condotta, non si deve abusare della posizione dominante. Il divieto
è L’ABUSO della posizione dominante non la posizione dominante perché gli altri operatori non sono forti.

Le pratiche abusive possono consistere, in particolare, nei seguenti comportamenti tipici (clausola generale
+ elenco di comportamenti tipicamente indicati): N.B.: NON È PREVISTA ALCUNA POSSIBILITÀ DI
ESENZIONE!

a) imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali


ingiustificatamente gravose (vietati sia i prezzi troppo elevati, sia i prezzi eccessivamente ribassati –
cfr. la vendita sottocosto);
b) impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, lo sviluppo tecnico o il
progresso tecnologico, a danno dei consumatori (creazione di barriere all’ingresso di un certo
mercato per ostacolare possibili concorrenti);
c) applicare nei rapporti commerciali con altri contraenti condizioni oggettivamente diverse per
prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza (ad
es. c.d. sconti di fedeltà);
d) subordinare la conclusione dei contratti all'accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni
supplementari che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione
con l'oggetto dei contratti stessi

Es. Contratto legato a prestazioni nell’ambito di posizione dominante: impresa di penne stilografiche che
vende in abbinata alle penne a sfera rispetto alle quali gli utenti scelgono altri produttori, se lego questo
acquisto.

Il principale indicatore – ma non l’unico – dell’esistenza di una posizione dominante (c.d. test di dominanza)
è la QUOTA DI MERCATO detenuta dall’impresa in considerazione.
Oggi si ritiene esistente in caso di una quota di mercato superiore al 70%; In alcuni casi si parla di super
dominata quando supera il 90%; se la quota di mercato è compresa tra il 70% e il 50%, si presume una
posizione dominante, ma l’impresa può provare che esiste comunque una concorrenza effettiva perché c’è
un altro operatore con quota forte riesco a dimostrare meglio la mia non dominanza; se la quota di
mercato è compresa tra il 50% e il 30%, v’è un indizio di una posizione dominante; se è inferiore al 30%, si
presume l’inesistenza di una posizione dominante … peraltro, esistenza di altri indizi rivelatori dotati di
particolare rilevanza

La quota di mercato è il primo elemento per la posizione dominante. Ci sono percentuali considerate
presuntive della posizione dominante.

Le Autorità hanno considerato abuso di posizione dominante il rifiuto di accesso o l’accesso a condizioni
discriminatorie dei concorrenti alle infrastrutture essenziali (essential facilities) detenute da imprese in
posizione dominante c.d. dottrina delle essential facilities
Una facility è considerata essenziale quando risulti tale per raggiungere gli utenti e/o consentire ai
concorrenti di svolgere la loro attività (non sostituibilità) e non sia duplicabile in modo adeguato (per
ragioni giuridiche o per ragioni economiche) (non duplicabilità)
C’è una pratica (essential facilities) che consiste in: le autorità hanno iniziato a considerare abusivi i rifiuti
di comprare le risorse essenziali es. rete ferroviaria per ferrovie dello stato o impresa che ha proprietà di
gas dotti. Se mi rifiuto di consentirne l’uso a dei competitor che vorrebbero entrare nel trasporto di
distribuzione nel mercato di appartenenza e io sono l’unica impresa che può utilizzare questa risorsa che
non è sostituibile non è lecito. Sono in grado di svolgere un’attività a valle ed è considerata risorsa
essenziale che non è sostituibile.

Esempio: la realizzazione della rete ferroviaria ad alta velocità (TAV) costituisce un’essential facility per chi
offre servizi ferroviari a valle In Italia, sono considerate essential facilities:
- telecomunicazioni: rete fissa di accesso;
- elettricità: reti di trasmissione ad alto voltaggio e di distribuzione locale;
- gas: reti di trasporto e di distribuzione, siti di stoccaggio;
- acqua: reti di distribuzione ed estrazione;
- poste: rete di distribuzione locale;
- aeroporti: infrastrutture aviation (area aeroportuale);
- ferrovie: rete ferroviaria, stazioni passeggeri;
- strade e autostrade a pagamento;
- porti: banchine e aree di movimentazione delle merci
Anche un bene immateriale (brevetto) può essere un’essential facility
Es. Telefoni che si collegano ad internet hanno bisogno di alcune tecnologie, se non posso sfruttare questo
e il titolare del brevetto non me lo consente, non riesco ad utilizzarlo.

Obbligo, in capo all’impresa detentrice della essential facility, di permettere l’accesso dei terzi alla facility
dietro ragionevole compenso, a condizioni eque e non discriminatorie, ogni volta che tale accesso sia
necessario per lo svolgimento di attività in un mercato contiguo o a valle, e sia tecnicamente possibile Il
legislatore italiano ha parzialmente recepito la dottrina delle essential facilities relativamente alle imprese
che, per disposizione di legge, gestiscono servizi di interesse economico generale od operano in regime di
monopolio legale sul mercato (v. art. 8, commi 2-bis e 2-quater, l. n. 287/90)
Il legislatore ha introdotto una norma che riguarda le imprese pubbliche in regime di monopolio o che
prestano servizi di interesse generale. C’è un esempio di dottrina delle essential facilities. Se si è titolare di
risorse essenziali, si devono consentire a condizioni eque, ad altri operatori per cui per svolgere la
prestazione di attività serve utilizzare la risorsa essenziale; a meno che non si dimostra che sia satura e che
non è possibile che sulla rete ferroviaria passino altri operatori. Ma se non si è in grado di dimostrarlo e se
ci si rifiuta si attua un abuso di posizione dominante.

Le concentrazioni art 5 e 6. 287/90

Si ha una concentrazione quando si produce una modifica duratura del CONTROLLO su una o più imprese*
a seguito di:
a. fusione di due o più imprese;
b. acquisizione (diretta o indiretta) del controllo dell'insieme o di parti di una o più imprese da parte di uno
o più soggetti in posizione di controllo di almeno un'impresa ovvero da una o più imprese (ciò può avvenire
sia mediante acquisto di azioni o di elementi del patrimonio – aziende o rami d’azienda – , sia mediante
contratto o qualsiasi altro mezzo)

c. costituzione di un’impresa comune da parte di due o più imprese, attraverso la costituzione di una nuova
società (l’impresa comune deve essere capace di operare autonomamente sul mercato; a questo
normalmente si accompagna l’intento delle imprese madri di cessare un’attività diretta nello stesso settore
(cessazione dell’attività)

In linea di principio, ogni operazione di concentrazione, riducendo il numero degli operatori, incide
negativamente sugli assetti del mercato e questo effetto è di per sé valutato negativamente dal diritto
antitrust N.B.: Le operazioni aventi quale oggetto o effetto principale il coordinamento del comportamento
di imprese indipendenti non danno luogo ad una concentrazione

Le concentrazioni non sono di per sé vietate perché dal punto di vista imprenditoriale e per la
competitività sul mercato sono strumenti di razionalizzazione molto importanti; Aiuta a competere in
mercati sovrannazionali. Diventa vietato se diventa abuso di posizione dominante.
Es. Il legislatore si occupa ad esempio di una fusione di banche principiali italiane, si crea una quota di
mercato dominante e si ha un operatore in meno che aveva una quota non dominante ma sostanziale del
mercato stesso. Le concentrazioni creano una riduzione degli operatori. Lo stesso discorso vale ad esempio
per imprese automotive che acquistano un ramo di azienda sempre operante nell’automotive e in altri
settori, questa smette di lavorare in quello dell’automotive e si ha quindi un operatore in meno. Oppure ad
es. Società che opera in un settore di moda, se acquisto il pacchetto di controllo di un marchio (Versace)
controllo le politiche di controllo e vendita di Versace. Tutti questi comportamenti danno luogo a
concentrazioni.

Tuttavia, diversamente dalle intese, le concentrazioni NON sono vietate: la disciplina è incentrata su una
valutazione anticipata degli effetti che l’operazione avrebbe sul mercato
Vengono vietate (dall’Autorità) le sole operazioni di concentrazione che comportino la costituzione o il
rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo
sostanziale e durevole la concorrenzaAtteggiamento più benevolo, per i possibili effetti positivi delle
concentrazioni

Non sono vietate ma devono essere notificate all’autorità. Cosa guarda l’autorità? Va a vedere il numero
di operatori, la capacità dei destinatari, la polverizzazione del mercato. Certamente c’è un’alterazione della
concorrenza. Ci sono una serie di parametri che il legislatore indica nell’art 6 e dice cosa valuta l’AGCM
quando c’è concentrazione o meno.

Per l’applicazione della disciplina contenuta nella l. n. 287/90 deve trattarsi di operazioni di concentrazione
di interesse esclusivamente nazionale (diversamente, ossia alle concentrazioni di interesse europeo, per le
quali sono dettate altre soglie, si applica la disciplina dell’Unione europea)
Una concentrazione è di interesse nazionale quando:
a) il fatturato totale realizzato a livello nazionale dall'insieme delle imprese interessate è superiore a 517
milioni di euro;
b) il fatturato totale realizzato individualmente a livello nazionale da almeno due delle imprese interessate
è superiore a 31 milioni di euro
N.B.: le soglie minime sono periodicamente aggiornate dall’AGCM (da ultimo: il 9 marzo 2021)

Non tutte le concentrazioni vanno notificate all’Antitrust italiano o alla commissione europea. Si
considera per capire se la soglia è superata il fatturato totale. A livello europeo, le concentrazioni vanno
notificate quando superano soglie molto alte, in Italia la soglia è relativamente molto bassa. Ogni anno
l’autorità garante aggiorna queste soglie.

Le operazioni di concentrazione devono essere preventivamente comunicate all'Autorità qualora superino i


livelli di fatturato totale realizzato a livello nazionale precedentemente visti

Al termine dell’istruttoria … le concentrazioni che non ostacolano in modo sostanziale e durevole una
concorrenza effettiva nel mercato nazionale o in una parte rilevante di esso sono autorizzate dalla AGCM le
concentrazioni che ostacolano in modo sostanziale e durevole una concorrenza effettiva nel mercato
nazionale o in una parte rilevante di esso sono vietate dalla AGCM
N.B.: l’Autorità può, tuttavia, autorizzarle prescrivendo le misure necessarie ad impedire tali conseguenze,
ad es. un’operazione può essere autorizzata subordinatamente alla cessione a terzi di un impianto o di un
ramo di azienda dell’impresa acquisita

Cosa fa l’autorità una volta che gli è stata comunicata la fusione o l’acquisto del controllo su un'altra
impresa? Può autorizzarla perché le concentrazioni/fusioni che i due organi amministrativi hanno
progettato e che l’assemblea ha votato non danno luogo ad alterazioni della concorrenza e non
costituiscono una posizione tale da contrastare la concorrenza allora autorizza l’operazione. Al contrario le
autorizza. Quello che fa più spesso è concederle attraverso condizioni e le concede. Es. cessione di Unicredit
e Banca Italia si è dovuto cedere n sportelli bancari ad altre imprese nel caso di fusione di banche. Es.
Nespresso che aveva acquistato un giornale nel settore dell’editoria e si deve cedere la raccolta
pubblicitaria nel territorio di Torino e Genova perché altrimenti si otteneva una quota eccessiva in quel
mercato.

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